GRECIA - ORIGINE DEI GIOCHI OLIMPICI

OLIMPIADI

 

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(dai testi originali antichi)

Di tutti i rami della greca politica, quello che riguardava l'educazione della gioventù era il più ammirabile e tenuta in grande  considerazione da parte del Governo, e a tale oggetto erano istituiti pubblici luoghi dove si svolgevano esercizi per formare il corpo e perfezionare la mente.
I giochi  e le sfide, cosi tanto in uso fra i greci, venivano principalmente incoraggiati per la ragione che mirabilmente si adattavano a rendere le membra dei giovani vigorose e robuste, e a farli atti a sostenere le fatiche non solo della guerra con l'armi, ma anche le fatiche e le battaglie della vita, e per ragione ancora che formavano una parte del loro spirito al culto religioso.

Famosi eroi dell'antichità, come Ercole, Teseo, Castore e Polluce, furono gli originari inventori di questi Giochi; e i più grandi poeti aspirarono alla gloria, celebrando le lodi di coloro che vincevano ed erano in quelli eccellenti. In seguito sorsero pubblici istruttori di questi esercizi, i quali da se stessi formarono una separata professione, come istruttori, e sovente facevano ambiziosa mostra di questa loro arte, disputando l'uno contro l'altro delle sfide a beneficio di spettatori, che eran prima i loro sporadici allievi e poi si aggiunsero molti altri . Divenne una moda frequentare le palestre.

Le principali e solenni manifestazioni di giochi erano quattro: L'Olimpica, la Pitia, la Nemea e l' Istmica .

I GIOCHI OLIMPICI erano i più famosi di tutti. Il loro primo istitutore sembra essere stato   PELOPE, il  giovane che il padre mise a morte facendolo strozzare, poi lo imbandì per un sacrificio agli Dei. Si disse che Giove mosso a pena, mentre lo sacrificavano al banchetto gli ridonò la vita. (Forse chi lo strozzò non aveva stretto molto, caduto in morta apparente rinvenne sgomentando chi lo doveva sacrificare)
Pelope volle celebrare questo ritorno con la sua gente con una grande festa allestendo una competizione proprio di lotta simulata, il kratos; poi si aggiunse il pugilato, infine altre gare come la corsa.
Pelope poi diventò re di questo territorio che prese poi il suo nome: il PELOP-ONNESO, dando vita alla sua stirpe con i figli ATREO (Atridi)  e TIESTE. Re di Argo e di Micene il primo, sposò  EUROPA.   Costei insidiata  da Tieste che aveva già moglie e prole, il fratello Atreo per vendicarsi gli imbandì un banchetto con la  carne dei suoi figli.  Atreo   quando poi morì lasciò ai due figli il regno diviso in due:   Micene ad AGAMENNONE,   Sparta a MENELAO. 
Dunque eran già in uso i Giochi ai tempi di Pelope  già mille anni prima (1700 a.C. Ndr.). Con molta probabilità possiamo considerarlo  generalmente l'istitutore dei Giochi secondo la tradizione. Ma nessun particolare tempo era da principio destinato per la loro celebrazione, erano occasionali, e verso l'800 a.C. quasi se ne era perso il ricordo.

Solo nell'anno 784 a.C., Re IFITO quando conquistò l'Elide, avuto notizia di questa usanza quasi dimenticata la riportò alla luce (De Coubertin, li ripropose anche lui dopo 1172 anni. - Ndr.). Questi giochi erano anticamente consacrati a Giove (Zeus) e si svolgevano nelle vicinanze di Olimpia, città nel distretto di Pisa,  che proprio Ifito aveva alcuni anni addietro conquistato come territorio. Volendo celebrare una grande e indimenticabile festa,  gli abitanti vinti gli proposero il ritorno a questa singolare antichissima manifestazione che solo oralmente veniva ricordata.

Si celebrarono così i "Giochi dell'Olimpico Giove". Poi chiamata OLIMPIADE. Il successo non mancò. Tutta la gioventù  non  parlò d'altro per mesi e mesi, prima e dopo le gare. Contagiò un po' tutti. Lo abbiamo accennato nelle pagine precedenti. Molti proposero di ripeterle ogni anno.
L'impegno per organizzarla forse fu grande, le spese pure,  qualcuno si affrettò a dire che erano "spese pazze", e fu deciso, forse proprio per quest'ultimo motivo, di ripetere i Giochi ogni quattro anni
(De Coubertin, riprendendo i Giochi, anche lui dopo la prima edizione, si accorse che gli organizzatori  avevano speso ingenti somme, sproporzionate ai risultati conseguiti e che era nato il lucro alle spalle degli atleti. I pericoli li aveva già intuiti e affermò con amarezza "Ci si serve delle Olimpiadi per scopi personali, elettorali, o altro genere". - Ndr.)

OGNI QUATTRO ANNI. Questo il periodo e lo spazio tempo posto fra l'una e l'altra celebrazione. Vari antichi autori iniziarono così a stabilire tutto la loro cronologia della storia sulle Olimpiadi (fu lo storico   TIMEO ad adottare questo elemento di computo cronologico cominciando da quella che ebbe luogo 776 a.C. Del resto non era in uso un calendario. Anzi, per alcuni secoli,  per ricordare gli anni si iniziò a citare il nome del vincitore della corsa dei carri, la gara più famosa e ambita di ogni stato partecipante.

Lo spirito iniziale di questa manifestazione - prima d'ogni cosa una competizione sportiva solenne - fu senza dubbio istituita fra i greci anche per raccogliere insieme i principali uomini dei differenti stati della Grecia, onde potessero avere l'opportunità di deliberare affari di pubblico interesse, quanto per ispirare alla gioventù l'amore della gloria.
I Greci dopo le prime edizioni, profusero sempre in seguito e sempre di più i loro sforzi per sostenere la magnificenza di questi giochi, i quali furono regolarmenti celebrati finchè il popolo mantenne la sua libertà.
Le guerre locali non mancavano, ma lo spirito olimpico le faceva interrompere; con i Giochi la martoriata Grecia ridiventava un  popolo unito nello spirito della fratellanza umana. Era una delle rare occasioni in cui uomini di Paesi, perfino di gruppi etnici diversi, condizioni politiche, sociali e culturali diversissime, si ritrovavano a gareggiare insieme, da pari a pari, nel segno del più puro agonismo.
(Quelle "Moderne" di De Coubertin non ebbero questa  fortuna. Erano passati 1172 anni dall'ultima, si pensava che con un salto di civiltà così grande, nessun governo  - con una flagrante violazione delle spirito olimpico - avrebbe sospeso le Olimpiade. Ed invece accadde. Le Olimpiade non fecero sospendere la guerra, ma la guerra fece sospendere le Olimpiadi.
I 1172 anni che erano trascorsi- tanto criticati dai "nuovi saggi",   come "secoli bui", come anni d'oscurantismo e d'inciviltà - insomma erano passati per nulla". Ritornarono alle solite gare: a quelle di scannarsi).

  Il gran concorso di spettatori che ad ogni edizione si affollavano a Olimpia,  riempiva i combattenti del più alto spirito di emulazione; e l'uscire vittoriosi era  questa la gloria più grande e stimata.
Secondo Orazio, la vittoria innalzava colui che vinceva al grado degli Dei. L'anno veniva distinto con il nome del vincitore nella corsa dei carri,  il più degno d'onore, e le sue lodi erano cantate da più famosi poeti.
Il premio era una corona di lauro.

La corsa era considerata come il principale esercizio dei giochi olimpici, ai quali perciò si dava sempre inizio con le corse a piedi. L'Arena era chiamata STADIO dalla misura di tal nome contenente circa seicento piedi, ed era anticamente l'intero spazio destinato per l'esecuzione di tutti gli esercizi. Ma col progredire del tempo, non solamente il particolare spazio in cui si contendevano i disputanti, ma similmente anche quello occupato dagli spettatori fu chiamato con quella denominazione, benchè oltrepassasse forse l'estensione.
In mezzo allo stadio erano esposti i differenti premi destinati ai vincitori. Ad un'estremità dell'arrivo c'era la barriera e il luogo delle mosse, formato da una corda tirata, fuori della quale si affilavano gli uomini che correvano, come pure i cavalli. Il tirare di questa corda era il segnale della mossa. Dall'altra estremità dello steccato era posto un termine per quelli che avevano corso.

Quelli che correvano era schierati in una dritta linea e al momento del segnale precipitavano fuori dalle mosse con una rapidità sorprendente. Nella corsa più breve quello che arrivava il primo era dichiarato vincitore; ma c'erano corse più lunghe nel quale guadagnata la meta, tornavano alla barriera (Staffetta). Corse ancora più lunghe eran quelle dove erano obbligati a ripetere quattro volte, otto volte e anche dodici volte il percorso. Quest'ultima appassionava tanto perchè durava molto tempo, e fino alla fine il vincitore era incerto; quando uno superava l'altro la gente a guardare incitava il proprio beniamino vociando.

Le corse dei cavalli con sopra l'uomo, benchè tenuto in un considerevole grado di stima, e di grande spettacolo, non erano così comuni; ed  infatti, in quegli antichi tempi quando l'uso delle staffe era ignoto, doveva esser  richiesta gran destrezza per mantenersi sopra il cavallo senza ruzzolare a terra.

Le corse dei carri erano le più famose di tutte; non solamente perchè antichi Principi ed Eroi generalmente combattevano dai carri; ma anche perchè quelli che disputavano il premio in quell'esercizio ai giochi Olimpici, erano persone della più nobile nascita, o distinte per la grandezza  delle loro gesta. Due Re di Siracusa, Gelone e Jerone, e Filippo Macedone, contavano fra i loro più alti onori l'aver ottenuto la palma della vittoria in questa disputa. Questi cocchi erano tirati da due o quattro cavalli posti di fronte. Quindi la parola, bi-ga, ha un cocchio da due cavalli e quadri-ga, ha un cocchio da quattro. Tutti i cocchi uscivano dal luogo delle mosse, chiamato Carceres, solo quando era dato il segnale. 


Il luogo di ciascuno dove correre, se a destra o  a manca, si determinava a sorte; poichè alcuni luoghi erano molti più vantaggiosi di altri; quelli ad esempio posti a manca restavano più vicini alla meta intorno alla quale dovevano girare, mentre quelli   a destra   avevano  più largo il circuito da percorrere;  i posti occupati da ciascuno avanti la partenza venivano necessariamente alterati nel tratto del corso, poichè i più rapidi cavalli e gli aurighi più esperti  s'impossesavano subito alla partenza del lato più vantaggioso, quello interno, che è ovviamente più corto.
Di tutti gli Ateniesi fu ALCIBIADE il più ambizioso per distingursi in questi Giochi. A tale oggetto egli teneva un gran numero di cavalli;  mandò in una sola volta perfino 7 cavalli per guadagnare così almeno un premio. Un giorno in cui egli guadagnò i tre primi premi dette un gran banchetto dove invitò  non solo gli atleti ma anche tutti gli spettatori.  Queste vittorie di Alcibiade furono persino rese immortali da una famosa Ode composta dal celebre EURIPIDE.

Non era necessario a colui che disputava nel corso dei carri, condurre il suo carro in persona.  Bastava che egli vi fosse presente, ovvero che vi mandasse i suoi cavalli. Filippo era a Potidea quando ricevette la notizia che i cavalli  avevano vinto, pur non guadagnando il premio perchè non presente.

Anche nella corsa dei carri ai Giochi Olimpici, come abbiamo già osservato prima, alle donne all'inizio non si permetteva di contrastare in nessuna disputa gli uomini per guadagnarsi il premio. Forse più tardi il rigore cadde. Infatti, siamo informati dalla storia, che Cinisca, sorella di Agesilao re di Sparta, fu la prima donna che diede il primo esempio nel parteciparvi e anche con successo; ella guadagnò la vittoria nel corso dei carri tirati da quattro cavalli.

Il vincitore, dopo essere stato adornato con una corona d'ulivo, riceveva una palma, ed era condotto per lo stadio da un Araldo, il quale lo proclamava vincitore a suono di tromba. Gli spettatori lo accompagnavano con alte acclamazioni.

Per quelli d'altri Paesi, il campione nel ritornare in patria, i suoi concittadini facevano per il suo ingresso  una  breccia nel muro, aperta per questo speciale evento. Il campione vi arrivava sopra un carro tirato da quattro cavalli e tutti i suoi concittadini uscivano fuori ad incontrarlo per fargli festa. La vittoria nel corso dei carri era, come già osservammo, stimata fra tutte la più onorevole; e gli storici distinguevano ciascuna Olimpiade col nome di quello che aveva riportato in quella disputa il primo premio. Poi in seguito anche il nome dei quattro anni li si chiamava con i vincitori delle altre gare.

Le sfide degli atleti, o gli esercizi ginnastici formavano la rimanente parte del divertimento ai Giochi. Gli atleti si preparavano a questa pubblica mostra della forza e destrezza, con una regolare educazione non solo delle membra, addestrandosi nelle varie discipline; ma per osservare anche una educazione dello spirito. Infatti, dobbiamo far notare al lettore che nessun Greco che aveva  qualità morali compromesse, o commesso cose gravi nel suo paese, poteva partecipare ai Giochi. Severissima la scelta nelle città degli atleti, per non rovinare la fama del proprio luogo dov'egli abitava.

Per la cura del corpo essi dovevano prima della loro comparsa ai pubblici giochi spendere dieci mesi nei ginnasi dove sotto la direzione di particolari maestri destinati a tale oggetto, osservavano la più rigida temperanza per indurire i loro corpi e adattarli agli esercizi richiesti. Gli atleti prima di combattere si sfregavano ed ungevano accuratamente, perchè le membra e le giunture  si rendessero in tal modo più forti e pieghevoli; e combattevano in ogni gara del tutto nudi per dar meno presa ai loro avversari. Fu per questo proibito come spettacolo alle donne. Clamoroso fu un caso di una madre che volendo assistere alle gare del figlio si travestì da uomo; ma nell'entusiasmo fu poi scoperta e tolsero la vittoria al figlio.

LE DISCIPLINE

Coloro che presiedevano a questi giochi, per fare osservare le corrette regole d'ogni disciplina, si chiamavano Agnoteti. I diversi esercizi nei quali si contrastavano gli atleti erano: la LOTTA, il PUGILATO, il PANCRAZIO, il tirare il DISCO e il SALTO. Una particolare menzione e grosso premio di grande prestigio era per quell' atleta che partecipava a tutti i cinque esercizi e  otteneva buoni risultati. Proprio perchè cinque fu detto del PENTATHLON.
Il vincitore era l'atleta che si ammirava moltissimo, sia per la sua grande bravura in tutto, ma anche perchè ognuna delle sue membra godeva una infinita ammirazione. Erano quelli che con grande abilità i migliori scultori prendevano come modelli di forza e anche di bellezza.

LA LOTTA é un esercizio dovunque così ben conosciuto, che é superfluo lo spendere molte parole nel descriverlo. Ciascuna parte contendente adoperava la sua più gran forza, agilità e destrezza, per atterrare l'avversario. Ma se  colui che cadeva traeva seco il suo oppositore, la disputa non era finita, perchè essi seguitavano a dibattersi, e quegli che al fine otteneva il disopra ed obbligava l'altro immobile nella stretta a dimandar la resa, era dichiarato vincitore.
Milone di Crotone e Polidamente, furono i più rinomati lottatori dell'antichità.

IL PUGILATO é anche questo un esercizio molto conosciuto in simil guisa. In questo i disputanti combattevano con pugno armati di cesti, una sorta di guanto di striscie di cuoio foderato di lastra di ferro, per rendere i colpi più violenti. Per preservare dalla contusione le loro teste, usavano una sorte di larga berretta imbottita. Qualche volta dopo aver lungo tempo conteso rimanevano così esausti dal sudore e dalla fatica, che erano obbligati a sospendere l'incontro per un poco di tempo per poter prendere lena e rinfrescarsi. Queste mischie alle volte li sfiguravano orribilmente, lasciando tutte le membra coperte di dolorose contusioni,  con gli ossi delle guance rotti, alle volte anche con un occhio fuori, e talvolta cadevano morti sul campo con un solo pugno alla parte del mento o a destra e a manca del viso.

IL PANCRAZIO si chiama cosi dal nome  che porta,  la kratos é l'intera forza del corpo. Esso era un'unione della lotta e del pugilato; poichè i combattenti adoperavano tutti i mezzi della forza per superarsi, stringer la gola, far sgambetto e simili  praticati dall'uno, e usati dall'altro. Avevano persino libertà di percuotere con i piedi e fare uso delle unghie e dei denti.

Tali combattimenti a noi giustamente sembrano barbari e orribili, quasi come quelli dei romani gladiatori, con gli spettatori  certamente  privi di umanità. Prendevano piacere nel mirare uomini a sforzarsi in questa maniera per  sfigurarsi e persino trucidarsi l'un l'altro.

IL DISCO era un esercizio, in cui i disputanti impiegavano tutta la loro forza nello scagliare un pezzo di pietra o di piombo di forma rotonda, ordinariamente di un tal peso che potevasi con difficoltà sostenere con ambe le mani. Questo, come molti degli altri esercizi, era diretto a dar forza al corpo delle braccia e delle gambe.
La loro positura quando lanciavano il disco più piccolo era così: essi avanzavano una delle gambe ad una conveniente distanza dall'altra, curvavano il loro corpo e tenendo il disco con un braccio, appoggiavano tutto il proprio peso sopra la gamba più avanzata; allora dopo due o tre movimenti, sulla maniera  di bilanciare tutto il corpo lanciavano il disco. Colui che lo gettava più lontano guadagnava il premio. Ma oltre a questo avevano altri vari metodi di tirare il disco, facendo generalmente uso di ambe le braccia nello stesso tempo.

IL SALTO e il GIAVELLOTTO erano due esercizi nei quali i disputanti si sforzavano di saltare, e di tirare il giavellotto più a lungo possibile; restava vincitore colui che saltava o tirava più a lungo degli altri.

Oltre gli esercizi sopra descritti ai Giochi Olimpici i poeti e i più bei geni di questi tempi avevano per costume di contribuire anche essi al pubblico divertimento, con il recitare innanzi a quella vasta assemblea alcuni delle loro migliori composizioni.
A una Olimpiade Erodoto pubblicamente lesse la sua "Istoria"; la quale fu così altamente approvata e applaudita che ciascuno dei nove libri dei quali essa era composta fu onorato col nome di una delle 9 Muse.
In simil modo Lisia, il famoso oratore Ateniese, recitò un'orazione dove si congratulò con i Greci per aver questi umiliato il potere del tiranno Dionisio. Vari altri oratori vi andarono a leggere il loro migliore discorso. Pindaro e Simonide  trattarono l'argomento Olimpiade in tutte le loro opere

LA MARATONA - La storia: Questa disciplina fu aggiunta in seguito. Per ricordare ill 12 settembre del 490 a.C. quando nei pressi dell'antica cittadina greca di Maratona (circa 4 km dalla ricostruita Maratona moderna) oltre 100.000 persiani inviati da Dario in una spedizione punitiva contro Atene, vennero sconfitti da 9000 Atenesi e 1000 Plateesi di Milziade, il quale colse il nemico nel momento della sua maggior crisi, cioè durante l'imbarco per tornare in Persia. La notizia venne portata agli Atenesi da un campione olimpico di Dolichos (Fidippide) che percorse i 42 km che separano la zona del combattimento da Atene e giunto dinanzi ai suoi concittadini mormorò: "Rallegratevi abbiamo vinto". Poi si accasciò al suolo spirando per il grande sforzo fisico sostenuto. BREAL non poteva certo supporre che l' immagine mitica di Fidippide potesse rivivere alle olimpiadi di Atene (1896) e di Londra (1908).   

Fu infatti, poi uno studioso francese, Michel Breal, che chiese a P. De Coubertin di includere nei primi giochi dell' era moderna una prova che ricordasse la famosa corsa del "soldato di Maratona".

Il mito si ripete. Atene, 8 aprile 1896. Nel pomeriggio, alle 14, viene dato il via alla corsa di fondo che, da quell' anno, prenderà il nome di Maratona per la prima volta, almeno ufficialmente nella storia dello sport, degli uomini corrono per circa 40° km. Gli spettatori vedono dopo il 15 km, il francese LARMUSIAUX e l' americano BLACK staccare gli avversari. Al 23° km crollano sia BLACK e LARMUSIAUX e passa in testa l' australiano FLACH. I corridori greci stanno avanzando, appena prima dell' arrivo il greco LOUIS  passa in prima posizione e quando arriva nello stadio, sfinito, i due principi (di Atene) lo aiutano a tagliare il traguardo. Il giorno seguente LOUIS viene decretato vincitore.

(solo nel 1967 ci fu una donna ( una atleta di fondo, una certa Kathrine Switzer) che partecipò alla Maratona delle Olimpiadi di Boston. Si era vestita da uomo ma fu scoperta e quindi squalificata. Portava il numero 261 che in seguito diventò una icona per tutte le donne atlete. («261 senza paura» a sostegno della parità per la donne). Nel 1974 la Switzer vinse la maratona di New York.).

La maratona di Londra  del  giorno 24 luglio 1908 si corse sulla distanza che divide il castello reale dallo stadio olimpico. Allo stadio attendono 90.000 spettatori e 100.000 ve ne sono lungo il percorso. I concorrenti che partecipano alla maratona sono 30. Ci sono alcuni concorrenti che si giocano la vittoria: JACK, PRINCE, LORD e l'africano HEFFERRON. Ma verso la fine spunta un ometto calvo con il numero 19, era un pasticcere italiano di nome DORANDO PIETRI che non vinse la maratona perchè cadde prima del traguardo ma fu aiutato a rialzarsi e arrivò primo.

 

I vincitori di questi antichi giochi avevano il diritto di precedenza a tutti i pubblici spettacoli. Oltre questa generale concessione essi erano particolarmente onorati a Sparta con i privilegi di esser mantenuti a pubbliche spese,  o di combattere  come  custode e vicino alla persona del re.

GLI ALTRI  GIOCHI

I GIOCHI PITII si celebravano a Delfo ogni quattro anni in onore di Apollo; e particolarmente in memoria della sua vittoria sovra il serpente Pitone. I vincitori di quelli venivano coronati di lauro.

I GIOCHI NEMEI si celebravano ogni due anni a Nemea, città del Peloponneso, in onore di Ercole il quale aveva ucciso il leone che infestava la foresta Nemea. Il vincitore in questi era incoronato di prezzemolo.

I GIOCHI ISTMICI si celebravano ogni quattro anni nell'Istmo di Corinto in onore di Nettuno.
Essi furono istituiti da Teseo. Il vincitore di questi aveva una corona di foglie di pini.

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