ANNO 1921

L'ANNO DEL FASCISMO
DA 0 A 35 SEGGI - GLI SVILUPPI

IL 1921 - SCIOPERI, CONFLITTI, AGGUATI, ATTENTATI, SPEDIZIONI PUNITIVE - LE ELEZIONI POLITICHE - GABINETTO BONOMI - ECCIDIO DI SARZANA - IL TRATTATO DI PACIFICAZIONE TRA FASCISTI E SOCIALISTI - ECCIDIO DI MODENA - IL MILITE IGNOTO ALL'ALTARE DELLA PATRIA - IL 3° CONGRESSO DEI FASCI A ROMA - TRASFORMAZIONE DEL MOVIMENTO FASCISTA IN PARTITO - VICENDE DI FIUME - SVILUPPI DEL FASCISMO
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IL 1921... l'anno del Fascismo
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lo scrisse proprio Mussolini "...il 1921 ...può essere definito l'«anno fascista», inquanto ché tutta la vita politica italiana - dal Parlamento alla piazza, ai giornali - è stata dominata e quasi ossessionata dal fascismo"
( Mussolini
, Il Popolo d'Italia, N. 309, 28 dicembre 1921)


L'ondata rivoluzionaria, che traeva ispirazione dai fatti russi (con l'affermazione bolscevica - distribuzione delle terre ai contadini, fabbriche sotto il controllo prima degli operai ma ben presto sotto il partito, i tribunali del popolo poi del partito, la milizia popolare poi del partito che ha sostituito la polizia, la nazionalizzazione (non più dei comitati operai ma da direttori imposti dal partito) delle attività commerciali, industriali e bancarie) spaventò enormemente la piccola come la grande borghesia, il mondo liberale come quello cattolico, particolarmente allarmato dall'ateismo marxista, mentre anche le masse contadine ( in Italia erano 3 milioni i piccoli proprietari di terre (piccoli "fazzoletti" di terre, ma gelosamente custoditi)) naturalmente legate alle tradizioni e timorose della confisca delle terre, furono del tutto sorde alle sirene comuniste.
Probabilmente senza i fatti rivoluzionari russi, in Italia non sarebbe nemmeno nato il fascismo, nè il nazismo in Germania.
Anche il fascismo si è definito rivoluzionario ma si è trattato del rivoluzionarismo della controrivoluzione, la punta estrema della reazione borghese-capitalistica al comunismo, pervenuta poi al potere.

Non per nulla Mussolini veniva dal mondo socialista e Hitler darà il nome al suo movimento "nazional-socialismo". Questi "rivoluzionari" (svoltando repentinamente a "destra") mobilitano le masse e intendono distruggere la democrazia parlamentare, ma il loro populismo è solo funzionale al consenso e il loro odio per la democrazia interpreta la volontà del capitalismo più selvaggio, che punta a sbarazzarsi di tutti gli ostacoli del parlamentarismo per imporre direttamente la propria legge.

"Il fascismo non si presenta affatto come espressione di una dottrina politica, non ha come il socialcomunismo una filosofia alle spalle, ma è un punto di coagulo di tutte le paure, gli odi, i risentimenti di gran parte della classe dirigente e di ampi strati popolari contro il disordine sociale del dopoguerra fomentato, agli occhi dei borghesi benpensanti, da una classe operaia sempre più tendenzialmente rivoluzionaria. C'è un'invocazione di ordine e disciplina un bisogno di metodi forti contro la crisi diffusa, che il fascismo sa interpretare con decisione. I fascisti della prima ora vengono in gran parte dai combattenti della guerra mondiale, e in particolare dai corpi più abituati all'uso della violenza (gli "arditi", a Vittorio Veneto, celebrati, decorati, indicati come eroi), disposti a continuare in questa pratica entro una mitologia che celebra le armi, il sangue e la morte come espressione di virilità. Non per nulla il fascismo, come poi il nazismo, sviluppa rituali paramilitari, camicia nera, stivaloni, divise per ogni classe d'età, esercitazioni con le armi, in una tendenziale mobilitazione di tutto il corpo sociale e nell'inevitabile creazione di nemici da combattere (il comunista, il borghese liberale, il plutocrate americano, l'ebreo, lo straniero, il "diverso"). Il valore principale di riferimento diventa il nazionalismo (all'opposto dell'internazionalismo socialista), con la sacralizzazione della patria, delle sue origini (la romanità!), delle sue tradizioni.
Certo il fascismo non avrebbe potuto conquistare il potere se non avesse trovato connivenza e appoggio nei deboli governi del dopoguerra, oltre che aiuto concreto da parte del capitalismo non liberale e della grande proprietà terriera, spaventati dall'accresciuta forza della classe operaia. Ma l'Italia uscita dalla guerra è attraversata da tali venti di crisi, economica politica e sociale, da essere un'autentico terreno di coltura per avventure estreme". (Bibliografia: E. Gianola, Il Novecento, Ed. Colonna, 1999).

Torniamo dunque all'ambiente

"Nel 1921, quella che ormai aveva tutti gli aspetti di una guerra civile infuriò con violenza maggiore che nell'anno precedente. La scissione della frazione comunista dal partito socialista italiano, avvenuta dopo il congresso di Livorno (15-21 gennaio 1921) anziché scemare l'impeto alla lotta politica l'accrebbe perché non solo nell'azione di piazza prevalsero certi metodi comunisti, ma si trovò comodo addossare a questi la responsabilità delle violenze commesse anche dai socialisti. (P. GIUDICI - Storia d'Italia)

"Continuavano gli scioperi, le occupazioni delle fabbriche e dei cantieri, le prepotenze dei leghisti e delle amministrazioni rosse; ma la lotta ora non è più occasionata dagli scioperi e dalle dimostrazioni; ma è voluta e cercata dagli elementi sovversivi.
E, o per reazione o spesso per autonome iniziative di alcuni fasci, che non sempre Mussolini riesce a tenere a freno, le prepotenze si moltiplicarono. (ib.pag. 841-845)

"L'agguato, vile e cruento da una parte, o le spedizione punitive dall’altra, è ormai il metodo: si spara, nascosti dietro le siepi, contro squadre che si recano da un paese all'altro, che sorprendono brigate, che assalgono proditoriamente di giorno e di notte chi dissente dai loro principi, che fanno fuoco su cortei, e che sotto i colpi cadono quotidianamente guardie regie, carabinieri, ex-combattenti, legionari fiumani, arditi, fascisti, nazionalisti, liberali, impiegati, studenti, operai, da una parte come dall’altra.(ib.pag. 841-845)

"Naturalmente la reazione fascista cresceva col crescere della violenza rossa: i fasci si moltiplicavano; ogni domenica in molti centri avvenivano inaugurazioni di sezioni, di gagliardetti, di fiamme con relativi cortei, discorsi e conflitti; all'agguato comunista si rispondeva immediatamente con rappresaglie, con spedizioni punitive, con l'incendio di cooperative e di camere del lavoro, con somministrazioni di colpi di manganello e di bicchieri d'olio di ricino.
(vedi la relazione dell'Avanti e di Giacomo Matteotti "Inchiesta sulle gesta dei fascisti")
Di giorno in giorno l'organizzazione militare dei fasci si perfezionava e diventava più efficiente l'opera delle squadre d'azione, che riuscivano –nonostante le violenze pure attraenti - specie nella gioventù- per la loro audacia, per la spavalderia, per lo sprezzo del pericolo e per le forme ereditate dagli arditi insieme coi canti, con i colori e le fogge del vestire e con i metodi nell’agire".(ib.pag. 841-845)

"Per non essere conosciute e sfuggire più facilmente all'azione della polizia, le squadre d'azione sovente agivano in province o comuni diversi dai propri; precauzione questa che col tempo risultò superflua perché il Governo lasciava fare anche nelle grandi città, soddisfatto molte volte dell'affermarsi del Fascismo che con la violenza mirava a ristabilire l'ordine della nazione; ma sovente, o per incomprensione o intemperanza di funzionari, qua e là la polizia, non volendo rinunziare al proprio prestigio, si metteva in urto con l'organizzazione fascista, provocando malumori, arresti e conflitti.
Nel mese di gennaio la situazione nell'Italia settentrionale e centrale si fece talmente grave che il Ministro dell’Interno ordinò la revoca delle licenze di porto d'armi nelle province di Modena, Bologna e Ferrara e prescrisse ai prefetti di provvedere all'immediata consegna delle armi e delle munizioni da parte dei cittadini.
L'ordine provocò molte proteste; gli industriali e commercianti bolognesi minacciarono la serrata se il provvedimento non veniva revocato e una numerosa commissione di rappresentanti delle tre province si recò a protestare a Roma contro il disarmo politico, mentre alla Camera venivano presentate -inascoltate- mozioni sui conflitti sociali.(ib.pag. 841-845)

"Nel febbraio e nel marzo la lotta divenne di una violenza straordinaria specie nella Toscana, dove dai comunisti e da folle eccitate furono commessi eccidi nefandi quali quello dei marinai e dei carabinieri ad Empoli e l'assassinio di G. Berta a Firenze, e nella Lombardia, dove l'azione sovversiva culminò nell'attentato del teatro Diana, in cui diecine di persone rimasero uccise e centinaia ferite.(ib.pag. 841-845)

LE ELEZIONI POLITICHE

"Il 7 aprile con un decreto firmato il 7 aprile, viene deciso lo scioglimento della Camera: le elezioni sono indette per il 15 maggio. Giolitti giustifica la decisione richiamandosi alla necessità di tenere le elezioni nei territori annessi di recente e affermando che la Camera uscita dalle votazioni del novembre 1919 non rappresenta più la volontà del paese. Spera di ottenere dalle nuove elezioni una maggiore rappresentanza delle forze liberali democratiche a discapito del PSI e del PPL. A tal fine favorirà, attraverso i Blocchi Nazionali (il cosiddetto "listone") l'alleanza tra liberali e fascisti, nello sforzo di coinvolgere questi ultimi nel sistema parlamentare.
Sciolta la Camera, si convocarono per il 15 maggio i comizi elettorali, chiamandovi anche i cittadini della Venezia Giulia e Tridentina annesse con legge 26 settembre 1920 e quelli di Zara e delle altre terre passate all'Italia in virtù del Trattato di Rapallo.(ib.pag. 841-845)

"La campagna elettorale e le elezioni si svolsero in un clima turbolento, tra gli agguati dei sovversivi in cui caddero nuove vittime fasciste e le rappresaglie delle squadre d'azione. Dovunque i partiti dell'ordine costituirono blocchi nazionali, ai quali – di loro iniziativa- parteciparono, capitanandoli squadre di fascisti.
I giorni che precedettero le elezioni, furono segnati da rivolte e sangue; a Pisa, a Lecce, a Brescia, a Taranto, a Treviso, a Padova, a Bologna, a Milano, a Pavia, a Piacenza, Alessandria, Mantova Napoli, Pordenone, Viareggio, Carrara, Cittadella, Palazzone e nelle Maremme. (ib.pag. 841-845)

"Il Comitato Centrale compendiò il programma del Fascismo in un manifesto in cui, fra l'altro, si diceva: “Il Fascismo rivendica ancora una volta la necessità dell'intervento del 1915, celebra la vittoria, che fu vittoria del popolo, esalta la legione immortale di Ronchi e il Duce che la guidò dal cimitero carsico e la tenne vittoriosamente per quindici mesi nell'olocausta Fiume e, malgrado Rapallo, non rinuncia alla Dalmazia”.
”Nel campo interno reclama la fine del collettivismo statale che burocratizza ed isterilisce le energie economiche. Vuole lo Stato ricondotto alle sue fondamentali funzioni politiche, respinge l'idea del controllo sindacale fino a quando i suoi propugnatori l'intendono come arma per esasperare i conflitti di classe.
“Non è alieno dall'attenuare se non abolire il monopolio scolastico dello Stato, favorisce quel movimento operaio che al lato degli interessi legittimi di chi lavora manualmente e intellettualmente tenga conto degli interessi della produzione e delle necessità nazionali. Addita nella graduale creazione di una democrazia rurale, e non nelle assurde socializzazioni, la soluzione del problema agrario; è favorevole alla sburocratizzazione dello Stato attraverso un decentramento amministrativo razionale e regionale; invoca un regime di libertà doganale non assoluta, ma in relazione con le esigenze dell’industria nazionale; e chiede infine la sistemazione definitiva dei combattenti e dei mutilati”.
(ib.pag. 841-845)

"Nella politica estera il Fascismo riafferma i suoi postulati che tendono “…a creare le condizioni necessarie e sufficienti per la fascistica espansione italiana nel Mediterraneo ed oltre Oceano, obiettivi che saranno raggiunti da una revisione di alcuni trattati di pace e dallo stabilirsi di relazioni amichevoli con tutti gli Stati”. Il Fascismo ricorda solennemente agli Italiani, che “…non vi è possibilità di autonomia in politica estera fin che duri il nostro vassallaggio economico verso gli Stati che ci forniscono materie prime indispensabili, come grano e carbone. Donde la necessità suprema di sviluppare fino ai limiti del possibile le forze produttive della Nazione”.
“Il Fascismo, pur essendo favorevole ad una politica generale di pace e di conciliazione”, afferma che “…fino a quando le condizioni del mondo non siano cambiate la Nazione deve disporre di forze armate adeguate ai suoi bisogni”.(ib.pag. 841-845)

"Mentre si svolgeva la campagna elettorale faceva rapidi progressi, specie nel Ferrarese, lo sviluppo sindacale fascista (paradossalmente proveniente dalle file socialiste).
Le elezioni non diedero risultati molto diversi da quelle del 1919: i Popolari portarono alla Camera lo stesso numero di rappresentanti; i socialisti e i comunisti perdettero 24 seggi; mentre i fascisti da 0 salirono a 35; Benito Mussolini fu eletto in due collegi, a Milano e a Bologna. Pochi giorni dopo, il Comitato Centrale dei Fasci proclamò la tendenza repubblicana del movimento.
Il 13 giugno i deputati fascisti iniziavano la loro vita parlamentare cacciando il giorno dopo con le armi in mano da Montecitorio Misiano "il disertore" (per questo motivo era stato eletto deputato, ma i fascisti considerarono il fatto incompatibile con la dignità nazionale); poi inaugurandosi alla presenza del Sovrano la nuova Legislatura, il Gruppo parlamentare fascista non partecipava alla seduta. Il grave fatto e lo sgarbo fatto al Sovrano, erano nuovi nella storia parlamentare, e l'impressione fu enorme.
Il Ministero Giolitti, presentando il suo programma, chiedeva i pieni poteri per effettuare la tanto invocata riforma della burocrazia; ma ormai non godeva la piena fiducia della grande maggioranza della Camera, anzi si era fatti molti nemici per i feroci preannunciati provvedimenti fiscali; e mentre i socialisti non gli davano tregua i popolari gli rifiutavano la collaborazione. (ib.pag. 841-845)

"Aspre critiche gli muovevano pure i neo-alleati fascisti (35) e i nazionalisti (10) per la politica estera. Nel suo primo discorso del 21 giugno alla Camera (che leggeremo nelle prossime pagine), BENITO MUSSOLINI, che con gli altri deputati fascisti sedeva all'estrema destra, dopo essersi dichiarato antiparlamentare, antidemocratico, antisocialista ed antigiolittiano, attaccò il Ministero e la politica che svolgeva nelle terre redente per mezzo del Credaro e del Salata; chiese la provincia unica della Venezia Tridentina; disse ai deputati tedeschi dell'Alto Adige che “al Brennero ci siamo e ci resteremo ad ogni costo”; deplorò che nel discorso della Corona non ci fosse nessun accenno ai salvatori di Fiume e che non si fossero fatte chiare dichiarazioni sulla sorte di Porto Baros ; quindi censurò la politica interna del Governo; attaccò con violenza i comunisti mentre con buona tattica rivolgendosi ai popolari, disse di essere rappresentate dal Cattolicesimo la tradizione latina e la tradizione di Roma e doversi offrire i mezzi per le sue chiese e le sue istituzioni di beneficenza al Vaticano ove questo rinunciasse ai suoi sogni temporalistici. Infine ai socialisti disse: “Se continuerete a rimanere sul terreno delle violenze, vi combatteremo con eguali mezzi. Il disarmo non può essere che reciproco. E se così sarà, si auspicherà quanto noi ardentemente desideriamo”.(ib.pag. 841-845)

"Il 26 giugno, avendo ottenuto in un voto di fiducia una scarsa- maggioranza, il Ministero Giolitti (duramente contestato dai comunisti, dai nittiani e dalle destre sulla politica interne ed estera) si dimise.
I socialisti TURATI e MODIGLIANI avevano presentato una mozione contro il governo; e pur respinta con 234 contro 200 e 6 astenuti, data la scarsa maggioranza Giolitti buttò la spugna. Indicherà come suoi possibili successori De NICOLA che però declinerà l’invito.
E’ Mussolini, lui e i suoi 34 deputati entrati in Parlamento, che gioca a fare l’ago della bilancia, prima passando all’opposizione, poi rendendo difficilissima la formazione della maggioranza. Probabilmente con il programma presentato da Giolitti (fra le altre cose, una confisca dei profitti di guerra! che non doveva proprio far piacere ai grandi industriali) Mussolini si rese conto della debolezza del vecchio politico di Dronero, e della debolezza di fondo del Blocco nazionale e non vuole naufragare con esso.(ib.pag. 841-845)

"Era stato del resto Giolitti, a introdurlo nel gioco politico ufficiale, favorendo la presenza dei fascisti nelle elezioni di maggio; ed era convinto Giolitti di potersene servire per manovrare tra i due grandi partiti di massa, il socialista e il cattolico. Ma il tempo delle manovre e degli equilibrismi della fragile democrazia liberale era ormai finito, apparteneva ad un altro secolo. Anche perché il partito di massa in questo 1921non è più dei socialisti, né dei cattolici; ma sta crescendo e crescerà ancora; ed è il partito di Mussolini.(ib.pag. 841-845)

GABINETTO BONOMI

"Incaricato di formare il nuovo Gabinetto, il socialriformista IVANOE BONOMI lo costituì il 4 luglio con democratici, liberali, giolittiani e popolari. Ma neppure sotto Bonomi cessarono le violenze; anzi queste aumentarono, avendo i comunisti creato in opposizione alle squadre fasciste d'azione gli “arditi del popolo”.
I metodi d’azioni di entrambi i due antagonisti si potevano già prevedere, ma d’ora in poi quante Sarzana ci sarebbero state in Italia?(ib.pag. 841-845)

L’ECCIDIO DI SARZANA

"Il Governo, a dire il vero, era risoluto a ristabilire l'ordine, ma le cose erano giunte a tal punto da rendere pericolosa l'azione governativa. Bonomi aveva dato ordine alla forza pubblica di fare rispettare da tutti la legge, e la forza pubblica fin troppo zelante, il 21 luglio sparò contro una colonna di 500 fascisti marciante su Sarzana per imporre la liberazione di una decina di fascisti arrestati nei giorni precedenti.
Aveva resistito soltanto Sarzana alle squadre fasciste che avevano costretto quasi tutte le amministrazioni comunali a dimettersi. Però, unendosi, i comunisti, i socialisti, gli anarchici e i repubblicani di Sarzana, intendevano resistere armandosi, minarono perfino la loro torre di Sarzana dinamite se i fascisti ci fossero passati sotto. Ma il ras Renato Ricci, deciso a eliminare anche quest’ultima amministrazione, organizzò una “spedizione punitiva”, che non solo non ebbe successo, ma una decina di squadristi e lo stesso Ricci furono arrestati. Da tutta la Toscana furono organizzate delle squadre per vendicare l’accaduto e liberare i prigionieri.(ib.pag. 841-845)

"Appena arrivati alla stazione, attaccati a sproposito dai carabinieri appostati, i morti furono molti (18, quasi tutti giovanissimi), moltissimi i feriti, e parecchi, fuggendo nei campi, caduti in mano alle squadre rosse inferocite, furono uccisi barbaramente a colpi di forcone e di roncola. La maggior parte si barricò nella stazione, fin quando giunsero in soccorso le autorità da La Spezia, per riportarli a casa con un treno speciale, senza altri gravi incidenti, liberando perfino Ricci e i suoi compagni. Ma un altro grave episodio accadde sul treno appena partito, un giovane squadrista affacciatosi al finestrino, fu ucciso da un anonimo colpo d’arma da fuoco
A Firenze il giorno 21 fu un triste giorno di lutto, e con le promesse di vendicarsi del massacro in una prossima dura battaglia. A questo punto, se non si correva ai ripari, e al buon senso, quante Sarzana ci sarebbero state d’ora in avanti?(ib.pag. 841-845)

IL TRATTATO DI PACIFICAZIONE TRA FASCISTI E SOCIALISTI

"Auspici il Bonomi e l'on. De Nicola presidente della Camera, Mussolini, dopo i fatti di Sarzana, nel timore di un isolamento, e sebbene non tutti i fasci vedessero di buon occhio le trattative da lui iniziate per una pacificazione con i socialisti, riuscì a far firmare il 3 agosto un trattato di pace, basato sul reciproco rispetto fra le varie organizzazioni. Mussolini lasciò pure intravedere (discorso del 22 luglio alla Camera) la possibilità di una coalizione tra fascisti, socialisti e popolari.
Il patto impegnava le due parti di porre fine al clima di reciproca intimidazione. Ma durò poco.(ib.pag. 841-845)

Gli animi erano troppo eccitati per disarmare; d'altro canto i socialisti giocavano sull'equivoco perché i comunisti non avevano aderito al patto (De Nicola si era rivolto pure a loro) ad ogni violenza sovversiva si dissociavano ed era attribuita a questi ultimi. Inoltre si ebbe una crisi in seno al fascismo perché i fasci dell' Emilia, della Toscana e molti altri ancora, pure questi troppo eccitati per disarmare, in un convegno tenuto a Bologna, si mostrarono contrari al patto, provocando (lo annuncia lui stesso su “Il Popolo d’Italia” il 18 agosto, insinuando l'idea di potersi dimettere addirittura dai Fasci) ) le dimissioni di Mussolini da membro della Comitato Esecutivo dei Fasci di Combattimento, dimissioni che però furono poi respinte (in alcuni casi con scene patetiche, anche se avevano cercato in giro un sostituto) nel consiglio nazionale fascista del 26-27 a Firenze (ma alcuni avevano già dato vita ad una fronda per togliere la guida dei Fasci al fondatore Mussolini).
"Secondo l'opinione del "Secolo", Mussolini non ha mai data molta importanza al patto di pacificazione nei confronti del partito socialista. Gli dava un valore di carattere interno, nei riguardi del fascismo stesso. Il patto doveva servirgli come pietra di paragone per giudicare e valutare le possibilità di trasformazione del movimento fascista, la sua omogeneità, la sua disciplina, la propria autorità di condottiero, il nuovo terreno su cui portare, con un processo di evoluzione, l'attività fascista. Forse la delusione fu tanta, però Mussolini ha raggiunto in questo senso il suo scopo. L'equivoco e la crisi latente del fascismo sono venuti alla luce al contatto di questa pietra di paragone" - (Citato da Renzo De Felice, Mussolini il Fascista, p.163).

"Così continuarono le violenze che ebbero per effetto la denuncia del trattato di pacificazione anche da parte dei fasci toscani, emiliani, romagnoli, umbro-sabini e veneti.
Fatti più gravi, molto simili all'eccidio di Sarzana, avvennero nel settembre, a Modena, dove le guardie regie, non provocate, uccisero otto fascisti e ne ferirono trenta, fra cui l'on. VICINE’.(ib.pag. 841-845)

MILITE IGNOTO ALL'ALTARE DELLA PATRIA

"Si vedevano intanto i primi frutti dell'azione fascista contro i negatori della patria. La gazzarra dei disertori, degli imboscati, dei neutralisti non era ancora cessata; ma si respirava un'altra aria in Italia; da mani convulse veniva agitato il tricolore; venivano cantati inni di guerra; da voci entusiaste erano magnificate le gesta degli eroi caduti. Questa nuova atmosfera rese possibile a Bonomi di far tributare onoranze nazionali al Milite Ignoto, che dalla cattedrale di Aquileia fu trasportato a Roma e tumulato sull'Altare della Patria il 4 novembre, alla presenza di centinaia di migliaia di persone, in gran parte ex-combattenti, convenuti a Roma (30.000 che crearono qualche problema nella capitale). Divenne così un preludio del Grande Congresso fascista.(ib.pag. 841-845)

IL 3° CONGRESSO DEI FASCI A ROMA

"Infatti, tre giorni dopo, il 7 novembre, s' inaugurò alla capitale, all'Augusteo, il 3° Congresso Nazionale del Fasci Italiani di Combattimento, importantissimo per il numero degli intervenuti (tutti i comandanti dello squadrismo, del Sindacalismo fascista, delle forze giovanili fasciste) e per gli argomenti che dovevano esser trattati. Si doveva infatti discutere sul patto di pacificazione, che aveva determinato la piccola crisi; sui rapporti tra fascisti e legionari fiumani; tra fascisti e nazionalisti; sulla trasformazione del Fascismo da movimento in partito, da molti osteggiata.
Da quell'abile politico che era, Mussolini giocava la sua partita in sede congressuale, ma in pratica l'aveva già vinta. Agitando lo spauracchio delle sue dimissioni (e salvo il patetico D'Annunzio, e salvo qualche esaltato ras di provincia, nel Fascio di combattimento uomini alla sua altezza non c'erano in giro - Grandi e Balbo si recarono perfino dal Poeta per offrirgli la successione di Mussolini), la minaccia di andarsene ("se il fascismo non mi segue, nessuno può obbligarmi a seguire il fascismo") indebolì ancora di più alla base le velleità degli oppositori. Molti al precedente vertice dei ras fatto a Bologna il 16 agosto, per ripudiare il "Patto di Pacificazione", si attendevano uno scontro acceso, combattuto, forse drammatico, c'era una forte animazione, alcuni si aspettavano una scissione, altri un "colpo di scena", alcuni delegati pur essendo comparse salivano sul palco a parlare e a fare i protagonisti preannunciando sciagure. Finì invece tutto a Firenze al Consiglio nazionale - anche con i nemici più accesi (Grandi)- ed infine a Roma la Congresso, con un abbraccio a Mussolini e negli spalti tanta commozione (ma non sappiamo quanto sincera).(ib.pag. 841-845)
(Proprio Grandi con velleità di dominatore, da questa ambigua fronda passò ...
"alla limpida fede, ma poi di nuovo alla oscura fronda del '43"

Gli scrisse subito dopo il Congresso, "
vedrai di quale devozione e di quale lealtà sarà di esempio il tuo Dino Grandi".
E ancora nel 1939 "Ti sono profondamente grato; sono uno degli italiani nuovi che tu sbalzi a martellate. Questo vogliono la mia vita, la mia fede, il mio spirito, che da 25 anni sono tuoi, del mio Duce".

"Tutti gli argomenti citati sopra furono toccati dal discorso di Mussolini al Congresso nazionale. La crisi ebbe termine con la conciliazione di Mussolini con Grandi (che gli aveva votato contro) e Marsich (anche lui divenne un problema), capi del Fascismo bolognese e veneto.
La trasformazione in partito fu approvata. Il Congresso, che si svolse fra conflitti tra fascisti e sovversivi romani, si chiuse il 10 novembre con un grandioso corteo cui parteciparono oltre 30 mila fascisti che causarono diversi incidenti nella capitale, con 6 morti e 170 feriti.
(discorsi e scritti apparsi su “Il Popolo d’Italia” li riportiamo nel prossimo capitolo)(ib.pag. 841-845)

"Il 15 novembre il Comitato Centrale dei Fasci deliberò la denuncia del trattato di pacificazione e il 21 la direzione del Partito Nazionale Fascista lanciò un manifesto in cui, fra l'altro, si diceva:
“Il movimento fascista trasformatosi, per concorde volere dei rappresentanti i Fasci di Combattimento convenuti a Roma, in partito politico, nulla ha da rinnegare di quella che è stata la sua storia intessuta di sacrifici e santificata dal sangue dei suoi Martiri. La trasformazione del movimento in partito è pertanto uno sforzo rivolto a rinsaldare e ad inquadrare in una più ferrea disciplina quanti intendono di essere obbedienti sotto i nostri gagliardetti di combattimento; è la manifestazione di una volontà più decisa a contribuire all'opera di ricostruzione del paese; è il bisogno di un più preciso programma per differenziarci ed individuarci fra quanti altri movimenti e partiti tendono al governo del paese.
”Oggi, come ieri, il Fascismo rivendica il titolo d'onore che è la base della sua medesima esistenza e lo spirito animatore di ogni suo atteggiamento. Noi siamo una milizia volontaria posta al servizio della Nazione. Saremo con lo Stato e per lo Stato tutto le volte che esso si dimostrerà geloso custode e difensore e propagatore della tradizione nazionale, del sentimento nazionale, della volontà nazionale: capace di imporre a tutti i costi la sua autorità. Ci sostituiremo allo Stato tutte le volte che esso si manifesterà incapace di fronteggiare e di combattere, senza indulgenza funesta, le cause e gli elementi di disgregazione interiore dei principi della solidarietà nazionale.
Ci schiereremo contro lo Stato qualora esso dovesse cadere nelle mani di coloro che minacciano e attentano alla vita del paese. L’Italia innanzi tutto, l’Italia soprattutto”.
(ib.pag. 841-845)

"Il 22 novembre, in seguito ad accordi tra ITALO BALBO e il generale GANDOLFI si creò un comando generale per la costituzione, l'ordinamento e la direzione delle squadre d'azione, organizzando queste militarmente. I fascisti furono divisi in Principi e Triari. Nomi romani furono anche dati alle unità: squadre, centurie, coorti, legioni.
Il 15 dicembre, corsero voci di una prossima offensiva del Governo contro il Fascismo (scioglimento dei Fasci?), la segreteria generale del Partito, cinque giorni prima che Bonomi diramasse le sue disposizioni, Michele Bianchi attraverso Il Popolo d'Italia del giorno dopo, il 16, comunicò a tutte le sezioni e a tutte le squadre il seguente comunicato: "Sezioni del Partito e Squadre formano un insieme inscindibile. A datare dal giorno 15 dicembre 1921, tutti gli iscritti alle sezioni fanno parte delle Squadre di combattimento, le quali, come dallo Statuto del Partito, sono costituite "all'unico scopo di arginare le violenze degli avversari e di esssere in grado di accorrere, a richiesta degli organi dirigenti, in difesa dei supremi interessi della Nazione".
Lo sciogliemento delle squadre di combattimento risulterà pertanto praticamente impossibile se prima il governo non avrà dichiarato fuori della legge il Partito Nazionale Fascista in blocco.
Noi attendiamo gli eventi, fedeli alla Patria e al suo avvenire"
(ib.pag. 841-845)

"Effettivamente il 24 dicembre fu diramata ai prefetti una circolare di BONOMI in cui s'impartivano ordini per il disarmo dei cittadini e si proibivano i corpi armati, di qualsiasi tendenza e bandiera.
Ma quella del PNF era una sfida vera e propria, alla quale Bonomi non era però in grado di reagire, usava la forza ma non aveva la forza, e il risultato fu quello di screditare ancora di più il suo governo e l'autorità dello Stato.
Infatti, le disposizioni non ebbero esecuzione. Anche perchè molti prefetti erano già dall’altra parte della barricata. Servì solo a far imbaldanzire i fascisti e ad alienargli ancora di più i socialisti che sull'Avanti!, commentarono questo atto di Bonomi, con il titolo l'"Ultima beffa". (infatti il Governo campò ancora trenta giorni, poi finì ingloriosamente il 1° febbraio).(ib.pag. 841-845)

VICENDE DI FIUME

"Intanto, il Fascismo mentre combatteva la sua quotidiana battaglia, non perdeva di vista la situazione di Fiume, la infelice città che ancora non aveva trovato la sua pace.
Il Consiglio Comunale, nelle cui mani, a gennaio, D'ANNUNZIO aveva deposto i pieni poteri, aveva creato un “governo provvisorio” sotto la presidenza di ANTONIO GROSSIC. Questo indisse le elezioni per un'assemblea costituente, che ebbero luogo il 24 aprile del 1921 e finirono con la vittoria del partito autonomista, capitanato da RICCARDO ZANELLA, amico degli Jugoslavi. Ma prima che i risultati fossero pubblicati le urne furono incendiate e tre giorni dopo il municipio fu occupato dai fascisti fiumani guidati da FRANCESCO GIUNTA, che lo tennero finché non fu data assicurazione che non si sarebbe insediata la costituente.(ib.pag. 841-845)

"Il “Governo provvisorio”si dimise e affidò i poteri al podestà BELLASICH, quale commissario straordinario. Ma poiché le contese interne non permettevano il ritorno della vita normale, il governo italiano cercò di costituire un "suo" “governo provvisorio” con i rappresentanti di tutti i partiti. Lo ZANELLA non volle aderire; allora il Governo italiano nominò alto commissario il capitano FOSCHINI, comandante della Dante Alighieri (13 giugno).
Due settimane dopo, in seguito a un discorso del conte SFORZA alla Camera, la cittadinanza fu commossa per la sorte di Porto Baros, destinato alla Jugoslavia. Il contegno di FOSCHINI, che il 26 sciolse la legione fiumana, inasprì gli animi.
Il 27 giugno un centinaio di arditi e fascisti, al comando dell'ex-capitano GIGANTE, occupò la diga di Porto Baros; truppe italiane governative e carabinieri, giunti da Abbazia, a loro volta occuparono il Delta, bloccarono la diga e chiusero i moli della Fiumara, circondando dalla terra e dal mare gli arditi e i fascisti.
La sera del 27, giunta la notizia delle dimissioni di Giolitti, una grande dimostrazione di giubilo percorse le vie della città, ma, affrontata dalla forza pubblica, questa sparò sulla folla, rimasero uccise parecchie persone, e la manifestazione si sciolse.(ib.pag. 841-845)

"Bonomi nel frattempo, successo a Giolitti, sospese le trattative con Belgrado, iniziate dal conte Sforza, con lo scopo di amministrare in comune Porto Baros, indusse gli arditi e i fascisti a sgombrare la diga e la fece presidiare, con Sussack, da truppe italiane.
Nello stesso tempo cercò di mettere d'accordo autonomisti ed antiautonomisti. Riusciti vani tutti gli sforzi, il generale AMANTEA, succeduto al Foschini, convocò, il 5 ottobre, la costituente e questa diede vita a un governo presieduto dallo ZANELLA, il quale tentò di organizzare uno stato indipendente, devoto alla Jugoslavia e istituì una guardia composta di elementi antitaliani. Ma, come diremo in seguito, il governo zanelliano era destinato a non vivere a lungo.(ib.pag. 841-845)

1921 - SVILUPPI DEL FASCISMO

"Grande importanza ha nella storia del Fascismo - scrive il Volpe – fu questo anno 1921.
Il 1921 è l’arma che il Fascismo dai ristretti ambienti urbani dell’Italia settentrionale e centrale, irrompe nelle province e nelle campagne e si satura di forze borghesi e proletarie. È l'anno che sorge l'organizzazione militare e quella politica: fasci, squadre, sindacati. E fasci e sindacati si vengono federando su basi provinciali, dopo i primi raggruppamenti regionali, che in alcuni casi non diedero buona prova. Importante, da tal punto di vista, il Convegno provinciale dei sindacati economici tenuto a Ferrara nel giugno e presieduto da EDMONDO ROSSONI, antico organizzatore socialista o sindacalista, ora convertito al solidarismo di Mazzini, al quale molto i fascisti si richiamavano, specialmente in questa regione. È l'anno che il Fascismo va in Parlamento e Roma accenna a diventare, al posto di Milano, centro ideale e centro di azione politica del Fascismo. È l'anno della tentata pacificazione con i socialisti, che avrebbe potuto, se fosse riuscita, imprimere tutto un altro orientamento al moto fascista, portare il socialismo a collaborare col Fascismo, allontanandone gli elementi troppo conservatori. È l'anno, anche, della crisi interna, del pericolo di sbandamento dello stesso Fascismo, in conseguenza del troppo rapido crescere, dell'eterogeneità degli elementi, della varietà delle idee direttive, del soverchiante spirito di battaglia, della scarsa coordinazione fra il movimento politico, l'organizzazione militare e il nuovo sindacalismo autonomo o economico o nazionale".

“È l'anno che il Fascismo prende contatto ideale con la monarchia e col papato e passa a un riconoscimento crescente della funzione nazionale che l'una e l'altro esercitavano o potevano esercitare. È l'anno del congresso di Roma, che non fu scelta a caso: Roma era la porta d'accesso al Mezzogiorno. Roma era Roma. Sempre più questa parola suona, agli orecchi dei fascisti, come autorità, universalità, disciplina, impero. E il congresso del novembre discusse anche di portare a Roma la direzione del partito, come poi fece.
Stabilì che il 21 aprile, ricorrenza della fondazione di Roma, fosse la festa del Fascismo. E poco dopo, quel giorno divenne, anche la festa del lavoro. È l'anno della trasformazione in partito: che volle dire più unità e disciplina e sicurezza di non essere attratti localmente nell'orbita d'interessi estranei e smarrirvi la strada; volle dire spersonalizzazione del Fascismo, responsabilità collettiva”. (Volpe)

"Il Fascismo era ormai una organizzazione politico-militare-sindacale fortissima, che faceva sentire il suo peso nella vita della nazione di cui s'apprestava a prender le redini. La nazione mai come ora sentiva il bisogno d'un governo forte e invece era retta da un governo debolissimo, che faceva la voce grossa, ma in realtà era del tutto incapace di ristabilire l'ordine e di rialzare le sorti di un Paese in crisi dopo lo sforzo immane della guerra, di un Paese travagliato dalla crisi industriale e monetaria, che alla fine del 1921 fu aggravata dal crollo della Banca di Sconto al cui salvataggio - e fu un male - Bonomi non volle prestarsi.
La rinuncia a salvare la banca provocherà nuove accuse nei confronti del governo da parte dei settori nazionalisti e dei gruppi industriali legati ai Perrone (Ansaldo). Nei primi mesi dell’anno successivo, si procederà alla liquidazione dell’Istituto. (L’impegno per il salvataggio tramite il consorzio di alcune banche (Credito Italiano, Banca Commerciale, Banco di Roma) consisteva in un credito massimo di 600 milioni, ma quando il passivo fu accertato che era di 2 miliardi, il Consorzio ritirò l’impegno).(ib.pag. 841-845)

"Sono le ultime battute con le quali si completa il processo di disfacimento dello Stato liberale postunitario. Ne approfitta il Fascismo, abile nel giocare il doppio ruolo di partito di governo difensore dell’autorità dello Stato e di movimento insurrezionale, capace con le proprie squadre di impossessarsi di intere città e di seminare il terrore e il disordine le altre forze presenti sulla scena politica.
Disfacimento anche nelle forze di sinistra ormai prostrate da un processo disgregativo interno, che porta le varie fazioni a contrapporsi ripetutamente e a moltiplicare gli episodi di scissionismo.
Ma anche i Popolari, nei confronti dello Stato liberale e delle idee democratiche, assumono posizioni spesso non dissimili da quelle del fascismo e… anche ambigue.
Al III Congresso dei PPI, a Venezia, il 20-23 ottobre, si discusse del nuovo clima politico creato dal rafforzamento del fascismo, pronunciandosi a favore di una eventuale collaborazione con i socialisti e i democratici in funzione antifascista; poi A Firenze il 18 gennaio del prossimo anno, don STURZO, si lancia in un discorso dove proclama l’impotenza dello “Stato borghese” e democratico e liberale, e auspica che “…il fascismo sappia difendersi dalle insidie giolittiane e dagli abbracci democratici”.(ib.pag. 841-845)

Mussolini non sta a guardare, né è sordo, ed è abile a lanciare nelle varie direzioni segnali sull’affidabilità della sua proposta fascista, alla Monarchia, all’Esercito, alla Chiesa e al Mondo industriale. E, presto, 250 intellettuali del Paese lo appoggeranno con le loro penne, con la loro “saggezza”, e per il fatto di essere loro.... degli infallibili “uomini colti”.
(infatti nel 1928 gli italiani che contavano che troviamo sul carro del fascismo erano tanti -
vedi "1928 - "MUSSOLINI: I MIEI 2000 PIU' FERVIDI ASSERTORI" (quanta bella gente !! ))

Il prossimo anno, 1922, Mussolini decide che sono maturi i tempi per passare all’azione, sapendo che ormai molti guardano ormai con simpatia al suo movimento.
Albertini, oltre che senatore era direttore del Corriere della Sera (un giornale degli industriali) il prossimo anno (1922) con la salita al potere di Mussolini dichiarerà che il “…fascismo ha interpretato l’aspirazione più intensa di tutti i veri italiani”.
Questo scrivevano !!! E questo leggevano gli Italiani !

(L'anno dopo, al Delitto Matteotti, cambiò parere; Mussolini cambiò direttore).

Insomma Mussolini ha buoni motivi per essere compiaciuto di ciò che sta facendo e che ha intenzione di fare.
E - dal momento che i suoi ex amici socialisti come lui “rivoluzionari” non erano stati in grado di fare la rivoluzione tante volte minacciata - era quasi naturale che una rivoluzione la facesse lui.

In realtà, come avrebbe scritto più tardi Nenni (Storia di quattro anni, p.212) "...nessuna preparazione tecnica si era compiuta. Non c'era un piano d'azione. Vagamente si era chiacchierato di armamento, di atti di sabotaggio, di offensiva a fondo, senza che alle parole corrispondesse la benchè minima opera pratica e concreta" e con i lavoratori esasperati.
Una mossa la fecero, e fu quella del prossimo 3 agosto, con lo "Sciopero legalitario" che Salvemini definì "Mossa pazzesca. Moralmente un delitto. Politicamente un errore". Insomma, fu un suicidio.
Come colpo mortale i fascisti non avrebbero potuto fare meglio!

Servì a spianare la strada a Mussolini. E se in questi ultimi mesi, c'era stato un certo allontanamento dal fascismo da parte della borghesia, questa e non solo questa, trovò nel fascismo l'unico valido strumento per farla finita con i "rossi"; con la "mossa pazzesca" si sfasciarono tra reciproche accuse; e perfino le masse lavoratrici passarono all'altra parte; a confermarlo la Kuliscioff che scriveva pochi giorni dopo da Milano a Turati -il 14 agosto- "...anche qui pare che ci sia un gran esodo degli operai dalla Camera del Lavoro con numerosi passaggi, con armi e bagagli, al fascismo" e pochi giorni dopo aggiungeva "...non nascondo che la cittadinanza, nel suo attuale stato d'animo, mal tollererebbe azioni a fondo contro fascisti" (Turati-Kuliscioff, Carteggio, p.558)

Ma oltre la Kuliscioff, Albertini sul Corriere della Sera, lo stesso 3 agosto, scriveva: "Lo sciopero è uno sbaglio colossale pei socialisti perchè ha rialzato le azioni dei fascisti nella pubblica considerazione e ha sciupato, pure nell'opinione pubblica del paese, la pretesa conversione dei turatiani alle istituzioni, mentre dall'altro canto ha ristabilito automaticamente quel fornte unico tra popolazione, fascisti e agenti dell'ordine che i socialisti vorrebbero ad ogni costo spezzare".


Ma prima di entrare nel vivo dell’anno 1922, dobbiamo prima riportare i discorsi e gli articoli di Mussolini, più significativi fatti nel corso di questo 1921.

Gli interventi di Mussolini, nel 1921 - scritti e discorsi > > >

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