L'ITALIA ARCAICA


All'inizio, circa 180 milioni di anni fa, dalla costa dell'Africa settentrionale, lentamente nel corso di circa 20 milioni di anni si stacca una grande "zolla" lunga circa 1000-1200 chilometri, larga 100-150 chilometri; lasciando verosimilmente quel vuoto che oggi vediamo da Tunisi a Bengasi.

Quella "zolla" è la futura Italia, che vaga come una barca-isola nel futuro Mediterraneo, non galleggiando sull'acqua, ma sul Sima per circa 100 milioni di anni, fin quando al termine di questo periodo, fra i 60 e i 20 milioni di anni tocca e si unisce a quello che poi diventerà il continente europeo. L'impatto è così comprimente e continuo per alcuni milioni di anni, che mentre la zolla si unisce la compressione in entrambi i due lembi iniziano a formare corrugamenti, dando così origine a una prima abbozzata formazione della catena montuosa delle Alpi.


Alfred WEGENER,  per primo formulò una teoria "mobilista" dei continenti, che espose al mondo scientifico,  pubblicando nel 1915 la sua opera  La formazione dei continenti e degli oceani. Presuppose che le terre attualmente emerse costituissero all'inizio dell'Era mesozoica, un blocco unico che chiamò Pangea, circondato da un unico mare, vastissimo, che chiamò Pantalassa.  In seguito a colossali fratture, la Pangea sarebbe stata spezzata in molte "zolle" (continenti e isole) di Sial (così si chiama la crosta terrestre perchè costituita  in prevalenza  di silicio (SI) e alluminio (AL) ), galleggianti sul Sima ( lo strato sottostante ottenuto dall'abbreviazione di SI-licato di Ma-gnesio) che inizia ad una profondità di circa 40 km ("discontinuità di Mohorovicic/Moho") fino ad un limite inferiore di 2900 km ("discontinuità di Gutenberg").
Queste colossali fratture della Pangea diedero origine alla deriva dei continenti. Perdendo o aquisendo "zolle". E una di queste "zolle" galleggianti sul sima, come già detto, era l'Italia.

LA DERIVA DEI CONTINENTI - ANIMAZIONE (da 180 a 10 milioni di anni fa) > >
dall'Africa seguite il percorso della zolla penisola italiana

Volendo qui fare dell'ironia, quel distacco dall'Africa ci dà forse una singolare motivazione del perchè gli italiani, dal romano Scipione l'Africano fino ai recenti Napoleone, Crispi, Mussolini, hanno tentato sempre di sbarcare e riconquistare quel lembo di terra da dove ci siamo staccati. Poi terminati questi infruttuosi tentativi, sono ora invece gli Africani a sbarcare in questa nostra terra di lontana origine africana per riunirsi a......all'arcaica patria..
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Come le genti d'Italia traggono la loro origine da un succedersi di generazioni innumerevoli, il cui ceppo affonda nelle più remote età della preistoria, analogamente il suolo della terra italica è l'epilogo di una lunghissima storia geologica, una successione di eventi che risale agli albori della vita del globo. Che non si misura per migliaia, o decine di migliaia di anni come la storia dell'uomo, ma si contano in milioni di secoli. Tuttavia il lavoro del geologo, dell'antropologo, dell'archeologo e dello storico, pur operando in campi contigui, entrambi sfumano l'un l'altro. E spesso la storia arcaica primitiva della Terra si sovrappone alle arcaiche primitive forme di "Vita", vegetale e animale, e da quest'ultima alla preistoria umana, dove una precisa linea di confine è molto difficile da definire (entriamo qui nelle tanto discusse teorie "Evoluzioniste". .

Ci sono animali molto vicini all'uomo, e ci sono uomini molto vicini agli animali; alcuni ancora oggi non hanno un'etica, delle tendenze spirituali, non hanno civiltà, e alcuni hanno un vocabolario di non oltre seicento parole, che se ascoltate a chi non conosce quella lingua, sembrano suoni gutturali e non parole sillabiche, che iniziarono solo ca. 40.000 anni fa.
Negli ulimi secoli, abbiamo migliorato le nostre conoscenze del mondo, eppure poco più di un secola fa, Marmocchi, nella sua Grande Enciclopedia del Mondo (Cento dispense, tre corposi volumi, ancora nell'anno 1833), così si esprimeva parlando di alcuni uomini dell'Africa e delle Americhe: "sono quasi bestie, e nulla si deve fare per farli diventare civili, ma solo mettere a loro le catene ai piedi; inutile convertirli, sono una razza inferiore, una cosa sola serve loro - utile e necessario a noi - la catena, e per i ribelli la forca" (a pro del colonialismo -e della schiavitù- che era già iniziato da oltre un secolo).

Il geologo ha diviso la Storia della Terra in cinque tempi (le Ere) e l'archeologo pure, anche se in tempi diversi; il primo quando arriva all'ultima Era del globo ("quaternaria") inizia a chiamarla Storia della Terra Contemporanea (e la chiama anche "antropozoica"), e da quest'ultima, il secondo, usando quasi la stessa terminologia fa iniziare la Storia dell'Umanità, e la divide pure lui in cinque tempi: Preistoria, Antica, Medioevale, Moderna, Contemporanea.
Ma anche il geologo e l'archeologo, sfumano spesso con il lavoro dello storico, che nel lavoro di ricostruzione della Preistoria e di quella Antica (non è esente neppure la Medievale e la Moderna) attinge a leggende e miti, a fantasie di uomini, e spesso queste vicende si sovrappongono.

Ma se il primo, nel narrarci la Storia della Terra e le vicende geologiche italiane non sono molto diverse da tanti altri Paesi, il secondo insieme al terzo, con i reperti, devono mettere in primo piano il ruolo avuto dalla gente italica nello sviluppo della civiltà. E questo ruolo delle genti d'Italia nel panorama mondiale di tutte le altre civiltà non è poca cosa. Dai palafitticoli padani ad oggi sono esattamente 4000 anni di GRANDE storia e di GRANDE civiltà tutta italica, anzi italiana cioè: UNICA !!!

Iniziando, lasciamo da parte l'astrofisica, la formazione dell'Universo, le nebulose, l'origine del Sistema Solare e gli studiosi di fisica terrestre (lo facciamo in altre pagine), e affidiamoci, per compilare questa prima pagina, ai geologi, che ci dimostrano con i loro studi, che la penisola Italiana, nel complesso è una terra "giovane", anche se in qualche punto delle grandi Alpi cristalline piemontesi e lombarde, o in Sardegna e anche nell'Appennino Calabro, affiorano rocce arcaiche o i primitivi terreni delle Isole e della Penisola. Ma poco sappiamo, perché non è ancora bene conosciuta la preistoria geologica del nostro Paese. Occorrono perforazioni di diverse decine di migliaia di metri nelle piattaformi terrestri (minimo a 30.000 metri) e altrettanto nelle profondità dei nostri mari, oltre a complessi studi della radioattività delle eventuali carote delle sonde.
Quel poco che sappiamo, che è veramente molto poco, lo dobbiamo alla natura, alle sue grandi erosioni che demolendo le montagne, mettono poi in luce la loro più antica età. Che è forse -quella dell'Italia come basamento - di circa due miliardi d'anni. Che però, non era - come detto all'inizio - nel posto dove ora si trova.

Di questi due miliardi sappiamo molto poco; ancora poco degli ultimi 300 milioni di anni, qualcosa di più negli ultimi 100-50 milioni di anni, e che chiamiamo oggi "geologia antica", o dell' "era arcaica".



In questo periodo la nostra penisola con un piccolo lembo si è già unita al continente, ma non ha per nulla l'aspetto della nostra Italia, perchè è ancora quasi completamente sommersa dal mare. Tuttavia adagiata sul sima, proprio sotto il mare si andavano costituendo quelle formazioni che più tardi emersero come rocce cristalline, e che ora fanno parte delle Alpi, della Calabria, della Sardegna ecc.



era primaria inizio secondaria ---------- periodo eocenico ---------------- periodo pliocenico


Come possiamo vedere per gran parte dell'Era Primaria e all'inizio della Secondaria, l'aerea italica fu coperta da mari. E nei fondi di questi mari si andavano depositando fanghiglie di varia specie, che poi si impietrivano in calcari, arenarie, ardesie. Nelle prime regioni che poi emersero (Friuli, Sardegna, Calabria, Puglia) si trovano ancora nel terreno, racchiusi i resti degli organismi che vissero in quegli antichi mari.

Verso la fine dell'era primaria, nella regione italica (come altrove) si ebbero intensi corrugamenti della crosta terrestre, che fecero sorgere dal mare varie zone continentali, in Italia sono quelle che sono oggi le regioni alpine, le toscane, le calabro-sicule, e le corso-sarde. Su tali aree, frastagliate e generalmente allora poco elevate, in parte ancora paludose, si sviluppò una ricca flora, rappresentata da felci gigantesche, conifere varie, ecc.

Quest' ''era primaria o paleozoica", è divisa anch'essa in cinque periodi (cambriano, siluriano, devoniano, carbonifero, permiano) Ad ognuno corrispondono altrettante serie sedimentarie; e di tutte troviamo nei lavori dei geologi una ricca documentazione, anche se frammentaria nell'area italiana.
Fin dal cambriano (500 milioni anni fa) abbiamo organismi conservati allo stato fossile. Dai mari antichissimi popolazioni d'invertebrati e poi di crostacei (triboliti, archeociati), come nella Sardegna meridionale (Iglesias), che per quanto noto - e lo vediamo nella prima immagine sopra - fu il primo lembo terrestre d'Italia baciato dal sole, con pochissime successive modifiche .

Del siluriano,(400 milioni anni fa) (assieme al proliferare dei primi pesci) abbiamo sedimenti marini, che oggi ritroviamo negli strati delle Alpi Apuane, e pare che si estendano fino alle Alpi Venete, Tridentine e nell'Ortles.
Sedimentazione del devoniano (300 milioni anni fa) sono presenti nell'area carnica (le giogaie).
Ma di larga risonanza, su tutta l'area italiana, sono le manifestazioni nei due ultimi periodi:
il carbonifero e il permiano (dai 300 ai 200 milioni di anni fa, con la successiva comparsa degli anfibi, dei grandi rettili, dei dinosauri)

Contemporaneamente ai grandi eventi geologici in atto nelle altre catene montuose del pianeta, in Italia si formò in quest'epoca la catena paleo-alpina, con i massicci del Monte Bianco, del Gran Paradiso, del Rosa, del Baveno, del Gottardo, ma non ancora così alte come le conosciamo. E poco più tardi nelle Alpi Carniche, i sedimenti terrigeni, hanno già accumulato qua e là, grandi depositi di carbone antracite, formatisi dai cimiteri di piante d'alto fusto, dove fra queste già volavano i primi insetti e si aggiravano i primi rettili e anfibi.
Il lungo periodo si chiude in Sicilia con formazioni di scogliere, e nell'area alpina con depositi lagunari gessosi.

Torniamo per un attimo alla fine dell'era primaria e all'inizio dell'era secondaria. Sorte le grandi catene montuose, si concludeva anche nello sviluppo delle forme di vita un periodo della storia terrestre, e si apriva un altro lungo periodo, il "triassico" che doveva portare nella penisola nuovi assetti della sua terra, dei suoi mari, e una successione ricche di faune e flore.
E' un periodo quello "triassico" che la flora ha un intenso sviluppo di conifere, mentre nella fauna i signori della terra e del mare sono i rettili, poi seguono i primi uccelli e subito dopo (circa 100 milioni di anni fa) i primi mammiferi.
Sedimentazioni, abbassamenti marini, arcipelaghi corallini, colate laviche, ma anche alghe calcaree e miliardi di miliardi di conchiglie, contribuiscono a creare scogliere, che quando poi si solleveranno andranno a creare grandi montagne, come i colossi nella zona dolomitica .

I mari si fanno più estesi e profondi nel successivo "periodo giurassico". Intensa è l'attività vulcanica sulla terra e in fondo al mare (in Sicilia). Grandi uscite di masse magmatiche nel nord, contribuiscono a formare altre montagne, come il Monviso (rocce verdi).
Le aree continentali sorte verso la fine della primaria, si andarono all'inizio della secondaria gradatamente sommergendo in gran parte, e così la regione italica ridiventò una vasta area marina, fra cui apparivano solo poche isole ed arcipelaghi, residui di terre ben più estese. Tutto questo durò per un lungo periodo.

Arriviamo al "periodo cretaceo". Il dominio del mare è su buona parte della penisola, con grandissime deposizioni di sedimenti calcarei, selciferi, fanghi argillosi. Alla fine di questo periodo, i mari si ritirano, e oltre che lasciare detriti (soprattutto nella pianura Padana), movimenti giurassici, spinte poderose dei continenti, arricciano ulteriormente la crosta e per la compressione sollevano i sedimenti, dando il primo quasi definitivo assesto di tutta la catena del sistema Alpino.

50 o 60 milioni d'anni fa si apre la storia della cosiddetta "èra terziaria" o "cenozoica". Si compiono i grandi eventi che poi si concludono. Nel mondo organico lo sviluppo nelle piante è quasi esplosivo fino ad arrivare alle varietà e caratteristiche attuali, e non meno esplosiva è la fauna terrestre e quella marina; ai rettili si sostituiscono tutte le forme attuali degli uccelli e dei mammiferi.

In quello fisico, si verifica un altro sollevamento delle catene montuose (dalle Alpi, all'Himalaia, alla Cordigliera), e migliaia di vulcani sono in attività; in Italia l'arco Alpino inizia a prendere l'aspetto definitivo. Le Alpi formano il grande baluardo a nord, negli Appennini emergono le prime dorsali, e nel "neogene" (diviso in "miocene" e "pliocene") la forze della natura iniziano a plasmare l'Italia e le sue isole. Nell'ultima sua fase, alla fine del pliocene, torna a dominare il mare, le dorsali appenniche si elevano ancora, creando montagne e una miriade d'isole (vedi sotto prima immagine) e nel sud con le grandi eruzioni vulcaniche, emergono o sprofondano negli abissi altre terre, che si riuniscono in certi punti con l'Africa; questi collegamenti ("ponti continentali") più volte sono solo temporanei, ma permettono in certi favorevoli periodi climatici, l'immigrazione di mammiferi africani: proboscidati, rinoceronti, leoni, ippopotami, gazzelle e scimmie. L'immigrazione sarà breve, il clima si raffredda, e si annunciano altri grossi mutamenti, fra terra e mare.

INIZIA L'ERA QUATERNARIA. - L'ERA DELL'UOMO

E' un periodo breve, ma molto movimentato in quello fisico come in quello climatico. Le Alpi continuano ad avere impulsi di sollevamento, ma per il clima rigido, si ammantano a varie riprese d'immensi ghiacciai, fino agli sbocchi delle grandi valli rocciose abbozzate in precedenza, che scavano, modellano, creando ai lati immense morene (come la Serra - da Ivrea a Cavaglià - un "muro" perfetto, singolare, alto 600 metri, lungo dieci chilometri. Morene che trattenevano miliardi di metri cubi di ghiaccio che scendevano dall'attuale Valle d'Aosta).
Grandi gettate di detriti alluvionali vanno a costituire le maggiori pianure, da quella del Po al Campidano; questi immensi territori rocciosi sbriciolati si trasformano in ideali terreni per le piante, creando immense foreste. Al centro e nel sud dell'Italia, fiammeggiano ed eruttano vulcani, modellano e danno gli ultimi ritocchi alla penisola Italia. Il clima è alternante, piovoso o secco, e i mari, nel primo caso invadono ampi territori (come l'intera pianura del Po) oppure nel secondo caso si ritirano, lasciandosi alle spalle (vedi seconda immagine sopra) una miriade di laghi, fiumi, torrenti, che ogni tanto con i grandi diluvi in atto, uscendo da lori letti ancora poco profondi, causano apocalittiche alluvioni nelle pianure appena formatisi.

Fu proprio il Quaternario con un nuovo formidabile sforzo di sollevamento della crosta terrestre (ne sono prova le conchiglie marine che ora si trovano fin quasi all'altezza di oltre mille metri sul mare- come a Bolca (fra Verona e Vicenza)) che fece sempre di più emergere la regione italica, la quale assunse gradatamente la forma e il rilievo attuale.
Le alluvioni colmarono a poco a poco le numerose grandi conche lacustri ma gli emissari le svuotarono a poco a poco, in modo ch'esse si cambiarono in varie regioni pianeggianti.

Acqua, vento, ghiaccio, ogni tanto danno le ultime pennellate al paesaggio, in montagna come nelle valli, nelle pianure come nelle coste. Il manto vegetale è immenso e lussureggiante; la fauna altrettanto.
L'Italia fisica è fatta; ma manca ancora l'uomo, manca l'Italico. Un essere semplice, quasi inerme, ma così intelligente da riuscire ben presto a vincere le tante difficoltà dell'ambiente.

Abbiamo cioè i primi uomini italici paleolitici (della "pietra antica") che usano oltre il bastone, il semplice ciottolo e la pietra rozza, e sono essenzialmente nomadi, cacciatori, viventi all'aperto o si riparano in rifugi naturali, anfratti, grotte. Segue poi l'uomo neolitico (della "pietra nuova") cioè utilizza la pietra lavorata, levigata, assieme con vari utensili di selce. Fa ancora il cacciatore ma è già parzialmente un pastore sedentario, vive già in capanne o in grandi caverne.

Quali sono stati i primi uomini apparsi nella penisola non lo sappiamo. Ma sappiamo che le prime armi (o attrezzi) di pietra scheggiata (del paleolitico antico) sono state rinvenute a Torrimpietra presso Roma. Sappiamo che i più progrediti uomini della razza Neandertal (paleolitico medio) lasciarono tracce della loro presenza in numerose grotte litoranee, dalla Riviera Ligure alla Terra d'Otranto; insieme con ossa d'orsi, elefanti (questi anche in Sardegna), rinoceronti, leoni (questi perfino nel Veneto). Con l'ultima grande espansione glaciale, oltre a nuove migrazioni umane, si verificano anche migrazioni di animali verso il nord Europa, che oggi chiamiamo nordici, quali renne, stambecchi, mammouth.

La storia del suo divenire, della penisola e del suo primo abitatore, ora diventa complessa, oltre che essere parziale. Molti capitoli sono sconosciuti, forse nel tempo si aggiungeranno, se le ricerche continueranno nella terraferma attuale come nelle grandi profondità marine, dove esistono monti, valli e pianure a noi del tutto sconosciute, e che molto probabilmente, furono come pare, un tempo lontano illuminate dal sole, forse anche abitate dai primi esseri viventi, forse anche i primi ominidi, ma poi sprofondati negli abissi..

Le più antiche testimonianze dell'uomo paleolitico italico, sono venute alla luce a Capo Rossello (Agrigento), e appartengono ad una fase evoluta della cultura del ciottolo scheggiato; la loro età potrebbe risalire fino ad un milione d'anni fa. Altrettanti oggetti, molto simili, sono stati scoperti nel Gargano, in Calabria, Lazio, Toscana, Romagna.
In Sardegna, le tracce più antiche lasciate dall'uomo sono costituite dagli strumenti di pietra scheggiata ritrovati a Perfugas (SS), risalenti al Paleolitico inferiore, (500.000-100.000 a.C.) e da quelli ritrovati ad Oliena (NU), presso la grotta Corbeddu, risalenti al Paleolitico superiore (35.000-10.000 a.C.).

Non mancano amigdale di tipo arcaico, a Quinzano (Verona), a Madonna del Freddo in Abruzzo, o a Capri. Importanti giacimenti di oggetti dell'acheulano medio sono documentati dall'importante giacimento di Torre in Pietra, presso Roma, databile 400-350.000 anni fa.
All'interglaciale Riss-Wurm, 150.000 anni fa, risalgono antichi resti umani scoperti in una cava di Saccopastore (periferia di Roma); un tipo primitivo di neandertaliano. E un'altra presenza di questo tipo d'uomo è data dall'uomo del Circeo.

Esiste fino al 35.000-10.000, un'evoluzione dell'uomo neandertaliano (in Italia come nel resto d'Europa), ma l'uomo che troviamo in Italia, nel paleolitico superiore (18-17.000 anni fa) si allontana moltissimo da quello, che ben presto si estinguerà del tutto nel resto dell'Europa. Un altro ceppo migratorio proveniente dall'Africa lo ha sostituito e ha, questo, maggiori capacità di dominare la natura e maggiori capacità di organizzarsi. Alimentandosi non solo di carne ma anche di vegetali, oltre che proteine consuma importanti vitamine e soprattutto (dai frutti) ingerisce zuccheri (glucidi) che con i lipidi sono l'alimento principale del cervello.

Nei Balcani, nella Provenza, nel Levante Spagnolo e in Italia, l'uomo della cultura mediterranea epigravettiana (17.000-10.000 anni fa) insieme con quello romanelliana (10.000-7.000 anni fa), si caratterizza da un precoce uso di strumenti microlitici, e dal progressivo passaggio da un'economia di caccia grossa, ad un'economia di animali a taglia piccola o molluschi.

Il tipo di ominide predominante di questo periodo è il Cro-Magnon. Sepolture di questi uomini cromagnonoidi, del paleolitico, con tratti proto-mediterranei, proto-italici, sono presenti in Liguria, Puglia, Calabria e nel Fucino.

La scoperta dell'agricoltura, dell'allevamento, vivendo più a lungo nelle caverne, permettono a questi nuovi uomini di avere tempo a disposizione, e ci lasciano molte testimonianze di un'attività anche artistica; non sappiamo sul perché essi svolgessero tale attività i cui risultati ci appaiono spesso "belli" e anche sostanzialmente affini a quelli di attività figurative molto più recenti.
E' chiaro che fra le azioni di scheggiare una pietra, quella di accendere un fuoco e quella di modellare con le dita l'argilla, o addirittura di incidere o dipingere figure di animali, vi sono profonde differenze. Le motivazioni su queste ultime non sono ancora ben chiare, forse il criterio era nel dare a queste "opere d'arte" (statuette, ossa incise, pitture parietali, con figure di animali e segni geometrici o astratti) un valore magico.
In Italia le prime "opere d'arte" compaiono nella grotta di Paglicci nel Gargano (i cavalli); altre figure nel Riparo del Romito in Calabria, a Levando, nelle grotte Polesini presso Tivoli, e a Romanelli presso Otranto. Eccezionale la rappresentazione di dieci personaggi che sembrano danzare, scoperta sul monte Pellegrino presso Palermo.

Tra il VII e il VI millennio nel Tavoliere Foggiano compare la cultura della ceramica a decorazione impressa, che si diffonde prima nell'intera Puglia, poi nel Materano, in Sicilia, in Campania.
Fino al II millennio questa ceramica impressa si evolve, si arricchisce di nuovi elementi sia per evoluzione locale sia per gli influssi culturali provenienti dall'Oriente, che si diffonde sulla costa adriatica, nelle Marche, fino in Liguria (intesa come attuale Piemonte e buona parte della Lombardia), poi nel resto della Pianura Padana, nella Val d'Adige (detta del Fiorano), nell'Emilia e in Toscana.
Ma mentre in queste ultime regioni di pianura e montane settentrionali, la popolazione era ancora dedita alla caccia in un ambiente di boschi e praterie, quelle meridionali iniziavano un'economia interamente fondata sulla produzione di cibo con l'agricoltura e l'allevamento, in numerosi villaggi, che nel solo Tavoliere (le fotografie aeree li hanno individuati) erano più di mille, formati da capanne circolari e delimitati da ampi fossati di difesa. (una tecnica indubbiamente medio-orientale).
Le espressioni d'arte nella ceramica è notevole, raggiunge quasi la perfezione, con decorazioni tricomiche, a bande (Scaloria sul Tavoliere e a Capri-Lipari), o motivi a scacchiera, o meandriforme, o a losanghe, o a triangoli e anse elaborate; o dipinta in rosso o bruno con motivi a triangoli, o linee spezzate e punteggiate come l'attuale arte stratta (cultura di Ripoli).

Un secondo gruppo di particolare arte rupestre neolitica è quello della Valcamonica con numerose incisioni schematiche di figure umane in vari atteggiamenti; o espressioni di nuove concezioni religiose e... sociali (infatti, compaiono con le armi in mano).

Nel III millennio, oltre a quanto detto sopra, contemporaneamente avviene una fondamentale trasformazione: si diffonde la metallurgia del rame, che permette la costruzione dei primi aratri, ma anche delle prime armi. Nel rito della sepoltura -che nel neolitico italiano l'inumazione avveniva in posizione fortemente rannicchiata- nei corredi di alcuni guerrieri abbondano di questi arnesi metallici, pugnali, asce, cuspidi di frecce.
L'origine della metallurgia indubbiamente è transcaucasica, perché molti oggetti metallici (come le teste di mazza sferoidali) sono identici a quella della cultura kurgan delle steppe.
Del resto per la prima volta si notano presenza di genti brachicefali, approdate nella penisola o via mare, o via terra. Molti autori con argomentazioni spesso diverse (e alcuni persistono nelle loro tesi, senza aggiornarsi con le ultime scoperte archeologiche) riconoscono che sono le prime genti indo-europee penetrate in una Italia ancora arcaica.
Queste genti con spiccate tendenze all'agricoltura, arrivando specialmente dal nord-est si aggiunsero alla razze italiche dei Siculi o Sicani, Liguri Iberi, ecc., fondando villaggi del tutto nuovi, su palafitte nei laghi subalpini, oppure in luoghi propizi nella (allora) molto paludosa Pianura Padana.
Questo perchè i vulcani si erano andati spegnendo un po' dappertutto (rimasero attivi solo Vesuvio, l'Etna, Vulcano); i grandi ghiacciai andavano scomparendo o rimpicciolendosi si ritiravano nei più alti recessi delle Alpi; le fiumane si abbassarono e iniziarono a mantenersi negli alvei scavati dalle loro stesse acque; l'Italia così a poco a poco assunse la configurazione attuale.

Durante tutto questo periodo dell'età del bronzo (2000-1600 a.C.) l'Italia è divisa in due cerchie culturali: Polada (palafitticola) a Nord, e la protoappenninica nella penisola, mentre la Sicilia è frazionata in varie culture, alcune (nella parte orientale) con netta ispirazione orientale e medioelladica.
Nel centro (soprattutto nel Lazio) i diversi gruppi, sempre di più elaborano patrimoni culturali comuni, anche se l'economia è ancora fortemente pastorale.
Improvvisa, e importante per lo sviluppo, è la comparsa della fiorente metallurgia del bronzo, che in breve tempo diffonde su tutta la penisola gli oggetti con questa nuova tecnica della fusione.
Parallela a questa diffusione -quindi la tesi è che sia dovuta all'arrivo di una nuova popolazione- sorge la "cultura terramare" nell'Emilia, che in breve si ricopre di numerosi insediamenti, aumentando la popolazione in modo considerevole.
"Terramara" - è una voce di origine emiliana derivata dal termine latino "terra mala" o terra cattiva, e sta a indicare quei depositi a cumulo di terra nerastra lasciati dagli antichi abitatori, costituiti dai resti di estese abitazioni protostoriche, che fino a pochi decenni fa erano del tutto ignorate.
Sono più di duecento i villaggi terramaricoli conosciuti finora nella pianura padana, compresa tra l'Adda e l'Adige nella parte settentrionale e tra il Reno e l'Arda nella zona meridionale. Sono trascorsi ormai quasi tre millenni da quella lontana civiltà ma gli insediamenti sono perfettamente riconoscibili. La forma di collinette - molto simili ai tell del Medio Oriente - tradisce la morfologia originaria.

Siamo nel periodo del 1600-1200 a.C. I numerosi insediamenti palafitticoli nell'anfiteatro laxustre prealpino (Garda, Ledro, Brianza, Fiavè, colli Berici e Uganei), con una popolazione che possiede rispetto alle altre una straordinaria cultura (agricola, allevamento, metallurgica e "ingegneristica"), non sappiamo per quali ragioni, scende prima nella pianura Padana, e disperdendosi ad est e a sud, con la terramaricola in Emilia, con l'Atestina nel Veneto, si fonde, contribuendo a dare una forte accelerazione culturale e un grande sviluppo nell'economia agricola (e forse anche politica). Si assiste anche al biritualismo nei riti funerari; i primi adottavano l'incenerazione delle salme (civiltà dei Campi d'Urne), i secondi l'inumazioni in tombe (nella zona sotto il Palatino, nel periodo 1200-800 a.C. sono presenti entrambe).

"Tutta la cultura appenninica, e ben presto anche quella del Lazio, poi nel sito dove sorgerà Roma, diventa omogenea, le sue manifestazioni si estendono a tutta la penisola, che mutua moltissimo le culture dei nuovi arrivati, che sono interpretate, migliorate, arricchite, e che dal punto di vista etnico, sono le vere espressioni dei popoli italici" (U.Rellini) e più precisamente come "espressioni del gruppo italico più antico formato da siculi, ausoni e latini" (L. Bernabò Brea, F.G. Lo Porto) delle popolazioni, cioè, conosciute dal mito greco col nome di itali o enotri.
Gli influssi nel resto della penisola, provenienti dall'ambiente palafitticolo e terramaricolo sono enormi, e degno di attenzione il circuito di idee.

La cultura italica, locale, pur grande debitrice a quella sopraggiunta, come se possedesse una creatività e un'ingegnosità latente da millenni, esplode e diventa subito distinta, con caratteri propri. Carattere che, anche se poi, dopo la caduta dell'Impero Romano, é soffocato nei secoli bui, rimane latente, e nuovamente riesplode nella Rinascenza, come in nessun'altra parte del mondo.

Fino a non molti anni fa, alcuni ritenevano che i palafitticoli siano giunti dal centroeuropa (cultura del Rodano), mentre ora sappiamo proveniente dalla mitica civiltà Trace (5000-4000 a.C.), da Varna, dopo aver risalito -forse circa 2000 anni a.C.- il basso, il medio e poi l'alto Danubio. Le testimonianze, sono nello straordinario museo palafitticolo di Ledro, dove accanto, sulle sponde del lago, sono ancora integre le fondazioni palafitticole del villaggio, uguali a quelle numerose oggi scoperte a Varna, e identiche nella tecnica a quelle poi adottate nella laguna veneta e successivamente dai fondatori di Venezia (ed è proprio di questo periodo lo stanziamento dei "Venedi" nella zona dal Tagliamento al Mincio).
A Ledro possiamo vedere gli albori della civiltà palafitticola sviluppatasi nella penisola italiana, circa 600-800 anni prima ancora dell'arrivo degli etruschi e dei greci. E in una forma del tutto autonoma, anche se le radici di entrambe sono sempre del basso Danubio-Mar Nero-Mar Egeo. Questo è confermato dagli utensili, dalla ceramica, ma soprattutto dalla fusione dei metalli, e per lo stile di vita, decisamente superiore ad ogni altro gruppo presente in questo periodo sulla penisola fino al fatidico anno 1000 a.C.


Nei palafitticoli stanziati in Italia, vi sono testimonianze di forti influssi micenei: pugnali, coltelli, asce, elmi e corazze, ma anche comuni oggetti, trovati poi nelle tombe micenee antiche di 1500 anni - Ed avevano conoscenza della vite (sconosciuta in Italia fino al 700 a.C.) e perfino dell'alcool; inoltre a Ledro compare il frumento di due specie, il Triticum csphaerococcum e il monococcum. Due ibridi che erano coltivati solo sul mar Nero e sul mar Caspio (vedi per questo centro agricolo mondiale dell'antichità "IL PARADISO DEL MONDO"), tipo di grano non ancora presente in Grecia, tanto meno in Puglia, e del tutto assente questo tipo nel centro Italia e negli Appennini bolognesi. (vedi link sugli Etruschi, e sulla Fondazione di Roma dalla Preistoria - per i movimenti di queste popolazioni)


I palafitticoli sono abilissimi nelle costruzioni sull'acqua, nella deviazione dei fiumi e nelle costruzioni di canali per far defluire le acque e prosciugare terreni.
Stando ai resti archeologici - oltre che all'agricoltura si dedicavano alla metallurgia, alla ceramica e alla tessitura (anche quest'ultima ancora nell'anno 1000, del tutto sconosciuta in Italia). Pure il tenore di vita doveva essere elevato proprio in virtù di queste attività e all'intenso commercio basato sugli scambi con popoli confinanti o con quelli lontani. Anche se attorno a questi c'è tuttora un fitto mistero mancando fonti scritte, stando a talune notizie pervenute fino ai giorni nostri, sembra che essi abbiano avuto rapporti con gli Egizi, i Fenici e con i Micenei, che portarono qui le loro ceramiche, o addirittura con popoli dell'estremo nord europeo, e precisamente con gli Scandinavi (altrimenti l'ambra rinvenuta a Ledro da dove veniva?).

Nel 1200 a.C., come abbiamo già detto, i palafitticoli e i terramaricoli, quasi all'improvviso scompaiono (ed era fino allora la popolazione più numerosa di tutto il Norditalia). Ma anche nel sud con la scomparsa della civiltà micenea cessano (temporaneamente) i rapporti con il mondo egeo.
Su tutta la penisola avviene una grande unificazione culturale, i tipi di ceramiche sono simili e si ritrovano da un capo all'altro dell'Italia, anche se hanno caratteri propri che distinguono le antiche culture regionali.

Dal 1200 al 1000 a.C. la documentazione archeologica non ha ancora ricostruito bene gli avvenimenti di questo periodo; ed è molto difficile ricostruirlo. Oltre la misteriosa dispersione dei palafitticoli a sud del Po, c'è l'arrivo dei Venedi nella pianura nord orientale; poi alcune popolazioni di origine illirica, gli iapigi, che si stanziano lungo le coste adriatiche italiane fino in Puglia; contemporaneamente si costituisce un nuovo grande gruppo culturale in Romagna e nell'area tra l'Arno e il Tevere; e non sappiamo fino a che punto svolgono una funzione decisiva nella più antica storia d'Italia; ed è il gruppo Villanoviano. Dentro vi è di tutto, intimamente fuso: cultura dei campi di urne, palafitticola, terramare, appenninica, e ci sono gli ultimi arrivati approdati in Toscana, via mar Tirreno (che dal loro re prende pure il nome), e sono gli etruschi. Che invece di unire, provocano la frantumazione di quell'omogeneità culturale villanoviana che si stava già sviluppando sull'intera penisola.
Molti popoli sono sospinti su altre terre; i Siculi che erano nel Lazio emigrano a sud; i Latini stanziati nella conca del Fucino (nella Marsica, Abruzzo), sono sospinti a sud del Tevere, occupando i colli Albani, ma portandosi dietro culture d'origine settentrionali, come il tipo di ceramica; e fino alla fondazione di Roma praticano, insieme agli altri, il rito della cremazione.
I colli Albani solo recentemente (forse da cento-duecento anni - 1200-1000 a.C.) era diventata una regione abitabile, a causa delle eruzione dei suoi circa cinquanta crateri che aveva nei dintorni, che la ricopriva a intervalli con uno spesso manto di cenere. Che ritardò l'epoca dell'agricoltura ma allo stesso tempo, ne assicurò poi la prosperità con una fitta vegetazione. Di conseguenza non esistevano prima di questa emigrazione "marsica-latina, precedenti abitanti a disputarne il possesso. Di questi centri, Plinio ci informa che nel V secolo erano 60, ma che ai suoi tempi erano erano sopravvissute solo queste quaranta cittadine; Tusculum, Nemorensis, Aricia, Ardea, Antium, Satricum, Pometia, Anxur (Terracina), Signa, Ferentinum, Anagnia, Norba, Cora, Velitrae, Antium, Lavinium, Bovillae, Ficana, Marino, Frascati, Ostia, Labici, Gabri, Tibur, Pedum, Praeneste, Circei, Collatia, Antemnae, Ficulea, a nord del Tevere e Atiene, Silva, Fidenae, Ficulea, Nomentum, Crustumenum, Capena, Eretum, Carsioli, Varia.

E' questo il primo periodo in Italia dell'età del ferro (XI-VIII sec. a.C.), con profonde e rilevanti trasformazioni d'ordine economico, sociale, politico e culturale.
Le nuove popolazioni iniziano a raccogliersi in piccoli ma importanti centri urbani, circondati da un territorio agricolo, e queste strutture "cittadine" iniziano l'egemonia sulle popolazioni delle campagne, creando così le prime classi sociali, e al vertice di queste emergono come importanza e ricchezza i guerrieri, che consolidando con la forza il loro potere, lo tramandano poi ai propri discendenti, che in brevissimo tempo vanno a costituire l'aristocrazia etrusca.
Una classe chiusa verso le popolazioni locali vicine, con un tipo esclusivo di politica all'interno della loro società, che porta ad ignorare le stesse popolazioni locali, anzi vi esercita una posizione di forte predominio colonialista e quindi separatista, o al massimo li aggregano come servi e lavoranti della propria terra.

In parallelo a questi insediamenti nell'alto Tirreno degli Etruschi, e dei Latini nei colli Albani, altri insediamenti, destinati anche questi ad avere una forte incidenza nella storia d'Italia, avvengono nel basso Tirreno, nello Ionio, nel basso Adriatico e in Sicilia; sono i Greci. Per questi ultimi la colonizzazione era inizialmente per intensificare gli scambi commerciali, e solo dopo il fenomeno culminò con la fondazione delle prime colonie (nel 755 a.C. Pithecusa, nel 750 Cuma, nel 733 Siracusa e subito dopo in altre città lungo tutte le coste dei tre mari, dal sud del Lazio fino in Sicilia,
Gli uni e gli altri nell'arco di un paio di secoli, operano una profonda svolta culturale in senso orientalizzante ed ellenizzante, che rappresentò per l'Italia centrale il definitivo superamento delle condizioni protostoriche e il passaggio alla civiltà urbana.
Dal sec. VII al VI, Catone scrive che tutta l'Italia era sotto il dominio etrusco; attraverso Preneste, gli etruschi dominarono la via tra Lazio e Campania, occuparono parte di queste regioni e controllarono la nascente e temuta Roma. Per fermare l'espansione dei loro cugini greci, gli etruschi si allearono con i Cartaginesi, ma furono ridimensionati dopo la vittoria di Gerone di Siracusa a Cuma nel 474, e perdettero così il controllo del Lazio e Campania.

Nello stesso periodo (quindi solo nel VI-V secolo) a nord della penisola, nella valle padana, scende dal nord una nuova popolazione, sono i Celti (dai Romani chiamati Galli) e i Cimbri; e sono loro a fare alcuni tentativi di colonizzare questi territori padani, fino al III secolo, cioè fino all'arrivo dei Romani.

Ma a questo punto, è meglio andare nei vari periodi a partire dalla fondazione di Roma, e seguire così, anno per anno, i successivi eventi.

Per prima cosa ci occupiamo del nome "ITALIA" > > >

Fonti bibliografiche
APPIANO - BELL. CIV. STORIA ROMANA
CASSIO DIONE - STORIA ROMANA 
PAOLO GIUDICI - STORIA D'ITALIA 
UTET - CRONOLOGIA UNIVERSALE
ENCICLOPEDIA EUROPEA - GARZANTI
IMMAGINI DA L' ITALIA FISICA - TOURING CLUB ITALIANO
+ BIBLIOTECA DELL'AUTORE 

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