PARTE SECONDA

CAPITOLO IV.
Limiti di variabilità delle credenzee delle opinioni delle folle.

1.° Le credenze fisse - Invariabilità di corte credenze generali - Tali credenze sono le guide di una civiltà - Difficoltà di sradicarle - In che cosa l'intolleranza costituisce per i popoli una virtù - L'assurdità filosofica di una credenza generale non può nuocere alla sua diffusione - 2.° Le opinioni volubili delle folle - Estrema mobilità delle opinioni che non derivano da credenze generali - Variazioni apparenti delle' idee e delle credenze in meno di un secolo -- Limiti reali di tali variazioni - Elementi sui quali la variazione é basata - L'attuale scomparsa delle credenze generali e la grandissima diffusione della stampa rendono ai nostri giorni le opinioni sempre più mobili - Come, in generale, le opinioni tendano verso l'indifferenza - Impotenza dei governi a dirigere, come una volta, l'opinione - L'attuale sbriciolamento delle opinioni impedisce la loro tirannia.

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1.° - Le credenze fisse.
Un rigido parallelismo esiste tra i caratteri anatomici degli esseri e i loro caratteri psicologici. Nei caratteri anatomici troviamo certi elementi invaria
bili o così poco variabili, che occorre la durata delle età geologiche per cambiarli. Accanto a questi caratteri stabili, irriducibili, se ne incontrano altri mobilissimi che l'ambiente, l'arte dell'allevatore e dell'orticultore modificano a volte a tal segno da dissimulare, per l'osservatore poco attento, i caratteri fondamentali.

Lo stesso fenomeno si opera rispetto ai caratteri morali. Vicino ad elementi psicologici irriducibili di una razza si incontrano elementi mobili e mutevoli. Studiando le credenze e le opinioni di un popolo, si constata sempre un fondo costantissimo sul quale si innestano delle opinioni mobili come la sabbia che ricopre le rocce.
Le credenze e le opinioni delle folle formano così due classi ben distinte. Da una parte, le grandi credenze permanenti, che si perpetuano per secoli, e sulle quali poggia tutta una civiltà. Tali, una volta, la concezione feudale, le idee cristiane, quelle della riforma. Tali, ai nostri giorni, il principio delle nazionalità, le idee democratiche e sociali. Dall'altra parte, le opinioni momentanee e mutevoli di frequente derivate dalle concezioni generali che ogni epoca vede apparire e morire: tali sono le teorie che guidano le arti e la letteratura in certi momenti, quelle, ad esempio, che produssero il romanticismo, il naturalismo, ecc. Superficiali come la moda, esse cambiano come le piccole onde che nascono e svaniscono perpetuamente alla superficie di un lago dalle acque profonde.

Le grandi credenze generali sono in numero assai limitato. La loro formazione e la loro scomparsa costituiscono per ogni razza storica i punti culminanti della sua storia. Esse sono la vera ossatura delle civiltà.
Un'opinione passeggera facilmente si stabilisce nell'anima delle folle ma é difficilissimi innestarvi una credenza duratura, com'è difficile distruggerla quand'essa é formata. Non la si può minimamente cambiare che a furia di rivoluzioni violente e soltanto allorché la credenza ha perduto quasi interamente il suo ascendente sugli animi. Le rivoluzioni servono allora ad annullare interamente credenze già quasi abbandonate, ma che non erano completamente abbandonate per la tirannia dei costumi. Le rivoluzioni che cominciano sono in realtà credenze che finiscono.

Il giorno preciso in cui una grande credenza si trova destinata a morire é quello in cui il suo valore comincia a essere discusso. Ogni credenza generale non essendo altro che una finzione, non potrebbe sussistere che a condizione di sottrarsi all'esame.
Ma anche quando una credenza é fortemente scossa, le istituzioni che ne derivano conservano la loro potenza e non si cancellano che lentamente. Quand'essa ha finalmente perduti tutti il suo potere, tutto ciò che essa sosteneva crolla. Non si é ancora dati che un popolo cambiasse le sue credenze senza essere subito condannato a trasformare gli elementi della sua civiltà.
Esso li trasforma fino a che non abbia adottato una nuova credenza generale; e vive necessariamente, sino a quel momento, nel disordine. Le credenze generali sono le basi necessarie delle civiltà; imprimono un orientamento alle idee, e soltanto esse possono ispirare la fede e creare il dovere.
I popoli hanno sempre sentito l'utilità di acquistare delle credenze generali e compreso istintivamente che la loro scomparsa doveva segnare per essi l'ora della decadenza. Il culto fanatico di Roma fu la credenza che rese i Romani padroni del mondo. Morta tale credenza, Roma dovette morire. I barbari, distruttori della civiltà romana, poterono ottenere una certa coesione e uscire dall'anarchia, soltanto quando ebbero acquistato qualche credenza comune.

Dunque c'è una causa se i popoli hanno sempre difeso con intolleranza le loro convinzioni. Dal punto di vista filosofico essa è molto criticabile, nella vita delle nazioni rappresenta una virtù. Per fondare o mantenere delle credenze il Medioevo ha innalzato tanti roghi, e tanti inventori e novatori morirono disperati se pure riuscivano a evitare i supplizi. Per difenderle il mondo è stato tante volte sconvolto, e milioni d'uomini sono caduti sui campi di battaglia, e vi cadranno ancora.

Grandi difficoltà si oppongono, l'abbiamo detto, allo stabilirsi di una credenza generale, ma, definitivamente radicata, il suo potere è per molto tempo invincibile, e qualunque sia il suo errore filosofico, essa si impone anche agli spiriti più luminosi. I popoli d'Europa non hanno forse, da quindici secoli, come verità indiscutibile delle leggende religiose che - esaminate da vicino - appaiono barbare (Barbare filosoficamente, intendo) come quelle di Moloch? La spaventosa assurdità della leggenda di un Dio che si vendica sul proprio figlio con orribili supplizi della disobbedienza di una delle sue creature, non è stata capita per moltissimi secoli. I più grandi genii, un Galileo, un Newton, un Leibniz, non hanno supposto neanche per un momento che la verità di tali leggende potesse essere discussa. Non c'è nulla che dimostri meglio il potere delle credenze generali, ma nulla denota meglio i limiti umilianti del nostro spirito.

Quando un dogma nuovo s'è radicato nell'anima delle folle, diventa l'ispiratore delle sue istituzioni, delle sue arti e della sua condotta. Allora il suo dominio sulle anime è completo. Gli uomini d'azione pensano a realizzarlo, i legislatori ad applicarlo, i filosofi, gli artisti, i letterati si preoccupano di tradurlo sotto diverse forme.
Dalla credenza fondamentale possono nascere idee momentanee accessorie, ma portano sempre l'impronta della fede da cui sono scaturite. La civiltà egiziana, la civiltà europea del Medioevo, la civiltà musulmana degli Arabi derivano da poche credenze religiose che hanno impresso il loro marchio sui minimi elementi di queste civiltà, e permettono di riconoscerle subito.

Grazie alle credenze generali, gli uomini di ogni età sono circondati da una rete di tradizioni, di opinioni e di costumi, al cui giogo non saprebbero sfuggire e che li rendono un po' simili gli uni agli altri. Neanche lo spirito più indipendente pensa a sottrarvisi. La vera tirannia è quella che s'esercita incoscientemente sulle anime, perché é la sola che non si può combattere. Tiberio, Gengiskhan, Napoleone furono certamente dei tiranni terribili, ma, dal fondo della loro tomba, Mosé, Budda, Gesù, Maometto, Lutero hanno esercitato sulle anime un dispostismo molto più profondo.
Una cospirazione abbatterà un tiranno, ma che può fare contro una credenza ben radicata ? Nella lotta violenta contro il cattolicesimo, e nonostante l'assenteismo apparente delle moltitudini, nonostante i procedimenti crudeli quanto quelli dell'Inquisizione, la nostra grande Rivoluzione è stata vinta. l soli reali tiranni dell'umanità sono sempre state le ombre dei morti o le illusioni che essa si é creato.

L'assurdita filosofica di certe credenze generali non é mai stata, lo ripeto, un ostacolo al loro trionfo. Anzi pare che il trionfo non sia possibile che quando le credenze racchiudano qualche misteriosa assurdità. L'evidente debolezza delle credenze socialiste attuali non impedirà loro di radicarsi nell'anima delle folle. La loro vera inferiorità rispetto alle credenze religiose sta unicamente in questo: l'ideale felicità promesso da quest'ultime, dovendosi realizzare in una vita futura, nessuno può contrastare tale realizzazione. L'ideale di felicità socialista, dovendo realizzarsi sulla terra, mostrerà la vanità delle sue promesse ai primi tentativi di realizzazione, e la nuova credenza perderà subito il suo prestigio. Il suo potere non crescerà che fino al giorno della realizzazione. Perché se la nuova religione esercita dapprima - come tutte quelle che l'hanno preceduta - una azione distruttrice, non potrà esercitare in seguito una funzione creatrice.

2.° - Le opinioni mobili delle folle.

Al di sopra delle credenze fisse, di cui abbiamo mostrato il potere, si trova un insieme di opinioni, di idee, di pensieri che nascono e muoiono continuamente. La durata di certuni é assai effimera, e i più importanti non sorpassano affatto la vita di una generazione. Abbiamo già notato che i cambiamenti che sopravvengono in queste opinioni sono tavolta molto più superficiali che reali, e portano sempre il contrassegno della razza. Considerando, ad esempio, le istituzioni politiche del nostro paese, abbiamo mostrato che i partiti apparentemente più contrari : monarchici, radicali, imperialisti, socialisti, ecc., hanno un ideale assolutamente identico, e che questo ideale dipende unicamente dalla struttura della nostra razza, poiché, sotto nomi analoghi, si ritrova presso altre nazioni un ideale contrario. Il nome dato alle opinioni, gli adattamenti ingannevoli non cambiano il fondo delle cose.

I borghesi della Rivoluzione, impregnati di letteratura latina, e gli occhi fissi sulla repubblica romana, e che adottarono le sue leggi, i suoi fasci e le sue toghe, non erano diventati Romani perché essi rimanevano sotto l'impero di una potente suggestione storica.

Il compito del filosofo é quello di ricercare ciò che sussiste delle antiche credenze sotto i cambiamenti apparenti, e di distinguere nel fluire delle opinioni, i movimenti determinati dalle credenze generali e dall'anima della razza.
Senza questo criterio si potrebbe credere che le folle mutino di credenze politiche o religiose frequentemente e a loro piacere. Tutta la storia politica, religiosa, artistica, letteraria, sembra infatti provarlo.
Prendiamo, ad esempio, un breve periodo: dal 1790 al 1820 solamente, vale a dire trent'anni, la durata di una generazione. Vediamo in esso le folle, dapprima monarchiche, divenire rivoluzionarie, poi imperialiste, por ancora monarchiche. In religione, vanno nello stesso tempo dal cattolicesimo all'ateismo, poi al teismo, poi tornano alle forme più esagerate del cattolicesimo. E non solo le folle, ma anche coloro che le dirigono, subiscono simili trasformazioni. Vedete un po' quei grandi uomini della Convenzione, nemici giurati dei re, e che non volevano né divinità né padroni, diventare servitori di Napoleone, poi, sotto Lugi XVIII, portare devotamente i ceri nelle processioni.

E durante i settant'anni che seguono, quanti cambiamenti nelle opinioni delle folle ! La « Perfida Albione » del principio di questo secolo diventa l'alleata della Francia sotto l'erede di Napoleone; la Russia, due volte in guerra, con noi, e che tanto aveva tripudiato per nostri ultimi rovesci, d'improvviso è considerata come un'amica.

In letteratura, in arte, in filosofia, il susseguirsi delle opinioni si manifesta anche più rapidamente. Romanticismo, naturalismo, misticismo, ecc., via via nascono e muoiono. L'artista e lo scrittore acclamati ieri, saranno profondamente disdegnati domani. Ma, se analizziamo questi cambiamenti, in apparenza così profondi, che cosa vediamo ? Tutti quelli contrari alle credenze generali e ai sentimenti della razza non hanno che una durata effimera, e il fiume deviato riprende in breve il suo corso. Le opinioni che non si ricollegano ad alcuna credenza generale, a nessun sentimento della razza, e che di conseguenza non potrebbero avere consistenza, sono in balia di tutti gli accidenti, o, se vogliamo, dei minimi cambiamenti di ambiente. Formate con l'aiuto della suggestione e del contagio, esse sono sempre momentanee e nascono e scompaiono, a volte, altrettanto rapidamente quanto le dune di sabbia formate dal vento in riva al mare.

Ai nostri giorni, la somma delle opinioni mobili delle folle é più grande che mai; e ciò per tre diverse ragioni.
La prima é che le antiche credenze, perdendo progressivamente il loro dominio, non operano più come una volta sulle opinioni passeggere per dar loro un certo orientamento. L'affievolirsi delle credenze generali lascia posto a una quantità di opinioni particolari senza passato né avvenire.
La seconda ragione é che la crescente potenza delle folle, trovando sempre minor contrappeso, la loro estrema mobilità di idee può manifestarsi liberamente.


La terza ragione, infine, è la recente diffusione della stampa che fa passare sotto gli occhi le opinioni più contrarie. Le suggestioni originate da ciascuna di esse, sono in breve distrutte da suggestioni opposte. Nessuna opinione riesce dunque a diffondersi e tutte sono destinate a una esistenza effimera. Esse muoiono prima di aver potuto propagarsi abbastanza per diventare opinioni generali.

Da queste diverse cause risulta un fenomeno nuovissimo nella storia del mondo, e che assai bene caratterizza l'epoca attuale: voglio dire dell'impotenza dei governi a dirigere l'opinione. Un tempo, e questo non é troppo lontano, l'azione dei governi, l'influenza di qualche scrittore e di un piccolo numero di giornali costituivano i veri regolatori dell'opinione. Oggi gli scrittori hanno perduto ogni influenza e i giornali non fanno più che rispecchiare l'opinione. In quanto agli uomini di Stato, lungi dal dirigerla, non cercano che di seguirla. Il loro timore dell'opinione giunge a volte fino al terrore e impedisce ogni fermezza alla loro condotta.

L'opinione delle folle tende dunque a diventar sempre più il supremo regolatore della politica. Essa arriva oggi a imporre alleanze, come si é visto per l'alleanza russa che é quasi totalmente derivata da un movimento popolare.
E' un assai curioso sintomo vedere ai nostri giorni papi, re e imperatori sottomettersi a un'intervista per esporre i loro pensieri, su un dato soggetto, al giudizio delle folle. Una volta si é potuto dire che la politica non era cosa sentimentale. Potremmo anche oggi affermarlo, vedendo prendere per guida gli impulsi delle mutevoli folle che ignorano la ragione e sono unicamente dirette dal sentimento?

In quanto alla stampa, un tempo guida dell'opinione, ha dovuto, come i governi, scomparire dinanzi al potere delle folle. La sua potenza é certamente considerevole, ma soltanto perché essa rappresenta esclusivamente il riflesso delle opinioni popolari e dei loro incessanti cambiamenti. Divenuta semplice agenzia di informazioni, essa rinuncia a imporre qualsiasi idea, qualsiasi dottrina. Non segue tutti i cambiamenti del pensiero pubblico, e la necessità della concorrenza ve la obbligano, sotto pena di perdere i suoi lettori. I vecchi e solenni organi di una volta, di cui la precedente generazione ascoltava devotamente gli oracoli, sono scomparsi o sono diventati fogli di informazioni inquadrate da piacevoli cronache, da scalpori mondani o da « réclames » finanziarie.

Quale sarebbe, oggi, il giornale abbastanza ricco da permettere ai suoi redattori delle opinioni personali, e quale autorità avrebbero queste opinioni presso dei lettori che chiedono soltanto di essere informali e dilettati, e che, dietro ogni raccomandazione, intravedono sempre lo speculatore?

La stessa critica non ha più il potere di lanciare un libro o un lavoro teatrale. Essa può nuocere, ma non aiutare. I giornali hanno talmente coscienza dell'inutilità di ogni opinione personale, che essi hanno generalmente soppresso i critici letterari, limitandosi a dare il titolo del libro con due o tre righe di réclame; e fra venti anni, sarà lo stesso per la critica teatrale.

Spiare l'opinione é diventata oggi la preoccupazione essenziale della stampa e dei governi. Quale effetto produrrà un avvenimento, un progetto legislativo, un discorso: ecco ciò che occorre loro sapere; non é cosa facile, perché nulla é più mutevole del pensiero delle folle che accolgono con malanimo ciò che avevano acclamato alla vigilia.

Questa totale mancanza di direzione dell'opinione, e al tempo stesso la dissoluzione delle credenze generali, hanno avuto per risultato finale uno sbriciolamento completo di tutte le convinzioni, e la crescente indifferenza delle folle e degli individui, per quel che non riguarda precisamente i loro immediati interessi. Le questioni di dottrine, come il socialismo, non reclutano difensori realmente convinti che nei ceti illetterati: operai di miniere e di officine, ad esempio. Il piccolo borghese, l'operaio leggermente istruito, sono diventati troppo scettici.

L'evoluzione così operata da trent'anni ad oggi suscita stupore. Nell'epoca precedente, tuttavia poco lontana, le opinioni possedevano ancora un orientamento generale; esse derivavano dall'adorazione di qualche credenza fondamentale. Il solo fatto di essere monarchico, implicava fatalmente, tanto nella storia che nelle scienze, certe idee conservatrici e il fatto d'essere repubblicano, conferiva delle idee completamente contrarie. Un monarchico diceva con sicurezza che l'uomo non discende dalla scimmia, e un repubblicano, affermava con non minor sicurezza che invece discende dalla scimmia. Il monarchico doveva parlare della Rivoluzione con orrore, e il repubblicano con venerazione. Certi nomi, come quelli di Robespierre e di Marat, dovevano essere pronunciati con espressioni riverenti, e altri, come quelli di Cesare, di Augusto e di Napoleone non potevano essere articolati senza invettive. Perfino nella nostra Sorbona prevaleva quest'ingenuo modo di concepire la storia.

Oggi, di fronte alla discussione e all'analisi, ogni opinione perde il suo prestigio; i suoi angoli si smussano presto, e ben poche idee, capaci di appassionarci, sopravvivono. L'uomo moderno é sempre più conquistato dall'indifferenza.
Non deploriamo troppo presto questo isterilimento generale delle opinioni. Che ciò sia un sintomo di decadenza nella vita di un popolo, non si può contestarlo. I veggenti, gli apostoli, i condottieri, i convinti insomma, hanno di certo una ben altra forza dei negatori, dei critici, degli indifferenti; ma non dimentichiamo che con la potenza attuale delle folle, se una sola opinione potesse acquistare abbastanza prestigio per imporsi, sarebbe ben presto rivestita di un potere talmente tirannico che tutto dovrebbe piegare di fronte ad essa.
L'età della libera discussione sarebbe allora chiusa per lungo tempo.
Le folle mettono talvolta in evidenza dei padroni pacifici, come lo furono a lor tempo Eliogabalo e Tiberio; ma esse hanno anche furiosi capricci. Una civiltà facile a cadere fra le loro mani, é in balia di troppi casi per durare a lungo. Se qualcosa potesse ritardare un po' l'ora del dissolvimento, sarebbe precisamente l'estrema mobilità delle opinioni e l'indifferenza crescente delle folle per tutte le credenze generali.

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