FILOSOFIA

IL PENSIERO DI PARMENIDE

Parmenide nella "Scuola d'Atene" di Raffaello

L’eredità di Parmenide:
"tutte le volte che i filosofi cercheranno di pensare ad una realtà assoluta ed eterna,
Parmenide sarà sempre presente....
sia che tale realtà prenda il nome di Natura, Cosmo, Dio"

Prof. Giovanni Pellegrino
Prof.ssa Mariangela Mangieri

In questo articolo prenderemo in considerazione il pensiero di Parmenide, il fondatore della Scuola Eleatica.


Prima di esporre il suo pensiero diremo qualcosa sui caratteri generali della FILOSOFIA ELEATICA
Con l’Eleatismo che fiorisce nelle colonie greche dell’Italia meridionale ci troviamo in un clima filosofico diverso da quello ionico. Mentre quest’ultimo aveva ricercato il principio e la sostanza fisica delle cose capaci di spiegare la molteplicità e il mutamento della Natura, l’Eleatismo presenta caratteristiche molto diverse.


Infatti l’Eleatismo va oltre la superficie delle cose cercando di giungere ad un essere unico, eterno e immutabile di fronte al quale il nostro mondo è solo apparenza ingannatrice. In ultima analisi possiamo dire che gli eleati sostengono che le cose non sono come i sensi e l’esperienza ci presentano ma come la ragione le pensa secondo una logica rigorosa.

Detto ciò esporremo gli elementi principali del pensiero di Parmenide. Secondo il filosofico greco difronte all’uomo si aprono due strade sostanzialmente: il sentiero della verità (aletheia) basata sulla ragione che ci porta a conoscere l’Essere vero e il sentiero dell’opinione (doxa) basata sui sensi che ci porta a conoscere l’essere apparente.


Per Parmenide il filosofo deve chiaramente imboccare la via della verità che è quella della ragione ma che cosa ci dice quest’ultima via? Parmenide basandosi sui principi d’identità e di non contraddizione, ci dice fondamentalmente una cosa: l’essere è e non può non essere mentre il non essere non è e non può essere.


Con questa tesi Parmenide intende dire che solo l’essere esiste mentre il non essere per definizione non esiste e non può essere pensato. Infatti la nostra mente e il nostro linguaggio possono fare riferimento solo all’essere mentre il non essere è impensabile e inesprimibile.
Molto famoso è questo frammento di Parmenide: “è necessario il dire e il pensare che l’essere sia: infatti l’essere è e il nulla non è” ( fr.6) Da questa posizione chiave del suo pensiero Parmenide mediante una logica rigorosa ricava una serie di attributi fondamentali che a suo dire caratterizzano l’essere vero.
Parmenide parte dal presupposto che bisogna rifiutare tutto ciò che comporta il non-essere. Egli sostiene che l’essere è ingenerato ed eterno poiché se nascesse o morisse implicherebbe in qualche modo il non essere. Infatti nascendo verrebbe dal nulla e morendo si dissolverebbe nel nulla. Di conseguenza l’essere è eterno poiché se fosse nel tempo implicherebbe il non essere del passato o il non essere del futuro. Pertanto l’essere è un presente eterno cui non compete né l’era né il sarà ma soltanto l’è.


Dobbiamo mettere in evidenza che in Parmenide troviamo la prima concettualizzazione filosofica dell’eternità intesa come ciò che è. Inoltre l’essere vero è immutabile e immobile poiché se mutasse o si muovesse implicherebbe di nuovo il non essere. Infatti si troverebbe in una serie di stati o di situazioni in cui prima non era. Inoltre l’essere è unico ed omogeneo in quanto se fosse molteplice o differenziato implicherebbe degli intervalli di non essere.
L’essere è altresì finito poiché secondo la mentalità greca di Parmenide il fatto di essere finito è sinonimo. Per esemplificare tale concetto egli usa l’immagine della sfera considerata appunto come una sorta di pieno assoluto da cui risulta assente il non essere.
Dobbiamo dire che in tutti i suoi aspetti l’essere di Parmenide si configura come una realtà necessaria ovvero come qualcosa che non può non essere o essere diverso da così com’è.

A questo punto ci rendiamo conto di come Parmenide con la sola forza della logica abbia costruito gli attributi filosofici di un essere perfetto. Ma che cos’è precisamente questo essere perfetto che Parmenide ritiene di aver portato alla luce della filosofia? Purtroppo sulla base dei pochi frammenti che ci sono rimasti non possiamo dirlo con certezza. Basti pensare che per alcuni l’essere parmenideo è una realtà metafisica o addirittura teologica, mentre per altri è una realtà fisica e corporea.
Secondo altri ancora l’essere perfetto di Parmenide è una costruzione logico-grammaticale. Tuttavia al di fuori delle discussioni una cosa è senza dubbio sicura: tale essere possiede tutte quelle caratteristiche( ingenerato, imperituro, eterno, immutabile, unico, necessario) che in seguito saranno attribuite all’Essere Assoluto.

Nella storia del pensiero filosofico tale essere assoluto è stato a volte concepito come un Dio trascendente oppure come la natura stessa. Ma a parte quest’essere assoluto come deve essere inteso per Parmenide il mondo in cui viviamo, cioè quella parte della realtà che i sensi ci mostrano?
Tale realtà presenta delle caratteristiche diametralmente opposte a quelle dell’essere vero essendo molteplice, generata, peritura, temporale e mutevole. Parmenide in maniera molto coerente con il suo pensiero afferma che tale realtà dal momento che implica il non essere è filosoficamente parlando pura apparenza o illusione.

Riteniamo opportuno citare un frammento parmenideo sul mondo dell’apparenza: “tutti i nomi saranno quelli che hanno posto i mortali credendo che fossero veri: nascere e perire, essere e non essere”.
Ma in che senso per Parmenide il mondo dell’apparenza si riduca ad una serie di nomi vani non risulta chiaro. Infatti anche su questo punto i critici sono in disaccordo tra di loro. Invece è certo che nella seconda parte della sua opera dedicata all’opinione Parmenide si proponeva di fornire una teoria verosimile del mondo dell’apparenza e dell’esperienza.
La dottrina che egli proponeva a questo riguardo è per quanto si può dedurre oggi fondamentalmente di origine pitagorica. Infatti si tratta di una dottrina dualistica in cui il contrasto pitagorico tra il limite e l’illimitato è espresso nella forma del contrasto tra la luce e le tenebre.

Aristotele ha interpretato tale contrasto come l’opposizione tra caldo e freddo. Parmenide considera la realtà fisica come un prodotto della mescolanza e insieme della lotta di questi due elementi nel modo in cui i pitagorici intendevano le cose materiali prodotte dalla mescolanza del limite e dell’illimitato.
Di conseguenza sembra che Parmenide voglia sostenere che l’unico filosoficamente degno è quello sull’essere. Tuttavia volendo si può offrire anche una teoria sul mondo percepito dai sensi a condizione che non si dimentichi che la realtà percepita dai sensi è solamente apparenza cosicchè l’essere vero è altrove, laddove lo coglie la ragione.

Per quanto riguarda il posto occupato da Parmenide nella storia della filosofia dobbiamo dire che al di là delle oscurità e degli interrogativi che il suo pensiero continua a porre, la grandezza filosofica di Parmenide risulta comunque evidente. Dobbiamo ricordare che Platone ha chiamato Parmenide “maestro venerando e terribile”.

Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che tutte le volte che i filosofi cercheranno di pensare ad una realtà assoluta ed eterna, l’eredità di Parmenide sarà sempre presente sia che tale realtà prenda il nome di Natura, Cosmo, Dio etc.

Prof. Giovanni Pellegrino
Prof.ssa Mariangela Mangieri

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