ANNO 1943

Operazione Avalanche
Un'operazione militare anfibia angloamericana di fondamentale
importanza per la liberazione del territorio italiano dai nazisti

SBARCO A SALERNO. POI IL GRANDE
DUELLO CON LE TRUPPE TEDESCHE

di STEFANIA MAFFEO

Operazione Avalanche (Valanga): questa la denominazione esatta dello sbarco alleato a Salerno, datato 9 settembre 1943: un'operazione militare anfibia di fondamentale importanza nel processo di liberazione del territorio italiano dai nazifascisti. Una pagina di storia che ha segnato una svolta epocale, una battaglia colossale, superata, più tardi, dal D-day in Normandia (6 giugno 1944).

Protagonista di uno degli episodi più decisivi della seconda guerra mondiale fu il Golfo di Salerno, comprendente l'arco costiero da Maiori ad Agropoli1. [1] Gli obiettivi dell'operazione, delineati in sinergia dal generale Dwight D. Eisenhower, comandante in capo del Teatro di Operazioni Mediterraneo, dal generale Mark W. Clark, comandante della V Armata e dal vice ammiraglio Henry K. Hewitt, comandante della Forza Navale d'Impiego Occidentale, erano ben precisi: gli Alleati volevano allontanare i Tedeschi dall'Italia Meridionale quanto più possibile, sbarcando al limite settentrionale della zona di copertura dell'aeronautica basata a terra e poi intendevano impadronirsi delle basi aeree di Foggia per poter condurre azioni contro la Germania ed i Balcani; ovviamente intendevano raggiungere Napoli, per poter arrivare più facilmente a liberare Roma, e conquistarne il porto, ritenuto essenziale per l'approvvigionamento del contingente alleato.

Di contro, i Tedeschi volevano disarmare gli Italiani, mantenere il controllo della maggior parte del territorio italiano ed evitare di restare imbottigliati in Calabria dopo l'evacuazione della Sicilia.

Ma perché fu scelto il Golfo di Salerno? In realtà tra le opzioni strategiche degli Anglo-americani c'erano anche la parte sud del Golfo di Gaeta, nei pressi della foce del Volturno, location scartata perché troppo distante dalla Sicilia, ed il Golfo di Napoli, escluso dalle operazioni belliche, in quanto gli approdi erano pieni di mine. Il terreno dove si svolse la battaglia costituiva una sorta di triangolo pianeggiante, circondato da alture, dalle quali si poteva godere una perfetta visuale su tutta l'area, ed aperto verso il mare: le montagne che fiancheggiavano i due lati avevano cime che arrivavano anche ai 1000 metri di altezza (infatti l'obiettivo tattico degli Alleati era quello di impadronirsi delle aperture nel muro montagnoso per puntare in direzione Napoli), mentre l'accesso dal mare non presentava problemi, con spiagge piatte ed assenza di secche. Inoltre il campo di battaglia era diviso dal fiume Sele ( troppo profondo per essere guadato), che sfociava circa a metà dell'intera area, e dal suo affluente, il Calore.

La piana del Sele era stata bonificata pochi anni prima dal regime fascista ed era popolata da villaggi collinari e fattorie isolate. Vi era un buon asse viario: la S.S.18, proveniente da Napoli, attraversava Salerno, da dove si dipartiva la S.S.88 per Avellino, poi Battipaglia, da dove partiva la S.S.19 per Eboli e Potenza ed Agropoli; da Vietri, dalla strada della Penisola Sorrentina si poteva giungere verso Napoli attraverso il passo di Chiunzi. Anche la rete ferroviaria era efficiente, in particolare la Roma-Napoli-Reggio Calabria, con una ramificazione per Potenza, e poteva tornare utile ai fini degli spostamenti.
Dal punto di vista tattico degli Alleati, i punti chiave erano l'aeroporto di Montecorvino (oggi Salerno-Pontecagnano) e l'importante nodo stradale-ferroviario di Battipaglia a sud; il porto di Salerno ed il passo di Chiunzi a nord.

L'8 settembre, Salerno, ancora ignara dell'imminente arrivo delle forze alleate, era stata colpita dall'ennesimo bombardamento, come accadeva ormai da settimane, ed il prezzo che la città campana stava pagando era già alto per vittime e cumuli di macerie. Ore 19.45: tutti i residenti erano rinchiusi nei rifugi. I commenti sulle vicende del conflitto vennero interrotti da una comunicazione radiofonica. Il maresciallo Pietro Badoglio annunciò che il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, aveva chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane, ed aveva firmato la resa incondizionata; quindi erano "... cessate le ostilità di tutte le forze italiane in ogni luogo..". Il messaggio al popolo italiano terminava con queste parole: "...esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza..."[2].

Anche a bordo delle 450 unità salpate dai porti dell'Algeria e della Sicilia [3] i 100.000 soldati inglesi ed i 70.000 americani, che componevano il corpo di sbarco guidato dal generale americano Mark Wayne Clark, appresero, addirittura prima degli Italiani, alle ore 18.30, dalla radio britannica l'annuncio, da parte del generale Eisenhower, della resa italiana. La notizia, trasmessa con gli altoparlanti di ognuna delle navi, giunse del tutto inattesa e generò grandi manifestazioni di gioia nel personale militare, che viveva le comprensibili ore di tensione che precedono un'operazione bellica di tale importanza. In altre parole, su uomini tesi al massimo per la battaglia imminente che stavano per affrontare, l'annuncio ebbe sfortunate conseguenze psicologiche: si diffuse un'eccessiva euforia, i soldati ballavano di gioia sui ponti, convinti che a Salerno avrebbero trovato folle in festa e che la loro missione si sarebbe risolta in una passeggiata.

L'eccessiva sensazione di tranquillità fu subito smorzata dagli ufficiali che ricordarono ai subalterni che si sarebbero trovati di fronte comunque un'accanita resistenza da parte dei Tedeschi, qualsiasi fosse stato l'atteggiamento degli Italiani. Il comando superiore tedesco di stanza a Frascati venne a sapere che una flotta alleata era nel Tirreno e ne dedusse l'imminenza dell'invasione, trasmettendo il messaggio in codice "Feuerbrunst", ossia il fuoco brucia, per informare tutte le unità di stanza in Campania che la flotta alleata era in mare e faceva rotta verso Napoli. Il maresciallo Albert Kesselring, Comandante in capo dello "Oberbefelschaber Sud", ossia del settore meridionale, fece iniziare subito il piano d'emergenza, che consisteva nel disarmare le forze armate italiane, internare gli ufficiali in Germania e disporsi ad assalire Roma.

Il problema di Kesselring era di riuscire a parare tutti i possibili sbarchi con il minor numero di danni possibile. I suoi due Corpi d'Armata, il 14esimo "Panzer", guidato dal generale Herman Balck, ed il 76esimo "Panzer", con a capo il generale Traugott Herr, erano schierati in modo da coprire tutti i possibili punti, ma pronti a muovere verso Salerno. Fin dalle prime fasi della battaglia l'artiglieria navale ebbe un ruolo determinante nel deciderne l'esito complessivo. La forza di invasione attuò, come stabilito in precedenza, due sbarchi, a distanza di 15 chilometri uno dall'altro, utilizzando, come divisore, il fiume Sele.

Prese terra la Quinta Armata, formata dal VI Corpo d'Armata americana, che sbarcò a destra, verso Paestum, comandato dal generale E. Dawley, ed il X Corpo d'Armata inglese, che si diresse a sinistra, verso Salerno, guidato dal generale sir Richard L. Mac Creery. Ognuno dei due Corpi aveva tre divisioni. In quello inglese combattevano la 46esima "Oak Tree", comandata dal generale Hawkesworth, e la 56esima "Black Cat", affidata al generale Templer, che sbarcarono a nord della foce del Sele, con il coordinamento del commodoro G.N.Oliver della Royal Navy; vi era anche la 7ma corazzata, con a capo il generale Erskine. In quello americano si trovavano la 3a, comandata dal generale Truscott, la 34esima del generale Ryder e la 45esima "Thunderbird" di Middleton, che venne tenuta in riserva galleggiante.

Le condizioni meteorologiche furono ottimali: notte calma e senza vento, cielo sgombro da nuvole, mare liscio. La luna tramontò alle 0.57 e questo fece stabilire l'ora X alle tre e mezza del 9 settembre, momento di massima oscurità, utile per l'occultamento della forza da sbarco, ma, di contro, svantaggiosa per le manovre di avvicinamento alla costa. Il generale Clark diede vita all'operazione Avalanche su una lunghezza di costa di circa 40 chilometri. La 36esima "Texas", agli ordini del contrammiraglio John L.Hall, rinforzata da carri armati ed artiglieria, si riversò in varie ondate sul litorale di Paestum[4] per difendere la testa di ponte e permettere il giorno successivo lo sbarco della 45esima divisione. La 56esima doveva impadronirsi dell'aeroporto di Montecorvino[5] ed occupare il territorio che lo dominava a nord per assicurarsi il controllo della strada tra Battipaglia e Barizzo per il ricongiungimento con la 36 esima americana.

Alle tre divisioni inglesi sono da aggiungere la 182esima Airbone, aviotrasportata, che rimase a Napoli, la 23esima Brigata corazzata ed il Corpo speciale dei Commandos, mentre alle americane il 1°, 3° e 4° Battaglione Rangers, battaglioni di Montagna[6]. Ad attenderle c'era la 16esima corazzata tedesca Divisione "Panzer", al comando del generale Rudolf Sieckenius, giunta in zona da Bari il 29 di agosto, che si era schierata ed aveva predisposto, tra l'altro, dei capisaldi difensivi lungo la costa tra Salerno sud e l'estuario del Sele[7], anche se aveva combattuto in Russia ed era stata fortemente decimata a Stalingrado, quindi non in grado di resistere da sola sulla costa, lungo un fronte di 40 chilometri. Alla notizia dell'armistizio Sieckenius capì che occorreva subito disarmare l'esercito italiano, per impossessarsi delle varie installazioni utili per affrontare gli Alleati [8].

Lo sbarco vero e proprio non fu particolarmente complesso, ma quello che creava problemi seri, una volta che le truppe lasciavano i mezzi navali, era la fitta oscurità, con la conseguente difficoltà di non riuscire ad orientarsi su un terreno piatto e privo di riferimenti. I soldati presero terra, ma, quasi contemporaneamente, la Luftwaffe diede inizio ad una serie di mitragliamenti sia sulle navi in rada che sui mezzi da sbarco, alcuni dei quali furono centrati con ingenti perdite di uomini. I feriti gravi venivano trasportati su barconi per raggiungere le navi ospedaliere in rada o essere trasferiti verso gli ospedali di terraferma in Sicilia, Malta e Nordafrica. I feriti più lievi venivano curati in un ospedale da campo nei pressi della Basilicata o venivano medicati sul posto.
A vicende alterne si giunse al calar del sole, quando i Tedeschi fecero saltare il Ponte Barizzo, o Ponte alla Scafa, della S.S.18 sul Sele, ma i generali Dawley (del VI Corpo d'Armata) e Walker (della 36esima Divisione), nonostante le difficoltà incontrate, erano riusciti a "superare il battesimo di fuoco"[9] e stabilire la testa di ponte per circa otto chilometri. I Commandos della Special Service Brigade, al comando del generale Laycock, sbarcarono senza difficoltà a Marina di Vietri con mezzi d'assalto e rifornimenti.

Dopo tre ore i Tedeschi aprirono il fuoco avendone la peggio, consentendo ai britannici di occupare Vietri ed organizzare gli aiuti da inviare alla 46esima divisione sbarcata a Pontecagnano. Nel frattempo, anche l'altro corpo speciale, i Rangers, era sbarcato a Maiori, riuscendo a bloccare subito l'accesso da Minori sull'unica strada percorribile da elementi contrattaccanti ed assicurando la protezione del fianco sinistro dei Rangers. Successivamente il 1°, il 3° ed il 4° Battaglione si spinsero verso nord, sulla Vallata di Tramonti. Ancora un conflitto e la resa dei tedeschi. Alle ore 8 l'intero raggruppamento, agli ordini del tenente Derby, aveva raggiunto il Valico di Chiunzi. Alle 16.30 le truppe alleate attraversarono le strade deserte di Salerno e proseguirono verso Cava dei Tirreni, incontrando i Commandos a Molina di Vietri.

I bombardamenti navali furono un ulteriore elemento decisivo ai fini della risoluzione della vicenda militare. Le bordate dei possenti cannoni navali misero in seria difficoltà le forze opposte, attutendone l'impeto ed infliggendole perdite di uomini, artiglieria e mezzi corazzati. Occupata la spiaggia, la Quinta Armata fece buoni progressi durante la giornata del 10, ma cominciò ad emergere un problema strategico: il vuoto tra i due Corpi d'Armata e, in particolare, dal corridoio tra il Sele ed il Calore compreso tra la confluenza e la S.S.19, strada percorsa dai rinforzi nemici in arrivo dalla Calabria. Per colmare il gap occorreva riparare il Ponte Barizzo per permettere alle truppe della 45esima Divisione di ridurre la lacuna tra i due Corpi. Gli attacchi tedeschi del giorno 11 si rivolsero proprio alla "terra di nessuno[10] tra i due Corpi, un vero e proprio tallone d'Achille, che fece riscontrare alla 45esima Divisone numerose perdite.

Fu un giorno nefasto anche per la marina americana: i Tedeschi miravano all'ammiraglia Ancon, inconfondibile sia per la stazza che per la quantità di antenne che la sovrastavano, e fu costretta a cambiare posizione. Comunque il fronte alleato era avanzato di circa quindici chilometri, con il fianco destro ripiegato verso il mare: nelle prime quarantotto ore di battaglia le truppe anglo-americane erano riuscite a travolgere le difese germaniche ed a spingersi verso l'interno. A tre giorni dallo sbarco gli Alleati controllavano una testa di ponte lunga cento chilometri e profonda dieci; le navi potevano tranquillamente scaricare carri armati ed automezzi, i rinforzi riuscivano ad affluire regolarmente sulla spiaggia.

L'11 settembre, ai muri del palazzo di Città di Salerno, venne affisso il Proclama Numero 1, un manifesto a firma di Alexander, Comandante Supremo del 15esimo Gruppo D'Armate, nel quale si informava la cittadinanza che il colonnello Thomas Aloysius Lane dell'esercito degli Stati Uniti avrebbe assunto ufficialmente possesso del governo militare della città. I rapporti con la popolazione locale furono incentrati sulla collaborazione, il rispetto e l'aiuto reciproci: non mancarono giovani donne disposte a lavare le divise impolverate dei soldati, evacuazione di interi villaggi a rischio di bombardamenti da parte delle truppe, distribuzione di "Meat & Vegetable Stew", le mitiche scatolette di stufato di carne e legumi; anche l'incontro tra le forze d'occupazione e le autorità locali fu improntato ad una grande cordialità.
Ma il giorno 12 la situazione mutò registro ed iniziò il primo di tre giorni di passione per la Quinta Armata: i Tedeschi erano pronti a sferrare il contrattacco, dopo l'arrivo di truppe di rinforzo (divisioni che Kesselring era stato costretto a tenere a Roma in vista di un secondo sbarco e per superare la resistenza delle truppe italiane a Porta S. Paolo).

Il punto focale del contraccolpo tedesco del 13 settembre fu il corridoio Sele-Calore, quindi sul fronte americano [11]: gli Alleati subirono umilianti sconfitte, ma fallì nel suo obiettivo finale di raggiungere il mare e di rivoltarsi sui fianchi dei due Corpi d'Armata per eliminarli dalla testa di ponte. Molti reparti alleati si sbandarono, furono catturati molti prigionieri. Vennero riconquistate posizioni importanti strategicamente come Battipaglia ed Altavilla. Per fronteggiare l'urto delle forze tedesche il generale Clark decise di far intervenire la 82esima Divisione Aerotrasportata di paracadutisti Airborne, detti pathfinders, ossia paracadutisti specialisti con il compito di piazzare a terra radiofari, radar-guida e luci al crypton per gli aerei che seguivano, comandata da generale Matthew B. Ridgway.
Rimasti inoperosi all'aeroporto di Licata, essi effettuarono tre missioni: due lanci in zona Paestum (13-14 e 14-15 settembre) ed uno in zona Avellino (14-15) e furono mandati subito in prima linea. Ma neppure l'intervento dei paracadutisti modificò la situazione: i Tedeschi continuarono l'avanzata e le loro avanguardie giunsero in vista del mare. Il generale Alexander decise, allora, di optare per l'intervento della squadra navale. Per la prima volta la Marina veniva impegnata in una battaglia campale.

Il 14 settembre una potente squadra da battaglia lasciò Malta diretta verso Salerno; comprendeva anche le corazzate "Warspite", "Valiant", "Nelson" e "Rodneu". Il tiepido ottimismo che pervase gli ufficiali tedeschi era destinato ad offuscarsi subito con gli eventi del 14 settembre: le unità delle Divisioni si erano riorganizzate e partirono al contrattacco.
Un duro risvolto della crisi che investì il fronte americano si ebbe sulla popolazione civile a causa dei bombardamenti aerei [12], apocalittici per entità, terrore ed orrori. Nella notte tra il 14 ed il 15 i bombardieri gettarono nel caos le comunicazioni tedesche, compromisero la mobilità delle truppe, danneggiarono o distrussero molti obiettivi militari, ma, purtroppo, non mancarono le stragi sulla popolazione civile. Una vera e propria valanga di fuoco si abbattè sul Salernitano. I bombardamenti dell'aviazione alleata continuarono prepotentemente per tutto il giorno 15. La contraerea tedesca era del tutto inadeguata a fronteggiare l'attacco nemico e puntava solo sulle navi cariche di rifornimenti e rinforzi. Il generale Heinrich von Vietinghoff (a guida della Decima Armata) ricevette, in data 16 settembre, l'ordine da Kesselring di avviare un piano di ripiegamento graduato facendo perno su Salerno e distruggendo tutte le strade e le vie di comunicazione dirette per Napoli ed Avellino.

Naturalmente Clark, sul fronte opposto, stava programmando l'inseguimento del nemico. Il giorno 20 Kesselring definì più puntualmente con una direttiva alle sue forze armate le modalità ed i tempi della ritirata, per ridurre al massimo l'avanzata verso nord degli Alleati ed impedire altri sbarchi su entrambi i lati della penisola. Contenere l'avanzata avrebbe permesso alla Wehrmacht di attuare la politica della terra bruciata, con la rimozione degli armamenti, dei materiali bellici, con la distruzione di tutto quanto era inamovibile e con la razzia degli uomini da condurre nei campi di lavoro forzato sulle linee di difesa in apprestamento più a nord o in Germania.

l giorno 20 von Vietinghoff lasciò il comando per otto giorni ad Hans-Valentin Hube per andare a sostituite il generale Erwin Rommel, comandante supremo delle forze armate tedesche in Italia settentrionale, che aveva subito un urgente intervento chirurgico. Un intenso cannoneggiamento tedesco colpì Salerno la mattina del 19, con danni fortunatamente circoscritti alla striscia prospiciente il mare, nel quale caddero gran parte dei tiri.

L'offensiva definitiva del X Corpo d'Armata è datata 23 settembre: era giunto il momento di forzare il Passo di Molina di Vietri sulla S.S.18 per irrompere nella Piana del Sarno e poter portare l'attacco a Napoli. La resistenza tedesca fu decisa, ma poi divenne insostenibile per i nazisti continuare ad oltranza a perdere tantissimi uomini della fanteria. Oltrepassata Molina, le unità alleate si diressero verso Cava dei Tirreni; procedendo verso Nocera la resistenza della "Goering" si rivelò particolarmente accanita, ma, dopo alterne vicende, le unità della 46esima Divisione raggiunsero Nocera la mattina del 28 e poi Scafati, dove furono costrette ad aggirare una fortificazione nemica lungo il fiume Sarno per proseguire. L'irruzione nella Piana si svolse anche utilizzando il passo di Agerola, situato più ad occidente, da cui si poteva procedere per Castellamare.

Finalmente, dopo tre settimane di combattimenti, alle ore 9.30 del 1° ottobre le pattuglie corazzate entrarono in Napoli: l'operazione Avalanche era conclusa. Militarmente fu un successo, anche se, politicamente e strategicamente, non raggiunse gli obiettivi che si era prefissa, ossia la repentina liberazione di Napoli e la rapida avanzata su Roma: per la quale ci vollero altri nove mesi, mentre, per percorrere i cinquantaquattro chilometri che dividevano Salerno da Napoli, gli Alleati impiegarono ventidue giorni.

NOTE

[1] La prima sede in Italia del Governo Militare Alleato dei Territori Occupati venne stabilita ad Agropoli nell'asilo vicino al Municipio.
[2] In realtà, l'armistizio era stato firmato a Cassibile il 3 settembre, alle ore 17, nella grande tenda della mensa dello Stato Maggiore, alla presenza del generale Eisenhower. Il generale Giuseppe Castellano firmò le tre copie "per delega del maresciallo Badoglio", mentre, per gli Alleati, firmò il generale americano Bedell Smith.
[3] I convogli alleati partirono dalle basi nordafricane di Orano, Biserta e Tripoli tra il 3 ed il 7 settembre, e da Termini Imerese, in Sicilia, e si radunarono a nord di Palermo per procedere insieme per il Golfo di Salerno. Le navi erano state più volte attaccate dalla Luftwaffe, ma la contraerea navale reagì con decisione con i cacciabombardieri notturni Beaufighters della Royal Air Force ed alcuni aerei tedeschi furono abbattuti. Al momento dell'annuncio radiofonico, il convoglio, formato da navi da guerra e da trasporto, era in prossimità delle acque a sud di Capri. Precisamente nella Quinta Armata, composta da forze formate e sommariamente addestrate in Nordafrica, vi erano 450 navi di varia natura e tonnellaggio, con quattro corazzate, divisioni di fanteria, due inglesi e due americane, e due brigate di corpi speciali, i Commandos inglesi ed i Rangers americani. Vi erano anche 7 portaerei, 11 incrociatori ed alcune decine di caccia, oltre ad unità di scorta e minori. Queste informazioni sono riportate nel testo "Salerno 1943, Operazione Avalanche", a cura dello storico Angelo Pesce, Ermanno Albertelli Editore, Scafati/Parma 2000, di notevole ausilio per la stesura del saggio.
[4] La zona dei templi di Paestum, che ospita la basilica ed i grandiosi santuari dedicati a Nettuno e Cerere, miracolosamente non fu danneggiata dai furiosi bombardamenti che si svolsero nell'area.
[5] L'aeroporto fu conquistato l'11 settembre, dopo accaniti combattimenti, dalla 169esima Brigata "Queen's Brigade", in quanto composta da tre battaglioni del Queen's Royal Reginment. Per quanto concerne il suo utilizzo, i Tedeschi, stabilitisi sulle alture a nordest, detennero il controllo sulle piste d'atterraggio fino al 20 settembre.
[6] I Commandos dovevano sbarcare a Vietri per occupare il valico tra le montagne che da Vietri porta a Cava, mentre ai Rangers spettava, varcato il passo di Chiunzi, di occupare l'altra parte verso Nocera.
[8] Qualche curiosità tratta dal libro di Angelo Pesce. Tra i soldati alleati vi erano gli attori Robert Montgomery, imbarcato sull'ammiraglia Ancon, ed Audie Murphy, pluridecorato per la battaglia di Acerno.
[9] Angelo Pesce, op. cit.
[11] Sul fronte inglese la situazione rimaneva pressoché invariata.
[12] Si legge in Pesce, cit.: "I Tedeschi assisteranno stamane a qualcosa che non si sarebbero mai aspettato. Oggi gliele daremo di santa ragione. Gli lanceremo addosso tutto quello che è a portata di mano ad eccezione dei lavandini"; così dichiarò il generale Edwin J. House, Comandante del XII Comando Supporto Aereo, Coordinatore delle azioni aeree alleate a Salerno.

STEFANIA MAFFEO

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