ANNI 1900-1901

IL CLIMA POLITICO NEL MARZO DEL 1900
(non commentiamo nulla, lasciamo parlare solo una certa stampa)

 

Il Fascio era un periodico settimanale d'impostazione repubblicana, che contestava da sinistra la posizioni di Zanardelli e di Giolitti. Fondatori erano Giacomo Tirale e Luigi Zambini. Nel suo programma figuravano: l'istruzione obbligatoria, la municipalizzazione dei servizi pubblici, la gestione statale delle ferrovie, l'imposta progressiva sui redditi.

Un organismo con lo stesso nome "Fascio della democrazia", era nato l'8 agosto 1883 durante i lavori del congresso tenuto a Bologna dai radicali, con la partecipazion di numerosi esponenti repubblicani e socialisti. Ma l'esperienza avrà vita breve perché non riuscirà a raggiungere un indirizzo politico omogeneo. Il movimento allora era guidato da un comitato centrale formato dai deputati Giovanni Bovio, Felice Cavallotti e Andrea Costa. Obiettivo primario del movimento: opposizione alla politica del trasformismo di Depretis. Ma poi la trasformazione avvenne anche dentro i socialisti, nell'estrema sinistra e nei radicali.


I due articoli riportati, comparvero il 31 marzo 1900 dopo che il "generale" Pelloux presidente del Consiglio, a partire dal 1° marzo, aveva ripresentato il decreto del 22 giugno 1899 per convertirlo in legge; in più iniziò le discussioni per le modifiche al regolamento della Camera proposte dallo stesso Pelloux il 20 giugno sempre dell''99 per impedire l'ostruzionismo.

Il primo come abbiamo visto nelle precedenti pagine, erano quei "provvedimenti politici" sull'ordine pubblico emanati da un decreto reale, che in dieci articoli riuniva le norme relative alla pubblica sicurezza e alla stampa. Zanardelli si dimise da presidente della Camera contestando questi provvedimenti restrittivi e Andrea Costa fu arrestato e incarcerato per il reato di stampa. Quel giorno ci fu la prima esautorazione della Camera, che con un altro "decreto regio" fu chiusa per sei giorni; motivo: per reagire all'ostruzionismo e agli incidenti. Alla riapertura del 28 giugno, per impedire la trasformazione in legge del decreto dei provvedimenti restrittivi, ci fu nuovamente l'ostruzionismo a oltranza, gazzarra, scontri fisici fra deputati e lo sfascio delle urne dei voti (che abbiamo già accennato nelle precedenti pagine).

Come detto all'inizio, Pelloux il 1° marzo 1900 (nel periodo calmo quel decreto era stato poco applicato, quindi sembrò inopportuno) lo ripresentò di nuovo alla camera per conventirlo in legge. Inoltre inizia pure una discussione per modificare il regolamento della Camera, su una proposta di legge proprio per impedire l'ostruzionismo.
Il 22 marzo1900, il deputato della destra Tommaso CAMBRAY DIGNY (approvando la conversione in legge del decreto Pelloux) presenta anche una mozione che propone altre più pesanti limitazioni alla libertà di discussione parlamentare e un rafforzamento dei poteri del presidente della Camera. ENRICO FERRI ne presenta un'altra di mozione, dichiarando che tale richiesta è incostituzionale, ma viene respinta dalla maggioranza parlamentare.
Il 24 marzo EDOARDO PANTANO, fra gli applausi di tutta l'estrema sinistra presenta una mozione in cui chiede la convocazione di un'assemblea costituente. Ma viene respinta dalla maggioranza parlamentare e anche la sinistra liberale si dissocia dalla richiesta.

Il 29 marzo il nuovo "Regolamento della Camera" dovrebbe dare inizio alle discussione, quando all'improvviso il presidente della Camera GIUSEPPE COLOMBO, nella medesima seduta, pur avendo detto che la proposta del Digny, sarebbe stata discussa e votata nella seduta del 3 aprile, verso sera mette all'improvviso in votazione per alzata e seduta il nuovo regolamento; la maggioranza si alza rapidissima e Colombo giudicando valida la votazione, toglie la seduta.
Per lui il nuovo regolamento è approvato e solo allora c'è costernazione e indignazione nelle file della sinistra e dell'estrema sinistra.
Questi ultimi, 160 deputati, il 3 aprile riunendosi nuovamente alla Camera, che poi abbandonarono per protesta, dichiarano di non riconoscere valida la votazione "scippata" del 29 marzo. Per nulla intimoriti i rimasti riapprovano il nuovo regolamento. Giolitti riproporrà invano il 15 aprile una commissione per fare delle modifiche. Pelloux rifiuta e insiste, e Colombo si impone di nuovo con il solito espediente (detto "voto a sorpresa").
Fra baruffe e accese polemiche si arriva al 18 aprile, quando un regio decreto scioglie le Camere e indice le elezioni per il 3-10 giugno; Pelloux spera di rafforzarsi; invece perde terreno anche se conserva una maggioranza; è una vittoria di Pirro però, infatti alla prima votazione è costretto a dimettersi.
(il resto lo abbiamo narrato nelle altre pagine del "Governo Pelloux").

Ma ecco cosa scrisse "Il Fascio", il giorno dopo il 29 marzo, cioè dopo il "voto a sorpresa".
Questo era il clima; e mancavano solo 90 giorni all'uccisone del re.

I NOSTRI DEPUTATI
(articolo a sx)

"Ce n'è per tutti i gusti. Dal rugiadoso Pompeo Molmenti, portato a Montecitorio dalla reazione Crispi, approvata o tollerata per lo meno da Zanardelli nel 1890; dal camaleonte Ulisse Papa, dal mediocrissimo conte Giacomo Morando, il nipote di sua zia, che hanno sposato la causa della reazione, agli onor. Gorio e Massimini, che per un giorno, in un lucido intervallo, hanno votato coll'Estrema Sinistra; agli onor. Zanardelli, Bonardi e Castiglioni, che nella stessa giornata si sono squagliati, per evitare di compromettersi o di compromettere. E uno spettacolo quello offertoci dai nostri onorevoli, che desta nausea e fa pietà ad un tempo.
Non ci meraviglia la condotta di Molmenti, il sior Momolo del "Fanfulla", l'organo della Corte prima e dopo la crisi parlamentare del 18 marzo 1876; non ci sorprende quella di Ulisse Papa, un mendico che nulla può sperare da se stesso, tutto invece dallo sgoverno che sostiene; non ci riesce inaspettata quella di Morando, vecchia conoscenza dei nostri bei tempi, quando militava apertamente fra i moderati dello stampo del famigerato Pancrazi, direttore della Gazzetta d'Italia di Firenze di non rimpianta memoria. È vero che a Brescia, a somiglianza di altri nobili, poi cui magnanimi lombi discende purissimo, celeste il sangue, s'è messo, per diventare qualche cosa, fra i piedi di Zanardelli : che appena ieri l'altro, nelle elezioni del '97, agli elettori di Chiari, recitava un discorso improntato ad idee abbastanza liberali. Quel discorso, a detta di taluni, maligni indubbiamente, non era farina del suo sacco; era farina del grano dell'on. Gorio, e si comprende come il grano adoperato non fosse di quello avariato; però i voti dati poi in favore del cosacco Pelloux non furono conformi al programma, alle speranze del compilatore; furono come biscottini regalati al militarismo, preponderante nel governo, da una gran dama. Quei voti dinotavano l'uorno, cortigiano a Brescia, come a Milano, a Monza, a Roma; servile e retrogrado sempre.
Ma che dire degli altri ?
PELLOUX militarmente testardo e prepotente, dopo avere cercato di sopprimere le libertà politiche coi noti provvedimenti e col decretone, s'è ficcato nella sua testa di rapa l'idea di spazzar via le libertà parlamentari.

L'Estrema Sinistra combatte con la lena, con il coraggio che danno la coscienza del buon diritto e la disperazione, le misure liberticide ed antistatutarie, volute dal governo e dai suoi ispiratori alti e bassi, e ricorre all'ostruzíonismo; la maggioranza, i reazionari di tutte le gradazioni, sono impotenti a resisterle e debellarla. "Spiritus intus alit" i rappresentanti dei partiti popolari : sono essi il cuore animato, come scrive il D'Annunzio, destinato a ricevere tutti gli elementi vitali, a distribuirli e convertirli in virtù ristoratrici, fluenti per tutte le membra della patria sino alle estremità remote, con un ritmo concorde.

Ebbene, quello spirito bisogna soffocarlo, perchè non si diffonda; quel cuore bisogna spezzarlo, perché non sia più organo di circolazione; ed ecco che si trovano quattordici lanzichenecchi, guidati da Cambray-Digny, pronti a proporre, come proposero nella seduta del 23 corr., una mozione, per affidare alla Commissione del Regolamento, che è presieduta dall' "ebreaccio" Sonnino l'incarico di compilare un testo, che dovrà andare provvisoriamente in esecuzione, senza discussione e votazione, nel secondo giorno dopo la sua presentazione alla Camera.
Si voleva l'abdicazione del Parlamento; confinare i suoi diritti, i suoi poteri, le sue prerogative, la sua dignità, la libertà di discussione nel fodero della sciabola del generale Pelloux.
L'Estrema Sinistra, pigliata alla gola dalla forza bruta, alla mozione dei compari del governo, oppone la pregiudiziale, dichiarando che è incostituzionale nel suo contenuto, ingiustificata per lo scopo ed inefficace pel risultato. La pregiudiziale è respinta nella seduta del 23 con voti 132 contro 116, e nella minoranza troviamo Bonardi, Castiglioni, Gorio, Massimini, Zanardelli; nella maggioranza Molmenti, Morando, Papa.
L'Estrema Sinistra non cede, non si dà vinta per questo; propone la sospensiva della discussione sulle riforme al regolamento della Camera, e si riserva di svolgere nella discussione generale e sotto la forma di un ordine del giorno la proposta di una Costituente, che determini le basi del diritto pubblico italiano e lo metta al riparo da qualsiasi attentato: domanda che a dirimere il presente conflitto costituzionale si interroghi direttamente il popolo italiano, convocato nei suoi comizi, col metodo del Referendum. Ormai è inutile illudersi, diceva l'on. Pantano, una figura gigantesca e maschia in mezzo ai nani ed agli evirati di Montecitorio.
Noi e voi siamo esponenti genuini delle divisioni e dei sentimenti che regnano nel paese; la reazione da una parte, la difesa dei diritti popolari dall'altra.

Si viene ai voti nella seduta del 24, ed anche la sospensiva, com'era da aspettarsi, è respinta con voti 283 contro 176. Nella minoranza vediamo Gorio e Massimini (che torni repubblicano?); nella maggioranza, secondo il solito, Morando e Papa, mentre Zanardelli, Bonardi e Castiglioni, che tra il sì ed il no erano di parer contrario, pensarono di sgattaiolare dall'auletta. Così Giuseppe Zanardelli, dopo avere dato il proprio voto alla causa della libertà, dimostrava di non avere il coraggio di ripeterlo contro la soverchiante reazione. Non volando compromettersi con quella che per isprezzo si chiama la piazza, nè col Quirinale, scappava.
E questo unicamente, perchè la motivazíone della sospensiva conteneva roba, che non aveva odore troppo ortodosso per nasi dinastici.
Eppure era questa una buona, una solenne occasione per provare che in lui "manet immota fides nella libertà".

Zanardelli che, non sono molti giorni, parlando sull'art. 1, dei provvedimenti politici, chiudeva il suo splendido discorso dichiarando che non sapeva che cosa avrebbe fatto per risparmiare al suo paese la vergogna di una legislazione reazionaria, come non ha sentito il dovere di difendere le libertà parlamentari ad ogni costo e con qualunque mezzo ?
Per non apparire connivente colla reazione fece votare Gorio e Massimini a favore dalla sospensiva; perchè a Corte non si dubitasse della sua fede monarchica, e dal paese non si credesse che i deputati bresciani lo abbandonassero nella sua condotta brancolante, trascinò seco nella fuga Bonardi e Castiglione. Agli occhi di taluni questa sarà politica sopraffina; ai nostri è colpevole irresolutezza.

Con questi metodi, con questi infingimenti Zanardelli ha lasciato che si attentasse alle libertà politiche nel Marzo 1899; ora vedremo, grazie alle sue incertezze, alle sue titubanze sacrificate le libertà parlamentari.
Fra i suoi seguaci, come fra quelli di Giolitti, vi furono i coraggiosi, che gli osservarono, che la Sinistra Costituzionale era liquidata innanzi al paese se non faceva in questo momento un atto energico in difesa delle libertà statutarie e parlamentari. Nè l'uno nè l'altro vollero saperne di essere accomunati ai "sovversivi"; si rifiutarono di dare un voto giusto, perchè credevano che altri errassero nel motivare lo stesso voto. Questo fu non solo un enorme controsenso, come notò il Bonacci, ma anche un caso di debolezza politica.
È doloroso per noi il constatarlo; ma è purtroppo la verità "Giovanni Giolitti e Giuseppe Zanardelli avevano ritrovato in sè l'energia gagliarda degli anni giovanili, ci erano apparsi quali convalescenti che, dopo lunga malattia, ritornano alla vita col fervore di chi l'ha molto desiderata; e invece sono dei moribondi, nei quali lo spirito, raccogliendo in una sintesi suprema tutta la vita trascorsa, dà guizzi. e fiamme che hanno la durata dell'attimo. Non è la vita, è l' agonia". (Redazionale)

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SUL VOTO SORPRESA
(articolo a dx)


"Ormai parlare di legalità è ironia feroce. Lo Statuto è violato in mille modi da una maggioranza furiosa, contro la quale, con opera di meravigliosa attività s'è schierato il manipolo dei valorosi dell'Estrema Sinistra lasciati soli nella lotta dai partiti affini i di cui uomini scappano al momento in cui la compatezza imporrebbe al governo liberticida.
Dobbiamo prepararci alle più retrive misure, perchè il concetto dei reazionari italiani è di rinforzare l'autorità Reale, e fare del regime parlamentare un regime personale, come quello di Napoleone Terzo.
La marea sale minacciosa; il governo impaziontito ed impotente dinnanzi a chi difende l'onore ed i diritti del popolo, alla violenza illegale ha unito la brutale sorpresa di un voto che macchia vergognosamente il parlamentarismo.
Il momento è solenne. La sciabola, che pende dal fianco di un soldato ha tagliato il novello nodo gordiano; i servi che usurpano il nome di rappresentanti della nazione e che attendono biechi ed ansiosi il cenno dei padroni, si sono prestati al voto di sorpresa di ieri che condurrà inevitabilmente allo strozzamento di ogni libera esplicazione della volontà sovrana del popolo.

E la nazione non si commuove ? Quale decadimento! Il silenzio suona assenso o meraviglia paurosa, od incosciente abbandono. Tutto ciò potrà parer strano, eppure è una logica conseguenza del passato: è il frutto dell'attesa paziente, astuta, insidiosa, larvata di bene che per quarant'anni ha continuamente sviato tutte le opportunità, ha lusingato l'interesse, la vanità, ha strappato a poco a poco al popolo i suoi diritti, lo ha impoverito, sferzato a sangue, ucciso, ed oggi, vincitrice, si è levata la maschera e ha mostrato le sue brutture. Concussione, regresso, mafia e camorra, ecco i quattro termini che contraddistinguono la vita italiana di questi quarant'anni, ecco i termini che contraddistinguono la maggioranza monarchica del parlamento italiano.

In mezzo a tanta vergogna, un uomo nobile e franco a nome di pochi altri ha mandato un urlo potente di protesta invocando la Costituente che la monarchia da gran tempo ha dimenticato, ma che è la rivendicazione del nostro diritto, rivendicazione che venne più volte fatta dall'on. Bertani, a cominciare dalle tornate del 19 Giugno 1863 sino a quella del 19 Dicembre 1882 quando interrotto dal Presidente Farini che gli mostrava le tavole dei plebisciti, Bertani gli ripetè: "Ebbene! ne legga le formule e vedrà che lo Statuto non è plebiscitario".

La lotta della Sinistra Estrema valorosa è quale il pensiero che lotta colla forza cieca, è il progresso il quale colla forza morale tenta di opporsi all'interesse, all'ignoranza, alle ignominie del passato.
Non si può immaginare lotta piìi grandiosa; la dignità prostituita e forte che si trova di fronte all'onestà circondata dalla giustizia, dal diritto, da una lunga tradizione di martirio e di sacrificio.
Avanti senza dubbi nè soste, qualunque sia l'esito della lotta noi siamo tranquilli poichè nè senno astuto, nè favore d'imbelli schiavi e di rappresentanti, servi alle foie liberticide di un governo soldatesco, potrà impedire ciò che la storia e la natura hanno scritto nel loro gran libro, ciò che infiamma l'animo ed abbellisce la mente dei buoni e degli onesti.
L' avvenire è assicurato alle vittorie della democrazia. (D'Artagnan)

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all'indomani dell'assassinio del Re

Fonti, citazioni, e testi
PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - Nerbini
L.A. MURATORI - Annali d'Italia

STORIA MONDIALE CAMBRIDGE - (i 33 vol.) Garzanti 
UTET - CRONOLOGIA UNIVERSALE
STORIA UNIVERSALE (i 20 vol.) Vallardi
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi
 
+ VARIE OPERE DELLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE 
 

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