LE CONQUISTE ARABE DAL 622 AL 945
(da Maometto agli Abbasidi)

POI UNA RIFLESSIONE
LO SPIRITO ARABO - LE RAGIONI DI UN SUCCESSO

RIFLESSIONE

LA NAZIONE ARABA - Gli Arabi in questi anni pieni di successi amano parlare di se stessi come della "Nazione araba", complessivamente estesa dall'Atlantico al Golfo Persico. Effettivamente, la comunanza di lingue, religione, tradizioni sembra giustificare in questo periodo  l'idea che esista una "Nazione" araba al di sopra della divisione fra i vari Stati. Sarebbe pero' un errore credere che non manchino differenze, anche rilevanti, tra i vari Stati arabi formatisi dal frazionamento dell'impero a partire dal VII secolo.

La religione per esempio: saranno numerose le sette di religione musulmana che divideranno la popolazione del grande territorio islamico.
E così la lingua: l'arabo è la lingua corrente, ma essa (Da Gibilterra all'Iran) viene parlata in modo differente da Stato a Stato, mentre solo l' espressione scritta rimane unica. Si potrebbero poi aggiungere le numerose differenze di struttura economica e sociale e di orientamento politico che alle volte complicavano (e complicano ancora oggi, come allora) i rapporti tra i vari Stati (ricchi o estremamente poveri).

Infatti, l'attuale "Lega degli Stati Arabi" (gli straricchi) sorse all'indomani della fine della Guerra Mondiale con l'intento di ricreare la grande unità islamica e quindi una grande forza politica-religiosa (io direi semmai forza politica-economica) che agirebbe in Occidente come la "terza forza" fra i due grandi blocchi che dividono il mondo attuale. Una eredità (facciamo finta di ignorare il petrolio)  che come sempre, è nel passato, nella storia, e bisogna spesso andare a ricercare gli elementi essenziali per spiegare il presente.

Non dimentichiamo che la religione islamica nacque in una regione che in quel periodo era una delle più arretrate di tutta l'attuale Arabia Centrale. In un territorio remoto e desertico, ma che in pochi anni finì per affermare la sua validità come struttura legalitaria e universalistica non solo dove esistevano grosse differenze sociali e culturali, ma anche in zone altamente civilizzate, dove sorgeva prima l'impero e la civiltà Romana, e dove prima ancora della sua caduta era già sorta in quella che sarà per alcuni secoli l'impero e la civiltà Bizantina.
Anche se l'islamismo, cioè l'impero arabo, spinse il suo principale centro sempre più verso Oriente (fino ad assumere con la Persia una cultura orientaleggiante) c'è una profonda relazione fra il mondo del pensiero cristiano medievale e quello islamico; alle sue radici la sua sfera culturale poggiava sulla stessa base, sulla civiltà ellenistico-orientale di quel primo periodo cristiano.

Ed infatti tale civiltà ellenistica tramite gli arabi continuò a vivere nei paesi mediterranei conquistati nonostante la calata dei barbari, dei franchi, dei germani. Tutti questi, di civiltà non avevano nulla, i Longobardi ancora in questi anni di cui parliamo, non sapevano cos'era l'alfabeto, ne sapevano cos'era il denaro.

Più che una vera e propria conquista quella Araba fu una espansione, e anche se non ci fu politicamente uno sviluppo coerente e uniforme, non c'è dubbio che l'Islam creò una grande unità linguistica  molto estesa: la lingua araba. Come non c'è dubbio che Maometto nel costruire la base di questa unitaria struttura  inizialmente religiosa, seguita da quella politica di molti stati e staterelli, fu dovuto proprio nel momento in cui stabilì che il Corano doveva essere  letto e insegnato in lingua araba. (ma se questo era il solo segreto, perchè mai fallì quando la Chiesa quando impose anch'essa su tutti gli stati il latino a chi voleva insegnare le verità divine?)

Il credo religioso andò a formare  così nei popoli conquistati (spesso senza opporre tanta resistenza) un vincolo a questo grande organismo religioso-politico, spesso rinunciando questi Paesi alla loro autonomia e anche alla loro lingua. Questo successo si verificò nel periodo in cui la sua crescita fu poco ostacolata nei territori conquistati; ma non sarà più così (e qui ritroviamo similmente gli stati nazionali europei) quando questa espansione e questo nuovo organismo politico, paradossalmente verrà ostacolato nella sua crescita dentro il medesimo organismo politico-religioso, con il ritorno alle autonomie di alcuni stati. Come in Iran, con il movimento religioso sciita, che come idioma ritornò all'uso del persiano, anche se riservò l'uso della lingua araba alla recitazione del Corano.

(Non dimentichiamo che qualcosa del genere accadde anche in Europa, nel momento in cui - dopo la caduta dell'Impero Romano, che stava latinizzando il centro e il nord Europa, sorsero nei paesi barbari le grandi nazione, prima i Franchi, poi i Germani, poi gli altri.
Nella stessa Italia, l'idioma comune un po' in tutte le province, poi divise in regioni, era il latino. Che in seguito, dopo le prime  invasioni barbariche, poi longobarde, messa da parte la lingua dotta che si insegnava da Milano fino a Taranto, nell'isolamento che i nuovi venuti causarono in alcune regioni, le popolazioni di queste si riappropriarono della propria parlata indigena, anche se riservò (ma è meglio dire fu imposta)  la lingua latina alle manifestazioni di quel grande e organizzato organismo religioso che era la Chiesa, unica struttura che non solo non si frantumò nelle dispute politiche interne (ducati ecc.) o esterne (esarcati bizantini) ma che anzi consolidò le sue posizioni, egemonizzando nella sua struttura interna, e ramificando all'esterno il suo linguaggio e la sua cultura. Fino a imporle entrambe. (con la seconda ridotta a ben poca cosa, e di parte)
Nei paesi germanici, ancora quasi mille anni dopo, non dobbiamo dimenticare la ribellione di Lutero che volle dire messa in tedesco e tradurre la bibbia nell'idioma germanico, pur ricevendo gli anatemi da Roma.

E se in Europa nel medioevo (come alcuni affermano) gli uomini furono guidati e ricavarono la loro forza (!?) dalla fede, ed ebbero piena validità le sue leggi, le massime di vita e di politica dettate e predicate in latino dal cristianesimo ("volontà di Dio rivelata a Cristo") sopravvisse agli idiomi indigeni che in breve tempo furono di nuovo usati nelle nazioni in formazione, così non dobbiamo meravigliarci se anche nei paesi musulmani di lingua diversa ancora oggi ritengono valido l'uso dell'arabo per seguire la "volontà di Allah rivelata al Profeta".

Entrambe le due fedi ribadiscono che per risolvere i tanti problemi che affliggono il mondo devono professare la fede nel Dio unico e onnipotente. Non attenersi a questi principi della fede si è preda del demonio.
Entrambe le due fedi i propri seguaci dichiarano di essere i prediletti, e gli altri i condannati perché hanno scelto la religione sbagliata. Ma oggi impegnati a professarla sono circa un miliardo e mezzo di credenti sia in una parte che nell'altra.
E se da una parte lo zelo religioso di una è considerato fanatismo, dall'altra non è che hanno una opinione molto diversa.
Il fanatismo più o meno accentuato dipende inoltre prima di tutto dalla mentalità, dai luoghi, e dalle vicende economiche. Queste ultime, nelle fasi negative di alcuni popoli, hanno sempre scatenato un ricorso alle divinità per alleviare il male o per tentare di modificare la propria misera condizione. E quanto più è bassa questa condizione in cui si scende, tanto maggiore è il ricorso alla propria fede.

Nelle espressioni di molti padri della Chiesa occidentale era facile cogliere la soddisfazione che derivava dalla coscienza del proprio primato, quando lo stesso Occidente era prospero, popolato di eroi, vincitore di battaglie e "guerre sante", ricco di messi e di insediamenti sparsi per il mondo e nel Nuovo Mondo. Veniva  attribuito non al caso ma alla grazia di Dio e alla preghiera rivolta a Dio. A Re Imperatore e Principi gli si ricordava spesso questa "grazia", fino al punto che gli si permetteva di dire che  governavano per grazia divina, che essi erano unti dal signore, anche se non erano ben accetti e spesso odiati dai loro sudditi.

Non dobbiamo oggi meravigliarci se nelle espressioni di molti pensatori islamici cogliamo la soddisfazione che deriva dalla coscienza del loro primato, e dalla certezza che Allah, non certo a caso, ha fatto dono del petrolio proprio al mondo arabo, grazie ad Allah e alla preghiera rivolta ad Allah.

E purtroppo l'Occidente, attanagliato dal materialismo, non solo ha dimenticato di pregare, ma ha pure dimenticato che il suo benessere dipende dal petrolio. E l'Italia che non ha voluto le centrali nucleari è il paese più a rischio, perché tutta la sua economia è  petroldipendente, anzi è arabodipendente. Ogni tanto vale la pena ricordarlo.

Quanto più è alta la ricchezza delle risorse, che è molto legata al benessere di un paese, tanto maggiore ha questo paese  la possibilità di creare una nuova civiltà.
I paesi ricchi di risorse si sono sempre imposti su quelli che non le avevano e spesso hanno cancellato le civiltà di chi le possedeva ma che poi (stoltamente, credendo che erano eterne le risorse, umane e materiali) le persero. Maria Teresa cacciava i gesuiti, Federico II apriva a loro le porte per creare la grande Prussia. Gli inglesi cacciavano i puritani, gli irlandesi, i padri pellegrini nell'esilio in America, poi avvenne che in quell'America più tardi furono proprio quelli che cacciarono gli inglesi a pedate nel sedere.


Amaramente dobbiamo anche constatare che in Europa pur essendo nata con Costantino l'unione politica-religiosa per creare un forte impero e una unione europea sotto un unico Dio (Carlo Magno ci provò pure lui) , questa fallì quando i cesari-papisti e i papisti-cesari tentarono di scavalcarsi; i primi nell'interferire nelle decisioni teologiche, i secondi nell'interferire nelle decisioni temporali. Le due volontà non coincidevano mai e l'unione politica europea non avvenne mai; nè con le armi né con lo Spirito Santo. (E POSSIAMO DIRE OGGI, NEMMENO CON LA COMUNITA' EUROPEA) -

L'ultimo tentativo per una unione europea politica è ora quella d
ei cesari-manager della finanza e dell'economia; una unione sotto la protezione venale di un unico dio, quello del denaro, la nuova religione, con le preghiere sempre rivolte solo in direzione di Wall Street.  

Speriamo che i fedeli di alcuni stati corrosi dall'avidità di denaro e di benessere, nel voler salvaguardare la propria economia, non pensino solo alla propria anima mercantilista.


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LO SPIRITO ARABO - LE RAGIONI DI UN SUCCESSO

Il successo era quello militaresco di questo periodo, arrivato al culmine, ed è significativo il documento che cito più avanti, perchè da solo ci fa comprendere la realtà araba prima e dopo l'avvento di Maometto, nonché lo spirito con il quale gli Arabi mossero alla conquista del loro impero. 
Di fronte all'ultimo re persiano assediato - che cercava una via d'uscita con un compromesso- ma che in cambio offriva altezzoso agli arabi che lo assediavano, cibo scadente e vesti ignobili, come se fossero dei suoi miserabili sudditi, l'ambasciatore arabo gli inviò questo biglietto: 

"Tu dandoci questa "roba" con noi parli e dici il vero; noi fummo poveri come nessun altro lo fu. Giacevamo sulla nuda terra, vestivamo pelo di cammello e lana scadente filata da noi stessi. La fame ci portò spesso a mangiare cavallette e rettili del deserto. Per non privarci del cibo a noi maschi, i nostri padri seppellivano vive le femmine neonate. Idolatri e ignoranti, noi sì, crescevamo, ma ci scannavamo l'un l'altro per un pugno di datteri: e questa era la nostra religione: scannarsi.
Finchè, mosso a pietà, Iddio ci mandò un profeta, uomo noto, di famiglia illustre, della tribù che era la prima tra gli arabi. Egli ci guidò alla vera religione, e noi gli credemmo finché Dio non illuminò le nostri menti. Ed ora che seguiamo i comandamenti del nostro Profeta, noi siamo un Popolo Nuovo. Siamo diversi dagli Arabi di prima; lo sappia il mondo!
Chiamate tutti gli uomini al mio culto ci disse il Profeta; chi accoglie la mia religione, avrà i vostri stessi diritti e doveri. Chi invece la rifiuta, domandate un tributo: se lo paga, proteggetelo. Se non lo paga, combattete contro di lui. Ai vostri morti in battaglia è riservato il Paradiso, ai sopravvissuti la vittoria. Adesso scegli, dunque, o re: paga il tributo con umiltà, o preparati a combattere"
.

YEZDEGERD III arrogante non volle pagare, preferì combattere, poi perdente tentò la fuga, fu raggiunto, catturato, ucciso. Finiva così l'impero dei Sasanidi.
Un nipote di questo sovrano con un esercito cercò di riprendersi una satrapia e ci riuscì: (l'odierno Seistan); lo governò dal 659 al 663, anno in cui gli arabi se lo ripresero definitivamente.

Basterebbe questa lettera per capire cosa animò quella gente. E se la stessa lettera fu recapitata in tutte le città dove si presentarono, possiamo benissimo pensare che assolse bene il suo compito con l'eloquente e categorico messaggio. Di gente che aveva fame e dormiva sulla nuda terra in giro ce n'era proprio tanta. E ogni tanto "la gente fa quello che vuole".

E c'è da dire che in effetti quella di concedere diritti doveri e protezione fu lealmente fatto. Come vedremo più avanti in Sicilia, le istituzioni andarono a creare nella sua forma realmente applicata dei grossi benefici in tutti i settori anche perchè l'islamizzazione aveva portato con sè non soltanto dei fanatici seguaci di una religione, ma con essa era sbarcata anche la "Civiltà Araba", che si era - nel corso di 2 secoli - già adeguatamente  preparata a come gestire le sue conquiste. 

Nella tradizione fatta da idee preconcette non era la religione dell'Islam che veniva a quel tempo diffusa con la spada, ma più semplicemente era una nuova sovranità politica; che non combatteva per imporre la sua religione ai popoli non arabi, anzi questo era disapprovato. I popoli sottomessi potevano tranquillamente conservare la loro religione, purché pagassero dei tributi; e poichè con la conversione all'Islam tali pagamenti cessavano, gli opportunistici cambiamenti di religione, almeno nei primi tempi, non erano proprio graditi. Tuttavia vi era convenienza nel concedere questa libertà religiosa che voleva dire arricchire le finanze.

Né fu - salvo voler offuscare la comprensione degli avvenimenti storici - improvvisa questa avanzata degli arabi (anche se sembra) per  motivi principalmente legati alla religione di Maometto. Gli Arabi erano in movimento, nel Sinai e dall'Arabia meridionale, molti ma molti anni prima dell'avvento dell'Islam  (li abbiamo visti negli insediamenti a Medina, già all'inizio dell'impero bizantino). Tutta l'Arabia era già da tempo in uno stato di agitazione.

Nel periodo che Maometto fonda l'Islam, sia la Persia che Bisanzio, con le loro guerre, lo stato di agitazione lo incrementarono. Alternandosi nell'invasione dei territori arabi erano riusciti a distruggere tutti i piccoli stati;  imponendo ora uno ora l'altro imposte  per alimentare le guerre e  per condurre quella vita principesca che i primi poeti arabi, prima di Maometto amaramente celebravano, mentre guardavano il loro paese andare verso il degrado e i loro figli diventare servi bizantini o persiani.

Maometto e l'Islam furono semplicemente le due nuove parole d'ordine per cui gli arabi basandosi su principi religiosi ed etnici combatterono. Ma la causa del forte vincolo religioso che unì tutti i musulmani non fu certo la causa principale della migrazione araba, ma semplicemente una conseguenza delle condizioni politiche e culturali da esso suscitato.
All'inizio (con Maometto in vita)  Islam significò la supremazia di Medina, ma ben presto si identificò con l'arabismo; poi con i successi ben presto cominciò a predicare la superiorità del popolo arabo in generale. Ma questo avvenne dopo Maometto, anche perchè il Profeta al tempo della sua morte non aveva affatto né unificato l'Arabia, né ancora convertito tutto il paese.

La diffusione della religione, assume quindi un ruolo secondario e va considerata piuttosto (dopo i primi quattro califfi, e con un impero che richiedeva un nuovo stile di governo) come una necessità politica.
A permettere questa espansione e questo nuovo stile, una mano la diedero i due imperi che negli ultimi tempi, senza nessun acume, si erano dilaniati. L'impero Persiano -lo abbiamo letto- era già stato sconfitto dai Bizantini di Eraclio pochi anni prima. Ma da un Eraclio - però - che quando parti (nel 624) per la sua campagna in Persia era cosciente che anche il suo impero era all'ultima spiaggia. Ed oggettivamente era vero. Quando morì Eraclio il suo impero era già allo sfascio.

Il nuovo stile, non era una novità del resto. Costantino in occidente si era comportato allo stesso modo. La sua adesione a una forma religiosa rivestì sempre più un carattere politico. I suoi successi furono dovuti al fatto che l'imperatore unì nelle sue mani l'autorità politica e religiosa. Fino al punto di scavalcare la chiesa anche nelle decisioni teologiche (cesaropapismo). Un alleanza questa - come abbiamo poi visto- gravida di pericoli per la monarchia, spesso carente di uomini validi e lacunosa come organizzazione.

E se l'Islamismo seguì questo modello, non riuscì anch'esso - anche se più tardi- a evitare gli stessi pericoli quando politica e religione non andarono più d'accordo, e che disunite si avviarono alla decadenza nel X secolo. 
 
Ma torniamo a questi anni. Nell'islamizzazione la lingua araba era diventata la lingua scritta della cultura, e vari scrittori, scienziati, medici, filosofi, letterati furono attratti dal carattere ugualitario, antitradizionale e antimetafisico dell'Islam, che stava sempre di più influenzando l'intera aerea orientale, soprattutto dopo il periodo postellenico e romano.
Anni prima, la chiusura della Scuola d'Atene, dell'Accademia, fu una sventura che in quel periodo si abbattè su tutto il mondo occidentale, che come abbiamo visto discuteva a monte sulla natura divina e umana del Cristo mentre tutto l'impero stava crollando a valle.

Furono proprio questi filosofi letterati scienziati "orfani" che, colta al volo la situazione (con la crisi evidente che c'era in giro e non fu difficile capire), si acculturarono prima loro, poi le masse. Gli uni e gli altri, in Egitto, in Persia, in Siria daranno grandi contributi allo sviluppo dell'Islamismo; i primi riscoprendo le scienze o operando in nuove tecnologie, le altre in parallelo mobilitandosi e dedicandosi alle mille attività che la scienza e la tecnologia moltiplicava in forma esponenziale.

Altre settore che viaggiava in parallelo era poi il commercio e la finanza, l'arabo si inventò le banche, gli assegni, gli agenti di cambio e di import-export, le carte di credito, e i depositi bancari in lontanissime contrade per i pagamenti estero-estero per chi, nei grandi porti, nei  marsa-allah,  nei magaz-zin e negli arsen-allah, acquistava e vendeva contemporaneamente merci, senza essere obbligato a portarsi dietro moneta o oro addosso.

Insomma dove arrivavano, i locali accoglievano volentieri i conquistatori, tanto più che gli Arabi si presentavano come i "liberatori" dei popoli oppressi da quel giogo fiscale parassitario (come era quello occidentale e bizantino) che drenava ogni risorsa e i capitali in ogni luogo e che invece dovevano essere dai locali reinvestiti in loco se volevano progredire e prosperare. 

Altro importante motivo del loro successo fu quello di ordine militare. Sul piano tattico, infatti gli Arabi (i nuovi califfi dopo i primi quattro) introdussero importanti novità nella guerra, come l' uso abilissimo della cavalleria, vero nerbo dello schieramento arabo, contro le statiche fanterie avversarie. Abbiamo visto come 1000 o 2000 musulmani travolgevano eserciti di 20.000 uomini, che erano composti da forze non omogenee, di varie razze tenute assieme, con stipendi di fame, e le loro famiglie a casa oppresse dal giogo delle tasse sia bizantine che persiane; truppe spesso non motivate, tenute all'oscuro degli obiettivi, che anche se venivano raggiunti nulla portava a loro come benefici.

Spesso - come abbiamo visto fare in Italia nella cosiddetta guerra greca-gotica (Belisario, Narsete ecc.)- partivano per combattere (come in Italia), poi a Costantinopoli li dimenticavano, ed erano lasciati allo sbando; ad arrangiarsi dov'erano; e più volte invece di cacciare i nemici barbari, diventavano loro i peggiori  barbari, razziando e depredando le città che attraversavano, facendo rimpiangere alle malcapitate popolazioni perfino gli stessi barbari.

La cavalleria araba aveva la sua forza nella fulmineità degli spostamenti, nell'irruenza molto disciplinata delle cariche, subito seguite da rapidi ripiegamenti per sfuggire alla reazione avversaria. E non ultima cosa in tutto il levante c'erano diffusi nuclei di Arabi, o quella popolazione semita molto affine; quella popolazione africana che ha sempre creduto nella forza degli spiriti e nella continuazione della vita in altre forme di esistenza.
Maometto non aveva mai abbandonata la convinzione che vi fossero su questa terra, degli spiriti che sono al servizio di Allah. E la sua religione andò incontro alla mentalità africana più di quanto aveva fatto in Africa il cristianesimo in seicento anni.

Ma a parte queste credenze, altra realtà era che le popolazioni del vicino medio-oriente e del nord-est africano come cristiane-eretiche erano state duramente perseguitate dai governi bizantini, e che quindi accoglievano come liberatori gli arabi, né dobbiamo meravigliarci che si convertivano in massa all'Islam. Anche perché la struttura universalistica dell'Islam azzerava ogni differenza sociale, etnica e culturale.

Questo per dovere di cronaca solo nel periodo d'oro dell'impero islamico (altra cosa è dire "civiltà araba"). Perché dopo questo ciclo saggio oltre che fortunato (per le crisi che c'erano in atto), quando i successivi califfi corrosi dall'avidità di denaro, penetrarono nell'interno dell'Africa a deportare schiavi da vendere ai mercati, condussero una sinistra attività, che in seguito le popolazioni  - come i popoli dell'Uganda e altre regioni interne- conservarono per secoli il triste ricordo di quel passato; e i musulmani per queste genti erano diventati sinonimi di sventura.
Ma dobbiamo anche precisare che dentro questi musulmani (del secondo ciclo) l'elemento propriamente arabo era relativamente scarso, erano elementi della costa mediterranea africana. Quindi né tutto il mondo arabo consisté nel solo Islam, ne tutto l'Islam consisté in quello arabo. Un musulmano del Pakistan non aveva nulla in comune con un marocchino o un algerino. Né uno yemenita con un berbero.
Quando poi ABU GIAFAR (nel 842)
 chiuse il canale Amnis (Suez - vedi anno 647) questa  separazione fu ancora più netta; e sarà proprio questa disunione l'inizio della decadenza del mondo islamico, ormai lacerato al suo interno, fino a disunire anche quello autenticamente arabo.

FINE

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