Nell’arco di tempo compreso tra l’invasione dei Galli (390 a.C.) e il 275 a.C. (conclusione del conflitto con Pirro e conquista dell’Italia meridionale) Roma assunse il dominio di gran parte dell’Italia.
Fu un’impresa notevole se si considera che il territorio controllato direttamente dai Romani passò da 822 a 26805 km quadrati cui vanno aggiunti in 98000 km quadrati occupati da città e stati formalmente indipendenti ma legati a Roma da trattati di alleanza che in genere comportavano una sottomissione di fatto.
In definitiva Roma conquistò buona parte dell’Italia dall’Emilia alla Calabria.
Ma cosa vuol dire conquistò?
Dobbiamo dire che aldilà della conquista militare l’organizzazione del dominio fu un’impresa più originale e duratura dei Romani.
Tale organizzazione si tradusse in una forma di controllo del territorio che incise in profondità sull’ambiente fisico e umano della penisola.
Roma evitò di far entrare a forza le città i popoli vinti nello stato romano.
Se Roma avesse fatto ciò sarebbe stata costretta ad esercitare un controllo diretto estremamente operoso.
Roma diede vita invece ad un estremamente flessibile di rapporti basato su un principio fondamentale ovvero ottenere il consenso delle classi dirigenti delle varie città.
A tale scopo Roma fece comprendere loro che esse avevano tutto l’interesse a comportarsi bene per restare fedeli ai vincitori per evitare dure punizioni sia per partecipare con profitto ai successi di Roma.
L’idea romana non era organizzata in maniera unitaria ma secondo tre tipologie principali: i municipi, le città alleate, federate, le colonie distinte in romane e latine.
I municipi erano città che venivano incorporate nello stato romano ma conservavano la possibilità di governarsi da sé con magistrati propri.
Queste città avevano l’obbligo di versare a Roma tributi per le spese militari e di fornire contingenti di soldati.
Agli abitanti dei municipi veniva concessa la cittadinanza romana cosicché erano nello stesso tempo cittadini romani e cittadine della loro patria originaria.
Alcuni municipi ottennero una cittadinanza piena compreso il diritto di voto nei comizi e la possibilità di accedere alle cariche pubbliche.
Altri ebbero una cittadinanza solo parziale dal momento che potevano per esempio commerciare o contrarre matrimonio con cittadini romani.
Tuttavia la cittadinanza poteva diventare piena in caso di particolari benemerenze delle città in questione.
In ogni caso i municipi furono un’istituzione veramente innovativa per l’antichità.
Tale istituzione si basava infatti sull’idea di utilizzare la cittadinanza non come strumento di esclusione dai diritti di chi non facesse parte del corpo originario della città.
Come era per esempio in Grecia ma come strumento di inclusione sociale di aggregazione di genti diverse dello stato.
Inoltre accettando la doppia cittadinanza i Romani rigettarono un principio fondamentale del mondo antico ovvero quello secondo il quale un individuo poteva avere la cittadinanza di un solo stato.
Gli alleati o federati erano popoli città con cui Roma aveva stipulato dei trattati di alleanza.
Restavano indipendenti e non erano soggetti attributi ma avevano l’obbligo di fornire a Roma aiuti militari in caso di guerra mentre Roma non aveva tale obbligo nei loro confronti.


In alcuni casi il patto di alleanza prevedeva esplicitamente la superiorità di Roma mentre in altri casi ammetteva invece un’uguaglianza tra i due contraenti.
In entrambi i casi in realtà si trattava di alleanze assai sbilanciate a vantaggio di Roma.
Le città alleate non potevano svolgere una politica autonoma ed erano di fatto obbligate ad avere gli stessi amici e nemici di Roma.
La vera struttura portante del dominio romano in Italia erano però le colonie formate da nuclei di militari trasferiti a presidio di territori di recente conquista.
A differenza delle colonie greche che erano cellule distaccate dalla madre patria e organismi politicamente indipendenti quelle romane erano quasi in estinzione di Roma nelle regioni periferiche.
Le colonie venivano progettate e costruite con il sistema della centuriazione consistente nel suddividere il territorio in cento unità coltivabili uguali fra loro.
Esse assolvevano a importanti funzioni sociali e politiche: assorbivano l’eccesso di popolazione permettevano di distribuire terre ai cittadini più poveri assicuravano la presenza romana in aree periferiche.
Esistevano due tipi di colonie: le colonie romane che godevano di tutti i diritti politici e le colonie latine composte di cittadini delle città latine che godevano solo di alcuni diritti civili.
Con questa organizzazione del proprio dominio Roma consegui alcuni risultati molto importanti.
In primo luogo grazie ai municipi alle colonie e agli alleati poté utilizzare per il reclutamento militare un amplissimo bacino di popolazione.
Questo fu un fattore di non secondaria importanza delle sue vittorie militari.
Il nerbo della potenza di Roma era infatti costituito dal suo esercito fondato sulla legione modellata e imitazione della falange oplitica dei greci ma più duttile e capace di manovrare.
La legione che si formò tra il v IV secolo a.C. quando nell’esercito vennero inseriti anche i plebei si perfezionò nel tempo conservando però la sua struttura fondamentale.
Ciascuna legione era divisa in dieci corti ogni corte in tre manipoli ogni manipolo in due centurie per un totale di circa 6000 uomini.
Della legione facevano parte tutti i cittadini fra i 17 e i 45 anni mentre quelli dai 45 ai 60 anni restavano disponibili per la leva.
Infatti Roma non faceva uso di truppe mercenarie dal momento che quello romano era un esercito di cittadini e tale fatto fu uno dei motivi della sua forza.
Ma una risorsa ancora più importante furono le truppe fornite tra le città alleate gli ausiliari.
Vogliamo mettere in evidenza che fu grazie al rapporto degli italici che Roma poté vincere le sue battaglie.
Un secondo vantaggio di questa modalità di organizzazione del dominio fu che essa garantì a Roma la fedeltà degli Italici.
La conquista dell’Italia fu accompagnata da terribili violenze veri e propri massacri deportazioni.
Inoltre veniva usato il pugno di ferro contro chi si rivelava o non rispettava i patti di alleanza.
Ma in generale Roma non utilizzò una politica di sfruttamento cieco dei popoli vinti.
Anche la requisizione dei territori agricoli conquistati fu messa in atto con una certa moderazione.
Roma evitò che tra gli Italici si creassero masse di contadini poveri senza terra pericolose per la stabilità della potenza romana.
Naturalmente si trattava sempre di dominio.
Tale dominio fu esercitato mescolando accortezza politica e forza militare tenendo presente sempre l’esclusivo interesse di Roma “dividi e comanda “il famoso principio cui si ispirava la politica romana.

 

La disparità di trattamento tra i popoli sottomessi suscitando rivalità e reciproche gelosie rendeva più difficile fare alleanze contro Roma.
Inoltre tale disparità di trattamento trasformava quelli che erano stati premiati con la cittadinanza o altre concessioni in fedeli sostenitori della potenza romana.

 

(Prof. Giovanni Pellegrino)



Prof. Giovanni Pellegrino

 
<<<<<<<< RITORNO ALLE PAGINE DI STORIOLOGIA