ANNI 1500 - BAGLIORI DI COMUNISMO IN EUROPA

CAP.II - L'ANABATTISMO di WITTEMBERG


Nel 1521 in Zwickau i discorsi di STORK e di TOMMASO MUNZER stupivano per la loro violenza di distruzione contro quanto era creduto più invulnerabile. La Sacra Bibbia e le parole di Gesù nel Vangelo venivano interpretate e spiegate al popolo in maniera inaudita. I due tribuni, già luterani, non si limitavano più a combattere il dogma della romana chiesa, né a scuotere l'ormai già scosso prestigio papale, ma rivolgevano la violenza del loro linguaggio avvincente contro i nobili e i potenti.

Nicola Stork era uomo di forte ingegno, versatile, avveduto. Ebbe compagni, prima di iniziare il movimento anabattista, uomini di profonda cultura, quali Carlstadt, Melanchton, Weslenberg, Giorgio Moro e poi Matteo Cellario, ingegno acutissimo. A dire di Meshovo, storico cattolico ed acerrimo nemico degli anabattisti, Stork iniziò la sua propaganda a Wittemberg, predicando contro lo studio esagerato della teologia che falsava la semplicità e la purezza dei concetto religioso originario e contro 1' inutile cultura, esortando ad interpretare la Sacra Scrittura secondo lo spirito ed il cuore, ed inveendo contro le arti che asservivano la mente e la allontanavano da Dio.

WESTENBERG, CARLSTADT, MORO ed altri seguirono il suo esempio, scagliandosi contro le immagini sacre ed esaltando l'Iconoclastia. Lutero accorse a Wittenberg dove tali violente predicazioni minavano la rocca forte del luteranesimo, ed espulse Stork, Carlstadt, Moro ed i loro seguaci. Carlstadt, esule, pubblicò un libello contro Lutero, proclamandolo precursore dell'Anticristo, mentre Stork, errando per le campagne e i villaggi più poveri, affermava di avere visioni ed ispirazioni divine che lo designavano come liberatore del popolo dai falsi assertori di Cristo.
Contemporaneamente TOMMASO MUNZER, già luterano, convertito infine all'anabattismo, si rifugiava in Sassonia, in Turingia e dove lo sospingevano le espulsioni e le minaccie, predicando contro le dottrine cattoliche ed evangeliche.
Era costui nato a Stalberg, nella Harz, l'anno 1490. Uomo di dottrina comune, aveva la parola facile e violenta ed esercitava un fascino speciale sugli ascoltatori per un sentimento di rivolta ad ogni oppressione che infiammava i suoi discorsi. M. Audin così si esprime su lui:
“II suo organismo vibrava come una campana. Dei libri sacri egli non aveva studiato che i profeti. Egli amava parlare all'aperto e in piena campagna; i suoi capelli fluenti sulle spalle, i suoi occhi che venivano paragonati a due carboni ardenti, le sue labbra epilettiche gli davano l'aria di un ossessionato”.
Attaccava violentemente il sacramento del battesimo ai fanciulli, fondandosi sulle parole di Cristo “quelli che crederanno e saranno battezzati saranno salvi, ma quelli che non crederanno non saranno salvi”, onde l' inutilità e quindi l'errore del battesimo ai fanciulli che nulla sanno ancora di Dio e della fede, onde il nuovo battesimo, quando l'uomo potesse comprendere e credere. Impietosito, inoltre, delle misere condizioni nelle quali gemeva il popolo, egli si levava minaccioso contro i potenti:
“Noi siamo tutti fratelli, tutti figli di Adamo. Perché dunque questa differenza di beni ? Perché noi dobbiamo gemere sotto il peso della miseria e soffrire i più penosi tormenti, mentre altri nuotano nell'ozio? Non abbiamo forse diritto alla eguaglianza di quei beni, che Dio diede perché fossero divisi fra gli uomini tutti?
Rendeteci, ricchi del mondo, avari usurpatori, i beni di cui godete esclusivamente voi con palese ingiustizia, perché siamo anche noi uomini e cristiani.
E tu, gregge sventurato di Cristo, non cesserai di gemere sotto l'oppressione della potenza ecclesiastica e secolare?”.

Dopo aver lungamente errato per la Germania, riuscì infine a riunirsi nuovamente a Stork, gettando così le prime basi di un movimento sociale e religioso destinato a dilagare rapidamente, e proseguendo le peregrinazioni e la propaganda fra le classi più misere. Mercé la parola di questi due ferventi apostoli di una più radicale riforma religiosa e di una non meno radicale riforma nella organizzazione sociale, i contadini cominciarono a concepire l'affrancamento concesso agli uomini dal Vangelo come il rovesciamento del regime del quale essi soffrivano, e lo stabilimento di un nuovo ordine di cose e propriamente di una vasta comunità cristiana. Munzer e Stork, attraverso le loro peregrinazioni, non si limitavano alla sola propaganda teorica, ma fondavano qua e là numerose e segrete associazioni di affiliati, a capo delle quali spesso erano uomini di grande valore intellettuale o di molto ardimento; talora la rivolta erompeva con sollevazioni violente e colleriche, ma presto veniva soffocata nel sangue.
Fu Melanchton che, impressionato dei gravi torbidi svoltisi a Zwickau, scrisse all'Elettore di Sassonia, ponendolo in guardia contro gli avvenimenti che si andavano svolgendo, avvenimenti di poca entità, ma pericoloso indizio di prossime perturbazioni più vaste.
“Vostra Altezza saprà dei tumulti svoltisi a Zwickau. Degli innovatori, a causa della loro propaganda sediziosissima, sono stati incarcerati” e consigliava di promuovere un contraddittorio fra Lutero e alcuni di questi innovatori, onde schiacciarli in pubblico con l’eloquenza del grande Riformatore.
Ma l'Elettore rispondeva in modo assai conciliante, concludendo: ”Il mio parere è che si lasci in pace quella gente!”.
Allo stesso Melanchton, Lutero scriveva: “Vedo la scissione che si delinea fra i nostri, ma Cristo la vincerà, ne sono sicuro!”.
Ma più tardi, di fronte al dilagare della setta e alla diserzione che essa causava nel campo luterano, Lutero preso da furore si rivolse ai principi, incitandoli allo sterminio degli anabattisti.
“Su, su, principi, all'armi ! Venuta è l'ora meravigliosa che un principe possa con le armi meritarsi il paradiso più facilmente che con la preghiera ! Sterminate questi cani rabbiosi, questi volgari ladroni e parricidi!” E giustificava qualunque modo di repressione: “Carnifici committendum velut nebulonem qui seditionem macchinatur (Coin. in Ps. LXXXI)”.

Frattanto la propaganda di Stork e specialmente di Munzer dilagava, prendendo forma di un concreto programma di rigenerazione sociale e religiosa.
“Credete -diceva Munzer - di essere voi battezzati nel nome del Signore solo perché, quando nasceste, un prete vi asperse, voi inconsapevoli, di acqua benedetta? Nessuno di voi è battezzato se il battesimo non è rinnovato quando la vostra mente può comprendere la volontà del Signore”.
E poi, accennando alle innumerevoli dispute di teologia: “A che servono tutti questi dottori? Essi si chiamano sapienti, e ci spiegano la parola di Dio solo secondo i loro disegni e le loro intenzioni. Dio è in voi, nelle vostre opere, e non nelle loro ciarle sterili”.

Infine emanò i seguenti principi che dovevano riassumere il programma della nuova setta:

1°) 1 pastori siano eletti dal popolo e non nominati dai principi.
2°) Siano abolite le decime e i proventi ecclesiastici. Sia fatto il censimento dei prodotti e questi siano divisi secondo i bisogni di ciascuno.
3°) I campi, i feudi tutti non appartengono ai principi, ma ai contadini, poiché ad essi in origine appartenevano per diritto divino.
4°) Sia abolita ogni forma di servitù.
5°) Sia libera la caccia, la pesca, il far legna, il servirsi di quanto Dio spontaneamente elargisce.
6°) Le multe e i censi siano ridotti onde i lavoratori non abbiano a immiserire.
7°) I beni degli orfani siano restituiti agli orfani stessi.

Frattanto a Wittemberg bande di anabattisti, eccitati dalla propaganda dei seguaci di Munzer e Stork, e guidati da monaci infervorati della nuova dottrina ultra riformatrice, assalirono le chiese, rovesciarono gli altari, saccheggiarono i conventi, senza che alcuno osasse opporsi. Ciò avveniva per la seconda volta proprio nella culla del luteranesimo. Essi furono subito espulsi dalla città, e si sparpagliarono per la Germania, rinfocolando i propositi di rivolta già eccitati dalla propaganda di Munzer. Le contraddizioni nelle quali cominciava a cadere Lutero e il suo crescente attaccamento ai principi davano maggiore incremento fra i paesani alla propaganda anabattista. Munzer, intanto, si era recato ad Alstadt (ai confini della Turingia) iniziandovi un lavoro di sobillazione, predicando il nuovo battesimo e l'affrancamento da ogni servitù. Si presentava al popolo in abiti dimessi, frequentava i luoghi più umili e aumentava in tal modo la sua rinomanza e il suo fascino sulla plebe; quindi numerosi accorrevano a lui i contadini delle zone vicine, ansiosi di udire dalle sue labbra quelle ardenti e affascinatrici parole di fede in un migliore avvenire. La predicazione e l'esaltazione produssero il loro effetto, e il popolo insorse, abbandonandosi ad eccessi di ogni genere. Preti e monaci vennero percossi, le chiese invase e devastate, i quadri religiosi distrutti, le case più ricche saccheggiate e i frutti dei saccheggi distribuiti ai più poveri: numerose furono le violenze di ogni genere e fieri i propositi di non deporre le armi se non a compimento delle proprie rivendicazioni. Tale episodio avveniva nel 1524 e può considerarsi l'inizio della guerra degli anabattisti.

Da Alstadt, Munzer corse con i suoi seguaci su Wittenbackt; entratovi, furono rinnovati i saccheggi di Alstadt; ma dopo pochi giorni gli avversari, resi più arditi da un editto che, per consiglio di Lutero, il duca di Sassonia aveva scagliato contro gli anabattisti, riuscirono a respingere i perturbatori fuori della città, e Munzer, raccogliendo lungo la via altri proseliti e tenendo vivo con la parola il loro fanatismo, si rivolse contro Mulhausen.
Entratovi nottempo d'accordo con i numerosi anabattisti della città, occupò i principali edifici, dichiarò decaduto il Senato e fece indire nuove elezioni che diedero il potere completamente ai suoi partigiani. Ma dopo tale vittoria lo spirito di intolleranza prese il sopravvento. La città fu completamente in preda agli anabattisti che si abbandonarono ad un sistematico saccheggio delle chiese e dei conventi; i magistrati vennero espulsi e così i pochi nobili che ancora, in tali frangenti, avevano osato restare in città.
Il regime della comunione dei beni venne instaurato, e poiché l'amore del nuovo e il timore di non giungere in tempo spingevano, tale mutamento avvenne nella maniera più caotica; bande armate percorrevano la città, invadevano le case, asportando quanto vi fosse di prezioso o di utile, e dividevano fra i componenti il ricavato di tale spoliazione; i tuguri furono abbandonati dalle famiglie più povere che occuparono le case migliori i cui legittimi proprietari si erano allontanati dalla città per timore di rappresaglie. Mancava un organo direttivo per l'assegnazione dei beni mobili ed immobili; perciò gli arbitrii furono regola, la divisione dei beni divenne fonte di discordie e di odi, e l'operosa città cadde nel peggiore ozio ed abbrutimento. Di comunismo non si ebbe, così, che la forma più rudimentale, fonte di nuove sperequazioni ed ingiustizie.

Munzer, mente più tribunizia che atta a concepire un organico assestamento della pubblica cosa, esplicava la sua autorità al disopra dei magistrati, poiché i Senatori erano sue creature di null'altro bramose che di lasciarsi comandare da lui. Egli si insediò nel palazzo della Commenda di San Giovanni di Gerusalemme, e di lì, oltre che occuparsi di quanto avveniva in città, iniziò, pel tramite dei suoi adepti e a mezzo di corrispondenza, una attiva propaganda nei dintorni, eccitando alla immediata rivolta a prò della redenzione umana: “Perchè, miei fratelli, dormite? Scacciate da voi il timore e l' ignavia ! Germania, Francia, Italia sono in rivolta; la tragedia si avanza; oltre 300.000 contadini sono in armi ! Colpite, colpite, colpite! I martelli vostri non restino inoperosi: pink! pank! Pink! pank ! Raddoppiate i colpi sull'incudine di Nemrod; usate contro i nemici il ferro delle vostre miniere! Ciò è necessario. Non vi pieghi misericordia o blandizia di parole, né temete la sventura per mano degli empii. Colpite mentre il fuoco brucia, mentre la luce è con voi. Non temete che i nemici siano numerosi, perché la mano possente di Dio vi protegge. Colpite ! Amen. Tommaso Munzer, servo di Dio contro gli empii”.

Era con Munzer un certo PFIFFER, monaco apostata (“Muncere scelerum collega particeps” lo definisce il Meshovo), spirito acceso ed impaziente, parlatore efficace. La sua opera era oltremodo utile a Munzer e le sue parole accette al popolo. Ai contadini che lo ascoltavano affascinati dalla sua irruente loquela, egli raccontò di avere avuto, una notte, un sogno strano e significativo “Ho visto una folla di sorci che si gettavano sopra mucchi di grano per divorarli, e a poco a poco li riduceva in nulla.
Principi, nobili, i sorci siete voi che ci spogliate, ci derubate! Ma, nel sonno, mi lanciai contro quelle immonde bestie, decimandole. Così si faccia dei principi, dei nobili, dei magistrati, dei preti, di tutti quanti vivono del vostro lavoro, e il bottino si ripartisca fra noi!”.

STORK, invece, non aveva seguito Munzer in Mulhausen, ma cercava, in unione a METZLER, ex oste, uomo rude e temerario, di riunire in un esercito gli sparsi anabattisti e poi ricongiungersi a Munzer. La rivolta si estese così a tutta la regione; i conventi vennero assaliti, le chiese saccheggiate, clero nobili espulsi. Anche la città di Frankenhausen cadde in potere degli anabattisti, ed anche qui si rinnovarono le stesse scene di eccessi e di violenze. Primi urti con le milizie dei principi andavano qua e là avvenendo, con alterna fortuna ma con eguale crudeltà. Trecento anabattisti, presi prigionieri da Filippo langravio di Assia e da Enrico di Brunswick, furono rinchiusi in un sotterraneo ed lì abbandonati e fatti morire di fame.
Frattanto il conte di Mausfeld, che si piccava di essere, oltre uomo di armi, cultore di teologia, scrisse a Munzer, alternando minacce e consigli e citando a più riprese S. Paolo, pur di indurlo ad abbandonare la lotta intrapresa contro la religione cattolica ed i principi; lo invitava, inoltre, ad un colloquio, allo scopo di cercare insieme una via di conciliazione, per evitare effusione di sangue e per il maggiore benessere del popolo. Munzer temette, e forse non a torto, gli si volesse tendere un tranello, e preferì rispondere all'invito con la seguente lettera da Frankenhausen, infarcita di citazioni e notevole per miscuglio di pensieri nobilissimi e di vacue ampollosità:
“Al fratello conte Alberto, scritto per la sua conversione. - Tu, seguendo l'esempio del Papa che con eguale ragionamento fece di S. Pietro e Paolo dei carnefici, usurpi ed abusi dell'epistola di S. Paolo, ordinando la sottomissione alle autorità. Credi tu che il Signore non possa ispirare il suo popolo a deporre i suoi tiranni? La madre di Cristo (S. Luca, 1, 57) non ha forse detto, facendo allusione a quelli che ti somigliano: “Fecit potentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui, deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles”, quegli umili che tu ed i tuoi simili disprezzate senza comprendere? Nelle tue vivande luterane non hai tu gustato che le parole di Ezechiele (cap. 37, 4). Negli escrementi martiniani non hai trovato che lo stesso profeta Ezechiele dice: “et habitare faciam super te omnia volatilia coeli, et saturabo de te bestias universae terrae. Et irrigabo terram foetore sanguinis tui super montes, et valles implebuntur ex te.
Credi tu che Dio non ci ami almeno quanto voi altri tiranni ? Sotto il nome della religione di Cristo tu non sei altro che pagano con la maschera e il mantello di San Paolo. Ti si strapperà questa maschera! Vuoi tu riconoscere con Daniele (7, 27) che Dio ha dato il potere al popolo e non ai tiranni? “Regnum autem, et potestas, et magnitudo regni,
quae est subter omne coelum, detur populo sanctorum Altissimi, cuius regnum sempiternum est, et omnes reges servient ei, et obedient”. Vuoi tu venire a noi e mutare la tua falsa fede ? In questo caso noi ti accogliamo come un fratello comune. Altrimenti noi rideremo delle tue futilità evangeliche e ti combatteremo come nemico della vera fede cristiana e del popolo. Ciò ti valga per detto. Scritto a Frankenhausen, il venerdì « post jubilate » anno 1525. Tommaso Munzer, con la spada di Gedeone, scrisse per convertire il fratello Alberto”.

Però gli aiuti che Munzer attendeva da Stork e Metzler tardavano. Un nucleo di paesani, occupato Oestern, tentò di avvicinarsi a Frankenhausen, ma venne fermato e sbaragliato dal conte di Mansfeld che ne fece una strage.
Nel frattempo, allo scopo di distruggere l'anabattismo, fu conclusa una lega fra Giorgio duca di Sassonia, il langravio di Assia, Enrico di Brunswich e l'elettore di Magonza e Branderburgo. Le milizie di costoro, fornite di numerosa artiglieria, cominciarono a riunirsi non molto lontano da Frankenhausen, provocando incidenti e grave malcontento nelle campagne e nelle borgate per le ruberie e le prepotenze che vi commettevano, e destando vivo allarme in tutta Frankenhausen.
Il pericolo era grave; Metzeler pareva avesse riunito una forte turba di paesani, ma era ancora lontano ed invano cercava di avvicinarsi a Frankenhausen. Sarebbe giunto in tempo?
Si discusse se trincerarsi nella città per resistere ad oltranza, oppure uscire ed attaccare subito battaglia per non permettere all'esercito dei collegati di aumentare ancora in uomini ed armi, batterlo, annientarlo, e recarsi incontro a Metzler. Pfiffer sostenne questo secondo partito; la sua irruente eloquenza animava ai più fieri ed imprudenti propositi ed eccitava gli animi dei difensori; quindi riuscì a convincerli che l'audacia fosse il miglior partito. Presa tale risoluzione, gli anabattisti uscirono da Frankenhausen, ove lasciarono un esiguo presidio, e si diressero verso una collina poco lungi dalla città, collina che, a causa della battaglia che vi ebbe luogo, conserva ancora oggi il nome di Schlachtberg (monte della battaglia).

Appena giunti sulla collina, essi pregarono fervidamente Iddio perché volesse assisterli nell'aspra prova che stavano per compiere. Sperando poi ancora di poter evitare la battaglia, inviarono una lettera ai principi collegati, chiedendo che li lasciassero in pace, perché nulla di male essi avevano intenzioni di fare, e non aspiravano che ad istituire il regno della giustizia divina ed a realizzare il regno della giustizia umana secondo gli insegnamenti del Vangelo. Risposero i principi che, malgrado le scelleratezze compiute in ogni luogo dagli anabattisti, non avrebbero mancato di concedere un generale perdono, purché avessero consegnato ai collegati l'autore e l'unico colpevole di queste scelleratezze, cioè Munzer.
Grande fu la costernazione nel campo degli anabattisti per questa proposta. I più la rifiutarono sdegnosamente, confermando la più completa devozione al loro liberatore; altri pochi, appartatisi, discutevano animatamente criticando l'operato di Munzer e i pericoli ai quali egli li esponeva, e già levavano la voce incitando i compagni a non insistere in una inutile lotta a beneficio di un solo uomo, e ad accettare le condizione proposte dai principi, quando Munzer, avventandosi su di essi coi suoi più fedeli, fece immediatamente uccidere quelli che più eccitavano gli animi alla discordia. Riuniti quindi i suoi uomini, rivolse loro parole concitate, accusandoli di non essere meritevoli della libertà se non ardivano guadagnarla col sacrificio, ed esortandoli ai maggiori eroismi:

“Io vedo con dolore e disperazione che voi non siete degni d'essere liberi.
Fratelli, quelli che mi hanno sempre seguito sapranno difendersi e preferiranno la morte alla schiavitù; ma io vedo sventuratamente che è follia affidare la difesa della libertà ad uomini che non hanno la libertà del proprio spirito. lo sono venuto per difendere i poveri e gli oppressi contro i tiranni e gli empii che guazzano nel sangue e nel sudore dei paesani. Io sono venuto per vendicare il giusto contro l' ingiusto. Io sono venuto per togliere ai potenti quello che essi ingiustamente detengono, quello che Dio ha dato a tutti e non a pochi. Dio stesso nella Santa Scrittura promette vittoria al giusto contro l'ingiusto. Voi volete la pace, ma la pace è oggi schiavitù, è il trionfo degli scellerati sui servitori di Dio, è la vittoria della carne sullo spirito, e se i nemici vi propongono la pace, ciò è perché essi non hanno il coraggio di attaccarvi. Essi sono più numerosi di voi, ma che importa? Gedeone, Davide e Gionata hanno vinto con pochi valorosi armate intere. Non temete per i cannoni che ha il nemico; che cosa è un cannone di fronte alla parola di Dio? (e poiché in quel momento un arcobaleno segnava l'orizzonte, egli gridò)
Vedete? è il segno di Dio, è la nostra bandiera, è l'annunzio di vittoria che viene a noi. Alle armi dunque, al lavoro, nel nome di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo!”.

Entusiasmati da tali parole, i paesani intonarono il canto “Komm heiliger Geist Gott” e corsero ai lavori di rafforzamento.
L'armata dei principi era composta di ottomila fanti, tremila ottocento cavalieri e numerosa artiglieria. Gli uomini erano perfettamente equipaggiati e ansiosi di dar battaglia, non per spirito religioso né per sentimento di un qualsiasi dovere, ma, secondo il costume, in previsione del saccheggio che li adescava.
Anche Munzer aveva con sé ottomila uomini circa, ma si trattava di gente senza ordine, non avvezza a combattere, insufficientemente armata, animata non da furore bellico, ma da un certo fanatismo religioso che faceva loro credere certa la vittoria pur contro un esercito relativamente numeroso, armato e feroce come quello dei principi. Non aveva infatti detto Munzer, il profeta, che invano l'artiglieria nemica avrebbe tirato furiosamente, perché egli avrebbe fermato i colpi nelle sue maniche “omnes bombardarum globos sua manica sine damno ex ceptorum?”.

Tale fanatismo ha solo riscontro più tardi nell' inno di guerra dei Calvinisti “Que Dieu se monstre seulement, et l'on verra dans un moment abandonner la place des ennemis épars, epouvantés de touts parts, fuir, comme l'on voit s'évanonir une épaisse fumèe, comme la cire fonde au feu; ainsi des mèchans devant Dieu la force est consumé » (Salmo LXVIII).

Frattanto gli anabattisti si erano alla meglio fortificati sulla collina; coi carri avevano formato una sottile barricata nel tratto che loro sembrava più favorevole all' irruzione nemica e scavarono fossati non molto profondi qua e là. L'esercito dei principi, a sua volta, si era avvicinato lentamente alla collina, circondandola d'ogni parte e tagliando ogni comunicazione fra lo Schlachtberg e la città di Frankenhausen.
La battaglia si iniziò all'alba del 15 maggio col fuoco della artiglieria sul fondo della massa anabattista, fuoco che continuò violento, efficace e indisturbato, poiché Munzer mancava totalmente dei cannoni. La massa dei difensori ondeggiava sulla collina levando preghiere ed invocando il Signore; dopo di che la cavalleria e i fanti dei principi collegati avanzarono da ogni lato contro gli infelici ammassati sulla collina già insanguinata.
Strano esempio di una battaglia nella quale uno dei due eserciti, pervaso di fanatismo religioso, crede poter vincere senza difendersi, senza combattere! Infatti, gli anabattisti non combattono.
Essi credono ancora che Dio li proteggerà, ed essi, invece di brandire l'arma si inginocchiano, e pur fra l'urlo dei feriti e il clamore degli assalitori pregano Dio, e cantano: « Nun bitten wir den heiliger Geist ! ». La morte si abbatte furibonda sui loro corpi, ed essi non cercano di sfuggire, essi non tentano alcuna difesa, ancora suggestionati dal fanatismo, da superstizione e da fallace credenza nella protezione divina. Chi cade ferito a morte, ha ancora la forza d'animo di incitare il compagno a non temere, poiché l'intervento divino non può tardare. E Dio invocano tenacemente, angosciosamente, quegli in felici che in Lui confidano, e nel soprannaturale intervento in favore della causa santa.

Quando, finalmente, la verità e l'orrore apparve manifesto ai superstiti, già 5000 di essi, fra morti e feriti, arrossavano di sangue la collina, e il furore dei vincitori non aveva ancora tregua. La cavalleria dei principi mise il colmo allo sgomento. Di quelli che riuscirono a salvarsi, fuggendo ormai sotto l'incalzare dei nemici, gran parte si rifugiarono a Frankenhausen; pochi cercarono la salvezza disperdendosi nella campagna.
Ma il nemico seguì alle calcagna i fuggiaschi ed irruppe nella città, inferocito dalla facile vittoria e dal sangue versato. Qui la strage riprese, orrenda. Tutti quelli che sembravano o erano indicati come anabattisti furono sgozzati. Alle donne che urlando e piangendo chiedevano grazia per i loro mariti prigionieri la cui sorte era segnata, si concesse tale grazia a patto che esse stesse si prestassero ad uccidere a colpi di bastone due predicatori anabattisti, fra i più fanatici, anche essi prigionieri; queste donne, nella generale rovina di ogni sentimento e nel crollo di tutte le illusioni, eseguirono tale nefandezza con selvaggia violenza. Parecchi prigionieri, dice il Weil, poichè il carnefice era stanco del suo faticoso lavoro, vennero trasportati sulla collina della battaglia, ed lì sepolti vivi presso i fratelli morti che invece restavano insepolti. Orrendo scempio che veniva ordinato dai principi, oppure tollerato, apparentemente in nome della religione e contro gli eretici, ma in sostanza per estirpare il pericoloso germe del comunismo che li minacciava nel più vivo dei loro privilegi. Lo storico Weber, cattolico, che descrive con disgustoso cinismo tale giornata, afferma che nella sola città furono uccisi millequattrocentoventitre persone.

Munzer, scampato dalla città coi fuggiaschi, aveva cercato rifugio in una casa di contadini presso le mura della città. Tutto il giorno vi rimase insieme ai soldati dei principi, senza che questi lo riconoscessero: Nella serata giunse nella casa il nobile Otto di Ebbe per pernottarvi. Un soldato di costui, visto un uomo coricato in un lettuccio, gli domandò chi fosse. Múnzer affermò di essere un contadino ammalato da più giorni; ma il suo aspetto stravolto insospettì il soldato che, frugando negli abiti del finto malato, ritrovò la lettera a lui indirizzata dal Conte Alberto di Mansteld. Munzer fu subito strappato dal letto, incatenato e condotto alla presenza del langravio di Assia.
“Chi ti ha autorizzato- gli chiese costui - a depravare e a traviare in tal modo il povero popolo?”.
“Povero popolo! rispose Munzer- Tale parola è un oltraggio per il popolo se pronunziata da te! Io ho sacrificato degli uomini per l'umanità; voi principi li sacrificate per voi, per la vostra tirannia. Se i paesani sono stati vinti, ciò non dimostra che la nostra causa non sia giusta, ma che essi ancora non erano degni di diventare uomini liberi!”.

Altri principi fra i collegati si unirono al langravio nel tempestare di domande Múnzer, ma questi si rifiutò di rispondere. Si ricorse allora alla tortura perché egli parlasse e confessasse i suoi presunti torti. Alle prime strette del carnefice egli gettò un grido di dolore, e il duca Giorgio di Sassonia, avvicinandosi a lui, cominciò a beffeggiarlo.
“Tu soffri, povero amico; ma pensa quanti, per tua colpa, in questo momento stanno soffrendo”.
E Munzer, levando il capo, gridò “É la carne che piange, ma lo spirito è sereno, e resiste!”.

Poi ricadde nel mutismo interrotto di tratto in tratto durante la tortura da scatti di risa quasi folli. Visto che pel momento nulla si poteva cavare dalla sua bocca, egli fu inviato in carcere.
In seguito, ogni due giorni gli venne applicata la tortura affinché si ritrattasse, senza però che si riuscisse nello scopo. Dal carcere, fra una sofferenza e l'altra, egli scrisse agli abitanti di Mulhausen, ancora in armi contro i collegati, una lettera che però rimase nelle mani dei principi. In essa consigliava gli anabattisti della città ad implorare grazia per evitare la strage che aveva insanguinata Frankenhausen, pur rimanendo fedeli ai loro princìpi, poiché le sventure non provavano che la causa non fosse giusta. E concludeva:
“Io vi prego di non rattristarvi per la mia sorte, poiché dopo la tortura è la morte che mi attende. Essa avrà il suo effetto benefico anche sugli sconsigliati. Io volevo combattere gli abusi che si commettono in danno del popolo, volevo che al popolo fosse restituito quanto è suo, quanto gli era stato tolto, ma non sono riuscito nella mia opera. Nel lasciare il fardello e la spoglia della mia anima, io vi invito a non più ribellarvi, affinché il vostro sangue innocente non sia più versato”.

Mulhausen però veniva nel frattempo occupata dalle truppe dei principi, che non fecero minore strage che a Frankenhausen. Pfiffer, che ne dirigeva la difesa, fu preso prigioniero e sottoposto alla tortura. Trasportato anche Munzer in Mulhausen, entrambi furono condannati a morte.
Alla triste funzione assistevano i principi collegati. Pfiffer fu decapitato per il primo, sereno, sprezzante, senza che dalle sue labbra uscisse una parola di rimpianto. Munzer, secondo gli storici cattolici (sic!), nell'istante supremo tornò alla fede cattolica, e dallo stesso duca di Brunswick fu assistito sul palco nelle ultime preghiere. Ma se pure è vera (ed è lecito dubitare) tale ritrattazione dopo aver sopportato atroci sofferenze senza piegare, essa riguardava solo i princìpi religiosi e non intaccava quelli sociali da lui sempre sostenuti. Prima di abbandonarsi al carnefice, egli ritrovò ancora la forza della sua eloquenza, resa sacra dalla solennità dell'ora, e rivolse ai principi un'ardente esortazione perché rendessero meno dura la sorte degli oppressi, considerassero tutti gli uomini fratelli, e governassero con spirito veramente cristiano. Chiese pietà per la moglie che lasciava incinta, e poi si offerse al carnefice.
Con la morte di Múnzer si può considerare chiuso il primo periodo del movimento comunista-religioso nell'Europa centrale. Il Meshovo pretende che all'epoca della morte di Miinzer circa 100.000 persone, donne e fanciulli compresi, avevano perduta la vita nelle sommosse, nelle stragi repressive e per mano dei carnefici. Malgrado tanti eccidi non riuscirono i principi, cattolici e protestanti, ad estirpare il germe di ribellione che covava specie fra la plebe rurale, la quale aderiva all'anabattismo perchè solo dai suoi apostoli aveva sentita la parola della redenzione.

La stoica morte di Múnzer aveva destato enorme impressione. Il racconto si sparse per la Germania, e le parole da lui pronunziate in punto di morte, quasi santificate dall'aureola del martirio, confortarono gli adepti terrorizzati e rinsaldarono la loro fede religiosa e politica; onde può ben dirsi che meglio sarebbe stato per i principi che egli fosse stato travolto nell'eccidio sullo Schlachberg, poiché il suo supplizio stoicamente sopportato rinfocolò la propaganda dei fedeli alla setta, e fu germe di nuovo se pur non immediato sviluppo del concetto comunista in Germania, concetto che altrimenti sarebbe finito, almeno per allora, a Frankenhausen e a Mulhausen.


CAP. III - LA REAZIONE > > >

< < PAGINA INDICE

HOME PAGE STORIOLOGIA