ALCMEONE - SENOFANE - PARMENIDE
testi di Diego Fusaro

 

ALCMEONE

Alcmeone visse a Crotone alla fine del sesto secolo nel contesto pitagorico; bisogna subito specificare che non fu un vero e proprio Pitagorico : in tanto egli elaborò sì come i Pitagorici l'idea delle coppie di principi , ma a differenza dei Pitagorici sceglieva le coppie a caso (e i contrari per lui erano più qualitativi che quantitativi) , senza un criterio sistematico . Anche come idee politiche pare che differisse dai Pitagorici , che erano aristocratici e più di destra : un pò per le sue ideologie democratiche un pò per il fatto che era confusionario (il che emerge già dal fatto che scegliesse le coppie a caso) , Alcmeone viene generalmente fatto passare per uomo di sinistra . Aristotele stesso ce lo presenta come un Pitagorico confusionario e meno rigoroso .

Alcmeone effettuò interessanti considerazioni sull'uomo e fu molto interessato alla medicina (lui stesso era medico) . Tra le varie sue dottrine , tre sono le più importanti :

1) Strettamente legata alla dottrina pitagorica , era la concezione di salute e malattia : per elaborare questa teoria studiò accuratamente il corpo umano e lo interpretò in analogia con il funzionamento della politica : per lui infatti malattia e salute corrispondevano a due precise situazioni politiche : la salute corrispondeva alla democrazia (più in particolare Alcmeone parla di "isonomia" , uguaglianza di leggi) , mentre la malattia alla monarchia . Come nel corpo si ha la salute quando c'è un equilibrio tra gli organi , così nella politica per Alcmeone c'è la democrazia quando tutte le parti sono in equilibrio e tutte possono dire la loro . Invece , così come nel corpo umano c'è una malattia quando un organo prevale sugli altri impedendo loro di agire , così nella politica si ha la monarchia quando prevale un individuo sugli altri e viene a rompere l'equilibrio . Sono idee antitetiche non solo rispetto ai Pitagorici , ma anche a Platone stesso (sia i Pitagorici , sia Platone ebbero comunque molto più successo di Alcmeone e delle sue ideologie) . Dobbiamo poi ricordare che a quei tempi la medicina era una realtà ben differente dalla chirurgia : queste due attività erano adddirittura tra loro in contrasto , basti pensare che nel giuramento dei medici di Ippocrate bisognava giurare di non far uso della chirurgia.

2) Molto interessante fu anche la sua teoria su quale fosse l'organo principale del nostro organismo : fu il primo a rispondere che era il cervello (a noi pare ovvio) , avanzando così un'ipotesi enfalocentrica . Generalmente si era creduto che l'organo fondamentale fosse il fegato o il cuore , mentre il cervello non fu mai preso in considerazione perchè è un organo insensibile . E' interessante notare che Aristotele credeva che il cervello fosse un organo di raffreddamento e fu sostenitore della teoria cardiocentrica . Alcmeone fece accurati esperimenti su animali e scoprì i nervi che collegavano il cervello ad altri organi vitali (per esempio agli occhi) e ipotizzò che svolgesse la funzione di coordinamento delle mansioni sensitive . Così Alcmeone fu il primo a dire che il cervello fosse l'organo più importante .
3) Alcmeone cercò anche di individuare la posizione degli uomini e scoprì che era intermedia . La sua opera in prosa (di cui si ignora il titolo) inizia proprio con l'affermazione che gli uomini sono inferiori rispetto agli dei : "Alcmeone di Crotone , figlio di Pirito , disse questo a Brotino e a Leonte e a Batillo : delle cose invisibili e delle cose visibili soltanto gli dei hanno conoscenza certa ; gli uomini possono soltanto congetturare".

Dopo un'accurata presentazione , egli spiega che per gli dei non ci sono barriere conoscitive e possono conoscere l'intera realtà . Gli uomini invece non riescono a scorgerla e per raggiungerla devono sforzarsi di interpretare e capire gli indizi a loro disposizione e possono comunque solo supporla . La conoscenza degli dei viene definita "sapheneia" e comporta un legame stretto con la chiarezza : perfino le cose invisibili non sono in realtà tali per gli dei .La conoscenza umana sta tutta nel "tekmairestai" , ossia nello sfruttare gli indizi per tentare di comprendere ciò che non è immediatamente carpibile con i sensi . Alcmeone dice che gli uomini sono un gradino al di sotto degli dei , ma che essi sono comunque un gradino al di sopra degli animali (da qui il fatto che l'uomo si trovi in una posizione intermedia).Sia gli uomini sia gli animali conoscono ciò che appare loro , ma gli uomini riescono a comprendere , a connettere i dati sensibili in ragionamenti : vi è proprio l'idea dello "xuniemi" , del comprendere visto come "prendere assieme" : i singoli organi devono raccogliere e connettere gli indizi . Gli uomini organizzando il loro pensiero possono raggiungere le realtà più profonde .

SENOFANE

Senofane nacque a Collofane e fu contemporaneo di Pitagora : pure lui dovette fuggire dalla patria e scrisse in ionico , ma non in prosa , allontanandosi così da Anassimandro che aveva introdotto con il suo "perì fuseos" la prosa . Senofane visse molto a lungo (pare che si avvicinò ai 100 anni) e passò la sua vita girando qua e là . Egli scriveva usando un metro simile a quello omerico e pur usando il metro è un filosofo a tutti gli effetti : il fatto che un filosofo si serva del metro è riconducibile al suo spirito divulgativo : voleva far conoscere i suoi scritti al maggior numero di persone .
Egli affronta diversi argomenti tra i quali spicca la dura critica rivolta ai poeti per il loro modo di concepire la divinità . Senofane voleva riformare il concetto di divinità rendendolo più puro e questo suo atteggiamento gli valse l'appellativo di "illuminista" . Pur usando un verso simile a quello omerico , egli critica aspramente i poeti ed in particolare Omero ed Esiodo . Senofane scrive così : "
Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dei tutto quanto presso gli uomini è oggetto di onta e di biasimo : rubare , fare adulterio e ingannarsi reciprocamente " . Secondo Senofane i 2 aspetti negativi erano:
1) (di natura più etica) : se il divino deve rappresentare la perfezione ed il modello per gli umani , si deve rifiutare che gli dei abbiano caratteristiche riprovevoli perfino per gli uomini
2) (di natura più ampia) : vi è una condanna dell'antropomorfismo : gli dei erano comunemente rappresentati simili agli uomini e questo era un grande gesto di presunzione del genere umano che Senofane non era disposto ad accettare .
Questa sua critica emerge tutta in queste parole :
" Ma i mortali sono convinti che gli dei siano nati e che abbiano abito a linguaggio e aspetto come loro " . Anche qui troviamo una forte critica nei confronti di Omero (quando dice "che abbiano abito linguaggio e aspetto..." ) e di Esiodo (quando dice "siano nati..." : Esiodo era infatti l'autore della teogonia) . Senofane critica con l'esperimento mentale : un esperimento consiste nell'effettuare un'esperienza artificiale e voluta ; un esperimento mentale invece non lo si effettua concretamente , ma tuttavia lo si può immaginare :" Ma se i buoi (ed i cavalli ) e i leoni avessero mani e potessero con le loro mani disegnare e fare ciò che gli uomini sanno fare , i cavalli disegnerebbero figure di dei simili ai cavalli e i buoi simili ai buoi , e farebbero corpi foggiati così come ciascuno di loro è foggiato " ; da questo esperimento mentale emerge innanzi tutto l'importanza della mano , che è l'elemento che divide il mondo animale da quello umano : essa permette all'uomo di stabilire rapporti complessi con la realtà . Senofane poi sostiene che ci sia una tendenza sbagliata : quella di crearsi gli dei a propria immagine e somiglianza . Questa critica emerge anche qui : " Gli Etiopi dicono che i loro dei sono camusi e neri , i Traci che sono cerulei di occhi e rossi di capelli" . E' per Senofane sbagliatissimo crearsi gli dei a sè simili ! Questa è la "pars distruens " di Senofane : egli smonta qui le tesi già esistenti a riguardo delle divinità per presentarne altre totalmente rinnovate .

Vi è poi una parte che risulta particolarmente difficile da comprendere :
" Uno , dio , tra gli dei e tra gli uomini il più grande , nè per aspetto simile ai mortali , nè per intelligenza ": pare quasi che Senofane sia monoteista (parla di un dio solo) , poi vi è la contrapposizione tra un dio e altri . Nel nostro mondo la contrapposizione tra monoteismo e politeismo è forte , ma all'epoca doveva essere più attenuata : vi era una proliferazione di dei e solo le persone di maggior spicco culturale erano monoteiste (il concetto è un pò simile a quello nostro della proliferazione dei santi) .
L'idea predominante nel mondo greco è quella di ritenere il divino come unica realtà ("tò theiòn") anche se le divinità sono tante . Va però fatta per Senofane un'osservazione : l'espressione
"tra gli dei e tra gli uomini" poteva benissimo essere formulare , un modo di dire di allora per sottolineare la potenza del dio : quindi l'espressione "tra gli dei" non è usata in senso proprio come se vi fossero davvero divinità in gioco . Giustamente Senofane è stato considerato il primo teologo , vale a dire argomentatore razionle del divino . Vi è anche un accenno alla " teologia negativa " : partendo dall'impossibilità di rappresentare la divinità con pezzi di realtà , al posto di dire ciò che la divinità è , si dice ciò che non è .

Senofane dice poi :
" Sempre nell'identico luogo permane senza muoversi per nulla , nè gli si addice recarsi or qui , or là " : gli dei omerici dovevano scendere dall'Olimpo per interagire nel mondo e dovevano quindi spostarsi fisicamente : Senofane non accetta questo , e afferma che la divinità sia immobile , ma ciononostante può muovere tutto (" Ma senza fatica con la forza del pensiero tutto scuote") . Senofane dice poi , in riferimento alla divinità , : " Tutto intero vede , tutto intero pensa , tutto intero ode " : dato che non si può , come detto , rappresentare la divinità attribuendole caratteristiche della realtà , un buon modo di rappresentaerla per Senofane è questo : mentre in noi il vedere , il sentire etc. si realizzano un pò alla volta , in sequenza , nella divinità si realizzano tutte contemporaneamente . Così come per Alcmeone , anche per Senofane c'è distinzione tra il sapere certo degli dei e l'opinare congetturando degli uomini (" Il certo nessuno mai lo ha colto nè alcuno ci sarà che lo colga e relativamente agli dei e relativamente a tutte le cose di cui parlo . Infatti , se anche uno si trovasse per caso a dire , come meglio non si può , una cosa reale , tuttavia non la conoscerebbe . Perchè a tutti è dato solo l'opinare . ").

Comunque il fatto che gli uomini possano solo opinare non ha solo connotazioni negative : significa che l'uomo applicandosi e usando bene la sua mente può conoscere . Senofane è del parere (un pò come lo siamo noi ) che l'uomo parta dal basso per raggiungere col tempo l'alto tramite i suoi sforzi : a proposito egli dice : " Non è che da principio gli dei abbiano rivelato tutte le cose ai mortali , ma col tempo essi cercando ritrovano il meglio "). Senofane oltre a rifondare il concetto di divino , lo depura dalle manifestazioni naturali : l'arcobaleno , per esempio , era visto come fenomeno divino (esso si identificava con la dea Iride ; per Senofane è solo un fenomeno naturale che non ha nulla a che fare con il divino : " Quella che chiamano Iride è anch'essa una nuvola che presenta alla vista delle colorazioni purpuree scarlatte e verdastre " .

PARMENIDE

Parmenide fondò ad Elea , nell'attuale Campania , una vera e propria scuola filosofica e diede inizio alla corrente di pensiero eleatica che vede in Zenone e Melisso due discepoli e sostenitori .
Parmenide fu attivo ad Elea verso il 500 a.c. , nacque da famiglia aristocratica e avrebbe contribuito alla legislazione della città . Permangono dubbi a proposito del suo possibile soggiorno ad Atene insieme al discepolo Zenone , dove avrebbe incontrato Socrate .

Il tema della ricerca è molto sentito da Parmenide , ma è la divinità stessa ad indicare la via che occorre percorrere . Spesso la corrente di pensiero fondata da Parmenide viene denominata "monismo eleatico" per il fatto che essi , se vogliamo riallacciandosi ai Milesi e distaccandosi dai Pitagorici , sostenevano che tutto fosse riconducibile ad un unico principio . In realtà la tradizione antica vuole che il fondatore della scuola di Elea fosse SENOFANE, partendo da due presupposti ; in primo luogo Senofane aveva girato mezzo mondo ed era pure passato ad Elea . In secondo luogo , il tema centrale degli eleatici era l'unitarietà dell'essere , tema già presente in Senofane . Però al giorno d'oggi sappiamo che questo è davvero improbabile : è vero che Senofane predicava l'unitarietà , l'immutabilità , l'eternità e tutte le altre cose che predicavano gli eleatici, ma egli le riferiva interamente alla divinità , mentre gli eleatici le riferivano all'essere . Senofane era un teologo , Parmenide un ontologo : il concetto dell'essere è molto più astratto di quello della divinità .

Gli eleatici sostengono l'immobilità della causa e così essa viene a mancare in quanto la sua funzione è quella di spiegare a che cosa è dovuto il cambiamento , che per loro non esiste : l'essere è immutabile . La parola essere (in greco
"tò on" , ciò che è ) è proprio a partire da Parmenide che entra nell'uso filosofico . Egli fece un ragionamento che comportò un enorme passo avanti verso l'astrazione : notò infatti che tutti gli enti sono tra loro diversi , ma che hanno in comune il fatto di essere , di esistere .
Abbiamo detto che egli fu un ontologo : ma cosa significa ? L'ontologo è colui che studia " l'essere in quanto essere " (come dice Aristotele) , vale a dire le caratteristiche di tutto quel che esiste . Aristotele ci parla di Parmenide e dice che studiava l'essere secondo definizione : si tratta quindi di indagare secondo definizione : la differenza tra Parmenide e gli altri pensatori sta proprio nel fatto che egli non iniziava la sua indagine partendo da constatazioni empiriche per arrivare alle conclusioni ; lui partiva dalla definizione di cosa è l'essere e tramite una serie di deduzioni arrivava alle conseguenze , spesso in netta contrapposizione con le testimonianze dei sensi .

Parmenide non accenna mai alla realtà empirica . Arriva ad esplicitare due tautologie : a) l'essere è b) l'essere non è . Parmenide scrisse un poema in esametri (proprio come Senofane ed Empedocle), intitolato
"Sulla natura" (Peri fusew) , di cui ci rimangono frammenti . Mentre Senofane si serviva dell'esametro per avere maggior successo sugli ascoltatori e perchè la sua opera si divulgasse il più possibile , Parmenide scriveva in esametri perchè descriveva argomenti divini e quindi il verso epico era il miglior verso per parlare di tali argomenti .
L'opera era strutturata in un proemio e due parti successive : proprio alla fine del proemio la divinità spiega che ci sono 3 vie da seguire : 1) L'essere è 2) L'essere non è 3) Si mescolano insieme l'essere ed il non essere . La seconda via verrà dichiarata impraticabile e puramente teoretica : è infatti impossibile dire o pensare ciò che non è . La terza via è quella che imboccano i comuni mortali , che mescolano l'essere con il non essere : per esempio i mortali parlano di nascere e morire , il che implica una mescolanza di essere e di non essere : nascere vuol dire essere , ma anche non essere prima di essere e morire vuol dire non essere , ma anche essere prima di non essere .Il criterio per giudicare scorretto il linguaggio degli uomini non è la sua corrispondenza a quanto ci è testimoniato dai sensi : a questi infatti appaiono oggetti che nascono e che muoiono .

Ma il verdetto di Parmenide sul linguaggio e sulle opinioni degli uomini , collegate a quel tipo di linguaggio , non assume a criterio di giudizio le apparenze fornite dai sensi , bensì il contenuto logico delle parole usate dagli uomini . Essi infatti usano parole nelle quali si trova mescolato in modo contraddittorio ciò che è disgiunto radicalmente , ossia essere e non essere . Con i termini " è " ed " essere " Parmenide intende probabilmente una molteplicità di cose . Infatti dire che qualcosa è , può significare che esso è presente o che esso esiste o che è qualcosa o che è vero . Tutti questi significati sono presenti nell'essere di Parmenide . Solo ciò che è può essere propriamente pensato e detto : questo comporta un necessario legame tra ESSERE , PENSIERO e LINGUAGGIO . Partendo dalla disgiunzione assoluta tra " é " e "non è ", Parmenide procede quindi ad individuare quali sono le proprietà di ciò di cui si può propriamente pensare o dire che è . Egli introduce in tal modo una procedura che resterà essenziale per il ragionamento non solo filosofico , ma anche matematico . Si tratta della DEDUZIONE , vale a dire il ragionamento che partendo da proposizioni ammesse come premesse ricava delle conclusioni : si parte da definizioni e verità generali per passare in modo logico a nuove verità più particolareggiate . In particolare Parmenide mette in opera una particolare forma di deduzione consistente nella cosiddetta DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO , della quale Zenone farà la base per la sua filosofia . Essa assume come premesse il contrario di ciò che si vuole dimostrare e ne deduce una serie di conseguenze contraddittorie o errate . E poichè queste conseguenze sono errate , ne risulta che sono errate le premesse a partire dalle quali sono ricavate . Il risultato è che saranno vere le premesse contrarie a quelle errate . E' proprio con la dimostrazione per assurdo che Parmenide dimostra l'immutabilità , l'immobilità , l'indivisibilità e l'unicità dell'essere . Ammettiamo che l'essere muti : ne consegue che esso è ciò che non era prima o non è ciò che era prima . Ma in tal modo si attribuisce a una stessa cosa l'essere e il non essere , il che va contro quel carattere di disgiunzione assoluta tra " é " e " non è " , assunto come necessario all'inizio . Per evitare tale contraddizione , diventa allora necessario concludere esattamente l'opposto , ossia che l'essere non muta . Lo stesso vale per dimostrare l'unicità : se l'essere fosse molteplice occorrerebbe riconoscere che ciascuno di questi molteplici è se stesso e non è altri e pertanto nuovamente sarebbe e non sarebbe . L'essere è immobile : ammettiamo che si muova ; una cosa è mobile quando si muove da una cosa ad un'altra : l'essere quindi si dovrebbe muovere verso qualcosa di diverso da se stesso . Ma il diverso dall'essere è il non essere , che non esiste : quindi l'essere è immobile . Tra le proprietà dell'essere Parmenide introduce anche il carattere finito di esso : infatti se fosse infinito sarebbe incompiuto e quindi mancherebbe di qualcosa ; ma se manca di qualcosa vuol dire che non è ciò di cui manca . Anche la nozione di infinito quindi comporta una mescolanza contradditoria di essere e non essere . Per questo Parmenide paragona "ciò che è" (to on) ad una sfera compatta , la quale esprime nel miglior modo possibile il carattere di compiutezza e totalità che caratterizza l'essere . La prima parte dell'opera si chiamava "ALETHEIA" (alhqhia "verità" , dal verbo "lanqanw" : la verità è ciò che non si nasconde) e rappresenta la prima via e la verità di primo livello . L' altra parte dell'opera si chiamava "DOXA" (doxa "opinione") e rappresentava la seconda via e la verità di secondo livello . Nell' Aletheia Parmenide fa considerazioni sull'essere mentre nella Doxa presenta una sorta di mezza verità , dove cerca di rendere compatibile la testimonianza dei sensi con la verità vera e propria : è come se cercasse un'interpretazione del mondo fisico compatibile con i sensi , con il modo in cui lo vediamo , e non in contrasto con l'Aletheia . Del proemio del "Peri fusewV" possediamo molto , della Doxa invece abbiamo solo pochi frammenti e questo testimonia che era ritenuta contraddittoria perchè dà l'impressione che Parmenide voglia distaccarsi da quanto aveva affermato più volte in precedenza : ciò che capiamo con la ragione va seguito anche se è in contrasto con ciò che ci dicono i sensi . Va riscontrato che Aristotele mentre ci parla di Parmenide nella "Metafisica" prende un'enorme cantonata : dice infatti che secondo Parmenide il caldo si identifica con l'essere ed il freddo con il non essere . Ma passiamo ora ad esaminare il proemio dell'opera di Parmenide : egli racconta di aver compiuto un viaggio verso la verità , voluto dal Cielo . La metafora del viaggio resterà rimarrà una costante nella riflessione antica : dal termine "hodòs" (odoV via , strada) si verrà formando già in Platone il termine " methodos " (meta ton odon , ciò che sta oltre al viaggio : il percorso che conduce alla verità ) , ma il concetto di hodòs risulta centrale anche per tutta la prima parte del poema . L'iniziativa del viaggio tuttavia e soprattutto la direzione che esso assume non dipende da Parmenide , sebbene egli ne sia protagonista , bensì dalle dee che lo guidano , così come varcata la porta che separa i due domini delle tenebre e della luce , sarà la dea a comunicargli quale via di ricerca egli dovrà , in futuro , percorrere . Il racconto di Parmenide riguarda dunque non una rivelazione già tutta compiuta ; questa infatti fornisce solo i caratteri generali della via lungo la quale occorrerà proseguire la ricerca e soprattutto formula i divieti relativi alle vie che non bisogna percorrere , cioè quelle comunemente battute dagli uomini in preda alle opinioni . Parmenide non dice mai chi siano esattamente le dee che lo guidano , ma sono collegate con il culto del Sole e quindi con Apollo . Il percorso che deve affrontare Parmenide conduce dalle tenebre (l'ignoranza) alla luce (la conoscenza) ; ad un certo punto , mentre il carro su cui è Parmenide sta procedendo velocemente , le dee si tolgono i veli : questo gesto simbolico rappresenta la rivelazione . La metafora tra l'altro spiega che ciò che viene disvelato e ciò che disvela sono lo stesso : si tratta sempre delle dee ; è come se l'essere stesso rivelasse la via da percorrere . Parmenide e le dee giungono alla porta che separa il giorno dalla notte : descrivendo questo portale Parmenide non fa nient'altro che descrivere l'assetto urbanistico della sua città , Elea , dove esisteva sul serio una porta : essa divideva la parte alta e aristocratica della città (l'acropoli) da quella bassa e popolare . Per aprire la porta è necessario l'intervento della Giustizia (Dikh): le dee stesse la convincono con discorsi suasori ad aprirla . L'oggetto della rivelazione è quindi l'essere , ma attenzione : non è che sia la divinità a darcelo : l'essere , la divinità , il principio ... sono la stessa cosa : è un'autorivelazione dell'essere e va intesa come spiegazione di quali siano le vie da seguire ; la ricerca è l'uomo stesso a farla . Ma non è un percorso che possono fare tutti gli uomini : quello di Parmenide è un percorso solo suo , che nessun altro uomo può fare . La verità stessa impone determinate vie da seguire . Le dee dicono a Parmenide di imparare a conoscere due cose : A) il cuore non scosso ed immobile della Verità , la quale è ben rotonda (come una sfera compatta) B) le opinioni instabili e campate per aria dei mortali : la conoscenza infatti si perfeziona quando oltre a conoscere le cose perfette si conoscono le imperfezioni . Le dee dicono che non si deve fondare il sapere sull'esperienza perchè essa è dettata dai sensi nè sulla lingua , che attribuisce i nomi alle cose , ma si deve ponderare con la ragione . La rivelazione divina non implica che l'uomo non debba cercare di conoscere con il raziocinio . Vengono a Parmenide presentate le vie PENSABILI : il termine greco per pensabili è "nohsai" che può voler dire sia " pensabili " sia " per pensare " : entrambe le traduzioni sono quindi accettabili . Una via dice che l'essere è e non può non essere , l'altra che l'essere non è e che può non essere . La prima via è quindi effettivamente percorribile ed è caratterizzata dalla verità e dalla persuasione : la Verità è infatti in grado di persuadere . L'altra strada è contraddittoria ed impercorribile . Il testo in questione presenta diverse difficoltà di interpretazione , la più valida delle quali è che solo l'essere è pensabile e dicibile , mentre il non essere è impensabile ed indicibile : la prima via risulta quindi percorribile in quanto pensabile , l'altra no : è qui che emerge maggiormente l'identità parmenidea tra essere e pensare . Ma tutto questo si presta a più interpretazioni : per esempio potrebbe voler dire che se l'unica cosa che è è l'essere , allora il pensiero , dato che è , fa parte dell'essere come tutti gli altri enti . Ma potrebbe anche voler dire che tutto ciò che diciamo e pensiamo è : anche se pensiamo ad un qualcosa che materialmente non esiste ed è solo frutto della nostra immaginazione in qualche misura esiste : anche un drago per il fatto che viene pensato in qualche misura esiste . Man mano che prosegue il viaggio , salta fuori che in realtà le vie non sono 2 , ma 3 : la terza è quella che seguono quasi tutti i mortali , dove si mescolano l'essere ed il non essere : Parmenide li chiama " uomini dalla doppia testa " perchè affermano simultaneamente che l'essere è e non è : si tratta di gente stolta ed indecisa , dice Parmenide . Egli muove poi un'aspra critica ad Eraclito ed alla sua concezione del divenire , piena di mescolanza di essere e non essere (ricordiamoci che Parmenide negava che l'essere potesse muoversi e mutare), e a quella di molteplicità . Parmenide dice che questa terza via va assolutamente purificata e resa scevra di errori , affinchè risulti almeno parzialmente compatibile con la Verità della prima via . La seconda invece va assolutamente scartata . Parmenide dà poi una raffinata ed elegante definizione di eternità : l'essere non era nè sarà , perchè è ora tutt'insieme : una cosa è davvero eterna quando è fuori dal tempo . Ma Parmenide non si limita ad affermare , ma dimostra anche : l'essere infatti non può nè nascere nè morire (come dicono i comuni mortali) . Ipotizziamo che l'essere nasca : da sè non può nascere e quindi deve nascere da qualcosa che non sia lui stesso : deve essere quindi un qualcosa che non sia essere : ma ciò che non è essere è non essere : ma il non essere non è , di conseguenza l'essere non nasce nè muore . Parmenide dice poi per dissipare definitivamente ogni dubbio sul fatto che l'essere nè nasca nè muoia : che motivo avrebbe mai avuto per nascere ad un certo momento ? Tuttavia anche un astratto come Parmenide ha avuto bisogno di ricorrere all'incarnazione dell'astratto (l'essere) in qualcosa di concreto (la sfera tonda e compatta) : però va detto che quello della sfera potrebbe essere un semplice paragone e non un'effettiva incarnazione . Dunque Parmenide prova a correggere gli errori dei mortali : il loro primo errore consiste nell'individuazione di due principi della realtà tra loro antitetici : la luce e le tenebre . Il loro è una sorta di pitagorismo esposto in termini fisici . La luce è un principio più attivo , corrispondente al fuoco , le tenebre sono più passive e corrispondono alla terra . Ma accanto a questo errore Parmenide ne individua un altro più grossolano : hanno contrapposto tra loro questi due principi . Ammettiamo di poter interpretare la realtà in termini di luce e tenebre , evitando però di contrapporle e considerarle l'una l'essere e l'altra il non essere . In fondo quello degli esseri mortali comuni non è un errore poi così grave : è vero che hanno mescolato l'essere con il non essere , però se andiamo a vedere nè con la luce nè con le tenebre c'è il nulla , il non essere . I mortali sono stati " bravi " a non incappare nella seconda via . Sempre a proposito dell'opera di Parmenide possiamo concludere dicendo che mentre nell' Aletheia troviamo un Parmenide brillante e convinto di ciò che sta dicendo , nella Doxa egli appare più restio e meno convinto . E' come se Parmenide , dopo aver sostenuto che bisogna fidarsi solo di ciò che ci dice la ragione , avesse avuto paura di quanto detto perchè portava troppo fuori dalle testimonianze dei sensi e volesse come se scusarsi nella Doxa . Va poi detto che nessuno leggendo il testo di Parmenide si fa convincere a riguardo di quanto egli dice : seguendo il ragionamento logico ci si accorge che Parmenide ha ragione , ma le conclusioni paradossali impediscono al lettore di credere a quanto egli dice . Platone dirà di aver commesso il "parricidio di Parmenide" : si accorgerà infatti che Parmenide aveva commesso un errore a riguardo dei significati dell'essere : Aristotele individua tre modi di intendere l'essere : 1) univoco (l'essere ha un solo significato) 2) biunivoco (l'essere ha equivocità , può essere inteso in più modi) 3)analogico (il verbo essere ha diversi significati ma tutti connessi tra loro) . Aristotele lo intendeva in modo analogico , Parmenide in modo univoco : per lui essere significa solo esistere . Dunque Platone farà notare che dire ad esempio " questo libro non è " non vuol dire predicare il non essere : infatti si può dire " questo libro non è una penna " : è l'essere diversamente , dove l'essere assume il valore di copula .

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