LE PRINCIPALI TAPPE
Cerchiamo ora di vedere...
quali sono state le principali tappe

dell'emancipazione femminile.


Nelle società industriali le donne si trovano in una condizione di sostanziale sfruttamento, in molti casi svolgono un doppio lavoro, in fabbrica e a casa (accudiscono ai lavori domestici e nella cura della famiglia).
Anche le femministe erano divise su quali comportamenti adottare. Per alcune le donne dovevano andare a lavorare in fabbrica per equipararsi agli uomini, per altre no perché avrebbero finito con il fare due lavori troppo faticosi. Si discuteva già sulla necessità di assegnare alle casalinghe un dignitoso salario per ricompensarle del lavoro fatto.

Durante lo sviluppo della siderurgia furono espulse dal processo produttivo sia per l'introduzione delle macchine, sia perché tali lavori erano ritenuti troppo pesanti e troppo qualificato (non le si riteneva all'altezza) per il sesso femminile (che non a caso veniva definito debole).
Il sistema sociale vigente è quello della famiglia patriarcale, in cui l'uomo è la fonte di reddito della famiglia perché è l'unico che porta a caso lo stipendio. Al mantenimento di tale realtà sociale contribuiscono anche leggi in vigore e norme del codice civile.

Al capofamiglia si deve obbedire e sottostare senza nessuna opposizione. La subalternità è ribadita in tutti i suoi aspetti e nella tradizionale predominanza del marito che viene visto dotato di grande potere perché dispone del reddito per la famiglia.
Anche le prime famiglie industriali sono a carattere patriarcale in quanto in fabbrica le donne vengono assunte se già lì il marito è occupato e il marito è responsabile del loro comportamento sul posto di lavoro.
L'ideologia della famiglia borghese era detta "ideologia delle sfere separate" (lavoro a sfera maschile, casa a sfera femminile) a cui si cercava di dare una spiegazione ed una giustificazione con presunte motivazioni di carattere religioso, etico, morale e anche giuridico.

Questa divisione della sfera pubblico/privato nella dicotomia uomo/donna ebbe anche delle ripercussioni nel campo giuridico, non a caso la legge americana a metà del XIX secolo affidava ai mariti poteri molto ampi: "Il marito e la moglie sono una sola persona. Questa persona è il marito". (Blockstore, 1853)

Inizialmente le donne accettarono completamente l'ideologia delle sfere separate, anzi la rivendicarono perché ciò dava loro un ampio raggio d'azione. L'essere le "signore del focolare" permetteva loro di influenzare e controllare le azioni degli uomini in generale e dei propri mariti in particolare. Divennero i controllori della moralità dei loro uomini come si può desumere dalle attività filantropiche in cui si impegnarono (es. l'esercito della salvezza americano).

In un secondo momento riuscirono ad imporre parte della propria influenza nella vita di coppia in cui si andava strutturando al società. Si passa da famiglie ampie e patriarcali a strutture più nucleari in cui la donna riesce a strappare al marito una certa libertà di manovra e di scelta.
Non può ancora, la donna, agire liberamente nella sfera pubblica, ma comincia a determinare parzialmente le scelte del marito, ad esempi in fatto di nascite e di sesso. Le donne grazie al controllo delle nascite riuscirono ad ottenere una riduzione del numero delle gravidanze e, quindi, un minore carico di lavoro e di tribolazioni.

Questa fu la fase del cosiddetto "femminismo domestico" in cui le donne rivendicarono una maggiore autonomia nelle scelte importanti per la propria vita.
Maggiore tempo libero, dovuto ad un minore numero di figli da accudire, permise alle donne di frequentare istituti per migliorare la propria istruzione.
Nascono così i primi collegi femminili che, sul modello di quanto detto in precedenza, hanno il compito di preparare le donne ad affrontare la dura vita nel mondo del lavoro fino ad allora monopolizzato dagli uomini.

Questo passaggio non fu certamente indolore, ma richiese dure lotte e trovò molti ostacoli negli uomini alcuni dei quali sostenevano anche che la struttura psichica e fisica delle donne non fosse in grado di sostenere lo sforzo dell'insegnamento e dell'attività intellettiva. Quindi il voler istruirsi oltre che inutile veniva considerato anche dannoso per le donne.

Il passo successivo fu il voler svolgere le stesse professioni degli uomini, ossia le donne vollero praticare le stesse attività intellettuali degli uomini sostenendo di essere completamente in grado di fare ciò.
Riuscirono, in molti paesi, grazie ad una capillare organizzazione politica femminista, grazie a club appositamente fondati e a giornali con cui combatterono la loro battaglia per raggiungere un unico e grande scopo: avere la possibilità di misurarsi anche sul posto di lavoro con i membri dell'altro sesso senza trovare più opposizioni ad una piena e completa loro entrata con annesso inserimento nel mondo del lavoro in cui si erano liberati nuovi lavori.

Le opposizioni a tali tentativi furono forti e, molti studiosi diedero la propria adesione e teorie che adducevano motivazioni mediche e scientifiche in opposizione alla libertà di attività delle donne.
Una delle più famose fu quella dello psicologo S. Hall che, molto semplicemente, riteneva le donne incapaci di svolgere attività intellettuali pari a quelle degli uomini perché affette da deficienze psichiche che ne avrebbero limitato le capacità cognitive.
Nonostante tali opposizioni l'assalto alle professioni diede gli esiti sperati e le donne, soprattutto nei paesi scandinavi e in quelli anglosassoni, riuscirono a svolgere attività molto simili a quelle dei colleghi maschi.

Si assistette, così, al superamento in positivo dell'ideologia delle sfere separate. Alcune professioni, come il diritto ed il commercio, furono off limits per le donne perché gli uomini, in maniera molto corporativa, le difesero e ne vollero preservare la propria esclusività di svolgimento.

In questi anni furono le donne della middle-class borghese e cittadina a decidere quali prodotti acquistare nelle case e la pubblicità commerciale si rivolgeva proprio a loro.
Questo nuovo interesse della pubblicità della grande industria consumistica per le donne finì per rafforzarne notevolmente l'importanza tanto che ben presto iniziarono i movimenti politici per l'emancipazione femminile anche a livello politico e sociale e non più solamente a livello di diritto all'eguaglianza.

Furono le tappe che abbiamo prima ricordato a segnare l'attività delle donne nella prima fase del nuovo secolo e a permettere loro di svolgere, poi, le stesse attività degli uomini superandone sia la diffidenza, sia l'opposizione.

Ci sembra, quindi, il caso di schematizzare riassumendole le tappe in questione:

* ideologia delle sfere separata;
*collegi femminili;
* femminismo domestico;
* voler svolgere le stesse professioni degli uomini;
* emancipazione femminile. 


Tutto questo avvenne soprattutto negli Stati Uniti e non in Europa in cui il percorso fu molto più lento e irto di difficoltà. Soprattutto in Italia il pur iniziato e affermato movimento di emancipazione femminile fu soffocato dall'avvento del fascismo che, regime autoritario e maschilista, trattò le donne nella maniera tradizionalmente reazionaria di considerarle l'anello debole (e incapace!) della società.
Molto utili per la procreazione (per avere poi un forte esercito) non venivano per niente considerate in altri ambiti, soprattutto in quelli professionali, dove, anzi, furono approvate numerose norme che ne limitavano la libertà e la possibilità di carriera.

Fu loro impedita sia l'attività di avvocato, sia quella in magistratura adducendo, seppur in maniera velata e ipocrita, la motivazione secondo cui i presunti sbalzi umorali dovuti alle mestruazioni mensili ne inficiavano la serenità di giudizio e, quindi, le donne non erano adatte a svolgere tali lavori.
Ciò che colpisce fu che, durante l'Assemblea Costituente, un ampio fronte di forse politiche conservatrici, guidate dal grande giurista e parlamentare democristiano Giovanni Leone, volle ribadire l'ostracismo in magistratura verso le donne. 

Ma le due guerre mondiali erano state la grande occasione per le donne che, chiamate a sostituire gli uomini impegnati nella guerra, ebbero libero accesso alle professioni operaie e entrarono in massa in quelle intellettuali.
Nel secondo conflitto, i venti mesi di guerra partigiana furono caratterizzati da molte eroiche staffette partigiane che, politicamente consce del grande lavoro che stavano svolgendo, e consce dei rischi che correvano, svolsero un indispensabile ruolo di collegamento tra i vari comandi militari della Resistenza.

Un caso per tutti può essere quello della Gran Bretagna dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, sui muri di tutte le città compariva un manifesto con sopra disegnata una corpulenta operaia avvolta nell'Union Jack, la bandiera britannica, che invitava tutte le donne ad andare a lavorare nelle fabbriche di Sua Maestà al posto degli uomini partiti per la guerra.

Meritano una menzione particolare anche i milioni di donne russe che guidarono i tram di Mosca e Leningrado per gli stessi motivi, o che lavoravano nei complessi industriali sovietici o che presero parte attiva alla guerra contro Hitler impugnando in prima persona le armi.
Milioni di donne in tutti i paesi belligeranti furono assunte per svolgere attività definite di concetto: telefoniste, telegrafiste, segretarie, infermiere, ecc. ….
Una volta finita la guerra e tornata la pace fu impossibile da parte degli uomini non riconoscere il ruolo svolto dalle donne e le loro finalmente riconosciute capacità.

Lentamente, ma in maniera costante e progressiva, cominciarono a inserirsi nel mondo del lavoro a fianco dei colleghi maschi dimostrando tutto il loro valore e le loro attitudini.
Ciò che rimaneva da sancire definitivamente era una reale uguaglianza che fosse confermata e riconosciuta tanto nella legislazione degli stati, tanto nella mentalità comune.

IL VOTO ALLE DONNE
(Fu - come ricordato sopra - la Nuova Zelanda nel 1893 il primo Paese al mondo a dare il voto alle donne)

Nel 1946 un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri Ivanoe Bonomi concesse anche alle donne italiane il diritto di voto. Esso fu esercitato per la prima volta a livello nel referendum istituzionale, nelle elezioni amministrative e politiche per l'Assemblea Costituente avvenuto il 2 giugno 1946.

Nell'Italia repubblicana dopo alcuni anni (troppi!) fu riconosciuto alle donne la possibilità di intraprendere a pieno la carriere nella magistratura, ma per avere le donne in polizia si dovranno aspettare gli anni '70 e nell'esercito solo alle soglie del 2000, sono state approvate le leggi che permettono anche alle donne di svolgere attività militare.

In altri Stati, invece, l'inserimento delle donne in tali ambiti era già avvenuta da tempo: nel caso dello Stato di Israele fin dalla fondazione (1948) le donne erano inserite nelle forze armate regolari e in Gran Bretagna e Usa potevano svolgere compiti e mansioni militari seppur, fino a tempi relativamente recenti non potevano prendere parte ai combattimenti e agli scontri.

Una delle principali battaglie del movimento femminile a partire dalla fine del 1800 fu quella contro la prostituzione organizzata e legalizzata. Alla base di queste lotte stava la necessità di ribadire l'uguaglianza sociale e di diritti delle donne: anche loro avevano una propria dignità che la legge e lo stato dovevano tutelare e non contribuire a calpestare.
In Italia tale lotta fu coronata da successo con l'approvazione (20 febbraio 1958) di una legge, nota come Legge Merlin (dal nome della sua proponente e massima sostenitrice, la senatrice socialista Lina Merlin) che chiudeva le case di tolleranza (le cosiddette "case chiuse") e considerava lo sfruttamento della prostituzione come un reato.

Il riconoscimento dell'eguaglianza anche morale e soprattutto di una completa emancipazione lo si ebbe dopo le ventata del 1968, quando le donne di tutti i paesi occidentali rivendicarono in massa i propri diritti fino ad allora disattesi e riuscirono, con anni di lotte anche clamorose, a vederli in parte soddisfatti.
Fu anche grazie alle proteste delle femministe degli anni fine '60 e inizio '70 che
in Italia fu approvata la legge sul divorzio e poi quella sull'aborto.
Anche nel campo del lavoro di ebbe una progressiva entrata in massa delle donne nelle tradizionali attività maschili.

Sempre di più furono le donne impegnate in politica (anche se, a parte l'on. Nilde Iotti, Pci, Presidente della Camera dei Deputati per 13 anni, dal 1979 al 1992, gli incarichi affidati a delle donne furono relativamente pochi) nell'insegnamento e negli studi accademici.
Anche la diffusione della televisione ha contribuito in massa ad una migliore presentazione delle donne che hanno potuto dimostrare anche al grande pubblico di non essere da meno dei propri colleghi maschi.

Una nota particolare va fatta per quanto riguarda la politica: in Inghilterra, Norvegia, Francia e nelle Filippine si sono avuti capi del governo di sesso femminile che non hanno certo sfigurato (si possono muovere delle critiche, ma esse sono di carattere politico e non basate sulla dicotomia uomo/donna).
In altri paesi le donne ricoprono importanti cariche manageriali e di governo, mentre in Italia la situazione è stata a lungo ed è tuttora molto insoddisfacente. Vediamo alcuni dati al riguardo:

ANNO 2000

* la composizione del Parlamento italiano è stata composto, in media, da meno del 4 % di donne;

* solo 2 presidenti di assemblea sono state donne (Iotti 1979-92, Pivetti 1994-96);

* il primo ministro donna lo si ebbe nel 1976 (20 dopo la proclamazione della Repubblica) e fu la democristiana Tina Anselmi. I ministeri assegnati alle donne (mai più di una fino al 1991) furono sempre di carattere sociale, mai politico o economico. Sanità, Lavoro. Affari sociali, Pubblica Istruzione erano solo questi e non gli Esteri o il Tesoro i campi d'azione ritenuti validi per le donne;

* solo a partire dal VII Governo Andreotti ebbe 2 donne (Rosa R. Jervolino agli Affari sociali e Margherita Boniver all'Immigrazione). Nel 1993, governo Ciampi, le donne salirono a tre (Rosa R. Jervolino alla Pubblica Istruzione, Fernanda Contri agli Affari sociali e Maria Pia Garavaglia alla Sanità);

* solo nel 2000 è stata eletta una donna alla guida di una regione italiana. Si tratta di Rita Lorenzetti, Presidente della Giunta regionale della regione Umbria;

* solo alla fine degli anni '90 una donna è entrata a far parte della Corte Costituzionale. Si tratta di Fernanda Contri, nominata dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro;

* nel 1995, nel governo di Lamberto Dini, la sig.ra Susanna Agnelli ebbe un ministero di grande peso, quello degli Esteri. Un'altra donne, Rosa Russo Jervolino, ebbe un ministero di altrettanta importanza nel I Governo D'Alema (1998) in cui ricoprì l'incarico di Ministro dell'Interno. In tale gabinetto comparivano ben sei donne ministro, un vero record.

 

Come si è visto molto è stato fatto, ma molta strada dobbiamo ancora percorrerla per contribuire a realizzare e a costruire una reale società integrata tra uomo e donna in base a principi di reale uguaglianza e rispetto.
Ciò che va assolutamente evitato è una sorta di "vendetta" da parte maschile che, sentendosi frustrata per il potere in parte perduto, potrebbe interpretare e applicare un'uguaglianza che non tiene conto delle diverse strutture fisiche di un uomo e di una donna.

Forme di perdurante e nuova discriminazione sono, ad esempio, il realizzare test uguali per uomini e donne nell'accesso ad alcune professioni in cui servano doti di elevata forza fisica (esempio il militare) o l'adottare le stesse pene in caso di detenzione. Entrambe queste cose avvengono negli Usa in cui, tanto per fare un esempio, una errata visione dell'uguaglianza fa si che strumenti di costrizione e modelli carcerari duri si applichino indiscriminatamente sia a uomini, sia a donne senza tenere conto che le seconde potrebbero essere incinte. In tali casi i rischi di aborti aumentano. Tutto questo non è uguaglianza, ma una forma sottile e crudele di equiparazione indiscriminata e un po' punitiva.

Ultima annotazione prima di inoltrarci nell'analisi più specifica di alcune professioni, vogliamo farla nel determinare chi siano state le pioniere, le apripista dell'emancipazione femminile.
Sono sempre state le donne della piccola e media borghesia che, grazie ad una buona cultura ed a una organizzazione reciproca, sono state in grado di diffondere anche negli altri stati sociale e negli altri livelli della popolazione la consapevolezza dei diritti delle donne e del diritto primario, rappresentato dal binomio uguaglianza-emancipazione.

Queste donne hanno lottato con strumenti dissuasivi di grande impatto come riviste e giornali appositamente ideati e realizzati che hanno permesso una maturazione delle donne che è stata ben evidente nel momento in cui sono state chiamate a svolgere attività intellettuali fino ad allora prettamente maschili.
In questi casi le donne, come abbiamo già detto, sono state all'altezza dei nuovi compiti smentendo in pieno, e non poteva che essere così, le tesi sulle loro presunte deficienze psichiche come quello di S. Hall.

TRE PROFESSIONI  DONNE IN  MEDICINA , AVVOCATE, MAGISTRATI > >

 

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