LA PRIMA GUERRA MONDIALE
DAI BOLLETTINI UFFICIALI

1913


Delcassè l'uomo che lavorò fin dal 1913, per la "rivincita" della Francia umiliata nel 1870-71

MOLTO PRIMA DI VERSAILLES
QUINDI PRIMA DELLA GUERRA
IL DURISSIMO TRATTATO DI PACE CON LA GERMANIA

era già stato scritto 6 anni prima !

Già prima che scoppiasse la guerra, quindi prima dei tragici fatti di Sarajevo, la volontà di alcune potenze era di scatenare una guerra per raggiungere loro fini particolari, specialmente nel campo territoriale; fini che prescindevano dal diritto di autodecisione, dal rispetto delle nazionalità e anche dalla perfetta uguaglianza delle nazioni, e si proponevano il maggior danno possibile per il nemico, che in definitiva era poi uno solo: l'impero tedesco. Si distinguevano in questi proponimenti specialmente la Francia e la Russia, sia per quello che richiedevano a proprio favore, sia per quello che non volevano dare ai loro minori alleati.
Ad assecondare Francia e Russia, vi era la Gran Bretagna spinta dalla volontà di mantenere i suoi commerci e il suo dominio sui mari (da qualche tempo minacciati dai tedeschi).

(La Reichsverband tedesca (una specie di Confindustria) fin dal 1870 era già potente! Il primo cartello carbonifero in Germania, sorse a Dortmund nel 1879. Nel 1905, dieci anni prima che la guerra mondiale scoppiasse, in Germania si contavano già sessantadue (62!) cartelli metallurgici. C'era un cartello della potassa nel 1904, un cartello dello zucchero nel 1903, e dieci cartelli nell'industria vetraria).
 
Infatti alla conferenza di Parigi i timori furono chiaramente espressi e a proposito dell'utopia di Wilson e della sua Lega, il giovane ministro della Marina Winston Churchill fu anche sarcastico
"Una Lega delle Nazioni non è il sostituto della supremazia della flotta inglese"; e il Times dell'11 dicembre aggiunse chiaramente quali erano stati gli scopi della Gran Bretagna nella guerra "Una cosa è chiara: questa guerra non è stata vinta per la civiltà ma per il dominio inglese dei mari. Perciò per quanto riguarda questo paese, non può esser messa in discussione l'eventualità di spuntare l'arma che in questa guerra ci ha dato la vittoria". (Qui ricordiamo che l'imponente flotta tedesca si trovava internata nel porto britannico di Scapa Flow: consistente in 27 fra navi e incrociatori da battaglia, 19 incrociatori leggeri, 101 fra cacciatoperdiniere e torpediniere e 135 sommergibili. Flotta che si voleva distruggere, ma poi la Francia ne pretese una parte per rinnovare la sua flotta, che però doveva essere proporzionata a quella inglese, secondo i dettami di Wilson e della sua Lega delle Nazioni. Un'idea che non piaceva proprio all'Inghilterra).


E come la Francia anche la Gran Bretagna invocava "il pericolo speciale". Gilbert Murray scriveva "Noi non possiamo abbandonare la nostra superiorità navale, perchè noi siamo un isola e se fossimo sconfitti in mare e bloccati, noi tutti saremmo condannati a morire di fame o alla resa in poche settimane"
(Baker, op. cit, pag. 381). Ma questo avveniva nel 1918-19, mentre molto tempo prima - fin dal novembre 1914 - erano già stati fatti i programmi.

"Noi non rimetteremo nel fodero la spada che non abbiamo tratto fuori alla leggera finchè il Belgio non avrà in pieno tutto quello che esso ha sacrificato, finchè la Francia non sarà adeguatamente assicurata contro la minaccia di aggressione, finchè i diritti delle piccole nazioni dell'Europa non saranno posti su una base tangibile e finchè la dominazione militare della Prussia non sarà completamente e definitivamente distrutta
". Questo il discorso alla Guilhall del 9 novembre 1914.
(Lloyd George, The Truth about the Peace Treaties, London, 1938, I, p. 23). A queste dichiarazioni si associava anche il capo del governo francese, Viviani, il quale aggiungeva che la Francia avrebbe combattuto "finchè non fossero tornate per sempre le province che le erano state strappate" (Ib. p. 24).

Gli scopi degli alleati promulgati al principio della guerra possono essere così riassunti:

" 1) Rivendicazione del diritto internazionale contro la tirannia della forza adoperata come strumento non di giustizia ma di arroganza, di avidità e di oppressione nazionale; 2) Completo ristabilimento dell'indipendenza nazionale e dell'integrità del Belgio e della Serbia; 3) Disfatta e distruzione del militarismo prussiano come una minaccia alla pace del mondo; 4) Instaurazione del principio del diritto internazionale su basi solide, tali che fosse garantita una protezione delle nazioni piccole e deboli contro l'aggressività delle grandi; 5) Restituzione, per quanto riguarda la Francia, delle perdute province dell'Alsazia-Lorena".
(Ib. p. 25)

La guerra era appena iniziata, ma fin dai primi giorni fra le tre potenze (Gran Bretagna, Francia e Russia) nacquero le divergenze sui fini di quella guerra che andavano insieme ad iniziare, anche se questi fini erano rivestiti da quelli che saranno poi in seguito gli utopistici principi wilsoniani. Proprio Wilson ancora un anno prima che scendesse in campo con l'esercito americano (e dopo due anni che in Europa si combatteva) il 18 dicembre 1916, chiese alle tre potenze quali fossero i loro scopi di guerra. Lui e i suoi consiglieri poco sapevano della lunga e complessa Storia d'Europa, quasi sempre fatta e scritta da intricanti personaggi dentro quelle corti impregnate di reciproci atavici rancori di ogni genere, compresi quelli dei falliti matrimoni dinastici.

Era insomma un programma sorto negli Stati Uniti che, protetti da due mari e senza potenti pericolosi vicini, provvisti di tutte le risorse economiche, senza aspirazioni territoriali, credevano possibile la pace eterna e la desideravano per poter sviluppare la loro produzione e il loro commercio con tutto il mondo. Ma non era un programma che si adattasse alle condizioni storiche dell'Europa, il cui assetto era frutto di secoli di contrasti e di guerre, dove la popolazione si addensava in uno spazio ristretto, di cui sfruttava al massimo le risorse e inoltre doveva approvvigionarsi di ingenti quantità di materie dagli altri continenti, e dove ogni nazione vedeva la sicurezza e la pace nella maggior quantità di garanzie d'ogni genere contro un attacco esterno. Una di queste nazioni era la Francia che intendeva creare una zona di protezione di fronte a una nuova eventuale minaccia tedesca, da ottenersi con l'indebolimento politico ed economico della Germania.
Wilson invece partiva dal presupposto che dalla vita delle nazioni, come da quelle degli individui, fosse possibile eliminare i contrasti; mentre gli altri li ritenevano inevitabili, quindi volevano esser in grado di affrontarli nelle migliori condizioni possibili.

E le divergenze erano che l'Inghilterra secondo i francesi non nutriva abbastanza rancore verso la Germania. Ma di motivi gli inglesi ne avevano diversi per comportarsi così. Mettendo da parte quelli atavici, il primo motivo era che la Germania nella sua disperazione potesse cadere nelle accoglienti braccia della Russia bolscevica; secondo motivo - essendo questa la loro attività principale - volevano riprendere  i commerci con la Germania, lasciando da parte i rancori, perchè "gli affari sono affari". Volevano insomma ridare un po' di fiducia ai tedeschi, riabilitarli. Non spingerli troppo sul baratro del lesionismo o autolesionismo. Se i tedeschi lo avessero fatto non avevano nulla da perdere, più in basso di così non potevano mica andare. E questo li poteva indurre a tentare pericolose "avventure" rivoluzionarie. Alcune c'erano già state (quella degli spartachisti) e altre di tipo militare erano in quei giorni parigini già nell'aria.


Il 17 gennaio 1917 i "tre" avevano risposto alla ingenua domanda di Wilson che si "associavano al suo progetto d'una Lega delle Nazioni per assicurare la pace e la giustizia del mondo; riconoscendo negli ideali wilsoniani tutti i vantaggi che per la causa dell'umanità e della civiltà avrebbe presentato il fissare dei regolamenti internazionali destinati ad evitare conflitti violenti fra le nazioni; regolamenti che avrebbero dovuto comportare le sanzioni necessarie per assicurare l'esecuzione e per evitare in tal modo che una sicurezza apparente servisse soltanto a facilitare nuove agressioni"
. E con candore aggiungevano "...di non combattere per interessi egoistici, ma soprattutto per la salvaguardia dell'indipendenza dei popoli, del diritto e dell'umanità" (Ib. p. 53).

Ma il 30 gennaio Clemenceau aveva detto "La Francia è la vicina immediata della Germania, e in ogni momento potrebbe essere attaccata improvvisamente come lo è stato in passato...La Francia si rende conto che la Gran Bretagna ha impegni in tutte le parti del mondo e non potrebbe venire subito in aiuto della Francia. Se si vuole stabilere la Lega delle Nazioni e la pace nel mondo non si deve cominciare col porre la Francia in una posizione pericolosa. L'America è protetta da tutta l'estensione dell'Oceano, e la Gran Bretagna dalla sua flotta" (Baker, op. cit., I, pp 426).

A quel punto il testo concordato fu il seguente: "Il Consiglio, tenendo conto della situazione geografica e delle circostanze di ciascun Stato, dovrà formulare i piani della riduzione degli armamenti. Parimenti dovrà sottomettere all'esame di ciascun governo la giusta e ragionevole proporzione degli armamenti corrispondenti alla quantità delle forze stabilite nel programma di disarmo".
Era la prima soddifazione delle Francia che tramite Bourgeois affermava che "il diritto e la giustizia dovevano essere la base del regolamento di tutti i conflitti, di tutte le divergenze internazionali" (Bourgeois, Le Pacte de 1919 et la Societè des Nations, Paris 1919, I, p. 367) ma più avanti (a pag. 43) aveva scritto, condividendo l'opinione di Ribot, che "il diritto senza la forza non è altro che l'umiliazione della giustizia oppressa dalla violenza".

Il progetto idealistico di Wilson, quando si trattò di fare accordi con le due potenze europee (nel frattempo era uscita di scena la Russia) e fare le future proposte di pace, e stabilire un criterio del disarmo, quindi passare al concreto, gli scopi perseguiti dal primo non trovavano concordanza con i secondi. I 14 punti di Wilson alla conferenza interalleata di Parigi del dicembre 1917 i vari punti di vista rivelarono subito le divergenze e quali in realtà erano stati i veri scopi della guerra. Che non erano nuovi, ma di vecchia data. Sarajevo era stata solo la miccia. E l'immediata partecipazione della Germania accanto all'Austria era in sostanza un guerra preventiva della Germania contro le altre potenze che o per invidia della sua economia o per vecchi rancori, già da tempo tramavano per distruggerla.


Già prima della guerra,
nel 1913 a Pietroburgo, si erano avute conversazioni fra il ministro degli Esteri russo, Sazonoff e l'ambasciatore francese DELCASSE (nella foto di apertura)
. "La partecipazione di quest'ultimo ai colloqui è sufficiente ad indicarne la loro indole" (Fr. Stieve, Iswolski im Weltkrieg, Berlin, 1925, n.225).
Come ministro degli esteri dal 1898 al 1905 Delcasse aveva lavorato tenacemente ad assicurare alla Francia le amicizie necessarie per il "giorno della rivincita".
Rivincita per tutto quello che la Francia aveva perduto in seguito alla guerra del 1870-71, il che significava riavere l'Alsazia-Lorena e, nel quasi cinquantennale rancore nutrito verso i tedeschi, primo obiettivo era quello di distruggere quell'impero nato proprio con quella guerra.
Questa aspirazione era così tanto radicate nella natura di Delcassè che ancora nel 1919 a Versailles egli voleva ancor più lo smembramento della Germania, e il giorno in cui alla Camera francese venne approvato il Trattato di Pace con la Germania, egli si astenne dal voto perchè quel trattato "manteneva l'unità della Germania"
(Henry Leyret, Delcassè parle ... in "Revue des Deux Mon des", 15 sett, 1937, p. 381).

Quindi Sazonoff quando il 14 settembre 1914 riprese le conversazioni con gli ambasciatori inglese e francese, non rivelava un argomento completamente nuovo. Dopo aver notato che era necessario "elaborare un progetto" Sazonoff esponeva ai suoi interlocutori le linee generali del nuovo assetto europeo (anche se come notiamo al punto 8, nè lui né tantomeno le altre tre potenze prevedevano la totale sconfitta e la conseguente disintegrazione dell'Impero Austro-Ungarico. Il principale pensiero Francese, Inglese e Russo era rivolto unicamente alla Germania).

Dobbiamo subito dire che per quanto il programma fosse uscito dalla mente fervida di Sazonoff e non impegnasse ancora i suoi alleati, tuttavia era un indice delle idee che circolavano in proposito nei mesi precedenti e nei primi giorni di una guerra che era ancora tutta da fare (la Francia aveva dichiarato guerra all'Austria l'11 agosto, la Gran Bretagna il 12, ma già il 3 e 4 agosto l'avevano dichiarata alla Germania, che a sua volta l'aveva dichiarata il 1° agosto alla Russia e il 2 agosto a Francia e Gran Bretagna).
Con il programma di Sazonoff si mirava solo a soddisfare i desideri dei futuri vincitori senza tener conto della volontà delle popolazioni. Era quindi fin dall'inizio un programma contrario ai principi di nazionalità e di autodecisione che andrà a propugnare Wilson (prima in America l'8 gennaio e il 4 luglio 1918, poi a Versailles, prima ancora di iniziare i tanto attesi trattati di pace con gli sconfitti).


Ecco il programma dei tre alleati

(concepito nel 1913, preso in considerazione nel 1914, diventato realtà nel 1919.
Dal
"Die internationalen Beziehunghen im Zetailter del Imperialismous, VI, p.I, n. 256).

1) L'oggetto principale dei tre alleati deve essere quello di rompere la potenza tedesca e la sua pretesa di dominio militare e politico;

2) Le modificazioni territoriali devono essere determinate secondo i principi di nazionalità.

3) La Russia si annetterà il corso inferiore del Niemen e la parte orientale della Galizia. Unirà al regno di Polonia la Posnania orientale, la Slesia.... (qui mancano parole) e la parte occidentale della Galizia.

4) La Francia si riprenderà l'Alsazia-Lorena, aggiungendovi a suo piacere una parte della -Prussia renana e del Palatinato.

5) II Belgio otterrà in... ...... ......(mancano più parole) un aumento importante di territorio.

6) Il territorio dello Schleswig-Holstein sarà restituito alla Danimarca.

7) Il regno di Hannover sarà ristabilito.

8) L'Austria sarà formata da una monarchia tripartita, composta dell'impero d'Austria, del regno di Boemia e del regno di Ungheria. L'impero d'Austria avrà unicamente le province ereditarie. Il regno di Boemia si estenderà alla Boemia attuale e alla Slovacchia. Il regno di Ungheria dovrà intendersi con la Romania a proposito della Transilvania.

9) La Serbia avrà la Bosnia, l'Erzegovina, la Dalmazia e il nord dell'Albania.

10) La Bulgaria riceverà un compenso dalla Serbia in Macedonia.

11) La Grecia si annetterà l'Albania meridionale, ad eccezione di Valona destinata all'Italia.

12) L'Inghilterra, la Francia e il Giappone si divideranno le colonie tedesche.

13) La Germania e l'Austria pagherà una indennità di guerra»

(All'incirca è ciò che figurerà nel Trattato di Pace con la Germania scritto a Versailles)

 

"Intanto Sazonoff incaricava gli ambasciatori a Londra e a Parigi di informarsi sulle richieste francesi ed inglesi (Stieve, Op. Cit., n. 219). L'ambasciatore russo a Londra, Benckendorff, dopo aver parlato con ministri e con influenti rappresentanti del partito conservatore, riferiva a Pietroburgo le conclusione delle sue indagini. Il programma inglese - secondo lui - comportava l'acquisto delle colonie tedesche; la neutralizzazione del canale di Kiel; la consegna di tutta la parte migliore della flotta tedesca; la sistemazione della Schelda con possibile rettifica di confine a favore del Belgio; l'eventuale unione del Lussemburgo al Belgio; l'annessione all'Olanda della Frisia tedesca; le riparazioni di guerra; il crollo della Prussia e la conseguente rinuncia alla sua egemonia in Germania. Anzi lo scopo principale dell'Inghiltera era proprio il crollo della potenza militare e marittima della Germania, e su ciò - secondo Benckendorff - era d'accordo anche il Re (Die internationalen Beziehungen, cit., n. 278).

"Passando poi a parlare degli alleati, la Francia avrebbe riavuto l'Alsazia-Lorena e le colonie, la Russia tutte le province polacche con la speranza che per queste province mantenesse le promesse del proclama del Granduca. Oltre alle province polacche, alla Transilvania, alla Bosnia-Erzegovina e al litorale adriatico destinate alla Romania, agli Stati slavi e all'Italia, l'Austria avrebbe perduto anche il Trentino. Tutto questo nel caso di un intervento dell'Italia e della Romania. In ogni modo l'intera simpatia inglese era a favore di un miglioramento della carta europea su basi etniche a spese soprattutto dell'Austria. Però « la forza intera del sentimento nazionale britannico era diretta contro la Germania »
(Die internationalen Beziehungen, cit., n. 329.).



In questi scopi inglesi troviamo molte somiglianze con quelli russi, ma non dimentichiamo che l'esposizione di essi è fatta da Benckendorff, quindi bisogna accoglierli con cautela.
Anche l'ambasciatore a Parigi cercò di ottenere le informazioni richieste dal suo ministro e il 13 ottobre riferì a Pietroburgo quanto aveva appreso dai suoi colloqui con Delcassé, allora ministro degli Esteri. Questi, pur riconoscendo che era ancora presto « per spartirsi le pelle dell'orso», tuttavia esprimeva la sua opinione personale, secondo la quale la Francia
« non aspirava ad alcun acquisto territoriale in Europa, salvo ben inteso, il ritorno dell'Alsazia e Lorena. Parimenti non aspirava a nuovi acquisti territoriali in Africa ». Il suo ....
« scopo principale era la distruzione dell'impero tedesco e il maggior indebolimento possibile della potenza militare e politica della Prussia".
"Dichiarava che non si sarebbe opposto alle richieste inglesi di un Hannover indipendente, al ritorno alla Danimarca dello Schleswig-Holstein, agli ingrandimenti coloniali inglesi, alle richieste territoriali russe. Meno categorico fu a proposito dell'Austria, a causa delle simpatie tradizionali francesi verso questo Stato"
(Die internationalen Beziehungen, cit., nn. 385, 386).

Anche per le condizioni francesi, come per quelle inglesi, occorre ripetere che non si trattava ancora di richieste ufficiali, anche se questa volta venivano dallo stesso ministro degli Esteri.
L'argomento venne ripreso da Nicola II in un colloquio che egli ebbe il 21 novembre 1914 con l'ambasciatore francese Paléologue. Anzitutto lo Zar ripeté quello che abbiamo già sentito e cioè la necessità della
«distruzione del militarismo tedesco, cioè la fine dell'incubo nel quale la Germania ci fa vivere da più di quarant'anni. Bisogna togliere al popolo tedesco ogni possibilità di rivincita. Se ci lasciamo impietosire sarà una nuova guerra a breve scadenza». Poi spiegando una grande carta d'Europa, indicò i mutamenti territoriali a favore della Russia, della Serbia e della Grecia che erano già stati indicati da Sazonoff; e anche per la sorte dell'Austria rimase fedele all'esposto del suo ministro. Poi indicò che l'Armenia non doveva più rimanere sotto i Turchi, era però ancora incerto se annetterla alla Russia o farne uno Stato autonomo. Approvava in anticipo le richieste francesi ed inglesi.

«Ma è in Germania
- continuò - che si produrranno i cambiamenti più grandi. Come ho già detto, la Russia si annetterà i territori dell'antica Polonia e una parte della Prussia orientale. La Francia riprenderà certamente l'Alsazia-Lorena e si estenderà forse anche sulle province renane. Il Belgio dovrà ricevere nella regione di Aquisgrana un importante aumento di territorio: se lo è ben meritato! Quanto alle colonie tedesche, la Francia e l'Inghilterra se le divideranno, a loro volontà. Desidero infine che lo Schleswig compresa la zona del canale di Kiel sia restituito alla Danimarca.
E l'Hannover? Non converrà ricostituirlo? Interponendo un piccolo Stato libero fra la Prussia e l'Olanda, noi consolideremo molto la pace futura. Perchè questo deve essere il nostro pensiero direttivo. La nostra opera non sarà giustificata davanti a Dio e davanti alla storia se non è dominata da un'idea morale, dalla volontà di assicurare per molto tempo la pace del mondo».


E parlando di «idea morale» lo Zar era certamente sincero, però non vedeva che l'"idea morale" non si conciliava con le sue conquiste a spese della Germania. Per «idea morale» intendeva soprattutto assicurare la pace, ma non prima di aver fatto una guerra di "conquiste".
Paléologue si limitò ad ascoltare senza esporre i fini francesi. Fece un'eccezione per la Palestina e la Siria dove la Francia possedeva
« un prezioso patrimonio di ricordi storici, di interessi morali e materiali" e quindi chiese l'assenso, subito promesso, alle misure che il suo governo avrebbe ritenute necessarie per la loro difesa
( M. PALÉOLOGUE, La Russie des Tsars pendant la grande guerre, Paris, 1921, I, pp. 197-202.).

Qualche mese più tardi, in un colloquio del 3 marzo 1915, lo Zar ritornò sull'argomento e, mentre domandava per la Russia il possesso di Costantinopoli e degli Stretti, per le richieste francesi dichiarò:
«Desidero che la Francia esca da questa guerra il più che sia possibile grande e forte. Io sottoscrivo in anticipo tutto quello che il vostro governo può desiderare. Prendete la riva sinistra del Reno, prendete Magonza, prendete Colonia, andate anche più in là se lo ritenete utile. Io ne sarò felice e fiero per voi » (PALÉOLOGUE, Op. cit., p. 33; POINCARÉ, Au service de la France: Les Tranchées, Paris, 1930, p. 90). Più che una strategia, c'era il livore per i tedeschi.

In un telegramma dell'8 marzo 1916 ad Iswolski Sazonoff riconfermava che la Russia «
era pronta ad accordare alla Francia ed all'Inghilterra piena libertà nel fissare i confini occidentali della Germania», in cambio si attendeva altrettanta libertà nello stabilire quelli tedeschi ad est (E. ADAMOW, Die europàische Màchte und die Turkei wàhrend des Weltkrieges: Kostantinopel und die Meereugen, Dresden, 1930, II, n. 106.).

Insomma il Trattato di Pace (cioè le condizioni) con la Germania a fine guerra, era già stato scritto prima della guerra.
Prima ancora che morissero 20 milioni di soldati.
Quella poi di Versailles fu soltanto una sceneggiata e il patto della Lega delle Nazioni null'altro che carta straccia.

A dire il vero, a non contribuire a rendere sereni e facili i dibattiti di Parigi, e a dar ragione e quindi a preoccupare la Francia, erano le notizie che venivano dalla Germania: vi era lentezza nella smobilitazione; c'era il rifiuto di consegnare la flotta; non venivano ritirate le truppe concentrate contro la Polonia; c'era la resistenza degli ambienti militari a deporre le armi; i giornali riferivano che il maresciallo Hinderburg stava organizzando un esercito di 600 volontari evocando la rivolta; quella spartachiana era stata appena domata ma si temeva che il nuovo esercito potesse diventare strumento dei reazionari tedeschi e finisse col marciare contro Berlino e contro le truppe alleate di occupazione.
Infine il 19 febbraio si aggiunse anche l'attentato a Clemenceau che venne ferito e quindi sospesa la Conferenza. Ci fu così un ritardo nella prosecuzione dei lavori. Ma quando ripresero anche se l'opera di pace si concluse, lasciò insoluti i problemi riguardanti una gran parte dell'Europa.
Tutte le critiche fatte al sistema creato a Versailles partono dal presupposto che non solo si sarebbe dovuto, ma si sarebbe potuto fare meglio.
Ma questo era possibile?

Rispose molti anno dopo House
"nessuno può dire con certezza se si sarebbe potuto fare meglio in quel momento in cui si svolgeva il lavoro. Noi ci trovammo in presenza di una situazione gravida di difficoltà, situazione che non poteva essere affrontata che con uno spirito pieno d'idealismo e spoglio di egoismo. Ora questo spirito mancava quasi completamente, e sarebbe stato troppo domandarlo ad uomini riuniti in un momento simile e per un simile scopo" (House, Papiers intimes publieè par, Parigi 1931, IV, p. 530)

In conclusione a Versailles i trattati non stabilirono la pace ma una tregua. Quanto alla Lega delle Nazioni che doveva evitare future aggressioni non solo non vi partecipò chi l'aveva ideata (Wilson degli USA) ma non le vennero dati i mezzi per adempiere il suo compito. Perciò in mancanza di una forza materiale propria, con la quale far rispettare le leggi internazionali, tutta la sua efficacia dipendeva dalle forze morali.
Ora pensare che queste potessero arrestare i conflitti era un attendersi troppo dalla natura umana. ( Giovanni Giolitti)

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