ANNO 1975

CRONOLOGIA DELL'ANNO ( 2a PARTE )

 

La scena in questo mese di giugno è dominata dalle elezioni amministrative.
Tutta la metà del mese di giugno ha visto quella parte di italiani  che fanno e vivono di politica, dentro il loro terriorio è angosciata da un forte stato d'ansia. Nell'aria c'è la "sindrome della trombatura".
Le elezioni amministrative del 15 e 16 di questo mese sono Regionali, Provinciali e Comunali, che significa una montagna di poltrone e quindi un "esercito"   in angosciosa  attesa per il timore di perderle.
Sono passati tre anni dalle ultime elezioni politiche ( 1972 ) e molti pensano che i risultati, anche se non andranno a modificare il Parlamento, oltre a stravolgere i poteri locali condizioneranno sia il Palazzo sia le prossime elezioni politiche non molto lontane.
Dopo gli eventi che abbiamo letto negli scorsi mesi, come il "compromesso storico", le proposte di "democrazia consociativa", i fatti in Portogallo, i socialisti in ribellione,  la crisi economica, gli scandali di corruzione di alcuni democristiani, e infine la nuova escalation del terrorismo,  queste elezioni assumono una importanza che molti ritengono decisiva per il Paese, quindi c'é  grande attesa per i risultati, che nessun osservatore è in grado di anticipare.
Per via del terrorismo "nero" qualcuno immagina la destra perdente mentre   per quello definito "rosso" un esito catastrofico per il PCI nonostante le buone intenzioni di Berlinguer.
Mentre nelle file dei democristiani  per gli scandali sulla corruzione che questa volta ha toccato i vertici é prevista una forte perdita di voti.  
Invece ostinatamente credendo di non aver nulla da rimproverarsi, i vecchi vertici dei socialisti pur chiudendo porte  e finestre al centro e ai comunisti, restano arrogantemente ottimisti. Ma non certo un nutrito gruppo detto dei "quarantenni".
Inoltre, per  la prima volta in Italia, votano  i giovani diciottenni. Vuol dire tre consistenti classi anagrafiche, quindi un considerevole numero di elettori di cui ben pochi conoscono le tendenze politiche.  Dubbi che angosciano questa volta non pochi partiti, anche se nella sinistra si é quasi certi che nel PCI saranno proprio i giovani a dare un contributo essenziale.
A queste elezioni, come mai in passato, ci sono numerose schiere di coloro che vivono di sola politica in seconda,  in terza e in quarta fila, una marea di personaggi nei consigli, nelle giunte regionali, provinciali, comunali, negli enti locali, nelle banche e in ogni buco istituzionale, che temono la trombatura (proprio nel momento in cui si aumentano le poltrone da spartire e iniziano ad arrivare imponenti finanziamenti).
Mentre un altrettanto gregge di opachi personaggi, di faccendieri, di portaborse molto simili ai primi, stanno aspettando la caduta dei primi, aspettano impazienti il loro turno, il loro momento gratificante, pronti a fare gli apprendisti-padroni in quelle piccole patrie "stataliste" che verranno a loro affidate da chi a Roma é seduto nella poltrona giusta su decisione delle segreterie nazionali dei partiti  per creare nei propri seggi quella bassa clientela elettorale che da Roma non è difficile accontentare, visto che dal primo governo Andreotti, la presidenza del Consiglio controlla tramite il Ragioniere Generale dello Stato (diventato capo di gabinetto del Presidente)  tutto l'impiego della spesa pubblica.
Seguiteremo a chiamarlo presidente del Consiglio, ma in effetti il premier è, da Andreotti, Moro e Rumor in avanti, un "capo" di governo con una influenza enorme sulle decisioni della spesa dello Stato centrale, verso quello che da alcuni anni già si chiama il "Secondo Stato" e che rarissimi criteri di imparzialità ne ha permesso la nascita dopo la legge n. 104 del  1968. 
Una legge pateracchio. Le Regioni nacquero, ma erano prive di autonomia nel procurarsi le proprie risorse, non avevano cioè la facoltà impositiva e quindi per la gestione delle spese locali (e degli stipendi di una miriade di inutili soggetti clientelari ad ogni livello) i denari sempre a Roma dovevano chiederli, quindi una autonomia che al lato pratico era sempre condizionata al potere centrale, ai vari ministeri, quindi ai politici potenti. Si è fatto così quello che si è voluto, e chi è stato più bravo e più furbo, nella sua regione nella sua città ha fatto piovere con tante motivate priorità, finanziamenti  o mirati decreti legge. (magari per l'incremento della produzione del Lupino o del Carciofo doc)
Rispetto a prima, c'è però quest'anno aria di consociativismo, e gli ambigui intrecci per scambiarsi favori tra  maggioranza e opposizione sfuggono questa volta ad ogni logica precedente. Pochi sanno in periferia i "giochi" e i "compromessi" fatti a Roma.
Il "gregge locale" (tutte le federazioni provinciali - tutti uomini da accontentare per mantenere in piedi le strutture) è quindi condizionato pesantemente da ciò che si  decide nelle segreterie nazionali, e da quelle dipendono; che sono poi due: DC e ora anche il PCI (che come organizzazione periferica è perfino superiore alla DC): e in caso di bisogno anche tre: il PSI, come a Milano, o come in tre regioni del centro, dove De Martino a Roma litiga e pesta i piedi su tutto, fa tanta scena, ma poi nelle giunte regionali scende ai soliti patti contingenti, sia con la DC sia col PCI. Salvo poi ripensarci e far dimettere tutti a un suo cenno.
Sembra che dentro i partiti, i più forti, abbiano rinunciato a governare la società civile dello Stato Italia  e  preferiscono occuparsi solo dell'orticello che hanno nel "suol natio", il "Secondo Stato".
E quest'anno con una novità: ci sono anche i comunisti, che non hanno nulla da temere dalle crociate fanfaniane, c'è Moro ad averli affrancati! Dentro la DC ci sono ruoli e iniziative di uno schieramento di sinistra, che poi, subito dopo le elezioni, nella notte del 25 luglio, al più sofferto consiglio della DC dal dopoguerra, diventerà esplodente.
 Una notte che rievoca un altro drammatico "25 Luglio"! (la leggeremo il prossimo mese)
Ed eccoci dunque a queste tanto attese e temute elezioni:

IL RISULTATO A URNE CHIUSE, segna il più grande successo della sinistra dalla Liberazione. La situazione politica è profondamente cambiata e si apre una nuova fase. Il PCI nelle 15 regioni guadagna il 5,2 rispetto alle politiche del '72 (5,6 rispetto alle regionali del '70) ed è il primo partito nei   capoluoghi di regione: Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Venezia, Perugia, Cagliari, Ancona, Napoli. Giunte  di sinistra si formano in cinque regioni.

IN TOTALE: (politiche del '72 in parentesi)

DC 35,2 % (38,4) - PCI 33,5 (28,3) - PSI 12 (9,8) - PSDI 5,6 (5,2)
PRI 3,2 (2,9) - PLI 2,5 (3,9) - MSI-DN 6,4 (8,1)

La disputa tra la DC e il PCI nelle singole regioni:

In Piemonte il PCI ottiene il 33,9% contro il 32,1 DC
In Liguria il 38,4 contro il 30,4
In Emilia Romagna il 48,3 contro il 25,3
In Toscana il 46,5 contro 28,5
In Umbria 46,1 contro il 27,6
Nel Lazio 33,5 contro 31,5
(a Roma 35% contro 28,2)

La DC conserva nel Veneto il 48,0 % contro il 22,8 del PCI
(ma perde la maggioranza assoluta dei voti)
in Lombardia con il 37,5 contro il 30,4
in Abruzzo con il 42,5 contro il 30,3
nel Molise con il 50,0 contro il 17,9
In Campania con il 36,7 contro il 27,1
in Basilicata 41,8 contro il 27,1
in Puglia con il 39,2 contro il 28,5
in Calabria con il 39,5 contro il 25,2
Solo nelle Marche i due partiti hanno le stesse percentuali 36,5 la DC , 36,9 il PCI.

Berlinguer può cantare vittoria, mentre  Fanfani che ha condotto fino all'ultimo una campagna elettorale con spirito da crociata, deve ora pagare il conto dentro la DC. Moro non perdona, anche se molti democristiani non perdonano nemmeno lui, anzi lo ritengono il primo responsabile di questa clamorosa sconfitta, ed é  lui ormai il nemico numero uno dei democristiani-cattolici (quelli vicini e dentro la Chiesa), un nemico della destra, e paradossalmente un nemico anche per gli estremisti della sinistra (Le BR in particolare) che non gli perdonano di aver trasformato Berlinguer in un "collaborazionista" dentro il "suo" Stato imperialista. (vedi i comunicati delle BR durante la prigionia di Moro- anno 1978)

ALTRI FATTI
5 GIUGNO - Un commando delle Brigate Rosse sequestra l'industriale   piemontese VITTORIO VALLERINO GANCIA. Il puro scrupolo di quattro carabinieri in perlustrazione nelle campagne di Acqui porta a sole ventiquattr'ore dal sequestro alla scoperta di una cascina dove è tenuto prigioniero l'industriale e di conseguenza a uno scontro a fuoco con i brigatisti. Nel conflitto muore un carabiniere colpito da lanci di bombe a mano Srcm, mentre un altro é gravemente ferito nel conflitto a fuoco incrociato di sventagliate di Sten e di Mab tra brigatisti e i quattro sfortunati rappresentanti dell'ordine. E' liberato Gancia, e oltre ai due carabinieri colpiti, resta uccisa una donna che risulterà poi essere la trentina Margherita Cagol, compagna di Renato Curcio che proprio il 18 febbraio (vedi) era stato fatto evadere da un commando delle BR dal carcere della vicina Casale Monferrato. Quindi non viene per nulla escluso dagli inquirenti che uno dei due che hanno sparato e sono poi riusciti a fuggire nei boschi, sia proprio il capo delle BR.

13 GIUGNO - Fatto sconcertante di sangue a Reggio Emilia a due  giorni dalle elezioni. Muore assassinato un giovane militante di Lotta Continua, ALCESTE CAMPANILE. Le immediate reazioni sono quelle di attribuire al gruppo di neofascisti il proditorio attentato, ma in seguito si accerteranno  le responsabilità di alcuni appartenenti  ai nuclei di Autonomia Operaia. Sono le prime avvisaglie di quanto abbiamo già anticipato a maggio: in atto le diverse vedute di come condurre la lotta estrema, fino al punto di distruggersi reciprocamente; una implosione della "rivoluzione".

27 GIUGNO - Un cambio della guardia, dopo gli infelici risultati alle elezioni, anche dentro il PSDI, dove alla segreteria  a occupare la poltrona di FLAVIO ORLANDI è mandato MARIO TANASSI, mentre SARAGAT é eletto presidente del partito. Ma già girano voci che il nuovo segretario é anche lui coinvolto nello scandalo Lockheed, come ministro della difesa, per aver avallato l'acquisto di aerei militari Hercules all'azienda americana. La stessa impresa ammetterà in febbraio, che per vendere gli aerei militari, ha corrotto e pagato ingenti somme a uomini politici. I nomi che seguitano a circolare sui giornali sono quelli di MARIANO RUMOR, LUIGI GUI e MARIO TANASSI, che il 30 novembre del prossimo anno saranno messi sotto accusa per corruzione dalla commissione inquirente presieduta da MINO MARTINAZZOLI.

12 LUGLIO - BERLINGUER  sta godendosi il successo, per il momento con il risultato dei voti, più che con delle precise indicazioni di come intervenire a sanare i mali del Paese. A Livorno incontra il suo collega spagnolo CARRILLO e a Roma il 15 - mentre il comunista DIEGO NOVELLI    a Torino e MAURIZIO VALENZI a Napoli sono eletti sindaci - incontra il suo collega francese MARCHAIS. In entrambi i discorsi parla del successo, parla di eurocomunismo, di "una fase superiore della democrazia", di pluralismo, e di alternanze al governo con maggioranze diverse, e di tanti  programmi governativi;   nuovi modelli di sviluppo e modi  di governare,  ma  manca di realismo. Allo stato delle cose non solo il PCI può fare qualcosa, ma nemmeno la stessa DC, entrambi fanno demagogia, perchè ormai gli apparati che sono stati creati (o si sono creati da se nei continui vuoti di potere - basti pensare al vertice delle grandi imprese pubbliche  - Cefis e C.) non sono più disponibili a una restaurazione. Non vogliono modificare un bel nulla. Sollecitati a operare in tal senso, hanno perfino   abbandonato i più delicati e importanti settori dello Stato e sono passati dall'altra parte della barricata. Prima erano proprio questi soggetti, inventandosi e ricorrendo al facile debito pubblico a tenere sulla corda (con finanziamenti delle banche o commesse pubbliche) l'imprenditoria privata. Ora a casse dello Stato vuote, abbiamo visto uscire Cefis, e lo ritroviamo quest'anno vice della Confindustria accanto ad Agnelli e Pirelli, e fra pochi giorni il 18 agosto  uscirà CARLI, il governatore della Banca d'Italia, che si sta preparando a sostituire Agnelli. Per la prima volta un non industriale  a guidare la Confindustria. E' un clamoroso ribaltamento di ruoli che Carli aveva già motivato nel luglio dello scorso anno. "In Italia manca un grande progetto economico preparato da governo, imprese, sindacato; anzi non vedo nemmeno un piccolo progetto".
(Le dimissioni di Carli le leggeremo in 18 agosto)

25- 26 LUGLIO - FANFANI (già fortemente contestato dal movimento giovanile della DC -   il 25 febbraio ne ha sciolto il movimento) è ora, dopo le elezioni, in serie difficoltà dentro la segreteria democristiana. 
Emergente (o meglio da far emergere) c'é il nuovo pupillo di Moro, BENIGNO ZACCAGNINI che   toglie a Fanfani la poltrona della segreteria della DC, anche se solo con 92 voti a favore,   mentre 72 sono le schede bianche e 11 i voti dispersi.
I numeri evidenziano il disagio all'interno della DC, e il titolo del giornale nell'immagine di sopra è abbastanza esplicito..."Dopo la drammatica elezione di stanotte...". (fu drammatica!!)

ZACCAGNINI ha avuto i voti dei fanfaniani, dei morotei, degli amici di Colombo e delle due correnti di sinistra, mentre i dorotei e gli andreottiani hanno votato scheda bianca.

BISAGLIA (Basista) commenta "Abbiamo votato scheda bianca perchè siamo rispettosi della maggioranza. (!?)  Bisognerà avere il coraggio di andare in minoranza". Più chiaro di così non si può essere!
DONAT CATTIN (Forze Nuove)  "Abbiamo votato per Zaccagnini, come i morotei, i basisti, e i fanfaniani (!). Ma è preoccupante  la spaccatura verticale dentro il partito".

"L'uomo giusto nel modo peggiore..." - è l'occhiello sopra di Lino Rizzi - "...uscito da un formicaio impazzito a cui si é ridotto per lunghissime ore il falansterio, i brutali violenti colpi di coda di un sistema fatiscente come quello delle correnti, la stanza di compensazione dei ricatti e dei veti in cui si é via via trasformata la trafila delle trattative e dei patteggiamenti, che costituiscono una nuova pagina da dimenticare e da far dimenticare ad un Paese giustamente sbigottito e scandalizzato di fronte alla protervia di metodi inaccettabili e alla tenacia di comportamenti inqualificabili" - "abbiamo visto assurdamente allineati sulle stesse posizioni le sinistre e i fanfaniani, e i dorotei confinati  a minoranza;   questa corrente che sull'arroganza dei numeri  hanno avuto il grosso torto di adagiarsi sulla legge del "più forte"...."Ma era la notte del 25 LUGLIO, che la bizzarria del calendario é andata caricando di richiami ossessivi e di evocazioni inquietanti".

Ad approvare il cambio della guardia troviamo anche i socialisti. MANCA (demartiniano) commenta:  "Zaccagnini è di alta levatura morale e politica, ma non può far passare sotto silenzio che la DC è tuttora paralizzata da una crisi, dall'incapacità di scegliere una linea politica idonea a rispondere al voto del 15 giugno. Emerge ora una contradditorietà dello schieramento, anche se va sottolineato il ruolo positivo e di iniziative  che sembrano aver ritrovato le sinistre DC".

Anche se Zaccagnini é  per tutti l'onesto Zac, l'ex partigiano, l'uomo dalle mani nette e di alta levatura morale, ha una scarsa abilità manovriera, ha poca disilvoltura. Rispetto ai suoi colleghi ha meno spregiudicatezza. Dentro il partito si sta infatti formando una nuova generazione di dirigenti,  che sia gli avversari interni sia quelli esterni soprannomineranno "la banda dei quattro": GUIDO BODRATO, GIOVANNI GALLONI, CIRIACO DE MITA. In contrapposizione l'altro schieramento dove sta emergendo quello che un tempo era stato ritenuto il delfino di Fanfani e suo successore in pectore, ARNALDO FORLANI, ma in molti non gli riconoscono nemmeno lontanamente quell'autorità e quel prestigio che ha (e avrà sempre) Fanfani anche quando non occupa nessuna carica. Non per nulla si scrive in questa circostanza  che "nonostante sia stato silurato in questa elezione-rissa,   il "meno defenestrato" appare proprio lui, Fanfani".
(Alle scene del processo Cusani, negli anni '90 a quello spettacolo a cui tutti gli italiani assistettero, Fanfani alquanto amareggiato, nel vedere alcuni che si difendevano come dei ragazzini che hanno rubato la marmellata, perfino sbacando, senza minimizzare, ha commentato in un modo molto lapidario:  "La nostra colpa  é quella di avere allevato troppi mediocri")

Del resto lo stesso articolista citato sopra - Rizzi - concludeva l'articolo della traumatica elezione con "Dio rende folli coloro  che vuole perdere".

Infatti, il dopo elezioni va ancora peggio a RUMOR, la sua corrente dorotea non solo va a rotoli, ma i suoi due luogotenenti ANTONIO BISAGLIA e FLAMINIO PICCOLI, pongono in minoranza il vecchio leader. Un vero e proprio sgambetto, che è già iniziato da tempo nel collegio veneto. Bisaglia  non ha avuto riguardi per il suo maestro - il fondatore del potente gruppo doroteo (già da tempo allo sfascio e a pezzi) - ma ha invaso con la sua propaganda elettorale le roccaforti di Rumor, perfino nella sua Vicenza. Infatti, non disdegna di presentarsi negli istituti di monache, di preti e nelle varie canoniche, a distribuire i suoi "santini" e le sue "promesse". Un vero e proprio attacco irriguardoso (ma quella era del resto la "scuola") ai fianchi del potente capo corrente, che sta per essere travolto dallo scandalo Lockheed. Difeso in piazza per attenuare i danni, ma poi  all'interno del partito buttato a mare dai suoi stessi ex amici (sarà lui a confessarlo - "Mi telefonano tutti per dirmi - "sappiamo che sei innocente; mi dispiace"- tutto qui")

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18 AGOSTO - PAOLO BAFFI é il nuovo Governatore della Banca d'Italia. GUIDO CARLI lascia oggi l'incarico dopo che le sue dimissioni sono diventate  una macchinosa vicenda dentro la politica italiana. - Infatti, Zappulli, su Il Giornale, scrive: "Non gli hanno chiesto nè gli chiederanno di persona di spiegare  perchè se ne é andato, sono tutti presi nella zuffa per sostituirlo subito con un uomo del proprio partito o della propria corrente, come se la Banca d'Italia fosse l'Omni, la Regione Lazio o l'ultimo ente locale."

Un personaggio GUIDO CARLI che in quindici anni ha lasciato una profonda traccia nella storia del Paese. Da alcuni criticata, da altri idolatrata, e da altri  usata come riparo per non assumersi dirette responsabilità.
Un perenne e comodo "alibi" per i politici - quello del governatore  Carli -  quando si deve dire "no" ai finanziamenti degli avversari di partito o di corrente, tipo il "Tutto si potrebbe dare se egli vi consentisse". Insomma uno scaricabarile che ultimamente Carli non si è più prestato a fare.
Ma non é immune da responsabilità  lo stesso Carli;  il clientelismo del malgoverno che poi ha creato la degenerazione nella politica che ora lui rifiuta, l'ha favorito proprio lui.
Quell'ingigantimento del reddito fisso e quindi l'indebitamento dello Stato, lui ne è stato l'ispiratore e lui l'esecutore. L'allegra e permissiva finanza alle industrie pubbliche l'ha creata lui. Le svalutazioni per favorire alcuni comparti e non altri le ha proposte lui. L'accesso privilegiato al credito degli enti anche a spese dell'economia produttiva lo ha inventato, lo ha favorito e l'ha facilitato proprio Carli.

Il "Debito Pubblico" che diventerà poi un'allegra abitudine dei dilettanti della finanza pubblica al governo,  nasce nel 1963 con questa formula  di Carli: "Copertura con mezzi monetari dei fabbisogni di capitali per investimenti". (I Bot e le Obbligazioni).
Tutti gli italiani sanno dove sono andati a finire buona parte di questi investimenti: nel sottobosco clientelare e nelle grandi e faraoniche "cattedrali nel deserto". Il debito accumulato, sempre più enorme, non lo dimenticheranno nemmeno i pronipoti, visto che ci sono già i nipoti  in questo 2000 sommersi fino al collo in quella montagna di debiti lasciata in eredità da padri e nonni che negli anni Sessanta e Settanta restavano a casa con lo stipendio assicurato anche 7 anni di seguito, in cassa integrazione, perchè occupati  dentro un'allegra e disinvolta e protetta  azienda di Stato, ed infine poi andati in pensione con un abbuono di altri 7 anni; a soli 45 anni con meno di venti anni di lavoro si era in pensione a spese della collettività, per minimo 30 anni. (es. Lanerossi, Vicenza).
Il terno al lotto, era in questi anni Settanta, trovare un posto di lavoro in queste aziende sull'orlo del crak (dove con qualche raccomandazione si entrava) e dopo pochi mesi ci si trovava in cassa integrazione per anni e anni. (quindi ideale per trovarsi un'altra lavoro in nero).

  Ma a parte questo, fra le altre cose misteriose di Carli, non dimentichiamo nemmeno quella famosa sera del 16 luglio del 1964, del non tanto presunto Colpo di Stato del "Piano Solo", dov'era presente Segni, Moro e Rumor (allora uniti), e il tanto discusso generale De Lorenzo, con la sua lista di "enucleandi" da deportare in Sardegna con le sue tre divisioni dell'arma.
Presente quella sera c'era anche Guido Carli !!! . E fra gli "enucleandi" non c'erano solo i "rossi".

Non sapremo mai cosa ha indotto Carli ad abbandonare la Banca d'Italia in questi giorni. Le supposizioni su giornali autorevoli si sono sprecate. Quello che sappiamo già  in anticipo, é che guiderà d'ora in avanti l'industria privata, e sarà questa a tenere ora sulla corda i politici, e a riconquistarsi fra breve il management, e a far chiudere o a far fallire le grandi imprese di Stato, in sofferenza o perchè gestite da incompetenti, o peggio, da opportunisti.
Una cosa é scontata, Carli non é un semplice direttore dell'Omni, e conosce l'incapacità, la cecità e l'ignoranza dei politici, oltre che le loro "debolezze", visto che la politica ora, con il moltiplicarsi delle correnti,   inizia a costare, a costare molto.

Al cambio della guardia alla Banca d'Italia, ha assistito ANTONIO BISAGLIA, ministro delle Partecipazioni Statali. Prima delle ferie d'agosto ha subito voluto comunicare il suo riordino in gestazione. Cioè le nuove nomine ai vertici delle grandi aziende pubbliche. All' ENI, all'Efim, all'Ente Cinema, ecc, mentre si affretta a dire:  "...a molte altre, come all' IRI, ci penserò dopo le vacanze".
Il suo ex capo, Mariano Rumor é agli Esteri e lui ora dentro la stanza dei bottoni, la stanza che conta. LA MALFA(vice Pr.d.C.) con COLOMBO (al Tesoro), sta predisponendo un complesso di interventi "urgenti" di 3.500 miliardi, con canali di spesa più celeri (un pronto flusso di spesa) per la ripresa del ritmo produttivo (!?), denari che sono invece destinati, guarda un po',  in buona parte alle Regioni per finanziare opere di completamento (!?).

Naturalmente ricorrendo alla Cassa depositi e prestiti (senza fondo), visto che quest'anno il disavanzo della pubblica amministrazione è di 7.172 miliardi, mentre già per il prossimo 1976 il disavanzo di competenza previsto è di 11.515 miliardi. (equivalenti a 92 mila miliardi del 1998).
Nel 1970 il denaro pubblico indirizzato alle aziende era stato di 6 mila miliardi, in questo 1975, siamo già a 17.000 miliardi (equivalenti a 136 mila miliardi del 1998).

Ma iniziano ora, anche le appetitose dotazioni finanziarie per le Regioni, che il prossimo anno saranno 5.345 miliardi, e nel '78 raggiungeranno gli 8.312 miliardi.  Poi con l'istituzione del Servizio sanitario nazionale (23 Dic. '78, legge 833) il cui controllo é dei Comuni, la spesa salirà alle stelle.
I Comuni  provvederanno a creare 674  Unità sanitarie locali, le cui amministrazioni saranno subito popolate da un nuovo grande esercito di funzionari di ogni grado, e tutti uomini di partito, a cui bisogna  dare uno stipendio. Si utilizzano quindi i fondi destinati alle strutture e alle dotazioni a usi alquanto impropri.
I buoni propositi di efficienza cadono già sul nascere nella mediocrità di una classe dirigente  che fino al giorno prima era occupata nella piccola scrivania dell'azienda del gas, a fare l'assessore ai giardini pubblici, al traffico, o al macello comunale.

L'allegra finanza pubblica è appena cominciata. Ha appena iniziata la sua spirale verso il "buco nero".  Per pagare gli interessi inizia a utilizzare una buona parte delle nuove emissioni, poi arriverà fino al punto che le intere nuove emissioni saranno appena sufficienti per pagare gli   interessi delle emissioni precedenti. Un serpente che si morde la coda.
Un "buco nero" di cui gli italiani, ma nemmeno i migliori addetti,  non hanno la minima idea quando finirà.

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I MINIASSEGNI

Il fenomeno più curioso nella spesa degli italiani è dato dalla comparsa e dall'utilizzo in questo mese dei MINIASSEGNI.
Per la penuria di moneta spicciola (e nessuno ha mai dato una giustificazione convincente - si é pensato anche a una grossa speculazione)  vengono emessi da numerose banche, poi autonomamente perfino dai Grandi Magazzini,  dei miniassegni di "valore" 50, 100, 150, 200, 250, 300 lire.
L'invasione proseguì fino a tutto il 1978. Poi questa stranissima "moneta" diventò carta straccia. Alcuni  iniziarono a farne  collezionismo, ma anche questo fu un colossale flop.

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Carta straccia era e carta straccia rimase. Anche se rimase però il dubbio che nelle tasche di alcuni questa grande massa monetaria incontrollata si sia trasformata in oro puro.

(Non dimentichiamo che con 300 lire si potevano acquistare 2 quotidiani, o 1 litro di benzina, o 3 tazzine di caffè).

FINITE LE VACANZE, un rilevamento dell'ISTAT  porta a conoscenza che il 34,4% degli italiani è andato in vacanza e che il 70% ha usato il proprio mezzo di trasporto. Rileva anche che ora gli italiani hanno iniziato a fare  dei veri e propri esodi vacanzieri durante i week end, con meta il mare, montagna, laghi e città d'arte.

I CELLULARI - La novità "più in" dell'anno per i VIP è il telefono cellulare, installato nella propria auto. A Milano a fine anno risultano  registrati al Ministero delle Poste, che ne rilascia la concessione, i primi 12 fortunati possessori.

CRONACA NERA  - 30 SETTEMBRE - La cronaca nera questo mese sconvolge il Paese. Come se non bastasse la gratuità di certi attentati dei terroristi,  i giornali riportano le sequenze di uno dei più sconcertanti delitti degli ultimi anni. Tre giovani della Roma-bene, dopo aver invitato a un loro festino due ragazze in una villa del Circeo, si divertono con  giochi sadici, le seviziano, le uccidono. Rinchiusi i cadaveri dentro un bagagliaio di un auto fanno ritorno a Roma. Con ancora un soffio di vita una delle ragazze rinviene e riesce ad attirare l'attenzione dei passanti che, dopo averla liberata, fanno la drammatica e tragica scoperta.  I responsabili verranno poi arrestati, processati e condannati all'ergastolo, ma evitarono la galera rifugiandosi all'estero.

LA SECONDA SCALATA ALLA MONTEDISON

Dopo le dimissioni di CARLI dalla Banca d'Italia, le nuove nomine al vertice delle grandi aziende pubbliche proposte da BISAGLIA sono caratterizzate da lotte furibonde tra il presidente dell'ENI RAFFAELE GIROTTI (segretamente appoggiato da Rovelli, Forlani, Giacomo Mancini, e Andreotti) e il presidente della Montedison EUGENIO CEFIS sostenuto non solo dalla corrente dei dorotei e dei fanfaniani, ma dallo stesso Carli che, quando fu chiamato in causa come designatore neutrale tra Cefis e Visentini, non dimentichiamo, lo incoronò re della Montedison.  

Inoltre entrambi affiancarono lo scorso anno, a maggio, Agnelli come vicepresidenti alla Confindustria e il successivo novembre VISENTINI, nel governo Moro IV, fu chiamato, come rappresentante del PRI, a reggere il Ministero delle Finanze.

Ora, dopo le elezioni, mutate le condizioni nei rapporti di forza dentro le correnti  della DC (che abbiamo letto in luglio)  le manovre   per arrivare dentro il gigante che ha sede in Foro Bonaparte, cioè alla Montedison, sono state immediate, numerose e varie. Le mosse del nuovo corso della DC, non hanno conosciuto soste estive, ma  sono state indirizzate a scoprire vere o presunte manovre occulte all'interno dell'ENI. 
Il primo settembre  GIROTTI proprio per alcune discrezioni è costretto a dimettersi da presidente dell'ENI dopo che gli sono state rivolte accuse di aver fatto una scalata azionaria per impossessarsi proprio della Montedison, il gioiello dell'ENI e di CEFIS. Che   ripetiamo, ora affianca AGNELLI come  vice alla presidenza della Confindustria, e dove alla stessa, dopo le recenti dimissioni alla Banca d'Italia (lo si dà per certo) approderà nel prossimo luglio proprio Carli.

Al  posto di GIROTTI così costretto a lasciare l'incarico, é nominato presidente dell'ENI, PIETRO SETTE, un uomo molto vicino alla corrente di Moro che sta guidando il suo quarto governo bicolore con i repubblicani. Qui, indubbiamente, come abbiamo  visto, sia  imponendosi dentro la segreteria del suo partito, sia nel governo che presiede,  lo statista dimostra di  manovrare molto bene  le   pedine nella grandi aziende di Stato e in particolare dentro il colosso ENI. Un gigante  che presto sarà coinvolto nel prossimo Piano Energetico Nazionale che il Comitato interministeriale per la programmazione economica  sta varando (lo voterà a dicembre)  proprio il "governo Moro". Un grandioso progetto che prevede nuovi impianti nucleari, geo, idro e termoelettrici. Significa migliaia di miliardi  subito, ma anche nei prossimi dieci/vent'anni. Un fiume, un oceano di denaro pubblico.

13 OTTOBRE - UGO LA MALFA come vice presidente del Consiglio, come al solito dà bacchettate di austerità a destra e a manca,  spesso facendo solo della pura demagogia. Questa volta le sue esternazioni pubbliche, di scandalizzato censore,  le fa alla stessa Camera, accusando indirettamente chi la dirige: di fare sprechi, di dare alti stipendi ai dipendenti e di offrire un cattivo esempio d'immoralità ai cittadini. (se avesse visto il 2000 !!!!)
Sono solo manovre di piccolezza politica, fuorvianti dai problemi molto più seri che abbiamo appena  accennato sopra, e dove sono in ballo invece migliaia di miliardi di denaro pubblico: questo tipo di interventi, con le casse dello Stato vuote, equivalgono a far accrescere spaventosamente il debito pubblico.  Anche lui, UGO LA MALFA, ha proposto questi provvedimenti in luglio, che ora al governo, il suo partito e lui medesimo stanno approvando con tanta disinvoltura. 

Il Presidente della Camera, é SANDRO PERTINI, che non accetta le spocchiose critiche e si dimette polemicamente dalla carica.  Compatti, tutti i parlamentari rinnovano la fiducia al Presidente, ed infine riescono a far rientrare le dimissioni.

FINE (!?) DELLA CONTROVERSIA DELLA FRONTIERA
ITALO-IUGOSLAVA.

10 OTTOBRE - Definitivamente e formalmente si mette la parola fine alla lunga controversia tra Italia e Iugoslavia per la linea di confine nel territorio di Trieste. Era iniziata alla fine della guerra la vertenza, con alcuni momenti nel corso dei successivi anni anche drammatici, dove temendo una invasione delle truppe di Tito, era scattato in Italia anche l'allarme e la mobilitazione.
Inghilterra e Stati Uniti  nel 1945 avevano occupato Trieste e l'avevano divisa in due territori. Nel 1954 le due potenze, rinunciando all'occupazione cedettero rispettivamente all'Italia  la zona A, e alla Iugoslavia la zona B, garantendo ai cittadini delle due zone la facoltà di scegliersi nell'arco di un anno il territorio dove volevano risiedere, abbandonando però case e averi.
Le insofferenze in entrambe le due zone erano poi  continuate per anni. Infine dopo molti incontri e vari compromessi, in questo 10 ottobre, si è trovata una soluzione politica alle varie rivendicazioni. I due Paesi con i rispettivi ministri degli esteri, RUMOR e MINIC, a Osimo (AN), hanno con un accordo definitivo e formale deciso di accettare la "situazione di fatto" e finalmente di iniziare una cooperazione per i reciproci scambi e lo sviluppo del commercio Italo-Iugoslavo.
Ma ai politici non costa nulla l'accordo, non così per alcuni cittadini che vedono in questa definitiva chiusura, cadere tutte le speranze riposte. Da entrambi le parti, una minoranza della popolazione non ha gradito affatto questa spartizione. Ognuno ha rivendicato la sua appartenenza etnica, ma soprattutto le proprietà immobiliari e le attività che entrambi i cittadini avevano in precedenza nelle due zone e che sono andate perdute, perchè entrambi i due governi non hanno mai voluto prendere in considerazione l'indennizzo di case, terreni, attività e altri averi, e neppure fare un bilancio comparativo per eventuali compensazioni.
Nonostante gli  accordi formali,  la questione non appare nemmeno in questo anno 2000 ancora risolta. Molti cittadini di entrambe le zone sono ancora nomadi erranti in altri Paesi ospiti, perchè non adattandosi per tanti motivi personali (tutti da rispettare in entrambe le etnie) hanno dovuto lasciare le proprie aziende e le proprie case.
Del resto il cordone ombelicale del suolo natio è spesso più forte di ogni ideologia, anche se vincente e agli occhi degli altri può sembrare oggettivamente, col metro del venale opportunismo, una più opulenta dell'altra.

29 OTTOBRE - Ancora un fatto di sangue nel terrorismo nei due schieramenti che si affrontano con la violenza sanguinaria della vendetta spietata e selvaggia. Siamo al quartiere Prenestino, davanti alla sede del MSI, nel gruppo appartenente al Fronte della Gioventù un ragazzo di sedici anni, MARIO ZICCHIERI cade fulminato da una pallottola. Ignoti gli autori. E' questa la loro "rivoluzione"!??

 

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L'inizio del mese è turbato dalla notizia della tragica scomparsa di PIER PAOLO PASOLINI.
(vedi i fatti in  CULTURA & COSTUME).

Ci sono poi gli eventi politici esterni che coinvolgono e appesantiscono il dialogo tra comunisti e democristiani appena iniziato.

Gli eventi li abbiamo già accennati  in anticipo nel mese di FEBBRAIO (vedi) in comune con i fatti del Portogallo. Sono eventi che hanno una ragione d'essere in queste pagine  di cronaca italiana, perché hanno  avuto un grande impatto psicologico positivo e negativo dentro i maggiori partiti italiani operanti in questo periodo, dove, "lo scenario politico europeo dal dopoguerra non è ancora ben definito, e le "svolte" sia a destra sia a sinistra in alcuni Paesi europei, sono ancora tutte in un possibile accadimento". Questo quel che pensano e vanno affermando i politologi e gli intellettuali dentro uno schieramento o nell'altro, compresi molti  organi d'informazione  non informati, spesso faziosi perché al soldo, o entrati in un'euforica irrazionalità fuori della storia..

In Italia soprattutto; dove l'affermazione alle ultime elezioni amministrative per alcuni è la vittoria che anticipa l'affermazione della sinistra in Occidente, già chiamato "eurocomunismo", mentre per altri: democristiani, cattolici,  liberali, piccola e grande borghesia di notabili e d'imprenditori, è un "campanello d'allarme". Mettono subito in mobilitazione le grandi (ma pagate) penne del giornalismo per sferrare la loro campagna anticomunista; come Indro Montanelli sul Giornale nuovo.

Prima il "campanello" Portogallo, e abbiamo visto com'è finita. Mezza Europa ha tirato il fiato per un attimo, poi si sono svolte le elezioni in Italia con la storica affermazione dei comunisti ed é ripresa l'angoscia, che non è finita, c'è  ora il terrore del "sorpasso" per le ormai date per certe prossime elezioni politiche visto che il governo Moro sembra proprio avere  i giorni contati.

A questa cappa grigia che già preoccupa, s'aggiunge  l'incognita    della Spagna, che si appresta a vivere il suo momento storico. Alcuni lo temono rosso, altri in nero. C'è chi plaude e chi teme di dover fare le valige.

Sbagliano gli uni e gli altri.  Entusiasmi e timori  nell'arco di pochi mesi scompaiono. Ancora una volta i politologi si sono dimostrati o troppo ottimisti o delle   cassandre, compresi molti autorevoli  giornalisti legati al carro degli uni o degli altri. Sfogliando i giornali dell'epoca, non troviamo una sola analisi lucida, realistica, o almeno che rispecchi la concretezza della vita quotidiana dei cittadini, per nulla impressionati, ne' da neri, ne' da rossi, e neppure dagli attentati terroristici.

Anzi, mai in Italia è esistito un "individualismo costruttivo" come in questa seconda metà degli anni Settanta nonostante   un'inflazione costante  a due cifre sempre vicine al 20% anno abbia divorato averi, risparmi, e spesso vanificato i risultati in ogni categoria di lavoratori, d'impiegati e d'imprenditori. Perfino   Agnelli sarà costretto ad accettare fra poco i 45 milioni di dollari di Gheddafi (il 10% della Fiat) e farà entrare nel suo consiglio d'amministrazione due rappresentanti libici avvolti nel candido lenzuolo bianco.

Il pragmatismo non era solo in Corso Marconi a Torino, ma era entrato nell'ottica d'ogni italiano, che non ebbe tempo di soffermarsi né sulle utopistiche avventure, né di accontentarsi d'alcuni  miseri  "pacchi regalo" distribuiti con quel "compromesso"  rivelatosi poi ininfluente sul corso della vecchia arrogante politica di tre o quattro democristiani.
Una Trimurti  (che vuole creare, conservare, riassorbire) che proprio Berlinguer ha rivitalizzato  ad un passo dalla letale malattia infettiva scoppiata con la corruzione, che questa  volta ha coinvolto rappresentanti di governo, e già si sussurra anche il vertice dello Stato.   Poi, la notizia dei fondi neri e dei finanziamenti della CIA, che alla fine dell'anno   il N.Y.Times rivela, hanno ricevuto Andreotti, Donat Cattin, la destra del PSDI e una corrente del sindacato Cisl. Naturalmente smentiscono.

Non solo, ma Berlinguer ha vitaminizzato anche i socialisti. Estinta    la vecchia politica demartiniana (De Martino ora nella DC non ha nemmeno più    "l'amico" Rumor - caduto in disgrazia) é arrivato il nuovo con la rivolta dei "quarantenni". Dove ce n'è uno che sembra scialbo, ma che va subito in alto e ha un fiuto eccezionale: ha afferrato la situazione. Capisce che il    "compromesso"  Moro-Berlinguer é un "falso", un ipocrita pateracchio, un "bipartitismo imperfetto", e le alternanze o i governi stabili cui aspira l'ingenuo Berlinguer stando all'opposizione sono irrealizzabili.

Questo ciclone dentro il PSI che si chiama BETTINO CRAXI sta facendosi ora le ossa a Milano e  compare all'improvviso il prossimo anno all'hotel   Midas, assieme ai "quarantenni" che hanno travolto De Martino.
Craxi é messo al vertice da queste "volpi-registi-congiurati" (in prima fila Manca, Mancini, Giolitti) come uomo della transizione, sorprende tutti e diventa lui il leone regista. E non restituisce solo una identità e una immagine al partito, che secondo i suoi abili calcoli con i maggiori consensi può aspirare a diventare l'ago della bilancia dei futuri governi, ma fa riscoprire anche a tutti gli altri partiti qual è il loro primo e più importante compito:
Quello di prendere prima  i voti dai cittadini presentando un preciso programma,   e non quello di restare immobili e permettere ad un governo con la sua arrogante e consolidata autonomia di fare programmi e poi cercare il consenso dei cittadini, che anche se non viene - come spesso è accaduto in trent'anni - seguita a camminare a testa bassa ignorando, sia le esigenze del Paese sia i voti di quei cittadini che hanno delegato il potere democratico (l'opposizione ha un suo potere) ad un partito e   poi  vedono i dirigenti dello stesso sedere al banchetto della potente oligocrazia e farsi servire, come primo, un piatto di lenticchie, e come secondo, un... "compromesso".

Rivisitando gli interventi di Craxi in questi anni (piaccia l'uomo decisionista o non piaccia l'uomo arrogante), scopriamo indubbiamente il suo grande merito di aver riportato la politica alle sue funzioni. Ribalta i ruoli e compie la rivoluzione copernicana. I partiti  devono riaffermare la loro appartenenza al  sistema "eliocentrico"; sono i partiti che formano i governi, e dà a loro poi il potere di esercitare una autorità, non i governi a ribaltare il sistema imponendo quello falso "geocentrico", cioè prendersi autonomamente l'autorità e far girare attorno i partiti, alleati o no, che ormai da trent'anni sono relegati a fare umilianti comparse, chiamate "consultazioni", "patti", "strategie dell'attenzione", "intese programmatiche",  e ultimamente "compromesso".

Dato che a qualcuno (in entrambi i due partiti) dava fastidio questo termine (per i DC integralisti era un patto col diavolo per i comunisti marxisti un prostituirsi gratis) si addolcì in "accordo di solidarietà nazionale", o in "ipotesi di collaborazione per governare".
E si cadrà nel ridicolo quando si arriverà a varare il "governo della non sfiducia"  dove le astensioni (303) superarono i voti favorevoli (258) il 6 agosto del prossimo anno, al governo monocolore Andreotti, subito dopo le elezioni, che qualcuno definì "dei due vincitori", anche se a uno dei due, al PCI, per la collaborazione data fu fatto solo reggere il moccolo, sufficiente però alla DC per riprendersi i voti persi.

Un accordo, questo compromesso, nato su ispirazione democristiana, decisamente moroteo, e più che un amo quello gettato da Moro a Berlinguer, fu un àncora di salvataggio del   "sistema" oligarchico  democristiano, che   utilizzò   Berlinguer per varare alcune misure d'austerità,  per fare accettare ai lavoratori con il suo appoggio (non estranei gli stessi sindacati, che verranno a loro volta contestati)  i tagli nelle festività, il blocco delle indennità, la disincentivazione della scala mobile e tanti altri sacrifici impopolari, senza la contestazione della piazza.

E' la fase  della berlingueriana "Solidarietà nazionale" che fa digerire alle masse dei lavoratori anche i bocconi più amari ("L'ha detto Berlinguer"!)   e fa riguadagnare in pochi mesi alla DC - alle prossime elezioni di giugno - i voti persi. Tanto da permettersi di varare un governo tutto democristiano, il già citato sopra anomalo governo monocolore di Andreotti. Da quella poltrona, con qualche piroetta e qualche salto mortale, Andreotti non verrà più via fino al 1979.
Una abile restaurazione quella di Moro - utilizzando Berlinguer - perfettamente riuscita.

Del resto un compromesso lo propone sempre il più forte, non il più debole. E quando si fa, chi lo ha proposto, dal banchetto fa cadere solo le briciole. E briciole furono quelle raccolte dal segretario comunista. Non sufficienti per sfamare il suo elettorato, e troppo misere per attirare l'elettorato  moderato, quello laico, una buona parte dei socialisti allo sbando, gli estremisti e gli extraparlamentari.   Perse così il "sorpasso".  Il prossimo giugno. E l'importanza di chiamarsi PCI.

Berlinguer ha dunque commesso quest'anno degli errori molto ingenui. Tante cambiali firmate in bianco, che nel corso di un paio d'anni (come vedremo) sono state messe poi all'incasso dai suoi scaltri avversari, senza essere riuscito ad accumulare quel progressivo capitale composto, che dalle elezioni di quest'anno era il minimo che i suoi elettori si potevano attendere e... pretendere, dopo il pieno di voti   in cinque regioni e nelle grandi città. Elezioni che non erano politiche ma di fatto, avevano già spaccato in due il Paese. ("Due cose a me - gli propose la DC - e una cosa a te". Forse era questo il compromesso)

Un Paese in cui la collettività, nonostante l'apparente individualismo (gli intellettuali e i sociologi fanno a gara a dire che gli italiani hanno scelto ormai la linea menefreghista), ha avuto una visione più ampia dei politici, quasi istintiva.   Molto attenta, si è soffermata a suo modo ad osservare il Paese in generale e a cogliere intelligentemente l'essenziale. Su questo essenziale - che qualcuno ha già chiamato il suo irrinunciabile, per aver toccato con mano negli ultimi anni un po' di benessere di cui non vuole più privarsi - il Paese lavora, e sta avviandosi e mettendo le basi di un miracolo economico molto più straordinario di quello dei primi anni Sessanta. Quello fu accidentale, fortunoso, imprevisto, perfino surrealista, e quasi interamente  ottenuto con inenarrabili sacrifici dentro una inerudita società, ancora tutta proletaria e contadina, alimentata a "pane e mortadella".

Quello che invece sta avvenendo ora, é un "miracolo" fatto di decisionismo, e ha tanta creatività e intelligenza. Molta intelligenza, visto che ha tutto contro: crisi mondiale, crisi petrolifera,  inflazione, le casse dello Stato vuote, le Banche che chiedono allegramente interessi del 30%,  il potere guida assente, e tanta mediocrità sui Sette Colli, dove invece dovrebbe esserci il "faro" e gli addetti all'"illuminazione" per non sbattere sugli scogli della bancarotta.
Per fortuna agli italiani non fu necessario né chi indicava la direzione da prendere, né chi aveva le pretese di illuminare la "sua" strada. In questo periodo l'Italiano era quanto di meglio esisteva in tutta Europa. A non saperlo erano solo i politici italiani.

Quando in Inghilterra comparve la Thatcher (1979), il thatcherismo in Italia era già stato scoperto dagli italiani già da un pezzo. Pur nella loro autonomia (i denigratori lo chiamavano puro egoismo) legata all'interesse personale, quindi al profitto, avevano scoperto la solidarietà del "gruppo" per prendersi in un modo orizzontale il potere. Ed invece di correggere la politica le storture della società, è la società che va a correggere le storture politiche.

L'Autore che scrive, in questo periodo ha percorso e vissuto su tutta l'Europa. In 25 Stati, compresi quelli "caldi", e non da turista. Nessuna popolazione in Europa nella propria quotidianità (questa è la cartina tornasole più importante per comprendere un Paese) aveva una visione realistica come quella italiana. Nessun Paese aveva la dinamicità e creatività pari a quella Italiana, anche dentro le piccolissime pieghe, nascoste, dell'economia del Paese. Un "gruppo" egoistico ma solidale e compatto anche nella sua grande diversità, fatta di grandi e piccoli imprenditori, ceto medio, impiegati, lavoratori.

Il tedesco ha la necessità di avere un capo per rendere molto. Al francese gli occorre lo Stato forte nazionalista e Parigi per sentirsi qualcuno. Mentre l'italiano dà il meglio di se'  quando, è privo di entrambi. Poliedrico ed eclettico com'è, è l'unico soggetto europeo capace di gestirsi da solo e di gestire anche i suoi soldi, pochi o tanti, meglio dello Stato.
Ai repentini abbandoni, all'"arrangiatevi" è abituato da secoli. E se da una parte tutto questo non ha mai permesso di creare una coscienza nazionale, ha in ogni angolo della penisola permesso però di sopravvivere a tutte le tempeste.
In qualche "buco" dell'Italia andata a "rotoli", è sempre venuto fuori il meglio dell'Europa, che poi ha fatto scuola. I Comuni, il Rinascimento, la Serenissima, l'Imprenditoria toscana, quella lombarda, l'improvvisata industria tessile biellese, il "miracolo economico" degli anni Sessanta, quello del Nord Est o delle Marche nei sottoscala, del Turismo partendo da modeste pensioncine, o della Moda nata in qualche piccola sartoria, ecc. ecc.

Da parte degli osservatori americani, il Paese che aveva la maggiore stabilità civile sociale e politica, era proprio l'Italia. Le dispute politiche interne, erano considerate contese di cortile, e le opinioni sul  terrorismo erano alquanto riduttive; definite azioni  fuori tempo, con scelta di obiettivi anacronistici e spesso con una diversità degli scopi; spesso trascesi nel teppismo, quindi con nessuna etica ("si fanno le rivoluzioni  per abbattere il marcio e per essere superiori; Aristotele),  né tantomeno in possesso di una forza logistica, quindi gruppi destinati all'autoisolamento e al fallimento (la frattura poi diventerà enorme nella gestione del sequestro Moro. Una parte delle BR stava per consegnare tutta "impacchettata" l'altra parte di se).

Gli americani le stesse considerazioni le avevano fatte alla Liberazione, nei confronti dei partigiani, e pur  risultando utili quelle azioni di guerriglia, non ne concepivano le gesta. Ed erano quasi centomila i partigiani!   Figuriamoci i due/trecento che si aggiravano in Italia, qualche volta confezionando bombe alla gelignite; considerata una follia, un suicidio, un nichilismo determinato dalla mancanza di solidi ideali. E se esistevano, erano utopistici e spesso in contrapposizione dentro gli stessi gruppi. Gruppi, che si stanno già sciogliendo (Potere operaio lo scorso anno, Lotta continua lo farà nei prossimi mesi) o che si stanno avviando fin da questo momento, nonostante tanto "rumore" (oltre 2000 attentati) e tanti innocenti caduti,  verso la "strategia dell'autoannientamento"; primo per mancanza di un serio progetto;  secondo per il "pentitismo" dilagante di alcuni, fatto per opportunismo o per venire fuori da una strada che non portava da nessuna parte, perché tutti finiti dentro in un vicolo cieco.

Oggi negli anni 2000, viene proprio da ridere (o da piangere) leggere quelle frasi nei cartelli delle manifestazioni "La Cina è vicina, è già in Albania". (Abbiamo poi visto tutti come è arrivata l'Albania in Italia in questi anni 2000, sulle bagnarole e a chiederci la carità).

20 NOVEMBRE - Muore   il dittatore spagnolo FRANCISCO FRANCO.

27 NOVEMBRE - Sale sul trono re JUAN CARLOS I DI BORBONE. Le forze di opposizione (che perché antifasciste dagli europei sono considerate tutte di sinistra e leniniste e marxiste - l'errore del '48 in Italia)  reclamano l'instaurazione di un governo democratico con libere elezioni e un'amnistia per  tutti i detenuti politici fatti imprigionare dal Caudillo solo perché oppositori.(Il 12 giugno scorso ne aveva giustiziati cinque, e si era attirato lo sdegno di tutto il mondo. Numerosi governi avevano per protesta richiamato i loro ambasciatori a Madrid, mentre il Messico aveva chiesto l'espulsione della Spagna dall'Onu.

Gli unici a non entrare in fibrillazione, furono i più interessati, gli americani. Non diedero il minimo peso agli eventi, né a quelli portoghesi né a quelli spagnoli. La situazione era chiara. Della sinistra conoscevano benissimo tutta la debolezza, e di aiutare la destra non avevano proprio alcun interesse. Ed era (nonostante alcune dichiarazioni di qualche ambasciatore) lo stesso atteggiamento nei confronti dell'Italia, dove ora la duttilità (i compromessi) era arrivata fino al livello della massima dirigenza comunista che voleva così ritagliarsi, come gli altri,  la propria fetta di potere nei feudi regionali, a spese di quello autorevole e concertato che sarebbe invece stato necessaria all'intero Paese.

Chi "gridava" in questo periodo ai complotti dei servizi segreti dell'Alleanza Atlantica non era a contatto con il Paese, e non sapeva nulla cosa stava avvenendo nel resto d'Europa, ma viveva dentro un cortile da dove non usciva mai a tastare il polso di cinquanta milioni di italiani dentro le case, sul lavoro, nelle piccole e grandi aziende, nelle strade, nelle botteghe, in vacanza o nella semplice piazzetta del paese, né scopriva che tipo di rivoluzione avevano in mente gli italiani e... le italiane.

Nel mondo dell'economia, a influenzare il costume e la società, a condizionare uno stile di vita, stanno spuntando anche loro, in modo prepotentemente. Le vedremo il prossimo mese marciare due volte a Roma, decise e determinate a ritagliarsi il loro spazio senza le stampelle dei partiti e rifiutando persino i contestatori storici di Lotta Continua, quasi gelosi di questa loro autonomia. Perché le donne, ora, vogliono   marciare "da sole".

CRISI - RIVOLUZIONE - RINASCENZA

Gli economisti dissertavano sui giornali e scrivevano saggi, che era finita un epoca, che le risorse energetiche avevano i giorni contati (facevano continuamente i conti di quanti barili di petrolio erano ancora disponibili - anche questo era terrorismo!)    che le profezie malthusiane erano esatte, che i limiti dello sviluppo (con i 4 miliadi di abitanti) li avevamo raggiunti, che bisognava adottare una pianificazione collettivistica. Il Club di Roma faceva altrettante apocalittiche profezie sul brusco arresto nell'economia mondiale, e Mansholt  alla CEE allarmò tutta l'Europa con la sua relazione-analisi dove affermava "signori miei stiamo entrando nella fase "Crescita zero". Quante cassandre!!

Un allarmismo che così rivelò agli arabi tutta la debolezza dell'Occidente, che venne molto utile per i detentori delle risorse energetiche per quadruplicare il prezzo, con tutte le complicazioni inflazionistiche sul business mondiale.
A dare una mano a tutte le Cassandre italiane, europee e mondiali, spuntarono come funghi i movimenti antiprogresso e anche i movimenti estremistici come abbiamo visto contro i capitalisti, le multinazionali, la borghesia.

Sbagliavano anche qui tutti. Il recupero, dopo questo terrorismo psicologico (che aveva moltiplicato solo i danni) fu invece spettacolare, il capitalismo si riprese subito, forte, e su tutto il pianeta; la crisi fu superata, compresa quella petrolifera; si svilupparono nuovi modelli organizzativi, e aumentarono quelli decentrati.

Invece quello collettivistico crollò miseramente quando a scoprire e a credere nell'economia di mercato (data per spacciata) iniziarono i "neonati" del nuovo "villaggio globale", e paradossalmente i "neonati" del    "piccolo villaggio" italiano.
I primi, sono le varie Taiwan, Singapore, Honk Kong, Corea, Cina ecc. e i secondi, i piccoli paesini sconosciuti all'interno della nostra penisola dove nascono i Della Valle, i Benetton, i Luxottica, gli Armani, i Versace, i Tanzi, e i vari Rana e mille altri dentro quei piccoli laboratori che diventeranno industrie. Partono tutti all'incirca in questo 1975, e secondo gli analisti e gli economisti del tempo, tutti con il vento a sfavore e senza un futuro.
Che cantonata che presero!!!!

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12 DICEMBRE  - I radicali con PANNELLA in testa hanno raccolto le firme da presentare  alla corte di cassazione per il referendum abrogativo delle normi penali sull'aborto. In questo giorno di dicembre   le firme vengono convalidate dalla corte costituzionale, ma la chiamata alle urne politicamente si cercherà di evitarla con una legge (la n. 194) che sarà votata solo nel 1978 e che non accontenterà ne' i radicali che volevano un aborto più liberalizzato nè i democristiani che di aborto nemmeno volevano sentire parlare.
Questi ultimi danno inizio a impegnatissime campagne sensibilizzatrici  mobilitando il cattolico "Movimento per la vita" e  indicano il   "genocidio" che una parte della società, egoistica e atea vorrebbe compiere.  
A contrapporsi violentemente a queste "crociate" che hanno il sapiente intento di turbare le coscienze più di quelle adottate per non far passare il divorzio, scende in piazza a Roma il 6 e il 13 dicembre il Movimento di Liberazione della Donna.

E' il primo imponente corteo di sole donne. Non vogliono infiltrazioni politiche, non vogliono con gli uomini dividere i loro problemi legati alla condizione donna, nè tantomeno li vogliono risolvere con loro, che in duemila anni hanno fatto di tutto, cattolici e laici, con l'ignoranza e il becero sciovinismo per non dare non solo una parità giuridica alla donna, ma nemmeno la dignità umana alle proprie spose, figlie e madri.
Il gruppo di Lotta Continua (anche su questo fuori dalla storia) é contrario a queste manifestazioni autonome femministe, le vuole gestire, e cercherà prima di impedirle poi va perfino  allo scontro nel corteo di Roma, dove le donne proseguono imperterrite e iniziano a fare molta strada, ad andare molto lontano, con mutamenti dentro la società irreversibili nell'assetto sociale, nel costume, nella mentalità; e su quest'ultima in un modo tale da modificare anche quella maschile.
(Vedi TABELLA sulla Liberazione della Donna > >
Al voto referendario, voluto dai radicali, dopo tanti rimandi e dopo la legge votata dal Parlamento nel maggio del '78 che disciplinava l'aborto, ci si arriverà solo il 18 maggio 1981.
Anche qui gli italiani dimostrarono di essere  saggi e con le idee più chiare dei politici: un clamoroso  68% dei votanti disse NO all'abrogazione della legge come volevano i democristiani, ma un altrettanto clamoroso NO (88,4%) lo dissero anche  ai radicali  che volevano l'aborto più  liberalizzato rispetto alla legge 194.
Non solo i politici non capivano gli italiani, ma non avevano capito nulla delle loro donne, delle loro figlie, mogli, madri e nonne. Le cifre parlano chiaro.

31 DICEMBRE - Dal PSI, diretto al governo, parte l'augurio di fine anno di DE MARTINO. E' un siluro. L'Avanti esce il mattino con un editoriale del segretario, al vetriolo, dove annuncia che esce dalla maggioranza del governo Moro.
De Martino é inferocito per il disprezzo che la DC ha per i socialisti, e per "le riverenze che fanno ai comunisti quando devono cercare un appoggio politico; anche se subito dopo ricordano sempre a Berlinguer il ruolo che ha il suo partito, quello dell'opposizione  e che tale deve restare, mica deve sognarsi d'invertire i ruoli".
Lo "schiaffo" che ha fatto  perdere il controllo a De Martino è l'ultimo accordo fatto da Berlinguer  con la DC per gli interventi nel Mezzogiorno: Il governo ha interpellato Berlinguer, i sindacati, e a un La Malfa che stava prestando attenzione alle lamentele dei socialisti è stato consigliato di ignorarli.
Il vaso per De Martino era colmo, e il disprezzo ormai palese. Ma l'ambiguità e l' immobilismo dentro i socialisti era altrettanto presente, così la subalternità,  (di De Martino a Rumor), quella che fra poco andrà a spazzare via Bettino CRAXI.
21 DICEMBRE - E' presentato da FORMIGONI, al Teatro Nuovo di Milano, il Movimento Popolare, che ha intenzione di scendere in campo per fare politica. Nata questa corrente dentro la DC, e pur avendola sostenuta nelle sue campagne elettorali,  il movimento critica la laicizzazione che sta avvenendo dentro la politica democristiana, ed é preoccupata per lo spostamento a sinistra di una parte della gioventù cattolica, attirata  dal quel progressismo chiamato socialismo cristiano, ma dove i valori cristiani tendono sono sempre di più assenti.
CL combatte le sue prime battaglie con uno zelo integrista, anche se non ha nulla a che vedere con quello dell'Azione Cattolica con le sue crociate o la bigotta disciplina interna. CL è dinamica, ha adottato il cameratismo che fa presa sui giovani dei due sessi e ha una forte capacità organizzativa che fa concorrenza alle vecchie  associazioni "chiuse" nella loro gerarchia e che proprio per queste chiusure non comprendono e  ne prendono le distanze.
Ma la  marcia di CL è inarrestabile. Con l'avvento poi del Papa polacco  nel '78, con molte affinità sul nuovo corso da dare alla Chiesa, c'é il successo di  CL che creerà in breve tempo oltre 6800 strutture, circa  4000 centri assistenziali, e naturalmente il "nuovo corso" per le nuove proposte politiche.
(Appena possibili metteremo in un prossimo aggiornamento che tipo di proposte furono evidenziate in questo 21 dicembre, i programmmi   e i traguardi poi  raggiunti da CL in questi ultimi anni. Chi ha materiale per fare questa sintesi  fa cosa gradita se lo invia all'autore di questa storiologia).
31 DICEMBRE - REGALO A FINE ANNO per i consumatori di "droghe" leggere. Entrano   in vigore le nuove disposizioni sulla depenalizzazione dei reati sul possesso di stupefacenti per uso personale, indicata come "modica quantita". Questo per separare le responsabilità tra i consumatori e i spacciatori, che andavano incontro indipendentemente dalla quantità, alle stesse pene.

FINE ANNO 1975

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