ANNO 1920

NASCE IL PARTITO POPOLARE - DON STURZO

DON STURZO - NASCITA DEL PPI
(la futura Democrazia Cristiana)

Innanzitutto chi era DON STURZO - Da famiglia baronale LUIGI STURZO nasce a Caltagirone nel 1871
Nel 1894 viene ordinato sacerdote - Nel 1896 si laurea in teologia all'Università Gregoriana di Roma. 
Nello stesso anno con le tendenze che ci sono in atto in molti movimenti cattolici orientati sul sociale nel creare delle organizzazioni di assistenza, fonda anche lui a Caltagirone una cassa rurale e una mutua coperativa.
1897 Fonda e fa uscire il primo numero del giornale "La croce di Costantino"; che diventa il foglio e il portavoce della sua ideologia sociale e politica. Si batte per le autonomie locali e per i ceti contadini, divenendo un protagonista del primo movimento di Democrazia Cristiana.
Si dedica alle battaglie amministrative con la carica di pro-sindaco della città natale e diventa anche vicepresidente dell’Associazione dei comuni d’Italia (1912).

 1913 Critica sempre dal suo foglio l'appoggio dato dai cattolici conservatori nelle elezioni.
Frattanto, dopo lo scioglimento nel 1904 dell'Opera dei Congressi (la maggiore organizzazione sociale cattolica) e la scomunica contro il modernismo (corrente che tendeva a conciliare i dogmi cattolici con la filosofia e la scienza moderna) avevano infranto la corrente democratica ispirata al pensiero e all'opera di...

ROMOLO MURRI - vedi qui la sua intera opera "La Politica Clericale" > >

e GIUSEPPE TONIOLO vedi qui la sua intera opera "Economia sociale" > >

...sicchè il reingresso dei cattolici nella vita politica dello Stato italiano avvenne da posizioni piuttosto moderate e confessionali (diciamo timorate dalle alte gerarchie - Infatti, il cardinale Gasparri, prima di garantigli il placet del Vaticano, gli ha precisato: un partito di credenti; ma al tempo stesso aconfessionale, con la dichiarazione di principio secondo cui la questione romana deve riguardare soltanto lo Stato italiano e la Santa Sede senza intermediari).

(Con il decreto Lamentabili, che condannava 65 posizioni chiave del movimento modernista e con l'enciclica Pascendi di Papa PIO X, entrambi del 1907, il modernismo fu condannato in blocco e definito "compendio di tutte le eresie", senza alcuna attenzione alle differenziazioni interne, che pur erano emerse.
Si aggiunse poi nel 1910 il "giuramento anti-modernismo"; imposto a tutti i sacerdoti.  Nonostante ciò, essi venivano ormai affermandosi come una forza di massa fortemente radicata nella società civile, svolgendo una funzione di opposizione al liberismo di governo e di controllo sociale contro il socialismo, entrando in esplicita competizione con quest'ultimo per l'egemonia sulle classi subalterne).


1915 Don Sturzo viene nominato segretario dell'Azione Cattolica.
1919 Partecipa alla fondazione del Partito Popolare Italiano (che ha preso il nome dall'organizzazione cattolica del Trentino, ma che, più di quella, vuole essere indipendente dalla Chiesa) e ne assume la segreteria nazionale, carica che coprirà fino al 1922. (l'emblema è una croce bianca, su fondo azzurro, attraversata dal motto "Libertas").
Alla loro prima uscita alle successive elezioni del novembre 1919, i Popolari registrano un grosso successo, 100 seggi, che con i 156 deputati socialisti raccolgono il 54,1 per cento dei votanti. E' secco trionfo dei due partiti di massa (256 deputati su 508) rispetto al vecchio centro e alla destra.
Un trionfo che però i socialisti sempre sulla loro posizione intransigente, non utilizza preferendo perseguire l'ideale rivoluzionario e rifiutando con i voti dei popolari dedicarsi insieme nelle politica di riforme.

Chi erano i fondatori del PPI?
Il 14-16 giugno 1920 (dopo il successo elettorale detto sopra e cento parlamentari alla Camera) al suo primo Congresso nazionale a Bologna, sotto la presidenza del leader trentino ALCIDE DE GASPERI, emergono tre ali:

* una di destra, guidata da padre AGOSTINO GEMELLI, ex socialista cappellano militare, nonchè direttore della rivista "Vita e pensiero" e futuro fondatore dell'Università Cattolica;
* una di centro capeggiata da ALCIDE DE GASPERI e da don LUIGI STURZO;
* e una di sinistra con a capo il sindacalista GUIDO MIGLIOLI.


Accanto al partito viene pure creata una "Confederazione italiana dei lavoratori" che (già in questo 1920) raccoglie soprattutto nelle campagne (nella miriade di piccoli paesi rurali il parroco è ancora l'alta autorità morale della locale comunità) una massa di circa 945.000 mezzadri, affittuari, piccoli proprietari (dal pulpito timorati dai "senza Dio" russi, indi socialisti). Mentre sotto le organizazioni dei socialisti, questi ne contano circa 750.000 per lo più contadini e braccianti.

(riprenderemo più avanti la cronologia dei fatti successivi)

Soffermiamoci alla fondazione del PPI: e chi meglio può rievocarne la nascita se non Stefano Jacini, autore di "Storia del Partito Popolare Italiano" Garzanti, Milano, 1951). Jacini fu uno dei primi esponenti di questa formazione politica che -dopo la Seconda guerra mondiale- si chiamerà Democrazia Cristiana (quella così chiamata da Murri, facendo un torto a Don Sturzo non chiamandolo Partito Popolare Italiano, anche se questo era nato proprio nel Trentino, e proprio da Murri).


« Maturi erano i tempi al sorgere di un organismo politico nuovo, cristiano e cattolico nello spirito, ma del tutto aconfessionale nella struttura, conservatore nei principi e democratico nei metodi, ad un tempo tradizionale e progressista; il quale raccogliendo quanto vi fosse di vivo e di vitale nelle tradizioni, si inserisse però come elemento fresco e moderno nella vita nazionale.
Come spesso accade, una siffatta formazione venne affrettata e resa più facile dal fatto che le idee a cui trattavasi di dar nuova vita si trovavano per così dire già organizzate nella lucida mente di un uomo. Teorico e pratico insieme, perfettamente edotto dei bisogni e delle aspirazioni dei cattolici italiani attraverso l'esperienza vissuta nella democrazia cristiana, ma rimasto immune dalle deviazioni modernistiche di quella; assuefatto al governo della pubblica cosa da una lunga pratica di attività amministrativa svolta nella natia Caltagirone e nella Associazione dei comuni italiani, e tuttavia non accusabile di interventismo elettorale alla maniera dei cattolici liberali; pieno di mistico entusiasmo neoguelfo, ma sempre rispettoso dei diritti e delle prerogative così della Santa Sede come dello Stato; mente organizzatrice e direttrice per eccellenza; da ultimo segretario della giunta dell'Azione Cattolica Italiana, don Luigi Sturzo impersonava, nella sua esile ascetica figura, il programma che stava per lanciare nel Paese, e che doveva raccogliere tanti consensi.

Tale programma era, si può dire, già tutto in nuce in un discorso, che il piccolo prete siciliano tenne a Milano quasi all'indomani dell'armistizio, il 17 novembre 1918. Riecheggiando dichiarazioni fatte alcuni giorni prima dinanzi alla giunta dell'Azione Cattolica Italiana, egli affermava come la guerra avesse determinato nei popoli progressi incalcolabili, maturando nella loro coscienza alcuni fondamentali problemi; come avesse reso necessaria "una nuova èra di popoli, una nuova concezione di storia, un nuovo fiotto di vitalità democratica"; e prevedeva che la lotta sul terreno politico si sarebbe polarizzata fra due concezioni della vita, la materialistica e la spiritualistica, rappresentate rispettivamente da socialisti e dai cattolici, e che questi ultimi avrebbero colto il momento per affermarsi come forza organica nella vita nazionale.

Mettendo in prima linea le esigenze spirituali, egli rivendicava per essi due fondamentali libertà: la libertà religiosa e la libertà di insegnamento; la prima, che avrebbe spazzato via ogni avanzo di giurisdizionalismo concordatario, la seconda, che avrebbe ricollocato la famiglia nel posto che le spetta in seno alla società. Ma queste libertà inquadrava nelle altre tutte; libertà dei comuni e delle province dal giogo burocratico statale; libertà di organizzazione regolata dalla legge, riconoscimento giuridico delle classi, ecc.; contrapponeva insomma alla concezione atomistica ed accentratrice ad un tempo del vecchio Stato liberale, una concezione organica...
E, sull'esempio di quanto avevano fatto i trentini, proponeva la formula partito popolare, soggiungendo la qualifica cristiano: qualifica a cui poi, in coerenza con le ragioni sopra ricordate, veniva sostituita quella di italiano.
Seguirono in Roma alcune riunioni di amici (diciotto, per la storia) presso l'Unione Romana, in via dell'Umiltà 36 (23-24 novembre) ed altre fecero seguito, più larghe, di una quarantina di persone, nella stessa sede, presiedute dal conte, e poscia senatore, Carlo Santucci, uno dei pochi, anzi forse l'unico superstite delle riunioni del '79 in casa Campello. Queste adunanze (16-17 dicembre) furono caratterizzate più tardi col nome di "piccola costituente".

La decisione di dar vita ad un nuovo partito era già ferma negli animi e sotto l'impulso di don Sturzo, manifesto e programma si cristallizzarono rapidamente in forma precisa; rimaneva però da determinarsi - e non venne determinato che due anni più tardi - quali dovessero essere esattamente i rapporti ufficiali del partito con la Confederazione Italiana dei Lavoratori e con gli altri organi sindacali bianchi. A proposito di che, lo stesso don Sturzo scrive: "Risolse (il partito) con un accordo di rapporti, attraverso naturali oscillazioni, sempre esistiti; i quali però, secondo i periodi ed i momenti, nelle vicende alterne di ogni attività politica in sviluppo, produssero, o un soverchiamento degli interessi politici sugli economici, o al contrario degli economici sui politici. Per tale fatto non mancò al partito popolare l'accusa di bolscevismo bianco, né ai sindacati bianchi l'accusa di politicantismo popolare".
Non si può indicare più chiaramente né più sinteticamente di così la natura e insieme il pericolo delle relazioni che venivano in tal modo a stabilirsi.

Ovvio era invece che nulla di simile dovesse aver luogo nei confronti dell'Azione Cattolica e, per essa, della autorità ecclesiastica; il che non toglie che la Santa Sede non fosse tenuta costantemente a giorno - in via confidenziale - di quanto si preparava, e che non accompagnasse il nascente organismo politico coi suoi voti e coi suoi incoraggiamenti. Una commissione esecutiva provvisoria di undici membri, nominati dalla piccola costituente, licenziava il 18 gennaio 1919, da una camera dell'albergo S. Chiara, l'appello "a tutti gli uomini liberi e forti" e il programma in dodici punti: documenti che, insieme con lo statuto del partito approvato dalla commissione in quello stesso giorno, con le norme per la costituzione e il funzionamento delle sezioni, diramate dal segretario politico Sturzo il 19, e con quelle per la costituzione del comitato provvisorio (8 maggio) costituivano per così dire l'ossatura del Partito Popolare Italiano ».



RIPRENDIAMO LA CRONOLOGIA DEI SUCCESSIVI FATTI
CHE SEGUIRONO (e di alcuni anticipiamo di molto gli anni)

1923 - 12 APRILE - Al Congresso di Torino del Partito Popolare, Don Sturzo fa prevalere la tesi dell'uscita dei ministri cattolici dal governo Mussolini.
Commette un grosso errore cadendo nel tranello che gli ha teso Mussolini. Infatti,  la sua corrente rispetto alle altre, non gradisce l'appoggio dato al governo fascista e pur ammettendo che "questo governo può portare del bene alla patria" rifiuta una seria convergenza con Mussolini. Alla fine si é d'accordo con un'ambigua tattica di collaborazione non condizionata. Ma l'intesa  dura poco, una settimana. Alcuni vogliono uscire dal governo mentre altri (una corrente di destra) intende collaborare.  Ma la doppiezza del Congresso non sfugge a Mussolini.

17 APRILE - Mussolini convoca i rappresentanti, i ministri e i sottosegretari del PPI. Appoggiato da questa piccola corrente di cattolici di destra, non si lascia sfuggire l'occasione, fa partire subito una campagna feroce e sprezzante (e qualche spedizione punitiva in alcune sedi dei popolari che chiama "traditori") contro DON STURZO, che il 10 luglio sarà costretto a fornire chiarimenti, che Mussolini ora esige "chiari, precisi, inequivocabili" dopo le sue ambigue dichiarazioni a Torino e alcuni segnali che gli arrivano da altri cattolici. Invita i Popolari a chiarire o a dimettersi.
Mussolini ha già deciso, ma la scena la vuole ufficiale. Don Sturzo è ormai costretto ad abbandonare il governo. Poi attaccato dalla corrente di destra e dagli ambienti ecclesiasistici conservatori, è anche costretto a dare le dimissioni da segretario del Partito, ormai lacerato.
 
23 APRILE, il partito Popolare lascia il governo, ma non tutti sono d'accordo.
La protesta di Don Sturzo nasce fondamentalmente dal non voler dare il suo appoggio alla riforma elettorale presentata da Acerbo che prevede il sistema maggioritario contro quello ostinatamente sostenuto dal segretario del PPP: proporzionale.
 
24 APRILE - Il PPI  si è già spaccato in due, e la sua componente di destra dà vita al Partito Nazionale Popolare, guidato da Egilberto Martire che il giorno stesso si incontra con Mussolini.

 3 LUGLIO - Il gruppo dei cattolici Nazionali,  il 3 luglio firmano un manifesto dove offrono il pieno consenso al governo Mussolini e al suo progetto di riforma elettorale.
 Mussolini sempre abile ha condotto prima all'inizio una delicata operazione chirurgica, e alla fine (chiedendo le dimissioni) ha dato il taglio netto; ma ha ora dalla sua parte una corrente, anche se piccola, che si è espressa chiaramente a suo favore e lui ora può affermare che Don Sturzo era l'uomo sbagliato dentro un partito di "cattolici che invece desiderano il bene dello Stato". 
Gli elettori delle due correnti s'interrogano e non ci capiscono più nulla. Era quello che voleva Mussolini. Ora ha il piccolo gruppo che l'appoggia e lo usa come un ariete, vuole insomma dare l'impressione che tutti i cattolici d'Italia, ovviamente i "migliori", sono con lui. E per far questo, lui consumato giornalista, usa la propaganda. Dà l'impressione che tutti i cattolici si sono schierati al suo fianco, convincendo così i titubanti, gli scettici, gli agnostici.

1924 - 25-26 GENNAIO - Si sciolgono le Camere per le elezioni del 6 aprile. Esce il manifesto elettorale del PPI (nei scorsi mesi calmo ma lacerato)  che ritorna a una dura linea antifascista, esprimendosi con una formula  netta "nè opposizione , nè collaborazione",
Il 6 aprile si svolgono le elezioni con la "Legge Acerbo". Molti cattolici confluiscono nel famoso "listone". I Popolari da 100 seggi scendono a 39.
Perseguitato dal fascismo Don Sturzo emigra a Londra e quindi a New York dove si stabilisce fino al suo rientro dopo la guerra.

Il  30 dello stesso mese Matteotti denuncia i brogli. Il 10 luglio scompare. Il 16 agosto è rinvenuto il suo cadavere. Nel frattempo il 27 di maggio l'opposizione  non partecipa più ai lavori della Camera, dando vita all"Aventino". Il 3 gennaio del 1925, Mussolini in un famose discorso si assume la "responsabilità morale, politica e storica"; e dalla situazione ne esce rafforzato. Alcuni cattolici aventiniani abbandonano l'ostruzionismo. Con i successivi Patti Lateranensi tutto il mondo cattolico darà il suo consenso al fascismo. 

1925  28 GIUGNO - Si apre a Roma l'ultimo congresso dello striminzito PPI, con Don Sturzo dall'esilio che manda un messaggio. Per alcuni ormai incomprensibile e poco realista.

Gaetano Salvemini, laico e rigoroso intransigente, strinse amicizia con Don Sturzo, e nelle sue memorie di lui scrisse "Don Sturzo non è clericale. Ha fede nel metodo della libertà per tutti e per sempre. E' convinto che, attraverso il metodo della libertà, la sua fede prevarrà sull'errore delle altre opionini per forza propria, senza imposizioni più o meno oblique".
Questo perchè Don Sturzo aveva nella sostanza del suo pensiero due componenti fondamentali e interdipendenti. Una era la superiorità dello spirituale sul temporale. L'altra riteneva che la Chiesa come istituzione dovesse tenersi libera e distante dalle questioni politiche.  Per lui era la provvidenza divina a intervenire e a regolare le cose del mondo.
(paradossalmente nel '29, nel giorno della Madonna di Fatima, il divino mandò "l'uomo della provvidenza" a fare i Patti Lateranensi).



1945 - Finita la guerra Don Sturzo rientra in Italia, riprendendo la vita politica attiva.
Ma ha mutato radicalmente l'indirizzo. Fin dal periodo della
Rerum Novarun ( Sturzo allora aveva 20 anni) e dei primi movimenti cattolici che cercavano di armonizzare gli opposti interessi delle classi sociali, il giovane prete aveva sviluppato una sua particolare critica e condanna del capitalismo di sfruttamento; reclamava una politica sociale aperta ai ceti meno abbienti. Cioè tutto un complesso di posizioni ideologiche, politiche ed economiche, ben preciso (alla Murri e come lo è ora Dossetti). Una chiara visione interclassista (quella che mise in allarme i cattolici conservatori, ritenendola marxista). 

Mentre al suo rientro si scagliò violentemente non solo contro i partiti di sinistra, ma contro le stesse rivendicazioni dei lavoratori; ostile a ogni intervento pubblico e statale, nel campo economico, e quindi sostenitore della svolta conservatrice della nuova Democrazia Cristiana, anche se nella stessa si mantenne indipendente e non risparmiò critiche. Ora era più a destra che a sinistra. Ed infatti nel...

1952 -  Pio XII, molto preoccupato dagli eventi non più uguali a quelli del '48 (con GEDDA, allora artefice della vittoria con i famosi Comitati Civici), cercò proprio Don Sturzo. Il
Papa avrebbe voluto la costituzione di un’unica lista per le elezioni comunali romane, e sollecitò di tentare la formazione di un blocco di centro-destra, incaricando proprio lui di condurre l’operazione. 
Gedda, che nel frattempo era diventato Presidente generale dell’ACI, dovette subire il rifiuto di tutti i Presidenti dei rami dell’ACI.
Gli dissero NO, Carretto (Giac), Badaloni (Maestri Cattolici), Miceli (Gioventù Femminile) e Carmela Rossi (Donne Cattoliche), come pure la Fuci e i Laureati Cattolici; e questo perché l’operazione Sturzo coinvolgeva l’elettorato di destra. Soltanto Maltarello, presidente degli Uomini di Ac, si dichiarò favorevole".

 A questo punto merita un certo rilievo la 47a udienza concessa nuovamente a Gedda, avvenuta il 17 giugno 1952, dopo il totale fallimento di questa "Operazione Sturzo". E  così scrive    LUIGI GEDDA nelle sue memorie...

"Gli chiedo se dobbiamo continuare ad appoggiare la Dc con i Comitati Civici ed Egli approva questo orientamento, ma consiglia di non attaccare le destre perché non diventino a loro volta anticlericali"

Gedda trova il Papa "molto triste", che  "[...] osserva che l’Azione Cattolica collabora non con la Chiesa ma con la Democrazia Cristiana"che gli parla di "amare scoperte", arrivando ad affermare che "l’Azione Cattolica, per la quale sono stati fatti tanti sacrifici, non è più nostra"

Infatti in questo periodo (tre mesi) matura il "ribaltamento" del pensiero di Carlo Carretto (Giac) che il 17 ottobre 1952 rassegna le dimissioni — la cui trasformazione si deve soprattutto "....all’influenza degli uomini della Democrazia Cristiana che lavoravano per un’intesa con i comunisti, e in particolare a GIUSEPPE DOSSETTI "
(la DC dal '47 ormai esprimeva due anime De Gasperi e Dossetti) 

 A Carretto succede Mario Rossi, che "[...] portò nella Giac la tendenza a considerare la politica estranea alla disciplina ecclesiale dell’Azione Cattolica, conferendole invece un’impronta di tipo marxista conforme al socialismo sopravvissuto al fascismo nel suo Polesine"; anche lui, nel giro di due anni, viene costretto alle dimissioni con quasi tutti i dirigenti centrali della GIAC.

1953 - Di Don Sturzo non si sente più parlare anche se viene nominato senatore a vita.
1959 - Don Sturzo muore  a Roma l'8 agosto, all'età di 88 anni. Un percorso lunghissimo, visto che era nato nell'anno della fine del potere temporale.

Ma anche Dossetti abbandona la politica attiva, deluso dai politici "mestieranti". Prese i voti e si ritirò in convento.
Anche lui lo accusarono di marxismo. Ci viene in mente il cardinale Manning in Inghilterra.... .... che occupandosi dei problemi sociali fu
accusato dalla chiesa e dagli industriali di fare del socialismo; ma ai suoi nemici lui rispondeva sempre dicendo "no cari signori, io faccio del cristianesimo".

 Dossetti, un grande personaggio! Che aveva capito molto! Che diceva quello che dice oggi -anni 2000- il Papa, che mette in guardia contro i pericoli di un neo-liberismo sfrenato, sfruttatore e corrotto, che così si è sostituito a tanti regimi comunisti morti di consunzione naturale nell'Europa dell'Est.
E si è sostituito nel creare un solo "valore", il valore dei soldi e delle "patacche" che spesso hanno più valore di chi le possiede; anzi costoro spesso hanno un prezzo più basso delle stesse "patacche".
.
Dossetti diceva che erano dei "mestieranti", oggi è peggio, alcuni sono diventati solo "cose" o meglio dire si muovono come dei "servili pupazzi".


(Altra Biografia politica e che cosa ha rappresentato Don Sturzo)

Don Romolo Murri, don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi 
nella storia del movimento cattolico italiano

di MARCO INVERNIZZI,
 Cristianità n. 237-238 (1995)

Vi sono ricerche e documentazioni che non illustrano tematiche non note e non introducono nuove problematiche, ma servono a reimpostare o a chiarire questioni note ma irrisolte o controverse: fa certamente parte di questa categoria l’opera Murri, Sturzo, De Gasperi. Ricostruzione storica ed epistolario (1898-1906), pubblicata da don Lorenzo Bedeschi nel 1994 e dedicata alla ricostruzione, sulla base della documentazione epistolare, del rapporto sviluppatosi, nell’ambito del movimento cattolico italiano, fra don Romolo Murri, don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento (1).

Le origini della democrazia cristiana in Italia

La questione irrisolta e controversa che l’opera di don Lorenzo Bedeschi contribuisce a chiarire riguarda le origini del movimento democratico cristiano in Italia.

Infatti, è opinione comune che tale movimento sia nato nel 1919 con la fondazione del PPI, il Partito Popolare Italiano, per iniziativa di don Luigi Sturzo, sacerdote nativo di Caltagirone, in Sicilia, e sia poi continuato nel secondo dopoguerra con il partito della DC, la Democrazia Cristiana, di Alcide De Gasperi, per arrivare infine nel 1994, attraverso mezzo secolo di governi a egemonia democristiana, allo scioglimento della DC e alla rifondazione del PPI per iniziativa, fra gli altri, dell’ultimo segretario della DC e primo del PPI, on. Mino Martinazzoli.

Contro questa vulgata, la ricerca di don Lorenzo Bedeschi contribuisce a restituire il giusto rilievo che ebbe, nelle origini della democrazia cristiana, la figura di don Romolo Murri.

Nato a Gualdo, nelle Marche, nel 1870, quando si compiva la Rivoluzione italiana con la Breccia di Porta Pia, Romolo Murri resta ancor oggi una figura scomoda e imbarazzante nella storia del movimento cattolico, a causa delle sue vicissitudini intellettuali e politiche, oltre che umane, che hanno indotto la storiografia cattolica a occultare il suo ruolo e la sua importanza. Già punto di riferimento della corrente democratico-cristiana all’interno dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici durante il pontificato di Papa Leone XIII, fondatore di riviste come Vita Nova, nel 1895, e Cultura sociale, nel 1898 — con le quali comincerà a porre le premesse ideologiche della democrazia cristiana — don Romolo Murri entrerà in profondo contrasto con i cattolici intransigenti, che guidavano l’Opera dei Congressi, e in particolare con l’avvocato veneziano Giambattista Paganuzzi, presidente del Comitato Permanente dell’organismo negli ultimi anni dell’Ottocento. 

Con il pontificato di Papa san Pio X, Romolo Murri entrerà in contrasto direttamente con la massima autorità ecclesiastica, soprattutto in seguito allo scioglimento dell’Opera dei Congressi voluto dal Papa nel 1903, quando il nuovo presidente dell’Opera, Giovanni Grosoli, sembrerà essere caduto in ostaggio proprio della corrente democratico-cristiana guidata da don Romolo Murri. Allora, il sacerdote marchigiano deciderà di continuare per la sua strada, fondando la Lega Democratica Nazionale, cioè quel movimento politico autonomo dalla Gerarchia ecclesiastica che era sempre stato al vertice dei suoi desideri, giungendo poi a solidarizzare pubblicamente con le idee moderniste che erano state condannate dal Magistero della Chiesa, con l’enciclica Pascendi dominici gregis, del 1907, e con la lettera agli arcivescovi e ai vescovi francesi Notre charge apostolique, del 1910 (2). Arriveranno così la sospensione a divinis, nel 1907, e quindi la scomunica nel 1909, in seguito alla sua candidatura al Parlamento in una lista sostenuta dalla Lega Democratica Nazionale, dai radicali e dai socialisti; e la vicenda di Romolo Murri continuerà con il suo matrimonio in Campidoglio nel 1912, la nuova candidatura nelle file dei radicali alle elezioni politiche del 1913, che questa volta lo vedranno sconfitto, la simpatia per il fascismo durante la nuova attività di giornalista presso il Resto del Carlino e, infine, il suo ritorno alla comunione con la Chiesa cattolica poco prima della morte, avvenuta 12 marzo 1944.

Il modernismo di don Romolo Murri, che manifesterà pubblicamente soltanto dopo la scomunica, era originale come quello di tutti gli altri modernisti, diventati — dopo aver rotto la comunione con la Santa Sede — chiesa a sé stessi. Esso aveva probabilmente avuto origine con il tentativo di unire l’insegnamento del cardinale gesuita Louis Billot (1846-1931) — che era stato suo insegnante di dogmatica all’Università Gregoriana, a Roma — con quello dello studioso marxista Antonio Labriola (1843-1904) — del quale aveva seguito le lezioni all’università di Roma —; si trattava così, secondo il progetto di don Romolo Murri, di combinare la filosofia scolastica del teologo francese con il materialismo storico dello studioso socialista italiano, in particolare la "tecnica logica" del primo con la supposta "attenzione alla realtà" caratteristica del secondo (3).

Come per ogni modernista, la sua posizione nasceva dal disagio di fronte all’affermarsi di una cultura anticristiana e dall’inadeguatezza con cui la cultura cattolica e le associazioni ufficiali del movimento cattolico cercavano di fronteggiare il processo di secolarizzazione in atto. Ma questa legittima preoccupazione portava don Romolo Murri — e come lui, in genere, i modernisti di tutte le epoche — ad assumere numerosi atteggiamenti negativi: un complesso d’inferiorità e un tentativo di emulazione nei confronti di quanto cresceva fuori dalla Chiesa, in particolare verso il concetto di democrazia mutuato dai princìpi liberali della Rivoluzione francese (4); il tentativo impossibile di conciliare lo sviluppo immanentistico del pensiero moderno con la filosofia dell’essere; infine, l’insofferenza verso le posizioni della Gerarchia, che lo avrebbe portato alla ribellione. Su tutto, inoltre, la mancanza contro la virtù teologale della speranza, che rende consapevoli del fatto che la Chiesa si salva per volontà del suo Fondatore, con i tempi e i modi scelti dal Signore Gesù Cristo, e che, se è compito dei cattolici annunciare fedelmente la verità perenne cercando anche le modalità più opportune per tale annuncio nei diversi tempi storici, sono preventivamente dovuti attenzione e rispetto alle scelte pastorali effettuate dalla Gerarchia.

ROMOLO MURRI - L’incontro con don Luigi Sturzo

Dall’intensa azione culturale di don Romolo Murri nell’ultimo scorcio del secolo XIX nascono il Circolo Universitario Cattolico dedicato a san Sebastiano, fondato a Roma nel 1894, con il quindicinale di sociologia, letteratura e cose d’università Vita Nova — pubblicato nel biennio 1895-1896 — e, l’anno successivo, la FUCI, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, che ricevette anche una lettera d’approvazione da parte di Papa Leone XIII il 7 gennaio 1896, ma che nel 1898, durante il Congresso Cattolico di Fiesole, verrà annessa d’autorità all’Opera dei Congressi.

Il 3 settembre 1900 il sacerdote marchigiano fonda a Roma la Democrazia Cristiana Italiana, alla presenza di un centinaio di giovani, fra i quali molti avranno un ruolo significativo nella storia del movimento democratico-cristiano non soltanto italiano, come per esempio Marc Sangnier, fondatore del Sillon, il movimento politico francese condannato da Papa san Pio X con la già ricordata lettera Notre charge apostolique. E fra i fondatori vi è don Luigi Sturzo.

I due sacerdoti si erano conosciuti a Roma alla fine dell’Ottocento e ne era nato un rapporto di stima e di amicizia che durerà fino al 1906, coinvolgendo anche le rispettive famiglie.

Nato a Caltagirone, in Sicilia, un anno prima di Romolo Murri, don Luigi Sturzo comincia a collaborare alle riviste promosse da don Romolo Murri e a far conoscere il movimento democratico-cristiano nella sua terra d’origine: "[...] fu Murri a spingermi definitivamente verso la democrazia cristiana. Da allora vi sono rimasto fedele", scriverà nel 1946 in un messaggio inviato alla sezione della DC di Gualdo di Macerata, in occasione dello scoprimento di una lapide sulla casa natia dell’antico leader democratico-cristiano da parte della locale sezione dell’appena ricostituita DC (5).

Don Romolo Murri gli pubblica i primi lavori, Conservatori cattolici e Democratici cristiani, nel 1900, L’Organizzazione di classe e le Unioni professionali, nel 1901, e Sintesi Sociali, nel 1906, e viene invitato a Caltagirone da don Luigi Sturzo per tenervi una serie di conferenze.

Ma, mentre la collaborazione fra i due esponenti della democrazia cristiana viene trattata con molta discrezione, per decenni, dagli studiosi del movimento cattolico, in particolare da Gabriele De Rosa, il principale biografo di don Luigi Sturzo, don Lorenzo Bedeschi mette in risalto l’influenza esercitata da don Romolo Murri sul sacerdote di Caltagirone, distinguendone quattro ambiti ben precisi: ecclesiastico, letterario, culturale e socio-politico (6).

Don Romolo Murri è il maestro e don Luigi Sturzo ne subisce profondamente l’influenza — in questi termini si può schematizzare la tesi di don Lorenzo Bedeschi —, così che il sacerdote di Caltagirone gli è sensibilmente debitore, soprattutto sul piano ideologico. Si può senz’altro immaginare una eccessiva enfatizzazione di questo rapporto di sequela da parte di don Lorenzo Bedeschi, che non nasconde il suo tentativo — non soltanto attraverso quest’opera, ma con tutta la sua produzione intellettuale — di rivalutare la figura di don Romolo Murri come anticipatore della democrazia cristiana e del riformismo politico-religioso, che soltanto in seguito sarebbe penetrato nel mondo cattolico. Ma i fatti che porta a fondamento della sua tesi sono reali, così come fondata appare la tesi secondo cui don Romolo Murri verrà "dimenticato" perché, essendo stato scomunicato, poteva soltanto danneggiare l’opera di don Luigi Sturzo, almeno fino alla riconciliazione con la Chiesa del sacerdote marchigiano, nel 1944. Sarà lo stesso don Luigi Sturzo a ricordarlo, ancora nel 1946: "Ora giustamente rievochiamo la sua figura di pioniere della democrazia cristiana. Dio misericordioso ci ha concesso di poter dire che Murri è nostro, nonostante la temporanea deviazione in zone ideali e politiche non nostre" (7).

Tuttavia appare anche una reale differenza fra i due personaggi, una distinzione che potrebbe essere considerata soltanto tattica — don Luigi Sturzo pragmatico e don Romolo Murri "idealista" —, ma che mi sembra riveli anche una sostanziale indifferenza di don Luigi Sturzo verso le tematiche dottrinali sollevate dal modernismo; un’indifferenza, va aggiunto, anche verso la lotta contro il modernismo, e questo mi pare molto più grave, un’indifferenza che, per esempio, non aveva un altro democratico-cristiano, ma sicuramente ortodosso e fedele al Magistero, qual era Giuseppe Toniolo.

Don Luigi Sturzo comincia a manifestare i primi dubbi nei confronti delle modalità d’azione del fondatore della democrazia cristiana già durante gli ultimi anni del pontificato di Papa Leone XIII; in particolare manifesta le sue perplessità in una lettera a don Romolo Murri del 18 luglio 1903, nella quale, con parole ferme, lo accusa di danneggiare il movimento democratico-cristiano con prese di posizione polemiche, com’era avvenuto poco tempo prima quando don Romolo Murri aveva scritto e pubblicato una lettera di forte contestazione contro Giuseppe Toniolo (8). Comincia a emergere l’atteggiamento di grande accortezza operativa che caratterizzerà l’azione del futuro fondatore del PPI, di chi sa aspettare i tempi favorevoli per cercare di raggiungere i propri obbiettivi, di chi, soprattutto, non vuole inimicarsi l’autorità ecclesiastica. Gli ideali democratico-cristiani rimangono tuttora comuni e le parole di don Luigi Sturzo lo confermano: egli è infatti preoccupato che le finalità del movimento possano essere pregiudicate dai colpi di testa dell’amico. "Io penso che il nostro è il momento di disinteressarsi di tutto il movimento interno in quanto è pro o contro il modernismo; e di tirar dritto nel campo della cultura e nel campo delle opere pratiche", scriverà in una delle ultime lettere a don Romolo Murri, nel maggio del 1906, aggiungendo: "Non credere che io sia o voglia essere un opportunista o un prudentone [...]. Io invece sono e voglio essere pratico; cioè arrivare allo scopo intero e senza transazioni; ma anche studiando il terreno sul quale si cammina, per non cadere in trabocchetti, e per non scivolare e perdere quel che si è guadagnato" (9).

Il distacco

Quando don Romolo Murri, ormai in rotta con il nuovo Papa, san Pio X, si lancia nell’avventura della Lega Democratica Nazionale, don Luigi Sturzo decide di separare le proprie responsabilità da quelle dell’amico e collaboratore. Lo fa con un’ultima lettera, scritta il 18 giugno 1906, nella quale prende commiato dal movimento e dall’amico, consigliandogli di dedicarsi all’attività intellettuale in qualche università, ma di uscire definitivamente dalla politica operativa.

Don Romolo Murri era ormai diventato un amico scomodo: l’anno successivo verrà sospeso a divinis, tre anni dopo, nel 1909, scomunicato, e nel 1912, con il matrimonio in Campidoglio, cesserà ogni rapporto con il mondo cattolico.

Tuttavia un certo rapporto fra i due continuerà, seppure indirettamente, soprattutto dopo la fondazione del PPI nel 1919. Nonostante il tentativo di sottacere le origini murriane del movimento democratico-cristiano, e quindi del PPI, non si poteva impedire l’emergere della polemica fra don Romolo Murri, che rivendicava la paternità del movimento e la continuità con esso del PPI, e quanti le negavano, fra i quali si distingueva il capufficio stampa del PPI, don Giulio De Rossi. E la polemica infatti scoppiò, con don Romolo Murri ancora vivente, sempre pronto a rivendicare la paternità della sua creatura (10).

Un problema irrisolto: modernismo e prima democrazia cristiana

Rimane tuttavia un problema irrisolto, almeno sulla base della documentazione presentata da don Lorenzo Bedeschi, e cioè la portata del modernismo nella prima democrazia cristiana fondata da don Romolo Murri.

Secondo le indicazioni di don Lorenzo Bedeschi, don Luigi Sturzo sembra staccarsi da don Romolo Murri per non incorrere nelle sanzioni disciplinari che stavano per abbattersi sul sacerdote di Gualdo, e che erano largamente prevedibili già nel 1906. Lo stesso don Romolo Murri, del resto, giudicava don Luigi Sturzo insensibile alla problematica modernista, in quanto esclusivamente proteso all’azione amministrativa e politica, sostenendo oltretutto che la prima democrazia cristiana non aveva nulla a che fare con il modernismo. Tuttavia, in una intervista al Giornale d’Italia durante il secondo Congresso del PPI, svoltosi a Napoli nel 1920 — intervista cui don Lorenzo Bedeschi non fa riferimento — don Romolo Murri sostiene la tesi che la differenza fra lui e i popolari consisteva proprio nel fatto che la sua riforma andava ben al di là dell’aspetto politico, in quanto prevedeva proprio la riforma della Chiesa nel senso auspicato dal modernismo (11).

Così, le domande che meriterebbero una risposta sono numerose, e vale la pena almeno di enunciarle:

1. La condanna di don Romolo Murri era stata comminata soltanto per ragioni disciplinari inerenti alla sua candidatura alle elezioni, oppure implicava la sua appartenenza a una prospettiva modernista, almeno al modernismo politico-sociale condannato nella Notre charge apostolique?

2. Quanto di queste supposte posizioni moderniste — in particolare riguardo al concetto di democrazia intesa come sovranità popolare — entrerà a far parte del bagaglio ideologico di don Luigi Sturzo, attraverso don Romolo Murri, e, quindi, nella cultura politica del PPI?

3. Quando don Luigi Sturzo scrive che la prima democrazia cristiana ebbe molto a soffrire dall’incontro con il modernismo (12), si riferisce soltanto all’aspetto disciplinare, in quanto rischiò di essere annientata dalla reazione antimodernista durante il pontificato di Papa san Pio X, oppure intendeva parlare della sofferenza che scaturiva da un accostamento indebito fra due posizioni inconciliabili, quella modernista e quella democratico-cristiana "ortodossa", che venne soltanto lambita dal modernismo senza esserne contagiata?

ALCIDE DE GASPERI e don Romolo Murri

Quando, alla fine della seconda guerra mondiale, Alcide De Gasperi ricostruisce il partito democratico-cristiano, non ha nessuna remora a riprendere il nome che le aveva attribuito don Romolo Murri nel 1900. Anche il suo ufficio stampa — ricorda sempre don Lorenzo Bedeschi —, ristampando il vecchio libro di don Giulio De Rossi sulle origini del movimento democratico-cristiano, diversamente da quanto era stato fatto nel 1919, lo corregge mettendo adeguatamente in risalto la continuità fra la democrazia cristiana di don Romolo Murri e il PPI (13).

Ciononostante, nelle rievocazioni storiche delle origini, anche Alcide De Gasperi — secondo don Lorenzo Bedeschi (14) — tacerà l’influenza di don Romolo Murri, sostituendo la figura del sacerdote marchigiano come punto di riferimento con quella, ineccepibile dal punto di vista dell’ortodossia, di Giuseppe Toniolo, nei confronti del quale, peraltro, aveva avuto qualche parola di critica (15).

Più giovane di don Romolo Murri di undici anni, Alcide De Gasperi lo aveva conosciuto a Roma nel 1902, quando la crisi all’interno dell’Opera dei Congressi era già in corso. Gli scriverà alcune lettere fino al 1904, manifestando la sua simpatia e la sua adesione alle idee democratico-cristiane, e farà conoscere il movimento e le opere di don Romolo Murri in Trentino.

Accanto alla condivisione, dalle lettere di Alcide De Gasperi emerge anche l’incomprensione per le ansie riformistiche di don Romolo Murri, soprattutto in campo filosofico e, in genere, religioso. Secondo don Lorenzo Bedeschi, l’ostilità di Alcide De Gasperi verso il riformismo modernista era da attribuirsi alla sua formazione strettamente tomista, ricevuta dal sacerdote e professore Ernesto Commer (1847-1928), un teologo che aveva insegnato in diverse università prima di approdare a Vienna, dove aveva avuto la possibilità di influenzare il giovane studente trentino. Sarà grazie a questa educazione tomista che Alcide De Gasperi guarderà con sospetto l’estendersi della propaganda murriana in ambiti diversi da quello politico, per il quale soltanto manifestò la sua adesione; in seguito, in occasione della condanna del modernismo, difenderà la "sana filosofia" contro il riformismo modernista (16) e, nel 1911, Alcide De Gasperi arriverà a polemizzare direttamente con don Romolo Murri in occasione di una conferenza tenuta da quest’ultimo "a Rovereto per conto dei liberali", definendolo un "misero apostata" (17).

Anche dalla lettura delle poche lettere di Alcide De Gasperi a don Romolo Murri, emerge come il loro rapporto sia stato molto breve e di scarsa intensità intellettuale e di amicizia, a differenza di quello fra don Romolo Murri e don Luigi Sturzo. Da questo rapporto emerge soprattutto la volontà di Alcide De Gasperi di tenere separati l’ambito politico — nel quale continuerà sempre a manifestare la sua preferenza per le prospettive democratico-cristiane — da quello strettamente religioso, dove si manterrà sostanzialmente fedele all’insegnamento tomista ricevuto tramite il "maestro" Ernesto Commer.

Volendo trarre qualche conclusione da questo breve excursus sui rapporti fra don Romolo Murri, don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, si può senz’altro confermare l’impressione, già ricordata, dell’insensibilità di don Luigi Sturzo e di Alcide De Gasperi relativamente alle problematiche moderniste sollevate dal sacerdote marchigiano. Quanto questa insensibilità sia stata prodotta dalle condanne contro il modernismo da parte della Gerarchia ecclesiastica e quanto invece sia il risultato di un loro reale convincimento rimane un problema storico da accertare, se possibile. La posizione culturale di entrambi può essere più esattamente riconducibile al filone ottocentesco del cattolicesimo liberale, che teneva rigorosamente separati l’ambito religioso e quello politico, cioè li guardava più nell’ottica della separazione che in quella della distinzione.


FINE

(1) Cfr. Lorenzo Bedeschi, Murri, Sturzo, De Gasperi. Ricostruzione storica ed epistolario (1898-1906), San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1994. Pubblicato nel cinquantesimo anniversario della morte di don Romolo Murri (1870-1944), è la più recente fatica di don Lorenzo Bedeschi, che ha dedicato gran parte della sua attività di storico allo studio del modernismo, fondando il Centro per la Storia del Modernismo e istituendo la Fondazione Romolo Murri presso l’Università di Urbino, dove per molti anni è stato ordinario di storia dei partiti e dei movimenti politici.
(2) Cfr. san Pio X, La concezione secolarizzata della democrazia. Lettera agli Arcivescovi e ai Vescovi francesi "Notre charge apostolique", del 25-8-1910, Cristianità, Piacenza 1993.
(3) Cfr. L. Bedeschi, Murri, Sturzo, De Gasperi. Ricostruzione storica ed epistolario (1898-1906), cit., p. 24.
(4) Cfr. ibid., pp. 42-44.
(5) Ibid., p. 48.
(6) Cfr. ibid., pp. 64-72.
(7) Ibid., pp. 48-49.
(8) Cfr. ibid., pp. 214-217.
(9) Ibid., p. 243.
(10) Cfr. ibid., pp. 106-113.
(11) Cfr. Giornale d’Italia, 10-4-1920.
(12) Cfr. Luigi Sturzo, L’Abbè Naudet, in El Matì, 13-4-1935, in Idem, Scritti storico-politici (1926-1949), Cinque Lune, Roma 1984, p. 259.
(13) Cfr. L. Bedeschi, Murri, Sturzo, De Gasperi. Ricostruzione storica ed epistolario (1898-1906), cit., p. 111.
(14) Cfr. ibid., p. 145.
(15) Cfr. Idem, Il giovane De Gasperi e l’incontro con Romolo Murri, Bompiani, Milano 1974, p. 72. Il legame di Alcide De Gasperi con l’opera di Giuseppe Toniolo non sembra tuttavia occasionale, dal momento che, secondo la testimonianza di Giovanni Spadolini, lo statista trentino, due settimane prima della morte, era impegnato "[...] nella lettura della grossa biografia di Toniolo scritta dal Vistalli: la stessa biografia [...] che doveva ispirargli le famose considerazioni, tante volte riportate anche se non sempre seguite o capite, della lettera-testamento a Fanfani" (L’opposizione cattolica da Porta Pia al ’98, Mondadori, Milano 1994, p. XVII).
(16) Cfr. L. Bedeschi, Il giovane De Gasperi e l’incontro con Romolo Murri, cit., p. 64.
(17) Ibid., p. 69.

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Utile l'articolo di Marco Invernizzi (concesso da Cristianità art. n. 237-238 (1995)
PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
+ AUTORI VARI DALLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE  

Procedi con la cronologia dei fatti dell'anno 1921.....



ma interessanti sono le pagine di ALFREDO PARETO
che proprio in questo fine 1920 dava alle stampe...

* "FATTI E TEORIE" > > > >
con * DOPO LA DISFATTA DEGLI IMPERI CENTRALI

* "TRASFORMAZIONE DELLA DEMOCRAZIA" (anno 1921) e
* " I SISTEMI SOCIALISTI"

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