RIVOLUZIONE FRANCESE

LA FRANCIA AI TEMPI DI LUIGI XIV

Alla corte di Francia, da Luigi XIII e da Anna d'Austria, nasce, A Saint-Germain-en-Laye, il 5 settembre 1638, frutto tardivo di un matrimonio rimasto a lungo sterile, LUIGI XIV, che dopo soli cinque anni, alla morte prematura del padre (42 anni) nel 1643 diventerà Re di Francia (per 73 anni, fino alla morte 14 maggio 1715) sotto la reggenza della madre, ma con il potere effettivo nelle saldi mani del successore di Richelieu, Mazarino.
Sappiamo solo che fu allevato con cura da persone esperte, ma non ci sono molte testimonianze sulla sua infanzia. Diventato re, fu prima affidato a un celebre erudito del tempo con notevoli doti padagogiche, La Mothe Le Vayer, poi alla madre,  ma soprattutto - scomparso Richelieu-  il nuovo potente cardinale Mazarino, scelse come precettore l'ecclesiastico Hardouin de Perefixe. Che si adattò al carattere molto difficile del suo alunno; nelle sue memorie, lascerà scritto che Luigi XIV non era mai stato uno scolaro modello. Il ragazzo era capriccioso ed autoritario non portato ad ascoltare i suoi insegnanti.
A 10 anni, si trovò catapultato dentro la nuova grande reggia di Versailles dove dominava Mazarino. Pur salito sul trono, il potere effettivo Luigi XIV lo assunse solo dopo la morte del suo ministro nel 1661, a 24 anni, quando la formazione politica e l'iniziazione alle sottigliezze della diplomazia avevano già costituito un esempio prezioso e non più dimenticato (ma più tardi sì) dal giovane re, che governò per altri 54 anni.
Un regno che può essere diviso in due parti ben distinte; il primo ventennio e fino alla morte del suo preziosissimo collaboratore: Colbert, un uomo preparato, di lunga esperienza alla conduzione dell'economia e delle finanza, con una serie di risultati  che contribuirono non poco al prestigio del giovane re e della Francia.
La seconda parte invece - un trentennio, dal 1685 fino alla sua morte- si tradusse in una serie di dure prove, allontanandosi Luigi XIV molto dal contatto con quella Francia che stava fiorendo sulle rive della Senna, mentre a Versailles nella "prigione dorata" dopo il grande spiegamento di fasto della vita di corte del primo ventennio con un rigido cerimoniale regolato dall'etichetta, la corte insieme al re,  iniziò a languire, fino al declino.
Se da una parte il trasferimento della corte e del governo nei grandi palazzi di Versailles facilitò e sveltì il lavoro dell'amministrazione centrale (oltre che politico) creando quello straordinario sistema amministrativo sulla quale si basa ancora oggi la Francia, dall'altra, la grande nobiltà ridotta a vivere lontano da Parigi iniziò a condurre un'esistenza (dispendiosa e quindi sempre costretta a dipendere dal monarca) con un tenore di vita molto alto, dentro quella prigione dorata animata da balli e feste continue. E mentre Parigi cominciava dopo quel primo ventennio dorato a riprendersi -più di prima- il ruolo di capitale, perchè stava sorgendo l'alba dell'Illuminismo, stavano pure sorgendo i teatri, l'editoria, le scienze, i caffè degli intellettuali e dei filosofi, un nugolo di artisti.
Questo effervescente momento presente creò in crescendo uno stato permanente di guerra culturale contro il potere assoluto del monarca, ormai assente dalla realtà, sempre di più avviato al tramonto; questo "re Sole" "illuminato" che aveva creato  la Francia moderna, anzi forgiato le anime dei Francesi, la loro sensibilità, la loro intelligenza, cominciò a non più risplendere nei suoi ultimi anni di regno.
Nello stesso palazzo, Luigi XVI amava lo splendore, la magnificenza, l'arte, la musica, il teatro,  largheggiava in pensioni a letterati e artisti zelanti, viveva una vita in una età feconda e liberale che sembrava proprio fatta per lui,  godeva un grande prestigio e una autorità senza limiti fino al punto che potè fare quello che volle in quell'Olimpo in terra che era la splendida Versailles.
 
Slanci spirituali, bella e leggiadra esistenza, primato del buon gusto, creatore di una civiltà; nè all'inizio gli mancarono i successi politici che portarono la Francia al suo luminoso apogeo.
Poi la discesa, fino a non vedere la realtà, mentre i vari "Saint-Simon" erano loro a vedere con implacabile sguardo quel mondo che era solenne ma sempre di più insolente.

Proprio Simon, così poco benevolo verso il sovrano e i suoi collaboratori, riconosce che quando  il re divenne l'effettivo capo dello Stato "i suoi ministri sia all'interno che all'estero erano allora i più forti d'Europa, i suoi generali i più grandi, i suoi funzionari i migliori; il nome degli uni e degli altri è passato alla posterità per consenso unanime".

Una Francia che si stava avviando, con i commerci, con le prime industrie, con i mercati internazionali verso il suo successivo periodo di prosperità senza precedenti (quello di Luigi XV) che lui stesso e i suoi geniali ministri avevano creato, ma che nello stesso tempo avevano avviato un processo che trasformarono in profondità la società francese, creando grossi nuovi problemi, in ebollizione nuove ideologie, sperequazioni, insofferenze, contrasti, che annunciavano l'inizio di una nuova epoca.

Luigi XIV in questo 1638, è appena nato, ma occuperà le pagine dei   prossimi 78 anni; e indirettamente anche le successive; fino ad essere il "fantasma" nelle varie piazze della Rivoluzione.

Anche perché Luigi sta nascendo, mentre CARTESIO in questo stesso anno ha pubblicato la sua prima opera (Discorso sul metodo) ponendo come principio di certezza l "io penso"; quando Luigi XIV morirà nel 1715, tutta la Francia era diventata scolara di Cartesio, poi alla Bastiglia il 14 luglio 1789 diventata adulta, ancora caotica ma decisamente adulta con quel cartesiano '"io sono".
Poi Voltaire! Fu proprio lui lo "storico" di Luigi XIV. Anche se aveva vent'anni quando il re di Francia morì. Aveva sì 20 anni ma il suo ghigno, la sua sferzante ironia era già e sarà poi per altri 64 anni la quotidianità nella Francia.
Voltaire morì 10 anni prima dal primo vagito della "sua" rivoluzione.
Il trono Luigi XIV lo lasciò a Luigi XV, ma di fatto sul trono salì Voltaire. Anzi, al Pantheon tutt'oggi, Voltaire è ancora seduto su quel trono.
Il regno di Luigi XIV, durato 72 anni, di cui 54 vissuti come re assolutista, è uno dei più lunghi che la storia moderna ricordi. 
La sua morte, fu un malinconico tramonto. Avanti con gli anni (76), s'avvide quanto fosse ingrato il suo mestiere di re; al nipote Filippo salito infine sul trono di Spagna gli disse "Se avete creduto che fosse molto facile e piacevole fare il re, vi siete ingannato di molto".
Il giusto compenso anche se dava soddisfazione alla Francia, dopo i gravi sacrifici sostenuti dalla stessa per tanti anni (13) nella sua ultima guerra rovinosa, l'animo del vecchio re non riusciva più a riaprirsi alla speranza; e oltre ai dolorosi lutti di famiglia (moglie e Delfino) che lo avevano già contristato, subito dopo il trattato di Rastadt, venne aggiungersi la malattia, tanta malinconia e oscuri presagi.
La forte fibra resistette per mesi, poi la domenica del 25 agosto dell'anno 1715,, le condizioni fisiche si fecero preoccupanti, i medici non ne fecero mistero e gli consigliarono di non attendere a ricevere i sacramenti. Il giorno dopo ebbe una ripresa e chiese di portagli il nipote Luigi XV; lo fece accostare e gli disse queste parole: "...voi sarete fra poco un gran re: non imitatemi nella passione che ho avuto nelle  grandi costruzioni, né in quella per la guerra; cercate invece di star in pace coi vostri vicini...[  ] seguite sempre i buoni consigli e cercate di alleviare i vostri popoli, cosa che per mia disgrazia io non ho potuto fare. Vi do la mia benedizione con tutto il cuore".
Il venerdì 30 agosto ebbe una giornata travagliata,  il 31 con il cervello annebbiato con brevi istanti di conoscenza, nella notte entrò in agonia, che alle 8 e un quarto del mattino del 1° settembre  finì.
Tre giorni dopo avrebbe compiuto 77 anni, il settantadueismo anno di regno. 

Luigi XIV aveva avuto modo di dedicarsi nei suoi primi anni di regno, anni della sua gioventù, più che alla politica di governo all'esterno ..(questa attuata dal suo potente Primo Ministro Mazarino - audace, spregiudicata che diede subito ma anche dopo la sua scomparsa, prestigio e potenza alla Francia)... a una politica dello splendore interno, di cui le manifestazioni più appariscenti furono la costruzione del meraviglioso palazzo di Versailles, la creazione di stupende raccolte di opere d'arte, la formazione di una corte brillantissima nella quale convennero tutti i maggiori artisti e letterati del regno.

Per altri motivi si criticherà molto il suo assolutismo, ma è stato anche scritto "che se non avesse avuto della sua alta dignità l'idea che ebbe, se non avesse ceduto fermamente d'incarnare in sè la nazione intera, d'essere insomma il re per il quale nulla è abbastanza grande e splendido, qualcuna di quelle meraviglie non sarebbe mai nata" (Bertrand).

Oltre che un infaticato costruttore di splendide dimore, castelli, piazze, viali, passeggiate, teatri, fontane, porti, monumenti, sparsi per ogni dove, che sembrano fatte a sua somiglianza, ha anche forgiato le anime dei Francesi, la loro sensibilità, stimolato la loro intelligenza.
Quando morì, quasi nell'ombra, tutta Europa era permeata  di cultura francese. Aveva imposto un modo di vivere, quindi nonostante il successivo declino (con una male intesa democrazia), vanno a lui tutti i titoli di merito.

Nei suo periodo d'oro, la sua autorità e il suo prestigio trascinò con sè tutti gli spiriti più illuminati della Francia e d'Europa. Fu lui con la sua personalità energica a sorreggere e promuovere i successi della Francia in tutti i campi, e in ogni questione in cui riconoscesse impegnato l'onore ed il prestigio della Francia.
Riuscì anche - e parliamo sempre del suo primo periodo-  ad attirarsi le simpatie  degli spiriti più liberi, come i malevoli Molier, Racine, o come un Saint-Simon, così poco benevolo verso di lui, che riconobbe che quando il re divenne l'effettivo capo dello Stato "i suoi ministri sia all'interno che all'estero erano i più forti d'Europa, i suoi generali i più grandi, i suoi luogotenenti i migliori, tutti passati alla posterità per consenso unanime".
Ma poi basta! Finita la rovinosa e ostinata guerra di successione polacca durata 13 anni, che aveva assorbito preziose risorse di uomini e denari della Francia, proprio mentre il paese era colpito da una grave carestia, con varie rivolte di affamati che furono represse dalle autorità.
La Francia troppa impegnata su vari fronti nella costosissima guerra di successione polacca, entra in una profonda crisi economica. Le casse dello Stato sono vuote.  Rispolvera così e reintroduce nel Paese la famigerata "decima" del clero su ogni tipo di reddito; ma i risultati - come quelli del clero- sono magri, anche perché il denaro circolante che ha introdotto (una novità per l'Europa) é fatto di carta. Un impatto psicologico devastante nell'economia e nell'immaginario collettivo. Si ricorre alla carta-moneta solo per le piccole quotidiane spese, ma i grandi affari vengono conclusi solo con le monete auree. I grandi funzionari, nobili e clero sono pagati in oro.
Accadeva che dallo Stato usciva oro, ma dalla massa dei contribuenti incassava solo carta.
Questo perché le imposte non colpivano nobili, clero e tutta quella casta di parassiti con le varie esenzioni e privilegi.
Non solo ma gli appaltatori delle stesse piccole imposte della massa, ritardavano di anni nel versare nelle casse dello Stato quanto avevano raccolto.
Fu insomma crisi della circolazione monetaria aurea, perché tesaurizzata.
Ma qualcosa di peggiore accadde dubito dopo la morte di Luigi XIV. Con il nuovo ministro delle finanze Law. (1716). Luigi XIV quando morì, lasciò un debito che era pari alle tre successive intere annate di imposte. Una voragine sempre più profonda..

Quindi 13 anni di continuo conflitto, e invece di guadagnare qualcosa, la Francia alla vigilia della morte di Luigi XIV aveva perso non solo molti territori, ma perso il prestigio e la credibilità nelle alleanze.
E Luigi non era solo vecchio, era un uomo spento, e nemmeno più amato.


Luigi XVI tuttavia nei suoi anni migliori, seppe imbrigliare la piazza, tenere a freno la nobiltà riottosa e difendere efficacemente lo Stato, tenendone salde in mano le redini. Ebbe anche l'arte di far confluire alla corte il meglio della nazione francese. In mezzo a questa società lui brillava come il più squisito signore, in uno stile impeccabile ed esemplare. Si comportava con maestà e allegria; nelle feste ma anche negli atti più seri, nelle udienze come nelle cerimonie. Mai uomo incutè tanto rispetto. Una autorità senza limiti, che poté quello che volle. Per questo fu chiamato il Re Sole; il re che "illuminava". Tutte le risorse materiali e umane, del suolo e delle migliori menti francesi, venivano destinate ad allietare la vita dell'uomo, tutti i mezzi disponibile per rendere più bella e più leggiadra la vita.
Poi alla fine di questo periodo armonioso, ci fu l'eclisse del "Sole", il grigiore a Versailles, il grande distacco dal popolo sulle rive della Senna, una distanza glaciale tra i due mondi.
Che Luigi XIV avvertì solo poche ore prima di spirare rivolgendosi al suo successore con quella frase "cercate di alleviare i vostri popoli, cosa che per mia disgrazia io non ho potuto fare".
E vero, ha rappresentato l'inizio di un epoca per la Francia e per l'Europa, ma personalmente,  con la sua morte fu proprio lui a chiudere quest'epoca.
Mentre lui moriva nella sua "dorata" Versailles, sulle sponde della (ormai lontanissima) Senna, i caffè, i teatri erano pieni, e in molti luoghi della Francia accesero i primi fuochi purificatori.
Voltaire aveva solo 20 anni, e Rousseau 3 anni. Ci vorrà quindi ancora un po' di tempo (72 anni) per il vero e proprio "incendio" della Rivoluzione.
Del resto lo aveva scritto il 2 aprile 1764 (in Corrispondenza) "Ogni cosa che vedeo, sembra sparga a piene mani il seme di una rivoluzione, che un giorno, deve inevitabilmente avvenire, cui però io non avrò il piacere di assistere. I Francesi arrivano sempre tardi, in tutto, ma finalmente arrivano. La luce si propaga così presto da uno all'altro, che, alla prima occasione, essa diva,perà in una splendida fiammata; allora sì, che vivremo momenti di singolare commozione! I giovani sono fortunati: ne vedranno delle belle".
RICAPITOLIANO CRONOLOGICAMENTE
LA VITA DI LUIGI XIV
1638 - Nasce a Saint-Germain-enLaye il 5 settembre.
1643 - Ascende al trono il 14 maggio.
1659 - Sposa Maria Teresa, infanta di Spagna.
1661 - II 9 marzo assume la direzione di tutti gli affari di stato.
1667 - Inizia la « guerra di devoluzione » contro la Spagna che si conclude con la pace di Aquisgrana nel 1668.
1672 - Fa invadere l'Olanda.
1678 - Concorda la pace di Nimega.
1683 - Sollecita l'avanzata turca verso Vienna (!!).
1684 - Costringe la Spagna alla tregua di Ratisbona.
1685 - Revoca l'editto di Nantes.
1688 - Inizia la guerra contro la Lega di Augusta.
1697 - Firma la pace di Ryswick.
1701 - Comincia la guerra di successione spagnola.
1713 - Sottoscrive il trattato di Utremht.
1715 - Muore il 1° settembre.
Tutta la seconda metà del XVII secolo è dominata dalla forte personalità di Luigi XIV che legò a sé i destini del suo Stato e operò con esiti determinanti sull'evoluzione storica di quasi tutta Europa. Vero è che non solo nelle vicende politiche egli fu protagonista, ma influenzò sotto tutti gli aspetti la civiltà dell'ultimo Seicento; per cui si è parlato di « secolo d'oro » (in riferimento ai fasti dell'arte francese di quel periodo) o di « secolo di Luigi XIV », tanto fu lo splendore del suo regno durato un cinquantennio.

« LO STATO SONO IO »
Alla morte del padre, Luigi XIII (successore del celebre Enrico IV che aveva portato i Borboni sul trono di Francia), Luigi XIV, a soli cinque anni, divenne nominalmente re, mentre la reggenza venne assunta dalla madre Anna d'Austria che affidò il potere al primo ministro, il cardinale Mazzarino. Questi, che con le sue eccezionali doti diplomatiche riuscì ad assicurare alla nazione una posizione di prestigio fra gli Stati europei e a consolidare l'assolutismo monarchico contro la nobiltà turbolenta, ebbe cura dell'educazione del giovanissimo sovrano, di cui si era fatto tutore, e mirò a fare di lui un abile politico.
Alla morte del cardinale, nel 1661, Luigi, quasi ventitreenne, decise di occuparsi personalmente del governo e annunziò alla corte che nulla in Francia da allora in poi si sarebbe fatto senza suo ordine. Convinto che il sovrano derivasse da Dio la propria autorità e che tale autorità potesse essere esercitata su ogni proprietà, sulla vita e persino sulle coscienze dei sudditi, egli sentì di poter riassumere nella propria persona l'intera nazione. « Lo stato sono io » proclamò sintetizzando tutto il suo pensiero politico. Dalla incontrastabile volontà del monarca dipendeva dunque il destino del Regno e la vita di tutti i sudditi.

IL RE SOLE
Per poter agire con ogni libertà Luigi XIV procurò di togliersi ogni ostacolo evitando di convocare gli Stati Generali (un'assemblea dei rappresentanti dei tre « stati » o classi in cui era divisa la società francese) e riducendo la nobiltà all'obbedienza più completa. Spostata la corte da Parigi a Versailles dove fece costruire la reggia più superba d'Europa, egli impose un tenore di vita tanto lussuoso che la nobiltà non avrebbe potuto sostenere senza l'appoggio finanziario dello Stato. In questo modo la nobiltà, economicamente legata al sovrano, non godeva più di alcuna autonomia politica.
Così legata al re l'aristocrazia svolgeva un ruolo puramente decorativo nella vita pomposa di corte regolata da una rigida etichetta, dove tutto si svolgeva come uno sfarzoso spettacolo al cui centro risplendeva Luigi XIV ormai soprannominato Re Sole. Ogni movimento del sovrano, dal suo levarsi al mattino lungo tutta la giornata fino al suo coricarsi, diventava un'occasione di parata cui ogni cortigiano era tenuto a partecipare in ruolo di comparsa o di spettatore.
Artisti e letterati erano posti al servizio del re perché ovunque si levassero inni celebrativi della sua magnificenza. Versailles diventò così il modello di tutte le corti europee; l'arte e il gusto francese finirono con il dettare le leggi della moda; e ancora francese fu la lingua ufficiale della cultura, della mondanità, della diplomazia internazionale.

I MINISTRI DEL RE
Allontanati dalle funzioni di governo i nobili e gli stessi familiari, Luigi XIV si giovò della collaborazione di ministri e di funzionari di origine borghese i quali dovevano, almeno formalmente, essere semplici esecutori delle sue direttive. In realtà i più abili di essi seppero consigliare e guidare il sovrano che si servì della loro opera capace per fare della Francia il più moderno Paese di Europa.
Se, da un lato, l'attività del ministro delle finanze Jean Baptiste Colbert (1619-1683) (*) trasformò sostanzialmente la vita economica del Paese, dall'altro, l'infaticabile lavoro del ministro della guerra, Le Tellier de Louvois diede una preparazione militare alla Francia che le permise di fronteggiare le coalizioni di numerosi Stati in lunghe e difficili guerre.
Con una nazione ricca e salda all'interno, con fortificazioni ed eserciti che non avevano l'eguale, Luigi XIV poté così lanciarsi nella sua audace politica d'espansione territoriale e coloniale.

(*) (L’attività svolta da Colbert non fu separata da quella svolta da Luigi XIV, il re stesso si interessò alla revisione del sistema fiscale e spesso verificò personalmente i registri contabili per il controllo del gettito delle imposte e dei bilanci preventivi. L’ azione riformatrice di Colbert fu così radicale che si coniò il termine “colbertismo” per indicare quel nuovo modo di intervento dello Stato nell'economia del Paese da lui propugnato. Che trasformò la Francia da Paese agricolo in potenza industriale e commerciale, favorì il sorgere di industrie e creò addirittura manifatture di Stato, come quella degli arazzi (Gobelin) e degli specchi. Inoltre con la fondazione di grandi compagnie commerciali egli allargò la rete dei traffici in America, in Africa e in Asia).

LE GUERRE DI DEVOLUZIONE E D'OLANDA
All'inizio il re pose le sue mire sulle province della Fiandra che erano possesso della Spagna.
Avendo sposato Maria Teresa figlia del re spagnolo Filippo IV, egli con un cavillo giuridico rivendicò il diritto di devoluzione per cui l'eredità al trono sarebbe dovuta passare alla propria moglie, figlia di primo letto, piuttosto che al designato Carlo II, nato da un secondo matrimonio di Filippo IV.
La rapida guerra che ne seguì gli procurò l'acquisto di alcune terre nelle Fiandre sottratte alla debole Spagna; ma l'affacciarsi della Francia ai confini con l'Olanda mise in urto i due Paesi. Luigi XIV tentò la conquista anche di questo Stato, ma si trovò di fronte all'indomita resistenza degli Olandesi guidati da Guglielmo III d'Orange e appoggiati da Spagna, Inghilterra, Austria, Danimarca e da alcuni principati tedeschi. (Uno contro tutti ! )
La pace di Nimega (conclusa nel 1678), che pose termine alla guerra, salvava il Paese dal dominio dei Francesi, ma sanzionava le ulteriori conquiste fatte da questi ai danni della Spagna.
LE CAMERE DI RIUNIONE
Durante il periodo seguente gli accordi di Nimega il Re Sole escogitò il mezzo per continuare le sue espansioni senza scatenare conflitti, ma con piccoli atti di soperchierie e di violenze. Istituì le Camere di riunione, organi costituiti da giuristi i quali dovevano scovare pretesti legali per reclamare il diritto a nuove annessioni territoriali che prendevano così il carattere di restituzioni o « riunioni » alla madrepatria. ln questo modo numerosi feudi dell'Alsazia e del Lussemburgo, alcune importanti città come Strasburgo o Casale Monferrato, caddero sotto la sovranità francese senza che le grandi potenze intervenissero a far cessare simili soprusi. La sola Spagna si oppose, ma fu facilmente battuta e dopo la tregua di Ratisbona (1684) dovette riconoscere i possedimenti « riuniti ».
LA POLITICA RELIGIOSA
Sempre seguendo il suo ideale di costituire uno Stato fortemente unitario e centralizzato, Luigi XIV svolse una politica religiosa con cui mirò al raggiungimento di due obiettivi: l'unità religiosa della Francia in seno al Cattolicesimo e l'assoggettamento del clero alla corona. E si giovò del primo fine per attuare il secondo onde placare gli eventuali risentimenti del Papato.
L'imposizione del Cattolicesimo come unica religione in Francia portò però gravi conseguenze all'economia del Paese. Dopo la revoca dell'Editto di Nantes (disposizione con cui Enrico IV nel 1598 aveva concesso libertà di culto ai protestanti) e con l'inizio delle persecuzioni degli Ugonotti, circa 200.000 Francesi erano emigrati. Essi erano in massima parte artigiani e ricchi borghesi che con grande favore furono accolti all'estero, dove trapiantarono la loro attività esportando talvolta capitali o segreti di fabbricazione.
Il danno economico venutone alla Francia non fu minore di quello politico; infatti la proscrizione dei protestanti fece aumentare l'irritazione e l'ostilità degli Stati riformati come la Svezia, l'Inghilterra, la Svizzera, il Brandeburgo.

L'INIZIO DEL DECLINO
L'ambizione sfrenata di Luigi XIV aveva creato ormai intorno alla Francia una catena di Stati nemici. Per neutralizzare l'Impero asburgico egli aveva fomentato le mire espansionistiche dei Turchi, i quali erano stati però battuti da una coalizione di nazioni costituitasi in difesa dell'Austria. Questa rinfrancata a Oriente la propria posizione, il suo Impero poteva ora volgersi contro la Francia e a far causa comune (pur cattolicissima) con le nazioni protestanti che pure miravano a colpire lo strapotere del Re Sole.
Costituitasi nel 1686 la Lega di Augusta tra Spagna, Austria, Olanda, Svezia, cui si aggiunsero poi il Piemonte, il Brandeburgo e l'Inghilterra, Luigi XIV non rinunciò a gettarsi in un nuovo conflitto, che d'altra parte sembrava inevitabile. I combattimenti si svolsero su tutti i confini della Francia, che cominciava a dare segni di stanchezza, soprattutto all'interno dove erano in atto il declino economico e l'esaurimento finanziario determinato dalle continue guerre.
Le vicende belliche continuarono con esito incerto per alcuni anni, dato che l'esercito francese si trovava più che altro nella condizione di difendere il territorio nazionale senza la possibilità di arrivare a un successo risolutivo. La pace di Ryswick (1697) segnò l'inizio del declino della Francia, i cui possedimenti furono riportati a quelli stabiliti dal trattato di Nimega, tranne Strasburgo.

LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA
Il consolidarsi delle potenze inglese e olandese e la migliorata situazione dell'Austria dopo l'ultima guerra limitavano ogni possibilità di espansione della Francia alla sola Spagna. Eppure Luigi XIV non aveva mai deposto le sue ambizioni su quel Regno, e tanto si adoperò con la diplomazia che riuscì a far designare come erede di Carlo II il proprio nipote Filippo duca d'Angiò, che assunse il nome di Filippo V.
Il pericolo della fusione dei due Regni allarmò tutti gli altri Stati che scatenarono una nuova guerra che ridusse la Francia allo stremo. Tutte le potenze europee riversarono i loro eserciti sul suolo francese e Luigi XIV finì per non trovare più i mezzi per continuare la guerra che questa volta era di difesa. Deposto il suo orgoglioso atteggiamento dispotico, egli lanciò un appello al popolo perché la nazione fosse salvata a prezzo di qualsiasi sacrificio: il Paese rispose con slancio e la Francia riuscì a mantenersi salda dentro le sue frontiere.
Le paci di Utrecht (1713) e di Rastadt (1714) che coronarono le trattative iniziate dallo stesso re, pur riconoscendo la Spagna a Filippo V, imponevano la sua separazione dalla Francia, mentre stabilivano un equilibrio di potenze europee che segnava il definitivo crollo dell'egemonia francese.

IL TRAMONTO DI LUIGI XIV
Economicamente impoverito, finanziariamente esausto, ristagnate le sue energie più vitali, il regno di Luigi XIV era ormai nell'impossibilità di risollevarsi al passato splendore. L'ultima preoccupazione del re fu quella di conservare l'unità dello Stato: vecchio e malato, pur sentendosi prossimo alla fine, ancora si prodigò perché in quel momento di debolezza fossero prevenuti disordini e rivolgimenti interni.
Quando spirò, nel 1715, si chiudeva tristemente un periodo storico che per la Francia era stato di primato assoluto nella politica, nella vita economica, nell'arte, nella letteratura.
Luigi XIV improntò di sé tutta un'epoca: l'identificazione fatta dai posteri tra la sua persona e la civiltà fiorita durante il mezzo secolo del suo regno testimonia la forza e il talento della sua prepotente individualità.
Quando morì, Luigi XIV lasciava una situazione internazionale in cui nuove forze avevano l'egemonia: l'Inghilterra, che traeva i frutti della politica coloniale e l'Austria, che dominava in Italia.
La stessa Francia era cambiata. Altre forze erano in ebollizione. Le nuove ideologie, le insofferenze, i contrasti, annunciavano l'inizio di una nuova epoca.

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