LA PRIMA GUERRA MONDIALE
DAI BOLLETTINI UFFICIALI

1916

LA GUERRA AEREA - I BOMBARDAMENTI - BILANCIO AL MAGGIO 1916

LA GUERRA AEREA: ATTIVITÀ AUSTRIACA; LA PRIMA INCURSIONE ITALIANA SU LUBIANA; NUOVO VOLO DEL D'ANNUNZIO SU TRIESTE; LA SPEDIZIONE PUNITIVA ITALIANA SU LUBIANA E L'EROISMO DEL CAPITANO SALOMONE; LE OPERAZIONI AEREE DAL 27 MARZO AL 3 APRILE; L'AZIONE DEI DIRIGIBILI - UN RAPPORTO UFFICIALE SULLE OPERAZIONI DAL MARZO AL MAGGIO 1916
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Dopo lo scempio su Venezia (già visto nelle altre pagine - primo mese di guerra )
ecco il bombardamento e le bombe cadute su Treviso

LA GUERRA AEREA: ATTIVITÁ AUSTRIACA; INCURSIONI ITALIANE
NUOVO VOLO DI D'ANNUNZIO SU TRIESTE
LE OPERAZIONI AEREE DAL 27 MARZO AL 3 APRILE

 

Più intensa ancora che nel 1915 fu nei primi cinque mesi del 1916 l'attività delle forze aeree sia austriache sia italiane, e le prime, purtroppo, non mutarono metodi, ma perseverarono nel loro barbaro sistema, quello di terrorizzare, bombardando città indifese mietendo vittime tra la popolazione civile, o facendo uno scempio dei tesori artistici e archeologici.

Iniziarono gli Austriaci a colpire nello stesso Capodanno 1916, quando gettarono bombe su Marco, Strigno e Borgo Valsugana; il 5 in Val Lagarina, in Val Dogna e nell'Alto Isonzo; il 6 ancora nell'alto Isonzo; il 12 su alcune località della pianura dell'Isonzo; il 13 su Rimini, perdendovi un aeroplano abbattuto dalle artiglierie italiane; il 17 su Ancona; il 19 su Udine; il 21 su Dogna; il 22 su Borgo Valsugana; il 26 su Ala, Roncegno e ancora su Borgo. Nel mese di Febbraio: il 3 su Gorgo, nella laguna di Grado; il 7 su Borgo e Castel Telvana; il 12 su Codigoro, Bottrighe e Ravenna, ferendo parecchie persone, uccidendone quindici e danneggiando l'ospedale civile e la monumentale basilica di Sant'Apollinare; il 14 si spinsero su Milano, uccidendovi dodici persone e ferendone altre, poi su Greco, Turro, Monza, Treviglio, Bergamo, Brentonico, Schio e Latisana, producendo altre vittime; il 15 sugli abitanti nella pianura tra il Natisone e l'Isonzo; il 19 su Ala; il 22 su Desenzano, Sirmione del Garda, Salò, Trezzo e Paderno d'Adda, uccidendo e ferendo molte persone. Nel mese di marzo: il 17 e il 18 su Punta Sdobba, nel golfo di Panzano; il 22 su Asiago e Telve; il 27 sulla pianura fra l'Isonzo e Piave e su Grado, perdendo un aeroplano presso Ajello, un altro presso il ponte della Priula, un terzo presso Vittorio Veneto e un idrovolante nella Laguna di Grado.

Nel mese di aprile: il 1° nei pressi di Aquileia, dove le nostre batterie abbatterono un biplano; il 2 e il 3 in Val Lagarina e in Val Sugana; il 3 su Ancona, perdendovi tre apparecchi; il 4 su Verona e Bassano; il 6 nella pianura tra l'Isonzo e il Tagliamento, perdendovi due velivoli; il 7 presso Udine, perdendovi altri due apparecchi; la notte del 10 su Grado; il 16 su Treviso, Motta di Livenza e Grado, uccidendo 10 persone, ferendone una ventina e perdendo due idrovolanti; il 18 ancora su Bassano; il 30 su alcune località del basso Isonzo, facendo alcune vittime. Nella prima quindicina del mese di maggio: il 4 sull'alta Val Camonica in Valle Ausici, nel basso Isonzo, su Ravenna, e Cervia e Brindisi, ferendo alcune persone, uccidendone quattro, danneggiando l'ospedale e perdendo un apparecchio: il 5 su Limone (Lago
di Garda); il 7 sul basso Isonzo; l'11 su Ospedaletto; il 15 su Venezia, Mestre e Roncade, uccidendo tre persone, e il 16 su Udine e Treviso uccidendo undici persone.

A questa attività nemica, attività maggiore contrapposero le forze aeree italiane, le quali oramai non erano inferiori per numero e per potenza a quelle austro-ungariche. La prima azione aerea del 1916 fu compiuta l'11 gennaio;
"Una nostra squadriglia, -scriveva il bollettino del 15 gennaio - in condizioni atmosferiche avverse per vento impetuoso, il giorno 12 gennaio, eseguì un' incursione su Gardolo, a nord di Trento, bombardando quel campo nemico d'aviazione, e sulla via del ritorno lasciò cadere qualche bomba sulle stazioni di Trento e di Rovereto e su baraccamenti presso Volano, ritornando poi incolume nelle nostre linee.
Lo stesso giorno un apparecchio lanciò bombe su baraccamenti nemici tra Tione e Breguzzo.
Il 14 gennaio una nostra squadriglia aerea effettuò una larga incursione nella regione ad est dell'Isonzo, bombardò il campo nemico d'aviazione di Aisovizza, baraccamenti di truppe in Chiapovano e Dornberg e le stazioni ferroviarie di Longatico, Prebacina e Lubiana.
Fatta segno a violento fuoco di numerose batterie contro-aeree, la squadriglia ritornò incolume ".

Questa incursione assumeva per l'Italia speciale importanza perché era la prima volta che gli apparecchi italiani si spingevano tanto oltre nel territorio avversario e perché a Lubiana, designata come residenza del Quartier Generale Austriaco per le operazioni contro l'Italia e centro militare importantissimo, risiedeva l'arciduca ereditario CARLO GIUSEPPE.
Il 17 gennaio un velivolo italiano bombardò Volano, in Val Lagarina, sede di un comando austriaco, e GABRIELE D'ANNUNZIO volò nuovamente su Trieste per portare a quei fratelli irredenti il messaggio augurale del nuovo anno; ne riportiamo il fedele testo con il suo consueto stile:

"Trieste, ti portiamo nel tuo cielo il grande augurio d' Italia per l'anno che incomincia, per l'anno di liberazione, che sarà l'Anno primo della tua vita nuova. Conosciamo il tuo continuo tormento. Sappiamo che soffri la fame, il freddo, le umiliazioni, le persecuzioni, le estorsioni, le rapine, ogni sorta di angheria, tutti i mali della servitù abominevole. Sappiamo che patisci oggi, come non mai e che il prossimo domani è per essere anche più duro. Ma la nostra volontà ogni giorno più si afforza della tua passione, o Fedele. Non è dubbio in noi, non esitanza, né stanchezza, né desiderio di tregua, né attesa di pace. Tutta l'Italia, puntata su Roma, si tende per l'impeto irresistibile.
La primavera s'annunzia, celebreremo il Natale di Roma come se la città rimanesse quadrata da questo nuovo solco sanguigno, il più profondo e il più diritto che abbia mai aperto nel suolo e nello spirito il popolo antico e giovine. Ti orneremo l'altare di San Giusto con tutte le verbene del Palatino. Traslateremo nella tua terra santa i corpi dei tuoi figli caduti combattendo. Ruggiero Timeus, Giacomo Venezian, Scipio Slataper, i tuoi gloriosi fuorusciti, sono morti per la tua libertà e per la nostra vittoria. Altri della tua gente, non celebrati ma non meno alti, hanno versato e versano a gara il sangue, nel Cadore, nella Carnia, nel Carso. Riccardo Pitteri, il tuo poeta, il tuo testimonio, il tuo assertore costantissimo, anch' egli è trapassato col desiderio di te nel suo ultimo soffio; e da Roma il suo corpo fa sosta a Venezia, nell'isola sepolcrale dell'Arcangelo aspettando di ricongiungersi al tuo amore e di avere pace nella tua pietra forte. Ti rechiamo il compianto di tutta l'Italia commossa che ha inciso i loro nomi nelle sue nuove tavole, a sé e a te promettendo la festa trionfale dei martiri, che già parve iniziato nell'anniversario recente quando ella beatificò Guglielmo Oberdan con un atto unanime di fervore. O Trieste, ti rechiamo oggi nel tuo cielo, con il compianto e con il conforto e con l'orgoglio della Patria infiniti, l'augurio per il nuovo anno che è il tuo anno mirabile, il tuo Anno primo. Ritorneremo fra breve per calare nel tuo specchio d'acqua, dinanzi ai tuoi moli imbandierati del Tricolore".

Il 14 febbraio, una squadriglia italiana, alzatasi nel cielo di Schio, mise in fuga gli aeroplani austriaci che bombardavano questa città, e nel cielo di Gorizia un aviatore attaccò e mise in fuga un aeroplano nemico.
Il 18 febbraio, "in risposta - come recitava il bollettino di Cadorna - alle molteplici violazioni del diritto delle genti con iniqua insistenza perpetrate dal nemico fin dall'inizio della guerra, una squadriglia di sei nostri Caproni partì per un' incursione su Lubiana. Fatti segno a nutriti tiri della contraerea nemica i nostri apparecchi poterono giungere senza incidenti a una cinquantina di chilometri da Lubiana. Ma, all'allarme dato dall'osservatorio del Monte Santo, alcuni velocissimi Fokker, alzatisi dal campo d'aviazione di Aisovizza, inseguirono la squadriglia e raggiuntala, non osando di affrontarla, assalirono l'ultimo apparecchio, pilotato dal prode capitano ORESTE SALOMONE, che tanto si era distinto nella guerra libica, il quale aveva come compagni due ufficiali, il capitano LUIGI BAILO e il tenente colonnello ALFREDO BARBIERI.
Il penultimo Caproni, accortosi dell'attacco, si dispose ad accorrere in aiuto del compagno, poi agli ufficiali che lo pilotavano parve che l'apparecchio aggredito si fosse disimpegnato da sé e riprendesse la rotta verso Lubiana, e poiché il rombo sonoro delle eliche e lo strepito assordante dei motori non aveva loro permesso di udire lo scoppiettio delle mitragliatrici dei Fokker, non immaginarono la tragica lotta che si era svolta fulmineamente.
Ai primi colpi del nemico era stato ferito alla testa il capitano Salomone, poi furono colpiti ed uccisi, uno dopo l'altro, il Bailo e il Barbieri. Il Salomone, rimasto solo, puntò verso il territorio italiano, rifiutando di arrendersi agli aviatori nemici che, finite le munizioni, gli facevano cenno di atterrare. Nonostante il dolore che gli causava la ferita e il sangue che gli calava sul viso e gli velava la vista, quantunque i corpi dei due compagni morti gli rendessero difficile e faticosa la manovra, sorretto da un'energia sovrumana, riuscì a sfuggire ai tiri delle batterie contraeree ed atterrare in territorio italiano.
Gli altri cinque Caproni, giunti su Lubiana e fatti segni al fuoco delle batterie nemiche e agli attacchi di numerosi aeroplani austriaci, si abbassarono sulla città e tra squarci di nubi vi lanciarono parecchie diecine di granate-mine e di bombe. Un apparecchio, colpito da uno shrapnel che gli aveva danneggiato il motore, volando a bassa quota, riuscì a rientrare alla sua base dalla parte del mare. Un altro, attaccato da uno sciame di caccia austriaci ed essendo stato colpito a morte il pilota, atterrò rovinosamente nei pressi di Biglia e andò in parte distrutto. L'ufficiale superstite, il tenente romano MARCO AURELIO RIPAMONTI del 19° Reggimento Guide, fu fatto prigioniero. Gli altri apparecchi ritornarono incolumi. All'eroico capitano Salomone fu concessa qualche giorno dopo la medaglia d'oro"

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Con un comunicato ufficiale italiano il Paese veniva informato degli effetti dell'incursione:
"Le ardite evoluzioni della nostra squadriglia sul capoluogo della Carniola dettero positivi risultati, specialmente nel settore della città (Udmat), dove sorgono gli edifici militari e dove naturalmente la nostra azione fu più intensa. I velivoli italiani si trattennero nel cielo di quella zona nemica dalle 8 del mattino fino a mezzogiorno, svolgendo durante queste ore in vari punti, ad Adelsberg, Oberlaibach, Opicina, Saule, Salloch, Lubiana, un efficace bombardamento. Risentirono danni, oltre che le stazioni ferroviarie di Salloch e di Lase (ad oriente di Lubiana), l'ufficio postale, la cassa di risparmio municipale di Lubiana, l'Hotel Stadt Wien, la stazione della Sud-Bahn; in una stessa strada furono gravemente danneggiate oltre quaranta case, e nel quartiere militare tre caserme e la sede di un comando di brigata, che sarebbe stata trasferita altrove .... Parecchi incendi si svilupparono in città; bombe caddero anche sul Rathaus. Le vittime furono numerosissime, specie fra militari, non esclusi ufficiali superiori e, si dice, un colonnello. Per quanto la popolazione abbia mantenuto, come il nostro popolo durante ogni visita di velivoli nemici, un contegno calmo, l'impressione e la preoccupazione furono grandissime, tanto che a Lubiana e in altri centri della Monarchia furono poi prese tumultuosamente eccezionali misure di difesa contro le nostre minacce aeree".

"La reazione austriaca a questa nostra spedizione punitiva su Lubiana non mancò; tre giorni dopo dodici aeroplani nemici, forse diretti a Verona e a Brescia, giunsero nel cielo del Lago di Garda, ma qui furono affrontati da nostre squadriglie aeree, le quali, se non riuscirono ad impedire a tre apparecchi nemici di penetrare in Lombardia e di lanciar bombe, come più su abbiamo già accennato su alcune località, ingaggiata la lotta riuscirono a disperdere e mettere in fuga gli altri apparecchi.
Il 22 marzo nostri aeroplani bombardarono Oppacchiasella, Costanjevica e Nabresina, ritornando incolumi nonostante il fuoco di numerose batterie antiaeree. Il giorno dopo, a Gabriele d'Annunzio, che un mese prima era stato ferito in un occhio, fu conferita la medaglia d'argento con la seguente motivazione: "Quale ufficiale osservatore prese parte volontariamente a varie missioni di guerra, compiute in territorio nemico da idrovolanti della R. Marina mantenendo sempre contegno esemplare e coraggioso e fornendo costante prova di sangue freddo e giovanile ardimento anche sotto il tiro dell'avversario. In un atterraggio riportava grave lesione all'occhio destro".

Delle operazioni aeree dal 27 marzo al 3 aprile dava notizia
un comunicato ufficiale del 5 aprile, che qui riportiamo:
"Un nuovo periodo di maltempo è venuto ad interrompere l'intensa attività aerea dei passati giorni, nostra e del nemico. E' opportuno riassumere brevemente le fasi di questo, che fu, dal principio delle ostilità, il più importante della nostra guerra aerea. Esso fu iniziato dal nemico nella giornata del 27 marzo con una vasta incursione, che grazie agli attacchi provenienti da punti lontani e convergenti sulla pianura veneta, doveva portare alla distruzione delle nostre retrovie. Ma l'attività della nostra difesa aerea preordinata e attuata con mirabile precisione ed energia, convertì in un grande insuccesso per l'avversario quell'operazione su la quale esso faceva così sicuro assegnamento. Sei feriti leggieri in Verona e lievi danni al Ponte di Piave da parte nostra; quattro aeroplani perduti, otto aviatori uccisi, feriti e presi prigionieri; i rimanenti velivoli dispersi: questo il risultato ottenuto da parte del nemico in una giornata che rimarrà memorabile nei fasti della nostra guerra dell'aria. L'efficacia dei nostri tiri d'artiglieria, di mitragliatrici e di fucileria, l'audacia delle nostre squadriglie di caccia produssero sul nemico i più salutari effetti. Da quel giorno, pure in condizioni atmosferiche eccezionalmente favorevoli, l'attività offensiva aerea del nemico si limitò a voli altissimi di radi velivoli rapidamente fuggenti al tiro dei nostri cannoni e al minaccioso levarsi delle nostre squadriglie di difesa. Simili tentativi d'incursione - su Udine nei giorni 31 marzo e 2 aprile, su Verona il 4 di aprile, per non citare che i centri più importanti - furono prontamente sventati. Qualche aviatore nemico più audace, sfuggendo all'inseguimento dei nostri, riuscì a lanciare poche bombe su Bassano, uccidendo due bambini e su Grado senza fare vittime né danni.
Ma non bastava ai nostri arditi combattenti dell'aria avere ovunque sopraffatto o messo in fuga l'avversario. Era necessario con vigoroso atto offensivo affermare la nostra superiorità. Indi le efficaci nostre incursioni nella giornata del 2 aprile nelle quali con i velivoli gareggiarono le aeronavi.
Nella notte del 2, in condizioni atmosferiche avverse per violenza di vento, un nostro dirigibile si portava su Opcina, importante nodo ferroviario al nord di Trieste, e vi rovesciava 800 chilogrammi di alto esplosivo. La facilità con la quale i nostri valorosi aeronauti raggiunsero la mèta loro prefissa, nonostante l'avverso vento e i colpi delle numerose batterie nemiche, valse a far comprendere all'avversario come non meno agevolmente per noi, ma assai più dannosamente per loro avrebbe potuto la nostra possente aeronave seminare morte e rovina sui centri popolari assai vicini all'obbiettivo raggiunto.

Ma ancora una volta il Comando Supremo italiano volle mostrarsi rispettoso delle leggi di guerra e della civiltà, pur contro un nemico che più volte le calpestò con ferocia e cinismo. Nella mattinata del 2 una delle nostre poderose squadriglie di Caproni volava su Adelsberg, importante stazione ferroviaria e sede di un Alto Comando austriaco. Aggrediti dal fuoco delle artiglierie contraeree e da velivoli nemici, i nostri aviatori, con il consueto sereno ardimento, si abbassavano ad altezza efficace e lanciavano sul bersaglio 40 granate-mine devastandolo, indi, come già l'aeronave, ritornarono incolumi nelle nostre linee. Dopo il duplice grave scacco offensivo e difensivo l'avversario sentì il bisogno di venire alla riscossa. E poiché la giornata del 27 marzo gli aveva chiaramente mostrato a quale insuccesso poteva esporsi lanciandosi sulla nostra zona di guerra, contenendo cioè le incursioni nei limiti imposti dalle leggi della guerra e dell'umanità, meditò uno dei suoi consueti truci attacchi alle inermi popolose città del nostro Adriatico, di quel mare che si attenta a rari intervalli a sorvolare solo alle maggiori altezze, non osando solcarlo con le sue impavide navi.
Seguì la feroce aggressione su Ancona del 3 aprile, e fece nuove, fortunatamente pochissime vittime umane. L'iniqua aggressione era però da noi prevista, ed anche qui si rilevò tutta l'efficacia della nostra difesa aerea. Di cinque idrovolanti nemici selvaggiamente lanciatisi a devastare le tranquille città costiere, ben tre precipitarono nelle acque del mare nostro, colpiti a morte; infranti e incendiati dal fuoco calmo e preciso delle nostre batterie. Gli altri due velivoli fuggirono in fretta verso l'altra sponda e a stento all'inseguimento dei nostri aviatori".

Il 7 aprile, il bollettino del Comando Supremo dava notizia di altre operazioni aeree:
"La guerra aerea segna un nostro nuovo brillante successo. Già nella giornata di ieri erano state respinte nuove incursioni di velivoli nemici in Carnia e sull'Isonzo. Disperando ormai di poter forzare la nostra difesa aerea, il nemico tentò di sorprenderci col favore della notte. Nella passata notte sette velivoli si lanciarono sulla pianura tra l'Isonzo e il Tagliamento. Ma i nostri arditi aviatori, rapidamente elevatisi nell'oscurità, assalirono e ricacciarono la squadriglia nemica abbattendo due velivoli e facendo prigionieri quattro aviatori, dei quali tre ufficiali".

"La notte sul 10 aprile un nostro dirigibile si spingeva sul gruppo fortificato di Riva e ne bombardava con 40 granate-torpedini le opere, gli impianti ferroviari e gli edifici militari. Nonostante l'intenso fuoco di artiglieria e di fucileria, l'aeronave rientrava incolume alla sua base. A quest'azione deve essere aggiunta quella compiuta da un'altra aeronave che bombardò la ferrovia di Nabresina con 500 chilogrammi di esplosivo. Nel dare notizia di quest'operazione, il Comando della R. Marina comunicava che da sue batterie era stato abbattuto nell'alto Adriatico un idrovolante austriaco e che due nostri idrovolanti, dopo aver bombardato un punto della costa nemica nel basso Adriatico e messo in fuga gli uomini di guardia, avevano deposto a terra i quattro ufficiali aviatori, i quali, incendiata la casetta che serviva da stazione di segnali, due casotti, la palificazione telegrafica e alcuni mucchi di carbone, fatto esplodere un deposito di munizioni e distrutto un pontile, erano rientrati nelle loro basi.

Il 17 aprile un nostro idrovolante e tre francesi scortati da nostre torpediniere bombardarono punti di importanza militare presso Trieste. Quattro idrovolanti austriaci che tentavano di colpire, durante il ritorno, le torpediniere, contrattaccati da tre nostri aeroplani, furono costretti ad allontanarsi. Nella notte successiva alcuni aerei nemici tentarono un'incursione su Venezia, ma furono cacciati dalle batterie a difesa; un idrovolante austriaco, costretto a scendere in mare, fu catturato.

Nel pomeriggio del 20 aprile una squadriglia di Caproni bombardò presso Trieste la stazione austriaca di idrovolanti sulla quale lanciò una sessantina di granate-mine con risultati visibilmente efficaci. Il 29, aeroplani nemici, diretti su Verona, furono messi in fuga dal tiro dei nostri pezzi antiaerei e dal pronto levarsi di una nostra squadriglia. Nella notte de 30 un nostro dirigibile, navigando tra fitte nubi e ostacolato dalla tormenta andò a bombardare la ferrovia della Val d'Adige. Atri due dirigibili nella notte del 4 maggio bombardarono con due tonnellate d'esplosivi trinceramenti, batterie e accampamenti nemici a Rubbia, Merna e Biglia nella Valle del Vippacco e il campo d'aviazione austriaco di Aisovizza. Nel ritorno uno dei dirigibili, l'M.3 comandato dal maggiore PASTINE, che aveva con sé i capitani CASELLA, COTURRI e PASQUALI, il sergente m. RAPANELLI e il soldato BERARDIS, cadde purtroppo in territorio nemico.

"Il 4 maggio aeroplani nemici, recatisi a bombardare Brindisi, furono messi in fuga da nostri velivoli che distrussero un apparecchio austriaco. Quel giorno stesso, tentativi di irruzione sul nostro territorio di aerei nemici furono respinti dal fuoco delle artiglierie e dall'intervento di nostre squadriglie. Il 5, quattro nostri idrovolanti bombardarono efficacemente le opere militari di Durazzo e il 6 una nostra batteria atterrò nei pressi di Gorizia un aeroplano austriaco.
Il 7 maggio una forte squadriglia di nostri velivoli eseguì un'incursione in Val d'Adige, lanciando numerose bombe su Mattarello e Calliano, centri di raduno delle truppe nemiche; l'11, nostri aeroplani bombardarono la stazione di San Pietro e le vicinanze di Aisovizza; il 13, nostri apparecchi, ricacciati alcuni aerei nemici che volavano sulla regione del Basso Isonzo, lanciarono bombe su accampamenti austriaci a Nova Vas e Ranziano; il 15 nostri aeroplani assalirono e misero in fuga alcuni apparecchi nemici che avevano bombardato Udine; il 16, il 17 e il 18 infine, nostre squadriglie bombardarono la stazione ferroviaria di Oveia Draga; accampamenti nemici a Castanjevica, Lokvica e Segeti; Dollach e Kotschach; un hangar presso Trieste, parchi e accampamenti in Folgaria ed abbatterono nel cielo di Gorizia due aeroplani nemici".

Dell'attività, della marina italiana abbiamo detto qualcosa parlando dell'opera che aveva svolto per l'approvvigionamento e il salvataggio in Albania dell'esercito serbo. Diamo qui altre poche notizie della sua attività e delle sue perdite nel periodo che va dal gennaio alla metà di maggio del 1916.
Oltre al "Re Umberto" e all'"Intrepido" di cui abbiamo accennato, l'Italia perse, durante il ripiegamento dei Serbi, alcuni velieri, un piccolo piroscafo e la piccola nave-ospedale "Marechiaro". Il 6 gennaio affondò per aver urtato in una mina nel basso Adriatico il piroscafo "Brindisi"; l'8 gennaio colò a picco il piroscafo "Città di Palermo"; negli ultimi di febbraio, tra Candia e Alessandria, fu silurato il piroscafo "Giava"; il 29 febbraio un sommergibile austriaco, presso capo Garde, cannoneggiò e affondò il veliero "Elisa", il 10 aprile un sottomarino tedesco silurò presso la costa bretone il piroscafo "Unione". Il 3 gennaio quattro cacciatorpediniere austriaci e un incrociatore bombardarono il porto di S. Vito Chietino e gl'impianti ferroviari di Ortona.
Il nemico perdette il 13 gennaio un esploratore tipo "Novara", silurato nel basso Adriatico dal sommergibile francese "Foucault" aggregato alle nostre forze navali. Il nostro incrociatore protetto, "Piemonte", il 18 gennaio, bombardò con altre navi alleate la baia di Dedeagach, nell'Egeo; il 6 febbraio un nostro cacciatorpediniere di scorta a un incrociatore alleato cannoneggiò e inseguì fin sotto i forti di Cattaro un caccia austriaco tipo "Kuszar", e l'8 due nostre torpediniere mettevano in fuga un sommergibile nemico che le aveva attaccate presso Capo Laghi.

LA RELAZIONE UFFICIALE DELLE OPERAZIONI ITALIANE
DA MARZO AL MAGGIO 1916

Chiuderemo questo capitolo riferendo il Rapporto ufficiale delle operazioni italiane dal marzo al maggio 1916. Esso non aggiunge nulla a quello che noi abbiamo già accennato sopra con i Bollettini intorno alle azioni belliche italiane di questo periodo, ma costituisce pur sempre un prezioso documento storico e una conferma autorevole alle notizie già sopra riferite.

Così iniziava il rapporto:
"Sul finire della prima decade di marzo, intensificandosi gli attacchi dei tedeschi contro Verdun, il Comando Supremo italiano volle, per solidarietà di alleato, esercitare a sua volta una forte pressione offensiva nel nostro teatro di operazioni per impedire al nemico eventuali spostamenti di forze, sopra tutto di artiglierie tedesche, contro il fronte francese. Così, dopo lunga sosta invernale, la nostra attività militare riprese nuovo vigore, benché gravemente ostacolata da un periodo di forti intemperie. I primi fortunati attacchi si svolsero il 6 marzo nella Tofana (Alto Boite); il 7 nel settore di Zagora (Medio Isonzo); il 13, sul Rombon (Conca di Plezzo) e sull'altura di Lucinico (Gorizia). Nella stessa giornata del 13 si combatté con accanimento lungo tutto il fronte del Basso Isonzo e del Carso, dalle falde del Sabotino alle posizioni ad est di Monfalcone, con risultati particolarmente felici nella zona di San Martino del Carso. Furono conquistati forti ridotte e un caposaldo di difesa nemica: il Dente del Groviglio. Il 14 nuovi progressi sull'altura di Lucinico; il 15 nella Tofana; il 17 sull'alto Sabotino, dove fu occupato il cosiddetto "Bosco quadrato". Lo stesso giorno 17, fu conquistata dalle nostre truppe alpine la formidabile posizione del Gelbwand, a nordest del Jof di Montasio, nell'Alto Dogna. Il 21 fu inflitto uno scacco al nemico sul Mrzli e sullo Sleme (Monte Nero); il 22, fu completato nell'Alto Cordevole, il possesso dell'aspro contrafforte a, nord-est del Sasso di Mezzodì fino al Pestort.

Sorpreso dalla inaspettata nostra offensiva, il nemico, mentre chiamava in fretta rinforzi dagli altri fronti, tentava violenti contrattacchi allo scopo di riprenderci quanto noi gli avevamo volta a volta conquistato e, più ancora, di paralizzare il nostro slancio attaccandoci in quelle posizioni, per noi meno felici, sulle quali all'inizio dell'inverno si era dovuta arrestare la nostra offensiva. Di qui gli accaniti combattimenti a sud-ovest di S. Martino del Carso dal 14 al 16 marzo; sull'altura di S. Maria di Tolmino, il 17 e 18 marzo, in Val Sugana, contro il fronte Marter-Tesobbo, il 22 marzo.
Ovunque le nostre truppe sostennero saldamente l'urto dell'avversario, pur rettificando il fronte in qualche tratto maggiormente esposto alle offese delle artiglierie nemiche. Successivamente, il Comando Supremo Austriaco, ricevuti ingenti rinforzi dai fronti balcanici e russi, passava alla riscossa.
Il 26 marzo, con l'appoggio di intensa azione di artiglieria, il nemico sferrava un improvviso, violento attacco contro le nostre importanti posizioni dell'Alto But (Carnia), costringendoci in un primo momento ad abbandonare il Pal Piccolo. Prontamente fu disposto per il nostro contrattacco, estendendolo a tutto il fronte da Monte Croce a Pal Grande. Dopo un violento combattimento durato trenta ore, i nostri espugnavano le formidabili posizioni della Selletta Freikofel e del Passo del Cavallo, e riconquistavano completamente il Pal Piccolo.

Nella stessa giornata del 26, gli Austriaci attaccavano anche sulle alture tra Podgora e Peuma, a nord-ovest di Gorizia. Qui pure il nemico ebbe una fittizia affermazione iniziale, che il 27 marzo fu trasformata in magnifica vittoria delle nostre armi. Lo scontro si protrasse per quarant'ore, durante le quali fu salda la resistenza austriaca quanto forte e tenace la nostra offesa. Al tramonto però, dopo vigorosi sforzi, le nostre fanterie prendevano d'assalto tutti i contesi trinceramenti. Radunati nuovi rinforzi, l'avversario il giorno 29 ritentava la prova sulle alture dal Podgora al Sabotino, a nord-ovest di Gorizia. Più volte respinto dall'incrollabile resistenza dei nostri, fu infine contrattaccato, sbaragliato, messo in fuga, e lasciò numerosi cadaveri. Da quel giorno il comando austriaco rinunciava ad ulteriori sforzi offensivi ed iniziava invece nella zona meridionale del Trentino l'intenso concentramento di truppe e d'artiglierie che dura tuttora.

In questo primo periodo delle operazioni prendemmo al nemico circa ottocento prigionieri, dei quali una trentina d'ufficiali, quattro mitragliatrici, armi e munizioni in gran numero, materiali da guerra.
Preso ormai lo slancio, le nostre truppe non si appagavano dei pochi e pur brillanti successi conseguiti. Così al languire della breve controffensiva austriaca succedeva una nuova fase di nostra crescente attività. Le operazioni ebbero maggior sviluppo lungo la frontiera del Trentino-Alto Adige, nell'Alto Isonzo e sul margine meridionale del Carso.
Nell' ADAMELLO (VALCAMONICA), nell'aspra zona ghiacciata, nelle giornate dell'11 e12 aprile, pur imperversando una forte tormenta, i nostri alpini si impadronirono delle posizioni nemiche sulla vetta di Lobbia Alta e lungo la cresta del Dosson di Genova, emergenti dai ghiacciai ad oltre 3300 metri d'altitudine. Il 17, i medesimi reparti occupavano il passo di Monte Furno (3402 metri). Il 29, superate le difficili vedrette della Lobbia e di Furno e l'aspro burrone dell'alto Chiese, dopo due giorni d'accanita lotta sui ghiacci, espugnavano le posizioni del Crozzon di Fargorida (m. 3082), del Crozzon di Lares (m. 3354), dei passi di Lares (m. 3255) e di Cavento (m. 3195).
IN VALLE DI DAONE e nelle Giudicarie semplici azioni dimostrative ci davano il giorno 4 il possesso di una posizione nemica a nord-ovest di Procul, del paese di Plaz e di un'altura, fortemente munita dal nemico, tra il ponte di Plubega e Cima Palone.

IN VALLE DI LEDRO, metodiche operazioni offensive, miranti ad assicurare il possesso del fondo valle con la conquista delle alture che ne formano il versante settentrionale, iniziate il 5 di aprile, portavano il giorno 10 alla conquista di una forte linea di trinceramenti nemici lungo le falde meridionali di Monte Pari e di Cima d'Oro e sulle ripide rocce di Monte Sperone. Respinti numerosi violenti contrattacchi nemici, le nostre truppe, superando gravi difficoltà di terreno, prendevano d'assalto nei giorni 16 e 18 nuovi trinceramenti verso la vetta di Monte Sperone.

IN VAL SUGANA, le prime avvisaglie si ebbero nelle giornate 4, 5 e 6 di aprile: nostri reparti in ricognizione assalivano e disperdevano truppe nemiche sul fronte del T. Larganza. Il giorno 12, i nostri conquistavano il gradino di Sant'Osvaldo, a mezza costa della formidabile posizione nemica del Panarotta. L'avversario, preoccupato di tali nostri progressi, il giorno 16 sferrava con forti colonne di fanteria (14 battaglioni) un violentissimo attacco. Respinto, con gravissime perdite, concentrava sulle nostre posizioni intenso fuoco di artiglieria di ogni calibro. Nelle giornate 17, 18 e 21 nuovi attacchi nemici si infrangevano contro la salda resistenza delle nostre truppe; ma l'intenso e l'ininterrotto bersagliare delle artiglierie nemiche consigliava a noi di sgombrare le posizioni più avanzate, che non si era avuto tempo di rafforzare contro il tiro delle artiglierie. Il ripiegamento fu effettuato a brevissimi sbalzi, col massimo ordine, ed all'infuori di qualsiasi pressione nemica.

NEL MASSICCIO DELLA MARMODADA (Alto Avisio), un nostro reparto di fanteria, superando gravi difficoltà di terreno e un'accanita resistenza nemica, il giorno 30 conquistava la Punta Serrauta a 2961 metri di altitudine.
NELL'ALTO CORDEVOLE, la notte sul 18, fatta brillare una poderosa mina sotto la cresta del Col di Lana, reparti di fanteria della brigata "Calabria" conquistavano alla baionetta le ultime posizioni rimaste al nemico. Inauditi furono gli sforzi tentati dall'avversario per riprendere la perduta posizione. Dal 19 aprile artiglierie nemiche di ogni calibro concentrarono sui nostri trinceramenti fuoco violentissimo, interrotto solo da brevi soste, durante le quali truppe sempre nuove sferravano impetuosi attacchi, costantemente infranti dalla salda resistenza dei nostri.
NEL MASSICCIO DEL CRISTALLO (alta Rienz) la notte del 1° aprile un nostro ardito reparto di fanteria, aggirate le forti posizioni nemiche sul Ranchoff, piombava a tergo di esse e dopo aspra lotta se ne impadroniva. Riuscito vano ogni tentativo di contrattacco, l'avversario iniziò intenso ininterrotto bombardamento della posizione, che, ad evitare inutili perdite, fu da noi ordinatamente sgombrata il 7 aprile.
NELLA VALLE DI SEXTEN, la notte sul 16, un reparto conquistava il passo della Sentinella (2717 m.).

ALTO ISONZO - I combattimenti svoltisi in questo periodo nella zona dell'alto Isonzo furono dovuti al consueto metodo nemico di attaccarci in talune posizioni più avanzate e più esposte, nella speranza di arrestare così la nostra minacciosa attività negli altri scacchieri. L'8 di aprile l'avversario assaliva di sorpresa una nostra lunetta sul Vodil (Monte Nero), riuscendo in parte ad irrompervi. Prontamente contrattaccato, fu respinto con gravissime perdite. Altri tentativi nemici contro le nostre posizioni di Ravnilaz e sull'Iavorcek nella conca di Plezzo, furono anche questi respinti nelle giornate del 12 e 13. Più violenta fu l'azione svolta dal nemico sul Mrzli (Monte Nero) il giorno 13. L'attacco iniziato nella notte si protrasse per tutto il giorno con intenso vigore e con alterne vicende. A sera l'avversario era infine contrattaccato e respinto e lasciava numerosi cadaveri sul terreno. Nuovi sforzi nemici contro le posizioni del Kukla, sull'Iavorcek e a Ravnilaz fallivano.

Brillantissime furono le operazioni offensive condotte dalla brigata "Acqui" nel settore ad est di Selz. Iniziate il 27 marzo, esse ci davano il giorno 29 il possesso completo di un primo e ben munito trinceramento nemico, esteso 150 metri. La notte sul primo di aprile con nuovo sbalzo offensivo le nostre fanterie conquistarono un altro trinceramento, che tenevano saldo poi contro successivi violenti contrattacchi nemici. Le operazioni furono dai nostri sospese sino al 22 per rafforzare le linee conquistate. La notte sul 22, con nuovo impetuoso attacco la brigata "Acqui" prendeva d'assalto un altro e ancor più munito trinceramento, estendendosi per 350 metri a nord e sud del vallone di Selz. Anche qui, come al Col di Lana, l'avversario aprì un violento bombardamento intramezzato da brevi soste, durante le quali lanciava sempre nuove fanterie all'attacco. Ma le nostre truppe, sgombrato il giorno 22 un breve tratto del trinceramento a nord del vallone di Selz, mantenevano saldamente il resto, infliggendo ogni volta perdite sanguinose all'avversario, che dovette infine rassegnarsi a desistere da ogni sforzo. Nel complesso delle azioni di questo secondo periodo prendemmo al nemico altri 1300 prigionieri, dei quali una quarantina di ufficiali, 2 cannoni, 13 mitragliatrici, qualche migliaio di fucili, grandi quantità di munizioni e di bombe ed abbondante materiale.

GUERRA AEREA - In questo periodo, la guerra aerea raggiunse uno sviluppo quale mai si era avuto dall'inizio delle ostilità, con costante tendenza da parte dell'avversario a colpire specialmente centri abitati. Il primo attacco nemico si ebbe il 26 di marzo. Tre squadriglie, composte due di 6 velivoli e una di 12 idrovolanti, con azione convergente da Trento, da Pergine, da Gorizia e da Pola, tentavano di piombare sulle retrovie del nostro esercito, allo scopo di distruggere i valichi più importanti sui fiumi della pianura veneta. Ma per la mirabile organizzazione della difesa aerea, l'operazione, che doveva seminare la rovina e la morte nelle retrovie italiane, si chiuse con un colossale insuccesso. I velivoli nemici, fatti segno a fuoco d'artiglieria e di fucileria e assaliti da squadriglie da caccia, erano ovunque messi in fuga e dispersi e quattro di essi abbattuti con la morte o la prigionia degli aviatori austriaci. Nei giorni successivi, minori tentativi di incursioni aeree nemiche furono parimenti respinti e dispersi; di nuovo il giorno 2 aprile dalle nostre batterie presso Isola Morosini (basso Isonzo); altri due, il giorno 4, colpiti dalle nostre artiglierie antiaree, furono visti precipitare in territorio nemico. I nostri aviatori passarono allora all'attacco.

La notte del 2, infuriando forte vento, un dirigibile italiano si portava su Opicina, importante nodo ferroviario sulla linea di Trieste, e vi rovesciava 800 chilogrammi di esplosivi, sconvolgendolo, provocando anche l'incendio di grandi depositi di viveri. Nella giornata, poi, sei Caproni raggiungevano la città di Adelsberg, grande stazione ferroviaria e sede di alti comandi austriaci, e vi lanciavano 40 granate mina, devastandola. Il nemico tentò la riscossa, ma non nella zona di guerra; il 3 aprile volavano 5 biplani su Ancona, che bombardavano la città uccidendovi 3 pacifici cittadini e ferendone 11. Però dei 5 velivoli nemici, 3, colpiti dal nostro fuoco di artiglieria, cadevano nelle acque dell'Adriatico. Non desistette il nemico, e sperando di sfuggire col favore delle tenebre all'efficace difesa antiarea italiana, nella notte sul 7 lanciava una squadriglia di velivoli a bombardare Udine. I nostri valorosi aviatori non si lasciarono sorprendere ma, levatisi audacemente a volo nell'oscurità, col sussidio delle artiglierie assalivano, respingevano, disperdevano gli aggressori, abbattendo ancora 2 velivoli austriaci e prendendo prigionieri 5 ufficiali aviatori.

Il mattino dell'8, un altro idrovolante austriaco era abbattuto dal fuoco di una batteria della nostra marina. La notte sul 10 un nostro dirigibile navigava arditamente sul gruppo fortificato di Riva e vi lanciava 40 granate-torpedini, bombardando gli impianti e gli edifici militari. I danni prodotti furono rilevanti. L'aeronave rientrò incolume. Di rimando, il nemico tentò due incursioni notturne con idrovolanti: la prima nella notte sull'11 contro Grado, finita con un completo insuccesso; la seconda nella notte sul 18, contro Treviso, Motta di Livenza ed altre minori località della pianura veneta, su cui furono lanciate una trentina di bombe, uccidendo 10 persone e ferendone una ventina.
Sulla via del ritorno, un idrovolante nemico era abbattuto a Grado, gli aviatori presi prigionieri. Il nostro Comando, informato che tali inique aggressioni erano state perpetrate da idrovolanti, di cui il nemico aveva fissato la sede in Trieste nella vana speranza di sottrarli così ai nostri assalti, nel pomeriggio del 20 inviava una nostra squadriglia di Caproni. Questa raggiungeva nel porto di Trieste l'arsenale del Lloyd austriaco, ridotto a stazione d'aviazione e lo bombardava distruggendolo. Solo due idrovolanti nemici riuscirono a sottrarsi alla rovina rifugiandosi in mare. Da quel giorno l'attività aerea nemica si limitò a timidi tentativi di incursioni di radi velivoli, rapidamente fuggenti dinanzi al tiro dei nostri aviatori. Nel complesso di questo brillante periodo di guerra dell'aria, il nemico ha perduto 12 velivoli, oltre agli idrovolanti distrutti per effetto della nostra incursione su Trieste. Da parte nostra nessuna perdita".
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I risultati italiani non erano del tutto negativi, fino al maggio del 1916. Ma nonostante alcuni successi sul Trentino, il dispositivo italiano entrò in crisi proprio sul Trentino non efficacemente organizzato, quando la grande offensiva austriaca non fu sferrata sul Carso (dove invece Cadorna ostinato concentrava le sue truppe, e lì aspettava l'offensiva) ma si spostò su questo territorio, con quella che gli austriaci chiamarono "Spedizione Punitiva", la "Strafexpedition".

Per una serie di circostanze tutte a favore dell'Italia, ma anche con qualche eroismo di pochi uomini, mancò poco che gli austriaci, già arrivati in pianura a pochi chilometri da Vicenza (ad Arsiero, quindi a ovest, cioè alle spalle) mettessero in crisi tutto il sistema difensivo italiano concentrato a est.

di quest'offensiva parleremo appunto nel prossimo capitolo

 

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