ANNO 1974

CRONOLOGIA DELL'ANNO ( 1a PARTE )

Poi gli italiani scoprirono che il "blocco energetico" era tutta una truffa.

 

Qui una veloce
panoramica dell'anno poi i singoli mesi

Il 1974 inizia con una diffusa inquietudine nel Paese, sia per la crisi economica e sia per l'austerità; che se ha modificato alcune abitudini degli italiani non ha per nulla paralizzato le loro attività, ha tolto solo alcune solide certezze. E' in discussione la continuità, anche se   procede nonostante tutto a ritmi ridotti lo sviluppo economico dell'Italia, che improvvisamente si è ritrovata fuori "carreggiata", paradossalmente arrivando a queste riflessioni "andando a piedi". L'effetto psicologico,  fu molto maggiore dei veri e propri danni causati sull'economia in generale da questi mesi così "appiedati".

Ricordiamo qui che dalla domenica 2 dicembre 1973 era stato imposto il divieto assoluto di circolazione dei mezzi privati, con l'eccezione dei medici in servizio, pena pesanti multe fino ad un milione di lire. Per gli spostamenti domenicali i cittadini dovevano ripiegare sul trasporto pubblico, e sull'uso delle biciclette, che ebbero il loro momento di massima gloria, ma c'era ben poco da gioiere semmai rimpianti quando sfilavano silenziose fra le macchine immobili.
Erano bandite le insegne luminose di grandi dimensioni. Le trasmissioni televisive RAI, allora monopolio statale, terminavano alle 22.45. Il telegiornale serale del Programma Nazionale fu anticipato dalle 20.30 alle 20. I cinema chiudevano alle 22.

L'italiano si chiede quanto durerà quest'inopinato "revival" del tempo di guerra, con usi, costumi e paesaggio urbano degli anni Quaranta; con l'auto diventata un lusso (persino le utilitarie), le città oscurate, il riscaldamento problematico, la disagevole riconversione degli svaghi, e la coda ai negozi che vendono il semplice zucchero: In più deve sorbirsi tanti "appelli patriottici" dei politici che invitano allo spirito di sacrificio.
Mai in Italia, nemmeno in tempo di guerra ci fu così tanta tristezza. Allora il benessere non l'avevano toccato, non c'era; mentre ora la frustrazione era palese.

Nei primi giorni, molti cittadini celando l'amaro in bocca - che tutti avevano ma non manifestavano - andavano dicendo a destra e a sinistra che l'austerità era in fin dei conti anche piacevole. Le città erano ridiventate nuovamente vivibili.
I bontemponi la domenica si erano scatenati con le mille stravaganti idee nell'inventare mezzi di locomozione alternativi. Agli anziani, con le ricorrenti nostalgie, sembrava di rivivere i vecchi tempi. Ma come succede a tutti gli anziani i brutti ricordi li confusero con la nostalgia dei loro vent'anni anagrafici che non c'erano più...e solo quelli ricordavano,  dimenticando la vita quotidiana di allora, cioè grama, con tanti sacrifici, tanta miseria, e come prospettiva dinanzi solo il nulla, o le guerre di re nani che ubbidivano ai "caporali".

Anche adesso, come allora, i giovani di venti anni pur senza tracce d'oggettivo ottimismo affrontano l'emergenza con il sorriso sulle labbra e tanta disinvoltura. Non hanno perso gli entusiasmi nemmeno quando AGNELLI ha fatto sapere dai giornali che "questa è certamente una crisi con la quale dovremo rassegnarci a vivere parecchio tempo" (A fine agosto, molti con sgomento si chiesero se la Fiat avrebbe riaperto ancora i suoi cancelli - vedi il 2 ottobre).

Pessimista anche GIROTTI, Pres. dell'ENI che andava affermando: "Le misure d'emergenza prese non sono taumaturgiche, anzi sono insufficienti, e sono il preludio di una più rigorosa "fase due" della strategia energetica, quindi prepariamoci a fare altri sacrifici".

 Il petrolio non è che manchi nel mondo, è che l'Italia è stata inserita (e "incastrata") nella lista dei Paesi "cattivi" dagli arabi, perché appoggia, insieme a tanti altri paesi europei dell'Alleanza atlantica, l'occupazione dei territori palestinesi compiuta dagli israeliani. Non c'è scampo "o stare con gli arabi o pagare il prezzo dell'occupazione dei territori", afferma per conto dell'Opec, Yamani. (In sostanza il 5% in meno delle consegne di greggio)


Purtroppo come spesso avviene in questi casi, spuntarono gli speculatori, e col pretesto che la colpa era tutta degli arabi ne approfittarono per vestirsi loro da feroci Saladini e a gonfiare fino al 250% gli aumenti.
Racconteremo più avanti il meccanismo perverso di questi aumenti sconsiderati; gli italiani scoprirono che il "blocco energetico" fu tutta una truffa, che la benzina c'era, e la carenza fu solo una ignobile speculazione di una cricca senza scrupoli.
(Il giornale sopra nei titoli parla di 30 miliardi, ma la truffa quando venne fuori era molto di più, era di 2000 miliardi.
Lo scandalo fu uno dei più grandi. Il processo lo troveremo molto più avanti. Implicati politici, petrolieri, finanzieri ecc. Ci furono anche dei drammi; il famoso giornalista Pecorelli era in procinto di fare delle clamorose rivelazioni sul suo OP nel '78-79. Ma finì ammazzato. E con lui altri furono trovati "suicidi". (ne riparleremo a suo tempo). 

L'America, che ha indirettamente provocato questi atteggiamenti ostili, restando indifferente all'occupazione palestinese e non appoggiando la decisa (?) risoluzione ONU che obbligava Israele allo sgombero, si è chiusa in un sacro egoismo di fronte alle difficoltà in cui si dibatte l'Europa stretta nel laccio arabo e in uno strangolamento economico, che ha pure molte ripercussioni politiche, come in Italia.
Ma se i ricatti vengono dalla tracotanza araba,  non è che dall'altra parte si possano chiamare in un modo diverso: ricatti sono anche questi. E quelli degli speculatori (un manipolo) più che ricatti sono delle grandi colossali e ciniche truffe fatte ai danni di tutta la collettività.

 Il 1974 inizia con queste inquietudini; e come se non bastassero a pochi giorni dall'inizio dell'anno, alcuni avvertono nell'aria odore di "golpe".

 In effetti, dopo la prima uscita dell'intervista di BERLINGUER su Rinascita, molti della sinistra cominciarono a pensare le stesse cose dette allusivamente dal segretario del PCI, anche se lui sapeva benissimo che in Italia non poteva accadere proprio nulla di simile al Cile o alla Grecia.

Alcuni comunisti però, meno cauti di altri, pensarono, e rimuginano in questo inizio anno, che Berlinguer abbia fatto simili considerazioni in ottobre (con l'amo del "compomesso storico") solo per cercare di spiazzare o isolare coloro che volevano ad ogni costo all'interno e soprattutto all'esterno della sinistra estremizzare lo scontro. Fare la rivoluzione.

Questo, Berlinguer voleva far intendere con le sue righe; si sarebbe potuto evitare il peggio accettando la corte di MORO che a sua volta (anche lui) non era in buona compagnia dentro il suo partito (essendo circondato da agitazioni, gruppi in fermento e avversato dalle stesse organizzazioni religiose): insomma gli estremisti intorno li aveva anche lui,  e tutto fa pensare che l'ispiratore degli articoli di Berlinguer fosse proprio Moro.
L'abbraccio tra i due era necessario per sostenersi entrambi visto che barcollavano. Una necessità per rimanere in piedi evitando i traumi della piazza e le congiure di Palazzo  dei loro "amici"; questo lo abbiamo già ccennato lo scorso anno.

Alle manifestazioni del dopo Cile, infatti, Berlinguer aveva sempre preso le distanze dagli extraparlamentari e nello stesso tempo si era avvicinato molto alle posizioni governative appoggiando o concordando alcune  riforme e misure restrittive prese negli ultimi mesi del '73 nel clima dell'austerità. (E spesso sarà (ipocritamente) interpellato  in quelle che saranno prese nel corso di quest'anno).

Ma fra poco, il 19 aprile dalle Brigate Rosse arriverà questo comunicato: "Le forze oscure della controrivoluzione tramano per realizzare, dopo la prova del referendum, una riforma costituzionale di stampo neogollista. Il neogollismo è un progetto armato contro le lotte operaie e nessun compromesso è possibile con i carnefici della libertà. Chi cerca e propone il compromesso non può parlare a nome di tutto il movimento operaio. Compagni, entriamo in una fase nuova della guerra di classe, fase il cui compito principale delle forze rivoluzionarie è quello di rompere l'accerchiamento delle lotte operaie, estendendo la resistenza e l'iniziativa armata ai centri vitali dello stato. Contro il neogollismo portare l'attacco al cuore dello stato! Trasformare la crisi di regime  in lotta armata per il comunismo!" (Comun. Ansa, 19 aprile, '7, ore 10.52)

Quello sopra è il comunicato dopo il rapimento del giudice Sossi. Ma le Br non sono le sole a voler portare l'attacco al cuore dello Stato. Il 4 agosto c'è la strage dell'Italicus rivendicato da "Ordine Nero": "Con la bomba al tritolo che abbiamo messo sull'espresso Ro-Fi abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e quando ci pare". "La bandiera nazista non è morta a Berlino nel lontano 1945. Essa continua a vivere per una grande Italia, fascista e nazista. Il nazismo ritornerà. Viva l'Italia! Ordine Nero" (Comun. Ansa, 5 Ago. ore 12.58)

 A dare notizia di timori di golpe e di guerra armata, questa volta era già  stata L'Unità del 27 gennaio. Il ministro della difesa MARIO TANASSI il giorno dopo interviene e non smentisce le "Voci di allarme" e  lo stato di allerta nelle caserme di cui si parla nei giornali, conferma e giustifica alcuni provvedimenti, "presi -afferma - per contrastare ipotesi eversive di diversi gruppi di fanatici terroristi", che metà giornali additano essere estremisti di estrema destra, l'altra metà di sinistra, e alcuni introversi hanno perfino il dubbio che ci sia una connivenza e tante complicità. L'idea che si era fatta la gente era proprio quest'ultima.

 In sostanza Tanassi conferma implicitamente che se un gruppo d'estremisti è deciso a scendere in piazza con intenzioni rivoluzionarie e con attentati per destabilizzare il Paese, è meglio che sappiano tutti che c'è un esercito pronto a difendere la legalità con ogni mezzo di cui dispone, compresi i carri armati. "La risposta dello Stato questa deve essere, non ne esiste un'altra".

La preoccupazione di alcuni "rossi" è invece che proprio con queste ammissioni si stia facendo il doppio gioco; in altre parole che alcune forze conservatrici che siedono al governo, utilizzando provocatori "neri" vestiti di "rosso", e che da un momento all'altro possono creare le condizioni di incidenti di una certa gravità, tale da giustificare poi l'intervento dell'esercito nelle strade, come in Cile e come in Grecia.

TANASSI, smentisce categoricamente queste ipotesi, e, in effetti, ha ragione lui. Il suo è un semplice piano d'ordine pubblico, di rispetto della legalità, non certo dettato da gravi timori di natura rivoluzionaria, né tanto meno destabilizzanti. Sono un centinaio le teste effettivamente calde, e non più di trecento i fiancheggiatori che fanno parte di un singolare campionario umano, con dentro tanti elementi narcisisti, capaci di fare solo apologia dell'ignoranza - quella dell'operaismo comunista e maoista anticapitalista - ma nessuna proposta concreta che rispecchi la società moderna dove essi stessi vivono e abilmente dentro questa si mimetizzano; rivoluzionari sì, ma sempre attenti ad utilizzare paradossalmente proprio quello che stanno combattendo, il consumismo.

L'impulso sessantottino alla moderatezza era già finito da un pezzo, l'eskimo era già stato messo in naftalina, e fra i "rivoluzionari" emergono "i ben vestiti". Opportunisti che avvalorano la vita solo attraverso i beni di consumo frivoli. Alcuni si vestono con i soldi del padre che magari fa addirittura il dirigente politico nella DC (come il figlio di Donat Cattin); poi per gioco e per passatempo fanno i terroristi.

("Ai processi che poi seguirono, quelli che parleranno:  spesso racconteranno di aver rapinato, ferito, ucciso, solo per poterlo raccontare. E lo fecero con un narcisismo irrefrenabile. Coloro che vengono definiti pentiti, gran parte di loro, almeno, appaiono avidi nelle loro minuziose narrazioni, senza manifestare mai neppure un moto d'orrore, di dolore, di ripulsa per gli assassinii commessi"
Sono le parole di C. Staiano in L'Italia nichilista, Il caso di M. Cattin, la rivolta, il potere)

Alle volte fanno i Robin Hood del popolo sequestrando i "Capi" che non hanno nulla a che vedere (se la prendono con semplici impiegati) con i capitalisti veri, con i padroni delle ferriere. Altre volte fanno i teppisti con i giornalisti che si azzardano a classificarli tali quando espropriano supermercati, badando però bene nello scegliere caviale e champagne e non semplici pagnotte proletarie come facevano  in Cina, in Russia  in Cile o in Albania.

 E' dunque un clima questo - dove campano gruppuscoli che fanno i "bombaroli" come bricolage e poi si definiscono movimento rivoluzionario - che per quanto possa sembrare strano in questi mesi di grande scontento sociale, carico di tensione già per la crisi economica e nell'inquieta attesa di rassicurazioni, non preoccupava per nulla l'Alleanza Atlantica.
La verifica della realtà del Paese non era certo dentro i  titoloni dei giornali, ma nei bar, negli alberghi, nei mercati, nelle botteghe, dove più che fatalismo c'era tanto agnosticismo: la gente non prendeva nessuna posizione, e nemmeno si allarmava. A Rimini come a Viareggio il 5 agosto dopo la strage dell'Italicus, la vita di spiaggia e la vita notturna continuarono nella massima indifferenza, così a Torino il 2 ottobre con 65.000 operai a spasso fuori dei cancelli Fiat, il resto dell'Italia non si preoccupò minimamente. Il disagio c'era, ma non era vissuto come un dramma.

La situazione internazionale fu compresa più dalla gente che non dai politici e dagli addetti. E non aveva i tutti i torti la gente.

 La Russia è in attesa di ricevere a giugno il Presidente NIXON.- BREZNEV, si afferma su tutti i giornali, -  sottoscriverà con gli americani importanti accordi commerciali con la clausola di "nazione più favorita". Questo sconcertava i rivoluzionari comunisti e sconcertava pure chi vedeva sempre gli americani come implacabili anticomunisti - "ma che fanno adesso, li aiutano anche?")

Quindi qualsiasi cosa fosse accaduta in Italia, la Russia non avrebbe mai mosso un dito, non avrebbe compromesso mesi e mesi di disgelo mirato ad ottenere aiuti considerevoli per la propria economia che era allo sfacelo totale, che ne stava perfino compromettendo l'esistenza.
E se questo accadeva in Unione Sovietica, in America pensavano le stesse cose, aiutare -come qualcuno voleva far credere- il terrorismo in Italia per una svolta traumatica a destra, e doverla in qualche modo poi appoggiare ma soprattutto gestirla era controproducente e fuori da ogni logica dell'equilibrio internazionale che invece Kissingher stava cesellando.

Quindi il governo italiano, o tinto di rosso o di nero, doveva badare solo a se stesso in caso d'incidenti, ritenuti provinciali e non importanti. Il "compromesso" stava avvenendo a livello planetario, e quello italiano era solo una insignificante particella, molto trascurabile.

Purtroppo alcuni, in Italia, garantiti da questo disimpegno dei due blocchi, credettero di ricavarsi un proprio spazio per poter essere egemoni sul territorio con la propria corrente personale utilizzando o strumentalizzando gli scontenti, disposti a buttarsi nella mischia con dei motivi che nulla avevano a che vedere con i nuovi modelli di sviluppo che l'Italia da sola stava cercando di proporre, dandosi da fare, e di fatto indicava, visto che vivacchiava una classe politica incapace di modificare prima di tutto se stessa, figuriamoci il Paese.
L'Italia senza tanti segnali dall'alto si stava modificando da sola, non aveva più bisogno di tutori. E poi nell'aria c'era la nuova politica, quella che prenderà il nome di "consociativismo". Ora nemmeno tenuta nascosta, Moro e Berlinguer lo notavano tutti: si stavano "abbracciando".
La linea moderata del PCI - pur con qualche contestazione - ottenne infatti, dei risultati clamorosi dopo pochi mesi alle elezioni. Molte grandi città si scelsero un sindaco comunista. Possiamo immaginare la reazione dei conservatori e dei cattolici! E dall'altra parte della barricata che delusione per gli estremisti comunisti che ambivano a una Italia Albanese, maoista, leninista.

La nuova politica insomma, sta sbarazzandosi all'interno dei partiti, dei "padri della Patria anni Venti" (alcuni classe 1891) ormai fuori dalla storia, e sta cercando con la nuova leva dei quarantenni di creare un'accettabile e anche minima governabilità del Paese, finora impedita non da un'opposizione, ma perchè irrealizzabile dentro gli stessi partiti della maggioranza, e soprattutto dentro quello dominante: la DC.
Partito che è di Moro? Di Rumor? Fanfani? Andreotti? Zaccagnini? Ancora clericale? mezzo di sinistra? Non ci capiscono più nulla né gli italiani e nemmeno gli stessi partiti, come i socialisti, con un travaglio all'interno, poi lacerandosi da soli, si mettono in fuori gioco per un paio d'anni, fino alla rivolta dei quarantenni, al Midas di Roma (13 luglio 1976).

Insomma, in Italia, negli ambienti alti dei quartieri americani, a Verona, Vicenza, Rimini, Rivolto, a parlare di golpe scoppiavano a ridere. I grossi problemi dell'anno per la NATO, ma soprattutto per gli americani, erano semmai in Grecia e in Turchia, nell'Egitto/Libia di SADAT/GHEDDAFI.
Poi c'era il dopo Cile, che riserva nel corso dell'anno altre tensioni e diversi colpi di scena, che PINOCHET riesce a controllare con una spietata repressione, aiutato dai milioni di dollari, che la stampa americana (8 Nov.) rimprovera agli stessi USA di aver distribuito con la regia-mediazione del suo segretario di stato KISSINGHER.

  Nel 1974 nella politica italiana il governo RUMOR non va molto lontano. Travolto dalle polemiche sui provvedimenti di natura economica (lite a febbraio tra il ministro del Tesoro LA MALFA (PRI) e GIOLITTI (PSI) del Bilancio) poi attanagliato da una crisi interna oltre che internazionale, la terza esperienza del politico vicentino a Palazzo Chigi dura ancora meno di quella di ANDREOTTI: 8 mesi con un quadripartito, poi ne forma a marzo un altro, questa volta tripartito, sbarazzandosi dei repubblicani.

Ma anche con questa nuova alleanza (con PSI e PSDI) RUMOR non va lontano, è costretto a dimettersi dopo soli tre 3 mesi. Poi fa rientrare le dimissioni e inaugura il Governo Rumor V bis; che non va oltre 4 mesi, vi rimane in tutto 7 mesi.

E' l'ultima volta che Rumor è capo del governo;  inizia qui il suo tramonto, ha i ribelli proprio nel suo collegio. Ha contro perfino la sua corrente; troviamo i suoi due luogotenente del Nord Est, BISAGLIA e PICCOLI ad imbalsamarlo come l'ultimo rappresentante della storica "corrente dorotea" nata nel lontano marzo 1959 con MORO, GUI e RUMOR; per cosa allora? Organizzare una congiura per scalzare FANFANI dalla segreteria DC, dal governo, e da ogni altra carica. E ci riuscirono.
Ma ora le vittime sono loro. Alcuni si sono allevati le "serpi" in seno.

 Lo scontro delle grandi forze dentro la DC diventa durissimo tra lo schieramento dei due emergenti blocchi: di sinistra capeggiato da MORO e ZACCAGNINI e quello di destra guidato da ANDREOTTI, FORLANI e con FANFANI dentro le "sabbie mobili".

Infatti  Fanfani, anche questa volta, è duramente contestato sia dal suo movimento giovanile (che scioglie improvvisamente il 25 febbraio del prossimo anno) e sia dalla stessa DC.
In luglio (il 26) gli viene tolta perfino la segreteria, mettendo al suo posto l'uomo nuovo di Aldo Moro, BENIGNO ZACCAGNINI, non senza forti polemiche, visto che sarà eletto con 92 voti a favore, e con ben 72 schede bianche e 11 disperse. 

Al Congresso del '76 i due blocchi saranno quasi identici, il 51,5% è a sinistra, il 48,5% è a destra. Ma a questa fatidica data, nel '76, sarà MORO ad essere messo nell'angolo e a ricevere (non senza polemiche - e furono molto accorate le sue) la carica di Presidente della DC, una poltrona da lui stesso diabolicamente inventata come premio di consolazione per i trombati. Ma corriamo troppo avanti.

 Dobbiamo ora ritornare a questo 1974;  registriamo tre fatti importanti: le prime fratture democristiane; l'uscita di scena dei socialisti e la costante presenza dei comunisti fino al '78, quando assisteremo alla tragica uscita di scena di Moro.

Fallita dunque l'ultima esperienza di RUMOR, a novembre (il 23) ritorna al vertice del partito DC e del governo proprio lo stratega ALDO MORO, con una mossa a sorpresa abbastanza clamorosa: va a formare un governo bicolore con gli alleati, ma questa volta con i ruoli invertiti. Accetta il rientro del PRI e lascia fuori i Socialisti. Anzi, politicamente li fa fuori del tutto. Il PSI ricomparirà solo quattro anni dopo, quattro giorni prima del rapimento di Moro nel marzo del '78; fra l'altro non dentro il governo ma assieme al PCI come sostegno del nuovo premier ANDREOTTI.

 MORO insomma ha fatto un governo su misura per spartire i vari ministeri ai capi corrente nuovi e vecchi, che questa volta possono, dopo aver fatto per un paio d'anni i prepotenti (abbiamo visto Donat Cattin lo scorso anno) finalmente sedersi (il 23 Nov.) sulla poltrona come ministri, sottosegretari e nelle varie commissioni, proprio nel periodo quando la Borsa (il 13 Set.) dall'indice 100 del '63, scende a 48,7 (perdite dell'8,15 in un paio di giorni); e proprio mentre 65.000 operai della Fiat (2-30 Ott.) sono messi in cassa integrazione.
Quindi un serio aggravamento della tensione sociale, che questa volta non tocca solo la classe operaia ma anche la classe media e in parte il ceto ricco: alcuni possessori di titoli vanno infatti sul lastrico dopo la batosta del "mercoledì nero".  Cosa ci si poteva aspettare se non questo? Le aziende non producono, sono tassate, non hanno soldi, e inoltre sono assediate dai sindacati: se otterranno quello che rivendicano, il costo del lavoro schizzerà in alto, e ... addio profitti, investimenti, e addio competitività sui mercati esteri. La Borsa che è la cartina tornasole, questo lo capisce subito e cola a picco senza risparmiare nessuno.

Un governo - quello di Moro- che però già alla fine dell'anno dà prova di un lodevole attivismo e riesce a trovare i suoi naturali interlocutori: l'opposizione, le forze sociali, i sindacati e gli imprenditori. Si evita una caduta ulteriore a "vite" della domanda e si manterrà quindi ad un livello ragionevole l'attività produttiva. LA MALFA propone (o meglio esige col suo proverbiale rigore) gli investimenti "congiunturalmente utili". Basta agli sprechi e ai lussi! Insomma l'anno finisce con un'economia nazionale che fa un piccolo passo avanti ed entra nell'anno nuovo con buone prospettive. Molti meriti se li prendono anche i comunisti, a discapito dei socialisti. Meriti che verranno subito premiati alle prossime elezioni.
Resta un fatto da chiarire (che non hanno poi mai chiarito) che cosa volevano e cosa pretendevano con questa contingenza gli extraparlamentari, fuori dalla realtà, e quando i dati di fatto erano questi.

Dal febbraio del 72 fino a quest'ultimo governo Moro, si sono formati 6 governi; mai con la stessa formula e ognuno senza la minima idea di come affrontare le emergenze; di ogni tipo. Un brancolare nel buio;  il tempo per governare viene quasi totalmente occupato da manovre di corridoio nel Palazzo o nelle segreterie dei partiti, e soprattutto nei centri di potere occulti che ormai stanno condizionando tutta l'intera politica dei partiti, i vertici delle grandi industrie e perfino i sindacati.

FANFANI il 2 febbraio proprio sui sindacati ha acceso la miccia. Investe come un turbine il mondo politico-sindacale con le sue dichiarazioni sullo sciopero generale e sulla dibattuta questione dell'unità fra le confederazioni. Giustifica la sua sortita - che provoca ulteriori polemiche - con l'esigenza di voler proteggere il sindacato da "ipoteche politiche", perchè c'è qualcosa che non lo convince.

FANFANI  sta rivelando che la più pesante ipoteca politica degli ultimi anni è stata accesa sul processo unitario; sulla strategia che il sindacato nella sua piena autonoma determinazione si è scelta, sta discutendo da solo con la controparte per dare una risposta di massa alla preoccupante involuzione politica provocata dall'inerzia e dalla passività dei pubblici poteri. Insomma che si sta sostituendo  alla politica. Come  alcuni inviati esteri hanno già notato e affermato nei loro servizi.

La maggioranza dello schieramento sindacale è approdata alla conclusione che la relativa tregua concessa al governo deve considerarsi finita e che occorre far scendere in campo aperto la forza organizzata dei lavoratori. Ha pazientato, ma ora vuole scavalcarli i politici, vuole agire da solo a tu per tu con le forze produttive.
Il governo pur riconoscendo che si è di fronte ad una crisi di sistema e seguita a parlare  della necessità di costruire un nuovo modello di sviluppo, non si muove in altre direzioni, ripercorre quelle del passato,  mentre la situazione complessiva del paese tende a peggiorare paurosamente.

Le posizioni parassitarie, le rendite, i privilegi accumulati in questi anni non sono stati minimamente intaccati, mentre gli squilibri strutturali si sono aggravati. Persino alcuni laudatori del vecchio sistema ormai di fronte alla realtà cruda, confessano sui giornali che non si può sperare in una ripresa affidata al vecchio (solo ora si vede che è fallimentare) meccanismo di sviluppo, e che non si devono incentivare settori fuori dalla logica del mercato "moderno", ma stimolare quello che "tira", cioè i prodotti di consumo, quelli che mancano sul mercato e che causano inflazione, e la cui produzione è affidata alla spontaneità, all'imitazione, o per sentito dire.

 Nel corso di questo 1974, invece  le autorità monetarie italiane d'accordo con i governanti affermano: "Siamo in sintonia con gli aumenti dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali", e varano alcuni provvedimenti restrittivi, che invece di contenere vanno a favorire di fatto, la crescita dei prezzi e l'aumento del costo della vita.

Inoltre i lavoratori ricevono anche la doppia beffa quando da una parte l'inflazione fa calare a vista d'occhio i salari reali, e dall'altra contemporaneamente va a ridurre i debiti delle imprese dopo averne già scaricati i costi sui consumatori. Una cuccagna per le grandi imprese!

Ed infine c'è la terza beffa: chi ha portato i capitali all'estero può fare salti di gioia: il governo ha fatto a loro, favorendo la svalutazione della lira, proprio un bel regalo.

Ed infine l'ultima beffa che durerà più di venti anni; ogni piccola ripresa sul recupero delle entrate fatte con tanti sacrifici del Paese e soprattutto dai lavoratori è appena sufficiente a pagare gli interessi delle obbligazioni emesse; che  non sono certo in mano ai lavoratori ma ai benestanti e agli speculatori.
Gli interessi sono così allettanti che perfino le grandi imprese hanno investito una buona fetta del loro capitale in buoni del Tesoro (garantiti dallo stato), sottraendolo così i capitali agli investimenti. Che detto in altre parole è una rendita parassitaria. 

 La svalutazione, della lira sulle valute europee tocca nel corso dell'anno circa il 20 per cento. E favorisce solo le poche grandi industrie che esportano, ed è una manna per gli esportatori di capitali all'estero che così sono premiati; soprattutto coloro che lo hanno fatto nei precedenti mesi generando mancanza la liquidità nelle banche, già in crisi per la concorrenza che fa loro lo Stato nel drenare il risparmio privato con le obbligazioni che sono più attraenti, quindi in forte concorrenza.

Con le diverse restrizioni sui consumi e la liquidità bancaria, il governo (se governo si può ancora chiamare) riesce così a comprimere i consumi stessi e il credito. Lo fa con il metodo più banale. Mette nuove imposte dirette, aumenta tariffe pubbliche, attua una forte stretta creditizia, inasprisce le misure fiscali anticonsumi, s'inventa la "gabella" 'una tantum su macchine, case, moto, barche ecc. e prende tanti altri strani e ridicoli provvedimenti   alcuni dei quali si riveleranno essere delle vere farse che faranno ridere i veri esportatori di miliardi e quelli che godono impunemente di corsie privilegiate per i "finanziamenti a pioggia" (e ridono ancora di più sapendo che le nuove entrate alimentano la "pioggia").

 Al turista italiano che si reca all'estero, sono imposte restrizioni valutarie con un tetto massimo appena sufficiente per un paio di giorni di soggiorno. Questo - si afferma - per non esportare capitali. (Le ridicole lirette del turista!! Mentre prendono il volo i miliardi a pacchi)

Qualcuno poi, rispolvera una legge medioevale e sottopone a chi importa dall'estero, un  deposito vincolato del 50% del valore della merce. Una pazzia che fa schizzare alle stelle pure i prezzi di quel poco che si produceva in Italia. Naturalmente i Paesi della CEE si fanno sentire, e criticano aspramente i provvedimenti italiani, che alcuni considerano come un tradimento dei patti, e accusano l'Italia di essere ritornata al tempo dei Comuni, di triste memoria medievale. All'autarchia del villaggio!

Furono dunque fatte solo su queste strade le scelte del governo e delle autorità monetarie italiane per la deflazione. Strade improvvisate, percorse con tanta superficialità, persino al buio e senza conoscerle, e in molti casi sono strade indicate dai forti poteri delle lobby sempre più condizionanti. E si scopre subito che è così, quando scoppia un grande scandalo già a febbraio.

 A FEBBRAIO mentre il CIP sta riunendosi per varare altri aumenti dei generi alimentari (!!!!) e per la seconda volta sta aumentando il prezzo della benzina, scoppia la "Truffa dei petroli".
Gli italiani scoprono che gli aumenti non erano giustificati, e che ungendo con trenta miliardi di "bustarelle" i funzionari ministeriali e alcuni uomini politici, i petrolieri sono riusciti nel loro intento; a far andare a piedi gli italiani e nello stesso tempo mettersi nelle tasche montagne di soldi.
Insomma hanno fornito dati falsi per ottenere l'aumento della benzina. In pratica se il semplice greggio era aumentato del 50%, loro hanno esteso il 50% al prezzo finale sulla benzina (quindi comprensivo delle imposte che sono l'80%). Il gioco era semplice: la benzina costava 200 lire, 160 erano tasse, mentre il carburante costava 40, che aumentato del 50% passava a 60 lire, totale 220 lire. Invece il 50% lo si applicò sulle 200 lire intere, portando così la benzina a 300 lire. In pratica si era aumentato l'effettivo costo del carburante del 250%. (altro che "sporchi arabi", i veri beduini l'Italia li aveva in casa. (vedi giornale dell'epoca).
Un gioco sporco che non poteva non essere concordato se non con il governo, che, solo dopo che qualcuno aveva fatto i conti in tasca ai petrolieri, si è scandalizzato nello scoprirlo e si è messo a correre ai ripari; a chiudere la stalla a buoi scappati.

Infatti il disastro è già accaduto, tanti provvedimenti che non si dovevano prendere hanno già causato danni gravissimi, enormi a tutta l'economia: con l'alto costo dell'energia e a tutto l'indotto delle attività legate alla mobilità delle persone (tempo libero, turismo ecc.).

 Si verificano così due gravi fenomeni: nella grande industria dei beni durevoli non si produce più per la compressione delle vendite, mentre nella piccola in quella dei beni di consumo -ora indispensabile e necessaria per soddisfare il mercato interno- dopo gli alti costi energetici e le limitazioni delle importazioni (i depositi in contanti), viene anche strangolata dalla stretta creditizia con il conseguente rallentamento della produzione dei beni stessi. Quella automobilistica poi, e il relativo indotto, va a creare una forte recessione su tutto il comparto metalmeccanico del triangolo industriale con effetti paralizzanti. In settembre, si tocca il fondo, come vedremo nella cronologia dei fatti, dove la Fiat rischia la chiusura totale.

 Nella sua globalità tutta la classe politica è incapace (salvo pensare ad una diabolica collusione- vedi i petroli) di comprendere la nuova crisi; che è forse molto complessa sugli equilibri monetari, ma non su quella del mercato interno che essendo davanti al naso era impossibile non vedere.

Il cieco governo con le sue (intercambiabili) alleanze di governo  così poco omogenee e per troppi brevi periodi dentro la "stanza dei bottoni", seguita indiscriminatamente a finanziare con il denaro pubblico imprese non produttive e quelle che si rivelano (fin da subito) fuori mercato (vedi chimica e siderurgia) ma che una volta create con il sistema  clientelare  servono solo ad alimentare un assistenzialismo che in certi casi è totalmente parassitario, difficile ormai da eliminare o limitare.
Confesseranno più tardi alcuni manager di aziende pubbliche: "Chiudevamo sempre ogni vertenza con i sindacati assumendo decine e centinaia di dipendenti che non servivano a nulla, ma solo per accontentare il sindacato, e noi per non avere problemi".

 Ma tutto questo è il male minore. Per distribuire questi finanziamenti agli innumerevoli carrozzoni privilegiati, oltre a dover far fronte alla spesa pubblica con quel poco che ha in cassa per fare questi sprechi di massa, lo Stato continua  a far debiti in un modo perverso.
Ricorre frequentemente all'emissione di obbligazioni a tassi così allettanti che riesce a drenare buona parte del risparmio privato. Fa così quindi mancare la liquidità bancaria, provoca l'aumento dei tassi passivi, e riesce in breve tempo a mettere tutto il sistema produttivo e creditizio  in crisi, causando   un deterioramento nei rapporti tra la forza sindacale e le aziende private, e infine con gli stessi lavoratori.

Il sindacato commette due grossi errori: Guarda alle erogazioni pubbliche e le confonde come interventi sociali e non si accorge che questi aiuti non sono per nulla mirati nei settori ora più importanti, ma arrivano solo a quelle aziende che non producono nulla ma vivacchiano solo con i soldi pubblici, in piena  abulia;  l'unica energia e abilità che hanno gli spregiudicati  manager è solo quella di essere capaci a muoversi nei labirinti delle (clientelari) leggi che hanno mille rivoli per alimentare le proprie casse.
Il secondo errore è quello di credere di poter ottenere gli stessi facili successi nelle aziende private, che non fanno i "missionari"  devono invece fare i conti non solo con i mancati profitti ma con la competitività, e ogni aumento del costo del lavoro cade sul prezzo finale. Qualsiasi tassa aggiuntiva paralizza un settore, anche quello che produce beni di consumo necessari e indispensabili.
Con il doppio nefasto effetto: fa mancare i prodotti (che salgono di prezzo) e causa disoccupazione.

E' bastata l'una tantum sulle semplici "500", sulle utilitarie della Fiat, per paralizzare l'intero mercato. Ai maggiori costi del lavoro si è aggiunta la tassa (l'una tantum) e l'aumento della benzina, che ha provocato un ulteriore disastro. Non ai ricchi, ma ai poveri.

Non così all'Alfa Romeo (dello Stato, classico esempio di sprechi), dove qualcuno fa i conti ai bilanci Iri: l'auto prodotta è venduta al pubblico due milioni, ma allo Stato costa quattro. Anche qui c'è la beffa, essendo un'auto per ricchi a pagare la differenza, visto che è un'azienda pubblica che si nutre di soldi dello stato, sono i poveri che quelle macchine non acquistano di certo, ma che paradossalmente però finanziano pagando ora più cari i servizi, pagando più tasse indirette, dover sborsare soldi (una tantum) per quello che hanno già acquistato.

 La soddisfazione delle conquiste sindacali, infatti, nel mondo dei lavoratori è di breve durata. Presi da una parte dall'alto costo della vita e dall'altra nel vedere che nulla si è fatto per soddisfare la domanda sociale in materia di case, di sanità, di trasporti pubblici, e che ogni piano d'investimento su questi settori inevitabilmente sono stati sempre rimandati, i lavoratori provocano un travaglio nelle stesse forze sindacali che si stanno ora interrogando quali linea scegliere.

Se nel pubblico impiego e nelle industrie pubbliche si sono strappate concessioni facili e in quelle private per ottenerle si è ricorsi a duri scontri, entrambe le "conquiste" si sono pagate a caro prezzo  nell'arco di pochi mesi. Una parte del sindacato vuole rivedere le strategie della lotta, ridiscuterle.
Quando l'inflazione inizia e innescare la spirale che vanifica ogni conquista, anche chi non capisce nulla d'economia ha compreso sulla propria pelle che così non si può più procedere, ogni conquista diventa solo un toppa che spesso è più piccola del buco.

Dalla fine della guerra l'Italia non aveva più conosciuto inflazioni a livello di certi paesi sudamericani. Nel corso di dodici mesi balza quasi al 20 per cento, sull'intero costo della vita, quello contemplato nella scala mobile (il famoso paniere fatto su misura per un poveretto però; esiste ancora nel paniere il carbone e le sigarette Nazionali che non usano nemmeno i barboni dell'ospizio, e si parla di sapone da bucato che nemmeno le nonne negli sperduti villaggi di montagna usano più), mentre in certi settori, ormai diventati portanti nella società dei consumi gli aumenti sfiorano il 40 per cento, e alcuni beni non necessariamente di lusso anche il 60 per cento (la carne in pochi mesi sale dalle 2400 lire al kg a 4800 il 100%, lo zucchero dalle 260 a 520 il 100% e non si trova) perché le importazioni sono bloccate con vincoli (deposito del 50%) che solo le aziende a grande concentrazione di capitale si possono permettere d'importare (basti pensare alle migliaia di tonnellate di carne - il piccolo importatore doveva anticipare il 50% della somma; dove la prendeva una tale liquidità? E se al limite la prendeva in banca doveva pagare il 30% ,e se aveva garanzie immobiliari.
Lo zucchero: (in una Italia che non era nemmeno capace di produrre barbabietola) "ma perchè importarlo? - si disse fra sè il monopolista produttore-  quel poco che abbiamo vendiamolo il doppio, così - pur essendoci calo di consumi - i profitti sono maggiori di prima".

Dopo oltre trent'anni, l'Italia scopre o riscopre la produzione autarchica, ma non siamo questa volta alle Sanzioni imposte dagli altri Paesi. L'Italia si è messa le barriere doganali da sola, come ai tempi delle Zollerverein tedesche del '600. Soltanto che quelle barriere furono messe non per diminuire la ricchezza né per conservare la propria debolezza industriale ma semmai per rafforzarla, non come in Italia per distruggerla o impedire di farla nascere .
Una Italia carente ora, perfino nella produzione agricola e zootecnica (quindi alimentare) in un Paese che fino a ieri era a vocazione contadina con a disposizione terre fertili, che in questo 1974 ormai sono ridotte a sterpaglie, abbandonate ad un vecchio contadino intento a coltivare qualche cespo d'insalata in terreni grandi come un orto o ad allevare un pollo nel cortile. Ma non solo nel Sud, anche nella stessa pianura Padana, in Lombardia, nel Veneto.
Agli allevatori, ai produttori di latte, si preferisce con le sovvenzioni pagare il latte il doppio di quanto costerebbe farlo venire dalla Germania, ma non si spende una lira per formare grandi consorzi, grande cooperative, erogare finanziamenti per le attrezzature.

Per fortuna gli italiani non sono più quelli degli anni Trenta, il paese è mutato, e i piccoli artigiani, gli ex operai, i nuovi contadini, sfoderano tutta la loro creatività imprenditoriale, mettendo inizialmente tanto spirito di sacrificio e osando molto. Risultato: ottengono benefici propri e salvano l'Italia da due abissi dove si stava spingendo: uno, la bancarotta (l'Italia ha impegnato perfino le riserve auree), l'altro il pericolo di uno scontro sociale che non sappiamo fino a quali estreme conseguenze poteva arrivare se in soccorso non interveniva il sommerso, il " fai da te", la Terza Italia, gli stacanovisti dello scantinato, e infine il contadino per far ripartire quella produzione che era stata sacrificata sull'altare dell'efficientismo della grande mega industria votata ai beni opulenti che si stanno ora però rivelando inutili. (ora dicono che non sono necessari, e che per muoversi si può andare a piedi, che è anche bello e salutare. Lo dicono ora! Gli ipocriti! )

Erano beni che gli italiani quest'anno si rendono conto -e per la prima volta, dopo averli tanto desiderati- essere stridenti "patacche" messe di traverso come sbarre nel percorso dell'esistenza quotidiana;  è frustrante avere l'auto sotto casa ferma e poi a piedi andare a caccia di una bottega che ha un semplice chilo di zucchero in vendita (facendo la coda) diventato più prezioso dell'auto stessa.

 Insomma un brutto risveglio! Per fortuna senza traumi. L'italiano si rimbocca le maniche e parte a razzo verso l'autosufficienza;  in breve tempo il piccolo artigiano, sarto, calzolaio, panettiere, fabbro, falegname (che tutti hanno all'angolo) si può permettere con la sua bravura, la qualità e la creatività, di spiccare "il salto". In pochi anni correndo ormai per inerzia, creando prodotti nuovissimi, il piccolo artigiano  addirittura inizierà perfino ad esportare i suoi prodotti all'estero. Bocciando tutti gli economisti, ciechi, ignoranti, prezzolati e attaccati al carro dei più impensabili e osceni compromessi.

 Gli unici a non soffrire  questa situazione (che durerà fino a quando ci sarà l'ultimo spicciolo in cassa, e nel governo l'ultimo incapace), gli unici a sguazzare dentro un mare di denaro pubblico sono i settori che assorbono ingenti investimenti per salvataggi camuffati come "interventi per la salvaguardia dell'occupazione"; sono quelle megastrutture industriali che ricevono finanziamenti con denaro che l'Italia con le scarse entrate non ha nemmeno in cassa, e lo chiede quest'anno in prestito al Fondo monetario (un miliardo e 200 milioni di dollari - il 10 aprile) per continuare a sovvenzionare progetti faraonici che presto si riveleranno inutili e fuori d'ogni logica.

 Queste folli priorità ancora quest'anno fanno passare in secondo piano tutti quei numerosi problemi quotidiani dove invece si dibattono le piccole imprese, visto che il governo sembra non interessarsi alla produzione mirata a soddisfare la domanda di prodotti di prima necessità, ne' gli interessa l'occupazione reale, quella manifatturiera che veramente produce qualcosa di utile e necessario alla nuova società consumistica e che il distorto sistema di sviluppo ha del resto creato e promosso nei precedenti anni ignorando tutti gli altri aspetti economici collaterali, compresi quelli sociali.
Il danno nelle piccole province non era solo quello economico con l ' immiserimento territoriale, ma anche quello della sottrazione delle risorse umane che immiseriva ancora di più il territorio.
In questo '74 nel tratto Vicenza-Verona e dintorni (in quella fertile pianura dove oggi sorgono splendidi vigneti) c'erano i cartelli "zona depressa", "terreni in vendita con attività agricole sovvenzionate" come se si trattasse di aride zone dell'Africa!
Un mio conoscente, impresario edile, in questa zona ha acquistato 100 ettari per una papata di tabacco, più gli hanno fornito tutto l'impianto di una viticultura. (che hanno pagato gli italiani !!!).

L'Italia ha fabbricato auto ma non ha la benzina, fa lavatrici ma non ha detersivi, belle cucine economiche ma non ha la carne da cuocervi sopra, autostrade ma non ospedali, non case, asili, scuole, servizi, trasporti; ha le campagne ma non ha i trattori, e i contadini li ha del tutto dimenticati, anzi  li ha trascinati in fabbrica a fare auto, moto, lavatrici, cucine, che adesso sono tutte ferme.
Queste folli priorità sono state promosse dai governi che si sono succeduti solo per motivi clientelari, parassitari, elettoralistici che hanno portato solo voti alle proprie correnti.

Sembra che nessuno abbia tenuto conto e messo in programma qualcosa con una visione più globale e strategica.  Le  menti che si definiscono economisti dell'"età moderna" industriale, hanno del tutto ignorato la domanda dei beni essenziali, come quelli alimentari e quelli che sono ora sì del tipo "consumistici" ma che sono ormai diventati quasi necessari nella vita quotidiana.

Perfino il contadino più ignorante non alleva dieci vacche se non ha terreno sufficiente per fare il fieno, né può perennemente ogni anno chiederlo in prestito al suo vicino, perché dopo alcuni anni il debito supera il valore delle vacche che possiede. Questa é l'economia spiccia di un bifolco, che con la sua "teoria economica" si dimostra più intelligente di tanti economisti  accanto ai governanti che hanno guidato il paese in questi anni.

Che beffa! Hanno sollecitato per due decenni l'acquisto di un auto. Che è ora ferma, paralizzando tutto il settore, l'indotto e tutte quelle attività terziarie che il tempo libero ha fatto nascere con la mobilità. E cosa leggi sui giornali? che hanno scoperto che tutto questo settore parallelo non è piccolo. Che assorbiva tanta manodopera. Che produceva reddito. Ma che scoperta! La "Beppa" con la sua trattoria fuori porta (ora deserta)  lo sapeva bene che era così! Non ci voleva mica un economista per capirlo!

Scendiamo alle piccole necessità quotidiane, i consumatori hanno scoperto da pochi anni l'uso dei prodotti della casa, per la lavatrice, per il bagno, la cucina, i pavimenti, la persona, ecc. eppure non esistono in Italia delle grandi aziende capaci di soddisfare questo mercato; neppure con il semplice e banale detersivo, la saponetta, la carta igienica ecc.
In pochi anni mentre l'Italia finanzia le grandi cattedrali chimiche di base, regala l'intero colossale mercato a due ditte estere; una americana e l'altra tedesca, la Procter (Dash ecc) e l'Henkel (Dixan ecc.). Un mercato enorme che presto si rivelerà interessante, remunerativo, di consumo e così gigantesco pari a quell'alimentare, perfino a quello automobilistico, di dieci volte superiore a quello dell'elettrodomestico bianco.
La strategia di questi colonizzatori era molto semplice: era quella di Gillette. "Cari collaboratori, il profitto non lo si ricava nel vendere il rasoio una volta o due all'anno, ma nel vendere le lamette che vanno dentro il rasoio tutti i giorni per anni e anni".

Il fenomeno quindi non era nuovo, era già una realtà cento anni prima in America, quindi non c'era da inventarsi nulla, ma solo osservare. Purtroppo c'era la cecità, e si sono buttati al vento dieci anni di sviluppo per non aver capito come dentro le case stavano vivendo gli italiani. Non osservando nemmeno la propria casa, cosa acquistava la moglie o la serva alle botteghe. Purtroppo c'erano ancora nel Palazzo quelli nati nel 1891, e i loro "nipotini" guardavano a est, all'Albania, ma intanto si vestivano da Fiorucci.

PASSIAMO ORA ALLA CRONOLOGIA DEI FATTI

CHE NON SONO SOLO QUELLI RACCONTATI SOPRA MA CI SONO ANCHE QUELLI CHE HANNO SCONVOLTO QUEST'ANNO L'ITALIA: IL TERRORISMO, LE STRAGI, GLI SCIOPERI SELVAGGI, LA TENSIONE SUL REFERENDUM, LE BARUFFE POLITICHE, IL CROLLO DELLA BORSA.

TERMINERA' L'ANNO CON UNA SCHIARITA SULL'ECONOMIA, CHE MORO AFFIANCATO A LA MALFA RIUSCIRA' A OTTENERE, QUANDO ORMAI NON CI SPERAVA PIU' NESSUNO,

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