Analisi e contributi critici allo studio della storia italiana     L’ITALIA DEL 1922-1936     
 e la crisi mondiale in Italia
    Le origini, i debiti, le spese, la realtà della vita economica


* LE RIPERCUSSIONI DELLA GUERRA
* I DEBITI DI GUERRA E LE SPESE MILITARI

Abbiamo voluto ricordare le varie teorie esposte per fissare le origini della crisi, ma vogliamo ora richiamare la'ettenzione degli studiosi sopra un avvenimento di carattere universale che alla crisi attuale si ricollega.
Il noto economista inglese KEYNES, in un discorso tenuto a New York nel maggio del 1931, fece le più nere previsioni sulla immininza di un disastro sociale se i prezzi avessero continuato nella loro marcia discendente. Un mese dopo, e precisamente verso la metà di giugno, il presidente Hoover, in un discorso pronunciato a Indianapolis, esaminò ampiamente la situazione economico-finanziaria dell?europa e dichiarò che le ragioni principali della crisi si potevano così concretare: l'eredità perniciosa della grande guerra, le imposte enormi, gli armamenti, l'instabilità politica e sociale, gli squilibri economici causati dalle nuove frontiere. Prima e soprattutto, diciamo noi, la grande guerra, perchè gli altri fenomeni sono stati una derivazione diretta di essa; e precisiamo il nostro pensiero.
La guerra spaventosa del 1914-1918 ha veramente sconvolto il mondo intero, modificandone la struttura economica; l'Europa ne è stata particolarmente colpita per una immane distruzione di ricchezza: molteindustrie hanno dovuto mutare l'attività per la quale si erano sviluppate allo scopo di provvdere il materiale richiesto dalla guerra; il sistema monetario ha subito la fatale sregolatezza, obbedendo alla legge disordinata dell'inflazione e contribuendo a moltiplicare i debito pubblici di tutti gli Stati; il milione è divenuto un'unità monetaria di grado inferiore e si è fatto sostituire dal miliardo.

Durante la guerra abbiamo avuto un arresto notevole della natalità e una mortalità eccezionale degli uomini validi al lavoro; si sono dovute utilizzare le forze femminili e si sono verificati, quindi, degli spostamenti in varie manifestazioni dell'attività economica, che richiedevano un riassetto nel dopoguerra.
Si sono generati nuovi bisogni, create nuove esigenze,; la guerra ha irrigidito la domanda di alcuni beni e ha limitato l'offerta di altri, conducendo a una nuova struttura economica. Si dovevano, quindi, verificare fluttuazioni negli affari: nuove tariffe doganali adottate dagli Stati, nuove invenzioni industriali per la maggior utilizzazione delle forze motrici, nuovi gusti nelle diverse classi sociali, hanno esercitato nell'organismo economico un'influenza isterica.
L'Ufficio di studi economici della Società delle Nazioni, in una monografia sulla situazione economica mondiale del 1931-32, dimostra che la guerra ha distrutto l'equilibrio che esisteva nel mondo economico dell'anteguerra; essa ha veramente sovvertito il modo di vivere e il modo di pensare dei popoli.

Da ADAMO SMITH in poi tutti gli economisti si sono occupati di questo rapporto fra la guerra e la depressione economica. E' stato, però, anche osservato che subito dopo le guerre si manifesta sempre una forte attività per riparare il materiale, ma qualche anno più tardi questa attività subisce un rilassamento.
Ecco perchè la Francia non dimostrò sofferenza subito dopo la guerra del 1870-71, ma tutta l'Europa fu colpita dalla crisi del 1873-74; ecco perchè dopo la guerra mondiale del 1914-18 si è avuta una crisi parziale nel 1920-21, un tentativo di ricostruzione negli anni successivi, la crisi immane e universale del 1929 in poi.

In verità, dopo la grande guerra tutti gli studiosi hanno formulato nettamente il problema della ricostruzione economica, dall'intensa preparazione ad un ritorno graduale dell'ordinamento normale, ma gli uomini di governo, turbati da altre preoccupazioni, perchè in altri Paesi alla guerra militare aveva fatto seguito la guerriglia civile, trascurarono i fondamentali rapporti che devono sussistere tra la produzione e la distribuzione e il consumo. Abbiamo assistito inizialmente ad un'attività febbrile, che sembrava volesse riprare i danni causati dal flagello, ma questa speranza degenerò nei disordini del 1920-21; si ebbe l'illusione di un miglòioramento nel 1923.24 per ritornare a una tendenza regressiva nel 1925 anno in cui l'economia di vari paesi risentì il contraccolpo della deflazione, della stabilizzazione della moneta; nel 1927 Italia e Francia superarono la crisi deflazione e nel 1928 si affermò dovunque un movimento di espansione industriale e commerciale.

Dobbiamo riconoscere che non era facile riparare ai danni causati da quella guerra: 60 milioni di mobilitati, tre quarti dei quali furono combattenti, 10 milioni di morti sul campo, 10 milioni di invalidi e mutilati, diversi milioni di borghesi uomini e donne e fanciulli, deceduti a causa delle armi o delle epidemie.
Le spese dirette della guerra si sono valutate 200 miliardi di dollari, il che vuol dire mille miliardi di lire-oro e le perdite inflitte alla produzione si sono calcolate in una cifra doppia: cifre fantastiche, misurate a trilioni di lire, che spiegano benissimo la tragica situazione mondiale del dopoguerra: crisi, disordine, fame. E ben faticosa doveva riuscire un'opera di risanamento.

I DEBITI DI GUERRA E LE SPESE MILITARI

Un'altra tristeberedità della guerra che noi possiamo assumere come una causa non trascurabile della crisi, è costituita dal peso, divenuto insopportabile, dei debiti.
Per iniziativa del Governo Fascista fu firmato a Washington nel novembre del 1925 l'accordo dell'Italia con l'America, e nel gennaio 1926 si firmò a LOndra l'accordo con l'Inghilterra. Si dovevano pagare all'America: un milione di dollari all'anno per i primi cinque anni, 14 milioni di dollari all'anno per 25 anni e 50 milioni per altri 32 anni, arrivando così alla somma di 1975 milioni di dollari. All'Inghilterra si dovevano pagre: 2 milioni di sterline per il primo esercizio, 4 milioni per il secondo e terso, 4 milioni e mezzo per una durata di 58 anni, 2 miliioni e un quarto nel 62° esercizio, in totale una somma di 272.250.000 di sterline. Complessivamente, al momento della convenzione si calcolava un debito di guerra da parte dell'Italia di 63  miliardi di nostre lire, un sacrificio grave che veniva distribuito sovra tre generazioni di italiani (fino al 1988):
E' vero che noi avremmo dovuto essere sollevati dalle riparazioni tedesche, ma la Germania aveva le capacità e la volontà di pagare?.
Il capo dei nazional-socialisti tedeschi Hitler, divenuto nel 1933 Capo del Governo e nel 1934  Capo dello Stato e del Governo insieme, proclamò nel 1930 che la Germania si trovava così stremata, dopo aver pagato nel decennio del dopoguerra 50 miliardi di marchi tedeschi agli Stati vittoriosi, che non poteva più continuare a pagare. E nel maggio 1931 gli Stati Uniti offrirono la moratoria di un anno nel pagamento dei debito e delle riparazioni.
Ma, indipendentemente da questa condizione disperata della Germania, noi riaffermiamo il principio che i debiti di guerra contratti fra gli Alleati si devono annullare. Disse l'Inghilterra, subito dopo la guerra, che era costretta a chiedere alla Francia, al Belgio, all'Italia, il pagamento dei prestiti che essa aveva fatto loro durante la guerra perchè doveva pagare i debiti che, a sua volt, aveva contratto con gli Stati Uniti; vi avrebbe rinunziato se da tale pagamento fosse stata esonerata.
Nel 1917, cioè al tempo dell'emissione dei prestiti, molti deputati americani dicevano apertamente che quel contributo era offerto come una legittima difesa e rappresentava una cifra irrisoria nel grave peso finanziario e nell'eroico sacrificio degli Alleati europei. E, nell'estate del 1926 quaranta membri della Facoltà di Scienze politiche della Columbia University inviarono un messaggio al Presidente della Confederazione per richiedere la convicazione di una conferenza internazionale che avrebbe dovuto rivedere l'intero problema del pagamento dei debiti, facendo proposte per una nuova sistemazione; e accennavano chiaramente a un  annullamento totale e parziale.
Quei prestiti furono fatti dall'America all'Inghilterra all'Italia (ci soffermiamo un momento sulla nostra situazione finanziaria), non già per risolvere problemi economici interni del nostro Paese, ma per uno scopo comune, l'Italia spese quei denari nelle forniture militari, impiegò oltre cinque milioni di operai nella guerra, fu la prima a vincere: come richiedere del denaro per le uniformi nelle quali i nostri soldati andavano a farsi uccidere per difendere Italia, Francia, Inghilterra, Stati Uniti dalle minacce della Germania?
E non è superfluo ricordare ancora che il ricavato dei prestiti fatti all'Italia su speso, per la quasi totalità, nei paesi creditori con vantaggio di quelle industrie; e si può tranquillamente osservare che la vittoria , se ga salvato l'Italia dall'oppressione mortale, è stata un eccellente affare economico per l'Inghilterra e per l'America, divenuti colossi dell'economia mondiale.
Se si potessero abolire i debiti guerra fra gli Stati vittoriosi, si diminuirebbe il peso dei più deboli senza creare imbarazzi ai più forti economicamente, e si preparerebbe quella perequazione, che è pure elemento di pacificazione e di progresso.
Non bisogna dimenticare che gli accordi sui debiti di guerra furono tutti basati sulla capacità di pagamento; ma i debitori dichiarano che la loro capacità di pagamento risulta oggi, a causa della crisi assillante, fortemente diminuita. Sorgerebbe però, una connessione automatica fra debiti e disarmo. La Società delle Nazioni ha fatto una statistica delle spese "per la difesa nazionale" che gli Stati sostengono attualmente: esse figurano nei diversi bilanci in unità monetarie differenti, e, riducendole in lire-oro, si avrebbe una spesa annua di 22 miliardi e mezzo. Il calcolo risale a tre anni or sono; oggi bisognerebbe aumentarlo sensibilmente.

L'Europa spendeva, per la difesa nazionale, 163 milioni di sterline nel 1883, avendo una popolazione di 335 milioni di abitanti; nel 1908 la spesa era salita a 300 milioni di sterline con una popolazione di 436 milioni; nel 1928 le spese militari raggiunsero i 524 milioni di sterline mentre la popolazione era di 480 milini; alla distanza di 45 anni la popolazione europea è aumentata di 145 milioni di abitanti e le spese si sono accresciute di 361 milioni di sterline.
Se questi 13 miliardi di lire-oro che l'Europa spende annualmente nell'esercito e in armamenti, li sapesse per una buona metà risparmiare per devolvere l'altra metà in opere produttive, sarebbe un sollievo per tutti: quei sei o sette miliardi risparmiati andrebbero ad alleggerire le imposte, quegli altri sei miliardi darebbero lavoro ai disoccupati, diffondendo il benessere: ecco una superba via aperta per risolvere la crisi economica. Siamo pienamente d'accordo che il disarmo dev'essere universale; non è concepibile che uno Stato disarmi se altri si mantengono armati.

 

NEL PROSSIMO CAPITOLO  DALLA GUERRA MILITARE ALLA GUERRA DOGANALE
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