ANNO 1987

CRONOLOGIA DELL'ANNO ( 1a PARTE )

 


" al Governo? se non ci vado io non ci vai nemmeno tu ".
"è un abuso" dice uno, no "è un sopruso" dice l'altro

PRIMA UNA BREVE PANORAMICA DELL'ANNO

Già a inizio anno dentro il governo c'è vento di crisi (ma è già di vecchia data), che in marzo spazza via quella che diveva essere la concordata "staffetta" Craxi-De Mita. 
Non vanno a palazzo Chigi nè l'uno nè l'altro.
I due "compagni di giochi" che si erano in gran segreto dentro un convento fatta la promessa di "scambiarsi le figurine" fanno i capricci, si tengono il broncio, si lanciano accuse, e finiscono nel dirsi "se non ci vado io non ci vai nemmeno tu".
Così a marzo a palazzo Chigi, scatta la vendetta. Tutti a casa. Ed è crisi di governo.

Riceve l'incarico da Cossiga, Nilde Jotti che però abbandona subito. Tenta di ricucire l'abile Andreotti ma i veti DC e PSI sono tanti: deve fare i conti con i nuovi "rampanti".  Tasta il terreno inutilmente anche Scalfaro. Ci prova a mettere le toppe in aprile pure Fanfani che prova e riprova riesce a rappezzare un governo, ma dura solo 10 giorni.
Il suo resta in carica solo come governo "elettorale", in attesa di nuove consultazioni fissate da Cossiga il 14 giugno.
Si apre una delle più lunghe crisi di governo: 91 giorni. E' un salire e scendere il Quirinale degli incaricati, con la formazione di tre governi ma quasi subito anche tre dimissioni.

Le elezioni "volute" da Craxi, con  i risultati che poi ottiene (e gli entusiasmi, vedi il giornale sopra)  sembrano confermare il suo ottimismo e le sue attese; guadagna voti penalizzando il PCI, ma la DC recupera, e anche se scrivono "Grazie Italia" non sono sufficienti i voti socialisti con i 19 seggi in più per mandare Craxi a fare il premier. Nessun "vento nuovo".
(i risultati in dettaglio vedi giugno)
Sarà poi Goria a fine luglio a varare un governo che dura però 227 giorni (ma con in mezzo una dimissione e un nuovo conferimento), lasciando il posto proprio a De Mita, che al momento della staffetta di questo inizio anno, Craxi ha cercato di "liquidare" in Tv, definendo questo avvicendamento (la "staffetta") "un abuso". Mentre la DC indignata ribadisce che "era nei patti" e che semmai il suo "più che un abuso è un arrogante sopruso".

L'anno quindi trascorre con i ricorrenti dibattiti politici su questo "abuso" e "sopruso" senza però avere sbocchi costruttivi, é solo intercalato dai numerosi dibattiti attorno al referendum sul nucleare; quello alimentato dal vento emotivo del disastro di Chernobyl.
E se gli ambientalisti premono (così altri partiti, improvvisamente diventati tutti antinucleari - infatti i "no" al nucleare saranno oltre l'80%)  chi commercia petrolio per alimentare le centrali termoelettriche e per costruirne delle altre nuove premono ancora di più.
Molti pensano che sono loro a finanziare le campagne ambientaliste e i vari "soli che piangono o ridono". Del resto con i profitti di un solo giorno ci si può permettere di fare non solo una campagna antinucleare ma di farne dieci.

Non vogliono fare i petrolieri italiani la fine che hanno fatto quelli in Francia; un Paese che producendo il 75% dell'energia elettrica con il nucleare ha messo sul lastrico (si fa per dire) i petrolieri francesi. Nessuno ha informato gli italiani che quasi l'intera quantità di elettricità che usiamo per accendere la luce nelle case e nelle città italiane è pari a quella che importiamo dalla Francia prodotta col nucleare. Una Francia che si permette ora il lusso di aumentare la sua produzione (finanziata anche dall'Italia) e guadagnarci nell'esportare il sempre più abbondante surplus.
Sono i "misteri" dell'informazione. Di una informazione "libera", non legata ai petrolieri. (sic!)

Fra l'altro nel referendum c'era quello sul "Divieto di partecipazione dell'ENEL a impianti nucleari all'estero", ma non c'era scritto (che ipocrisia) "divieto di importare energia elettrica prodotta dal nucleare"; ma questa energia quando scorre negli elettrodotti non ha "sapore" nè "colore", se si mette la testa sotto la sabbia non si sa da dove viene. Eppure indagando alcuni magnati con la "luce" prodotta dal nucleare francese si potrebbe benissimo veder "chiaro" il "giochetto" che hanno fatto alcuni monopolisti del petrolio in Italia.

Nè si può impedire ad alcune grandi aziende italiane del settore di avere una partecipazione azionaria nelle imprese elettriche francesi. Né a quelle francesi di impossessarsi delle azioni delle stesse aziende elettriche italiane. Prima o dopo, potrebbero (quando le aziende elettriche saranno privatizzate) impossessarsi della maggioranza azionaria perfino delle stesse imprese che gestiscono l'elettricità in Italia. Saremmo così dei "beffati" nuclear-dipendenti.

Fra polemiche, ripicche e tante altre beghe interne dei partiti, prima, durante e dopo le elezioni, al varo della finanziaria per il 1988 ci sono le proteste dei pensionati penalizzati dalla stessa, ci sono le indignazioninei rigurdi di tutti quei politici implicati  nel processo nello scandalo dei petroli che sono stati tutti assolti; e assolti sono pure gli imputati al processo della strage di Brescia.  
Nelle agitazioni dei trasporti che vanno a paralizzare il paese, spuntano fuori in alternativa ai sindacati i COBAS: sono i ribelli che ad ogni direttiva faranno subito proseliti anche in altre categorie, come in quella della scuola, dove dilaga, in MAGGIO (vedi).

Poi a turbare le coscienze dei pacifisti, scoppia lo scandalo delle mine antiuomo sparse un pò ovunque sul pianeta, che seminano morte e che sono di fabbricazione italiana. Questo subito dopo la "crisi internazionale" del Golfo Persico con l'Italia chiamata a partecipare in una missione navale.
Mentre altra polemica infinita è quella sull' "ora di religione" nelle scuole, dopo l'applicazione del nuovo concordato firmato da Craxi e la Cei. "Le alternative a "quell'ora" non devono essere troppo interessanti, altrimenti saranno in troppi a disertarla". (Capito????? - Non siamo nel medioevo ma poco ci manca)

IN GENNAIO, il giorno 16, alla Corte costituzionale, dove sono stati sottoposti lo scorso anno l'ammissibilità  di 8 referendum abrogativi, tre non sono ammessi. Le consultazione per gli altri cinque si svolgeranno l'8 novembre. (vedi gennaio e novembre) .

FEBBRAIO - Come già accennato in apertura, aria di crisi di governo, con Craxi che esterna giudizi poco lusinghiero nei confronti della DC,  che dovrebbe nella persona di De Mita avvicendarsi alla guida del governo. La "staffetta" a Craxi non gli va proprio giù, a governare lui ci ha preso gusto (vedi in febbraio altri particolari)

MARZO - Con le liti di febbraio, e  altre insofferenze di Craxi nei confronti di De Mita, riguardo alla "staffetta", l'avellinese compatta la sua DC e lo aspetta al varco alla Camera negandogli per ripicca la fiducia; il governo rassegna le dimissioni. (vedi marzo)

APRILE - Tentativi vari quelli di Cossiga nel dare l'incarico per formare un nuovo governo a diversi personaggio di prestigio. Ci provano in cinque, ma sono tutte fatiche inutili.
Un veterano come Fanfani riesce a formare un governo che dura appena 10 giorni.  Sta iniziando in Italia una delle più lunghe crisi di governo (91 giorni). 
Intanto nasce la "protesta" verso i politici e verso i partiti politici. Spunta dalle valli lombarde un pittoresco personaggio, che quasi non si deve muovere da casa, l'acqua al suo mulino la portano gli stessi "intelligenti" politici; stanno facendo karakiri e gli portano i propri voti.
Il "mulino" fa la sua comparsa quest'anno, ma ne sentiremo ancora parlare; per il momento il ruscello che lo fa muovere si chiama Lega Lombarda, ma poi diventerà un fiume in piena che straripa si allarga e scende verso il Po, per trasformarsi in Lega Nord (vedi aprile); infatti il Po è lungo, scorre nella Val Padana, e oltre che macinare nel mulino lombardo, arrivano le sue acque fino all'adriatico Veneto.
Non manca molto alla Lega per chiamare a raccolta tutti i "Padani" "incazzati" con "Roma ladrona" come va dicendo il nuovo "condottiero" che li guida.

MAGGIO - Fra i tanti vuoti di potere, con la politica assente, con un governo latitante, con un Parlamento vuoto, (gli ex eletti passano le giornate dentro le segreterie) inizia la protesta dentro alcune categorie di lavoratori che nel ricorrente disagio non si riconoscono più nelle organizzazioni sindacali tradizionali e hanno dato vita ai Comitati di base (COBAS). Il paese è percorso da agitazioni di autotrasportatori, di portuali, di ferrovieri, di piloti e infine insegnanti, che il Paese lo gettano nel caos. (vedi maggio)

GIUGNO - Arrivano le fatidiche elezioni e i risultati. Craxi dopo aver polemizzato a destra come a sinistra, trovando difetti a tutti, si aspettava qualcosa di più, era convinto che tutti quegli applausi a Rimini al congresso di marzo e la sua riconferma a segretario con un secco 93,25 % dei voti, erano proiettabili nel resto d'Italia.
Mentre le cose ora a fine consultazioni sono ancora più difficili di prima. Di governi non ne metterà insieme più nessuno.  (risultati e commenti vedi giugno).

LUGLIO - Fanfani scioglie il suo rattoppato "governo elettorale". Prima ancora che Cossiga dia l'incarico al nuovo premier, la DC propone De Mita. Ma da via del Corso arriva una forte opposizione dei socialisti. Con De Mita mai! ("non ci sono andato io non andrà nemmeno lui!").
E la DC prepara il tranello. Propone un giovanissimo, un bancario, con una esperienza ministeriale più tecnica che politica; infatti è stato scelto nell'82 da Fanfani a ricoprire la carica di ministro del Tesoro; è Giovanni Goria. (vedi luglio).

AGOSTO - Il più giovane presidente del Consiglio, Goria (44 anni), dopo aver ricevuto l'incarico, sale al Colle con la sua lista di ministri poi, con il suo Governo, si presenta alle due Camere per la mozione di fiducia. Che avviene in un modo molto strano. Ma Goria si prende ugualmente la fiducia. Tutto ricorda il famoso agosto dello scorso anno.

SETTEMBRE -  Scoppia lo scandalo delle bombe antiuomo fabbricate in Italia, e un traffico di armi con il Medio Oriente. Iraq e Iran si stanno affrontando in una guerra fratricida. La crisi internazionale esplode nel Golfo Persico; il nuovo governo italiano è investito in pieno da queste nuove e delicate responsabilità. Come quella di partecipare con una forza multinazionale e inviare in Medio Oriente una flotta di navi da guerra (vedi settembre).

OTTOBRE - Tutto il mese se ne va in discussioni sulla finanziaria, ma senza concludere nulla. Quando Goria finalmente la presenta per la fiducia, è sconfitto, costretto a dare le dimissioni. Al  governo ci ritorna dopo pochi giorni, ma la finanziaria ugualmente non passa (vedi ottobre)  

NOVEMBRE - Si svolgono i referendum su cinque quesiti. Tre sono per la rinuncia totale sul nucleare. Non mancano le polemiche, fino all'incidente di percorso di Goria (vedi i risultati in novembre)

DICEMBRE - Nel dopo elezioni anche nei partiti minori le discussioni non sono mancate, nè sono mancate il cambio dei segretari. Nel PRI, in Democrazia Proletaria, ma soprattutto nel MSI. Il grande animatore del movimento ALMIRANTE, lascia le redini a un giovane promettente: a Gianfranco FINI.
Non senza contrasti in una memorabile notte a Sorrento (vedi dicembre).

 

ANALIZZIAMO MEGLIO QUESTI MESI

 

16 GENNAIO - Raccolte le necessarie firme e presentati nello scorso anno, vengono sottoposti alla Corte costituzionale 8 referendum abrogativi, che deve giudicarli ammissibili, e sottoporli alla consultazione popolare in una data da fissare.
Fra i referendum respinti:
Due riguardano la caccia e non sono presi in considerazione
Un altro sul meccanismo dell'elezione dei membri del CSM

Dei 5 ammessi: 
3 riguardano il nucleare:

1) Abolizione della commissione per la localizzazione delle centrali;
2) Abolizione dei contributi a quei comuni che ospitano centrali nucleari;
3) Divieto di partecipazione all'Enel  a impianti nucleari all'estero.

2 riguardano invece
 
1) Abolizione dell'esclusione della responsabilità civile dei giudici;
2) Abolizione della Commissione parlamentare inquirente.

Le consultazioni  si svolgeranno l'8 novembre di quest'anno.

 

INIZIO FEBBRAIO - CRAXI dovrebbe cedere il prossimo marzo la presidenza del consiglio alla DC (come nei patti siglati dai cinque segretari dei partiti della maggioranza nel luglio dello scorso anno durante la crisi). Ci dovrebbe dunque essere la cosiddetta "staffetta" con alla guida del governo il democristiano De Mita.

17 FEBBRAIO - Craxi in prossimità della scadenza, in diretta televisiva, rispondendo a una intervista di un giornalista, critica molto questa scelta dell'avvicendamento, ritenendola inopportuna, e "liquida"  l'insistenza dei democristiani definendola un vero e proprio "abuso".

Immediata la successiva reazione della DC in questo frangente tutta compatta, prima verbale, dichiarando che semmai il suo è "un sopruso", poi  attende Craxi al varco dentro la maggioranza governativa.
Craxi sarà costretto a dimettersi il 3 marzo dopo un irritante scontro politico senza vie d'uscita, ma che lui seguita a liquidare sempre, verbalmente o per iscritto, che è un "abuso".
Quindi fa capire che in ogni ulteriore dialogo ci sarà un muro di gomma.

Quella "staffetta" era nata con un compromesso in quell'incontro segreto nell' 83 in un convento di suore sull'Appia Antica. I due lontani dalle rispettive segreteria, di nascosto si incontrarono e cercarono di trovare un accordo. Ma avevano e ora ce l'hanno ancora di più (uno ha provato il potere l'altro no) una visione politica molto diversa e proprio per questo, quel patto (dopo che Craxi si è seduto sulla poltrona di premier per tre anni)  è ora suscettibile di incomprensioni.

Al dunque nessuno dei due rinuncia alle proprie idee. Divergenze fatali. DE MITA dirà molti anni dopo: "Craxi cercava di conquistare l'egemonia. Ma l'impresa non poteva riuscire con un partito che non saliva oltre il 15 per cento; e la "sua tecnica" per andare oltre, era il contrario di ciò che avviene normalmente quando si cerca l'accordo dell'opinione pubblica per farsi accettare"...."Una strategia che ci ha portati tutti alla rovina".

E' dunque crisi! Di difficile soluzione. Spera Craxi pensando a un consolidamento dell'elettorato socialista di superare abbondantemente un 15% - quindi non gli resta che sperare e attendere le elezioni.
Crede proprio che dopo tre anni, dopo 1060 giorni di governo, e per aver dato l'impressione di essere un "decisionista", di aver allargato il consenso non solo dentro la sinistra ma anche dentro il centro.
Quindi non vede l'ora di andare alle urne. 

Che potrebbero avere un ostacolo. Infatti le eventuali elezioni potrebbero essere ritardate da una serie di referendum (8), che però la Corte Costituzionale deve ancora giudicare quali ammissibili, quindi poi decidere la data delle consultazioni, che potrebbe condizionare le eventuali date per una consultazione politica.
(La Corte ne ammetterà poi cinque, rispetto agli 8 presentati nel corso dell'86, e si terranno a novembre).

Arriviamo dunque alla crisi di marzo e alle dimissioni di Craxi.

3 MARZO - Mancando il voto di fiducia, voluto e deciso dalla DC che ha fatto quadrato attorno a De Mita, il secondo (ed è anche l'ultimo) governo CRAXI è costretto a rassegnare le dimissioni.

9 MARZO - Il presidente della Repubblica  Cossiga  conferisce  l'incarico di formare un nuovo governo a Giulio ANDREOTTI. Ma nonostante l'abilità del consumato politico le divergenze sono così tante (fra le altre cose si sono aggiunti anche i contrasti sui referendum) che è costretto a rinunciare.

L'incarico va poi alla comunista JOTTI; ma la sua strada è lastricata di così tanti veti, che la stessa Jotti - oltre che rinunciare-  ritiene che non sia più possibile ricucire lo strappo con un nuovo governo impostato sul pentapartito.

E' il turno di  FANFANI, ma anche il veterano di tante battaglie deve rinunciare. Non sono più i tempi d'oro quando lui accorreva come la "crocerossa". Montanelli lo aveva soprannominato il "rieccolo". Rispuntava sempre fuori dal magico "cilindro" politico nei momenti più critici.

Ci prova poi Oscar Luigi SCALFARO, ma è già bloccato fin dalle prime consultazioni e anche lui non ci mette molto per gettare la spugna.
Fra le tante iniziative, si  impegna anche il segretario del PCI NATTA di mettere insieme una coalizione. Ma tutti  questi tentativi fatti da COSSIGA sono  infruttuosi.

Chi chiamare? 


14 APRILE - Il presidente Cossiga, dopo tanti tentativi andati a vuoto, torna  nuovamente a conferire a FANFANI l'incarico per formare un nuovo governo.
18 APRILE - Ma è un'altra perdita di tempo; dopo tanta fatica per ricucire tanti strappi, Fanfani sale al Colle con la "lista", va perfino alla Camera a presentare il programma; in questa si svolge un acceso dibattito, ma alla conta il ....
28 APRILE .... non ottiene la fiducia. Il suo governo virtuale è durato soli 10 giorni.

Con i 10 giorni di non-governo e i successivi 91 giorni di crisi, il Parlamento batte ogni record di negatività.
L'Italia del comune cittadino anche il più agnostico osserva e scuote la testa, ma anche l'Italia impegnata a lavorare nel commercio, nelle imprese, nell'artigianato, oltre che essere scossa dall'indignazione, si interroga, inizia a protestare, e qualche tribuno inizia a fare discorsi populisti,  e nonostante questi, inizia ad avere delle attenzioni dall'elettorato; non è anarchico ma il clima dove si muove è quasi quello.
Chi è il tribuno? UMBERTO BOSSI.
Il suo movimento ha una modesta elaborazione ideologica e affonda le sue radici nell'antistatalismo della provincia lombarda, nel periodo feudo-medievale, con la lotta dei Comuni contro il centralismo imperiale del Barbarossa.

Nasce in sordina, ma sta muovendosi. Poi correndo in parallelo al disagio, sta allargando il suo "regno"; alle elezioni già si avverte una sua presenza, che è definita pittoresca, rozza, che fa la "politica artigianale", del "fai da te".
Dai politicanti di mestiere, lui, il capopopolo - questo Bossi - viene guardato dall'alto in basso. Perfino deriso per quella sua voce rauca quando con la sua irruenza arringa la folla come un tribuno.
Ma saranno proprio gli indolenti politicante di mestiere a dare al suo partito la vitalità per allargare il suo "regno", il regno degli "arrabbiati", della protesta verso (dice lui) i politici "mestieranti".



Qualcuno fra i "politici intellettuali",  inorridisce a sentirlo parlare, ma a portargli i sacchi di voti alla sua macina sono proprio loro, e lui il selvatico, macina, macina, macina voti; per il momento otterrà una sporta di voti (186.255), in quelle Europee ne porta a casa un sacco pieno (636.546) ma nel '94 lo troveremo con il mulino pieno di sacchi, 3.237.026 voti, e quasi tutti concentrati al Nord.
Al momento si chiama Lega Lombarda, poi la "protesta" si allarga, il fiume straripa, attraversa tutto il corso del Po; è la Val Padana ("LA PADANIA" dice Boss) dal Monviso al mar Adriatico e si chiamerà LEGA NORD, con la data di nascita 14 Febbraio 1991.

( VEDI QUI LA NASCITA DELLA LEGA DI BOSSI
le origini della Lega Lombarda in Ciociaria
"Cercasi Padania" >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>


Il governo virtuale di Fanfani resta comunque in carica come "governo elettorale" in vista dello scioglimento inevitabile delle Camere e il ricorso al voto degli elettori; con le elezioni che vengono fissate dal Presidente Cossiga per il 14 Giugno prossimo.

FINE APRILE - come se non bastassero le divergenze nei grandi partiti, ci sono anche i piccoli ad avere problemi interni con opinioni diverse. Come nel PRI che al congresso, il segretario SPADOLINI, dalle risse vuole prendere le distanze o restare alla finestra a guardare quelle della DC e del PSI. 

23 MAGGIO - Fra una protesta e l'altra, con la politica assente, un governo che non c'è, e chissà quando ci sarà anche nel dopo elezioni, molte categorie non si sentono più rappresentate dai sindacati, accusati di connivenza nella politica del disimpegno; ed questa politica del "tirare a campare"; un politico di prima grandezza, senza ritegno, così si è espresso.
Iniziano la protesta i macchinisti di treni, poi il personale delle ferrovie, poi quelli del settore autotrasporti, e i piloti, infine li imitano gli insegnanti. Sono tutti i protagonisti di dure contestazioni che durano mesi.
Tutte queste categorie di lavoratori non si riconoscono più nelle organizzazioni sindacali tradizionali e hanno dato vita ai Comitati di base (COBAS).
E se nelle altre categorie operano pochi addetti, in quella della scuola - molto più numerosi - l' iniziativa dilaga; l'alternativa a "fare da soli" piace.
Anche se è poi difficile avere degli interlocutori; infatti a fine anno dopo che gli addetti ai trasporti avevano paralizzato il Paese il ministro non ha voluto nemmeno incontrare una loro delegazione. Sono tanti ma sono considerati tutti "ribelli", quindi nessun dialogo con loro.

Il 23 maggio 40.000 insegnanti sfilano in corteo per le vie di Roma. I docenti chiedono di essere ammessi al tavolo delle trattative senza la mediazione dei sindacati confederali.
Minacciano il blocco degli scrutini. Ma sono snobbati anche loro. Intanto la protesta sale, e di sindacati autonomi il prossimo anno ce ne saranno non uno ma tre: i Cobas, lo Snals, e la Gilda.

Purtroppo ai tavoli delle trattative - quando il Governo ha la compiacenza di incontrarli - siedono soli i portaborse, o i rampanti "trombati" in attesa di entrare in qualche altra coalizione voluta dal "capo corrente", quindi non si espongono, non promettono nulla, mistificano solo; la latitanza politica è ormai il nuovo costume da mesi.
La crisi innestata da Craxi, e da altri cinque "compagnucci" della parrocchia-governo andrà avanti per 91 giorni di seguito, e tra una esplorazione e l'altra ci saranno tre governi e altre tre dimissioni.

Di governi nel corso dell'anno ce ne sono infine quattro, e fra il salire e lo scendere le scale del Quirinale tempo per dedicarsi ai problemi del Paese non ne rimane. Sono tutti "infognati" dentro le segreterie, o - senza far sapere nulla a queste - come cospiratori, dentro qualche compiacente salotto.

Del resto come potrebbero riunirsi? A fine mese, poi il 4 giugno,  uno sciopero dei treni, contemporaneamente a quello dei piloti, paralizza e getta nel caos il Paese. Perfino i politici non possono disporre dei loro treni-navette verso la capitale. Che qualcuno comincia a chiedersi "capitale di cosa?".
I più irritati - dalle parti della Lombardia - iniziano a chiamarla "capitale ladrona".

E se la protesta era in un settore, ora si allarga anche negli altri. 

23 MAGGIO - Fra una protesta e l'altra, con la politica assente, un governo che non c'è, e chissà quando ci sarà anche nel dopo elezioni, molte categorie non si sentono più rappresentate dai sindacati, accusati di connivenza nella politica del disimpegno, del "tirare a campare"; un politico di prima grandezza, senza ritegno, così si è espresso.

Iniziano la protesta i macchinisti di treni, poi il personale delle ferrovie, poi quelli del settore autotrasporti, e i piloti, infine li imitano gli insegnanti. Sono tutti i protagonisti di dure contestazioni che durano mesi.

Tutte queste categorie di lavoratori non si riconoscono più nelle organizzazioni sindacali tradizionali e hanno dato vita ai Comitati di base (COBAS).

E se nelle altre categorie operano pochi addetti, in quella della scuola - molto più numerosi- l' iniziativa dilaga, l'alternativa a "fare da soli" piace. Anche se è poi difficile avere degli interlocutori; infatti a fine anno dopo che gli addetti ai trasporti avevano paralizzato il Paese il ministro non ha voluto nemmeno incontrare una loro delegazione. Sono tanti ma sono considerati "ribelli".

Il 23 maggio 40.000 insegnanti sfilano in corteo per le vie di Roma. I docenti chiedono di essere ammessi al tavolo delle trattative senza la mediazione dei sindacati confederali.
Minacciano il blocco degli scrutini. Ma sono snobbati anche loro. Intanto la protesta sale, e di sindacati autonomi il prossimo anno ce ne saranno non uno ma tre: i Cobas, lo Snals, e la Gilda.

Purtroppo ai tavoli delle trattative - quando il Governo ha la compiacenza di incontrarli - siedono soli i portaborse, o i rampanti "trombati" in attesa di entrare in qualche altra coalizione voluta dal "capo corrente", quindi non si espongono, non promettono nulla, mistificano solo; la latitanza politica è ormai il nuovo costume da mesi. La crisi innestata da Craxi, e da altri cinque "compagnucci" della parrocchia-governo andrà avanti per 91 giorni di seguito, e altri fra una esplorazione e l'altra di altre tre dimissioni.

Di governi nel corso dell'anno ce ne sono quattro, e fra salire e scendere le scale del Quirinale tempo per dedicarsi ai problemi del Paese non ne rimane. Sono tutti "infognati" dentro le segreterie, o senza far sapere nulla a queste, come cospiratori, dentro qualche compiacente salotto.

Del resto come potrebbero riunirsi? A fine mese, poi il 4 giugno,  uno sciopero dei treni, contemporaneamente a quello dei piloti, paralizza e getta nel caos il Paese. Perfino i politici non possono disporre dei loro treni-navette verso la capitale. Che qualcuno comincia a chiedersi "capitale di cosa?". I più irritati iniziano a chiamarla "capitale ladrona".

Si arriva alle fatidiche elezioni di giugno in un clima di tante incertezze.

 

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