AVIAZIONE

Due assi, due amici,
e.... due “Mustang”

Domenic S. “Don” Gentile
e John T. Godfrey

Amicizia a 7000 metri

di Alessandro Rao

** Prefazione
** Amicizia a settemila metri
** Domenic Salvatore “Don” Gentile
** John Trevor Godfrey
** Il leggendario caccia P-51 “Mustang”


Prefazione

Nel grande scenario della Seconda guerra mondiale, accanto a tanti piloti statunitensi, soprattutto assi con le loro decine e decine di aerei abbattuti nei vari combattimenti sopra la Germania di Hitler, compaiono due nomi: Domenic “Don” Gentile e Trevor John Godfrey. Un oriundo italiano e uno canadese operativi nell’Air Force. In realtà, la loro storia è ampliamente descritta nel libro “Two-Man Air Force: “Don”Gentile & John Godfrey” di Philip Kaplan. Da parte mia un tentativo di sottolineare in queste pagine il profilo dei due assi. Quanto ciò, non tanto per il loro ottimo curriculum di piloti ma per un aspetto profondamente umano: l’amicizia. Il primo ministro inglese Winston Churchill, all’epoca, fra gl’innumerevoli giudizi espressi per coloro che si erano adoperati nei combattenti più temerari, c’era anche una citazione nei riguardi di “Don” Gentile e del suo gregario Godfrey, che oltre a parole di stima, li paragonava ai due leggendari personaggi della mitologia greca, sinonimo della vera amicizia: Damon e Pizia.

Tutte le vicende dei due piloti si svolsero nell’ambito del famoso 4th Fighters Group basato in territorio inglese a Debden, dove confluivano i piloti statunitensi e di altre nazionalità per combattere la Luftwaffe. Inizialmente, furono in servizio presso l’altrettanto famoso “Eagle” Squadron della Royal Air Force. Tutto il 4th Fighters Group, operativo fino ad aprile del 1945, distrusse il maggior numero di velivoli nemici in volo, rispetto a quelli in terra sulle tante piste tedesche. Alla fine del conflitto, con circa un migliaio di velivoli nemici distrutti si classificò al primo posto nello schieramento dell’USAAF in Europa. Basta ricordare le più difficoltose battaglie condotte sulle città tedesche di Oschersleben, Hannover e Brunswick durante il mese di gennaio 1944. E ciò, fu senz’altro possibile dopo l’arrivo dei nuovi caccia statunitensi a largo raggio P-47 “Thunderbolt” e P-51 “Mustang”, che fra l’altro, furono i primi a proteggere i bombardieri pesanti nei primi raid sulla città di Berlino. Gli obiettivi prestabiliti, per di più, risultarono: magazzini di approvvigionamento, strade, ponti, linee ferroviarie, aeroporti e fabbriche aeronautiche.

Una fedele e accurata ricostruzione di questo storico gruppo da caccia, sulla base della propria esperienza, è raccontata in "The Debden Warbirds: 4th FG World War II" , uno dei quattro libri scritti da un altro pilota che vi prestò servizio, riuscendo a mettersi in salvo dopo essere stato abbattuto nei cieli della Polonia e aver sopportato la prigionia in tre diversi Stalag: Franck E. Speer, nativo di Pittsburgh (Pennsylvania) con 5 aerei distrutti, una DFC, una Air Medal, deceduto alla veneranda età di 89 anni nel 2011 a Cedarburg (Wisconsin). Per tutta la sua vita, presiedendo numerosi convegni dell’Aeronautica, divulgò con molto fervore il lavoro svolto nel 4th FG, entrando nella schiera dei testimoni più attendibili delle gesta dell’Air Force.

Una precisazione: << Nel 1945, a guerra finita, il 4th Fighter Group si trasferì negli Stati Uniti dove rimase sospeso circa tre anni, per essere riattivato con i primi aviogetti F-80 “Shooting Star” a causa della “Guerra fredda” fra Unione Sovietica e Stati Uniti. A marzo del 1949, fu dotato dei più moderni F-86 “Sabre” che parteciparono alla guerra di Corea (1950-53). In tempi recenti ha partecipato alla “Gulf War”, alle operazioni “Enduring Freedom” e “Iraqi Freedom”. Attualmente è attivo nella base Seymour Johnson AFB (North Carolina) >>


Nasce un’amicizia a settemila metri.

Per questi due piloti di pari abilità, come già menzionato, non può essere trascurato quel loro sentimento solidale formato dalla sincera amicizia, che nasce nei momenti della vita più drammatici di fronte ad ostacoli, certe volte, insuperabili. Pertanto, le loro vicende belliche s’interferirono reciprocamente nell’ambito del 4th Fighter Group dove s’erano incontrati. In realtà, durante la loro permanenza a questo raggruppamento di piloti volontari “Don” Gentile e Godfrey condivisero un forte affiatamento dal quale scaturì una notevole cooperazione nei successivi e molteplici combattimenti compiuti nei cieli europei, distruggendo 52 velivoli nemici, divenendo così, la più agguerrita coppia di tiratori dell’8th Air Force.

Tutto nacque in una particolare giornata di fine estate del 1943, il 7 settembre, quando per i due piloti si consolidò la reciproca stima a seguito di una non piacevole coincidenza. Durante il volo di scorta ad una formazione di bombardieri pesanti diretti sulla città di Emden, situata nella Bassa Sassonia, Godfrey volava come gregario di “Don” Gentile alla sua sinistra. Quest’ultimo, in realtà, quella mattina, non era certamente nelle migliori condizioni fisiche per alzarsi in volo, ma altresì, non avrebbe mai, come si usa dire, “marcato visita” per non perdere un’altra occasione di scontrarsi con i tedeschi, tanto era in lui la voglia di combattere.
Com’egli stesso raccontò di ritorno alla base, durante l’azione, in un cielo poco rassicurante dalle pessime condizioni meteorologiche, fu pervaso improvvisamente da un senso di vertigine. Lottò con tenacia per non cacciarsi in quella fase d’impotenza, che assale la persona colpita da tale anomalia e che in taluni casi può essere origine di serie conseguenze, ma francamente il risultato fu negativo. Pertanto, non riuscì a recuperare tutta la sua lucidità e, allontanatosi improvvisamente dal resto della squadriglia, iniziò a scendere con una vertiginosa picchiata tanto da richiamare l’attenzione dei piloti sopra di lui. In simili casi, la norma prestabilita era abbastanza chiara: ogni pilota non doveva allontanarsi dalla squadriglia per scendere in aiuto a chiunque si fosse trovato in difficoltà, e ciò, al fine di non condizionare l’esito della missione. Tuttavia, l’irrefrenabile senso di cameratismo che spesso aleggiava fra i giovani piloti da caccia, anche in quella mattina non venne meno.

A scendere in aiuto a “Don” Gentile, fu proprio il suo gregario Godfrey. Indubbiamente lo slancio di altruismo e di coraggio prevalse sul freddo regolamento che il pilota non desiderò rispettare. Per questo, senza indugio, si gettò in una picchiata all’inseguimento di “Don” Gentile, posizionandosi accanto al suo caccia che scendeva ormai senza controllo, urlandogli a squarciagola via radio, riuscendo così proprio all’ultimo istante a farlo riprendere dalla semi-incoscienza che lo stava trascinando inesorabilmente verso la morte.
Dopo il ritorno alla base e lo scampato pericolo, la giornata si concluse con grandi festeggiamenti fra i due futuri assi. Continuarono così a combattere in molte altre battaglie conquistando la simpatia dei superiori e anche del personale di terra. Parteciparono in seguito alla poderosa campagna contro i tedeschi, nel il periodo dal 20 al 25 febbraio del 1944, che passò alla storia, come la “Big Week” (La grande settimana) nella quale ottennero altri successi. Dopo 4 mesi, a giugno del 1944, com’era di consuetudine negli Stati Uniti durante il periodo bellico, i due assi rientrarono provvisoriamente in Patria per prendere parte ad una presentazione delle obbligazioni di guerra, per separarsi poi, con diverse destinazioni e diverso destino.


Domenic Salvatore “Don” Gentile”

Di nazionalità statunitense, “Don” Gentile nacque il 6 dicembre 1920 da genitori italiani, Gentile Pasquale e Giuseppina provenienti dall’Abruzzo e residenti a Piqua, una cittadina nello stato dell’Ohio (USA).
La famiglia era cattolica praticante. Si racconta che da bambino, colpito da monossido di carbonio a causa di una stufa difettosa, fu dichiarato fuori da ogni possibilità di salvezza. Tuttavia, la madre, spinta dalla sua fede cristiana, portò il piccolo Domenic al Santuario di Nostra Signora della Consolazione situato nel piccolo centro di Carey sempre nell’Ohio. In realtà, dopo breve tempo, si riprese, uscendo da quella condizione che lo aveva predestinato ad una morte sicura. Certamente, per la famiglia profondamente religiosa, l’episodio fortunoso fu interpretato come un vero miracolo. Durante la sua vita, “Don” Gentile ritornò diverse volte in quei luoghi a lui familiari, dimostrando un profondo sentimento di fede. Manifestò molto presto la sua passione per gli aerei fin dai suoi primi anni dell’adolescenza. Dopo aver frequentato le scuole superiori (High School), il padre lo avviò al volo con il proprio biplano Aerosport. E come succede sempre a tutti i giovani amanti del volo e aspiranti piloti di ogni paese, decise di arruolarsi nell’aeronautica per seguire la carriera militare.

Proprio in quegli anni sull’Europa si abbatteva il tragico evento del Secondo conflitto mondiale e “Don” Gentile aveva già programmate le varie mosse che lo avrebbero portato sul campo di battaglia prima ancora che gli Stati Uniti fossero entrati ufficialmente in guerra. Come moltissimi giovani piloti statunitensi, volenterosi di combattere, Domenic, si unì a loro arruolandosi inizialmente nella Royal Canadian Air Force, che era l’unica via per arrivare al fronte europeo. Difatti, a settembre del 1940, raggiunse finalmente la Gran Bretagna, entrando nella Royal Air Force, dove fu nominato istruttore presso il Fighters Command. Tuttavia, non impiegò molto a farsi notare per la sua migliore abilità di pilota, nonché, per l’ottima conoscenza della parte teorica del volo.

Dopo poco più di un anno di servizio e continue richieste da parte sua per essere spostato in zona operativa, riuscì a farsi trasferire presso un reparto di linea e precisamente al 133rd Fighter Squadron “Eagle”della RAF basato a Debden nei pressi di Cambridge che, come menzionato, sarebbe diventato il centro delle più importanti operazioni aeree anglo-americane sulla Germania.
Quando i primi “Spitfire” Mk IX, furono consegnati al 133rd Squadron, in una missione di scorta ai bombardieri, subirono tali perdite per cui riuscì a rientrare alla base in Inghilterra un solo “Spitfire” di quelli che vi avevano preso parte. “Don” Gentile, per una coincidenza, proprio in quel giorno non decollò, incassando un bel colpo di fortuna. Eppure, nelle missioni che seguirono, non perse l’occasione di rivelare tutta la sua perizia di pilota e la sua determinazione contro la Luftwaffe di Hermann Göring.

Conseguì le prime due vittorie, nell’ambito della RAF, nell’agosto del 1942, distruggendo in aria, con il suo P-47 nominato "Donnie Boy", uno Ju.88 ed un Fw.190 durante uno scontro sulla Francia occupata. Per questa impresa, fu decorato in campo direttamente dai britannici. Dopo alcune settimane, raggiunse tutti gli altri aviatori statunitensi, che si radunavano, man mano, nei reparti del 334th, 335th e 336th Fighter Squadron, convertiti poi, a ottobre del 1942, nello storico 4th Fighter Group dell’ 8th Air Force. Più tardi, le squadriglie del gruppo, durante il mese di novembre del 1943, iniziarono ad essere equipaggiati con i primi caccia P-51B “Mustang”, in sostituzione degli “Spitfire” e dei più pesanti P-47 “Thunderbolt”. Per l’addestramento dei nuovi piloti assegnati al 4th FG furono incaricati proprio i veterani provenienti dal summenzionato “Eagle” Squadron della RAF, fra i quali c’era lo stesso “Don” Gentile con il suo “Mustang” dal muso rosso denominato “Sangri-La”. All’asso furono accreditati ufficialmente un totale di 27,8 aerei distrutti, di cui 21,88 in aria e 6 a terra, inoltre, diventò il primo pilota a superare il record, fino allora imbattuto, di 26 vittorie ottenute dall’asso Eddie Rickenbacker (1890-1973) durante la Prima guerra mondiale.

“Don” Gentile, dopo il conflitto, rimase in servizio come pilota collaudatore nell’USAF a Wright Field a Dayton (Ohio) dopo aver partecipato con ottimi risultati ai corsi presso il Tactical Air School. Successivamente, a giugno del 1949, s’iscrisse all’Università del Maryland per frequentare, sempre con ottimi risultati, un corso di Scienze militari. Tuttavia, la carriera dell’asso si concludeva prematuramente il 28 gennaio del 1951 nel cielo dell’aeroporto di Andrews a Forestville (Maryland), 13 km a est da Washington (oggi anche base dell’aereo presidenziale Air Force One). Al comando di un aviogetto biposto Lockeed T-33A “Shooting Star” decollato poco prima per un volo di routine, c’era “Don” Gentile ed un passeggero. Il velivolo iniziò a perdere quota e dopo un breve tempo, finì per impattare disastrosamente con il suolo. Dall’inchiesta aperta a seguito dell’incidente e dal reperimento dei resti dell’aereo emerse che la causa fu dipesa da un’avaria motore. Dopo tanti combattimenti e non meno situazioni pericolose, si concludeva la sua breve esistenza, lasciando la moglie Isabella (deceduta nel 2008), e i tre figli Joseph, Pat e “Don”jr. L’USAF, volle riconoscere la sua coraggiosa dedizione alla Patria promovendolo post-mortem al grado di Maggiore.

<< Una triste coincidenza: con lo stesso tipo di velivolo T-33, in un simile incidente avvenuto sette anni prima, il 6 agosto 1945, perdeva la vita Richard “Dick” Bong, primo nella classifica degli assi statunitensi con 40 vittorie omologate >>

Il medagliere di “Don” Gentile comprende molte decorazioni, fra le quali, le più significative da parte statunitense sono: la DSC (Distinguished Service Cross) la DFC (Distinguished Flying Cross) la “Silver Star” la “Air Medal” la “Victory Medal” e la “Presidential Unit Citation”. Da parte britannica : la “British Distinguished Flying Cross”. Inoltre, è stato decorato anche da parte italiana con la “Croce e Medaglia d'Argento”, dai belgi con la “Croix de Guerre avec Palm” e dai francesi con la “Croix de Guerre”.


John Trevor Godfrey

Nell’ambito dell’ETO (European Theatre of Operations) John Trevor Godfrey fu il secondo asso per il numero di vittorie aeree presso il 4th FG. Alla fine del conflitto distrusse 18 velivoli in aria e 12,6 a terra con attacchi alle basi tedesche per un totale di 30,6. Godfrey, nacque il 28 marzo 1922 a Montreal in Canada. Trascorse i primi anni dell’adolescenza nella cittadina di Woonsocket (Rhode Island) dove frequentò la scuola superiore (High School) fino al 1940. Ritornò al nord, in Canada, compiendo diversi tentativi per arruolarsi nella Royal Canadian Air Force. Paradossalmente, i suoi genitori furono talmente contrari a che il figlio si fosse arruolato nell’Aviazione canadese, che giunsero fino al punto di denunciarlo al FBI. Di conseguenza, fu arrestato ben due volte per aver violato la legge sulla neutralità vigente negli USA in quegli anni. In ogni modo, alla fine, dovettero piegarsi alla ferrea volontà del futuro asso che si arruolò ad agosto del 1941 non curante di tutte le apprensioni familiari. L’anno successivo, nel mese di ottobre, ottenne il brevetto di pilota nella Royal Canadian Air Force dove rimase fino a settembre del 1943, quando fu trasferito presso la base di Debden.

Il primo contatto con gli aerei da caccia operativi al 4th FG, avvenne con il P-47 “Thunderbolt” per passare presto al P-51 “Mustang”. Il primo dicembre del 1943, Godfrey, conseguì la sua prima vittoria pilotando un P-47B durante il volo di scorta per una missione di bombardamento sul centro di Solingen in Germania. Dall’abitacolo vide un Me.109 che procedeva solitario, probabilmente nella strada del rientro alla propria base. Godfrey non ci pensò due volte, e allontanandosi decisamente dai compagni di squadriglia, s’impegnò in una decisa picchiata verso il tedesco. Appena raggiuntolo in coda e centrato nel reticolo del collimatore, azionò le otto mitragliatrici da 12,7 mm, riducendolo all’istante in mille pezzi svolazzanti in aria. Di sicuro, in quegli attimi nella mente di Godfrey non poteva che riaffiorare il ricordo del fratello “Reggie” ucciso nel 1941, quando la sua nave fu centrata da un siluro nazista; la vendetta aveva trovato il suo sfogo.

Il 22 dicembre del 1943, Godfrey, aveva ottenuto solo una vittoria, tuttavia, quel giorno si accingeva a compire una delle missioni più rischiose e certamente indimenticabili codificata con il numero 207 del piano operativo. Tutto ebbe inizio nelle prime ore dell’alba, quando il capo velivolo di Godfrey, responsabile della manutenzione e quindi ”angelo custode” del suo “Reggie’s Reply” (La risposta di Reggie) rimosse il ghiaccio formatosi nella notte sulle ali del P-47. Nello stesso tempo, il capo armiere, caricò i nastri delle otto mitragliatrici da 12,7 mm con un totale di circa 2400 colpi. Sistemò poi le fotocinemitragliatrici posizionata sulle ali. Inoltre, il tecnico addetto alla radio, provò il collegamento delle quattro frequenze a disposizione del pilota: la prima, per comunicare con il comandante di gruppo, la seconda con lo stormo, la terza per la ricerca in caso di atterraggio forzato, la quarta per l’assistenza alla rotta del rientro alla base. Ed infine, da parte dei motoristi, l’accensione ed il riscaldamento del potente motore Pratt & Whitney da 2000 HP (si trattava della versione B) predisponendo il P-47 dal muso rosso all’imminente decollo. In realtà il “Briefing” dopo la colazione sostanziosa a base di uova, prosciutto e caffé, si protrasse fino a tarda mattinata. La missione era stata programmata per proteggere una formazione di B-17 “Flying Fortress” lungo la rotta di rientro alle basi inglesi, dopo l’avvenuto sgancio sull’obiettivo prefissato. L’appuntamento dei caccia, era sulla città di Münster a nord della Ruhr.

<<< Tutti i piloti, iniziano i decolli secondo l’ordine prestabilito. Godfrey, sale sul suo caccia P-47 dal muso rosso in maniera alquanto goffa a causa del paracadute ma soprattutto dalla nuova tuta anti-G in dotazione da poco tempo ai piloti dell’USAAF. La sua posizione nella “Flight”, formazione di quattro caccia, è “Viola due”, ciò stava a significare che avrebbe volato in quella missione a fianco del capo formazione “Viola uno”. Il volo si svolge regolarmente e dopo poco tempo si trova sul Mare del Nord. Godfrey, appena salito a 4500 m, mette la maschera dell’ossigeno e inizia per la seconda volta i controlli della strumentazione di bordo: tutto Ok. La temperatura esterna di 4°C si fa sentire anche dentro la cabina, benché riscaldata. La quota di tangenza la formazione tocca i 7.000 metri, evitando possibili incontri della caccia nemica; la superiorità della quota costituiva un fattore di sicurezza in quelle circostanze. Ma Godfrey, nonostante l’ordine rigido di non allontanarsi mai dal gruppo, dopo aver visto un Me.109 che volava ad una quota stimata di 5.000 metri, non ci pensò due volte ad eseguire un mezzo tonneau e picchiata giungendo velocemente in coda al tedesco. La trasgressione aveva superato il senso della disciplina, ma tutti gli eroi hanno sempre dimostrato un’insofferenza verso certe regole. Però, c’è una brutta sorpresa: i Me.109 sono due. Godfey, allora chiede aiuto a qualcuno di buona volontà. E sempre contro la regola, si stacca dal gruppo in una vertiginosa affondata il ten. Vassure H.Wynn non della sua squadriglia, per impegnare l’altro Me.109 facendolo allontanare da Godfrey. Certo che il pilota tedesco inseguito da Godfrey, inizialmente aggressivo, non immaginava che sul caccia americano vi fosse stato un giovane, il quale, aveva rischiato in patria due volte il carcere per arrivare a trovarsi sulla sua scia; infatti, si rese conto immediatamente che aveva a che fare con un odiato americano, però, fuoriclasse.

Godfrey, prontamente toglie la sicura delle armi quando nel cerchio arancione del collimatore appare ormai chiaramente la sagoma del Me.109 e subito gli spedisce una scarica di colpi centrandolo in pieno, facendolo esplodere in mille frammenti. Ancora una vittoria omologata. Tuttavia, la missione non è terminata: nella fase di rientro dal cielo di Münster, Godfrey, viene attaccato da un altro Me.109 che sopraggiunge improvvisamente da “ore sei”. Forse, com’egli stesso raccontò nelle sue “memories” fu il momento più drammatico di tutta la sua carriera di pilota: il tedesco, dotato di buona mira, lo colpisce seriamente. A quel punto, per Godfrey, non rimane altro che confidare nella buona fortuna e alla struttura del P-47 affinché lo avessero riportato a casa malgrado i danni subiti. Nonostante ciò, dosando opportunamente la miscela riesce a proseguire il viaggio di ritorno fino a raggiungere la costa orientale dell’Inghilterra ed atterrare nella base di Downham Market per ripartire dopo poco diretto finalmente a Debden, dove lo attendeva con ansia il personale di terra.>>>

Ad aprile del 1944, con l’arrivo dei nuovi caccia P-51B, aumentò il suo bottino di altre 10 vittorie ottenute nel breve intervallo di un mese pilotando il suo "Reggie Reply", confermandosi, di fatto, un asso. Sopra il cielo di Kassel-Hamm, il 22 dello stesso mese, la squadriglia di Godrfrey, dopo essere stata attaccata da un congruo numero di Me.109 fu in grado di ottenere 7 vittorie di cui 3 furono dello stesso Godfrey.

Anch’egli, come “Don” Gentile, rimpatriò per un breve periodo a scopo propagandistico. Ritornato al fronte, il 24 agosto del 1944, doveva essere la sua giornata più nera. Difatti, in missione con il 336th FS, nei pressi di Merseburg in Sassonia, dopo aver distrutto quattro Ju.52 da trasporto mitragliandoli a bassissima quota evitando con molta fortuna la Flak tedesca, nel volo di rientro, fu colpito nei pressi del centro sperimentale di Nordhausen. Sceso a terra, fu catturato dai tedeschi e fu internato in un campo di prigionia dove trascorse il resto della guerra. Più tardi, al suo ritorno in Patria, fu encomiato e promosso al grado di Maggiore rimanendo nelle file dell’Air Force, che lasciò definitivamente a gennaio del 1946. Successivamente, grazie alla sua popolarità per il suo trascorso di asso, si dedicò alla vita politica riuscendo a farsi eleggere nel 1952 senatore del Rhode Island. Due anni dopo si trasferì con la famiglia nella città di South Freeport (Maine). Colpito dal Morbo di Lou Gehrig, dopo una lunga lotta contro il tremendo male, si spense il 12 giugno del 1958. Le ricompense concessegli furono: la “Distinguished Flying Cross” la “Purple Heart Medal” e la “Air Medal”. Inoltre, molti altri riconoscimenti durante la vita civile e politica.

Il caccia North American P-51 “Mustang”

Il P-51B “Mustang” di “Don” Gentile battezzato “Shangri-La” e quello di Godfrey "Reggie's Reply” diventarono celebri molto presto fra le squadriglie dell’USAAF. Alla fine del periodo bellico, contribuirono alla distruzione di 58 aerei nemici fra quelli in volo e quelli in terra. C’è da notare, che le stesse tattiche operative impiegate dai due assi, non del tutto convenzionali e fuori dalle norme stabilite nei corsi di addestramento acrobatico dell’Air Force di quegli anni, furono largamente praticate negli anni a venire dai piloti che combatterono in Corea, e più tardi, in Vietnam. Di seguito, una breve descrizione del leggendario caccia nelle sue variegate versioni adattate di pari passo alle esigenze nate dall’evolversi delle ostilità. Il “Mustang” fu uno dei migliori velivoli da caccia della Seconda guerra mondiale, determinante nella maggior parte dei combattimenti nei cieli d’Europa e del Pacifico, e nello stesso tempo, uno dei primi caccia con motore a pistoni in grado di superare i 700 km/h a oltre settemila metri di quota. Alle fine del conflitto, ne furono prodotti 15.000 esemplari, che distrussero in volo, solamente in Europa, circa 5.000 velivoli nemici. Era senz'altro più spazioso di un tipico caccia europeo dell’epoca, come poteva essere un Me.109 oppure uno “Spitfire”. I piloti che si accingevano a provarlo per la prima volta sapevano bene che si trattava di una macchina, la quale, non avrebbe permesso alcuna disattenzione al suo controllo. Occorreva la conoscenza di ogni sua parte, in maniera da rispondere tempestivamente ad ogni informazione fornita dalla moderna strumentazione, e solo con ciò, il pilota sarebbe stato in grado di ottenere il massimo rendimento ed un buon grado di sicurezza.
Fra l’altro, il nome “Mustang” era stato scelto proprio grazie alle sue inconsuete caratteristiche, simili al selvaggio cavallo delle praterie dell'ovest americano. Analogamente, il caccia avrebbe potuto, “sbalzare di sella” il pilota che avesse sottovalutate le sue potenzialità. La storia di questo magnifico caccia, ebbe origine in seguito alla richiesta avanzata dalla “British Purchasing Commission” (Commissione acquisti britannica) che negli anni ’40 risiedeva proprio a New York, al fine di organizzare gli acquisti di materiale bellico per conto dell’Inghilterra che stava soffrendo l’aggressione della Germania. La prima richiesta fu avanzata per la fornitura su licenza del caccia Curtiss P-40, altrettanto noto nella prima fase del conflitto. Un ingegnere della North American, Edgar Schmüd (1899-1985) di origine tedesca, convinse i vertici della ditta di fornire ai britannici, nel giro di circa tre mesi, un nuovo aereo, nettamente superiore al P-40 in dotazione alla RAF. L’offerta fu presa in considerazione dalla commissione britannica e subito accettata con riserva. Si trattava di ricevere i primi 300 esemplari entro tre mesi dalla stipula del contratto.

Da questa operazione di economia militare, prese il via la costruzione del nuovo tipo di caccia denominato direttamente dagli inglesi “Mustang Mk1”. Lo stesso Schmüd, in collaborazione con l’ing. statunitense Raymond Rice, riuscirono a completare nel tempo prestabilito il prototipo codificato NA-73X, che volò per la prima volta a ottobre del 1940. Il nuovo caccia presentò subito le caratteristiche di superiorità, dalla linea aerodinamicamente elegante, specialmente per il profilo laminare e per la posizione del radiatore disegnato appositamente per ridurre la resistenza dell’aria, inoltre, superava in velocità il P-40 per una quarantina di km/h. Passati subito alla produzione di serie, a novembre del 1941 furono inviati nelle basi in Inghilterra i primi esemplari.
Tuttavia, sottoposto a diverse prove da parte dei piloti, tutti veterani dello “Spitfire”, dichiararono il “Mustang” non adatto ad operare alle alte quote a causa del motore Allison da 1.200 HP scarsamente potente, per cui, fu impiegato dal Fighters Command, dapprima, per la ricognizione tattica a quote molto basse, poi per attacchi ad obiettivi terrestri grazie alle sue 4 mitragliatrici da 12,7 mm che lo rendevano largamente offensivo. Tuttavia, a ottobre del 1942, il caccia della North American, fu il primo monomotore a spingersi in territorio tedesco: decollato da una base inglese, effettuò un volo di ricognizione sulla città di Dortmund.

I primi successi ottenuti dal “Mustang” in Europa, indussero i tecnici della North American a intraprendere una rivisitazione tecnica del caccia con una serie di modifiche, assicurandosi, da parte dell’USAAF, una specifica di 500 esemplari denominati inizialmente P-51A “Apache” e poi definitivamente “Mustang” con la sigla P da “Pursuit” che lo segnalava caccia da inseguimento. Predisposto anche per il bombardamento in picchiata con bombe da 230 kg. e sei mitragliatrici da 12,7 mm, montava un motore Allison V-1710 da 1325 HP, raffreddato a liquido, in grado di raggiungere 570 km/h a 1.600 m. In realtà, ciò che lo distingueva dagli altri caccia del momento, erano due elementi di primaria importanza: il radiatore e il disegno delle ali. Il radiatore fu collocato sotto la fusoliera, con il duplice scopo di creare una resistenza dell’aria uguale a “zero”, e allo stesso tempo, una particolare variante aerodinamica costituita da una piccola apertura posteriore, che utilizzava in uscita il flusso d’aria surriscaldata prodotta dalla parte radiante centrale, creando così, sebbene piccola, un’ulteriore spinta simile ad un micro-jet. Invece, per quanto riguardava il disegno delle ali, sia lo spessore, sia la pianta trapezoidale, erano state progettate con il profilo laminare (NACA) a sezione e curvatura simmetrica per controllare meglio lo “strato limite” dell’aria. Comunque, già da parte degli inglesi, che avevano iniziato la sostituzione del motore Allison con il più potente Rolls-Royce Merlin-61, avveniva di fatto, una nuova modificazione del “Mustang” in una macchina adatta a tutte le condizioni di combattimento. Quanto ciò, decretò la fine del “Mustang” con il motore Allison dopo una produzione, fino allora raggiunta, di circa 1.500 unità. D’altra parte, i responsabili dell’USAAF, seguirono con attenzione la modifica apportata dagl’inglesi e contemporaneamente sollecitarono la North American al rafforzamento della struttura del caccia per adattarla a contenere un nuovo motore di costruzione nazionale, nettamente superiore all’obsoleto Allison. Si trattava, invero, del Packard V-1650-7 Merlin da 1.695 HP, 12 cilindri in linea, dotato di un compressore meccanico a due stadi di tipo centrifugo, i cui gas di scarico retro-espulsi, sviluppavano un’ulteriore spinta. Furono così realizzate le versioni B/C, migliorate per sopportare le forti sollecitazioni del nuovo motore. Nei voli di prova il caccia raggiunse la velocità di oltre 700 km/h salendo a circa 6.000 m con meno di 7 primi. In seguito, le modifiche del “Mustang” non finirono ma continuarono con la versione D, che in realtà, rappresentò la più riprodotta e nella quale fu sistemato il nuovo tipo di tettuccio tipo R. Malcom a “bolla” con ampia visibilità ed eliche più grandi, tipo Hamilton Standard.

I P-51D furono i primi ad attaccare la capitale nipponica partendo dalle basi situate nel Pacifico. A febbraio del 1945, volò la versione P-51H, che fu la più avanzata della serie, con un motore in linea Packard V-1650-9 Merlin da 2.218 HP, poteva raggiungere 785 Km/h a oltre 7.500 m di quota, ma non fece in tempo ad essere operativo nel teatro europeo, lo fu solo contro i giapponesi negli ultimi mesi del conflitto. Oggi, esistono ancora numerosissimi esemplari ben conservati, che volano nei vari Air Show internazionali destando sempre grande interesse fra gli spettatori.

Performance del North American P-51D “Mustang”
Apertura alare: m 11,28
Lunghezza: m 9,83
Peso: da kg 4.580 a kg 5.500
Motore: Packard V-1650-7 Merlin da 1.695 HP in linea raffreddato a liquido
Velocità: km/h 700 a m 7.500
Tempo di salita: a quota m 6.100 in 7’3”
Quota di tangenza: m 12.800
Autonomia: da km 2.100 a km 3.350 con serbatoi ausiliari da litri 415
Armamento: 6 mitr. alari Browning da mm 12,7 e kg 450 di bombe subalari oppure 8 razzi aria-terra
Equipaggio: il pilota

NB) Per la descrizione tecnica del Republic P-47 “Thunderbolt” vedasi “Un asso per due guerre” su questo stesso sito.

Bibliografia:


“1000 Destroyed 4th FG” di Hall C. Grover jr. - Ed. Morgan - Fallbrook (USA)
"History of the World War II" di Basil Henry Liddel Hart - Ed. Cassel - London (GB)
"American aces " di Edward H. Sims - Ed. Mac Donald - London (GB)
“Escort Berlin - 4th FG - WW II” di Fry Garry e Ethel Jeffrey - Ed. Arco – NY (USA)
”4th F G - Debden Eagles” di Chris Bucholtz - Ed. Osprey - London (GB)
"Famous Fighters of the World War II" di W. Green - Ed. Mac Donald - London (GB)
"Republic P-47 Thunderbolt” Aircam Aviation - Ed. Osprey - London (GB)
“P-51 Mustang“ di Borelli-Borgiotti-Gori-Pini - S.T.E.M. Mucchi - Modena (I)
“Mustang aces of the Eighth Air Force” di Jerry Scutts - Ed. Osprey - London (GB)
“La Germania bombardata” di Jörg Friedrich - Ed. Mondadori - Milano (I)
"1000 Tage über Deutschland" di Werner Girbig – Ed. Lehmanns - Monaco (D)

FINE

 

 

 

 

 

Alessandro Rao

alesrao@hotmail.it

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