IL FEMMINISMO
emancipazione, liberazione della donna
NEL 1972-74 ...

Quando le donne scesero in strada

 

Il femminismo, sostiene la maggior parte dei movimenti femministi - è la presa di coscienza da parte delle donne di una oppressione creata dalla società maschilista. Si tratta non solo di una oppressione economica, ma giuridica, e soprattutto psicologica, vigente non da anni ma da secoli..

"La donna è l'ultima colonia; la donna è il Terzo Mondo dei sessi". "La donna è lo zio Tom, la schiava dell'uomo" affermava KATE MILLET in "La politica del sesso", il libro che fu la dichiarazione di guerra delle donne americane.

Era il 1966, e la più grossa organizzazione - la NOW (National Organization Women) - puntò decisamente a dare battaglia per l'inserimento di quante più donne possibili nell'ambito della vita pubblica e nei centri di potere, rivolgendosi soprattutto alle riforme della legislazione.
( Non è che prima non ci fossero state le battaglie, lo abbiamo visto in altre pagine nella tabella VEDI > >).

Venne poi il '68, la contestazione studentesca quasi planetaria, e come in quell'italiana l'appoggio dato a questa dal mondo femminile non fu solo marginale. Combaciava con quell'urgenza di una gran trasformazione del rapporto fra individui e società. Se la prima, quella maschile, sul piano politico e sociale rientrò nella quasi normalità nel '71 salvo gli irriducibili, quella femminile mutuando le stesse tecniche della lotta maschile, iniziano proprio quest'anno a dare battaglia; esce dal carcere dei pregiudizi in cui è avviluppata e punta decisa alla... Liberazione.

Infatti, non si tratta dell'antica battaglia per l' "emancipazione della donna" e per la conquista della parità dei sessi con l'uomo, ma di messaggi assai più rivoluzionari e totali. Lo slogan è quello della "liberazione della donna" e il contenuto è la rivolta contro quei valori (sic!) sui quali da millenni si è costruita la società maschilista, sia dentro quella civile sia in quella religiosa.

I movimenti in Italia si allargano a donne d'ogni età, e l'impegno si consolida in vista della scadenza istituzionale attraverso l'impegno per il referendum sul divorzio. Inoltre ha già raccolto le firme per la depenalizzazione dell'aborto, e vari progetti di legge sono stati presentati per l'introduzione del nuovo diritto di famiglia tra la quale la parità giuridica tra i coniugi, uguali diritti e responsabilità, comunione dei beni, patria potestà ad entrambi i coniugi, eliminazione dell'arcaica dote, il diritto di conservare il proprio cognome, la separazione per colpa, e nessuna distinzione tra figli legittimi e figli naturali. Oltre a rivendicazioni di carattere sociale come asili, maternità, posto di lavoro, parità di salario a parità di mansioni e altro.
(molti di questi progetti - nel 2000 - sono ancora da venire).

Leggi arcaiche come abbiamo visto, dove alcune risalgono agli editti di Costantino (330 d.C.), altre appartengono a Teodosio (380 d.C.), altre ancora provengono da Giustiniano (554 d. C.) quando fu accresciuto il potere temporale dei vescovi cui si riconobbero ampie competenze amministrative e giudiziarie. Leggi che nonostante i grandi cambiamenti, i potenti successori laici o religiosi, traslarono integralmente nelle nuove legislazioni, anche quando crollato il potere temporale nel 1870 e fatta l'Unita' d'Italia, contrariamente ad altri paesi, le leggi, sì andarono nelle mani di una classe dominante di uno Stato borghese spinto da una volontà formalmente democratica e liberale (non dimentichiamo però che il primo governo di Cavour era fondato sul censo: 85 deputati erano principi, marchesi e duchi e in quanto a democrazia votarono solo 239.583 italiani (di censo), ma ci andarono a votare non prima di aver fatto il patto con la Chiesa. Da parte sua la Chiesa accettò lo Stato borghese - al posto di quello monarchico-feudale - diede il suo consenso e il proprio appoggio (senza il quale il potere statale non avrebbe potuto sussistere) ma a patto di avere alcune autorizzazioni, che il potere borghese concesse, in altre parole la possibilità di intervenire e reprimere, limitare o sopprimere, scomunicare e anche condannare al pubblico ludibrio alcuni soggetti quando lo ritenevano opportuno in moltissimi settori della vita civile, per non dire tutti.

La farsa dal 1870 andò avanti fino al 1946 quando fu "concesso" il voto alle donne. Come, lo spiegò molto bene Pasolini, "Il meccanismo fu semplice: il potere borghese, mascherando il proprio sostanziale illiberismo e la propria sostanziale antidemocraticità affidò la funzione illiberale e antidemocratica alla Chiesa, opportunisticamente accettandola in malafede come superiore istituzione religiosa, e custode della morale.....".
Prima nel ventennio, lo stesso Mussolini non riuscì nemmeno a scalfire questo potere, infatti, per avere consensi (lo abbiamo già letto in altre pagine) dovette fare concessioni sia alla Chiesa sia alla classe borghese. Infatti il suo plebiscito, subito dopo il Concordato gli fruttò il pieno di voti degli italiani).
Poi cadde il fascismo, e alla stesura della nuova Costituzione nel 1948, anche in quest'occasione nonostante tanta mascherata democraticità, neppure la nuova classe dirigente riuscì, fra tante altre cose, a sopprimere certi poteri, le censure, le interferenze sulla vita politica e civile dello Stato sovrano (ricordiamo gli eserciti della fede di Gedda, nel 48. che mobilitò con i suoi Comitati Cibici. E ricordiamo anche il primo matrimonio "civile" di Prato, il 12 agosto 1956 dal vescovo additato dal pulpito come "scandaloso", la coppia accusata come "concubini" e "pubblici peccatori" compresi i familiari della sposa che avevano "gravemente mancato ai loro doveri di genitori cristiani permettendo questo passo scandaloso e peccaminoso".
La magistratura, nonostante un chiaro articolo della Costituzione che sanciva il matrimonio civile a tutti gli effetti giuridici, condannò in un primo tempo il vescovo per palese diffamazione, poi (il Cardinale Lercaro, alla sentenza fece suonare le campane a morto in tutte le chiese di Bologna addobbate a lutto per protesta, e Pio XII sospese la festa dell'incoronazione "per l'oltraggio fatto in Italia alla Chiesa", assolse il vescovo, e la coppia diffamata fu perfino condannata alle spese processuali.
La Costituzione che avrebbe dovuto prima di tutto salvaguardare se stessa prima ancora che i due cittadini diffamati, si rivelò essere solo un pezzo di carta in mano al vecchio e onnipresente potere del vecchio Stato-Chiesa, che non era per nulla cessato, e veniva comodo a quei partiti che spesso ipocritamente legavano i loro simboli, la loro bandiera e gli ideali ai valori cristiani. Anzi un partito trovò opportuno mettere sul suo simbolo la croce, contrariamente a don Sturzo che quando fondò per i cattolici il partito popolare a inizio '900, non ritenne oppotuno metterla.

Le "teste di legno" governanti ma sottoposte, proseguirono così fino al '68, ma erano nel frattempo passati dieci anni e la società era cambiata e perfino dentro i partiti cattolici ci fu la mutazione, la fine del collateralismo, il rifiuto dei tradizionali vincoli alla gerarchia ecclesiastica, infine, come letto negli anni precedenti, i numerosi scismi, e il traumatico "dissenso" fatto da un prete all'Isolotto di Firenze. Sospeso a divinis.

Con Don Mazzi all'Isolotto finì non un'epoca ma un'era, anche se in certi settori ecclesiastici pragmatici "Quelle autorità e forma di potere sopravvisse e sopravvive, in quanto ancora prodotto naturale d'enorme consumo e forma folcloristica ancora sfruttabile" scrisse Pasolini il 17 maggio del 1973 sul Corriere. E non avevo visto i grandi raduni papali a base di Rock (invitarono a cantare perfino l'iconoclasta Bob Dylan), né potrà vedere Pasolini il gigantesco business mercantile del Giubileo del 1983".

Non aveva ancora visto la spaccatura della DC con le fughe trasformiste sia a destra sia a sinistra, e dove alcuni pur di non perdere il vecchio potere, hanno alzato bandiera bianca rispetto agli ideali della storia del loro ex partito e in molti casi hanno consumato con certe alleanze, con certi "patti col diavolo" e con cinismo, il più grave tradimento dell'idealità e dei valori che nella Chiesa esistono e persistono in quanto espressione di un'etica connaturata all'individuo come persona; e duole a molti credenti che non si siano eliminati subito certi equivoci. Viene in mente a chi scrive quella frase di un monsignore "orfano", all'indomani degli appelli dei trasformisti nel dopo 1992 (in Piena tangentopoli, con la DC sparita): "Tacete, lasciateci piangere in pace e in silenzio dalla vergogna". Furono altrettanto clamorosi i voti in una città veneta dove in una sezione elettorale di soli 300 elettori dove erano iscritte 250 suore di un importante Istituto, il risultato fu la vittoria della sinistra, non per coscienza, ma per chissà quale ordine di scuderia.

Ma se del '68 maschile in questo 1972 era rimasto pochissimo, il primo seme messo in quelle barricate dalle prime coraggiose donne, avevano cominciato su un terreno molto fertile, a dare i primi frutti di quella che d'ora in avanti sarà una "liberazione femminile dirompente". Diventò un DOVERE !!!

 

Non erano certo nuovi i movimenti femminili per l'emancipazione della donna: sull'economico, sul sociale e sul politico; la prima Lega Femminile era sorta a Milano nel 1893. Nel 1895 pubblicò anche un trimestrale, "Vita Femminile". Nel 1907 ci fu la famosa petizione al Parlamento per il voto alle donne (naturalmente bocciata) presentata da Maria Montessori (la prima donna in Italia laureata in medicina). Non fu certo facile l'inserimento della donna nella discussione politica anche perché la politica maschilista creò abilmente subito contrasti tra le donne cattoliche e le laiche-socialiste.

Nasce, infatti, tempestivamente al Primo Congresso Femminile a Roma il 28 aprile 1908, su progetto pontificio, l'UDCI (Unione Donne Cattoliche Italiane) subito pronte ad entrare in azione e in fortissimo contrasto con le annunciate rivendicazioni che avrebbero poi fatto le laiche-socialiste, subito un mese dopo al congresso femminile di Milano il successivo 24 maggio 1908, dove chiedevano le progressiste: scuola laica, voto alle donne e il divorzio.

Saltiamo ora tutti gli altri contrasti, i dissidi, e altre fratture, saltiamo la Grande Guerra, il Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale.
Saltiamo tutti questi periodi dove le varie richieste e le varie rivendicazioni sono state sistematicamente sempre derise, annullate o insabbiate (democraticamente!), e arriviamo alla "conquista" del diritto al voto dato alle donne nel 1946. Quasi una farsa. Fu una concessione e non una conquista, l'ambiente ecclesiastico sapeva che dare il voto alle donne (l' 85% frequentava la chiesa) voleva dire consensi alla DC, che si presentava come "democrazia" "cristiana" con il palese appoggio di Pio XII Papa Pacelli.

Il manifesto poi del Sant'Uffizio esposto il 28 giugno 1949 in tutte le 26.045 parrocchie d'Italia dove si comminava la scomunica ai comunisti e l'apostasia a chi simpatizzava con loro, a chi leggeva la stampa comunista, a chi era nei sindacati CGIL, iscritto all'API (Ass. Partigiani It.) o iscritta all'UDI (Unione Donne Italiane) convinse anche l'altro 15% delle donne non praticanti; che timorate di Dio (ma soprattutto dalle dicerie o dai manifesti "Dio ti vede , Stalin no") tirarono per la giacca i rispettivi mariti, o sgomitandoli se acquistavano l'Unità negli angoli delle strade, visto che nessun edicolante la vendeva per non farsi togliere per un motivo o per l'altro la licenza.

Le figlie poi terrorizzate rischiavano di non poter celebrare il sacramento del matrimonio, che se nel 1949 i matrimoni celebrati in chiesa erano il 100%, nel periodo 1960-66 erano ancora il 99,99%. Il terrore non era solo nelle dicerie, ma dopo i "concubini" di Prato (finiti su tutti i giornali, notizia utile come terroristica propaganda democristiana) il terrore era il pulpito della loro chiesa, si poteva finire svergognati davanti a tutti quelli del paese o del quartiere (ma anche di non trovare un lavoro o conservarlo).

Ma siamo a fine 1966. Il movimento femminile si comincia ad organizzare e preme; poi ancora 12 mesi ed è pronta per il fatidico appuntamento del 1968. Termina "la primavera abbagliante" dei maschi ma il 19 dicembre dello stesso anno la prima vera conquista è femminile: l'adulterio della donna non è considerato più reato (prima se sorpresa finiva in carcere) e nel frattempo gli è riconosciuto il diritto della separazione se adultero è ora il marito.

Ma la legge è monca (e anche questa sembra una farsa) perché i coniugi si possono separare ma non possono risposarsi, neppure civilmente. Manca il divorzio che in Italia non esiste. Un paradosso che fa ridere tutti i giornali esteri di quei Paesi dove il divorzio lo concedono dopo un breve periodo di separazione.

Ma le donne non si arrendono, e hanno questa volta dalla loro parte due alleati, Loris Fortuna e Antonio Baslini che preparano una proposta di legge. Pochi mesi e il 27 novembre 1969 la Camera approva la legge (contraria DC, MSI, e Monarchici) e il 1° dicembre 1970, il divorzio diventa legge dello Stato Italiano, con un inquietante retroscena, infatti, 6 giorni dopo si svolge il misterioso tentativo di Colpo di Stato, di Borghese, sempre stato ostile assieme alla DC al divorzio.

Dopo circa un secolo di discussioni e dopo la presentazione in Parlamento di 11 progetti (il primo è del 1878) mai giunti alla discussione in aula, eccoci dunque all'approvazione definitiva che però......

DC e Chiesa non credono essere scaturita da una volontà femminile, ed entrambe premono e vogliono che le donne si esprimano in coscienza votando un referendum, convintissimi che ci sarà con la volontà popolare l'abrogazione della legge. La campagna antidivorzio durerà quattro anni, sempre rimandando la consultazione referendaria; ma il tempo non giocherà a favore; consumismo, permissivismo, edonismo stanno allargando il loro regno e si arriverà a quella data nel '74 con un responso che registrerà una cocente sconfitta del partito conservatore DC e MSI e angoscerà la Chiesa, che si era illusa, con cifre alla mano di vincere, puntando al mondo femminile, considerato più religioso, e anche più numeroso.

Le donne invece non si fanno prendere al laccio da tutte le manifestazioni antidivorziste, ma considerano scontata questa vittoria. Già in questo 1972, vanno oltre, e fanno petizioni per la legge sull'aborto. Ma cosa è dunque accaduto dopo il '68?

Non è che del '68 non è rimasto nulla!!!!- come scriverà in seguito Montanelli - ma ha dato il via ad una serie di nuove combattive organizzazioni femminili. La partecipazione delle donne al movimento studentesco ha fornito all'emancipazione femminile (non cambiamo il femminismo con l'emancipazione) aperture dirompenti, travolgendo molti tabù, infrangendo una morale bigotta. Nelle occupazioni, nelle manifestazioni, nei cortei la presenza femminile fu altissima e coinvolgente, intensa e passionale, spesso pagando anche di persona.

Era la prima volta che quest'evento avveniva, quello di comportarsi come i loro compagni, accettare l'impopolarità delle contestazioni, i disagi, i pettegolezzi e anche tutti i rischi.

Non fu come potrebbe sembrare una partecipazione passiva, marginale, e nemmeno costrittiva anzi i maschi alle prime occupazioni delle Università non vollero nemmeno le ragazze. Il diritto alla protesta e a parteciparvi fu una conquista autonoma, con tanta determinazione voluta dalla donna, e partì proprio da Milano.
La studentessa ANTONELLA NAPPI alla prima occupazione nel marzo del '68 alla Statale, prima d'ogni altra, capì l'importanza storica del momento e fece fagotto, salutò i familiari a casa e si trasferì a dormire la notte sui pavimenti dell'Università occupata, pronta ad affrontare gli eventi, a fare la sua parte, a fare le veglie e anche a scontrarsi con la polizia al pari dei suoi compagni.
La Nappi diventò cosi' subito la leader indiscussa del movimento femminile, e aprì la "diga". Le ragazze diventarono 10, poi 100, poi 1000, e fra i 488 studenti denunciati in quell'occasione, basti ricordare che 165 erano donne. Il che significa che le ragazze erano accanto ai loro compagni a lottare fino in fondo anche se nessun giornale (maschilista) lo riportava in cronaca.

Poi, come abbiamo visto, il percorso di questa "rivoluzione" studentesca perse per strada tanti punti di riferimento. Una buona parte rientrò quasi soddisfatto nel suo privato, mentre una piccola parte proseguì per le strade dell'estremismo dentro cappe ideologiche di mondi impossibili incamminandosi attraverso strade impraticabili in mezzo ad un totale disorientamento politico sia parlamentare sia extraparlamentare e perfino dentro i gruppi estremistici che variavano come banderuole al vento, con tante incoerenze, e con intercambiabili dilettantistici modelli di lotta (dei maoisti, dei tupamaros sudamericani, poi tedeschi, del Che Guevara, dei nordvietnamiti, e tanto altro infantilismo rivoluzionario).
Il loro sogno rivoluzionario fallì proprio per queste incoerenti velleità rivoluzionarie, romanticistiche, nihilistiche, utopistiche; tutte alimentate da una spregiudicata letteratura, che provocava, incitava, ma poi clamorosamente falliva per le troppe irrazionalità, dove la più evidente fu quella di credere di operare dentro un proletariato italiano come i partigiani di Mao tra le masse contadine cinesi.

Non perdono però la bussola, le femministe: mutuano le nuove tecniche delle lotte, e le esperienze diventano tutte utili e, contrariamente ai maschi, hanno ben presenti gli obiettivi. Reduce dal caos della piazza e dai vari movimenti iniziano ad esprimere il senso della loro esistenza senza fare tanti giochi di retorica o cercare mondi fatti d'utopie. Nell'agire non annaspano, non cercano alleati, né s'identificano nei miti, ma ridefiniscono prima la loro base, organizzano le loro piccole assemblee, coordinano la lotta, promuovono l'autocoscienza ma soprattutto le donne si parlano fra di loro per modificare la propria condizione e non quella del pianeta, come vorrebbero fare i loro compagni.

In questa gestazione di libertà, uscendo dalle carceri di tanti pregiudizi e follie che circondavano la donna, rientrava ed era molto importante la lotta della liberazione sessuale. Ora che i pericoli della gravidanza erano venuti meno con la libera diffusione degli anticoncezionali che la Corte costituzionale aveva dichiarato legittimi nel marzo scorso, indubbiamente nelle relazione sessuali nella diffusa promiscuità era certamente avvenuta una certa disinvoltura; ma libertà non voleva affermare che ora, come pensavano molti, la donna spazzate via la subordinazione maschilista, i veli moralistici, i pregiudizi, i desideri sessuali frustrati da duemila anni e i tabù della verginità, doveva darsi al primo bullo che passava. Ancora una volta gli uomini, perfino quelli della stessa generazione delle ragazze, dimostrarono di non aver capito nulla del pianeta femminile, e se credevano che l'emancipazione consisteva nel poter andare a letto con loro facendo un semplice cenno, quello sciovinismo maschile che aveva inizialmente plaudito a questa disinibizione come una libertà cercata voluta e conquistata dalla donna, banalizzando ora così (a suo torna conto) il rapporto intimo, la donna si accorse che lo sciovinismo maschile usciva dalla porta e rientrava dalla finestra.

La conquistata libertà di darsi a chi si voleva si trasformava in libertà del maschio di prendersi chi voleva lui. L'errore era quindi di fondo. Prendere la pillola non doveva essere una sollecitazione del maschio per fare i suoi comodi ma doveva essere sempre e comunque una scelta della donna, altrimenti diventava peggio di prima, pronta per tutte le ore a sua altezza il "principe maschio".

Se da una parte c'era questa mentalità era perché resisteva la vecchia morale bigotta anche nei maschi, pur della stessa generazione, ma che purtroppo si nutrivano ancora di quella morale convenzionale becera oltre che arrogante, che era predicata non dagli amorali (perdonabili) ma dai moralisti (e questo era più grave).

La sentenza sulla libera vendita della pillola aveva, infatti, sì aperto la strada ad un'ampia informazione istituzionale nei preposti centri sociali, nei consultori ecc., ma aveva anche scatenato una certa pubblicistica cattolica in forte contrasto con quella che era la vera aspirazione femminile; e insisteva ad ignorare che la liberazione sessuale non voleva dire affatto fare la sgualdrina.
Comunque molte non avevano aspettato i consultori, né la sentenza della corte, né l'enciclica papale, ma avevano iniziato ad usare responsabilmente la pillola, ma non certo, come predicavano gli ipocriti moralisti, "che le svergognate che ne fanno uso, sono poi quelle che vogliono andare a letto con tutti".

Secondo questa logica il 21% delle olandesi e il 20% del resto d'Europa erano tutte puttane (vedi le cifre nei Paesi sotto). La Chiesa, o meglio i cattolici integralisti, naturalmente rincararono la dose, la pillola era "contro natura" perché impediva la procreazione, oltre ad essere immorale perché "promuoveva e favoriva la dissolutezza, la depravazione, le perversioni, la crisi della famiglia, turbe psichiche e altre fosche conseguenze".

Con questa mentalità, in Italia, pur disponibile e in libera vendita da poco, la pillola non era ancora molto diffusa anche se si stava affermando quasi inavvertitamente. Secondo il ministero della sanità nell'anno 1971 sono poco più di 100.000 le donne che hanno usato la pillola, 150.000 le confezioni vendute/mese (una confezione da 50 pezzi, lire 1200)
E nei 31 paesi, le donne che ne fanno uso dai 14 ai 44 anni, l'Italia nella graduatoria è al 26mo posto con la percentuale del 1,28%, dietro le Filippine 1,57% e davanti alla Turchia 1,27%. L'Olanda ha il 21,38%, la Germania, il 17,65%, gli USA, il 14,78%, La Svizzera, il 14,32%, l'Austria, il 12,39% ecc. ecc.

La pillola portò con se' una gran rivoluzione sessuale e raggiunse lo scopo di liberare una metà della razza umana ("l'altra metà del cielo") dalla sua immemorabile subordinazione ("il ventre è ora mio!" potevano finalmente gridare). La pillola ha, infatti, portato in primo piano il problema del libero rapporto sessuale della donna, al pari del maschio, svincolato dalla procreazione. Le permette insomma il diritto d'avere rapporti intimi prematrimoniali senza dover provare l'angoscia di una gravidanza indesiderata, da sempre considerata immorale,  non solo dal mondo maschilista, ma si era riusciti ad omologare quest'idea anche dentro quel mondo femminile plasmato fin dall'infanzia con questa bigotta educazione. Un fardello psicologico quindi non facile da scrollarsi di dosso.

Su questo diritto della donna (pillola = rapporto sessuale svincolato dalla prole) la Chiesa non è d'accordo, contesta la scientificità della pillola e allarma sulle conseguenze catastrofiche che il suo uso può avere sulla salute dei cittadini (ma gli scienziati si arrabbiarono e risposero: "ma quando mai la scienza ha dovuto aspettare l'avallo della Chiesa, che ha dei precedenti non proprio illuminanti, basta ricordare Galileo).

Ma la Chiesa insiste sull'integrità moralistica per gli sconvolgenti effetti che la pillola può avere sui costumi sessuali dei giovani e sul deleterio stimolo alla promiscuità indiscriminata, e richiama i fedeli al non uso, considerandolo contro natura. E qualora si vogliono evitare figli li richiama all'astinenza.

Sensibile al problema del controllo delle nascite considera lecito solo il metodo Ogino Knaus (con il calcolo del ciclo mestruale, i giorni fecondi, le temperature basali); metodo che invece è poco ascoltato, prima perché poco sicuro, in secondo luogo si obietta che il rapporto sessuale non può essere programmato a calendario, ma è sempre una conclusione di un irrazionale processo affettivo e istintivo che deve svolgersi nella più completa spontaneità per non provocare artificiosità, altrimenti diventiamo un allevamento di scimmie che hanno l'estro solo una volta il mese e non conoscono l'intima unione affettiva tipica degli umani.

Il movimento femminista quindi si muove ora su questo terreno che è tutto suo, privato, intimo. La donna sa d'essere "sola" e vuole affrontare da "sola" il "suo problema" con una tematica radicale e dove non teme di imboccare la strada più impopolare, quella che va contro la bimillenaria morale della Chiesa, prima con divorzio, poi con la pillola e infine con quello che già la stessa Chiesa ha iniziato a chiamare "il macigno delle coscienze": l'aborto.

E non teme nemmeno lo scontro politico per la soluzione totale. E se prima come abbiamo detto era solo una battaglia d'emancipazione sull'economico e sul sociale, ora questa battaglia affronta quel mondo biologico, sociale, religioso che dall'alto s'insiste a voler mantenere chiuso alle idee, alle esperienze e alla volontà della donna; seguitando ad ignorare cosa sta avvenendo negli altri Paesi perfino a noi vicini, dove se non vi guardano i ciechi maschi, stanno invece guardando le donne d'ogni età, d'ogni ceto sociale, autoaffrancate da una propria ideologia, perché in questa battaglia si lotta per la dignità della persona e non per le ideologie politiche religiose cristallizzate.
Vaticano anno 1972 e Democrazia Cristiana anno 1972 non coincidono affatto con la chiesa e la religione femminile 1972. Ma pochi capiscono questa differenza che è nell'essenza di questo distinguo, ma dove però la donna si sente finalmente: libera, da se stessa e dal potere gerarchico laico e religioso, così arcaico, medioevale, e che finora arbitrariamente ha condizionato con l'ignoranza qualunquistica la morale di una sua metà e la morale di quell'altra metà del pianeta, abitata da donne, l"altra metà del cielo".

Tutto questo accade.....

< < La battagliera Simone De Beauvoir
Al Congresso di Bruxelles; 1972

Tutto questo accade.... nell'anno 1972, con una società impenetrabile, ma che dopo un '68 è ormai sgretolata, mentre il mondo femminile quasi in silenzio ha già iniziato questa rivoluzione "liberazione". In molti episodi sporadici ma emblematici la donna ha già messo il seme a germogliare per esprimere il suo senso dell'esistenza e la propria dignità di donna oltre che di persona umana.

"La donna - spiega in questo 1972 Padre Fabbretti, un prete che solo lui ha capito la realtà che lo circonda - ha scoperto che il sesso è un dono di Dio e che l'amore è, nello stesso tempo, la sua avventura e la sua vocazione specifica".

La donna 1972 inizia, infatti, a desiderare un mondo dove possa esprimere un amore più intenso ad un compagno, ad un gruppo o dentro una famiglia elettiva, libera da quella schiavitù medievale imposta dalla famiglia patriarcale, dalla società e dalla Chiesa. Quest'ultima poi (tutta maschilista) sempre chiusa a queste espressioni, rimase arbitrariamente autoritaria nel creare una sua morale per il mondo femminile, pur avendo i suoi rappresentanti scelto tutt'altra vocazione e che quindi il problema lo conoscono solo per sentito dire. Che è un po' poco; ma purtroppo con questo poco hanno proseguito e sono sempre rimasti legati ad un'arcaica concezione della donna, seguitando ad ignorare le scoperte fisiologiche e quindi i meccanismi della riproduzione che invece avrebbero dovuto far subito rivisitare velocemente le cristallizzate vecchissime conoscenza in materia.

(ma non meravigliamoci più di tanto - famose le dispute tra i due poli  della lotta della donna, in Italia, alla fine del secolo scorso: le istanze del femminismo, rappresentate dalla Mozzoni e la questione sociale, di cui è maggiore esponente la Kuliscioff. La diversità di opinioni su lavoro femminile, voto, contraccettivi, aborto, la sessualità in generale.
Vedi a proposito le  "BATTAGLIE A FINE OTTOCENTO " > >   )

Per duemila anni tutta la morale (codificata e formalizzata) era basata sull'idea che la donna era un semplice ricettacolo del seme maschile, un contenitore futile e vacuo. Ma non era così. Prima Spallanzani, poi Hertwig e Flemming, nel non lontano 1875, 1882 scoprirono invece che un individuo nasce dalla fusione di una cellula gamete donna e da una cellula gamete uomo e che il patrimonio genetico appartiene a metà di uno e alla metà dell'altro. Non solo ma che biologicamente la funzione principale dell'attività sessuale nella nostra specie (detta umana) è la creazione del legame di coppia, ed ogni codice morale che miri a ridurre la spontanea espressione sessuale fra i partner è estremamente pericoloso (oltre che essere una violenza) per il successo della vita stessa della coppia, che non dimentichiamo va ad unirsi e (se vuole) a procreare solo dopo questo legame; l'unico in grado di allevare la prole che la loro attività sessuale ha generato e che contribuisce a rinsaldare questo iniziale ed essenziale legame d'amore. Diversamente sarebbe semplice routine di sopravvivenza, di sussistenza e procreazione, esclusivamente funzionale. (e questo sì, che è "immorale").

Altro famigerato pregiudizio arcaico era, che poiché il piacere (psicologico e fisico)  della donna non era necessario alla procreazione, erano sempre stati spesso considerati come degli abominevoli satanici desideri. Le si metteva così alla pari delle scimmie femmine, che non conoscono il piacere, ma d'altra parte è anche vero che diversamente dalle femmine umane, tutte le specie di scimmie non formano legami di coppia durevoli e l'attività (richiamo) sessuale si ha soltanto quando l'estro  è attinente alla procreazione, cioè una volta il mese. Questa mentalità ha resistito nonostante la scoperta degli ormoni e dell'estro, del tutto indipendenti nella femmina umana nella sua normale attività sessuale.

Ma perché mai il Creatore avrebbe fatto allora la donna sessualmente attiva per tutto il ciclo mensile indipendentemente dalla possibilità di concepimento? La risposta è stata sempre aggirata e si è sempre affermato con forza che la funzione primaria del rapporto sessuale era "finalizzato alla procreazione e basta!!! il resto solo concupiscenza, indulgenza alla carne". E seguendo questo ragionamento una donna arrivata alla menopausa dovrebbe quindi smettere di fare all'amore.

Ora pur non riferendoci allo stile moderno di fare all'amore, rimane il fatto che fare all'amore è legato alla natura biologica di base dell'uomo e della donna indipendentemente dalla procreazione. Dopo la scoperta degli ormoni e dei neuromediatori che attivano i segnali sessuali che hanno le quattro funzioni cruciali: ricerca del compagno, scelta del compagno, eccitazione del compagno, unione col compagno, è stata ribaltata completamente la funzione sessuale, che non ha proprio l'obiettivo primario dei figli per poi creare un legame, ma viene prima "il legame" per poi creare "semmai" dei figli.

Un legame che li fa rimanere uniti prima come coppia e poi (consolidata ancora di più l'unione) come genitori, a prezioso beneficio della prole, che ha proprio bisogno di quest'essenziale legame d'amore per vivere ed esistere, e quindi ricevere le necessarie e particolari attenzioni, che non significano per gli umani solo necessità di cibo alimentare (non siamo nella foresta!) ma cibo culturale.

Ed eccoci all'avventura: arriviamo a questi nuovi movimenti della donna che vanno a modificare in brevissimo tempo concezioni arcaiche bimillenarie.

Sono stati inizialmente gruppi che si sono mossi sul piano dei diritti civili anche se in contrasto con altri gruppi autonomi di femministe che rifiutano di darsi una struttura organizzata di tipo verticista; e, infatti, questo gruppo non riconosce al suo interno alcun leader, come non hanno bisogno di quelle figure simbolo osannate dai loro compagni nelle manifestazioni di piazza. Gli slogan ci sono, le scritte pure, ma sono realistiche non utopiche. Chiare non criptiche. Concise non dialettiche.

Sì agli anticoncezionali!
Si al divorzio!
Sì alla revisione del diritto di famiglia!
Sì alla legalizzazione dell'aborto!


Non sono slogan! Sono gridi di legittimazioni, sono segnali stradali messi a un bivio per uscire tutte insieme da un sentiero impervio, lastricato di ipocrisie, pregiudizi, infamie e ignoranza, che le donne sono state obbligate a percorrere per quasi duemila anni. Ipocrisie che si chiamavano "senso comune", "valori consolidati", "etica dominante", "fedeltà e esclusività nel rapporto", "onore familiare", "potere sui figli solo del maschio", "potere maschilista sulle decisioni familiari" e mille altre doppiezze, falsi perbenismi, miopie.

Il primo MLD (Movimento Liberazione Donna) era nato nel novembre del '69 al Congresso dei Radicali a Milano, fondato da ADELE FACCIO e MARIA ADELE TEODORI. Cinquanta gli aderenti e un migliaio le simpatizzanti solo a Roma, con la sede in via di Torre Argentina guidata da ALMA SABATINI. Un movimento che veniva dal gruppo Anabasi e dal Demau (Demistificazione Autoritaria) che pare sia il più "antico", del 1966.

Mentre il FILF (Fronte Ital. Liberazione Femminile) era nato il 13 dicembre 1970 e intendeva affermare posizioni non "separatiste" nei confronti dei maschi. Convinzione del FILF era che le rivendicazione femminili non riguardassero solamente le donne, ma tutta la società, e che quindi non si doveva confondere come una lotta di classe.
Sono quelle della Filf, le più scatenate, si definiscono "più a sinistra dell'estrema sinistra extraparlamentare", ma aprono ai compagni maschi svincolatisi dai condizionamenti sessisti. La loro sede a Roma in Piazza SS. Apostoli.

Sempre nel 1970, un gruppo si stacca dal MLD per incompatibilità e crea RF (Rivolta Femminile), una trentina di aderenti, coordinati da ELVIRA BANOTTI, sede a Roma in Via del Babbuino e a Milano in Via Monte di Pietà. Un gruppo questo che non intende provocare, ne' accettare, un dialogo col mondo maschile, ne' lottare per il raggiungimento dell'uguaglianza con l'uomo; questo significherebbe identificarsi con lui e comportarsi come lui, cosa improponibile.

Con la FILF ci sono poi altri numerosi gruppi paralleli ma autonomi di autocoscienza, che non hanno un nome, rifiutano di darsi una struttura organizzata e non riconoscono alcun leader. Si ritrovano in riunioni generali una volta al mese, per comunicare le proprie esperienze, le proprie iniziative e le difficoltà che incontrano, oppure si riuniscono in genere piccoli gruppi nelle varie case delle donne che fanno parte del movimento. Operano in silenzio, senza far chiasso, ma iniziano a circolare idee nuove che porteranno molto lontano, al superamento di arcaici pregiudizi sanciti dalla legge, all'uscita dall'oppressione del sesso, dai tabù, e all'affermazione del diritto al piacere alla gioia e all'autodeterminazione anche in questo campo, oltre alla cancellazione di quello stereotipo di donna che le qualifica beni di consumo per il maschio.(!!).

Altro gruppo è il Collettivo femminista di Via Cherubini a Milano animato da LEA MELANDRI che anima il gruppo e la "libreria delle donne" che pubblica la rivista portabandiera Sottosopra e L'erba voglio.

Sembrano tanti gruppi, danno l'impressione di essere scollegati, e sembrano anche divisi da ideologie politiche, ma non è così. I gruppi sono diversificati ma uniti, perché l'obiettivo è unico, e la "lingua" e i contenuti, quando trattano i problemi comuni a tutte le donne, sono una sola cosa. Di questa "lingua" e questa solidarietà nessuno tiene conto: sia i politici sia i religiosi.

Il 23 Dicembre proprio alla vigilia di Natale dello scorso anno ('71), e molto prima di essere chiamate al referendum del divorzio, provocatoriamente le femministe a Roma hanno già raccolto le firme per presentare una proposta di legge per la liberalizzazione dell'aborto.

Ma è quest'anno (1972) che i gruppi si animano e cominciano le vere dimostrazioni. SIMONE DE BEAUVOIR (l'autrice di Secondo sesso, anno 1949) a Bruxelles al Congresso Femminista Europeo ha posto con toni perentori e con spregiudicatezza il problema della libertà della donna, e ha infiammato le platee femminili di tutta Europa. Compresa quell'italiana.

Infatti, il percorso della liberazione femminile in Italia diventa dirompente, inizia con manifestazioni provocatorie, assemblee, volantinaggi, e porterà, prima alla "grande inattesa sorpresa" (i risultati) del referendum per il divorzio (59,3% a favore), e poi (con un altro clamoroso risultato - il 67,9%) getterà nello sconforto la Chiesa, quando i voti per la liberalizzazione dell'aborto causeranno una vera e propria angoscia "a Roma" "isole DC" comprese.
Nessun'angoscia invece nella popolazione femminile cattolica d'Italia, di ogni regione, di ogni ceto, di ogni età, comprese quelle meridionali, credute conservatoriste (o immaginate più plagiate, "un bacino garantito quello" disse qualcuno sbagliando clamorosamente).

Per l'aborto, infatti, il Sud si pronunciò a favore, in Sardegna 63,7%. Sicilia 67,1%, Calabria 63,6%, Basilicata 65,6%, Campania 67,5%, Puglia 65,2%. Il Sud superò perfino il Nordest; il Veneto (altro bacino garantito) fece registrare comunque un 56,6%, mentre nelle rimanenti regioni del Nord e del Centro si toccarono medie dal 73% al 76,8%.

Molte donne sia al divorzio che all'aborto non ricorreranno mai, ma non impedirono con i loro voti che altre donne affidandosi alla loro libera coscienza vi ricorressero quando era necessario per evitare drammatiche situazioni o quando era messa in discussione la loro dignità di persona (come lo stupro di un triviale soggetto).

E anche qui, questa solidarietà, nessuno l'aveva messa in conto: sia i politici, compresi i comunisti, sia i bigotti e i religiosi. Questi ultimi pazienza, non conoscono il mondo femminile, ma i primi, pur tenendo a casa moglie, figlie, sorelle, fidanzate, amiche, mamme e nonne, non hanno capito nulla della donna e il contesto sociale dove essa si muove tutti i giorni. Già, perché votarono (fu facile fare la conta) sia le nonne di 90 anni, che le ragazze che ne avevano 20 di anni, quelle che erano state bollate come "leggere" e "svergognate".

Finiva insomma quell'ambiziosa pretesa di annettere metà dell'intera società - le donne - a un'unica visione del mondo; finiva cioè una certa cultura che aveva voluto imporre una dottrina morale personale spesso asessuata, o quella maschilista - costruita a tavolino - a una morale "naturale".
Nessuno, anche minimamente osservando, si era accorto della situazione reale del Paese, del passaggio immediato (in una sola generazione) da una cultura fatta quasi totalmente di analfabetismo (i poveri) e umanesimo cencioso (i ricchi), da un'organizzazione culturale arcaica che omologava e benediceva solo due cose (miseria e salvezza), all'organizzazione moderna, dove il contesto sociale era mutato, la mobilità un fatto, la promiscuità evidente a tutti, e dove la cultura consumistica (ben oliata, osannata, palese in ogni angolo, onnipresente, telepromozionata) aveva già creato senza fatica non solo altri modelli più gradevoli e li aveva omologati creando inossidabili ideologie (la edonistica), ma si era ormai impadronita anche del Potere che il neocapitalismo (legato ai consumi) aveva sapientemente creato, e in certi casi - per svilupparsi - aveva anche con l'appoggio politico dei potenti che venivano da quelle arcaiche culture, ma che subito avevano abbassato la loro bandiera spesso tradendo idealità e valori solo per cinico opportunismo elettorale.

Ma era necessario, dobbiamo paradossalmente anche ringraziare questi complici che per giustificarsi, come traditori si scagionarono, dichiarando che era la nuova espressione del liberismo puro e che era necessario rimuovere e ridimensionare una cultura moralistica laica o ecclesiastica perché entrambe non inducono certo ai consumi e ad alcune libertà che una società civile moderna deve avere per muoversi verso lo "Sviluppo" che ha bisogno anche di quella produzione creatrice che dà il benessere terreno. E prime le italiane e poi anche gli italiani accettarono con entusiasmo i nuovi modelli.

Lo stoicismo nell'accettare miseria, fame, sacrifici, era dunque tramontato. Ed era tramontata con la liberazione della donna, oltre i pregiudizi accennati sopra, anche la bruttezza, la sciatteria, la non cura del proprio corpo, ed abbiamo così iniziato ad apprezzare la donna che si fa desiderare, iniziato ad amare la gente di bella presenza, pulita e ben vestita, a stare in compagnia con loro, conversare con loro. E questo vale per le donne nei confronti delle donne, e per gli uomini nei confronti degli uomini, non solo per rapporti più apertamente sessuali.

Ma tutto questo nella vecchia morale era condannato e ripudiato, e la cura del corpo - quindi il desiderio di piacere - pruriginosamente era sempre associata alla perversa intenzione di voler eccitare sessualmente il partner, quindi sconveniente, come a voler dichiarare che la sessualità è la radice dell'estetica, e che l'estetica è fatta in funzione della sessualità. E ci riuscirono i vecchi moralisti, visto che mortificando la carne e creando dei tabù, riuscirono a mortificare anche la bellezza.
Marwick scrive invece "Un solo fatto è innegabile, per le testimonianze storiche e l'esperienza quotidiana: gli esseri umani nascono con un profondo istinto estetico che dà origine alla poesia, all'arte, alla musica, alla moda, e a molte altre attività, e all'arte di piacere". Freud lo aveva già scritto "Il godimento della bellezza ha in sè qualcosa di lievemente inebriante. La bellezza non ha uno scopo apparente; e non vi è alcuna palese necessità culturale della bellezza. Tuttavia, la civiltà non potrebbe farne a meno". La civilta !!! non solo le puttane!!

Iniziarono le donne in questo 1972, poi proseguirono e capirono anche gli uomini cosa era la bellezza, l'eleganza, la cura del corpo, la moda, il piacere di stare in compagnia, di conversare, e accompagnarsi con quella che s'iniziò a chiamare "la bella gente".
Non per nulla esplodono quest'anno i grandi sarti, che costruiranno su questo desiderio i loro imperi. MISSONI è il primo a fare una sfilata proprio nel '68, ma da quest'anno 1972 sulla ribalta salgono VERSACE, VALENTINO, TRUSSARDI, FERRE', LITRICO, CARDIN e tanti altri; E INIZIANO LE MODELLE. E' iniziata una nuova era. (Più gradevole)

E vale la pena di riportare un passo del già citato Marwick, autore di Storia sociale della bellezza, Leonardo editore, 1988: "La rivoluzione politica, i mutamenti che molti contestatori auspicavano nel '68, non sono accaduti. Ma a dispetto di tutto quanto è stato scritto sul vuoto e le falsità delle aspirazioni espresse in questi anni, la prova di un significativo cambiamento culturale mi sembra irrefutabile. In particolare, mi riferisco naturalmente al mutamento critico nella valutazione dell'aspetto fisico, cercandone le prove concrete. E sono le nude cifre che indicano gli studi e gli interventi accademici sull'argomento nell'arco di 60 anni in tre campi. Gli studi condotti da istituti di psicologia. Il numero di manuali di bellezza pubblicati, e l'influenza che ebbe la bellezza nel mondo degli affari e della politica. Studi che hanno influito sulla società e hanno poi influenzato le nuove teorie di politica sociale. I mutamenti iniziati nel '68, poi più evidenti nei primi anni '70 (in Italia nel 1971-72) hanno posto l'accento sulla bellezza come caratteristica di notevole valore e l'hanno portata all'attenzione degli accademici come argomento adatto per approfondite ricerche su tutti gli altri campi. Negli anni Venti gli studi furono 1. Negli anni Trenta ancora 1. Negli anni Quaranta: 0. Negli anni Cinquanta: 2. Nel 1960-64: 1. Nel 1965-69: 5. Nel 1970-74 furono invece 22, e in seguito sempre più numerosi". Si iniziarono a contare a centinaia".

La liberazione della donna ha mutato la società. Dal 1972 è nata un'altra donna e tutte le altre conquiste che avverranno sono legate a questa mutazione antropologica di questi anni, dove soprattutto e innanzi tutto non solo la donna ha mutato il suo carattere, ma ha fatto parallelamente mutare carattere anche all'uomo. Col '72, infatti, si sono spente le ultime manifestazioni della contestazione, ed è calata anche la spavalderia, l'arroganza, e l'egocentrica opinione che l'uomo aveva di se stesso. Le donne diventarono sempre più belle, sicure, attraenti, eleganti, e se voleva l'uomo competere doveva adeguarsi agli stessi canoni. Il medioevo era finito!!!

Contrariamente a quello che si pensa, la loro partecipazione al mondo del lavoro, in pratica le donne lavoratrici, è in costante diminuzione. In piena industrializzazione ottocentesca, vale a dire nel 1901, le donne lavoratrici erano il 32%. Nel 1961 erano calate al 25%. Quest'anno (1972) sono scese sotto il venti, e sono appena il 19,6%, poco più di 5 milioni, proprio come nel 1901.

Massiccia è la sua presenza nel settore dell'insegnamento. Nelle elementari il 75,8%, nelle medie il 61,9%, nelle medie S. il 49%. Ancora pochissime all'Università. Nelle cariche pubbliche le donne occupano solo l' 1,5%, come medici sono il 7%, e come ingegneri solo l' 1%.

Il resto sono soprattutto mansioni di segretaria, commessa, dattilografa, infermiera con una retribuzione, sebbene la legge disponga il contrario, inferiore a quella dell'uomo: in media del 16%.

 Sul tema DIVORZIO e PILLOLA-

 

< < Il primo numero della rivista femminile EFFE
La prima redazione di Effe: Gabriella Parca,
Danielle Turone Lantin, Grazia Francescato,
Adele Cambria, Agnese De Donato, Lara Foletti

DIVORZIO E PILLOLA

A non capire nulla della trasformazione avvenuta in Italia in questi anni sono non solo alcuni ambienti politici ma anche quelli cattolici. Lo dimostra l'ostinazione con cui la Conferenza episcopale italiana trattò la questione del divorzio e poi della pillola, anche se in una questione come quella del rapporto matrimoniale e dei sessi era l'ultima istituzione a dover intervenire, perché poteva dire molto in fatto di principi morali, etici e spirituali dell'uomo, ma pochissimo sui rapporti di due coniugi, che ad un dato momento scoprono di non avere più nessuna affinità e nemmeno stima reciproca (per un grave torto subito - come l'adulterio, l'incesto, la violenza carnale) ma sola insofferenza, alimentata sempre di più, dal rancore, che trasforma le mura domestiche (questo sì) in "inferno".

Altrettanto "inferno" era, quando una figlia rimaneva in stato interessante (anche se violentata), che con la morale corrente diventava un'ignominia e un disonore per la bigotta famiglia più attenta alle convenzioni che non a comprendere l'anima offesa dei propri figli.

Le esperienze matrimoniali e i rapporti non si apprendono solo per sentito dire nei confessionali e neppure sondando il profondo dell'animo umano, ma bisogna viverle queste esperienze che sono sostanzialmente diverse essendo spesso irrazionali. Anche il miglior intellettuale - e qualche volta lo stesso prete, frate, mistico - perde la testa per una donna, al pari della più virtuosa donna per un uomo.

Esistevano inoltre in certi matrimoni anche la contrapposizione fra "unione fisica" voluta e desiderata e quella invece imposta magari da parenti, e come tale per convenienze sociali il "rapporto" diventava un "dovere", anche se legami affettivi con quella persona non c'erano mai stati, e neppure si creavano, per assenza di affinità nella convivenza coatta, anzi aumentava il rancore, e il semplice contatto epidermico diventava non solo fastidioso ma un'angoscia, una sofferenza non solo fisica ma psicologica.

Voler spiegare le pulsioni sessuali ad un individuo che a queste pulsioni ha rinunciato, spesso perchè non sono presenti per natura (gli ormoni sono ormoni!) e vive nel suo chiostro e non partecipa al mondo realistico dei sensi, non è cosa facile, e nemmeno potrebbe mai comprendere.

L'amore fisico concesso per solo dovere matrimoniale anche se c'e' incompatibilità, sta bene solo a chi ha carenze nel patrimonio ghiandolare; non è possibile ed è un inferno per chi invece non ha fatto nessuna rinuncia al mondo dei sensi perché la natura (e lo stesso Creatore) l' ha dotata di queste prerogative: quelle di fare la corte all'altro sesso, trovare comunione d'ideali, provare attrazione reciproca e unirsi rispondendo ad un disegno universale che impone la continuità della specie va molto al di la' della nostra razionalità; e anche al di là di quei principi educativi che cambiano spesso nel tempo con i personaggi che guidano i regni e spesso anche le religioni. 

Provare attrazione per il partner dell'altro sesso in un modo passionale e carnale sembra proprio che rientri in un progetto della natura, del resto è l'unico modo per concepire gli esseri (almeno per il momento). Oggi neuroscientificamente sappiamo quali sono questi impulsi, quale la zona cerebrale che li sovrintende e quali sono gli ormoni che li determinano: Estrogeni, Testosterone, Progesterone, Estradiolo, Androsterone. Questi nel bagaglio genetico non sempre sono distribuiti nello stesso modo e nella stessa quantità nei soggetti della popolazione umana. Ma non significa che chi n'è privo come chi n'è ricco debba condizionare gli altri. E' una violenza voler imporre una rinuncia ma è violenza anche verso chi non ha queste attrazioni!

Come non si può imporre di amare un individuo dell'altro sesso o dello stesso sesso, nemmeno si può imporre a chi è portato all'eterosessualità o all'omosessualità di astenersene. Non si possono comprendere i rispettivi stati psicologici che gli ormoni vanno a determinare nel comportamento umano.

E' facile per chi non ama la montagna rinunciare a fare una scalata, purché questa sua negazione (acrofobia) non la sbandieri come un'ipocrita virtù, e con mille argomenti contrari e inventandosi mille teorie impedisca ad altri che amano la montagna di non andarci.

La sessualità non è un'invenzione intellettuale, è nel nostro ipotalamo genetico da centinaia di milioni d'anni, Nei primi arcaici gruppi umani per motivi sociali si è "interiorizzata", poi per motivi politici "disciplinata", poi per motivi religiosi di una casta al potere si è resa "tabù".
Sono stati quindi codificati e puniti i delitti che violavano i diritti altrui sulla propria sfera sessuale, e nella gran solerzia "moralizzatrice" questi delitti sono stati estesi anche a coloro che volevano disporre liberamente del proprio corpo o più semplicemente seguire la propria indole senza per questo crearsi delle colpe.

"Moralizzatrice" con molta ipocrisia però, visto che all'uomo era concesso di avere "piacere" con altre donne, mentre alle stesse questo era negato. Furono considerate puri oggetti, obbligate a essere semplici passive "ricettacoli" del seme maschile, e negate a ogni partecipazione emotiva, che se c'era era interpretata come un espediente del demonio, un "insidia di Satanasso". C'erano in questi atteggiamenti della grande ignoranza sulle funzioni femminili.

Il mistero che avvolge la fecondazione ricordiamoci fu svelato solo nel 1875 da Hertwig. Spallanzani nel 1773 aveva solo dimostrato che esisteva il seme dell'uomo e l'ovulo della donna, e che il primo fecondava infallibilmente il secondo ma non l'incontrario. Non conosceva per niente il meccanismo (necessario) della fusione dei due gameti dove ognuno porta il suo bagaglio cromosonico dando vita alla mitosi (divisione o moltiplicazione delle cellule).

Seguendo le arcaiche concezioni è chiaro che fino al 1875, la donna era quindi esposta - se gli si concedeva al pari dell'uomo il "privilegio" del piacere sessuale - al rischio di essere ingravidata da un estraneo alla famiglia.

Questa barriera (fisiologica e psicologica) iniziò a cadere (a parte le cinture di castità - anch'esse un'imposizione maschile) con i primi profilattici, dando una certa sicurezza alla donna nei suoi incontri galanti.

Falloppio (anatomista cui si deve la scoperta delle tube ovariche - senza aver capito però il processo di fecondazione) già nel 1550 aveva utilizzato una guaina per il pene, ma lo aveva fatto per scopi igienici per quella malattia che si stava diffondendo: il "mal francese", la sifilide; dove era risultato chiaro il contagio trasmesso per via venerea (ed ecco perché lo chiamò profilattico, da profilassi). Ma subito dopo sarà un medico francese, Condom (e in Francia si chiama ancora così), a utilizzarlo come vero e proprio "preservativo" ai fini di un'indesiderata procreazione della donna.

Per il ricco signore "uomo" non era certo un problema di coscienza mettere una donna incinta, né una donna del popolo aveva scrupoli di rimanerci. La sollecitazione e quindi l'impiego venne dai ceti alti del mondo femminile, dalle nobildonne che volevano provare le gioie del sesso con i loro pari senza inconvenienti. Infatti, Condom era medico alla Corte di Carlo II. Ottenne gran successo e fu un vero e proprio dispensatore di gioie alle dame di corte, che esigevano dai loro partner tale precauzione per le loro esperienze quando vollero iniziare ad esprimere la loro natura di donna e vivere autonomamente la propria sessualità.

Ma sarà solo l'avvento della pillola, più discreta nell'uso, e approvata dal mondo scientifico, a contribuire enormemente all'emancipazione della donna. Crollava una mentalità, e fu una liberazione, un'autonomia potenziale della propria sessualità e quindi una totale indipendenza dal maschio. Anche a molte cattoliche non sfuggì questa forte desiderio di libertà che maturava con i tempi; ma ancora timorate, attesero che si esprimesse la Chiesa. Purtroppo questa disattese le aspettative e pur arrivando tardi nel condannarne l'uso, non aveva ancora compreso il problema.

La tardiva condanna a considerare l'uso della pillola un peccato (giudicato un invito alla cuncupiscentiae) arrivò in ritardo, quando non solo la donna laica ma anche la cattolica avevano già superato i propri problemi di coscienza. E per questo rimproverò le esitazioni e aumentò le sue proteste, perché nel frattempo nella società c'era stata un'evoluzione, e nella condanna c'era un punto che mal si conciliava col mondo femminile ormai inserito dentro questa società diventata totalmente e quasi fisiologicamente permissiva: ed era che l'amore fisico (che la chiesa considerava peccato praticarlo nei rapporti coniugali senza dar luogo a procreazione - per non parlare di quelli prematrimoniali) era degradato a mancanza di rispetto per la stessa donna qualora non destinato al fine unico di aumentarne la prole. Un concetto che fu difficile da condividere dalle donne dell'anno 1972, anche dal punto di vista morale.

L'ammissibilità alla pillola (le autorità sanitarie dello Stato si erano già pronunciate in merito alla sua non pericolosità, e i gesuiti di Civiltà Cattolica la ritenevano un espediente plausibile in quanto non troncava una vita ma ne impediva il concepimento) non andava per nulla a ledere la libertà dei cattolici nel farne uso, ma riconosceva loro la stessa parità di diritti dei cittadini non credenti. Un po' come nel caso del divorzio, una volta introdotto nella legislazione, non costringeva nessun cattolico a rinnegare l'indissolubilità del matrimonio canonico. Trattandosi di libertà nei confronti di tutti i cittadini era dunque la sovranità dello Stato che aveva la competenza a pronunciarsi sulla liceità e non la Chiesa.
Il drastico divieto, più del previsto contribuì a rendere il problema ancora più dibattuto e allargato, e non poteva che portare a una maggiore presa di coscienza della libertà della donna laica e sorprendentemente anche in quella cattolica: entrambe si ritrovarono solidali, indipendentemente dall'età, educazione, censo, ideologia, e vi riversarono tutte le loro energie.
E la vittoria, come vedremo nei prossimi anni, fu su tutti i fronti: divorzio, contraccezione, aborto, nuovo diritto nella famiglia. Un cambiamento totale. Un'uscita dal ghetto dell'"altra metà del cielo".

11 MAGGIO
REFERENDUM DIVORZIO


"L'Italia é finalmente entrata nel secolo XX"

(personalmente ero in piazza in questo giorno)


Il clima è davvero storico. Gli appelli negli ultimi comizi trasformano questo appuntamento in un evento di portata epocale per tanti motivi; politici e religiosi. Potrebbe sancire il voto la prosecuzione o il tramonto della cultura cattolica ufficiale che ha dominato l'Italia per quarant'anni.
Scrive Silvio Lanaro, in Storia dell'Italia Repubblicana,
Marsilio editore:
" Non delle "culture" cattoliche, che nella circostanza si sono coraggiosamente divise, nè tanto meno dell'adesione di una fede e a una speranza cristiana di salvezza, bensì dell'ambizione di identificare una dottrina morale con la morale "naturale" e della pretesa di annettere un'intera società a un'unica visione del mondo e a un solo modo di impostare la vita privata, i rapporti sessuali, i legami di paternità e di maternità."

Tanta folla agli ultimi comizi nelle piazze d'Italia. Questa volta seguiti da milioni di donne, normalmente assenti alle solite dispute politiche ideologiche, spesso astruse. Questa volta c'è di mezzo la loro "vita di donna", e nessuno meglio di loro sente il diritto di impostare la propria vita privata meglio di qualsiasi teorico maschio, sociologo, politologo, teologo. Anzi la "donna anno 1974" non agisce nemmeno in un modo individuale, è scattata una solidarietà straordinaria, quella "naturale", che non conosce ceto, età anagrafica, ideologie politiche, divisioni religiose.

Se un oculato osservatore avesse posato gli occhi sulla folla dei comizi, dove si parlava di pro Si e di pro No, avrebbe potuto capire al volo chi avrebbe vinto. La partecipazione massiccia voleva dire una cosa sola, che la donna seguiva il dibattito, e già solo il fatto di seguirlo significava che una scelta era stata fatta, e non poteva essere che una sola: la sua autonomia. Insomma non voleva che a decidere fossero gli uomini.

Ma nessuno riuscì fra i politici ad auscultare il cuore delle proprie donne, moglie, mamma, figlia, nipote  e nemmeno vedere dalla finestra la popolazione italiana femminile com'era veramente fatta, che a poche ore dal grande appuntamento era la vera e unica "protagonista".

I comunisti non avevano dato loro importanza, mentre i cattolici erano convinti che la maggioranza della popolazione femminile era ancora sotto la "sottomissione" dell'educazione cattolica, timorosa di Dio e del peccato,.... patito, spesso inconsapevolmente.
Come conoscevano poco le donne! Le proprie madri, figlie, sorelle, nonne e bisnonne. Non conoscevano esseri umani che alcuni "inferni" familiari li avevano già provati "in terra", cioè dentro le "quattro mura", o sentiti raccontare con tanta amarezza, a quattr'occhi, dall'amica, sorella, figlia o conoscente; da duemila anni senza interruzioni.
Gli uomini una volta sposati non parlano più con gli amici e nemmeno con i parenti delle vicende sentimentali di casa (buone o cattive), le donne invece parlano solo di questo con le amiche, si confidano, cercano sostegno, spesso aiuto.
Questi non erano argomenti con dei limiti temporali e individuali, ma erano rimasti sempre argomenti scottanti e attualissimi nel tempo, passando da madre a figlia, da nonna a nipote.
Era una consapevolezza passivamente sempre subita e con tanta amarezza raccontata. 
Non era questo "evento del divorzio", figlio del consumismo o della libertà moderna, ma era un problema secolare e universale e faceva parte dell' "altra metà del cielo", apparteneva al mondo cosmologico femminile, dove la sopraffazione non era mai cessata di esistere, al di là del tempo e dello spazio. Di tempo perché la prepotenza (il "dovere" di moglie) seguitava ad essere riproposta con ogni ideologia, regime, governo, col potere costantemente maschilista. Di spazio, perché non era fisico ma interiore, e non per motivi genetici ma educativi, di bigotta educazione ignorando di concedere la libertà non a un qualsiasi animale "domestico", ma a una metà del genere umano, che ipocritamente poi l'uomo chiamava "compagna", la "metà", e in entrambi i casi premetteva "la mia...", cioè il "possesso" di una "cosa".

Ma ascoltiamo gli ultimi comizi:

La MALFA "Con uno sforzo supremo l'Italia può superare le sue difficoltà, può uscire dalla crisi, può rientrare a pieno titolo nella comunità europea, ma se la battaglia sul divorzio fosse perduta, nessuno potrebbe impedire di concludere al mondo e a noi stessi, che l'Italia rimane l'eterno Paese della Controriforma, del sillabo di Pio IX, l'Italia pecora nera fra le stesse nazioni cattoliche".

 MALAGODI: "Lo Stato italiano deve mantenersi integro e autonomo, libero da ogni integralismo e totalitarismo, e deve riaffermare il principio di Cavour, Stato e Chiesa sono indipendenti e sovrani ciascuno nel suo ordine".

NENNI: "L'Italia ha un solo torto, di essere in ritardo di due secoli rispetto alla Rivoluzione francese, e di poco meno di un secolo rispetto alla moderna legislazione divorzista di tutte le nazioni europee. Il Sì e il No non è solo divorzio, è il Sì e il No al tentativo di colpire l'autonomia dello Stato nei confronti della Chiesa ed al suo diritto di intervento in ogni materia civile, divorzio compreso".

 PARRI: "Deploro fortemente che un'ostinata volontà democristiana (partito DC) di scontro abbia mascherato e turbato col referendum e le severe prospettive del momento economico e socialmente più critico del 1974 creando un urto pretestuoso in nome di una usurpata rappresentanza del mondo cattolico".

Non mancano naturalmente gli appelli contrari dove FANFANI appena ritornato alla segreteria DC, si trasforma nel più accanito crociato per l'abolizione della legge 898. Per prendere consensi anche dai laici, furbescamente il battagliero uomo politico (forse è stato richiamato solo per questo) imposta tutta la sua campagna agitandosi e correndo dalle Alpi alla Sicilia. Un impegno irruente. Ma rarissimamente toccando i tasti religiosi. Mette in risalto invece tutti i pericoli sociali e culturali della rottura del matrimonio; paventa il libero amore come una depravazione della società civile, con le apocalittiche conseguenze sulla crisi della famiglia, con padri, madri e figli in preda a varie turbe psichiche. Paventa la violenza, l'immoralità, la fine dell'amore, la perdita dei valori nella famiglia, nella società, nel costume. Nello spronare questa battaglia non nasconde ai suoi amici colleghi, il timore della sopravvivenza della stessa DC se il Sì passa.

Sempre furbescamente tocca il lato economico venale (non esiste ancora il diritto di famiglia e la divisione dei beni - entrerà in vigore il 22 aprile del 1975). "I beni comuni della famiglia - illustra con dettagli Fanfani - "diventeranno preda di fameliche concupiscenti e venali concubine. Le mogli con la "tragedia divorzio" hanno davanti una sola prospettiva: lo spettro di un'angosciante solitudine, avvolta nella miseria più nera".

" intervento di un lettore: "E' vero che Fanfani si sbracciò contro il divorzio girando l'Italia intera. Tuttavia lo fece decisamente controvoglia, solo perchè glielo imposero le autorità ecclesiastiche, ma in cuor suo sapeva già che la battaglia sarebbe andata perduta e col convincimento, in cuor suo, che quella legge non fosse neanche tanto sbagliata. In questo senso vedere le dichiarazioni della Sig Maria Pia Fanfani, il giorno della morte del marito" (by Fausto).

 I COMUNISTI non si sono sottratti ai comizi, ma li hanno fatti da soli. Senza tanta enfasi. Non per nulla hanno sempre ritardato quest'appuntamento referendario (per 4 anni, stando alla finestra ) per non scatenare una guerra di religione, e nutrono anche ora, alla vigilia, un vero e proprio tetro pessimismo. Anche loro sono convinti e pensano come i cattolici, che le donne sono timorate, che il vecchio bigottismo religioso delle antiche  casupole contadine vive anche dentro i "nuovi tinelli" dei condomini.
Quando bastava andare dentro una parrucchiera in questi tempi, e il polso delle donne delle tre età lo si poteva tastare benissimo. I sociologi e gli psicologi si sono persi il meglio e i teologi le vere "confessioni" delle loro fedeli.

 All'ultimo comizio comunista, ieri in Piazza San Giovanni a Roma, questo pessimismo era palese, di molto superiore a quello di Piazza del Popolo di questa sera, dove si sono avvicendati i non comunisti o dichiaratamente anticomunisti: LA MALFA, MALAGODI, PARRI, NENNI, SARAGAT con gli appelli che abbiamo letto sopra. Questi ultimi accennavano all'avvenimento storico che c'era in gioco, anche se la vera portata storica si avvertiva molto di più a Piazza San Giovanni, i "silenzi" dei comunisti rimbombavano di più in questa piazza.
Mentre molte cose si potevano capire andando a Piazza Navona...


 12 -13 MAGGIO - REFERENDUM DIVORZIO - Finalmente si è arrivati alla fatidica data e al responso. Fra lo stupore generale il 59,1% degli italiani, in modo geograficamente abbastanza uniforme, hanno risposto "NO" all'abrogazione della 898; ora la legge lo garantisce.

 

Il laconico comunicato di Avvenire, traspira amarezza e sconfitta: "Anche se milioni di italiani hanno votato contro il "divorzio".... hanno prevalso i "No".

Dobbiamo prendere coscienza che si é dinanzi a un mutamento di costume e di cultura. Ma quell'..... "anche se..." stonava molto.


I divorzisti, a Piazza Navona, con BASLINI e FORTUNA (sono loro i due padri putativi della legge) e con l'onnipresente PANNELLA, esultano, così tutti i partiti divorzisti, con NENNI spietato: "Hanno voluto contarsi, hanno perduto! Questa è la sorte comune dei Comitati Civici. Questa è la sorte della Chiesa. Questa è politicamente la sorte della DC".


Per la DC la ferita è enorme, perché i No sono geograficamente abbastanza distribuiti in modo uniforme su tutta la penisola. E  non è assente la beffa, visto che si registrano imprevedibili risultati anche nelle regioni ad alta concentrazione di voti democristiani, come nella "balena bianca" del trio PI-RU-BI: il Veneto. In alcune città e paesi con - da decenni - uno stabile e consolidato serbatoio DC pari al 75%, hanno risposto con il Sì al divorzio il 70%.



Nelle singole regioni: Valle d'Aosta 75,1%, Piemonte 70,8, Liguria 72,6, Lombardia 59,9, TN A.A. 49,4, Veneto 48,9, Friuli V.G. 63,8, Emilia R. 71, Toscana 69,6, Marche 57,6, Umbria 67,4, Lazio 63,4, Molise 40, Abruzzi 51,1, Campania 47,8, Puglia 47,4, Basilicata 46,4, Calabria 49,1, Sicilia 50,6, Sardegna 55,2. (f. Istat). Media totale 59,3%.

Ancora più clamoroso fu quello sull'aborto, dove la mobilitazione delle donne fu ancora più massiccia...

Ma al referendum per la legge n. 194 sull'aborto, andrà ancora peggio per la DC, la percentuale a favore toccherà addirittura il 67,9%. Con il Veneto che tocca il 56,6%, e tutto il Sud con una media uniforme del 65%. L'Italia non era solo un Paese cambiato, ma era un altro Paese.

Si sono liquidati istituti feudali e anacronistici che consentono ora ai cittadini italiani di utilizzare quelli giuridici che tutto il mondo possiede da tempo. Per i milioni di fuori legge del matrimonio che hanno vissuto questi quattro anni con ansia e preoccupazione, la battaglia è vinta: le famiglie, di fatto rientrano nella legalità repubblicana. E vi è qualcosa di più grande dell'approvazione di questa legge, ed è il modo come essa si è conclusa.

All'introduzione della legge un giornale estero ha scritto: 
"L'Italia é finalmente entrata nel secolo XX".

E' la nuova laicità di massa che ha vinto, disposta a convalidare un costume instauratosi quasi inavvertitamente dentro l'accelerazione della mobilità sociale. La motorizzazione ha enormemente contribuito a questa mobilità, le aggregazioni si sono moltiplicate con la cultura di massa, col tempo libero, con gli sport, le vacanze, coinvolgendo sempre di più la donna, che ora si muove liberamente, più spavalda, più sicura, più determinata in ogni settore.
Inizia questa disinvoltura già dalla scuola e continua nei posti di lavoro, dove oltre che avere tantissimi rapporti interpersonali apprendono (prima questo non avveniva) tutte quelle complicazioni, le ambiguità, le sofferenze, che esistono negli ambienti familiari, spesso accettate e sopportate per convenzione e non per scelta.
Condizionate da paure conservatrici e dai maestri della mistica della Vita che predicano la rassegnazione, ignorando del tutto il razionalismo della Vitalità dentro una società che vorrebbe diventare migliore;  che però  non è capace da sola di elaborare nuovi modelli, nuovi valori, autonomie, perché gli "operatori spirituali" seguitano a interessarsi del particolare ignorando il generale, si soffermano inclementi sulle apparenze di un vestito scollato e hanno perso il contatto con l'anima che c'è dentro quel vestito. Spesso in pena, tenendosi dentro la propria angoscia e tutto il vuoto che avverte.

Tutti i perdenti, dimostrano in questi anni di essere stati dei mediocri psicologi, degli incompetenti dello spirito, degli insensibili ai sentimenti e alle passioni umane; non conoscono nè le une nè le altre. Come neppure conoscono gli entusiasmi della Vita che non è affatto nata per la rassegnazione, perchè con questa non ci si muove, non si va da nessuna parte, né vuole l'esistenza grigia e piena di rinunce predicata dai "maestri", gli stessi che hanno rinunciato a vivere una loro esistenza con una donna, ma nonostante questo vogliono insegnare agli altri come viverla; perfino alle donne di cui conoscono solo l'abito ma non la "natura".

I religiosi erano ancora fermi a quel famoso "Trattato dell'Educazione" dove si diceva....
""L'istruzione scolastica l'approvo per li giovini nobili destinati a famiglie cospicue, ma quanto a quelle di umile e povero stato, il buon padre di famiglia si contenti che sappiam leggere li figlioli "la vita de' Santi", e nel rimanente attendano a lavorar li campi. In quanto poi l'istruzione estesa perfino alle femmine io non l'approvo, ne so vedere quale utilità ne possa derivare alla società. Che insegnino li madri alle figliuole a filare, a cucire e ad occuparsi di esercizi donneschi. In quanto a leggere, al massimo insegnino loro quanto basta per leggere i libri delle preci"
"Trattato dell'educazione politica sociale e cristiana dei figliuoli"
. 3 volumi di Silvio Antoniano- - Libro Terzo, pag 264, Milano, MDCCCXXI - 1821 !!!"

E i politici erano ancora fermi a quel retrivo ministro dell'Istruzione Italiano....
"... bisogna insegnare solo leggere e scrivere, bisogna istruire il popolo quanto basta, insegnare la storia con una sana impostazione nazionalistica, e ridurre tutte le scienze sotto una.........unica materia di "nozioni varie", senza nessuna precisa indicazione programmatica o di testi, lasciando spazio all'iniziativa del maestro e rivalutando il più nobile e antico insegnamento, quello dell'educazione domestica; e mettere da parte infine l'antidogmatismo, l'educazione al dubbio e alla critica, insomma far solo leggere e scrivere. Non devono pensare, altrimenti sono guai!"
( così si esprimeva nel suo preambolo, il Ministro della P.I. BACCELLI nel 1894 nel fare il programma della "sua" nuova "Riforma della Scuola").

Perdoniamoli tutti !!! e con giubilo salutiamo......

....l'Italia che finalmente dal 1974 è entrata nel secolo XX

UN GRAZIE A TUTTE LE DONNE D'ITALIA

Franco

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