ANNO 1927

2a PARTE - mesi di APRILE - DICEMBRE

LE OPPOSIZIONI

LE LITI COMUNISTE

21 APRILE - Il Tribunale Speciale applicando la retroattività delle pene (in base alla legge 2008, del 25 nov. 1926 - Provvedimenti per la difesa dello Stato) emette la sentenza per il complotto contro Mussolini organizzato nel novembre 1925 da Zaniboni e dal generale Capello. Sono condannati a 30 anni di prigione.

26 APRILE - Si svolgono le elezioni generali in Austria: la situazione e il colore politico restano immutati. Vienna e l'Austria rimane rossa. Ma la situazione è piuttosto esplosiva (vedi 16 luglio)

MAGGIO

1° MAGGIO - Esce il settimanale "La Libertà", (clandestino e stampato all'estero) diretto da Claudio Treves (Socialista riformista, deputato dal 1906, Treves fu direttore dell'
Avanti dal 1910 al 1912. Contrario all'impresa libica e all'intervento nella prima guerra mondiale, terminato il conflitto, dopo la scissione dei massimalisti nel 1922, aderì al Partito socialista unitario).
Treves, anche lui esule in Francia dal 1926, intende svolgere un'opera di informazione sull'azione repressiva del regime e dei Tribunali Speciali.
Tutto è nato da un convegno di antifascisti svoltosi in Francia. Ne fanno parte esponenti dei partiti socialisti unitari e massimalisti, sindacalisti della CGdL, Repubblicani e la Lega dei diritti dell'uomo di De Ambris.

L'impegno del gruppo è la lotta contro il fascismo e contro quegli istituti politici che ne hanno favorito lo sviluppo. Ma l'azione sarà debole, anche perché operando all'estero non riuscirà a coinvolgere i dissidenti italiani al fascismo, che fra l'altro vanno sempre di più diminuendo.

Non sono in una situazione migliore i comunisti, che se sopravvivono clandestinamente nel corso dell'anno 1927, subito dopo, negli anni '28 e '29, sono messi piuttosto male; la Polizia di Bocchini, specialmente nei grossi centri, a Brescia, Torino, Firenze, Pavia, Verona, Bologna e Milano, ha scompaginato le organizzazioni locali.
Si aggiunga inoltre che con l'invio al confino di molti esponenti del partito (quasi tutti deputati) e con l'esodo di altre figure di rilievo, la rete organizzativa interna fu quasi stata distrutta.
Una analisi la farà in seguito Palmiro Togliatti: "Se si considera...l'anno 1929, per l'organizzazione del partito esso fu catastrofico. Quasi completamente tagliati i collegamenti tra il centro ideologico e politico estero e le organizzazioni attive del Paese, assente un centro dirigente all'interno, limitatissima l'agitazione e quasi inesistenti i successi politici".
(P.Togliatti, Introduzione a "Trenta anni di vita e di lotte del PCI (Quaderno n.2 di "Rinascita", Roma, 1951, p.6)

Bocchini insomma non aveva risparmiato né mezzi né uomini: era diventato il controllore di tutti gli italiani e, per oltre un decennio, nulla accadde senza che ne venisse informato. Aveva scoperto i gruppi, le sedi della stampa clandestina, messo le mani addosso ai corrieri, reciso ogni collegamento tra le organizzazioni comuniste, impedito ogni contatto con i lavoratori, creato il vuoto.
Tuttavia, pur sbandati, i comunisti - il cui partito è il più attivo strumento politico di lotta antifascista- non avevano abbandonato la lotta, e come riferiva un documento della Polizia : "bisogna constatare che i metodi di dirigenza, pur intelligenti e abili, non avrebbero speranze di grandi successi pratici se non trovassero riscontro nell'audacia, che a volte rappresenta la temerarietà dei comunisti che risiedono nel Regno e che strenui difensori dell'idea, affrontano ogni rischio..."
(Doc. del Min Interno. citato da De Felice, in "Mussolini il Fascista", pag. 469).

Ma Mussolini a questo punto agendo così era un vincitore? Rispose Pietro Nenni ( in "Sei anni di guerra civille" (1930). Milano 1945, p.234): "Se mussolini potese dire un giorno: "Riapro le frontiere, sopprimo i tribunali, sciolgo la milizia, non ho più bisogno né di boia né di carcerieri; ristabilito la libertà di stampa, ridò ai partiti la libertà d'associazione" allora, sì, vorrebbe dire che è vincitore. Ma essere obbligato, come è dopo quasi otto anni di governo, a parlare e ad agire come un capo-banda, no! questo non si chiama vincere".

Che Mussolini pensasse a simili atti liberali, a una democratizzazione del regime, non sembra che fosse una cosa campata in aria, ma un suo vago proposito. Soprattutto quando gli esponenti della "Concentrazione", al Plebiscito, scelsero la strada dell'astensione con uno stato d'animo di "speranzosa attesa".
Cosicchè l'antifascismo si presentò diviso e in una polemica interna. Infatti i comunisti, prima - con
"Stato Operaio" (gli ha dato vita, a Parigi, Palmiro Togliatti) - presero seriamente questa eventualità di un rallentamento della pressione violenta che il fascismo esercitava, poi gli intransigenti (che risentono delle impostazioni ideologiche, politiche e tattiche dettate da Mosca - dov'è in corso la lotta Stalin e Trotzki (vedi 2 ottobre) - e quindi anche all'interno del PCI chi non accetta la linea generale che sta imponendo Stalin in Russia è accusato di deviazionismo e si fanno processi) presero dunque posizione, e non ritennero conveniente assumere un atteggiamento che "facilitasse la normalizzazione della vita italiana" e accusarono perfino quelli della Concentrazione (più disponibili) di aver determinato "una forte tendenza per la conciliazione nazionale", mentre "il fascismo doveva essere combattuto su tutti i terreni, e battuto quando la grande massa dei lavoratori, guidata dagli operai, insorgerà contro di esso e con la forza delle armi riuscirà a spezzarne il gioco" e non escludevano - all'annunciato plebiscito- di "trascinare le masse a una dimostrazione violenta, invitando i propri militanti a mettersi alla testa di atti di violenza, quali scontri con i fascisti e distruzioni delle urne". (Cfr. I comunisti e il Plebiscito - Direttive per l'attività dei comunisti in occasione del Plebiscito), s.1, febbraio 1929).

Ricordiamo qui che, Palmiro Togliatti, quest'anno non solo ha in mano la leadeship del partito, ma diventato uno strumento di Stalin (che lo ha chiamato a Mosca affidandogli la cura dei partiti comunisti dell'Europa centrale), lui non tollerà più individualismi di sorta. E verrà ai ferri corti anche con Antonio Gramsci, quando assieme e d'accordo con alcuni dell'Ufficio Politico del partito che l'anno sottoscritta (essendo a loro incomprensibile la lotta senza quartiere che si è scatenata tra Stalin e Trotzki) il fondatore del PCI, scrive una lettera ai comunisti russi accusandoli "Cari compagni, voi oggi state distruggendo l'opera vostra, voi degradate e correte il rischio di annullare la funziona dirigente che il Partito Comunista dell'URSS aveva conquistato per l'impulso di Lenin; ci pare che la passione violenta delle questioni russe, vi faccia perdere di vista gli aspetti internazionali delle questione russe stesse...".
La lettera fu inviata per conoscenza anche a Togliatti, che rispose laconicamente a Gramsci "...di tenere i nervi a posto e farli tenere a posto ai compagni della base". Gramsci replicherà seccamente rimproverando Togliatti di non aver capito la lettera. E questo sarà l'ultimo contatto epistolare tra i due.

Eppure giravano voci in tutti gli ambienti italiani, e anche all'estero, di una imminente amnistia per i reati politici, abrogazione delle leggi speciali, ripristino della libertà di stampa, che i partiti avrebbero riottenuto il loro spazio e la cittadinanza, abbandono dei sette su otto ministeri che Mussolini reggeva personalmente, ed infine di un prossimo scioglimento del PNF.
Di queste ultimi due "propositi", il primo si verificò, mentre il secondo rimase nelle pieghe di un discorso di Mussolini, quando fece l'esplicito accenno all'"autosoppressione" del PNF.
(Mussolini, XXIV, pp 25 e sgg, e 132 sgg e pag. 141).

Tutto il resto perse ogni attuabilità e cadde nel dimenticatoio, con un Mussolini sfiduciato, quando tutti i sondaggi, tutte le iniziative andarono a vuoto e le avances furono dei grossi fallimenti. Non solo dentro le file degli oppositori (in prima fila i comunisti decisi a non rinunciare ai propri ortodossi "principi rivoluzionari", stile Russia-Stalin) ma anche dentro lo stesso fascismo, che -con certi soggetti frustrati- avrebbe fatto sicuramente riemergere le varie "anime ribelli " che si nascondevano dentro il vecchio partito, da qualche tempo messo da Mussolini sotto osservazione, che ha compresso, e alcune di quelle "anime" ha perfino castigate.

Da una parte c'era l'eventualità in questa liberalizzazione, che nulla avrebbe tolto a lui l'effettivo potere, anzi sicuramente lo avrebbe accresciuto, aumentando ancora di più il suo prestigio personale (e si sarebbe certamente guadagnato il "Vincitore" che gli avrebbe dato Nenni).

Ma nell'altra eventualità, se non c'era la sicurezza che al primo suo atto liberale, non sarebbe seguita una pronta e abbastanza significativa risposta positiva di buona parte di tutta l'opposizione fascista, della maggioranza silenziosa, ma anche quella interna al partito che recentemente ma non del tutto Mussolini aveva domato, la sua iniziativa sarebbe stato un grave errore, e in questo caso c'era la prospettiva di far ripiombare l'Italia nel "baratro" da cui il fascismo bene o male nel '22, l'aveva salvata.

Nel suo fallimento avrebbe corso il rischio di ridare una funzione alla monarchia che proprio nel '22 e anche nel '24 (crisi Matteotti) era rimasta non solo inerte ma anche a poco a poco privata dell' autorità. Inoltre, non solo avrebbe messo in crisi il fascismo, ma nella classe dirigente, negli industriali, negli agrari, avrebbe fatto nuovamente nascere il timore di una bolscevizzazione del Paese e questa volta non più marxista-lenista ma stalinista, pronta a far scendere in Italia i suoi strumenti (ciò si verificò molto più tardi nel '43, e si verificò proprio con Togliatti. Ma a Salerno fu moltissimamente accomodante, fino al punto che sconcertò certi suoi amici).

Ed infine lui, Mussolini, nel fallimento dove sarebbe finito? E chi in quel momento piuttosto critico, ma con molte cose valide già avviate, era all'altezza di sostituirlo? - E vi è da dire che né lui né "Stato Operaio" (Togliatti), potevano prevedere la caduta di Wall Street e la grande crisi economica che ( sei mesi dopo il Plebiscito) si sarebbe abbattuta non solo in America ma in tutta Europa. Nella depressione, cosa avrebbero fatto i comunisti che da tempo promettevano a tutti i lavoratori, salari più alti, partecipazione alle imprese e ai contadini la collettivizzazione delle campagne?

Inutile dire che le difficoltà sarebbero state enormi, per chiunque avesse voluto tentare in quel grave momento delle strade alternative. L'Italia retta da Mussolini (reggeva sette ministeri) con una certa lungimiranza (unico sulla scena europea), se non salvò la capra, salvò almeno il cavolo.

La prima nazione a riprendersi, passata la "bufera" sarà proprio l'Italia. Il massiccio intervento dello Stato se non altro scongiurò esiti che avrebbero potuto essere ancora più catastrofici. Importante in Italia non era più "l'organizzazione scientifica del lavoro" (promossa dalla Confindustria italiana nel '26, volendo imitare Taylor e Ford) ma per sopravvivere era necessaria una "razionalizzazione del lavoro" e un "nuovo sistema" economico.

Quando Keynes cercava ancora nel '34 di convincere Roosevelt (nella depressione lui si ritrovò con 15 milioni di disoccupati) che doveva essere lo Stato a farsi carico di un intervento nell'economia americana, in Italia questa soluzione a partire da questo 1927, era già una realtà, e furono proprio le partecipazioni statali, la nascita delle (tanto criticate, dagli industriali) strutture di "capitalismo di Stato", il salvataggio degli istituti bancari sull'orlo del collasso, i grandi cantieri nelle opere pubbliche e le varie forme di sussidio, a salvare l'economia Italiana in procinto di essere fagocitata dalle ciniche banche, come se non bastassero in quel brutto momento le misure restrittive al commercio internazionale adottate da alcuni stati europei, il protezionismo-isolazionismo americano, e l'abbandono del gold standard dell'Inghilterra.

Fu molto dura la quasi imposta riduzione degli stipendi, già attuata quest'anno, ma non vi era altra scelta per contenere i costi; e se la politica economica del fascismo (i giudizi negativi espressi da molti critici nella storiografia liberista non sono mai mancati) non ha consentito uno sviluppo consistente, ha comunque comportato una riqualificazione dell'apparato industriale italiano (siderurgico, metallugico, meccanico, chimico, elettrico), e fatto nascere un gran numero di piccole e piccolissime imprese, che diventarono necessarie per i consumi interni.
Bisogna amche dire che l'Italia aveva allora un mercato molto ristretto, era scarso l'import-export, quindi non soffrì molto. E anche se circolò la parola d'ordine "autarchia", l'autarchia era già una prerogativa dell'Italia da sempre, già da secoli sperimentata, dai Comuni alle Signorie, dai Contadi alle Pieve. L'italiano è sempre stato un'artista nell'"arte di arrangiarsi", a non aver bisogno nemmeno del comune che gli è vicino, figuriamoci se segue i vaghi rimedi del potere centrale; fa finta di ubbidire, ma poi fa quello che vuole.

I comunisti, "dopo aver spezzato il giogo fascista", con i "principi rivoluzionari" non avrebbero potuto di certo fare meglio; anche perchè l'Italia di questi anni non era la Russia. Anzi in quest'ultima, secondo Gramsci, come abbiamo appena letto, "la Russia di Stalin, stava perdendo di vista le questioni russe stesse".
Il grande scrittore e corrispondente della Frankfurter Zeitung, Joseph Roth, con forte simpatie per quel mondo in formazione, era partito nell'estate del 1926 da casa bolscevico, per andare i Russia a fare alcune corrispondenze su l' "uomo nuovo", ma dopo aver incontrato in ogni strada il tetro squallore, tornò a casa... monarchico; e testimone lucido di un drammatico periodo, narrò in "Viaggio in Russia" e nel romanzo "Fuga senza fine" come stavano veramente le cose in Russia.
Mentre schiere di scrittori e politici italiani vivendo o visitando la Russia, gareggiavano (salvo poche eccezioni) in cecità e servilismo nel dire che in Russia esisteva il "miglior mondo possibile". Invece Stalin, deciso ad accelerare i tempi dell'industrializzazione, stava procedendo alla collettivizzazione forzata, ponendo fine ai (piuttosto piccoli) privilegi dei possessori di terre (detti contadini ricchi !!- i modesti kulaki !!).

Ma non è che in Italia qualcuno non conoscesse la realtà Russa. Nello stesso Pci, Tasca, Leonetti, Bordiga, Silone, tanti altri e Gramsci stesso, coscienti che qualcosa non andava, chiedendo chiarimenti, accusati di essere "deviazionisti", furono zittiti, processati o espulsi. Quella realtà e queste lotte intestine, non mancò di preoccupare molti ambienti antifascisti italiani anche poco moderati. E forse al Plebiscito, più che un SI a Mussolini, fu l'espressione di un NO a certe "avventure", che se erano come quelle russe, era meglio evitarle.

"Gramsci considerava la situazione italiana non esplosiva, perciò non bisognava aver paura di fare politica, ma bisognava prendere iniziative politiche, rivolgersi ad altre forze politiche, bisognava che i comunisti mostrassero di essere gli alfieri della parola d'ordine della Costituente"...."Il problema della "Costituente" era posto da Gramsci per indicare la necessità di una politica di alleanze del proletariato con gli strati sociali intermedi, di una politica di unità"
(G. Amendola, "Storia del Partito Comunista Italiano, 1921-1943", Ed. Riuniti, 1978)

Per l'Italia, ripetiamo ancora questa constatazione "Abbiamo capito subito e ci siamo resi conto che non avremmo saputo dirigere la società italiana. Il Paese, fuori, era più forte della politica, e anche più intelligente. Non fare nulla fu la scelta migliore di tanti provvedimenti governativi. Il paese fu così lasciato nella logica della foresta e per fortuna ci è andata bene". Lo dirà l'industriale e senatore Dc Piero Bassetti
, negli anni del "miracolo economico" nel secondo dopoguerra (fine anni Cinquanta); ma anche negli anni di crisi (primi anni Trenta) gli italiani dimostrarono anche allora di essere intraprendenti, operosi e ingegnosi. Se poi la propaganda fascista si appropriò di queste virtù facendole sue, non è che dispiacque molto agli italiani di quel periodo; questa loro intraprendenza se non altro andava a finire su tutte le pagine dei giornali del mondo, facendo conoscere il nascituro marchio Made in Italy: su cose e uomini; e questi ultimi non erano solo Mussolini o i campioni dello sport, ma il fior fiore di capaci tecnici italiani, in tutti i settori, e che il mondo ci invidiava, ed erano richiesti dagli Urali alle Montagne Rocciose.

2 MAGGIO - Turati inizia a svolgere il suo lavoro di propaganda presso i sindacati fascisti dei contadini bresciani, per l' autoriduzione dei salari (che abbiamo già accennato sopra e all'inizio dell'anno).

24 MAGGIO - Si chiude a Ginevra la Conferenza economica internazionale. L'eccessivo protezionismo degli Stati viene indicato come la causa principale del malessere dell'economia in Europa. - Sempre a Ginevra, il giorno 26, la Conferenza del lavoro riconosce la legittimità del sindacato fascista.

26 MAGGIO - Mussolini pronuncia alla Camera un importante discorso. Ricordato come il "DISCORSO DELL'ASCENSIONE". Rispondendo agli attacchi di alcuni gruppi industriali, difende la rivalutazione della lira; si sofferma sulla costruzione dello stato corporativo e sulle leggi speciali. Per far funzionare un sano regime politico sostiene l'inutilità delle opposizioni; ribadisce il concetto "Tutto nello Stato, niente contro lo Stato, nulla al di fuori dello Stato"; ed infine accenna che "...negli anni Trenta per l'Italia sarà un momento "cruciale", essa dovrà esser pronta a far sentire la propria voce e a far valere i propri diritti".

Di questo discorso citiamo qui alcuni passi:
(mentre l'intero discorso, lo riportiamo QUI > > > >


"....Oggi preannunziamo al mondo la creazione del potente Stato unitario italiano, dalle Alpi alla Sicilia, e questo Stato si esprime in una democrazia accentrata, organizzata, unitaria, nella quale democrazia il popolo circola a suo agio, perché signori, o voi ammettete il popolo nella cittadella dello Stato, ed egli la difenderà, o sarà al di fuori, ed egli l'assalterà....".

« Io ho fatto l'apologia della violenza per quasi tutta la mia vita. L'ho fatta quando ero a capo del socialismo italiano, e allora spaventavo il ventre, talvolta esuberante, dei miei compagni di tessera, con molte previsioni guerriere, il "bagno di sangue", le "giornate storiche". Volevo provare la capacità combattiva di questa entità mitica, intangibile che si appellava il "proletariato italiano". Ma ho sempre distinto la violenza dalla violenza, sin dal Congresso di Udine, sino ai discorsi nei circoli rionali, ed ho sempre detto che c'è la violenza tempestiva, cavalleresca di uno contro uno, nobile, migliore del compromesso e della transazione. Ma le violenze che servono agli interessi personali, quelle non sono Fascismo..."

« ...L'opposizione è utile in tempi facili, di accademia, come accadeva prima della guerra, quando si discuteva alla Camera, se, come e quando si sarebbe realizzato il socialismo, e si fece un contradditorio, che evidentemente non era serio malgrado gli uomini che vi partecipavano.
Ma l'opposizione l'abbiamo in noi, cari signori, noi non siamo dei vecchi ronzini che hanno bisogno di essere pungolati. Noi controlliamo severamente noi stessi. L'opposizione soprattutto la troviamo nelle cose nelle difficoltà obbiettive, nella vita, la quale ci dà una vasta montagna di opposizioni, che potrebbe esaurire spiriti anche superiori al mio.
I fascisti devono essere tempisti. Io non posso soffrire fisicamente coloro che sono ammalati di nostalgia...."


« ...Ma voi credete che, quando parlo della ruralizzazione dell'Italia, io ne parli per amore delle belle frasi, che detesto? Ma no! Io sono il clinico che non trascura i sintomi, e questi sono sintomi che ci devono far seriamente riflettere. Ed a che cosa conducono queste considerazioni? Primo, che l'urbanesimo industriale porta alla sterilità le popolazioni; secondo, che altrettanto fa la piccola proprietà rurale. Aggiungete a queste due cause d'ordine economico la infinita vigliaccheria delle classi così dette superiori della società.
Se si diminuisce, signori, non si fa l'Impero, si diventa una colonia! Era tempo di dirle queste cose; se no, si vive nel regime delle illusioni false e bugiarde, che preparano delusioni atroci. Vi spiegherete quindi che io aiuti l'agricoltura, che mi proclami rurale..."


"....Quando l'altro giorno la sterlina andò ad 85, pareva che ci fosse in vista una catastrofe nazionale: si vedevano in giro delle facce ancor più grigie, come se si trattasse di impiantare delle succursali di Raveggi. «Ma è una rovina; ma è una catastrofe nazionale», dicevano i manipolatori dei titoli e dei cambi. Costoro io li stimo abbastanza, ma qualche volta, quando li vedo col distintivo all'occhiello, mi danno la nausea. E non è facile, dato il mio regime dietetico. Ma dove poi è questa catastrofe, signori? Ma non piangete prima del tempo! Non fasciatevi la testa prima di averla scassata! Adagio! Calma, signori disfattisti del rialzo, che prima eravate disfattisti del ribasso".


Due altri importanti discorsi - uno sugli industriali (questa volta in lode) e uno agli operai (parlando di sacrifici) Mussolini li pronunciò nei primi mesi del successivo 1928 (che citeremo nelle rispettive pagine dell'anno).

27 MAGGIO - In seguito al ritrovamento di documenti compromettenti nella Casa dei Soviet a Londra, la Camera dei Comuni approva la rottura delle relazioni diplomatiche tra Gran Bretagna e Russia. (Tuttavia rapporti segreti e diverse trattative, continueranno fino al fatidico (e tempestivo) patto Ribbentrop-Molotov, del 1939. Inglesi e Francesi in quel periodo riempivano le anticamere del Cremlino, in cerca di una intesa antigermanica, ma furono preceduti dal singolare (e ambiguo) accordo della Germania-Russia.

12 GIUGNO - Celebrato anche il processo dei tre anarchici per l'attentato a Mussolini. Il Tribunale speciale emette la sentenza; Lucetti è condannato a 30 anni, Sorio a 20, Vatteroni a 18.

LUGLIO

16 LUGLIO - A Vienna si verificano violenti disordini fra socialisti e conservatori; poi provocati da una folla inferocita in seguito alla assoluzione di tre nazionalisti accusati di omicidio, il palazzo di Giustizia viene incendiato. Si registano 40 morti e moltissimi feriti.
Il governo cristiano-sociale interviene con una pesante repressione anti-socialista e promuove la formazione di una milizia nazionalista, la Heimwehr, che assume rapidamente caratteristiche fasciste.

31 LUGLIO - Una serie di rivolte e di attentati si verificano in Russia. Esplode una bomba al Soviet di Leningrado. La polemica Stalin-Troyzki continua e sconcerta le due anime del comunismo. In Italia Camilla Ravera, attiva dirigente comunista, dirà più tardi: " Per noi, sottoposti alla repressione fascista, le lotte in seno alla direzione russa, assumevano un significato drammatico: ci davano l'impressione, il terrore che stesse per crollare la sola forza che ci sorreggesse".

Figuriamoci come gongolava Mussolini. Stalin stava facendo un gran favore al fascismo e a Mussolini stesso. Le notizie che giungevano da Mosca mise infatti in crisi i vari gruppi antifascisti, sia quelli organizzati all'estero, sia quelli interni.
Togliatti invece, minimizza e dichiara su "Stato operaio" che lo scontro "è solo una evoluzione della politica sovietica", e sulla lotta di Stalin contro Troyzki, parla di "rottura necessaria!".

AGOSTO

5 AGOSTO - A Ginevra la conferenza navale si scioglie constatando il disaccordo tra Gran Bretagna e America.
7 AGOSTO - Una serie di attentati terroristici in America, compiuti dal vasto movimento pro Sacco e Vanzetti.
18 AGOSTO - II trattato di commercio franco-tedesco firmato a Parigi (!!??)
23 AGOSTO - A Boston Sacco e Vanzetti salgono sulla sedia elettrica, sereni, proclamando la loro innocenza. Vennero riabilitati soltanto più di mezzo secolo dopo.

SETTEMBRE
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13 SETTEMBRE - Uno sconosciuto uccide a Parigi il viceconsole italiano conte Nardini.
16 SETTEMBRE - Parri e Rosselli condannati a Savona a dieci mesi di reclusione per complicità nell'espatrio clandestino di Filippo Turati.
18 SETTEMBRE - La Francia rivede i suoi rapporti coi Soviet e acconsente a un patto di non aggressione.

OTTOBRE

2 OTTOBRE - In Russia, Trotzki viene espulso dall'esecutivo della III Internazionale dopo una drammatica seduta. Il XV congresso del PCUS (dicembre) adotta ufficialmente la linea staliniana ed espelle anche dal partito l'intera frazione di opposizione guidata da Trotzki, che verrà il prossimo anno confinato ad Alma Ata e nel 1929 partirà per l'esilio.

Dall'estero Trotzki continuò a difendere il vecchio bolscevismo, sostenendo l'avvenuta degenerazione della rivoluzione nel libro "La rivoluzione tradita" e creando (nel 1936) una Quarta internazionale fieramente antistalinista. Condannato a morte in contumacia ai processi di Mosca, dopo lunghe peregrinazioni si stabilì a Città del Messico, dove fu assassinato da agenti di Stalin.
Trotzki aveva cominciato ad essere emarginato subito dopo la morte di Lenin (1924) e peggiorò la sua posizione quando pubblicò
"Lezioni d'ottobre", tentativo di analisi della storia del partito che offrì ai suoi avversari motivo per attaccarlo, poiché metteva in discussione la pretesa della trojka Stalin, Kamenev, Zinov'ev, di essere gli autentici eredi del leader scomparso. Nel 1925 i suoi oppositori lo obbligarono ad abbandonare la carica di commissario del popolo.
Nel 1926 dopo il passaggio di Kamenev e Zinov'ev all'opposizione, Trotzki il creatore dell'Armata Rossa e vincitore della guerra civile, propose al comitato centrale una piattaforma alternativa alla linea staliniana, da anni in contrasto con la sua. Si guadagnò come detto all'inizio l'espulsione. Stalin dominatore assoluto, dopo l'espulsione anche del gruppo guidato da Bucharin Tomskij e Rikov, il prossimo anno, ormai senza rivali, prosegue da solo il suo autoritario cammino, fino al 1936, quando con le grandi epurazioni eliminò completamente la vecchia guardia bolscevica, dette sempre maggior poteri alla sua polizia politica, e facendo imprigionare nei Gulag milioni di persone, riuscì così a creare il suo sistema dittatoriale (Stalinismo).
Stalin trasformò il potere in una dittatura di.....  stampo "fascista" anche se era la sua dittatura "comunista".
L' Italia nell'intero ventennio non fu immune da un regime dittatoriale "stalinista" (il termine divenne perfino  sinonimo di dittatura), e ce lo conferma un autorevole personaggio; e chi meglio di lui! (che da Stalin -dicono alcuni- stava in questi anni copiando il Capitalismo di stato).

Il personaggio in questione affermava invece l'incontrario, che semmai era Stalin che copiava da lui: "Stalin davanti alla catastrofe del sistema di Lenin,  é diventato segretamente un fascista. Essendo un semibarbaro non usa ("come noi") l'olio di ricino, ma fa piazza pulita con i sistemi che usava Gengis Kan. In un modo e nell'altro sta rendendo un commendevole servizio al fascismo".
Lo scrisse MUSSOLINI, sul
Popolo d'Italia, il 5 marzo del 1938 !!!! E con questa frase forse ho sicuramente dato un dispiacere sia ai fascisti che ai comunisti ancora in cerca di una vera identità.

21 OTTOBRE - Anche se in gran segreto si svolgono trattative per la Conciliazione con la santa Sede, una dichiarazione ufficiale del partito fascista sulla "questione romana", afferma che il ripristino del potere temporale del Papa è fuori discussione. Nelle trattative e sulle probabili concessioni ci sono forti pressioni del Re, che è insofferente a concedere (anche se piccolo) un territorio alla Santa Sede.

27 OTTOBRE - Come previsto dalla nuova Carta del Lavoro, con un decreto regio viene introdotta nel sistema di previdenza sociale l'assicurazione contro la tubercolosi. La malattia miete abbondantemente vittime con cifre terribili. Vanno da un minimo di 52.293 nel 1922, a 59.000 nel 1925. Mentre i malati cronici e quelli in cura sono nell'ordine delle centinaia di migliaia.

NOVEMBRE

5 NOVEMBRE - Grande delusione per gli amanti del calcio puro. La corruzione è arrivata sui domenicali campi verdi. Il campionato era terminato con la vittoria della capolista Juventus. Ma a seguito della scoperta che un giocatore juventino era stato corrotto da un dirigente del Torino, il titolo fu revocato, e lo scudetto 1926-1927 non fu assegnato.

10 NOVEMBRE - Il Gran Consiglio, assegna ad Alfredo Rocco e a una commissione di 9 senatori e 9 deputati, l'incarico di mettere in gestazione una nuova legge elettorale. Il criterio è quello che prevede l'elezione sulla base di un collegio unico nazionale, con una lista di 400 candidati-deputati suggerita dal Gran Consiglio, ma anche su indicazioni delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori. Cioè gli eletti dovranno essere "elementi utili e attivi della nazione". (non solo portaborse di qualche potente politico)

17 NOVEMBRE - Con un decreto legge si attua la RIFORMA DELLA RADIO, con lo scopo di potenziare questo potente mezzo di comunicazione. A partire dal 1° gennaio 1928, l'URI (Unione Radiofonica Italiana) si trasformerà in EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). L'URI era nata il 27 agosto 1924 per impulso di Costanzo Ciano (ministro delle poste) che volle affidare la radiofonia in regime di monopolio a un solo ente politicamente affidabile; e quindi unica concessionaria in esclusiva dei servizi di radiodiffusione via etere. La presidenza (nata dall'unione di precedenti tre società era stata affidata a Enrico Marchesi, ex dirigente della FIAT. Mentre nella nuova società, il senatore Tommaso Tittoni è presidente, affiancato da quindici membri che formano il Comitato Superiore di Vigilanza (fra questi, Benni della Confindustria, Pietro Mascagni il musicista, e altre personalità). Nasce anche un consiglio di amministrazione prevalentemente composto da esponenti delle industrie idroelettriche e telefoniche, del sindacato della Stampa, della Societa Autori, e da quattro delegati del governo. Alla vice-presidenza Arnaldo Mussolini. Nel giugno successivo si aggiungerà al comitato di vigilanza altri otto membri, tra cui l'editore Arnoldo Mondadori, non nuovo all'industria radiofonica per gli interessi che già aveva nella società Sipra, la concessionaria della pubblicità istituita nel 1926.

25 NOVEMBRE - Con l'Albania, l'Italia a Tirana, firma un trattato di alleanza. Innanzitutto sono riconfermati gli accordi del 27 novembre 1926 (rapporti di amicizia, garanzia sullo stato quo nella regione, e una sorta di protettorato dell'Italia sul paese balcanico), inoltre l'Albania conferisce all'Italia anche la supervisione della sua politica finanziaria. Il nuovo accordo non è per nulla gradito sia alla Francia sia alla Jugoslavia, che pochi giorni prima (l'11 novembre) hanno a loro volta firmato un trattato di amicizia, dopo che la Jugoslavia aveva già rotto i rapporti diplomatici con Tirana, a seguito di alcuni incidenti avvenuti nelle sue frontiere.
Con la Jugoslavia, l'Italia inizia e continuerà a mantenere uno stato di attrito, anche perchè l'Italia appoggia gli indipendentisti Croati; mentre con la Francia, Mussolini seguita a mantenere buoni rapporti, volendo mettere a Parigi sul tappeto, la questione relativa alla posizione degli italiani in Tunisia e sui confini della Tripolitania.
La Tunisia è sempre sotto il protettorato francese, imposto dalla Francia ancora nel 1881 col Trattato del Bardo, ma sempre contestato dal movimento nazionalista e dagli ambienti intellettuali tunisini.

DICEMBRE

6 DICEMBRE - Al congresso XV bolscevico l'aut-aut di Stalin agli oppositori: "sottomettersi o sparire".

18 DICEMBRE - Dopo aver assunto il 17 marzo la direzione del Corriere della sera, Ugo Ojetti, viene sostituito con Maffio Maffi. Contemporaneamente altri trentasei readattori e collaboratori saranno allontanati. I motivi sono quelli di procedere a una maggiore "fascistizzazione" del quotidiano milanese.

22 DICEMBRE - Il governo italiano decreta la cessazione del corso forzoso della lira con la convertibilità in oro per la sterlina.
Ci s'impone di stabilizzare una nuova parità aurea e si fissa la lira al cambio della sterlina a 92,46 lire. Ma vedremo più avanti i motivi di un certo ostracismo dei grandi gruppi industriali, quelli indicati come i "quattro fratelli", i quattro monopoli onnipresenti e onnipotenti.

Con questi provvedimenti finanziari entriamo nel 1928, dove compaiono e si aggiungono nuove iniziative del governo Mussolini, non solo spettacolari, ma innovative e intelligenti. E anche se non determineranno una forte ripresa economica, accontentò un po' tutti, operai, industriali e risparmiatori e porterà questo periodo ad essere registrato come l'anno del maggior consenso al fascismo, con tanti elogi, ammirazione e anche invidia di altre nazioni.
Inizia il periodo economico più positivo del fascismo, su molti fronti.

Entriamo dunque nel 1928 > > >

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Fonti, citazioni, testi, bibliografia
RENZO DE FELICE "Mussolini il fascista"- Einaudi, 1966
CONTEMPORANEA - Cento anni di giornali italiani
MUSSOLINI, Scritti Politici. Feltrinelli
MUSSOLINI, Scritti e Discorsi, La Fenice, 1983
A. PETACCO, Storia del Fascismo (6 vol.) Curcio
+ AUTORI VARI DALLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE  

Ricordiamo sempre che nell'esprimere severi giudizi, questi non possono essere fatti se non immedesimandosi nel contesto di quella parte di storia presa in esame. Offensivo e denigratorio sarebbe inoltre, nei confronti di coloro che credettero nel Fascismo e che per esso morirono, dare un giudizio pretestuoso e/o di parte senza tener conto anacronisticamente del momento particolare nel quale l'Italia si trovava e stava vivendo.