ANNO 1969

CRONOLOGIA DELL'ANNO ( 1a PARTE )
 


"Un piccolo passo di un uomo, un grande balzo per l'umanita'" SULLA LUNA ! (vedi) >

 

29 giugno,
Giorgio Almirante
viene eletto
segretario del MSI

Voci della politica italiana

Almirante< LA SUA VOCE

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GIORGIO ALMIRANTE (la biografia > > )

 

ENRICO BERLINGUER diventa vice segretario del PCI  (la sua voce nel 1970) 
.....e dopo 2 segretari in un anno,
la DC in sfascio rappezza la sua crisi
con il terzo segretario
l'emergente ARNALDO FORLANI.

Qui di seguito una veloce panoramica dell'anno
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CRONOLOGIA DEI FATTI MESE PER MESE > >

"Se la protesta del '68 é rivolta culturale di classi sociali medio-alte, nel '69 la bandiera della protesta é presa nelle mani della classe operaia. Ció che accade fra l'estate del '68 e l'autunno del '69 é un processo inarrestabile di diffusione di temi, istanze e metodi di lotta da alcune formazioni sociali a larghe frange di proletariato industriale e poi alla massa dei lavoratori". (GIANNI STATERA - VIOLENZA SOCIALE ED EMARGINAZIONE in VIOLENZA SOCIALE E POLITICA NELL'ITALIA DEGLI ANNI '70 - FRANCO ANGELI EDITORE)

PROLOGO - Dalla contestazione studentesca che fu inizialmente sottovalutata dai politici e dalla stampa, si passa repentinamente alla contestazione dei lavoratori. Prendono origine le agitazioni per il rinnovo di molti contratti di lavoro, per le gabbie salariali, per lo Statuto, per le pensioni, la scuola materna statale, casa, salute, servizi, ecc.
Le forze sindacali sembrano non riuscire a controllare la piazza visto che seguitano ad aumentare di numero le violenze di alcuni gruppi autonomisti ideologizzati, infatuati, fanatici delle rivoluzioni culturali maoiste marxiste leniniste. Tutti febbricitanti nel delirio di potenza. Lo abbiamo sentito lo scorso anno che cosa volevano: far paura, e si erano proprio convinti: noi facciamo paura, e sui cartelli che sbandiereranno quest'anno c'e' una frase lapidaria: Cosa vogliamo? Tutto, e subito!
Il foglio di Potere operaio incita a titoli cubitali "Intervento di massa contro il padrone, contro il suo stato, contro il riformismo".

C'e' un momento nella vita delle nazioni dove dopo essere arrivate in un punto preciso della loro storia, ogni cosa poi sembra arrestarsi, e tutto indugia ad andare avanti. In blocco viene dimenticato tutto quanto è avvenuto, il bene e il male. C'e' poi il forte desiderio di costruire qualcosa, ma non si sa da dove cominciare perchè ostinatamente si rifiuta ogni eco del passato, si nega esserci una continuazione, si volta le spalle a tutto, pur non sapendo dove dirigersi, dove e con chi.
Non si prende nulla delle vecchie esperienze, ne' si vogliono fare delle riflessioni. E se le esperienze senza le riflessioni sono spesso inutili, le riflessioni senza le esperienze sono peggiori, si hanno solo dei deliri, dissociazione dalla realta'.

C'e' nel frattempo una situazione politica molto precaria e in alcuni partiti anche inquieta. Il governo RUMOR varato alla fine del '68 viene tenuto insieme faticosamente, e come vedremo non andrà molto lontano; a metà anno è gia dimissionario a causa della scissione socialista.
Rumor ne vara un altro, monocolore, ma durerà ancora meno, cinque mesi. All'interno della maggioranza ci sono minoranze sia democristiane che socialiste che vogliono spostare l'asse tutto verso sinistra. Persino minoranze democristiane (ma fino a ieri ai vertici) vogliono avviare un "dialogo" con i comunisti. Le stesse ACLI pongono fine al collateralismo con la DC. Stanno sfumando i connotati del partito anni '48 (il "confessionale") e sta emergendo un solido sistema di potere laico che non concede e commina come faceva Pacelli indulgenze e scomuniche, ma distribuisce privilegi, concessioni, tolleranza; assistenzialismo non di tipo religioso, ma quello keynesiano peggiore.
E non senza benefici nel Paese (siamo onesti!) perchè reggerà questa tendenza in tutte le varie fasi della recessione, anche la più grave. Il prelievo fiscale iniquo sui redditi di lavoro autonomo creò buchi nell'erario ma stimolò milioni di persone. Certo, i costi li pagarono i lavoratori dipendenti, ma seguitò a far girare il volano dell'economia che permise (mai come in questi anni) agli stessi lavoratori di accedere a quella colossale liquidità monetaria che permetteva a chiunque di acquistarsi la casa, la bottega, all'artigiano fare i capannoni, ed entrarci dentro versando pochissimo di anticipo, il resto un centinaio di modeste cambiali e un mutuo al 5% che detratto il 4% degli interventi regionali (inventati con mille motivazioni) diventava l'1%. Cioe' una pacchia! Le rate di mutuo? L'inflazione che dal '71 inizia a due cifre, in cinque anni fecero diventare la rate perfino ridicole, una pipata di tabacco.
E se alcuni per investire acquistarono case, dopo soli 4-5 anni, gli affitti che incassavano erano più che sufficienti a pagare le rate dei mutui. 

Ma c'e' purtroppo il nuovo dramma (e nei comunisti ve ne sono anche peggiori con i fatti ungheresi e cecoslovacchi) del socialismo italiano che sta ricreando all'interno annosi problemi che Nenni paragona ai giorni che precedettero il 1922. E basta un dato: nel corso del anno 1968, sono stati quasi 5 milioni gli operai scioperanti, e 74 milioni le ore lavorative perse, nel corso di questo 1969, saranno 7 milioni e mezzo gli scioperanti, 300 milioni le ore perse. Il doppio e il triplo dell'anno 1920. E anche questa volta gli operai contestano la camera del lavoro, i sindacati, tutto e tutti.
L'unificazione socialista è durata poco, e sta ritornando il disorientamento, proprio come allora.

Ci sono vari tentativi del PCI di inserirsi nel governo con l'appoggio della sinistra della DC, ma per queste anomale tendenze di alcune minoranze democristiane, molti problemi e polemiche nascono proprio all'interno della DC, persino esasperate, visto che assisteremo a un vero e proprio sfascio dell'intera corrente dorotea, quella che era da anni l'intera struttura del partito, quella che con autorità formava i governi.

Una dramma appare molto chiaro dentro la DC. Nell'arco di meno di un anno (dal 18 dicembre '68 al 9 novembre di quest'anno, il partito cambia tre volte segretario; e sempre con votazioni a sorpresa, dove ci sono schede bianche, franchi tiratori e veri e propri tradimenti dopo notturne riunioni segrete da fare invidia alla carboneria del primo ottocento.
Tutto è originato dalla rivalità tra i due grandi leader della DC, ALDO MORO e AMINTORE FANFANI. Moro crea la sua corrente nell'area di sinistra con un suo 12,7% , con Forze Nuove-base 18,2% e Nuova sinistra (Sullo) 2,6%. I dorotei sono guidati (Rumor è impegnato al governo) da FLAMINIO PICCOLI ma rappresentano ora solo il 38,3%. I fanfaniani il 15,9%. I Tavianei 9,5%.

E c'e' anche una novità, una corrente di destra, Forze Libere, guidata da OSCAR LUIGI SCALFARO, con un 2,9%, che dopo essere entrato due volte nel governo di Moro nel '66 e in quello di Leone nel '68, dovra' fare anticamera fino al '72 quando forma il suo 1° governo GIULIO ANDREOTTI, virtualmente a destra come e più di lui.
Ma a Macerata qualcuno cova. Si riuniscono e fondano una nuova corrente di dissidenti; sono ARNALDO FORLANI e CIRIACO DE MITA che fanno fanno finchè si coalizzeranno contro Piccoli, e sarà proprio Forlani ad assumere a fine anno la segreteria del Partito.
Di De Mita ne riparleremo più avanti nella cronologia dei mesi

Tutti questi malesseri e colpi bassi avvengono dentro in governo e all'interno delle sedi dei partiti, mentre lo scenario esterno, nelle piazze, nelle fabbriche e nelle scuole le tensioni stanno aumentando e sono incontrollate. Tutti gli aspetti del sociale vengono visti dai politici solo nel particolare più che nel generale. E quando esplode tutto, i politici annaspano perche' non si sono mai affacciati a guardare il Paese dalla finestra del palazzo.
In Italia è in atto un mutamento antropologico, i sottoproletari si sono imborghesiti e i borghesi si sono sottoproletarizzati.

Questa volta i lavoratori (ma diciamo che un intero mondo era "incazzato" questa è la scritta che spesso troviamo nei cartelli) hanno l'appoggio di alcuni gruppi di estremisti che si sono formati dentro i movimenti studenteschi dopo che questi avevano esaurito in parte le rivendicazioni sulla scuola.
Per la prima volta il mondo dei lavoratori e il mondo studentesco (ma solo una parte) unito fin dalle prime agitazioni su molte questioni del mondo del lavoro provocano delle tensioni nel Paese sempre più inquietanti e (sembrano) a carattere fortemente e decisamente rivoluzionarie e controrivoluzionarie, sfiorando l'insurrezione, visti i deliranti proclami, i giornalettii degli estremisti e i fatti che accadranno a Torino, Milano, Battipaglia.

La Fiat di Torino, dopo alcuni incidenti in settembre, causati da atti di sabotaggio alle catene di montaggio - dove vengono perfino distrutte centinaia d'auto - reagisce e sospende 25.000 operai.
Dopo cinque giorni di inutili mediazioni, si sfiora il dramma. Al grido di "Potere Operaio!" (il giornale omonimo uscira' il 30 ottobre con il titolo "si' alla violenza operaia" e costo' l'arresto a TOLIN, il direttore) c'e' mobilitazione generale e il tentativo di occupazione dell'azienda.
Ai primi di novembre si processa il padronato dell'azienda in un clima surreale. Tre mesi di agitazione mettono in ginocchio l'intera città. Un mortorio.

Con tre mesi senza salario vengono paralizzate tutte le attività produttive e commerciali. Nei primi giorni di dicembre la città è sotto l'incubo del Natale più nero della storia di Torino. Nemmeno la guerra aveva angosciato così tanto la popolazione, spento le luci, fatto chiudere negozi, seminato panico e preoccupazione. Una inquietudine che presto si estese anche a Milano: serrate alla Pirelli, poi imponenti scioperi di solidarietà in settembre, e ancora il 19 novembre, con gravi incidenti di operai e studenti contro la Polizia dove ci rimetterà la vita un poliziotto.

Il 12 dicembre c'e' la strage di Piazza Fontana. Il 21 dicembre con una mediazione di DONAT CATTIN (ministro del lavoro della corrente sx della DC) vengono accolte quasi tutte le richieste dei sindacati e ritorna una calma apparente. Ma è iniziata un'altra epoca. Il '68 ha generato il '69, e il 69 sta covando il '70 e i seguenti, e sono questi ultimi gli anni del terrorismo.

(ma la "strategia della tensione" non inizia affatto a Piazza Fontana. In pieno agosto mentre tutti andavano in vacanza, il giorno 8, proprio 8 furono gli attentati sui treni in varie località della penisola, da Caserta a Trento. Poi a Trieste e Gorizia. In tutti gli attentati si sfiorò sempre la strage. Non avvenne perchè quelli che mettevano le bombe erano degli scacciacani, adoperavano esplosivi e tecniche da Terzo Mondo. Anzi era perfino materiale da suicidio. (lo spiegheremo più avanti)

Gli operai, come accennato sopra, otterranno alla fine dell'anno molti risultati; l'unione dei tre sindacati fece i "miracoli": ci furono infatti aumenti salariali, abolizione delle "zone salariali", interventi nel sociale, scala mobile sulle pensioni, scuola materna statale, minori ore lavorative, abolizioni cottimi, diritti di assemblea, consigli di fabbrica.
E otterranno finalmente anche la promessa dello Statuto dei lavoratori (che verra' poi siglato il 14 maggio del prossimo anno dal governo) e si teorizza gia' sui salari come una "variabile indipendente" dagli altri fattori di produzione.

Le organizzazioni sindacali hanno fatto tesoro dei molti malumori. Lentamente sono stati capaci di riprendere in mano la situazione e hanno scoperto l'unita' e la concertazione; ma soprattutto l'incompatibilità tra incarichi nel sindacato e nei partiti; e agiscono - anche se con molte divergenze - in un modo più compatto e determinato, con una nuova strategia unitaria che darà molti frutti. "In Corso Traiano a Torino (lo vedremo più avanti - Ndr) imparammo molte cose" dira' uno ai vertici.
Ma dentro il fronte imprenditoriale si era già diffuso un malessere, tante preoccupazioni, e scattarono le logiche reazioni corporative. L'Avanti del resto lo aveva già anticipato a settembre, pubblicando un telegramma di De Martino inviato a Rumor, dove affermava che "l'autunno sarebbe stato molto caldo".
La lotta da quel momento ebbe anche uno slogan.

La tensione in novembre sale. Alcune frange estremiste di sinistra non solo si sono dissociate dai partiti storici, ma iniziano a dissociarsi anche fra di loro. Ricordiamoci che alcuni gruppi hanno scoperto la loro forza, e nella lotta stanno facendo il "salto" di qualità, stanno organizzando rigidamente le strutture, teorizzando le ideologie estreme, indottrinando i militanti. Toni Negri sta gia' scrivendo La crisi dello stato piano, comunismo e organizzazione rivoluzionaria, farà seguire Il dominio e il sabotaggio sul metodo marxista della trasformazione sociale, dove indica i modelli dell'organizzazione, e l'" autovalorizzazione di classe" dove legittima il rifiuto del lavoro dentro le grandi aziende capitaliste, invita al sabotaggio, le espropriazioni proletarie nei negozi e nelle armerie.
La sua utopia è "il lavoratore sociale".

FELTRINELLI che ha ricostituito un gruppo di Gap, scrive in agosto anche lui delirando "Che c'e' la minaccia di un colpo di Stato incombente, una svolta radicale e autoritaria di destra".
In contrapposizione FREDA della estrema destra scrive "La disintegrazione del sistema", e mira ad allarmare e a inquietare la classe media: la "maggioranza silenziosa".

Due gruppi molto significativi e che avranno in seguito grande peso sugli eventi politici italiani per una decina d'anni, sono: Potere Operaio guidato da ORESTE SCALZONE, FRANCO PIPERNO e ANTONIO NEGRI, che in luglio si organizzerà in movimento; mentre in settembre proprio a Torino all'inizio dell' autunno caldo diventa fortemente attivo un altro gruppo, il movimento pisano di Lotta Continua guidato da ADRIANO SOFRI con il giornale omonimo diretto da BELLOCCHIO che non risparmia forti attacchi "al sistema".

Ma entrambi i gruppi avranno subito e in seguito, nei prossimi anni, defezioni, spaccature al loro interno, che daranno origine ad altri collettivi con altre strategie, come Prima Linea che è convinta di dover passare all'azione terroristica perchè crede giunto il momento del trionfo del comunismo, l'ora per dare inizio alla tanto attesa rivoluzione mondiale contro il capitalismo.

Diserzioni o defezioni a favore di gruppuscoli avverranno sia all'interno di Potere Operaio che a Lotta Continua, e alcuni del primo e del secondo gruppo confluiranno in strutture a compartimenti stagni (o almeno loro lo credevano). Questi dissociati daranno poi vita al gruppo terroristico delle Brigate Rosse.

Ve ne sono poi altri, nati dentro il movimento studentesco milanese che ora hanno affiancato nelle grandi fabbriche i Comitati di unita' di base (i Cub), come Avanguardia operaia. Fra i molti, anche un gruppo che nasce perfino all'interno del comitato centrale del PCI: e andranno a fondare il Manifesto, diretto da MAGRI con i redattori ROSSANA ROSSANDA, LUIGI PINTOR, ALDO NATOLI che verranno poi tutti espulsi dal partito, compreso MASSIMO CAPRARA, il fidato segretario di Togliatti; radiato anche lui. Tra i collaboratori al foglio anche UMBERTO ECO.

Sono gli stessi gruppi (ora diventati movimenti, collettivi operai, Cub, gruppi extraparlamentari) che abbiamo ricordato nel '68, ma che ora sono diventati ancora più autonomi e ancora più estremisti. Scomparsi gli altri, timorosi, spaventati o delusi e ritiratisi a vita' "privata", quest'altra parte ritenne che bisognava prima affiancarsi e poi affidarsi alla spontaneità degli operai-massa, "incazzati" con i "padroni" con il governo e con i sindacati, nell'illusione di coinvolgerli e guidarli in uno scontro frontale contro l'apparato repressivo dello Stato, contro i nemici del proletariato, contro il capitalismo e contro i sindacati accusati di perseguire risultati graditi e concertati col referente politico e le aziende. Una lotta dunque totale su vari fronti, e  ognuno doveva accettare i rischi che questa lotta comportava.

Parallelamente lo stesso fenomeno, defezioni e spaccature - e che subito o in seguito daranno origine ad altri gruppi estremistici - si verifica all'interno dei gruppi di destra. Alcuni dentro la destra storica altri in quella più ambigua, quella che si è rifatta subito dopo la guerra una "facciata" e abilmente si è riciclata nei gangli di ogni istituzione dello Stato.
Individuare di quale destra si trattasse (o più di una) è ancora un dilemma che nessun storico fino a questo anno 2000 ha saputo chiarire. Non sappiamo se era referente a dei partiti della maggioranza, o di una destra che si annidava e prosperava dentro nella stessa DC (Non dimentichiamo Gedda nel '48 che insofferente di De Gasperi minacciò di creare un partito clerico-fascista) o se faceva parte dei partiti dell'opposizione, o inserita dentro la stessa sinistra, o se era una destra esterna alla politica italiana, cioe' transnazionale di uno o piu' Paesi. (un teorema quest'ultimo poco convincente vista poi la tanta superficialità di alcuni gruppi terroristici e vista con più realismo la situazione internazionale).

Intanto proprio nella destra storica quest'anno c'e' un mutamento di rotta. Dopo la morte di ARTURO MICHELINI, avvenuta il 29 giugno, viene eletto segretario GIORGIO ALMIRANTE che apre un nuovo corso: accetta i metodi democratici e inaugura quell'era che viene chiamata del "doppio petto". Una nuova immagine del partito e di chi lo guida che ha un singolare effetto (e questo molti in Italia ma anche all'estero lo hanno già capito!).
Infatti (e malgrado le accuse di essere il partito della "strategia") già nelle prossime elezioni del '72 farà confluire i voti dei Monarchici e salirà dal 1.400.000 presi nel '68 ai 2.900.000.
Ma l'exploit lo ottenne già nelle provinciali del 1971: a Catania diventa il primo partito con il 21,9%; in tutta la Sicilia prende il 16,3%; e a Roma (la città del grande apparato degli ex funzionari dello Stato fascista) ottiene il 16,2%. E sempre nelle Politiche del '72 sbanca a Reggio C. con il 36,2%.
Almirante insomma sfruttando il malcontento dell'opinione pubblica moderata, quella conservatrice, riuscì a ottenere i voti dei ceti medi nelle grandi città, quelli che vennero chiamati i voti della "maggioranza silenziosa".

Ma anche nella destra storica c'erano le schegge "rumorose", e non erano d'accordo con il "doppio petto" del nuovo Msi-dn (salvo qualche estemporanea manesca espressione di alcuni militanti);  non volevano rinnegare "un passato". Nascono così le organizzazioni di estrema destra, schegge impazzite decisamente con più contatti con fantomatici servizi segreti deviati (e attivi nel terrorismo) che non con il comitato centrale del partito.
(***Non dimentichiamo che 16 DICEMBRE del 1979,  17 deputati e 8 senatori che nel dicembre 1976 si erano staccati dal MSI e avevano dato vita a DN Democrazia Nazionale, si sciolgono e confluiscono quasi tutti nella corrente di destra della DC di ANDREOTTI ***).

C'e' poi un ricompattamento con il gruppo di Ordine Nuovo di RAUTI, ma non tutti dentro questo gruppo vogliono fare gli agnellini, si sentono lupi, e si dissociano fondando Ordine Nuovo Rivoluzionario.
Queste schegge come del resto abbiamo visto all'interno anche della sinistra storica dove anche li' i moderati cercavano mediazioni per una lotta politica parlamentare, ritennero non esserci alternative, se non quella di condurre la lotta al di fuori delle istituzioni. Quindi anche loro divennero virtualmente extraparlamentari.

Le motivazioni (così in seguito le giustificarono) erano: carenze nell'ordine pubblico, il disorientamento dei partiti di governo (ormai non in crisi ma in coma), la crisi degli strumenti dello Stato, l'inquietudine di quel ceto medio che abbiamo ricordato, e, fatto singolare, un generalizzato malcontento nella polizia, che spinta dal dovere venne a trovarsi in mezzo ai due estremismi e a svolgere un'azione repressiva in una gara sempre più aspra e sanguinosa, e non certo per una loro autonoma (ma quale?) scelta politica ma per un destino ingrato.
(Aveva ragione Pasolini che abbiamo sentito nel '68. E se a Valle Giulia i poliziotti erano dei poveracci mandati allo sbaraglio, poi nel Sud quando dovettero affrontare le agitazioni a Battipaglia a Caserta e a Palermo sparando sulla folla, loro poveracci meridionali su altri poveracci meridionali, il compito si fece ancora più ingrato. A Milano in due reparti della Celere ci fu quasi un ammutinamento ai primi di novembre che si cercò di minimizzare per non allarmare il Paese.

FORLANI del resto appena eletto segretario DC il 9 Nov., non buttò certo acqua sul fuoco nella tensione sociale, ma benzina: esplicitamente dichiarò "guerra", quando sul Popolo il giorno dopo la strage di piazza Fontana (e qui nacquero tante leggende sulla "strategia della tensione") affermò che "da questo momento appare grottesco la pretesa che si debbano limitare le forze di polizia".
(e perchè non impiegare allora anche la bomba atomica?) E tutto precipitò. Ci attendono ora dieci anni di turbolenze in balia di un centinaio di estremisti in entrambe le barricate con addosso il delirio di potenza.

Anche sul piano economico i risvolti di questo malessere furono molto deleteri. Le tensioni, l'inquietudine, le preoccupazioni, le rivendicazioni, i grandi scioperi, le sospensioni dal lavoro (che a Torino diventeranno negli ultimi tre mesi dell'anno preoccupanti) fecero calare i profitti delle grandi aziende storiche, che visti i venti contrari, fecero buon viso a cattiva sorte; concessero quel tanto per non cadere nell'anarchia o nella paralisi totale, e si misero a ridurre gli investimenti, a ridurre i turni, a mettere in cassa integrazione, ad angosciare con i licenziamenti, a far quindi calare la produzione, a portare capitali all'estero, a provocare un deficit alla bilancia dei pagamenti e nel bilancio dello stato.

Alcune se lo potevano permettere, ed erano le grandi imprese dinamiche, quelle che avevano "tirato" alla grande, e che per la loro solidità non subirono grandi contraccolpi; erano sempre quelle a grande concentrazione di capitale familiare: la Fiat, la Montecatini, la Pirelli, la Falck, l'Olivetti ecc. non a caso ora sono ancora queste le grandi imprese trainanti del Paese "miracolato".
Si erano rafforzate durante il fascismo, si erano abilmente barcamenate nell'occupazione tedesca, erano poi uscite quasi indenni dallo scontro sociale del dopoguerra e si erano subito diversificate, immediatamente riconvertite e rimodernate, con i grandi profitti regalati da una politica economica che le aveva privilegiate con un modello di sviluppo persino parossistico.
Produrre beni opulenti per l'estero (si arrivo' al 40%) per (si disse) poter pareggiare la bilancia dei pagamenti dei beni di consumo di prima necessita' importati dall'estero, invece di incentivarne la produzione all'interno del Paese. Del resto lo slogan nel 1950 era "piu' macchine meno maccaroni". A Torino naturalmente Valletta & C. intesero macchine = auto.

I governi (ma sotto quale pressione?) avevano fatto queste scelte e gli economisti davano a loro ragione. Mentre i contadini dicevano, "scemi, ma non capite che se ci date gli aiuti anche a noi (trattori, "macchine" (non "auto"), concimi, strutture, credito bancario privilegiato) non dobbiamo importare proprio un bel nulla perchè saremmo allora noi a produrre come in Francia, in Germania ecc!"

Ci si rese conto di questa situazione troppo tardi. Si arrivò quindi a questo fine 1969 con la resa dei conti, e si fecero ancora una volta scelte sbagliate quando si calcò la mano con tanta cecità  senza tenere conto dei grossi errori fatti in precedenza. A pagare furono così le altre piccole aziende con una tipologia e una solidità economica del tutto diversa da quelle che abbiamo ricordato sopra. Soccombettero tutte. A Torino rimase infatti solo la Fiat (che nel corso dell'anno 1968 aveva prodotto 1.500.000 auto di cui circa 600.000 per l'estero). Le altre piccole e medie aziende , pur anch'esse storiche e importanti e di gran nome, fagocitate dalle banche, fallite, o con cinica volontà e per disperazione chiuse o diventate subalterne alla Fiat. Sfumarono capitali e si salvarono solo quelle che avevano subito "tagliato la corda" verso l'estero.

Stavano saltando alcune regole del gioco precedente, e a dar loro una spinta verso un disimpegno furono alcuni provvedimenti drastici delle autorità di governo e quelle monetarie. Dopo anni di appoggi alle industrie che producevano prodotti di beni durevoli sia per l'estero che per il mercato interno, si cambiò rotta con misure congiunturali, strette creditizie, varie leggi restrittive e misure fiscali anticonsumi, e infine la ciliegina finale, la buffonata del Controllo dei prezzi sui prodotti di largo consumo e di prima necessità.
Fu un boomerang! Invece di deflazionare fece aumentare l'inflazione, salirono i prezzi al dettaglio e si premiarono i grandi complessi e i piccoli speculatori. In mezzo, il vuoto. La grande industria guardò più soltanto all'estero, mentre la vendita al minuto invece diventò una pirateria diffusa con l'aggiotaggio; così al piccolo artigiano locale gli arrivò la manna dal cielo.

Infatti il Controllo fu una "bella pensata"(avrebbe detto Toto'), fu infatti una grottesca pantomina messa in atto spudoratamente, e vista dalla parte del consumatore risultò essere una vera pagliacciata. I listini (depositati) di molti prodotti delle aziende furono bloccati (ma esenti erano i prodotti nuovi (!!) ) e le industrie furbe - e anche le meno furbe si adeguarono subito - fecero mancare sul mercato i prodotti dei listini depositati e cambiando le confezioni e facendoli figurare come nuovi prodotti aggirarono l'ostacolo dell'aumento, che fu forte, perche' si pago' anche il maquillage.
Nacquero molto più prodotti nuovi in un anno che non nei precedenti dieci anni. Dai detersivi, ai salami, dalla pasta ai dentifrici, dall'olio alimentare a quello minerale. Una colossale e vergognosa truffa per i consumatori a livello nazionale. A livello politico nessuno se ne accorse.
Intanto nei negozi la cantilena era una sola "questo non ce l'ho, ma ho quest'altro, che è quasi uguale".
(non quasi, era lo stesso prodotto con il nuovo maquillage)

Gli interventi restrittivi fecero diminuire molto la domanda dei beni opulenti (prima acquistati tutti a rate) ma ebbe un effetto contemporaneamente positivo e negativo. Non più assillati da conti e rate da pagare a fine mese, gli italiani finalmente si buttarono sui prodotti di beni di consumo.
Nel frattempo le grandi aziende che producevano i durevoli, data l'elevata produttività non rinunciarono certo a questa lucrosa vocazione (come la Fiat), e con un rinnovamento tecnologico, si dedicarono principalmente  alle massicce esportazioni, grazie anche all'appoggio politico che aveva creato e accentuato questo anomalo e perverso "gioco dei bussolotti"..

In poche parole vista la mala parata in Italia, le grandi aziende non è che si dedicarono ad altro, ma seguitarono a puntare sui mercati esteri. Prima le braccia a basso costo avevano creato i prodotti competitivi, poi le grosse vendite avevano creato i grandi profitti, e i profitti reinvestiti in tecnologie ora davano nuovamente alta produttività che rendevano ancora una volta competitivi i prodotti all'estero. Perché mai diversificare in Italia quando all'estero tirava ancora quel prodotto.

Invece gli antiquati produttori di beni di consumo, tutto il carente il sistema distributivo e il settore agricolo (che una politica governativa aveva preferito  "assistere" piuttosto che spendere per ammodernarlo) non furono in grado di soddisfare il mercato. E' dunque l'inizio di un'inflazione galoppante. Vennero subito vanificati tutti i miglioramenti salariali ottenuti con tante lotte.

Capito l'errore si corse ai ripari il prossimo anno e poi nel '71. Ma ci si mise la crisi mondiale e la crisi del dollaro. L'America svalutò e dichiarò l'inconvertibilità in oro. Ci si mise poi il serpente monetario che fallì clamorosamente. Poi -mal comune- ci si mise la crisi che investì tutti i paesi occidentali.
L'Italia di fatto svalutò la lira di circa il 20%, e agevolò così nuovamente le esportazioni dei beni durevoli (auto ecc.).
Penalizzando così ulteriormente quelli di consumo, importati, che in Italia erano carenti. Ci fu così un'altra insufficiente  disponibilità di beni di consumo, proprio mentre era in corso una forte domanda (per le ragioni dette all'inizio). Così di corsa, ci si incamminò verso l' inflazione a due cifre, fino a primi anni Ottanta. Le grandi aziende ringraziarono perchè oltre che esportare ridussero anche i loro debiti; e chi più furbo aveva esportato i capitali, fu profumatamente premiato!
(L'inflazione dal 2,80%, sali al 5% nel '70, al 10% nel '73, 19,45 nel '74, e fino al 1982 tenne una media del 18% annuo con una punta che toccò il 22. Il 100% ogni cinque anni!).

Ma non tutto il male (paradossalmente) venne per nuocere, direbbe il Pangloss voltariano. Inizia negli ultimi mesi di questo 1969 una singolare trasformazione nell'economia del Paese. Gli italiani si dimostrano nelle emergenze sempre straordinari! Del resto la richiesta dei beni di consumi in Italia era ormai in pieno decollo. Il volano del consumismo negli ultimi anni si era messo a camminare sempre più velocemente, e se la grande industria sentendosi attaccata e penalizzata nei grandi profitti reagì come abbiamo visto sopra guardando solo all'estero e, con la svalutazione, un'altra volta prese il volo oltre le Alpi procurando ulteriori danni all'interno, altri intraprendenti soggetti immediatamente ne approfittarono per ricavarsi delle piccole nicchie produttive locali per soddisfare la forte domanda.
E riuscirono ad essere anche competitivi nei confronti di quelle poche grandi aziende esistenti, operando con un tipo di produzione a basso costo di manodopera, perche' non sindacalizzata, non controllata, e (forse volutamente) ignorata dal fisco e dagli organismi preposti.

Nasce insomma l'economia sommersa. Cosi' velocemente e con cosi' alti profitti che diventeranno subito queste nuove improvvisate strutture nel panorama produttivo italiano, delle estemporanee imprese artigiane, e subito dopo vere e proprie grandi aziende, con la vocazione di commercializzare il prodotto saltando tante mediazioni (e doveri). Tanto da far scoprire anche alla media e alla grande industria il tornaconto per decentralizzare in queste sempre più numerose anomale unità produttive, molte delle loro attività minori,  riducendosi così a un lavoro di semplice assemblaggio del prodotto finito.
Ma non solo nella grande industria avvenne il decentramento, questa "germinazione spontanea" avvenne in ogni settore della media e piccola impresa ma soprattutto dentro l'artigianato.

Non c'era sul mercato la pasta? (Pazzesco! Importavamo fino all'anno scorso anche questa dalla Germania! Nell'Italia maccarona!!!
Il "bisogna far macchine non maccaroni" lanciato nel dopoguerra da un economista si era fatto sentire! Naturalmente per gli Agnelli  le macchine erano le auto.
Nacquero cosi' in Italia ventimila negozi di pasta fresca all'angolo di casa. Nacquero cosi tanti "Rana".
Non c'erano detersivi? La Henkel di Düsseldorf (anche questa tedesca - l'Italia invece faceva chimica di base per l'estero e ignorò del tutto il colossale business dei detersivi) creo' immediatamente un reparto venditori all'ingrosso e con 170 venditori riforni' in Italia migliaia di "volenterosi" che ricevuti i sacchi di detersivo, con una pala e una confezionatrice, crearono, in pochi anni e con un valore aggiunto pazzesco, aziende prosperose in ogni piccola provincia. 
La Montecatini guardava fuori, mentre la Henkel tedesca sbarcata in Italia in pochi anni era già dentro le prime dieci aziende italiane come fatturato e, facendo le capriole fra le leggi, defiscalizzando gli oneri sociali, ottenne perfino incentivi, terreni e contributi, e inaugurò stabilimenti nel sud, incrementando i fatturati del 50% all'anno. In breve quasi tutti gli ospedali italiani, gli istituti, le case di riposo, gli alberghi diventarono clienti effettivi della ditta tedesca. E anche al dettaglio il suo Dixan invase tutte le case.
(Chi scrive è stato prima rappresentante, poi ispettore (10 anni) per tutto il territorio italiano per la Henkel). 

Il signor "Brambilla Tizio", il piccolo imprenditore del "miracolo economico" anni '60, con la sua "vitalistica aggressività", anche se ora trovava lungo il suo cammino le strozzature delle banche, l'alto costo della manodopera, i conflitti nei sindacati, e non riceveva più incentivi e protezioni governative, non si diede per questo vinto. Scese nell'arena, scoprì e creò, il "sommerso".

E' lui che inizia il decentramento, e' lui che crea la moltiplicazione delle piccole imprese familiari. E a creare questo fenomeno che viene etichettato "Terza Italia" è il "Brambilla Caio" che accetta da Brambilla Tizio e dalla media e grande industria il lavoro nero e semi-nero, è lui che produce senza sindacati, con minori spese generali, con la flessibilità (che sono 16 ore al giorno continuate di tutta la sua famiglia, bimbi compresi).
E nello stesso tempo sfrutta tutte le opportunità di sviluppo e le occasioni di quel grande mercato consumistico che ha davanti alla porta di casa, che sta esplodendo, che è sempre stato ed è tuttora ignorato dalle grandi aziende. Il "Brambilla" avvia nuove iniziative, amplia quelle avviate, spesso lo fa con un bagaglio culturale e tecnico e risorse economiche molto povere, ma ottiene successi strepitosi. E questi suoi successi creano anche sollecitazioni imitative, e mettono in moto degli stimoli potenti ad altri soggetti (spesso ex aiutanti, ex operai o parenti ex collaboratori);  tutti sono favoriti dalle condizioni generali e dal laissez-fare ormai generalizzato.

Questi soggetti, tanti di questi nuovi Brambilla, non fanno fatica, ed essendoci ancora radicata la cultura del lavoro come sacrificio, possono giustificare a se stessi questo straordinario impegno lavorativo. Non hanno infatti dimenticato le (e non tanto arcaiche) privazioni, sia le proprie che quelle delle loro famiglie (tutti i quarantenni hanno conosciuto la fame degli anni di guerra) ne' hanno dimenticato che i loro territori sono stati emarginati da secoli e sempre classificati "zone depresse". (come il Nord Est). Ottenuto la conquista di un piccolo benessere mai conosciuto prima, l'artigiano non si ferma piu', viaggia testa bassa, non alza più la testa, fa lo stakanovista dentro le sue pareti domestiche. 

Inoltre viene a trovarsi in una situazione privilegiata. Soddisfa autonomamente il mercato (crea ora lui i prodotti e anche più in fretta della grande industria) e in molti casi soddisfa proprio la grande industria. Nasce in parallelo l'economia sommersa, quella che assorbe manodopera familiare, autonoma, e spesso "aiutanti in nero" provenienti dalle file di quei lavoratori disperati (senza arte ne' parte) che sempre di piu' iniziano a restare a casa dai grandi complessi industriali o dai grandissimi latifondi, dove la tecnologia e le macchine già iniziano ad allargare il loro regno senza aver più necessità di braccia.
Nelle risaie vercellesi -novaresi invece di impiegare migliaia di mondine venete, passa un aereo nebulizzando diserbanti, "bruciando" vigneti pregiati di Ghemme, Gattinara, Fara, limitrofi dei piccoli produttori, le loro uniche risorse. Quindi danni che però pagano senza fiatare. Ma il tutto lo si fa in un giorno solo, e non con 30.000 mondine (mondare, significa appunto togliere le erbacce vicino alle piantine di riso).

L'industria (e l'agricoltura dei grandi latifondisti, ora anonime società) infatti ha reagito, e nel modo piu' classico: piu' macchine, meno uomini. Più ha scoperto il decentramento, il "conto terzi". Risponde alla crisi modificandosi nella direzione di forti innovazioni tecnologiche, strutturali e commerciali, che consentono elevati aumenti di produttività e rendono giustificabili le riduzioni massicce di manodopera senza che vi sia la caduta nella produzione; anzi aumenta.


Il governo i sindacati impongono orari, salari, festività, commissioni interne, e regalie varie? Avviene una reazione nelle imprese ed è una manna per i piccoli improvvisati imprenditori; si fregano le mani dalla gioia, non credono alle loro orecchie.
I grandi complessi parrebbe che si stiano avviando verso il suicidio (ma è solo apparente, per non pagare "dazio") e loro stanno crescendo in competitività, in termini di profitti, e si stanno allargando a macchia d'olio sull'intero Paese che non aspettava altro. A pagare a caro prezzo questa trasformazione sono i lavoratori dipendenti e tutte le categorie a stipendio fisso, quindi compresi gli impiegati. (finito questo biennio, fino al 1981 si "viaggia" in Italia con una media inflazionistica annua del 16-18%; cioè sono dolori anche per i colletti bianchi).

Territori a vocazione contadina si trasformano tutti in ambienti di piccoli imprenditori. Nascono i sottoscala, i piccoli capannoni, le case diventano laboratori, e gli italiani intraprendenti tutti a lavorare come nella prima rivoluzione industriale, 14 -16 ore al giorno come negri, ma questa volta spinti da un forma masochista che paga, procura i dane', i schei, le palanche, i soldi! il benessere; e presto diventa una vera e propria "malattia".
Tutti a testa bassa. Una cultura questa che si diffonde, e che paradossalmente porta perfino a fare a meno della scuola. Le Università ora sono libere a tutti, ma 92 su 100 ci provano a fare qualche anno poi buttano la spugna. La scuola di classe ha partorito abilmente e demagogicamente gli illusi, i rinunciatari non si contano.
Abituati i figli ora a vedere soldi facili, preferiscono subito continuare la strada dell'opulenza tracciata dal padre che molto spesso ha meno scuole del figlio, e ha sulla bocca il solito ritornello "guarda me, con solo le elementari, dove sono arrivato!".

Fu una manna per le correnti politiche locali; entrato in crisi il "triangolo industriale", c'era spazio ora pure per loro per costruirsi i propri piccoli feudi nelle piccole province. Creando delle amministrazioni locali compiacenti (queste ora diventeranno le nuove "parrocchie" a cui rivolgersi e loro i nuovi "santi" protettori).
Nel Nord evitando provvedimenti di contenimento degli strumenti legislativi locali, e nel Sud garantendo l'assistenzialismo, riuscirono su questi territori a farne dei veri e propri serbatoi elettorali per i pacchetti di "tessere", che a Roma erano poi quelle che contavano nella spartizione del potere governativo. Prendiamo i nomi dei nuovi emergenti dentro le correnti dei partiti di governo, soprattutto democristiani, diamo un'occhiata dove sono nati, e scopriamo che sono Vicentini, Trentini, Padovani, Marchigiani, Emiliani, Bergamaschi, Abruzzesi, Toscani, dell'Irpinia ecc. ecc. I nuovi Feudi.

Sta cosi' nascendo l'imprenditoria marchigiana, quella romagnola, la toscana, la emiliana, la bergamasca, sta facendo i primi vagiti quella veneta con un mercato in casa propria proporzionale alla popolazione residente, quindi altamente potenziale.
Dunque un boom. Nascono ovunque supermercati, magazzini di vestiario, artigiani di maglie e maglioni, di biancheria, di scarpe e scarponi uno dietro l'altro, sarti che diventano subito industriali (pardon stilisti); ex confezionatori di scatolette di sapone in polvere diventano industriali chimici; ex pescatori, proprietari di alberghi e di stabilimenti balneari, e via verso quello straripamento di piccole aziende marginali. C'e' in crescendo tutto il terziario di massa.

Diffuso è poi il desiderio della proprietà immobiliare, che viene subito soddisfatto con delle agevolazioni da capogiro, 1% sui mutui casa, comprese quelle al mare. Si concedono in un anno licenze per 6 milioni di vani, e tutto l'indotto spesso rabberciato e poco qualificato va alle stelle, sbanca l'economia.
Il Pil del Terziario (ufficiale) per la prima volta nella storia d'Italia supera quello industriale, il 39,8 contro il 39,7, e presto lo superera' perfino con gli addetti, ha ora il 38,4% contro 44,4%, ma in dieci anni si portera' al 50,9% contro il 36,3%. Sta iniziando insomma in questo fine Anni Sessanta, un'altra Italia.

E il "proletariato"? Scomparso! E se sulla costa romagnola, ligure, toscana, veneta, friulana, si vendevano (si svendevano!! ) i terreni delle vecchie colonie fasciste o demaniali o comunali come le noccioline firmando una barca di cambiali e mutui con le locali compiacenti banche (di partito), a Torino usando invece camion di cambiali e mutui, venivano concesse nel corso dell'anno 80.000 licenze di costruzioni; di piu' che a Parigi e Londra messe insieme. (e che a occhio e croce erano 300.000 voti assicurati al referente di turno che ringrazia e chiede il voto e l'iscrizione: cioe' la tessera, poi al Congresso del suo partito alza la voce. "Io ho questo, e quest'altro e ho quindi le mie realta' locali da soddisfare. E giù a votare o a farsi votare leggi e leggine e a farsi "largo" per scalare il "Palazzo".

Da questo '69 in avanti domina Rumor, e trasforma il vicentino; Piccoli trasforma il Trentino, Bisaglia il Padovano, Gaspari l'intero Abruzzo, De Mita l'Irpinia, Andreotti a Roma (prende di solito 600.000 voti non certo perché è bello e bravo, ma abile lo è), ecc. ecc. ecc.
Interventi a pioggia, altro che rivoluzione proletaria, c'e' la rivoluzione del benessere, mai prima d'ora goduta da queste popolazioni, che ringraziano e accettano di prendere opportunisticamente tessere e tessere. Fino a quando farà loro comodo, poi nel '90 le butteranno a mare (molte democristiane ma anche quelle che nell'80 le avevano rimpiazzate, cioè le socialiste). Molti politici si chiesero il perche' di questo improvviso tracollo, la gratitudine dov'era andata mai a finire?

Se c'era una cosa che temevano gli italiani in questo periodo era che finisse questa prosperosa crisi. Delle avventure reazionarie non ne volevano proprio sapere. La smania era una sola, produrre e consumare, e se c'era una ideologia, questa era più solo quella venale e edonistica; le altre tutte un colabrodo.

E chi non era già salito "sul carro", nel vedere l'amico o il parente catapultato nel benessere per il solo fatto di avere iniziata una qualsiasi ed estemporanea attività, non si disperava più di tanto, anche lui aspettava la sua occasione.
Che per molti, moltissimi venne. I 170 venditori ricordati sopra di quella famosa ditta tedesca, entrati come dipendenti, dopo pochi anni (4) diventarono 170 imprenditori autonomi, con auto, magazzini, e la sede locale per proprio conto.
L'azienda vendeva comunque, anzi più di prima, ma non aveva più 170 stipendi da pagare. Bene per l'azienda e bene per gli ex dipendenti. L'azienda come si dice in questi casi, ebbe la moglie ubriaca e la botte piena. Infatti sotto la spinta utilitaristica i 170 mica facevano più le visite-vendita a vuoto, le facevano mirate e oculate non come quando erano dipendenti. Risultato: nell'azienda in due anni ci fu il raddoppio del fatturato, non aumentando i dipendenti ma eliminandoli del tutto. E gli ex dipendenti guadagnarono il quadruplo e anche il sestuplo. Cioè il plusvalore maggiore andava nelle tasche dell'ex dipendente, perche' prima era la distribuzione che costava non il prodotto.
Marx questo non lo aveva proprio previsto. (qualcosa aveva accennato: che il capitale avrebbe trasformato la dignità umana in merce di scambio. E sta avvenendo proprio questo: molti credono che ogni uomo ha un prezzo, ed entrati in questa ottica dimostrano che anch'essi hanno un prezzo, e prima o dopo qualcuno se li compra).

Il modello "lavoratore sociale" andava bene come idea, è del resto quello che desidera ogni uomo in ossequio ai comandamenti cristiani (platonici) o sotto la spinta di un sentimento privilegiato (o ideologico quando ci sono "tempeste" sociali), ma il modello "lavoratore imprenditore", "lavoratore proprietario", (si dissero una buona parte degli italiani a se stessi) era meglio; ci si avvicinava subito al modello edonistico "americano", all'utilitarismo ricardiano liberista e non al collettivismo stalinista comunista o maoista.

Sulla "rossa" Costa Romagnola queste idee in questo 1969 erano già molto chiare. Gli albergatori in inverno andavano a caccia nei Paesi dell'Est, facevano tante spedizioni in Russia, osservavano con curiosità i kolchoz, ma poi andavano a vedere com'erano fatti gli alberghi a Miami Beach.
Il sig. Amati rientrò a Rimini e si mise in testa di costruire nel suo albergo in riva la mare anche la piscina (la prima su tutta la costa romagnola). Lo presero per pazzo "ma come siamo sul mare!?" dicevano gli altri. E lui, "non vi preoccupate, gli italiani non sono ne' russi ne' cinesi, vogliono fare gli americani, aspettate un paio d'anni e vedrete chi ha ragione. Non basta piu' la pensioncina, bisogna creare il lusso, il divertimentificio, il paese dei balocchi"
Quando il suo albergo con piscina cominciò a fare il tutto esaurito già a dicembre, allora capirono tutti cosa bisognava fare, e si adeguarono. Come?
In Romagna in questo 1969, le banche non avevano solo cassetti pieni di cambiali, ma avevano degli scaffali, dei saloni interi per riporle, montagne di pagherò con dietro dieci girate. In pochi anni tutte onorate dagli ex pescatori, in breve tempo proprietari di alberghi, sempre, sempre più grandi.

Al ritorno dai viaggi, alla sera, nei bar, o dentro le prime loro associazioni, fra i neo-albergatori, si poteva tastare il polso di questa nuova Italia che stava nascendo: liste zeppe di prenotazioni per i bagni di mare e di sole, e non bagni di sangue rivoluzionario e "Soli dell'Avvenire". Erano queste riunioni i veri sistemi informativi, finanziari economici e politici dell'Italia 1969. Alta scuola!
Migliore di qualsiasi Universita' di Economia e Commercio, di Scienze Politiche o di Sociologia, e di qualsiasi sede politica parlamentare dove si stavano facendo le semplicistiche "operazioni chirurgiche" della programmazione economica o le "nuove svolte" politiche (i centrosinistra zoppi).

Leggere in questo periodo gli opuscoli di Toni Negri o i fogli di Lotta Continua di Sofri, e poi guardare l'esplosione produttiva autonoma dei veneti (cattolici ex contadini ma in un balzo subito a vocazione imprenditoriale) romagnoli o marchigiani (comunisti ex pescatori ma anche loro con in comune la stessa vocazione imprenditoriale) ecc. ecc. viene da sorridere;  comparando certe ideologie con la realta', sembrano scritti in un altra epoca. Uno storico del 2100 non ci si raccapezzerebbe nel leggere le une e contemporaneamente le altre.

A Bellaria (la preferita dagli operai Fiat) l'Albergo Margherita e tanti altri chiedono in questa estate 1969, 1100-1300 lire al giorno . La metà di quanto si prende a Torino con la cassa integrazione (2400 lire). Basta questo dato per capire tutto il resto.
Che gli italiani non erano ne' cinesi ne' russi. La vera Italia si stava sempre di più allontanando dal fascismo tradizionale e dal progressismo socialista. Il contesto sociale era mutato, si era unificato. Le differenze tra fascisti e antifascisti erano culturalmente, psicologicamente e anche fisicamente intercambiabili. Stava nascendo la "cultura di massa" che sbarazzandosi di quella ecclesiastica, moralistica e patriottica sempre di piu' veniva catturata dalle nuove "leggi" della "nuova cultura", permissiva, tollerante; quella del consumo.
Poteva questa nuova Italia scontrarsi nelle piazze per un restauro del fascismo con una falsa e retorica nostalgia? Poteva questa Italia creare i kholkoz russi?

Non di meno dall'altra parte, in quelle "schegge impazzite": ubriacature ideologiche, infatuazioni, sogni, miraggi, mistiche contemplazione rivolte a Mao (perfino in Albania si guardava!) o alle utopie marxiste-leniniste, ma del tutto ignari dei meccanismi sociali ed economici realistici degli Uomini; che non sono uguali a quelli delle formiche, perchè - diceva Wiener - altrimenti si vaneggia, e non si conoscono bene ne' le formiche ne' gli uomini.
"L'individuo umano ha sempre rappresentato un costoso investimento di studio e di cultura, ma giacche' e' possibile al potente di turno disfarsi dell'enorme vantaggio dell'istruzione e servirsi del materiale umano per organizzare lo "Stato" delle formiche, questo dio che si crede onnipotente, si rende responsabile di una degradazione della natura stessa dell'uomo e che se un essere umano e' condannato a svolgere le funzioni limitate della formica, non soltanto cessera' di essere un uomo ma non sara' neppure una buona formica".
Ne sanno qualcosa quelli che convinti di aver ottenuto il totale consenso e asservimento (i totalitaristi) caduti poi nella imponderabile disgrazia, in sole 24 ore i loro monumenti a loro dedicati sono andati in frantumi, le loro teorie ripudiate, e i loro libri hanno alimentato dei grandi falo'. Gli uomini appunto non erano diventati in questi anni Sessanta ne' formiche (nelle catene di montaggio o nei kolkhoz) ne' "uomini irresponsabili" (nella rivoluzione, nel terrorismo, nell'inquietudine e perfino nella vilta') ma solo e nient'altro che "uomini", con tutte le contraddizioni. "E guai a non esserci queste contraddizioni, sono solo queste che ci distinguono dagli animali" cari a Maeeterlinck (Vita delle Termiti) o a Orwell (Fattoria degli animali)" Ed e' sempre Wiener a dirlo.
(lui che semmai visto che e' stato il padre della cibernetica, si potrebbe anche arguire che pensasse l'incontrario).
"Non sono affatto abnormi e inutili tutti quei comportamenti umani che non hanno la razionalità, la meccanicità e la produttività dei meccanismi autoregolantisi (comprese quelli politici ed economici). Se si vogliono trarre conclusioni sull'uomo bisogna studiarlo e accettarlo complicato com'e'". (Wiener, Introduzione alla cibernetica, Ed. Boringhieri)
(E' per questo che ogni "sistema" o le teorie economiche, non sono assolute, ne' integralmente esportabili, ne' imitabili su un altro territorio, anzi spesso queste teorie non hanno nemmeno una continuità dove sono state concepite, applicate, o hanno ottenuto per un breve periodo successo).

MA PASSIAMO ORA ALLA CRONOLGIA DEI FATTI
DOVE L'ITALIA MONOLITICA RICEVE UN GRANDE SCOSSONE
IN QUESTO ANNO 1969

Uno scossone che Giorgio Bocca ci descrive cosi' nel suo libro Il provinciale: "Un giorno l'immane societa' sotto controllo, la massa cementata di reverenze e di obbedienze non tiene piu', va in cortocircuito, come se sentisse un bisogno di elettroshock, di salasso, di sbornia. Allora basta un confuso velleitario "Sessantotto" studentesco a ridurre come re nudi le eccellenze e le eminenze, bastano cinquanta, cento estremisti, poveri scalzacani ma morsicati dalla volonta' di potenza, che si danno la voce e si ritrovano a far tremare lo Stato.
(l'audio nell'anno '68 l'avete sentito? "Hanno paura di noi !!" - illusi !!)

"Pochi, ignari dei meccanismi sociali ed economici, eppure bastano a tenere l'Italia nel terrore e nel marasma per piu' di dieci anni. Ma il merito non e' di questi pochi che procedono per infatuazioni, sogni, bricolage culturale, e' del punto critico a cui e' arrivata la massa sociale, repleta di pigrizie, automatismi, ripetizioni, noia. (non formiche appunto- ndr) Il piccolo lascito del Sessantotto, una piccola selezione dei violenti e dei fanatici che hanno fallito la rivoluzione culturale ma capito come sia facile con una sbarra, con una rivoltella, farci vivere nella paura, farci cagare sotto, bastano ad aprire la stagione del terrore, a riportare l'intero ceto dirigente, le eccellenze, le eminenze ai soliloqui della paura, dei vaghi rimorsi e della scaltrezza che in alcuni fanno impennare il coraggio, in altri la vilta'".(Giorgio Bocca, "Il provinciale. Settant'anni di vita italiana", Ed. Mondadori, 1991)

 

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