RIVOLUZIONE FRANCESE

1815 - GLI EVENTI  di quest'anno
(i link inseriti sono per ulteriore approfondimento)

LA BATTAGLIA DI WATERLOO

Denominazione: BATTAGLIA DI WATERLOO
Data: 18 GIUGNO 1815
Luogo: MONT SAINT-JEAN (Villaggio belga, a 18 km da Bruxelles e a 5 km da Waterloo)
Eserciti contro: FRANCESE e INGLESE-PRUSSIANO
Contesto: GUERRE NAPOLEONICHE
Protagonisti:
NAPOLEONE BONAPARTE (Comandante in capo dell'armata francese)
NICOLAS SOULT (Maresciallo francese, capo di Stato Maggiore)
EMMANUEL GROUCHY (Maresciallo francese, comandante della cavalleria)
MICHEL NEY (Maresciallo francese)
DROUET DERLON (Generale francese)
REILLE (Genarale francese)
GERARD (Generale francese)
ARTHUR WELLESLEY, DUCA DI WELLINGTON (Comandante in capo degli alleati)
BLUCHER (Feldmaresciallo prussiano)
DORNBERG (Generale inglese)
KRUSE (Generale inglese)
MAITLAND (Generale inglese)

La battaglia

Come in molti altri casi della storia la battaglia avrebbe dovuto prendere un nome diverso, quello di Mont Saint-Jean, il paesino più vicino al luogo dove si svolse. La località di Waterloo, che si trova a cinque chilometri dal centro della lotta, in pratica non c'entrava nulla. Vi ebbe parte soltanto perché in una delle case del villaggio il comandante in capo degli alleati, Wellington, vi pose il suo quartier generale.

Il centro della battaglia, di quel 18 giugno del 1815, stava un po più a sud, in una vasta pianura, nei pressi di un incrocio di quattro strade chiamato Quatre Bras. In meno di cinque chilometri quadrati si apprestavano ad affrontarsi circa 140 mila uomini con più di 400 cannoni.

Soffermiamoci ora sugli avvenimenti che hanno portato alla battaglia di Waterloo.

Napoleone Bonaparte, dopo essere avventurosamente fuggito dall'isola d'Elba, sbarca in trionfo a Golfe Juan e il 20 marzo 1815 rimette piede alle Tuiliers. Ma il Congresso di Vienna ha deciso, il 25 marzo, la costituzione della Settima Coalizione tra Inghilterra, Austria, Russia, Prussia e altri stati minori, per eliminare, una volta per tutte, Napoleone dalla faccia dell'Europa. Per questo sono state messe insieme cinque armate, forti complessivamente di ben ottocentomila uomini. Esse sono state affidate ad eccellenti comandanti: Wellington, Blucher, Schwarzenberg, Frimont, Barclay de Tolly.

Napoleone, fisicamente appesantito, meno energico d'un tempo, non è riuscito a trovare a Parigi i consensi degli anni passati. Anche il suo esercito non possiede né i mezzi né l'entusiasmo di una volta. Molti marescialli di grande prestigio avevano tradito: Murat, Marmont, Victor e Berthier. Anche Soult e Ney, dopo essere passati al servizio dei Borboni durante i Cento Giorni, sono ritornati, e l'imperatore li ha perdonati.

Napoleone sa benissimo che deve giocare la sola carta che gli rimane: riaprire le ostilità e anticipare il nemico. E lo farà con una puntata sul Belgio per impedire alle forze inglesi di Wellington di congiungersi con quelle prussiane di Blucher, e impedire loro di marciare su Parigi con duecentomila uomini.
E lo farà mentre queste due armate sono ancora in fase di concentramento, e prima che sul Reno le altre tre armate alleate siano pronte con il compito di invadere la Francia.

Napoleone non può permettersi di dare battaglia quando le due armate nemiche sono riunite perché egli dispone soltanto di 89 mila fanti, 22 mila cavalieri e 11 mila artiglieri con 366 cannoni. Questa armata del Nord era così composta:
Sotto Napoleone, comandante in capo, stavano il capo di stato Maggiore maresciallo Nicolas Soult, il comandante della cavalleria Emmanuel Grouchy, che aveva anche il comando dell'ala destra dell'armata, il maresciallo Ney, comandante dell'ala sinistra, di riserva la Guardia imperiale affidata al maresciallo Mortier.

In questo momento tra le due armate alleate c è un ampio spazio vuoto e Napoleone intende inserirvi il cuneo del suo esercito. Egli, il 12 giugno 1815, lascia segretamente Parigi per raggiungere il suo esercito in Belgio. Il 13 è ad Avesnes, il 14 a Beaumont dove sono concentrate le sue forze: cinque corpi d'armata più la riserva di cavalleria e la Guardia imperiale.

L'imperatore conta sul fattore sorpresa, ma deve rinunciarvi subito perché il 15 giugno il generale Bourmont, che comanda la 14a divisione del 4° Corpo d'armata di Gerard, diserta e passa al nemico con il suo Stato Maggiore, e confida al nemico i piani di battaglia e la consistenza delle forze di Napoleone. L'imperatore non si scoraggia per questo grave avvenimento. Egli ha già deciso di attaccare le forze prussiane di Blucher con l'ala destra, comandata da Grouchy.

All'alba del 15 giugno 1815 la prima parte di quella che sarà la battaglia di Waterloo prende avvio. Il maresciallo Grouchy deve sbaragliare le forze di Blucher e poi spostarsi in aiuto di Ney che quello stesso giorno, con l'ala sinistra, darà addosso a Wellington.

Il vecchio feldmaresciallo prussiano ha schierato le sue truppe nella piana di Ligny, a circa cinque chilometri a sud-est di Quatre Bras. I francesi attaccano con impeto, anche con assalti alla baionetta, perfino lungo i viottoli di campagna e tra le tombe del cimitero. Alle sei di sera il villaggio di Ligny brucia. Due divisioni prussiane resistono, ma il formidabile urto dei granatieri della Guardia spezza la loro resistenza. I prussiani lottano con accanimento, ma ripiegano e lungo il corso del fiumiciattolo di Ligny subiscono le ripetute cariche della cavalleria francese. Lo stesso Blucher rimane ferito ma riesce, dopo aver lasciato sul terreno sedicimila uomini, a sganciarsi definitivamente da Grouchy e a fargli perdere le tracce.

E questa sarà la chiave della sconfitta napoleonica di Waterloo: perché Grouchy non ha distrutto a Ligny i prussiani, secondo le speranze di Napoleone, ma li ha soltanto parzialmente sconfitti, consentendo loro di ripiegare nacondendosi dentro una sacca e, avendone perduto il contatto, per due giorni continuerà a vagare alla loro ricerca, anche quando l'imperatore lo farà raggiungere dal generale Etienne Gerard con l'ordine di accorrere a Waterloo, dove la presenza dei suoi trentamila uomini diventa di ora in ora risolutiva.

Intanto il maresciallo Ney conquista la posizione strategica di Quatre Bras ma, inspiegabilmente, subito dopo ordina alla sua avanguardia di ritirarsi su Frasnes, quattro chilometri a sud di Quatre Bras. Un mistero.

La sera del 16 giugno il duca di Wellington viene informato delle mosse di Napoleone e subito ordina di fare arretrare le truppe avanzate di Quatre Bras su Mont Saint-Jean, accorciando così il fronte, con la speranza che Blucher possa arrivare in tempo per consentirgli di non venire colto di sorpresa.

Alle nove del mattino del 18 giugno 1815 Napoleone, a cavallo, lascia la fattoria di Le Caillou e passa in quella detta della Belle Alliance, sulla destra del castello di Hougoumont. Sarà il suo osservatorio per la battaglia.

Occorre aspettare le undici e trenta del mattino per cominciare una battaglia che, nei piani di Napoleone, avrebbe dovuto essere scatenata non al più tardi delle sette. Ma è stato necessario ritardare per forza a causa del terreno reso fradicio dalla pioggia caduta durante tutta la notte e quindi non certo idoneo per lo spostamento dei cannoni. (366 cannoni - oltre 11 mila artiglieri appesantiti dalle armi). Bisognava aspettare un minimo di rassodamento del terreno.

Ora Quatre Bras, nodo cruciale del campo di battaglia, è nuovamente in mano ai francesi, ma è stato ripreso molto in ritardo a causa - come detto - del terreno, permettendo così al duca di Wellington di far ripiegare comodamente le sue truppe dietro Mont Saint-Jean, con la divisione di Chassè sulla destra e il corpo di Sassonia Weimar sulla sinistra, mentre al centro stanno le forze di Dornberg, di Kruse, di Maitland.

Il piano di Napoleone prevede un attacco di disturbo da parte del maresciallo Ney al castello di Hougoumont, per ingannare Wellington sulle reali intenzioni dei francesi, quindi dovrà sfondare al centro in direzione della fattoria della Haie Sainte e di Mont Saint-Jean, e sulla destra, in direzione dell'altra fattoria di Papelotte. Poi, raggiunto da Grouchy, dovrà andare avanti oltre Waterloo e la notte dormire a Bruxelles conquistata. Tutto questo in teoria.

Quando alle 11 e 35 del 18 giugno 1815, con tre colpi di cannone sparati dall'artiglieria della Guardia, Napoleone dà il segnale dell'attacco, certo non può immaginare che Waterloo rappresenterà per lui una tremenda sconfitta, soprattutto per la testardaggine di Grouchy, i ritardi e la confusione di Ney, l'inefficienza di Soult.

La giornata di Waterloo inizia con il finto attacco di Ney al castello di Hougoumont. Il maresciallo ha affidato questo compito al comandante del 2° Corpo, generale Reille, il quale, a sua volta, ha distaccato per l'impresa la 6a divisione agli ordini del fratello di Napoleone, Girolamo, con il preciso ordine di attaccare, ingannare il nemico e fermarsi dopo aver occupato le vie d'accesso al castello.

Invece Girolamo Bonaparte manda all'assalto l'intera divisione che, avanzando allo scoperto, incappa nel micidiale fuoco dei fucili nemici. Così, quella che doveva essere semplicemente una scaramuccia, diventa una battaglia vera e propria. Hougoumont sembra diventare improvvisamente importante e altre forze vi vengono dirottate per sostenere la divisione di Girolamo.

Il combattimento va avanti per l'intera giornata, impegnando molte truppe francesi che sono necessarie altrove, e alla fine Hougoumont non viene nemmeno conquistato.

L'offensiva principale deve invece svilupparsi al centro, per cercare di sfondare lo schieramento nemico. Tocca a Ney, che affida l'azione di rottura al Corpo d'armata del generale Drouet d'Erlon. Gli ordini per Drouet sono semplici: deve muovere su Mont Saint-Jean, conquistando le fattorie della Haie Sainte e, più a destra, di Papelotte. Il generale dispone di circa ventimila uomini divisi in quattro divisioni. Alla testa di quella di sinistra, che attaccherà la Haie Sainte, ci sarà lo stesso Ney.

Dopo mezz'ora di fuoco intenso da parte dell'artiglieria francese, alle 13 e 35 inizia l'operazione. La fanteria francese avanza ma è seriamente ostacolata dal terreno non ancora del tutto prosciugato.

Mentre l'enorme testuggine francese avanza esposta al fuoco nemico, ecco che Napoleone scorge, dal suo osservatorio, l'arrivo di truppe dalla parte di Saint Lambert. Dopo poco tempo viene a sapere che quelle che stanno per arrivare sono invece l'avanguardia delle truppe prussiane. Napoleone non si scompone. Egli suppone che dietro loro ci deve essere il maresciallo Grouchy che le sta inseguendo da due giorni. Invece la supposizione risulterà errata. Dietro ai prussiani no c è nessuno e Blucher porterà la sua armata a Waterloo e Grouchy non si farà vedere.

Intanto i ventimila uomini di Drouet d'Erlon avanzano sulla salita verso Mont Saint-Jean, facili bersagli del fuoco inglese. Contro di loro si lanciarono prima la divisione di Picton, che in quella lotta perderà la vita, e poi la carica della cavalleria di Uxbridge, la Somerset Household Brigade di lord Raglan, qui trentenne, che sarà in tempi successivi il comandante del corpo di spedizione inglese in Crimea.

Tale era l'impeto dei cavalieri inglesi che, dopo aver travolto le file di Drouet d'Erlon, continuarono sullo slancio fin sotto le mura della Belle Alliance, dove si trovava Napoleone, finendo col farsi massacrare dai cannoni francesi. Nonostante tutto questo, l'offensiva di Drouet, che aveva lasciato sul terreno un terzo degli effettivi, poteva considerarsi fallita. Ma a questo punto Ney decide di dare man forte a Drouet. Mentre si è giunti ormai quasi alle cinque del pomeriggio, cinquemila cavalieri francesi vengono mandati all'assalto. L'idea della carica è di Ney, Napoleone non gli aveva ordinato nulla di simile.

La fanteria di Wellington, con un micidiale fuoco di fucileria, abbatteva a colpo sicuro uomini e cavalli. Tuttavia l'avanzata della cavalleria francese continuava con cariche che si susseguivano con indomito coraggio.

Nel frattempo Napoleone spedisce due divisioni del 4° Corpo d'armata di riserva del generale Lobau a contrattaccare i prussiani.

Ney, al centro di un'orrenda carneficina, conduce ancora una volta all'attacco novemila cavalieri, su un fronte di seicento metri, tra la Haie Sainte e Hougoumont. Ma ancora una volta la fanteria inglese respinge l'attacco, anche se poco dopo deve arretrare e alla fine la Haie Santie cade in mano ai francesi. A questo punto Napoleone potrebbe impiegare la Guardia, ma l'imperatore non è più quello di Austerlitz, e temporeggia.

Comincia a scendere la sera e si combatte ancora con esito incerto. Ney continua ad attaccare con disperazione e dei novemila uomini andati all'assalto ne tornano soltanto quarantatrè. Finalmente Napoleone decide di impiegare la Guardia, ma è troppo tardi. Manda la Giovane Guardia a tenere la posizione di Plancenoit per bloccare il feldmaresciallo Blucher ma, dopo due ore di lotta furibonda, i prussiani riescono a passare e allora non resta che la Vecchia Guardia, i veterani di tutte le vittorie.

Guidata dal generale Morand, la Vecchia Guardia riprende Plancenoit, ma verso le 19 e 15 si capisce che il suo eroismo non porterà ad alcun risultato. Duemila soldati inglesi compaiono all'improvviso, come sbucate da sottoterra, e la prima ondata dei francesi viene abbattuta.

Per ben tre volte il generale Cambronne, del primo cacciatori della Guardia, riporta a morire i suoi soldati nell'ultimo quadrato. Ad uno ad uno quei leggendari eroi cadono, sotto l'ammirazione stessa del nemico. Nessuno si arrende. La leggenda racconta che prima di cadere ferito alla testa, Cambronne avrebbe risposto all'invito di Maitland di arrendersi con la famosa frase: "M.....La Guardia muore ma non si arrende".

Qualche reparto della Guardia comincia a sbandarsi e a retrocedere. Se la Guardia indietreggia, significa che non cè più scampo.

Nel frattempo Blucher è riuscito ad insinuarsi tra Drouet e Lobau e nelle prime ombre della sera prende Plancenoit. Di Grouchy nessuna traccia e la sua latitanza nel momento cruciale ha deciso le sorti della battaglia.

I francesi sono in rotta. Gli ultimi soldati della Guardia si sacrificano per consentire a Napoleone di fuggire.

 

Sul terreno rimangono venticinquemila francesi, ventimila inglesi e settemila prussiani. I francesi prigionieri sono settemila. L'unico indenne è Grouchy con i suoi trentamila inutili soldati, il quale conoscerà l'esito della battaglia solo il giorno dopo.

Waterloo conclude la grande avventura napoleonica e cambia la storia dell'Europa.

Poco dopo un mese, il 15 luglio, Napoleone Bonaparte, abbandonato dai suoi stessi compatrioti, si consegnerà agli inglesi.

Ecco come Victor Hugo descrive le fasi finali della battaglia di Waterloo ne: "I miserabili":

"...Il cielo era stato coperto tutto il giorno. All'improvviso, in quello stesso momento (erano le otto di sera), le nubi si squarciarono sull'orizzonte e lasciarono passare, attraverso gli olmi della strada di Nivelles, il grande e sinistro fulgore del sole di porpora che tramontava: ad Austerlitz, era stato visto sorgere. Ogni battaglione della Guardia, in quel tragico finale, era comandato da un generale: erano presenti Friant, Michel Roguet, Harlet, Mallet, Poret di Morvan. Quando gli alti colbacchi dei granatieri della Guardia, col gran fregio metallico in forma d'aquila, apparvero, simmetrici, allineati, tranquilli e superbi nella foschia di quella zuffa, il nemico sentì il rispetto della Francia; credette di vedere venti vittorie entrare sul campo di battaglia ad ali spiegate, e coloro ch'erano vincitori, ritenendosi vinti, indietreggiarono. Ma Wellington gridò: "In piedi, guardie, e mirate giusto", e il reggimento delle guardie, sdraiato dietro le siepi, s'alzò; un nugolo di mitraglia crivellò la bandiera tricolore, fremendo intorno alle nostre aquile, tutti si scagliarono e incominciò la suprema carneficina.

La Guardia imperiale sentì nell'ombra che l'esercito fuggiva intorno ad essa, sentì il grande crollo della disfatta, sentì il "Si salvi chi può" che aveva sostituito il "viva l'imperatore"; e, con la fuga dietro di sé, continuò ad avanzare, sempre più fulminata e sempre più morente, ad ogni passo che faceva...Ney, smarrito, grande di tutta l'altezza della morte accettata, soffriva a tutti i colpi, in quella tormenta. Là ebbe il quinto cavallo ucciso sotto di sé; sudato, con gli occhi fiammeggianti e la schiuma alle labbra, con l'uniforme sbottonata, una spallina tagliata in mezzo dalla sciabolata d'una "horse guard" e l'aquila metallica della decorazione ammaccata da una palla, sanguinante, infangato e magnifico, con in pugno una spada spezzata, gridava: "Venite a vedere come muore un Maresciallo di Francia sul campo di battaglia". Invano: egli non morì".


(Si è scritto molto su questa battaglia. Ma sempre per quasi due secoli con i panegirici dei vincitori. La verità, venne clandestinamente fuori pochi mesi prima della morte di Napoleone. Nel 1820 circolò per l'Europa, una relazione, con nove considerazioni militari e politiche sulla disfatta e sugli errori, non di Napoleone (che non poteva immaginare  la testardaggine assenza di Grouchy, i ritardi e la confusione di Ney, l'inefficienza di Soult,  il tradimento di Beaurmont)  ma quelli clamorosamente commessi dagli inglesi.  Poi sparì dalla circolazione; la relazione si capì subito era di Napoleone, o dettata da lui, perchè solo lui poteva conoscere alcuni particolari, inoltre  c'erano sue usuali espressioni. Fu fatta uscire furtivamente da Sant'Elena nonostante l'oculatissima vigilanza che c'era sull'isola. 
Ne abbiamo una copia  originale dell'epoca, e appena possibile la pubblicheremo integralmente.

Se non altro leggeremo la versione di Napoleone. Che tutto poteva fare a Sant'Elena Napoleone meno che mentire.

La vittoria degli inglesi paradossalmente scaturì da un gravissimo errore che si rivelò invece provvidenziale, e lo commise clamorosamente  proprio WELLINGTON. Per ripararsi da un attacco, si era messo ingenuamente in una sacca, dietro Mont Saint-Jean; ma tutta la notte precedente la battaglia e fino al mattino era piovuto a dirotto; Napoleone l'attacco l'aveva previsto per le sette di quel mattino, ma non riuscì a muovere i cannoni e le truppe pesanti fino a mezzogiorno (erano 366 cannoni - e oltre 11 mila artiglieri appesantiti dalle armi).
La critica posizione di Wellington divenne provvidenziale per il fango che rinviava l'attacco dei francesi, e così ebbe tutto  il tempo - cinque ore- per  evitare l'attacco.  Ecco perchè la relazione sparì dalla circolazione. A Waterloo si stava ripetendo quasi la stessa scena di Marengo. 

Anche qui il destino nell'indugiare sul campo, sembrò di proposito volesse  ignorare il tempo, che trascurasse lo scorrere delle ore, cercando la sua "ora storica". Rallentò vistosamente, come se esitasse a proseguire e quale direzione prendere. In queste soste il destino compie grandi cose o grandi disgrazie.
Il destino ricomparve sul campo di Battaglia quando  per entrambi c'era solo la speranza di modificare la loro vita e insieme la Storia. In mezzo a quel fango, di ore ne erano passate cinque, poi allo scoccare dell'ora fatale, la Storia aveva deciso quale direzione prendere: di andare incontro a Wellington.
E finì come l'abbiamo descritta sopra.

Come a Marengo; ma quella volta il destino era andato incontro a Napoleone.


Le battaglie si perdono e si vincono anche così.
Per una notte di pioggia.

 
ADOLPH THIERS - Storia della Rivoluzione Francese - 10 Volumi
NAPOLEONE, Memoriale di Sant'Elena (prima edizione (originale) italiana 1844)
Storiologia ha realizzato un CD con l'intero MEMORIALE - vedi presentazione qui )
E un grazie al sig. Kolimo dalla Francia - http://www.alateus.it/rfind.html
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