LE CONQUISTE - LA POLITICA ESTERA DI
AUGUSTO


Gaio Giulio Cesare Augusto Roma, 23 settembre 63 a.C. – Nola, 19 agosto 14 d.C.
Augusto è stato uno dei personaggi più importanti della storia.
Ha fondato l'IMPERO ROMANO che ha dominato su tutti i paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo,
estendendosi a nord fino alla Germania e alla Gran Bretagna e ad est fino alle rive del Mar Caspio.

SEGUE DOPO: CONSIDERAZIONI SU AUGUSTO

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TUTTO IL PERIODO > di ..... ROMA dal 34.000 a.C. al 476 d.C. -
Le Origini - La Fondazione - i Re - gli Imperaori - l'Impero - la Decadenza

 

( Prof. Giovanni Pellegrino )



In questo articolo prenderemo in considerazione gli elementi principali della politica estera di Augusto.

Augusto sapeva bene che il sistema più logico per il mantenimento della pace era una continua espansione dell’impero romano o comunque il proseguimento della politica di conquista di Giulio Cesare.

D’altra parte l’idea che i Romani avevano della pace si realizzava esclusivamente con la conquista militare di tutti i popoli che potevano godere della pace una volta entrati a far parte dell’impero universale di Roma considerato erede di quello di Alessandro Magno. Tale concetto che era stato alla base delle grandi conquiste passate era uno dei punti di riferimento della politica estera di Augusto.

Nei confronti del potente stato iranico dei Parti ad Oriente la politica di Augusto fu principalmente basata sulla diplomazia.
Lo scopo principale di tale politica estera era quello di contenere la pressione dei Parti sulle province orientali costituendo una ramificazione di stati vassalli che potessero assicurare a Roma la presenza di zone cuscinetto tra i due imperi.

In questo sottile e difficile gioco diplomatico Augusto riuscì a ottenere non soltanto una situazione di pace temporanea ma addirittura la restituzione delle insegne che i Parti avevano strappato ai soldati di Crasso nella tragica battaglia di Carre.
In ogni caso i Parti rappresentarono per due secoli la spina nel fianco di Roma in Oriente.
Nei regni confinanti con le province dell’Asia minore come la Tracia il Bosforo e la Cappadocia furono insediati sovrani che consideravano alleati di Roma.

La Galazia nel centro dell’Asia minore divenne una provincia romana nel 25 a.C.
Gli altri piccoli stati dell’Asia minore erano completamente sotto il controllo dell’impero romano. Dopo la morte del re alleato Erode la Giudea cominciò a manifestare il proprio malcontento e pertanto i romani furono costretti a controllare con maggiore attenzione il territorio della Giudea.

In Occidente venne completata la conquista dell’intera penisola iberica compreso il versante nord- occidentale mentre nella zona delle Alpi Augusto concluse un trattato con Cozio re dei celto liguri che abitavano l’arco alpino. Con tale trattato tutte le popolazioni delle Alpi entrarono a far parte dell’impero romano. Tra le popolazioni sottomesse vi erano i Salassi che abitavano la Valle d’Aosta, i liguri nelle Alpi marittime e i Camuni in Val Camonica.

Queste conquiste completate tra il 25 e il 14 a.C. furono importanti per la sicurezza dell’Italia. In queste regioni Roma mise in atto una colonizzazione su larga scala. Poi TiIBERIO e DRUSIO Maggiore tra il 16 e il 15 a.C. completarono la conquista dell’intero arco alpino spostando i confini dell’impero romano sino al corso del Danubio. Di conseguenza vennero occupate la Rezia e il Norico corrispondenti più o meno alle attuali Svizzera e Austria.

Sempre TIBERIO uno dei più valorosi generali del suo tempo tra il 12 e il 9 a.C. conquistò la Pannonia che corrispondeva all’odierna Ungheria occidentale. Più tardi anche la Mesia a sud dell’ultimo tratto del Danubio entrò a far parte dell’impero romano.
A sua volta DRUSIO Maggiore nello stesso arco temporale intraprese un’importante spedizione militare che aveva lo scopo di estendere i confini dell’impero romano fino al corso dell’Elba.

Un serio problema era rappresentato dalle scorrerie delle libere tribù germaniche che non si erano mai placate nonostante le due sconfitte subite da Cesare. Comunque sia Drusio Maggiore tra l’Elba e il fiume Reno creò la provincia di Germania. Ma nel 9 d.C. una ribellione di tribù germaniche renane comandate da ARMINIO costituì una delle pagine più nere della lunga storia di Roma.

ARMINIO della tribù dei Cherusci come altri capi germanici entrò a servizio dell’impero romano combattendo nell’esercito imperiale come comandante di un distaccamento ausiliario di Cherusci. Arminio combatté con grande valore nell’esercito romano cosicché ricevette la cittadinanza romana e anche il rango di cavaliere.

I Romani stavano preparando una grande spedizione per sottomettere anche le tribù della Germania Orientale. L’avversario più pericoloso dei Romani era MARABODUO il re dei Marcomanni. Tuttavia gli sforzi dei Romani per raggiungere tale obiettivo furono vanificati negli anni 6-9 d. C. dalla grande rivolta della Dalmazia e della Pannonia.

Arminio approfittato di questa situazione essendosi reso conto della fragilità in quest’area del sistema difensivo romano preparò di nascosto un’azione politica e militare per liberare i territori germanici dalla dominazione romana.
Dobbiamo dire che il piano di ARMINIO fu studiato in maniera molto accurata.

In effetti il dominio di Roma sulla Germania era diventato molto oppressivo ed ingiusto. Infatti il nuovo governatore della Germania PUBLIO QUINTINIO VARO agiva senz’alcuna capacità politica e pertanto suscitava il malcontento delle popolazioni locali. Di conseguenza lui perse gradualmente l’appoggio dell’élite germaniche.

La venalità degli ufficiali e gli abusi sempre più evidenti da parte dei Romani generarono un’atmosfera molto ostile nei loro riguardi. Pertanto ARMINIO e i suoi collaboratori riuscirono a coagulare intorno a sé tutto il malcontento popolare. Ma tutto ciò accadeva senza che i Romani ne venissero a conoscenza. I congiurati pensarono dunque di attirare l’esercito romano in una trappola alfine di annientarlo mettendo in questo modo fine all’occupazione romana. ARMINIO aveva anche un progetto politico molto più ampio: egli voleva diventare re della sua tribù e successivamente di tutta la Germania.

Arminio era consapevole che senza unità politica i germani potevano facilmente cadere di nuovo sotto il dominio romano.
In ogni caso le popolazioni germaniche accettarono di costituire una lega diretta da ARMINIO: a tale lega parteciparono le tribù dei Cherusci dei Massi dei Catti dei Cauci e dei Sigambri.
Il complotto organizzato da ARMINIO riuscì in maniera perfetta. Alla fine di settembre del 9 d.C. egli convinse VARO a partire con le sue truppe per domare una presunta rivolta scoppiata nel nord della Germania.

Senza sottrarre niente VARO giunse sino alla riva dell’Elba con tutto l’esercito costituito da tre legioni affiancate da tre squadroni di cavalleria e sei corti ausiliarie per un totale di circa 20.000 soldati.
Molto gravi furono gli errori strategici commessi da Quintilio Varo assolutamente non dotato di nessuna capacità politica e militare.
Non avendo incontrato nessuna rivolta l’esercito romano ritornò verso gli accampamenti invernali senza prendere necessarie misure di sicurezza credendo che la regione fosse oramai pacificata.

Nello stesso tempo gli alleati germani dei romani disertarono progressivamente ed inoltre quelli che rimasero fornirono ai romani false informazioni. L’esercito di VARO giunse così in uno stretto passaggio tra foreste e paludi nella grande selva di Teutoburgo dove lo aspettava ARMINIO con tutte le forze dei ribelli. ARMINIO inoltre aveva anche fortificato alcune posizioni molto importanti strategicamente.
Quando i romani penetrarono nella selva di Teutoburgo vennero attaccati e massacrati in una sanguinosa battaglia durata tre giorni.

La strage fu terribile dal momento che le tre legioni furono completamente distrutte e le loro insegne furono prese dai germani. Pochissimi romani riuscirono a salvarsi. Portando alle guarnigioni renane la notizia della disastrosa sconfitta che passerà alla storia come la disfatta di VARO.

La perdita di un decimo dell’intero esercito romano fu un colpo tremendo tanto che le fonti storiche sostengono che Augusto quando venne a conoscenza della strage di Teutoburgo abbia esclamato: "Vare redde legiones". ("Vare redde legiones"
("Varo rendimi le mie legioni")

A causa di questa disastrosa sconfitta Roma dovette rinunciare definitivamente all’obiettivo di dominare l’intera Germania cosicché il confine del territorio controllato dai romani si stabilizzò poco oltre il fiume Reno.

Lo scopo delle campagne militari romane era quello di estendere l’impero romano sino a raggiungere confini naturali facilmente difendibili come il corso dell’Elba del Reno e del Danubio. In ogni caso la sconfitta di Teutoburgo limitò moltissimo il raggiungimento degli obiettivi che la politica estera di Augusto si era prefissa.

Detto ciò riteniamo concluso il nostro discorso sulla politica estera di tipo espansionistico voluta da Augusto.

Prof. Giovanni Pellegrino

 

 

CONSIDERAZIONI SU AUGUSTO



Roma dopo Augusto.
Augusto aveva evitato accuratamente di presentare il suo governo, come una rottura rispetto al passato. Alla morte di Augusto, ( 14 d.C.), i poteri da lui accumulati passarono al figlio adottivo Tiberio, col quale ebbe inizio la dinastia Giulio-Claudia.
In tal modo il principato divenne stabilmente la nuova forma di governo dello stato romano, ma rimase irrisolta la questione dei rapporti tra il principe e il senato.
Quando Augusto morì, i più anziani potevano ancora ricordare che cos’era la vecchia repubblicana romana. Ufficialmente d’altra parte, la repubblica non era mai finita poiché Augusto aveva evitato accuratamente di presentare il suo governo come una rottura rispetto al passato, al contrario egli aveva cercato in ogni occasione di presentarsi come il restauratore dell’ordinamento repubblicano. Anche per questo motivo egli non aveva mai indicato esplicitamente il successore, fatto che avrebbe rivelato la natura monarchica del nuovo regime.

Augusto che aveva avuto solo una figlia femmina, aveva preso in adozione i giovani più promettenti della sua famiglia ,in tal modo egli aveva dato una indicazione discreta e prudente circa il proprio successore. Ma tutti i successori così designati dal principe, morirono prima di lui. Alla fine Augusto non ebbe altra scelta che adottare Tiberio Claudio Nerone figliastro, nato da un precedente matrimonio della terza moglie di Augusto. Tra l’altro dobbiamo dire che Tiberio era poco stimato dall’imperatore.

Alla morte di Augusto ,fu Tiberio ad assumere il compito non facile di raccoglierne l’eredità.
Aveva così inizio una dinastia destinata a governare l’impero per oltre mezzo secolo e che è nota come dinastia Giulio- Claudia e che i suoi membri discendevano dalla famiglia di Augusto, la gens Giulia e da quella di Tiberio, la gens Claudia.
Quando Tiberio successe ad Augusto apparve chiaro a tutti che il principato non era una realtà temporanea legata alla famiglia del suo fondatore e alle circostanze eccezionali che ne avevano determinato l’ascesa e la permanenza ai vertici del potere, al contrario apparve evidente che il principato si era trasformato stabilmente in una nuova forma di governo dello stato.

Ma c’era qualcosa che non era certamente chiara ovvero in quale modo i successori di Augusto avrebbero regolato i loro rapporti coi vari organismi del sistema politico romano e in particolare col più importante di tali organismi, ovvero il senato.
Come tutti sanno Augusto non aveva voluto per sé nessun’altro titolo che non fosse quello di principe.
Egli voleva che il suo governo apparisse come il governo di un uomo dotato di superiore autorevolezza sostenuto dal consenso dell’intera società nonché protetto da poteri speciali. Ma a parte questo ,anche se non era poco, Augusto era un senatore come tutti gli altri l’aristocrazia che sedeva in senato, era abituata da troppi secoli a dirigere lo stato .

Augusto sapeva bene ciò e pertanto cercò sempre di mostrarsi rispettoso nei confronti del senato. Egli se da un alto ne ridusse il potere, dall’altro aumentò il prestigio dei senatori e li coinvolse, sia pure in un ruolo subordinato, nel governo dell’impero. Si trattava di un compromesso assolutamente inevitabile, per garantire un passaggio indolore dalla repubblica all’impero.

Per tutta l’età Giulio-Claudia, i poteri del principe restarono sostanzialmente quelli di cui già Augusto era entrato in possesso. Di conseguenza, al momento della sua ascesa al trono, al nuovo imperatore erano conferiti la podestà tribunizia, il diritto di supervisione su tutte le province, la possibilità di rivestire il consolato o di indicare persone di sua fiducia della magistratura suprema il titolo di padre della patria e così via.

Dobbiamo dire che quest’insieme di prerogative e privilegi, che Augusto aveva pazientemente accumulato nell’arco di alcuni decenni, si trasformò sotto i suoi successori in un insieme di poteri ,che il nuovo principe otteneva in un'unica soluzione dal senato. In questo modo però l’ambiguità istituzionale del principato non cessava di esistere, ma continuava a restare in piedi. In pratica l’imperatore era un magistrato speciale accanto ad altri magistrati ordinari, al quale il senato decideva di conferire prerogative eccezionali.

Tuttavia l’imperatore ,almeno in linea di principio, restava pur sempre un componente del senato stesso. Nel definire il proprio rapporto con il senato, i successori di Augusto non si comportavano tutti come lo stesso Augusto. Una parte di essi mantenne in linea di massima, una politica di buoni rapporti con il senato, fondata su un atteggiamento di rispetto reciproco: da un lato l’imperatore non invadeva i cambi di competenza del senato e si impegnava a non minacciare la vita e i patrimoni dei senatori , dall’altro questi ultimi riconoscevano l’autorità superiore del principe.
Invece, altri imperatori intrapresero con decisione la strada di un governo assoluto.
Tale governo si basava su una gestione dello stato, che prescinde dal senato o addirittura andava contro di esso.

Tali imperatori, fecero la scelta di concentrare tutti i poteri nelle proprie mani. A questi imperatori, che scelsero la strada di un governo assoluto, gli storici latini attribuirono spesso comportamenti folli o gesti assolutamente crudeli.
Tali imperatori erano spesso dipinti come mostri assetati di sangue, caratterizzati da un delirio di onnipotenza, che li induceva a servirsi del proprio potere in maniera arbitraria e violenta.
Anche la vita privata di questi principi, a dire delle fonti storiografiche, sarebbe stata caratterizzata da comportamenti infamanti o criminali, come l’incesto o il matricidio.

A questo punto sorge una domanda di fondamentale importanza ovvero, quanto c’è di vero in queste affermazioni degli storici antichi? Non è facile rispondere a tale domanda .
Infatti, bisogna tenere presente che quegli storici, erano tutti senatori molto condizionati dal punto di vista della classe sociale alla quale appartenevano. Di conseguenza, tali storici, finivano per misurare il valore di un imperatore, soprattutto sulla base del rapporto più o meno rispettoso che questi instaurava con l’aristocrazia senatoria. Pertanto, non bisogna prendere sempre per oro colato le affermazioni e i dati storici sugli imperatori che avevano scelto di instaurare un governo assoluto a Roma.

Concludiamo tale articolo, mettendo in evidenza che tra il 14 e il 68 d.C. ,l’impero romano fu governato da imperatori appartenenti alla dinastia Giulio-Claudia: Tiberio Caligola Claudio e Nerone .
Nella gestione del potere, si alternarono i due modi di concepire il principato che abbiamo descritto in precedenza .
Alla morte di Nerone, si estinse la dinastia Giulio-Claudia, seguì una guerra civile molto violenta e sanguinosa alla fine della quale prevalse Vespasiano nel 69 d.C.

Prof. Giovanni Pellegrino

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