AVIAZIONE

6 AGOSTO 1945 - ORE 9.35.17
QUANDO L'INFERNO SCESE SULLA TERRA

(tecnicamente chi la possiede la chiama "Arma tattica nucleare"
chi invece tenta di fabbricarsene una la si chiama "Arma di sterminio di massa")

vedi anche QUI > >

 

LA STORIA di quel giorno.


Da un Boeing B.29 dove il comandante TIBBETS ha fatto dipingere sulla carlinga il nome di sua madre ENOLA GAY, viene sganciata la prima bomba a Uranio su Hiroshima (la città più intatta del Giappone "per dimostrare meglio la favolosa potenza distruttiva della bomba" dissero gli strateghi).

(I due bombardamenti negli  annuali della storia nucleare,
sono ancora oggi  registrati come 2 “test” della "bomba tattica nucleare"). 

Il puntatore TOM FEREBEE premuto il pulsante per lo sgancio, contò i 35 secondi necessari alla bomba per raggiungere il suolo, poi da 18 chilometri nel frattempo percorsi, si accinse a guardare  fuori l'"effetto": rimase impietrito "Mi parve che il sole fosse calato d'improvviso sulla terra, per poi risalire. Dio mio che cosa abbiamo fatto!".

Un lampo, un ciclone di fuoco, un fungo gigantesco che saliva al cielo, poi un vento della forza di 1200 chilometri e la città scomparve dalla faccia della Terra,  non con una morte nera ma con un abbagliante sole sceso sulla terra. Vite umane liquefatte, ritornate atomi, calcinati i corpi, ustionati, piagati e contaminati dalle radiazioni dal punto zero fino a dodici chilometri di raggio. Nemmeno l'Apocalisse aveva mai accennato ad un castigo divino così sterminatore.

Fu questione di un attimo, per molti abitanti appena il tempo di percepire l’immenso lampo luminoso. Nella zona dell’ipocentro la temperatura balzò in meno di un decimo di secondo a 3000-5000-50.000- 800.000 °C. Ogni forma di vita nel raggio di ottocento metri svanì in seguito all’evaporazione dovuta al tremendo calore.

Truman secondo i presenti esclamo' "É questo il più grande avvenimento della Storia". Il Giappone invece non si era ancora nemmeno reso conto di quanto era accaduto; una città intera, alla radio, ai telefoni, sembrava scomparsa, volatizzata;  pochi minuti prima era stato sì segnalato ma quasi con noncuranza un solo aereo in quella zona, ad altissima quota, ma poi più nulla;  eppure la città si era "eclissata".
Ed era proprio così, alcuni esseri umani sull'asfalto avevano lasciato solo l'ombra di un sole devastatore fabbricato da altri umani; la loro anima era salita in cielo insieme a quel lampo che aveva visto il pilota, ma pure i loro corpi stavano salendo in cielo insieme al grande fungo, perché tutti corpi erano diventati ormai molecole, atomi.

NISHIMA, il fisico nucleare giapponese, quando solo il giorno dopo arrivarono le prime notizie, ebbe un dubbio, fece appena il tempo ad intuire che era stata una esplosione nucleare, che subito su Nagasaki si levò un altro lampo. Altri 102.275 morti e una città in cenere. Un altro "esperimento", questa volta una bomba al Plutonio, un'altra dimostrazione della "favolosa potenza distruttiva" che ora ha l'uomo che "giudica", e che ha concepito un'arma micidiale e con questa "punisce" altri uomini.

Un filosofo fu più amaro "Gli utopisti non sanno produrre ciò che concepiscono, noi invece non sappiamo concepire ciò che abbiamo prodotto". (e non immaginava di certo che di quelle bombe ne avremmo costruite circa 48.000. Un deterrente?  Anche questa un UTOPIA.

15 AGOSTO - Alle ore 16 il Giappone, annunciò alla radio il messaggio di HIRO HITO. Parlò con una voce quasi irreale, piena di dolore ma decisa, commovente ma autorevole; l'imperatore, rivolgendosi a milioni di giapponesi di tutto il paese che ascoltavano nelle piazze, negli uffici, nelle case, sulle navi, nelle caserme, nei campi di battaglia, tutti in ginocchio, lesse la breve capitolazione. Mai, in nessun altro momento della storia umana, così tanta gente irruppe in lacrime. C'era il dolore, l'umiliazione, la tragedia, ma anche l'innegabile senso di sollievo che il terribile incubo del "sole atomico" era finito. La Seconda Guerra Mondiale pure.

Mentre Hiro Hito parlava - in una giornata spettrale e caliginosa che nessuno aveva mai visto prima in vita sua - su milioni di giapponesi in ginocchio, 200.000 esseri umani, inconsapevoli che il loro sacrificio aveva messo la parola fine alla guerra mondiale, si aggiravano ancora sulle loro teste, in atomi e molecole che volteggiavano nell'aria insieme alle nuvole di un cielo tetro;  Hiro Hito con la sua voce commosse, ma uomini e donne si sentirono profondamente turbati non solo per le sue parole, ma perchè erano tutti coscienti che a ogni loro respiro, nell'aria, c'era una piccolissima parte di quelle anime volate in cielo in un lampo, e che i loro corpi sottoforma di atomi e molecole erano in quello strano pulviscolo che modellavano quelle stranissime e cupe bronzee nuvole.

Se fu giusto o sbagliato usarla, TRUMAN rispose: "servì a far finire la guerra subito, ed evitare altri milioni di morti". Gli fu fatto notare che i giapponesi si erano già arresi, ma TRUMAN si giustificò  affermando che era poco convinto della resa dei giapponesi, e lui voleva una soluzione "rapida". Come non era convinto, appena salito al potere, della resa dei tedeschi in Europa; fortuna volle che l'esito in Italia si era concluso 66 giorni prima e che il 25 aprile nella Pianura Padana non era accaduto nulla con "quelli" che lui considerava tutti bolscevichi. Altrimenti ???? L'attesa sul Po (così tanto criticata da comandanti delle armate) fu forse motivata da questa prospettiva?

Qualora le truppe di TITO avessero invaso il Veneto per arrivare poi fino a Milano per unirsi ai comunisti italiani che avevano conquistato già la città, sarebbe bastata una bomba sul Veneto e una su Milano per sbarazzarsi in un colpo solo, dei tedeschi, dei comunisti, dei fascisti e mandato un forte segnale alla Russia, esattamente come in Giappone:  infatti a STALIN, con la bomba sganciata su Nagasaki e Hiroshima il segnale gli giunse forte e chiaro.
La Russia con la risolutiva e determinata soluzione americana, dovette ridimensionare le sue pretese non solo nel sud-est asiatico, ma anche in Europa.

L'Italia avrebbe anticipato Hiroshima? Non lo si esclude alla luce dei fatti del dopo e dei comportamenti avuti in Giappone così molto slegati dalle operazioni militari in corso.
Già un anno prima, era stato deciso di polverizzare Milano, Torino e Genova.
E sappiamo anche che Harris (il capo "bomber" d'Europa) appena seppe della nuova arma (che però in aprile non era ancora pronta) la richiese per poterla impiegare, ovviamente in Europa e non si esclude - come detto sopra- sull'Italia.

Sarebbe comunque curioso sapere se c'erano, e quanti anglo americani il 25 aprile si trovavano nella Pianura Padana. Le fonti dicono quasi nessuno. Solo alle 12.38 del 25 aprile gli americani varcarono il Po nel passaggio ferrarese di Corbola.

IL 16 LUGLIO sappiamo con certezza che esistevano 12 bombe atomiche negli hangar americani (pronte fin da maggio); 6 all'uranio (1 poi sganciata su Hiroshima) e 6 al Plutonio (1 poi sganciata su Nagasaki). A disposizione ne rimanevano 10, pronte ad essere impiegate nel conflitto. Non dimentichiamo che TRUMAN andò al potere il 13 Aprile (12 giorni prima della resa dell'Italia e 24 giorni prima della resa della Germania) e avendo quasi le bombe negli hangar, lui le voleva usare subito per far finire definitivamente la guerra. TRUMAN non voleva più nessun americano morto, né in Italia, né in Germania, né in Giappone.

In effetti le motivazioni in Giappone le abbiamo lette, erano politiche e non avevano nulla a che vedere con una preoccupazione bellica, MC ARTHUR il giorno 5 agosto aveva messo in pista a rullare 1100 bombardieri, 333 erano i micidiali B.29, voleva radere al suolo il giorno dopo, il 6 all'alba, Tokio (che era già un cumulo di macerie - vedi ). Ma lo fermarono, si voleva attendere prima i due "esperimenti" atomici. MC ARTHUR saputo l'esito voleva precipitare le cose, voleva subito impiegare le altre "favolose" 10 bombe atomiche su Tokio sui suoi B.29 già in rullaggio. Se fossero state veramente sganciate avrebbero fatto 3 milioni di vittime senza alcun risultato militare, che in quel momento non serviva, perché le due bombe in effetti erano cadute sul Giappone, ma erano state indirizzate a Mosca, ai russi, che infatti poi alla conferenza di pace si dovettero sedere con molto imbarazzo, non potendo chiedere nulla sulle spartizioni, la guerra in Oriente  l'avevano vinta gli americani, mentre loro avevano dichiarato guerra al Giappone solo 24 ore prima con lo scopo di chiuderla subito dopo con una pace e relative spartizioni assieme agli anglo-americani. Stavano per beffare gli americani, ma proprio loro rimasero beffati.

MC ARTHUR che era "affascinato dalle bombe atomiche" chiese in seguito, nel 1950, di impiegarle nella guerra in Corea e in Cina, ma TRUMAN non se la sentì di fare un'altra catastrofe atomica, lo fermò in tempo. Truman tolse il comando delle truppe del Pacifico al novello "Arcangelo sterminatore" che forse aveva già fatto un patto con il diavolo. Truman lo mandò in pensione. Lui - famoso - e convinto che l'opinione pubblica era dalla sua parte, si presentò candidato presidente degli Stati Uniti; ma alla prima votazione gli americani gli diedero 10 voti su 1100. Alla seconda, nemmeno uno; non lo votarono né i democratici né i repubblicani.

I FATTI

"Washington, 6 agosto - Il presidente Truman ha annunciato oggi che sedici ore fa aerei americani hanno sganciato sulla base giapponese di Hiroshima il più grande tipo di bombe finora usate nella guerra, la "bomba atomica", più potente di ventimila tonnellate di alto esplosivo. Truman ha aggiunto: "Con questa bomba noi abbiamo ora raggiunto una gigantesca forza di distruzione, che servirà ad aumentare la crescente potenza delle forze armate. Stiamo ora producendo bombe di questo tipo, e produrremo in seguito bombe anche più potenti"
(Comunic.Ansa, 6 agosto 1945, ore 20,45)

(Ma abbiamo anche la registrazione in fonia dell'annuncio di Truman)
(la metteremo in un secondo tempo)

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" Guam, 8 Agosto - Il corrispondente della Reuter da Guam riferisce le impressioni del testimone oculare del lancio della prima bomba atomica. Il colonnello Paul V. Tibbits, pilota della "superfortezza volante" che ha sganciato su Hiroshina la bomba atomica, ha dichiarato; "E' difficile credere a quello che vedemmo. Sganciammo la bomba alle  9.35 precise (ora giapponese) e ci allontanammo al più presto possibile dall'obiettivo per evitare gli effetti dell'esplosione. Si levò una tremenda colonna di fumo che fece scomparire completamente alla vista Hiroshima".
Al ritorno dalla sua missione il colonnello Tibbits è stato decorato".

(Comun. Ansa, 8 agosto, ore 03.30)

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"Tokyo - 8 Agosto - Radio Tokyo informa che la bomba atomica ha letteralmente polverizzato tutti gli esseri viventi che si trovavano a Hiroshima. I morti e i feriti sono assolutamente irriconoscibili e le autorità non sono in grado di fornire dati  circa il numero approssimativo delle vittime. La città è un immenso cumulo di rovine" (Prima pagina del Corriere Lombardo, dell'8 agosto 1945).

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"Londra, 8 settembre - Riferendo le ultime cifre rese note alle autorità, la Domei ha dichiarato oggi che 254.000 persone sono rimaste vittime della bomba ad Hiroshima. 60.000 sono morte bruciate istantaneamente, 60.000 per ferite, 10.000 sono scomparse, 14.000 sono gravemente colpite e 100.000 leggermente. Soltanto 6.000 dei 250.000 abitanti della città sono rimasti incolumi. (Comun. Ansa. 8 settembre 1945, ore 18.25).

Hiroshima
6 agosto 1945, ore 9.35.17

un tramonto di morte


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Nagasaki, 9 agosto, ore 12.00

PRIMA ...

... DOPO - DISTRUZIONE TOTALE - VITE UMANE COMPRESE


"Guam, 9 agosto - A  mezzogiorno di oggi, ora giapponese, Nagasaki è stata attaccata con una o più bombe atomiche. La notizia è stata data da uno speciale comunicato del generale Spaatz, il quale aggiunge che, secondo quanto ha riferito l'equipaggio, i risultati sono eccellenti"
(Comun. Ansa, 9 agosto 1945, ore 09.45)

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"Londra, 5 settembre - Il corrispondente speciale della Reuter, Peter Burchett, telegrafa  che quanti sono ancora vivi senza nessuna ragione apparente, la loro salute comincia a declinare. Perdono l'appetito. I loro capelli cadono. Il loro corpo si cosparge di macchie azzurrognole. Le orecchie, il naso e la bocca cominciano a sanguinare. E poi muoiono" (Comun. Ansa, 5 settembre, ore 21,15)

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Più tardi in un messaggio agli intellettuali italiani Einstein ha scritto: « Il nostro mondo è minacciato da una crisi la cui ampiezza sembra sfuggire a coloro che hanno il potere di prendere le grandi decisioni, per il bene o per il male. La potenza scatenata dell'atomo ha tutto cambiato salvo il nostro modo di pensare, e noi stiamo scivolando così verso una catastrofe senza precedenti. Perché l'umanità sopravviva, un nuovo modo di pensare è ormai indispensabile".

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L'IMPIEGO DELLA BOMBA ATOMICA


Nel luglio del 1945 l'atomica è diventata una realtà. Alle 5,30 del 16 luglio una luce incredibile ha illuminato il deserto del New Mexico. Una luce d'oro, di porpora, d'indaco, di viola, di verde striato di bianco. Ed una nube simile a un fungo è salita fino a 13.000 metri d'altezza. La forza d'urto dell'immane scoppio è stata calcolata uguale a quella di ventimila tonnellate di tritolo. Alcuni giornalisti ignari di quanto era accaduto riportano che ad Alamogordo un deposito di munizioni è saltato «con straordinari effetti luminosi ».
Uno era presente: è William L. Laurence, il redattore del New York Times, che si esaltò allo spettacolo, e scrisse: « Fu come il gran finale di una possente sinfonia degli elementi: affascinante e terrificante, entusiasmante e deprimente, minacciosa, devastatrice, piena di grandi promesse e di grandi minacce... In quel momento comprendemmo l'eternità. Il tempo si fermò. Lo spazio si ridusse a una punta di spillo. Fu come se la terra si fosse aperta e il cielo si fosse squarciato. Sentimmo di essere stati prescelti per assistere alla nascita dell'universo, per essere presenti al momento della Creazione in cui il Signore disse: "Sia fatta la luce" ».

Truman si trova in Europa, alla Conferenza di Potsdam. Lo raggiunge un messaggio strano: «I bambini sono nati felicemente ». Significa che la bomba ha funzionato. Il Presidente si confida con Churchill, il quale lascerà scritto: «Resta il fatto storico, e sarà giudicato nei tempi venturi, che la scelta dell'uso o del non-uso della bomba atomica per costringere il Giappone alla resa non fu posta nemmeno. Attorno al nostro tavolo l'accordo fu unanime, automatico, né mai sentii soltanto accennare che si sarebbe potuto agire in modo diverso ».
Unanime e automatica non è invece la scelta del tipo di bersaglio: per alcuni deve essere una città del Giappone non ancora distrutta dai bombardamenti convenzionali, altri vorrebbero far assistere i giapponesi a una dimostrazione delle capacità devastanti della bomba.

Il 23 luglio il colonnello K. D. Nichols, inviato dal generale Groves, si reca da Arthur Compton con l'ordine di comunicargli i risultati definitivi dei suoi sondaggi. Compton trascorre un'ora di tensione, sebbene la decisione ultima non spetti a lui ma al Presidente. Poi dice: « Il mio voto personale collima con quello della maggioranza. Credo che al punto attuale si debba usare la bomba, ma non più drasticamente di quanto sarà necessario perché il Giappone si arrenda ».

Passano altri tre giorni. I Governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Cina diramano un comunicato congiunto, offrendo la resa all'Impero Giapponese. Ma nel proclama non è fatto alcun cenno all'arma totale. L'ultimatum scadrà il 2 agosto. La radio giapponese informa quasi subito che la dichiarazione di Potsdam non è stata neppure presa in considerazione. Quindi, il Governo di Tokyo rifiuta sdegnosamente l'offerta.
Il 3 agosto Harry S. Truman decide: sì alla bomba, il più presto possibile, su un centro abitato, ma non viene precisato quale, anche se viene prospettata una rosa di quattro città. Sarà il pilota a decidere.
La bomba ha già un nome, Little Boy (Piccolo Ragazzo). Esteticamente non è molto dissimile da una bomba qualunque ed ha anch'essa gli alettoni equilibratori. È un cilindro di ottanta centimetri di diametro, lungo tre metri e ventotto e pesa complessivamente quattromilaquattrocento chilogrammi. La carica nucleare è di appena 62,3 kg. di Uranio 235, scomposta in quattro parti uguali che sono tenute scrupolosamente separate. Solo all'ultimo momento quattro detonatori provvederanno a scagliarle l'una contro l'altra alla velocità di 1500 metri al secondo, affinché formino la massa critica.

Il giorno della decisione irrevocabile di Truman, Little Boy si trova già da una settimana nell'Isola di Tinian, Arcipelago delle Marianne. Ce l'ha portata l'incrociatore Indianapolis. A Tinian è da tempo stanziato il 509° Gruppo di Superfortezze Volanti B-29 che per mesi, al comando del colonnello Paul W. Tibbets, s'è addestrato per compiere una missione segretissima e di natura ignota per gli stessi equipaggi. Soprattutto i puntatori, selezionati tra i migliori della United States Army Air Force, si sono allenati a colpire piccoli bersagli da una quota di oltre 9000 metri ma ad una velocità di volo per loro inconsueta, a più di 500 chilometri orari.

La sera del 5 agosto c'è rapporto speciale alla base di Tinian. L'equipaggio del B-29 di Tibbets, chiamato Enola Gay dal nome della madre del comandante, viene informato che l'apparecchio che piloterà sgancerà una bomba di grandissima potenza su una città ancora imprecisata del Giappone: la scelta esatta dell'obiettivo sarà fatta all'ultimo momento in volo, secondo le condizioni meteorologiche. Tibbets sa solo che una delle città condannata è fra queste quattro: Kokura, Yokohama, Nagasaki, Hiroshima. Tutto dipenderà dall'osservatore che lo precede, il maggiore pilota Claude Eatherly che ignora la micidiale missione; lui pensa al solito bombardamento anche se sa che questa volta verrà fatto con una bomba speciale. Lui parte alle 1,37 del 6 agosto decollando da Tinian con un B-29 carichi di strumenti meteorologici.

Oltre un'ora dopo alle 2,45 parte anche l'Enola Gay con Little Boy - ancora disinnescata - nel ventre. Ha a bordo dodici uomini: il primo pilota Tibbets, il secondo pilota Lewis, il radarista Stiborik, i montatori della bomba Parsons, Jeppson e Beser, il puntatore Ferebee il navigatore Van Kirk, il radiotelegrafista Nelson, gli elettricisti Shumart e Duzembury, il mitragliere Caron.
L'Enola Gay affronta la prima parte del lunghissimo volo e alle 6,05 del mattino passa sull'isola di Iwo Jima, e Tibbets, mezz'ora dopo è a 9000 metri. Parsons ha già montato la bomba. Alle 7,30 la innesca, le dà un ultimo sguardo, si unisce agli altri nella cabina di pilotaggio. Il maggiore Ferebee compie i primi rilevamenti.

L' aereo Straight Flush, pilotato dal maggiore Claude Eatherly, che seguita a perlustrare il territorio, comunica al radiotelegrafista dell'Enola Gay: « Stato del cielo a Kokura: coperto. A Yokohama: coperto. A Nagasaki: coperto ». C'è una pausa. Poi: « A Hiroshima: quasi sereno. Visibilità dieci miglia, due decimi di copertura alla quota di tredicimila piedi».
Lui non lo sa, ma la sua indicazioni significa che Hiroshima è condannata a scomparire dalla faccia della terra.
E' questa una città popolata da circa 250.000 esseri del tutto ignari che cosa li aspetti. Gli osservatori a terra giapponesi notano ad alta quota un luccichio, un apparecchio (lo Straight Flush di Eatherly). Sono suonate le sirene d'allarme, ma la Difesa Civile non s'è per nulla preoccupata: un aereo così ad altissima quota non può fare molti danni anche se lancia bombe. Non sanno invece che Eatherly sta soltanto guardando e decidendo la condanna di Hiroshima. Vede in basso quasi in mezzo alla città un fiume, attraversato da diversi ponti. Pensa come ha sempre fatto, cioè che quelli sono gli obbiettivi dell'aereo di Tibbets. Gli fornisce le coordinate e sparisce dall'orizzonte.

I cannoni contraerei giapponesi tacciono. Alle 7,31 suona perfino il cessato allarme mentre l'Enola Gay con le coordinate di Eatherly mette la rotta rettilinea per Hiroshima; gli mancano trecentocinquanta chilometri.
Nella città la giornata è cominciata, la gente è per le strade, gli operai entrano negli stabilimenti, i bambini vanno a scuola. C'è un bel sole. Alle otto tutto va per il meglio e la guerra sembra qualcosa di infinitamente remoto. L'Enola Gay è a meno di cento chilometri e il maggiore Ferebee si avvicina ai comandi dei portelli di sgancio.

Passano i minuti. Il cielo è sereno. Alle 8,11 Tibbets inizia a vedere in lontananza quella che dovrebbe essere la città di Hiroshima segnalata da Eatherly e dà ordini di aprire i portelli dove attende la Little Boy.
La quota precisa è di 9632 metri sul livello del mare, la velocità di 528 chilometri orari. Ferebee regola il traguardo di mira. Sono le 8,14. L'aereo è giunto su Hiroshima. Ferebee preme un pulsante e Little Boy precipita.
Alle 8,15 la bomba esplode a poco meno di seicento metri d'altezza, polverizzando all'istante ogni cosa su un'area di tre chilometri quadrati e soffiando un alito rovente (dai trecento ai novecentomila gradi) su una superficie assai più vasta. Qui gli abitanti di Hiroshima, dissolti, lasciano la loro ombra sulle pietre vetrificate. L'onda d'urto preme con la forza inconcepibile di settemila tonnellate per centimetro quadrato. Dura un attimo, ma tutto spazza e incendia. E' sceso l'inferno sulla terra. Tutto è finito, arso, smaterializzato, tutto e ritornato in molecole, atomi..

La sera, il Presidente Truman annuncia la verità al mondo. Gli Stati Uniti posseggono al momento un'altra bomba atomica - al plutonio. Ma si spera che quella di Hiroshima basterà.
E' una breve illusione. Truman autorizza la U.S.A.A.F. a colpire con la bomba al plutonio una seconda città giapponese.
La bomba al plutonio esplode sulla verticale di Nagasaki alle 11,02 del 9 agosto. L'inferno si ripete. Come a Hiroshima. Le macerie sembrano ruderi di un'età preistorica. Tutto appare fossilizzato.
L'Imperatore rompe ogni indugio e prega la Croce Rossa svizzera di comunicare al Governo degli Stati Uniti che il Giappone si arrende senza condizioni. Il 14 agosto la resa è ratificata. Il 2 settembre entra nella rada di Tokyo la corazzata Missouri e il generale Mac Arthur, riceve i delegati con la resa del Giappone .
La Seconda Guerra Mondiale all'ombra del fungo atomico, è finita.
Truman è felice: "Con questa bomba noi abbiamo ora raggiunto una gigantesca forza di distruzione, che servirà ad aumentare la crescente potenza delle forze armate. Stiamo ora producendo bombe di questo tipo, e produrremo in seguito bombe anche più potenti" (Comunic.Ansa, 6 agosto 1945, ore 20,45)

Ci fu uno che rimase sconvolto: Claude Eatherly, ed è l'anima nera del « trionfo » di Hiroshima. Viene decorato come gli altri, ma fa delle stranezze. Finirà al manicomio. Aveva 21 anni, quando scoppiò la guerra dopo Pearl Harbour: va volontario in aviazione e si distingue. Abbatte trentatré aerei e fa carriera in un baleno. Tre anni, e a 24 anni è già maggiore. Sul petto due medaglie, ed una è la « Dinstinguished Flying Cross » la decorazione più alta « per piloti vivi »: e appunto per queste medaglie viene scelto per la grande missione. Dal fronte lo richiamano a casa per una breve licenza, poi lo destinano nel Nuovo Messico. I piloti più bravi, più coraggiosi, più famosi: sono tutti lì, ad addestrarsi in segreto. Gli consegnano un Boeing 29. Il giorno dell'ora X Eatherly apre la formazione. Sul suo apparecchio non ci sono bombe, né lui ha il sospetto di quale terribile aggeggio si nasconda nel ventre dell'Enola Gay che lo segue a un ora di volo. Lui - come abbiamo detto sopra- deve solo individuare con la massima esattezza il bersaglio. Stabilire se le condizioni del tempo permettono di fare centro su Hiroshima o, se è necessario, continuare verso gli altri due obiettivi secondari. E' lo stesso Eatherly che racconta cosa successe in quegli interminabili minuti:

« Avevo i comandi dell'apparecchio di testa, lo Straight Flush. Ho volato su Hiroshima per 15 minuti per studiare i gruppi di nuvole; Il vento le spingeva allontanandole dalla città. Mi pareva il tempo e il luogo ideale, così trasmisi il messaggio in codice e mi allontanai in fretta come mi era stato detto, ma non abbastanza. La potenza della bomba mi terrorizzò. Hiroshima era sparita dentro una nube gialla".

Il racconto di Tibbets è invece più freddo: "Be', ci avevano detto di stare attenti. Quando il mitragliere urlò : "Vedo arrivare l'onda d'urto", e di corsa ci allontanammo. Tornammo alla base e non eravamo eccitati. Eravamo sempliceniente tornati alla base da una missione. Anche i ragazzi che avevano partecipato all'operazione non credettero d'aver fatto nulla di particolare, fino a quando non fummo informati del numero delle vittime. Personalmente non ho rimorsi. Mi fu detto - come si ordina a un soldato - di fare una certa cosa. E non parlatemi del numero delle persone uccise. Non sono stato io a volere la morte di nessuno. Guardiamo in faccia alla realtà: quando si combatte, si combatte per vincere, usando tutti i metodi a disposizione. Non mi posi un problema morale: feci quello che mi avevano ordinato di fare. Nelle stesse condizioni lo rifarei."
(Che è poi quello che all'incirca dissero i processati a Norimberga).

Claude Eatherly chiese di essere congedato. Si meravigliarono un po' tutti: come poteva bruciarsi un futuro pieno di promesse? Gli offersero 237 dollari di pensione al mese. Li rifiutò, e siccome rifiutare non è consentito dal regolamento, dispose che andassero a beneficio dell'associazione per le vedove dei caduti in guerra. Torna nel Texas. E' nervoso, magro: non ride più. Ha 24 anni, si sposa con una ragazza italo-americana, ma quella strana missione di guerra ha fatto saltare i nervi del maggiore. Per mesi la notte ha gli incubi, si sveglia gridando "Gettatevi, gettatevi: arriva la nuvola gialla!". Quattro anni così. Per la moglie un vita d'inferno. Poi, nel 1950 i familiari lo convincono a farsi ricoverare nell'ospedale psichiatrico di Waco. Un semplice esaurimento nervoso, si dice.
E' un paziente modello, molto silenzioso; essendo un alto decorato, Eatherly usufruisce di un trattamento speciale. Può passeggiare in qualunque ora del giorno anche fuori dall'ospedale. E qui cominciano storie inquietanti. Un giorno tenta una rapina in banca con una pistola giocattolo; un altro giorno fa il colpo in un emporio, si fa consegnare ì soldi che poi butta via. Poi ne fa un altro. Lo pizzicano e finisce in prigione.
Nella alte sfere si tenta di minimizzare. Ma la notizia finisce sui giornali. L'America si spacca in due. Chi dice che è diventato pazzo dal rimorso per la "follia atomica" e chi dice che è un furbo che tenta con la sua millantata malattia di farsi profumatamente indenizzare dallo Stato.

Di Atomiche se ne costruirono poi tante, sempre più potenti.

E altri Tibbets che candidamente affermano ciò che lui afferma, ce ne saranno sempre fra i vinti e vincitori: "Personalmente non ho rimorsi. Mi fu detto - come si ordina a un soldato - di fare una certa cosa. E non parlatemi del numero delle persone uccise. Non sono stato io a volere la morte di nessuno. Guardiamo in faccia alla realtà: quando si combatte, si combatte per vincere, usando tutti i metodi a disposizione. Non mi posi un problema morale: feci quello che mi avevano ordinato di fare. Nelle stesse condizioni lo rifarei." Insomma il fine giustifica i mezzi !!.
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"Processo a Walter Reder - Responsabile della "strage di Marzabotto" - Bologna 19 settembre 1951. "Nella strage che viene contestata a Reder, all'interrogatorio il Presidente ha ricordato all'imputato "Lei tenne rapporto prima dell'azione criminosa e diede tali ordini da suscitare perfino la "ripugnanza" dei suoi ufficiali".
L'imputato: "Non so spiegarmi cosa sia la parola "ripugnanza", forse che i comandanti dei bombardieri quando sganciano sulle città le bombe, certi di provocare la morte dei civili, loro forse sentono ripugnanza?". (19 settembre 1951. Comun. ANSA, ore 21.00)
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UNA TESTIMONE
Brano tratto da "Lettera da Hiroshima" di T.Hara ............
" Mi ero alzato verso le otto di mattina quel 6 agosto 1945. Il giorno avanti, alla sera, vi erano stati due allarmi, nessuno dei quali seguito da bombardamento. Improvvisamente ricevetti un colpo sulla testa e tutto diventò oscuro davanti ai miei occhi. Gettai un grido ed alzai le braccia. Nelle tenebre, non sentivo che un sibilo di tempesta. Non arrivai a comprendere cosa fosse successo. Il mio primo grido, io l'avevo inteso come se fosse stato gettato da qualcun altro. Poi il mondo intorno mi ritornò visibile benché ancora non nettamente, ed ebbi l'impressione di trovarmi sui luoghi di un immenso cataclisma. Dietro la spessa nuvola di polvere apparve un primo spazio blu, seguito ben presto da altri spazi blu sempre più numerosi. Brevi fiammate cominciarono a sprizzare dall'edificio vicino, un deposito di prodotti farmaceutici. Era tempo di abbandonare quei luoghi. In compagnia di K, mi aprii la strada fra le macerie.
Fumate vorticose si elevavano da tutte le case in rovina. Raggiungemmo un posto in cui le fiamme mandavano un calore insopportabile. Poi trovammo un'altra strada che ci portò sino al ponte di Sakai. Il numero dei profughi che affluiva verso quel posto aumentava sempre. Io presi la direzione del palazzo Izumi. I cespugli calpestati dalle persone in fuga avevano formato una specie di passerella. Gli alberi erano quasi tutti decapitati. Ciascuno dapprincipio pensava che solo la sua casa fosse stata colpita, ma una volta al di fuori, ci si accorgeva che tutto era stato distrutto. Tuttavia, benché le case fossero completamente distrutte, in nessun posto si vedevano quelle buche che normalmente fanno le bombe. Sull'altra sponda, l'incendio, che sembrava essersi calmato, riprese a divampare.

Improvvisamente, nel cielo, al di sopra del fiume, vidi una massa d'aria straordinariamente trasparente che risaliva la corrente. Ebbi appena il tempo di gridare "Una tromba" che già un vento terribile ci colpì. I cespugli e gli alberi si misero a tremare, alcuni furono proiettati in aria da dove ricaddero come saette sul tetro caos. Si aveva l'impressione che il riflesso verde di un orribile inferno venisse a stendersi al di sopra della terra. Dopo il passaggio della tromba, ben presto il crepuscolo invase il cielo. Incontrai mio fratello maggiore il cui viso era ricoperto come da una sottile pellicola di pittura grigia. Il dorso della sua camicia era ridotto a brandelli e scopriva una larga lesione che somigliava ad un colpo di sole. Risalendo con lui la stretta banchina che costeggia il fiume, alla ricerca di un traghetto, vidi una quantità di persone completamente sfigurate. Ve ne erano lungo tutto il fiume e le loro ombre si proiettavano nell'acqua. I loro visi erano cosí orrendamente gonfiati che appena si potevano distinguere gli uomini dalle donne. I loro occhi erano ridotti allo stato di fessure e le loro labbra erano colpite da forte infiammazione. Erano quasi tutti agonizzanti con i loro corpi ustionati completamente nudi.

Quando passavamo vicino a questi gruppi, ci gridavano con voce dolce e debole "Dateci un po' d'acqua", "Soccorretemi, per favore"; quasi tutti avevano qualche cosa da chiederci. Il cadavere nudo di un ragazzo giaceva nel fiume e, ad un metro di distanza, accovacciate su un gradino, si trovavano due donne. Riconoscemmo che erano donne soltanto per la loro acconciatura per metà bruciata.

Trovammo infine un piccolo traghetto e, remando, giungemmo all'altra riva. Era quasi notte quando toccammo terra. Anche da questa parte sembrava che ci fossero molti feriti. Un soldato accovacciato sui bordi dell'acqua mi chiese di dargli un po' d'acqua calda. Appoggiandosi alla mia spalla, camminava sulla sabbia con sforzo. Bruscamente, mi disse: "Sarebbe meglio esser morti". Acconsentii in silenzio e, in quel momento, senza scambiare una sola parola, ci trovammo tutti e due riuniti in una incontenibile collera davanti alla pazzia che ci circondava. Seduto ad una tavola, un uomo dalla testa enorme e bruciata beveva acqua calda in una tazza da tè. Il suo strano viso sembrava fatto di una serie di grani di soia neri, inoltre i suoi capelli erano tagliati orizzontalmente all'altezza delle orecchie. Soltanto piú tardi, dopo aver incontrato molti altri ustionati con i capelli tagliati orizzontalmente, finii per capire che le loro capigliature erano state distrutte sino al bordo dei loro cappelli.

Al momento della marea, lasciammo la riva per risalire sulla banchina. Con l'oscurità, la notte si trasformava in inferno. Si udivano grida dappertutto "Da bere, da bere!". Improvvisamente un allarme: da qualche parte una sirena doveva esser rimasta intatta. Il suo urlo lacerò la notte. La città continuava a fiammeggiare: a valle, si scorgeva il bagliore incerto dell'incendio. Nel quartiere dei tempio, numerosi feriti gravi erano sdraiati un po' dappertutto, per terra. Non un albero, non una tenda per dar loro un po' d'ombra. Noi ci costruimmo un riparo appoggiando pezzi di tavole contro un muro e scivolammo li sotto. Dovemmo passare ventiquattro ore in quel breve spazio, dividendolo in sei. Due metri più lontano c'era un ciliegio che aveva conservato qualche foglia. Due studentesse si erano lasciate cadere sotto questo albero: avevano tutte e due il viso carbonizzato e, volgendo il loro magro dorso al sole, supplicavano che si desse loro un po' d'acqua. Erano giunte il giorno prima ad Hiroshima per partecipare alla mietitura e così erano state colpite da questa grande disgrazia. Il sole era al suo declino. Anche prima del levar del giorno, ascoltavamo intorno a noi il mormorio ininterrotto delle preghiere: in quell'angolo le persone sembrava morissero l'una dopo l'altra. Le due studentesse morirono all'alba. Nuovo allarme verso mezzogiorno e si intese un rombo nel cielo.

Le persone morivano l'una dopo l'altra e nessuno veniva a portar via i cadaveri. Con l'aria sconvolta, i vivi erravano tra i corpi. Si videro allora tutte le rovine nelle strade principali. Uno spazio vuoto e grigio si estendeva sotto un cielo di piombo. Soltanto le strade, i ponti ed i bracci del fiume erano ancora riconoscibili. Nell'acqua galleggiavano cadaveri dilaniati, gonfiati. Era l'inferno divenuto realtà. Tutto ciò che era umano, era stato cancellato. I visi dei cadaveri si somigliavano tutti, come se portassero tutti la stessa maschera. Prima di irrigidirsi, le membra degli agonizzanti si agitavano sotto l'effetto del dolore in maniera assai strana. I chilometri di cavi che coprivano il suolo e gli innumerevoli frammenti di pali elettrici costituivano un disegno pazzesco. Davanti allo spettacolo di un tram che sembrava fosse stato rovesciato e bruciato nello spazio di un lampo, o davanti a quello di un cavallo morto, con la carcassa smisuratamente gonfia, si aveva l'impressione di trovarsi al centro di un quadro surrealista. La nostra carretta attraversava interminabili spazi coperti di rovine e la serie delle case smantellate si prolungava sino alla più lontana periferia.

Trovammo un paese verde ed intatto soltanto molto più avanti. La danza leggera delle libellule che folleggiavano al di sopra dei campi verdi di riso ci commosse profondamente. Di là, prendemmo la strada lunga e monotona che conduce al villaggio di Yáwata. Era notte quando vi giungemmo. Il giorno dopo dovemmo riprendere la nostra vita miserabile. Non solo non si vedeva nessun segno di miglioramento dei feriti, ma anche coloro che stavano bene si indebolivano ogni giorno di più e deperivano per mancanza di nutrimento.Qualche giorno più tardi vidi arrivare un allievo, mio nipote, che in seguito doveva morire. Al momento dell'esplosione si trovava a scuola. Quando vide l'accecante luce che entrò nell'aula, egli si gettò sotto il suo banco. Il soffitto era crollato e l'aveva seppellito, ma insieme con qualche compagno era riuscito a venir fuori attraverso un buco.

La maggior parte dei fanciulli erano stati uccisi sul colpo. Con i suoi compagni, si era rifugiato su una vicina montagna e durante l'ascensione aveva continuato a vomitare un liquido bianco. Una settimana dopo il suo arrivo al villaggio cominciò a perdere i capelli e divenne calvo in due giorni. Già s'era sparsa la voce che un malato non avrebbe sopravvissuto alle sue ferite se perdeva capelli e sanguinava dal naso. Tuttavia mio nipote doveva vivere ancora qualche tempo malgrado il grave stato in cui si trovava. ............Verso sera, attraversai il ponte e mi diressi, attraverso i campi, in direzione del terrapieno che si trova ai margini di Yáwata. Una libellula nera asciugava le sue ali su una roccia. Io feci il bagno là, respirando assai profondamente. Girando la testa, vidi i piedi della montagna avviluppati nel crepuscolo, mentre le cime lontane scintillavano ancora al sole che tramontava. Si sarebbe creduto un paesaggio di sogno. Il cielo al di sopra di me era di un silenzio assoluto.
Ebbi la impressione di non esser venuto sulla terra che dopo l'esplosione della bomba atomica".
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RELAZIONE TECNICA
A cura di Marchi Gregorio
Dall’atomo…
E’ la parte più piccola di un elemento che conserva immutate le proprie caratteristiche attraverso qualunque reazione chimica. L'atomo può considerarsi costituito da un nucleo centrale, formato da un certo numero di protoni (particelle con carica elettrica positiva) e di neutroni (particelle elettricamente neutre), e recante quindi una carica positiva, attorno a cui ruotano tanti elettroni (particelle con carica elettrica negativa di valore uguale a quella del protone) quanti sono i protoni del nucleo, in modo che il sistema sia elettricamente neutro. Il primo tentativo di descrivere la struttura dell'atomo si deve a J.J. Thomson, che immaginò l'atomo come una sfera fluida carica positivamente, all'interno della quale si muovevano gli elettroni. Rutherford, invece, avanzò nel 1911 l'idea che gli atomi fossero costituiti da un nucleo centrale, puntiforme rispetto alle dimensioni dell'intero atomo e in cui fosse concentrata tutta la massa, carico positivamente, intorno al quale si movevano gli elettroni. Il modello planetario di Rutherford era però in contrasto con l'elettrodinamica classica. Le discordanze riscontrate nel modello di Rutherford imponevano un nuovo modello. Bohr (1922) propose un nuovo modello che, mantenendo valida la struttura a nucleo centrale ed elettroni periferici, si fonda su due postulati:
1) l'elettrone può percorrere solo certe orbite sulle quali non si verifica perdita di energia per irraggiamento;
2) l'emissione o l'assorbimento di energia sotto forma di radiazione avviene rispettivamente quando l'elettrone passa da un'orbita a un'altra più interna o più esterna.
Le orbite permesse sono individuate da un numero intero n, detto numero quantico principale o totale, che può assumere i valori 1, 2, 3,~ In seguito, Sommerfeld estese la teoria di Bohr considerando il caso di orbite ellittiche. La validità del modello di atomo di Bohr-Sommerfeld era però limitata all'atomo di idrogeno. Per superare questo limite, fisici illustri come L. de Broglie, E. Schrödinger, P. A. Dirac, M. Born, W. Pauli e W. Heisenberg (tutti insigniti del premio Nobel) tra il 1920 e il 1930 impressero alle ricerche sull'atomo orientamenti che dovevano rivoluzionare la fisica.

Nel 1923 L. de Broglie avanzò l'ipotesi che a ogni particella materiale in movimento potesse essere associata un'onda. Le prove sperimentali degli aspetti ondulatori delle particelle che componevano l'atomo erano incompatibili con le leggi e i principi della fisica classica; si dovette quindi elaborare una nuova meccanica, valida a livello atomico e subatomico: la meccanica quantistica. Lo stato di un elettrone viene, nella nuova meccanica, descritto dalla funzione y, detta funzione d'onda (Schrödinger). Il quadrato del modulo di questa funzione indica la probabilità che ha l'elettrone di essere presente in un dato punto dello spazio. Questa descrizione probabilistica non consente di rappresentare l'atomo secondo un preciso schema spaziale: esso può solo essere raffigurato da un nucleo circondato da una nube elettronica. Le equazioni della meccanica quantistica vengono risolte senza particolari difficoltà nel caso dell'atomo di idrogeno, ma aumentando il grado di complessità del sistema atomico le equazioni diventano talmente complicate che si rivelano insolubili. Occorre allora introdurre approssimazioni fisiche che consentano di semplificare il problema, ed è quanto è stato fatto verso il 1930 con l'elaborazione di particolari modelli atomici quali il modello di Hartree-Fok, utilizzato per lo studio degli atomi leggeri, e il modello di Thomas-Fermi, valido per gli atomi pesanti con un gran numero di elettroni.

…alla sua rottura
La fissione nucleare è un particolare processo per cui si ha la trasformazione di materia in altra materia più energia. Nel caso, per esempio, dell’uranio (U235) esso viene spaccato in due frammenti, più o meno delle stesse dimensioni, e in due o tre neutroni secondari. Sia i frammenti sia i neutroni così prodotti hanno un’elevata velocità, possiedono pertanto energia cinetica. I frammenti prodotti dalla fissione sono nuclei di atomi radioattivi, il cui numero atomico è circa la metà di quello dell’uranio. Si può dimostrare che il peso complessivo dei prodotti della fissione è minore di quello iniziale del nucleo di uranio più il neutrone: si ha cioè la perdita di una certa quantità di materia.
Fino ad allora erano noti due principi di conservazione; uno riguarda la materia e può essere così enunciato: in un sistema chiuso, che non può né cedere né ricevere materia dall’esterno, la quantità di materia in esso contenuta rimane costante. L’altro principio riguarda l’energia: in un sistema chiuso, che non può scambiare energia con l’esterno, la somma delle varie forme di energia presenti rimane costante.Una rivoluzionaria conseguenza della teoria della relatività di Einstein è che questi principi non sono più separabili in quanto è possibile trasformare la materia in energia e l’energia in materia secondo la relazione: E = mc2: in un sistema isolato, che non può scambiare né materia né energia con l’esterno, si mantiene costante la quantità totale di materia più energia.Il fenomeno della fissione costituisce un’importante verifica della relazione di equivalenza fra materia ed energia. Eseguendo il calcolo troviamo che l’energia prodotta da 1/1000 di grammo di materia è E = 9 x 1010 J. Abbiamo visto che con la fissione si producono due o tre neutroni secondari. Questo fatto è molto importante perché rende possibile lo stabilirsi di una reazione a catena, cioè i neutroni prodotti da una fissione possono, a loro volta, produrre altre fissioni. Quando la reazione a catena non è controllata e l’uranio è in quantità superiore a un certo valore critico, il fenomeno diventa esplosivo: è quello che accade in una bomba atomica.
Energia Relativistica
Analizziamo ora una delle equazioni più famose e ricordate della fisica moderna
Questa, che prende il nome di Equazione relativistica per l'energia, rappresenta una nuova legge per l'energia cinetica di una particella


che si muove con velocità v. Sviluppando l'equazione otteniamo
L'espressione risulta così costituita da due termini. Il primo dipende dalla velocità v del corpo mentre il secondo è indipendente da essa e pertanto prende il nome di
energia di riposo o di quiete. Questa legge sembra discostarsi molto dalla classica equazione per l'energia cinetica ma in realtà, quando v è molto minore di c, le due equazioni si assomigliano. Usando la formula di Mac-Laurin-Taylor (considerando come variabile del polinomio v/c e fermandoci alla derivata seconda) otteniamo la seguente approssimazione per y
Con una semplice sostituzione nella prima

otteniamo l'equazione classica per l'energia cinetica


L'identificazione del termine E=m0c2 come energia di riposo non è solo una convenzione. Gli studi e gli esperimenti odierni hanno mostrato che la conversione dell'energia di riposo in energia cinetica, con una corrispondente perdita di massa, è un fenomeno che si verifica comunemente e continuamente nel decadimento radioattivo e nelle reazioni nucleari.


“Noi non abbiamo paura della bomba”

( by I giganti)


Dal punto di vista scientifico, il tutto parte dalle scoperte di Einstein riguardo la trasformazione di materia in energia (la famosa legge E=mc2) e l’applicazione pratica di tali scoperte grazie a Fermi con la realizzazione dell’omonima pila atomica. Poi la scienza militare ci ha messo poco a sviluppare uno strumento di morte ad altissimo potenziale. Esteticamente non è molto dissimile da una bomba qualunque ed ha anch'essa gli alettoni equilibratori. È un cilindro di 80 cm di diametro, lungo 3,28 m e pesa complessivamente 4400 Kg. La carica nucleare è di appena 62,3 Kg. di Uranio 235, scomposta in quattro parti uguali che sono tenute scrupolosamente separate e isolate. Solo all'ultimo momento quattro detonatori provvedonoo a scagliarle l'una contro l'altra alla velocità di 1500 metri al secondo, affinché formino la massa critica, cioè la quantità minima di materiale radioattivo necessario per l’innesco della fissione.

La bomba impiegò 43 secondi per cadere dal B-29 che l’aveva lanciata e centrare l’obiettivo. Il corpo centrale era circondato da piccoli fori da cui uscivano alcuni cavi di collegamento che vennero strappati al momento del lancio: questa manovra aveva azionato il dispositivo a orologeria del suo primo sistema di innesco. Accanto alle alette stabilizzatrici, poi, c’erano delle antenne radio che servivano per calcolare quanti metri mancavano all’impatto col suolo. A circa 580 metri di altezza giunse l’ultimo segnale di ritorno. L’altezza ideale si era calcolato fosse di poco meno di 610 metri. Un impulso elettrico avrebbe fatto brillare un certo quantitativo di cordite, producendo un’esplosione di normale artiglieria. A quel punto una piccola parte dell’uranio totalmente purificato sarebbe stata sospinta in avanti, attraverso la canna di un’arma da fuoco. Il primo segmento d’uranio si spostò di circa 1,20 m, per poi scontrarsi con la massa di uranio rimanente dando luogo alla reazione a catena. Tale reazione passò attraverso 80 “generazioni” di duplicazioni prima di concludersi. Alla 79a ogni azione di E=mc2 ebbe termine. Non scomparve altra massa né si formò nuova energia. L’energia cinetica dei nuclei venne semplicemente convertita in calore.

 

Come ci si è arrivati?

LA GERMANIA
I tedeschi erano animati da uno spirito ben diverso da quello americano: avevano una fede cieca in tutto ciò che c’era di nuovo: strade, automobili, macchinari e, perché no, conquiste.
La ricerca nel campo della distruzione atomica aveva ormai raggiunto un livello che si poteva ottenere il massimo con il minimo sforzo. La figura più importante della ricerca tedesca era Heisenberg, diffamato e perseguitato, però, dal settimanale delle SS per scarso patriottismo. In seguito ottenne protezione da Himmler a patto che disapprovasse pubblicamente Einstein e gli altri fisici ebrei. Nel dicembre del 1939 Heisenberg aveva già elaborato la prima parte di uno studio sulla bomba atomica.
I primi test ebbero luogo a Berlino presso la “casa dei virus”. I quantitativi di uranio erano facilmente reperibili, dato che la Germania aveva conquistato la Polonia. Per far avvenire la reazione, però, era necessario un moderatore di velocità per i neutroni: l’acqua pesante: si predisposero, quindi, dei laboratori a Lipsia. Quando tutto fu pronto, si chiusero l’acqua pesante e l’uranio in una sfera di materiale con un foro sul fondo in cui era inserito del materiale radioattivo che avrebbe rilasciato i neutroni. Nei primi milionesimi di secondo, secondo Heisenberg, sarebbero avvenute circa 2000 esplosioni, poi 4000,8000 e così via. L’uranio utilizzato, però, non era abbastanza puro da innescare la reazione.
Lavorare l’uranio in modo da renderlo utilizzabile era inoltre una procedura complessa, senza contare che si produceva una polvere dannosissima per gli operai, problema però facilmente risolvibile facendo lavorare i deportati dei campi di sterminio. Nel 1942 l’esperimento ebbe infine successo. Einstein ne ebbe notizia ed avvertì Roosevelt, che però non lo ascoltò. Altro problema per la costruzione della bomba tedesca era la forma da dare all’uranio. Quella migliore era certamente la sfera, ma Heisenberg scelse dei fogli piani, per semplicità di calcoli. Ora si trattava solo di aspettare che il materiale necessario per la bomba fosse prodotto ed in questo erano avvantaggiati i tedeschi, visto che gli USA erano reduci della Grande Depressione.

GLI STATI UNITI

Prima di procedere al progetto della bomba atomica, si sarebbe dovuto costruire un enorme reattore, accanto ad un grande fiume dove riversare l’acqua del sistema di raffreddamento.; ci sarebbe stato bisogno di fabbriche estese migliaia di metri quadrati per filtrare le nubi tossiche di uranio. Groves, direttore del centro di ricerche a Los Alamos, nonché del progetto Manhattan, riuscì a realizzare tutto questo a tempo di record, per l’aprile del 1943. Oppenheimer fu scelto come coordinatore delle ricerche. Egli reclutò per primi gli scienziati più anziani e famosi: i giovani vi si unirono presto.
In America, comunque, si stavano costruendo due bombe distinte. Un gruppo, guidato da Lawrence, nel Tenessee, aveva adottato un approccio brutale, tentando di estrarre la componente più esplosiva dell’uranio naturale. Gli scienziati dell’altro gruppo, nello stato di Washington, avevano adottato un approccio più sottile. Erano partiti dall’uranio comune, sperando di convertirlo in un elemento completamente nuovo: il PLUTONIO.

Al Pentagono Lawrence e il suo gruppo del Tennessee piacevano, ma alla fine risultò che il progetto di Washington, gestito da stranieri, aveva ottenuto i migliori risultati: gli scienziati del primo gruppo, infatti, avevano ottenuto uranio purificato sufficiente per riempire solo una busta. Lo staff di Los Alamos, però, si rese anche conto che il plutonio prodotto sarebbe stato inutilizzabile perché sarebbe esploso fin troppo facilmente. A questo punto Oppenheimer intuì che l’unico modo per utilizzare questo materiale era usarne una massa a bassa densità, che non sarebbe esplosa. Però, poi, vi si sarebbe dovuto avvolgervi intorno dell’esplosivo da far scoppiare nello stesso istante. In questo modo il plutonio sarebbe collassato verso l’interno così velocemente da non disperdersi prima di scoppiare.
Intanto la situazione stava precipitando: il 21 agosto del 1943 arrivò un dispaccio:

".... è possibile che i tedeschi…abbiano, poniamo, una produzione di due gingilli al mese. Ciò metterebbe la Gran Bretagna in una situazione estremamente grave ma ci sarebbe la speranza di una nostra risposta…a patto che il nostro programma…venga drasticamente accelerato.

Con l’arrivo di Bohr a Los Alamos, giunsero voci secondo le quali il potente ciclotrone dell’istituto di Copenaghen sarebbe stato portato in Germania e con esso si poteva produrre plutonio. Inoltre le fabbriche tedesche avevano iniziato a produrre acqua pesante. Fu il trasporto di questa sostanza, insomma, la ragione che spinse gli Americani ad affondare, il 20 febbraio del 1944 alle 10.45, un traghetto partito da Vemork e diretto alle coste tedesche.
Fu solo, però, nell’agosto del 1945 che i lavori vennero completati. In precedenza, sempre nel 1945 le armate alleate in avanzamento avevano trovato intere fabbriche con file e file di aviojet e aviorazzi. L’affondamento del traghetto dell’anno precedente aveva garantito che solo una piccolissima parte dei progetti atomici tedeschi fossero portati a termine.

Oggi si sente spesso ripetere che il bombardamento atomico del Giappone era giustificato in quanto l’unica alternativa sarebbe stata un’invasione. Ma all’epoca il quadro della situazione non sembrava così chiaro. Il grosso delle truppe giapponesi non rappresentava un problema per gli USA: era bloccato in Cina dai sottomarini americani che ne impedivano la traversata verso la madrepatria e minacciato dal peso delle truppe sovietiche. La maggior parte della capacità industriale giapponese era finita in fumo.
MAC ARTHUR non pensava si sarebbe arrivati ad un’invasione, il capo dello stato maggiore, LEAHY disse che non c’era stata alcuna necessità di usare la bomba.
EISENHOWER, poi si opponeva fermamente per due ragioni:
1) i Giapponesi erano pronti alla resa.
2) non voleva usare per primo un’arma così terribile.

Il più influente consigliere di Truman, Byrnes, però, era a favore del suo utilizzo.
Oppenheimer accettò questa decisione, anche se parte di lui continuava a nutrire qualche dubbio.
Americani ed Inglesi con due grandi battaglie aeronavali avevano iniziato l’accerchiamento del Giappone. Ma la casta militare giapponese ed un fanatismo di tipo razziale li spingevano a non arrendersi. Anzi i giovani piloti addestrati al suicidio, i “Kamikaze” si gettavano con i loro aerei contro le navi americane per affondarle. Il 26 luglio gli Alleati inviano un ultimatum al Giappone per una resa incondizionata. Ricevuto il rifiuto come risposta il presidente americano Truman ordinò di sperimentare una nuova arma: la bomba atomica che fu sganciata il 6 agosto su Hiroshima e il 9 agosto su Nagasaki.

E un nuovo sole si accese nel cielo

Il colonnello Tibbets, comandante del B-29 <<Enola Gay>>, guidò l’apparechio a 8000 metri d’altezza, verso il centro della città di Hiroshima. Nello spazio riservato al carico, l’armiere, il maggiore Farabee, mise in funzione il meccanismo di sganciamento della bomba.
Poi mirò il bersaglio.
La bomba cadde.
Con un miagolio infernale il mostro precipitò giù.
Gli uomini dell’ “Enola Gay” inforcarono subito, secondo gli ordini ricevuti, neri occhiali protettivi davanti ai vetri della maschera per l’ossigeno. Nessuno di loro sapeva a quale scopo dovevano servire questi occhiali. Nessuno di loro sapeva cosa sarebbe accaduto il minuto successivo. Eseguivano soltanto un ordine preciso.
Ed aspettarono, con le membra così irrigidite da parere insensibili. Tendevano l’orecchio, e credevano di sentire l’urlo della bomba che precipitava. Ma era soltanto il pulsare del loro stesso sangue. E tutti guardavano fissi nel vuoto, senza vedere, con i volti impietriti dal presentimento di una catastrofe ancora mai vista sulla faccia della terra.

Per quanto forte battesse il polso del collonnello Tibbets, il suo orologio seguitava indisturbato a scandire il tempo con le sue rotelline; un secondo dietro all’altro si trasformavano in passato. Le lancette segnarono le otto, quattordici minuti e trentacinque secondi.
Alla bomba era attaccato un paracadute che, per mezzo di un apparecchio appositamente studiato, si aprì com’era previsto.
La bomba oscillò, sempre scendendo verso terra, appesa al paracadute.
Le lancette dell’orologio segnavano le otto, quattordici minuti e cinquanta secondi.
La bomba si trovava a 600 metri dal suolo.
Alle otto e quindici era scesa di altri cento metri, quando altri apparecchi inventati dagli scienziati fecero scattare l’accensione all’interno della bomba: neutroni provocarono la scissione di alcuni atomi di un metallo pesante, l’uranio 235. E questa scissione si ripeté in una reazione a catena di sbalorditiva velocità.
In un milionesimo di secondo, un nuovo sole si accese nel cielo, in un bagliore bianco, abbagliante.
Fu cento volte più incandescente del sole nel firmamento.
E questa palla di fuoco irradiò milioni di gradi contro la città di Hiroshima.

In questo secondo, 86 000 persone arsero vive.
In questo secondo, 72 000 persone subirono gravi ferite.
In questo secondo, 6 820 case furono sbriciolate e scagliate in aria dal risucchio di un vuoto d’aria, per chilometri di altezza nel cielo sottoforma di una colossale nube di polvere.
In questo secondo, crollarono 3 750 edifici, le cui macerie si incendiarono.
In questo secondo, raggi mortali di neutroni e raggi gamma, bombardarono il luogo dell’esplosione per un raggio di un chilometro e mezzo.
In questo secondo, l’uomo, che Dio aveva creato a sua immagine e somiglianza, aveva compiuto, con l’aiuto della scienza, il primo tentativo per annientare se stesso.
Il tentativo era riuscito.

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E subito dopo ?

I dati sono stati desunti dal rapporto del “Manhattan Engineer District”, inviati sul posto per calcolare con precisione i danni causati dall’esplosione.

Due grandi voci contro
Einstein:
“Il nostro mondo è minacciato da una crisi la cui ampiezza sembra sfuggire a coloro che hanno il potere di prendere le grandi decisioni, per il bene o per il male. La potenza scatenata dell'atomo ha tutto cambiato salvo il nostro modo di pensare, e noi stiamo scivolando così verso una catastrofe senza precedenti. Perché l'umanità sopravviva, un nuovo modo di pensare è ormai indispensabile.”
Einstein stesso, a nome di un nutrito gruppo di uomini di scienza, firmò una lettera per il Presidente Roosevelt, nella quale lo informava della situazione dei possibili vantaggi/svantaggi che essa comportava:
"Signor Presidente,
la lettura di alcuni recenti lavori… comunicatimi sotto forma di manoscritto, mi induce a ritenere che, tra breve, l’uranio possa dare origine a una nuova e importante fonte di energia. Alcuni aspetti del problema, prospettati in tali lavori dovrebbero consigliare all’amministrazione la massima vigilanza e, se necessario, un tempestivo intervento…
In tal modo si potrebbe giungere alla creazione di bombe che -è da supporre- saranno di tipo nuovo ed estremamente potenti. Uno solo di questi ordigni, trasportato via mare e fatto esplodere in un porto, potrebbe distruggere l’intero porto e parte del territorio circostante…
Distintamente, Albert Einstein".

Purtroppo, però, questa fu la risposta che ottenne:
"Mio caro professore,
La ringrazio per la Sua recente lettera e per l’interessantissimo e importante allegato. Ho trovato questi dati di una tale rilevanza che ho convocato una commissione in proposito… La prego di accettare i miei più sentiti ringraziamenti, cordiali saluti - Franklin Roosevelt."


Gandhi: dagli Aforismi :
“Considero l’impiego della bomba atomica per l’annientamento di uomini, donne e bambini, l’uso più diabolico della scienza. (II-98)”
“La non violenza è la sola cosa che la bomba atomica non potrà mai distruggere…A meno che il mondo non adotti subito la non violenza, la bomba atomica significherà il suicidio certo della specie umana. (II-98)”
“A meno che le grandi nazioni non si liberino della loro voglia di sfruttamento e dello spirito della violenza, di cui la guerra è l’espressione naturale e la bomba atomica l’inevitabile conseguenza, il mondo non ha speranza di pace. (II-163)”.

(Gli aforismi sono tratti dal libro: Non-violence in Peace and War,, I e II vol., Pubblicati dalla Navajivan Publishing House, Ahmedabad 1948; testo e aforismi sono stati riprodotti da Gandhi Per la pace, a cura di Thomas Merton, Universale Economica Feltrinelli, Milano 2002, traduzione dall’inglese a cura di Laura Noulian).


Manifesto degli scienziati pacifisti

" Nella tragica situazione che si pone all'umanità, pensiamo che gli scienziati dovrebberoriunirsi per valutare i pericoli che sono sorti come risultato dello sviluppo delle armi di distruzione di massa, e discutere una deliberazione nello spirito del documento allegato.In quest'occasione noi non parliamo come membri di questa o quella nazione,continente o fede, ma come esseri umani, membri della specie Uomo, della quale è in dubbio la continuità dell'esistenza […]. Dobbiamo imparare a pensare in un modonuovo. Dobbiamo imparare a chiederci non quali passi possono essere fatti per dare la vittoria militare al gruppo che preferiamo, perché tali passi non esistano più; la domanda che dobbiamo porci è: quali passi debbono essere fatti per evitare una contesa militare la cui conclusione sarebbe disastrosa per tutte le parti? […]. Non c'è dubbio che in una guerra con bombe-H diverse grandi città verrebbero rase al suolo. Ma questo sarebbe uno dei disastri minori da fronteggiare. [...]. Oggi noi sappiamo, specialmente dopo il test di Bikini, che le bombe nucleari possono distribuire gradualmente distruzione sopra un'area molto più grande di quanto si fosse supposto. [...]. Oggi si può costruire una bomba che sarà 2500 volte più potente diquella che distrusse Hiroshima. Questa bomba, se esplodessevicino al suolo o sott'acqua, invierebbe particelle radioattive nell'atmosfera. […]. Nessuno sa per quale grande estensione queste particelle radioattive mortali potrebbero diffondersi, ma le autorità più qualificate sono unanimi nell'affermare che una guerracon le bombe-H potrebbe molto probabilmente segnare la fine della razza umana […]. Il termine "genere umano" suona vago e astratto. La gente si rende poco conto, nell'immaginazione, che il pericolo è loro, dei loro figli, dei loro nipoti, e non solo per l'umanità vagamente concepita […]. Qualsiasi accordo di non usare la bomba-H sia stato raggiunto in tempo di pace non sarebbe più considerato vincolante in tempo di guerra, e ambedue leparti si metterebbero al lavoro per costruire bombe-H non appena la guerra scoppiasse […]. Sebbene un accordo per rinunciare alle armi nucleari, come parte di una riduzione degli armamenti, non permetterebbe una soluzione finale, esso risulterebbe utile per alcuni scopi importanti. Primo: ogni accordo fra l'Est e l'Ovest è rivolto verso il bene, in quanto tende a diminuire la tensione. Secondo: […] diminuirebbe il timore di un attacco improvviso alla Pearl Harbour, che attualmente mantiene ambedue i blocchi in uno stato di angoscia nervosa […]. Abbiamo di fronte a noi, se lo scegliamo, un progresso continuo in felicità, conoscenza e saggezza. Sceglieremmo invece la morte, perché non possiamo dimenticare i nostri litigi? Ci appelliamo da esseri umani agli esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto […]. Invitiamo questo Congresso, e attraverso di esso gli scienziati di tutto il mondo e il grande pubblico, a sottoscrivere la seguente deliberazione: "In previsione del fatto che in qualsiasi futura guerra mondiale verranno sicuramente impiegate le armi nucleari, […] esortiamo i governi del mondo a rendersi conto, e a riconoscere pubblicamente, che i loro scopi non possono essere favoriti da una guerra mondiale, e, di conseguenza, li esortiamo a trovare mezzi pacifici per la sistemazione ditutti gli argomenti di contesa tra loro".

Firmatari:
Max Born, Percy W. Bridgman, Albert Einstein, Leon Infeld, J.F. Joliot-Curie, H.J. Muller, Linus Pauling, Cecil F. Powell, J. Rotblat, Bertrand Russell, Hideki Yukawa.

E dunque?
Con il nucleare siamo come il bambino che parcheggia l’auto del padre nel vialetto del garage di casa, basta poco per sbandare e fare dei bei danni, non siamo degli autisti provetti. L’energia atomica, quella a fusione controllata, sarà la soluzione a tutti i problemi energetici del pianeta per un bel po’ di tempo. Non lascia scorie tossiche, i materiali sono reperibilissimi (il 75% della materia dell’universo si stima che sia idrogeno), l’energia ottenuta è tantissima.

Ma, come tutte le cose, ha il suo rovescio della medaglia. Gli esempi sono eclatanti: non solo Hiroshima e Nagasaki, ma anche gli errori commessi a Chernobyl (si scoprì, dopo, che furono commessi ben 71 errori di procedura), dei postumi derivanti dal contatto con l’uranio “impoverito” in Kosovo… Si è posto un freno alle armi atomiche con il TNP (Trattato di Non-Proliferazione), sottoscritto nel 1968 da alcune potenze atomiche (prime fra tutte, Usa e Urss), che oggi comprende la quasi totalità degli stati mondiali, ma per la sicurezza di tutti i cittadini mondiali, si devono rivedere alcune cose: la quasi totalità delle centrali elettriche è in mano ai privati, che perseguono ovviamente una logica del profitto, spesso sorvolando sulla sicurezza.
Cito come esempio un fatto recente, accaduto nel settembre del ‘99 a Tokaimura, in Giappone, dove, in una centrale per la raffinazione di materiale fissile, furono mischiati 16Kg di ossido di uranio in acido nitrico (quantità ben 3 volte maggiore di quella approvata e consentita), innescando una reazione ad auto-sostenimento, per fortuna non raggiungendo la massa critica. Questo indusse il governo giapponese a rivedere le licenze e i controlli per tutto il piano nucleare, che fornisce circa il 40% di tutta l’energia elettrica consumata nel paese del sol levante.

L’Uomo, da sempre, ci pensa dopo ai disastri che combina.

Che Zeus abbia fatto bene a punire Prometeo per aver dato il fuoco agli uomini?

Testo a cura di Marchi Gregorio
Che "Storiologia" e "Cronologia"
ringrazia.

F I N E

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