LA PRIMA GUERRA MONDIALE
DAI BOLLETTINI UFFICIALI

1918

DAL MONTELLO AL PIAVE - " RIPASSANO IL PIAVE !! "


L'inferno sul Montello

LO SVOLGIMENTO DELLA BATTAGLIA DAL 16 AL 18 GIUGNO

LO SVOLGIMENTO DELLA BATTAGLIA DAL 16 AL 18, dal MONTELLO AL PIAVE - IL LOGORAMENTO DEL NEMICO - LA CONTROFFENSIVA ITALIANA - LA VITTORIA - "RIPASSANO IL PIAVE !! " - I PROCLAMI DI VITTORIO EMANUELE III, DI DIAZ, DEL DUCA D'AOSTA

Lo svolgersi della prima giornata dell'offensiva austriaca (del 15 giugno) naufragata sul nascere, dava al Paese, ma soprattutto ai soldati sul fronte (dove il tam-tam si era diffuso in un baleno dai monti ai piani) le speranze che il nemico non sarebbe più riuscito a fiaccare la resistenza delle truppe italiane, che si erano mostrate oltre che valide, determinate.
Tuttavia, nonostante la fiducia nella saldezza del fronte, il Comando Supremo aveva però disposto che tre divisioni, due di fanteria (7a ed 11a ) ed una di cavalleria (4a) si avvicinassero al basso Piave e che la 22a e la 37a divisione dalla regione del Garda si trasferissero nella zona Padova-Treviso (mettendo così - come sappiamo- Boroevic in gravi difficoltà al piano, mentre Conrad si inchiovava sui monti).

Queste misure erano risolte a contenere altri eventuali progressi del nemico all'ala destra del fronte del Piave, ed erano di carattere prevalentemente difensivo; ma -vedendo in difficoltà Boroevic- altre opportune misure di carattere offensivo erano state prese: erano cioè state assegnate all'VIII Armata la 50a e la 133 divisione, perché operassero offensivamente nella zona del Montello, e alla III Armata la 33a divisione affinché ristabilisse all'estrema destra la situazione.
Il giorno 16 altri attacchi nemici furono sferrati, ma la vera caratteristica della giornata fu costituita dalla sorprendente aggressività delle truppe italiane, per nulla prevista dagli austriaci, né al "Punto A né in quello B del loro "manuale".

Sull'altipiano di Asiago, Inglesi e Francesi ristabilirono interamente la situazione iniziale; a destra, nel tratto difeso dal XIII Corpo d'Armata italiana, un vigoroso contrattacco del 13° fanteria e del 3° bersaglieri fece tornare in possesso la quota 1262 di Costalunga. Anche Col del Rosso fu riconquistato da un battaglione del 118° fanteria, ma questo, contrattaccato da forze nemiche superiori, dovette più tardi abbandonare la posizione.

Fra il Brenta e il Piave, il VI Reparto d'Assalto e la brigata "Pesaro" ripresero al nemico il contrafforte Cibera e la quota 1503 del Coston; fu ricostituito in Val di Lebi, il collegamento col XVIII Corpo d'Armata e fu raggiunta in corrispondenza del Solarolo la linea primitiva. L'azione più brillante compiuta nella regione del Grappa fu la riconquista del Col Moschin, dovuta all'impetuoso attacco degli arditi del IX Reparto d'Assalto, i quali, rincalzati da un battaglione della "Basilicata", strapparono al nemico in soli dieci minuti la difficile posizione catturando oltre 400 prigionieri con 27 ufficiali e numerose mitragliatrici.
Sul fronte del Piave il nemico, attaccò furiosamente per estendere le teste di ponte e collegarle fra loro, ma fu quasi ovunque contenuto dai Grigioverdi che reagirono con determinazione nel respingerle. Poi, nel tratto presidiato dall'VIII Armata, nelle prime ore del pomeriggio, la 13a divisione, assegnata all'VIII Corpo, e la 5a assegnata al XXVII, andarono al contrattacco, appoggiate dal fuoco dell'artiglieria. La 13a (brigate "Palermo" e "Barletta"), preceduta dal XXVI Reparto d'Assalto, attaccando con impeto, riuscì, nonostante l'accanita resistenza nemica, a progredire in direzione di Col Pavei e Sovilla dove prese contatto con la 48a divisione; la 50a attaccò con aggressività non minore, e la sua ala destra, formata dalla brigata "Aosta", riuscì sebbene a fatica, a guadagnar terreno; ma la brigata "Udine", che operava alla sinistra non riuscì ad avere ragione della tenace resistenza avversaria. Coraggioso fu il contegno del XXVII Reparto d'Assalto, che riconquistò le artiglierie perdute il giorno prima, catturò prigionieri e mitragliatrici e inflisse al nemico enormi perdite fra le quali quella del generale von Kronstadt, comandante della 132a brigata Honved.

Sul fronte della III Armata, le truppe italiane sferrarono numerosi contrattacchi, che portarono alla rioccupazione di alcune località, quali Fagarè, Bocca di Callatta, la Fossa e Croce ed ebbero il risultato di contenere in altri punti l'impeto del nemico. Malgrado questo, le truppe avversarie, favorite sempre dalla schiacciante superiorità numerica, tentarono di ampliare le due teste di ponte, ma, per la valida resistenza nell'ansa di Lampol di reparti del XXVIII Corpo d'Armata, non riuscirono a collegarle.
Le notizie di quel giorno furono, come per gli altri giorni della battaglia del Piave, dal Comando Supremo italiano comunicato al paese il giorno 17 con due bollettini, uno del mattino e l'altro del pomeriggio.

Il primo diceva:

"Sull'altopiano d'Asiago e sul Grappa il nemico, che nella giornata del 15 ha subito perdite ingenti, si è limitato ieri ad ostacolare, con forte reazione di fuoco, la spinta controffensiva delle truppe nostre ed alleate, che tuttavia in più punti hanno potuto conseguire parziali successi e rettifiche di linea.
Lungo il Piave invece la battaglia è continuata con estrema violenza. L'avversario, senza guardare a perdite, ha proseguito la sua poderosa pressione per estendere l'occupazione sul Montello ed aprirsi le vie alla pianura. Le nostre truppe hanno impegnato fortemente il nemico sulla linea Ciano-Cresta del Montello-Sant'Andrea; tengono fieramente le loro posizioni sul fiume da Sant'Andrea a Fossalta e contrastano efficacemente l'avanzata all'avversario nella zona di fronte alle Anse di San Donà. I prigionieri fatti dall'inizio della battaglia ascendono ad oltre 120 ufficiali e 1500 uomini di truppa, dei quali 716 fatti dalle truppe britanniche, 261 da quelle francesi".

Il comunicato della sera diceva:
"Sul fronte montano e sul Montello, il nemico non ha nella giornata, rinnovato gli attacchi di fanteria. Mentre altre puntate di nostre truppe sono felicemente riuscite. Si occuparono alcune posizioni, catturando mitragliatrici e qualche centinaio di prigionieri. Importanti azioni si sono sviluppate a sud del Montello e lungo il Piave nella zona fra Zenson e Fossalta; ma l'avversario fu ovunque arrestato dai nostri contrattacchi e lasciò nelle nostre mani molte centinaia di prigionieri. Tentativi di passaggio del fiume fra Maserada e Candelà furono sanguinosamente respinti. Sul basso Piave altre azioni controffensive in corso di svolgimento ci hanno assicurato vantaggi".

 

IL LOGORAMENTO NEMICO E LA CONTROFFENSIVA ITALIANA


Gli Italiani contrattaccavano senza posa su tutto il fronte rendendo faticosa e priva di efficacia l'offensiva del nemico, le cui forze si logoravano terribilmente. Aspettando che queste forze si stremassero ancora di più (le corvèe del vettovagliamento non riuscivano a portare gli alimenti necessari ai soldati), il Comando Supremo ad Abano preparava una grande controffensiva e raccoglieva per questo motivo molte forze sul fronte del Piave, cominciando con l'ordinare che si trasferissero sollecitamente le cinque divisioni che si trovavano nelle Giudicarie, in Val Lagarina e a sud di Verona; con l'aumentare il numero delle artiglierie dell'VIII Armata; con l'assegnare alla III, la 7a e la 11a divisione e la 1a Divisione d'Assalto, che, circa un mese prima, era stata costituita con tre gruppi di due reparti d'Assalto e un battaglione bersaglieri ciascuno e messi sotto il comando del generale OTTAVIO ZOPPI; ed infine con il concentrare nella zona Altivole - Istrana il XXII Corpo d'Armata e fra Castelfranco e Padova la 21a divisione della VII Armata, la 29a della 1°, e la 27a della IX.
Continuò il 17 il logoramento delle forze nemiche. I comunicati che si riferivano all'azione di quel giorno, tratteggiavano efficacemente la nuova situazione, che appariva molto soddisfacente e citavano i reparti che si erano segnalati nella battaglia:

Così il bollettino del 18 giugno (mattino) :
"
" La violenza della battaglia, attenuata alquanto sul fronte montano, va crescendo sul Piave. Nella giornata di ieri (17) la III Armata ha sostenuto il poderoso sforzo nemico con il solito valore. Di fronte a Maserada e a Candelù, rinnovati tentativi di stabilire nuovi sbocchi sulla destra del fiume sono stati sanguinosamente respinti. Da Fossalta a Capo Sile, la lotta ha imperversato senza posa. Formidabili attacchi nemici si sono alternati con nostri contrattacchi; inizi di vigorosa avanzata sono stati frantumati dalla nostra resistenza e arrestati da nostre azioni controffensive. La lotta ha sostato soltanto a tarda notte. Le valorose truppe dell'Armata sono state strenuamente provate, ma l'avversario non ha potuto aumentare la breve profondità della fascia entro la quale da quattro giorni il combattimento imperversa. 1550 prigionieri sono rimasti nelle nostro mani.
Sul margine settentrionale del Montello rinsaldammo la nostra occupazione sul fiume fino a Casa Serena. Nel pomeriggio il nemico dal saliente nord-orientale del monte sferrò due attacchi in direzione di sud-ovest e di sud-est. Il primo fu nettamente arrestato a oriente della linea Segnale 279 nord-est di Giavera il secondo fu contenuto immediatamente a sud della ferrovia San Mauro-Sant'Andrea. Nella regione del Grappa respingemmo parziali attacchi nemici ed eseguimmo riusciti colpi di mano. Furono catturati un centinaio di prigionieri. In fondo Val Brenta e ad oriente della Val Frenzela puntate furono prontamente arrestate.
Al margine orientale dell'altipiano di Asiago, punte nostre strapparono all'avversario il Pizzo Razea e le alture a sud-est di Sasso, prendendo circa 300 prigionieri. Reparti nostri e del contingente francese attaccarono fortemente, guadagnando terreno, il costone di Costalunga e vi catturarono numerosi nemici.
e altri prigionieri furono fatti ad occidente da truppe britanniche. Il contegno delle truppe italiane e alleate nelle battaglie è ammirevole. Dallo Stelvio al mare ognuno ha compreso che il nemico non deve assolutamente passare: ciascuno dei nostri bravi soldati che difendono il Grappa ha sentito che ogni palmo dello storico monte è sacro alla Patria".

"Per le grandi giornate del 15 e del 16 giugno e per l'attacco al Tonale del giorno 13, fallito tentativo d'inizio dell'offensiva nemica, meritano speciale menzione, ad esponente del valore di tutti gli altri reparti la 45a divisione di fanteria, le brigate di fanteria "Ravenna" (37° e 38°), "Ferrara" (47° e 48°), "Emilia" (119° 120°, "Sesia" (201° e 202°), "Bari" (239° e 240°), "Cosenza" (242° e 243°), "Veneto" (255° e 256°), "Potenza" (271° e 272°), la 6a brigata bersaglieri (8° e 13°), il 78° reggimento di fanteria e particolarmente il primo battaglione, i reggimenti britannici "Northumberland Fusiliers", "Royal Warwich", "Oxford and Bucks Light Infantry", il 13° reggimento di fanteria italiana (brigata "Pinerolo"), il 117 (brigata "Padova"), il 266° (brigata "Lecce"), il secondo battaglione del 108 reggimento Fanteria francese, il IX Reparto d'Assalto, i battaglioni alpini Monte Clapier, Tolmezzo e Monte Rosa e la 178a compagnia mitragliatrici.
Fra tutta l'artiglieria, nostra e alleata, cui spetta particolarmente il vanto di avere spezzato la prima forza dell'assalto nemico, speciale onore va reso alla 7a e 8a batteria del nostro 56° reggimento da campagna che, restate imperterrite sul Col Moschin circondato, si opposero al nemico sopra un'unica linea, nella quale a lato dei cannoni, artiglieri e fanti gareggiarono in bravura.
Sul fronte montano e nella regione del Montello il nemico ha mantenuto inalterata la sua forte pressione, senza però tentare nuovi attacchi. Ha invece ripetuto infruttuosi tentativi di avanzata lungo il Piave. Il nostro fuoco d'artiglieria ha particolare efficacia sulle truppe nemiche che si trovano sulla destra del fiume e i numerosi contrattacchi in più punti hanno ridotto l'occupazione avversaria, e catturate varie centinaia di prigionieri".

Dal bollettino del giorno 19 giugno (del mattino):
"Nella notte del 17-18 e nella giornata del 18, il nemico non rinnovò l'attacco. Due azioni parziali furono nettamente respinte nella regione del Grappa e del Montello. Noi eseguimmo puntate sull'altopiano di Asiago, dove nuclei alleati riportarono molte diecine di prigionieri e due cannoni e con incessante pressione accorciammo il fronte dello sbocco avversario a sud della ferrovia di Montebelluna. Le nostre artiglierie, con micidiali concentramenti di fuoco, non hanno dato tregua alle masse nemiche ferme lungo la linea di battaglia e in movimento sulle retrovie. Sul Piave, la mattina del 18 fu calma, ma nel pomeriggio la battaglia divampò ancora furiosa. I nuovi tentativi nemici di passare sulla riva destra a Sant'Andrea a Candelù furono tutti respinti. Sull'argine del fiume, fra Candelù e Fossalta, la strenua difesa dei nostri mise a dura prova l'avversario il cui impeto s' infranse di fronte all'incrollabile bravura delle nostre fanterie. Egualmente intensa, ma su un fronte più vasto, la lotta imperversò nel settore Fossalta sud, a est di Meolo a nord di Capo Sile.

" L'avversario, da noi incalzato, si difese disperatamente, e ad ogni passo il terreno è stato teatro di epiche lotte alle quali gli aeroplani nostri ed alleati hanno contribuito dal cielo colpendo con 15.000 chilogrammi di proiettili e diecine di migliaia di colpi di mitragliatrici i vulnerabili bersagli delle truppe nemiche costrette in uno spazio angusto sulla destra del fiume. La 1a Divisione d'Assalto e la 31a divisione di fanteria, le brigate "Volturno" (217a e 218a) e "Caserta" (267° e 268°) hanno ben meritato l'onore di speciale citazione. La battaglia continua accanita e il nemico, pur di conservare alcuni dei vantaggi iniziali conseguiti, non guarda alle perdite ingenti che in cinque giorni la nostra fanteria, i nostri cannoni e i nostri aviatori incessantemente gli infliggono. I prigionieri fatti dall'inizio della battaglia ammontano a 9.011. Parecchi cannoni e numerose centinaia di mitragliatrici austriache sono rimaste nelle nostre mani. All'elenco glorioso dei reparti citati ieri a esponente del valore di tutto l'esercito meritano di essere aggiunte fra le truppe della ferrea armata del Grappa le brigate "Como" 23° e 24°), "Basilicata" (91° e 92°), la 3a batteria del 30° artiglieria da campagna e la 61a e 152a batterie da montagna, la quale ultima prese saldo posto nell'eroica schiera che tenne il giorno 15 la difesa del Col Moschin".


Un cannone trascinato su per il Col Moschin

Dal bollettino del giorno 19 giugno (della sera ore 21)
"Controffensive locali eseguite nella mattinata sull'altipiano di Asiago ci hanno dato nuovi vantaggi di terreno, qualche centinaio di prigionieri e molte mitragliatrici. Nel pomeriggio il combattimento si riaccese vivace sul Montello e sul basso Piave".

Logorato inverosimilmente il nemico da quattro giorni di accanitissima battaglia, il Comando Supremo Italiano decise di sferrare, il 19 giugno, una grande controffensiva nella zona del Montello. A questo scopo furono dati in rinforzo all'VIII Armata, cui era stata affidata l'azione, tre battaglioni d'assalto, i Corpi d'Armata XXX e XXII e parecchie batterie; alla III Armata fu assegnata la 22a divisione. Contemporaneamente, per non lasciare senza presidio i sistemi difensivi del Mussolente e del Sile, da cui aveva tratto i rinforzi, e reintegrare nelle immediate adiacenze della fronte di battaglia una forte massa di riserva generale, il Comando Supremo fece trasferire da Camposampiero a Treviso la 37a divisione e dalla I Armata a Camposampiero la 54a divisione. Sulla linea del Mussolente, in sostituzione del XXII Corpo d'Armata, fu mandata la 57a divisione, e i comandi alleati furono invitati a tenere pronte le divisioni dipendenti in modo da potere essere impiegate nei settori in cui se ne sentiva la necessità.

L'azione che l'VIII Armata doveva svolgere era quella di attaccare alle due ali il Montello con due masse di manovra, che da Casa Serena e da Nervesa, dopo aver fiaccata la resistenza nemica, dovevano puntare su Falzè, mentre altre truppe attaccavano frontalmente per le strade del Montello. L'attacco su Casa. Serena doveva essere sferrato dal XXX Corpo d'Armata (divisioni 47a e 50a meno la brigata "Aosta") rinforzato da un gruppo d'artiglieria di montagna; quello su Nervesa doveva essere svolto dal XXII Corpo (divisioni 57a e 60a), rinforzato da un Reparto d'Assalto e da un gruppo d'artiglieria da montagna. Gli attacchi frontali dovevano essere svolti da reparti del XXVII e dell'VIII Corpo d'Armata. All'azione dovevano partecipare con i loro tiri le batterie della III e della IV Armata e l'Aviazione mitragliando a bassa quota le truppe nemiche.
Alle 15,30 del 19 giugno, dopo un'ora e mezzo di violento fuoco d'artiglieria, le fanterie mossero all'attacco. Il XXX Corpo assalì la zona di Casa Serena schierato con la 47a divisione (brigata "Lombardia" e 40° fanteria) a sinistra e la 50a (brigata "Udine" e 39° fanteria) a destra. La lotta fu terribile, e le truppe italiane incontrarono una resistenza accanita che impedì di fare qualche progresso. Il XXII Corpo assalì dalla parte opposta con la 57a divisione a sinistra e la 60a a destra, ed anch'esso incontrò una durissima resistenza, che soltanto la 60a, con le brigate "Piemonte" e "Porto Maurizio" riuscì in parte a superare, raggiungendo, dopo alcune ore di lotta, la ferrovia a sud di Nervosa. I maggiori progressi furono fatti da una colonna di 5 battaglioni della 48a divisione dell'VIII Corpo d'Armata, che riuscì ad impadronirsi di Nervesa. La battaglia, nella zona del Montello, si protrasse furiosa fino a tarda ora della notte.

Sul rimanente fronte del Piave non si combatté meno accanitamente: in una lotta aspra il nemico s'impegnò per impadronirsi del caposaldo di Losson, ma i suoi sforzi s'infransero contro la resistenza delle truppe Grigioverdi; riuscì invece a fare qualche progresso tra Campolongo e Fagarè. Verso sera il nemico assalì a cavallo della strada Ponte di Piave?Treviso con grosse forze il cui nerbo era costituito dalla 29a divisione composta quasi tutta di Tedeschi.
L'obiettivo nemico era quello di sfondare le nostre linee tra San Biagio di Collalta e Monastier e puntare su Treviso; ma la magnifica resistenza della nostra 25a divisione mandò a vuoto il tentativo condotto con una decisione disperata.

Il bollettino del 20 giugno (mattino), riferendosi alle operazioni del 19 riportava:

"Sul Montello e lungo il Piave la battaglia continua aspra e senza tregua. Nella serata di ieri abbiamo ricacciato il nemico a nord della ferrovia di Montebelluna e fatto indietreggiare alquanto il suo intero fronte di attacco verso il saliente nord?est del Montello, catturando 1226 prigionieri e numerose mitragliatrici.
Lungo il Piave la lotta, condotta dal nemico con decisione e ardimento, fronteggiata dai nostri con grande tenacia e grande bravura, fluttua accanita sulle prime linee. L'avversario, nel pomeriggio di ieri, lanciando all'attacco numerose truppe fresche, era riuscito in un primo tempo a guadagnare abbastanza terreno di fronte a Zenson, ma, prontamente contenuto fu poi costretto ad arretrare dai nostri rincalzi subito accorsi. Le nostre truppe, con energici contrattacchi parziali riuscirono a ridurre fortemente il settore di lotta a occidente di San Donà. 513 prigionieri rimasero nelle nostre mani. Reparti cecoslovacchi hanno dato valorosamente il primo tributo di sangue al trionfo dei generosi principi di libertà e di indipendenza per i quali combattono al nostro fianco. La 25a divisione di fanteria, in cinque giorni continui di glorioso combattimento, e la brigata "Bisogne" (209° e 210°), nei ripetuti contrattacchi di ieri, hanno potuto fare rifulgere intero il loro provato valore. Sull'altopiano d'Asiago reparti francesi con riuscita sorpresa ripresero al nemico le posizioni di Bertigo e Pennar, catturando 102 prigionieri. Truppe nostre completarono la riconquista del Monte Costalunga, catturandovi un altro centinaio di prigionieri. Attacchi nemici al Monte Corno furono respinti".

Il bollettino serale del 20 giugno delle ore 22:
"Sul Montello tentativi nemici di estendere l'occupazione del saliente nord?orientale verso ovest fallirono. Verso sud l'avversario riuscì nuovamente a superare in qualche punto la ferrovia Susegana?Montebelluna, nei pressi della stazione di Nervesa, ma fu prontamente fermato. Sul basso Piave riguadagnammo terreno. Le perdite del nemico nella giornata sono ingenti; varie centinaia di prigionieri sono stati catturati".

Dai bollettini del 21 giugno:
"Il 20 giugno, sul Montello, la pressione avversaria, continuò fortissima, ma fu ovunque contenuta dai Grigioverdi che, contrattaccando, riguadagnarono terreno. Tentativi nemici di avanzata verso occidente e verso sud animarono particolarmente la lotta a oriente della linea Casa Gheller Bavaria e nei pressi della stazione di Nervosa. La brigata "Pisa" (29° e 30°), avanzando con ammirevole slancio, catturò 400 prigionieri, molte mitragliatrici e riprese intatte al nemico due nostre batterie di medio calibro, prontamente rimesse in azione contro l'avversario.
Sul Piave la lotta si concentrò in alcuni settori; a ovest di Candelù un attacco nemico fu prontamente respinto. Più a sud, di fronte a Fagarè e Zenson, l'azione controffensiva italiana, iniziata la notte del 20, proseguì irresistibile e riportò i Grigioverdi sulle posizioni del giorno precedente. Il nemico subì perdite pari alla sua strenua resistenza; molte centinaia di prigionieri restarono nelle mani italiane; nella zona a occidente di San Dona l'avversario tentò una forte azione contro Losson. Arrestato una prima volta dal fuoco delle artiglierie, rinnovò invano per ben quattro volte l'attacco, finché, esausto dalle moltissime e gravi perdite subite, fu costretto a indietreggiare di fronte all'incrollabile valore dei sardi della brigata "Sassari" (151° e 152°), validamente coadiuvati dal 2° battaglione del 209° fanteria (brigata "Bisogne") e dal 9° battaglione bersaglieri ciclisti.
A nord di Cortellazzo nostri reparti di marinai e bersaglieri, gareggiando in ardimento, irruppero nelle linee nemiche, catturandovi 200 prigionieri e mantenendole poi in saldo possesso. A Cavazuccherina ampliammo la testa di ponte".

Il bollettino continuava:
"Il numero dei prigionieri finora accertati dall'inizio della battaglia ad oggi supera i 12.000. Nella lotta che da più giorni si combatte sull'aspro terreno del Montello, si sono particolarmente distinti, oltre la brigata "Pisa", le brigate di fanteria "Aosta" (5° e 6°) e "Mantova" (113° e 114°), i reggimenti di fanteria 3° (brigata "Piemonte"); 68° (brigata "Palermo"), 215° (brigata "Tevere"), 270° (brigata "Aquila"), il XXVI e il XXVII Reparto d'Assalto ed il 790 battaglione zappatori che, combattendo a fianco della fanteria, confermò ancora una volta lo spirito di sacrificio ed il valore dell'arma del genio. Squadroni di lancieri di "Milano" (7a) e di "Vittorio Emanuele II" (10°), intervenendo decisi nella lotta ad occidente di Zenson per arrestarvi il tentativo di sfondamento del nemico del giorno 19, hanno aggiunto nuove pagine alla storia gloriosa dei loro reggimenti e dell'arma di cavalleria".

Il bollettino di guerra del 22
non comunicò molte né grandi notizie; il Comando Supremo Italiano, in vista della situazione difficile in cui si trovava il nemico, logoro, stanco, privo di riserve, sfiduciato, con alcuni reparti da giorni senza ricevere vettovaglie, aveva ritenuto inutile continuare in una controffensiva che sarebbe costato gravi sacrifici di sangue, ed aveva deciso di tormentare il nemico e costringerlo a ripassare il Piave concentrando sopra di questo, e specialmente sul fronte della III e della VIII Armata, il tiro delle artiglierie disponibili della I, VI e IV Armata, bersagliando senza tregua i ponti e le passerelle e completando l'opera distruttrice del bombardamento con opportune azioni di fanteria. E così era stato fatto.

"Il 21, il fuoco delle artiglierie italiane aumentò d'intensità. Il nemico cercò di reagire con le sue batterie ma il tiro dei nostri continuò implacabile. Allora sferrò altri attacchi: quelli sul Montello furono subito stroncati, uno in direzione di Losson, fu sanguinosamente respinto; e a Cavazuccherina arditi, marinai e bersaglieri italiani, appoggiati da batterie della Regia Marina, con brillante azione ampliarono la testa di ponte, catturando prigionieri, armi e materiali. In altre parti della fronte piccole azioni d'assestamento consentirono vantaggiose rettifiche di linea catturando altri prigionieri e altro bottino. Sull'altopiano d'Asiago un nucleo penetrò audacemente in pieno giorno in un posto avanzato nemico, catturandone l'intero presidio dopo una lotta vivace".

Bollettino del 23 giugno:
"Lungo il fronte di battaglia, le nostre artiglierie continuarono a battere intensamente l'avversario. Sul Montello e sul Piave le fanterie, mantenendo ovunque forte pressione sul nemico; eseguirono con successo piccoli colpi di mano e azioni di pattuglie. Ad occidente di Fagarè l'avversario tentò ritorni offensivi, immediatamente repressi. Un reparto britannico, con energica sorpresa, irruppe nelle opposte linee a sud di Asiago e dopo vivace lotta, sgominati un centinaio di nemici, rientrò con 31 prigionieri e una mitragliatrice".

Per il valoroso contegno tenuto, quello stesso giorno il Comandò Supremo citò il 111° fanteria (brigata "Piacenza"), le brigate "Perugia" (129° e 130°) "Avellino" (231° e 232°, i reggimenti di fanteria 41° (brigata "Modena"), 58° (brigata "Abruzzi"), 60° (brigata "Calabria"), 239° (brigata "Pesaro"), il 1° gruppo bersaglieri ciclisti (4°, 5° e 11° battaglione), l'8°, il 41° e il 5° reggimento artiglieria da campagna, le batterie da campagna 3a del 34° reggimento e 5a del 37°, la 14a batteria obici pesanti campali, la 462a batteria d'assedio, il 90° battaglione zappatori del genio e la prima squadriglia delle autoblindo?mitragliatrici. Qualche giorno dopo altre truppe furono citate: il XXIII Reparto d'Assalto, i reggimenti di fanteria 222° (brigata "Jonio") e 225° (brigata "Arezzo"), il 2° reggimento bombardieri e in modo speciale il 105° gruppo. Parole di lode del Comando Supremo per i Carabinieri e per gli automobilisti.
Come si vede un esercito molto eterogeneo; lo abbiamo già fatto notare che spesso, soldati privi dei propri ufficiali si raccoglievano intorno ad ufficiali di altri reparti, e di un'altra arma. Nella moltitudine immensa, si creavano gruppi che non conservavano più nulla dell'ordinamento primitivo. Compagini occasionali abbandonate a se stesse, ma che però sollecitate dalla propria volontà aggressiva, organizzava la sua battaglia "a vista", senza attendere disposizioni, affidandosi all'intuizione non necessariamente di un ufficiale, ma spese volte era un caporale dotato della "genialità istintiva" a guidare.

Addossato al Piave, in uno spazio sempre più ristretto, dalla audace pressione di questi eterogenei piccoli e grandi gruppi, fulminato senza tregua dalle artiglierie e dagli aeroplani, l'avversario, dopo essersi disperatamente mantenuto per otto giorni, a costo d'inauditi sacrifici, sulla destra del fiume, la notte sul 23 iniziò il ripiegamento sulla sinistra.
Boroevic ancora una volta non seppe valutare la capacità aggressiva (e la genialità) di chi gli stava di fronte.


LA VITTORIA! "RIPASSANO IL PIAVE !! "


Il ripiegamento Boroevic sperava di compierlo sfuggendo alla vigilanza italiana; ma le pattuglie, durante la notte, penetrate nelle linee avversarie, scoprirono il movimento lo localizzarono, fornirono subito le coordinate e subito dopo le artiglierie italiane aprirono un intenso fuoco sui passaggi e di mattino del 23 le nostre fanterie ripresero con slancio l'azione offensiva. Il passaggio del fiume, fu eseguito da parte del nemico sotto il mirato tiro micidiale, e continuò tutto il giorno, protetto da un forte schieramento di mitragliatrici e da truppe di copertura; ma queste, dopo una disperata resistenza, furono travolte dalle nostre truppe italiane.
Le quali, alle 11, sfondavano il fronte del Montello dopo avere respinto il nemico oltre la dorsale del monte, e allora la ritirata austriaca si trasformò in disordine spaventoso.
Il mattino del 23 giugno, lungo tutto il Piave, il "grido" del "tam-tam" era uno solo: ripetuto all'infinito "Ripassano il Piave! Ripassano il Piave". Bastò questo annuncio, e ai laceri soldati che da giorni e giorni sotto i bombardamenti e le mitragliatrici avevano visto cadere al loro fianco amici, comandanti o compagni di una sola ora, dimenticassero la stanchezza degli assalti, l'insonnia delle notti trascorse fra i cadaveri e le rovine, la sete e gli stenti. Gli ufficiali invece di trascinare i propri uomini, erano questi a trascinare loro.
Soldati di questo o quel reggimento, da giorni sparpagliati nelle buche piene di fango, non trovando più il loro reparto si univano a camerati di fortuna, ed insieme per non lasciarsi sfuggire l'occasione di sferrare allo "straniero" l'ultimo assalto; i nemici meno lesti nella fuga rimasero sgomenti, inebetiti da quella violenza tremenda (non contemplata nel "Punto A e B" del loro manuale).

Con l'ansia di correre per rivedere l'altra sponda, sparsa di cadaveri di nemici ma anche di ex amici, molti si gettavano nella corrente per inseguire qualche malcapitato austriaco che annaspava per raggiungere la sinistra del Piave, quella che era da qualche mese diventata la riva dell'Impero più vasto del mondo.
Quando raggiunsero l'altra sponda, oltre ad essere coperta di cadaveri insepolti austriaci, quell'Italia che i fanti nella ritirata si erano lasciati dietro, apparve sfigurata, i bianchi e ridenti paesi non si riconoscevano più. A Nervesa, Candelù, Fagarè, Fossalta, erano in piedi solo qualche facciata di casa, tutto il resto un apocalittica rovina. Dietro qualche muro, dentro qualche fossato, rannicchiati, qualche resto del più potente esercito del mondo, sfinito, affamato, inebetito, senza memoria di se stesso, che chiedeva pietà.
Struggente fu il ritrovamento sulle balze del Montello di un cadavere di un leggendario pilota che da cinque giorni non si avevano notizie. Conficcato nel terreno il ferro contorto di un aereo bruciacchiato, dentro… "il Fante alato tra i Fanti senz'ali": FRANCESCO BARACCA.
Anche lui, l'Asso delle 34 vittorie combatteva come un Fante, a bassa quota, fino a sfiorare quasi le postazioni del nemico, rischiando come tutti i fanti, di prendersi una sventagliata di mitragliatrice.
(ne riparleremo nel prossimo capitolo,
insieme ad altre gesta dell'Aviazione e della Marina)

La sera del 23 giugno il Comando Supremo poteva dare la grande notizia all'Italia, con un laconico ma eloquente bollettino che fece delirare d'entusiasmo l'intera penisola:
"Dal Montello al mare, il nemico, sconfitto ed incalzato dalle nostre valorose truppe, ripassa in disordine il Piave".

Erano appena trascorsi 8 giorni; la modesta Italia aveva umiliato, frastornato, ricacciato, messo in rotta, l'esercito del potente Impero Austriaco.

Il 24, dai ponti della Priula alla famosissima e insanguinata ansa di Zenson, tutta la riva destra del Piave era tornata in possesso e il nemico veniva anche ricacciato dalla testa di ponte Fossalta a Capo Sile. Quel giorno, sul Tonale, arditi alpini con un riuscito colpo di mano catturarono al completo il presidio di un posto avanzato nemico a sud-est della Punta di Ercavallo; mentre sull'altopiano d'Asiago, con irruzioni sulle pendici del Valbella, catturarono numerosi prigionieri.
L'azione più brillante del 24 giugno fu l'assalto all'Asolone, che fu ripreso al nemico dall'eroico IX Reparto d'Assalto, il quale con inaudito impeto, combattendo e vincendo, scrisse una delle pagine più gloriose della sua storia. In quell'azione trovò la morte e l'immortalità uno degli arditi più grandi d'Italia, il siciliano CIRO SCIANNA, alla cui memoria fu poi concessa la medaglia d'oro, la cui motivazione sembra una strofa altisonante di un poema epico: "Soldato di altissimo ardimento, in aspra battaglia, sotto un micidiale tiro di fucileria e mitragliatrici nemiche e fra tragiche lotte corpo a corpo, portava con irresistibile slancio lo stendardo del Battaglione d'Assalto alla testa delle ondate, infiammando i compagni entusiasti del suo coraggio. Sulla vetta raggiunta, colpito in pieno petto, cadeva nell'impeto della sua superba audacia, dando al Tricolore l'ultimo bacio ed alla Patria l'ultimo pensiero col grido di Viva l'Italia !".

La vittoria sul Piave e Montello poteva essere ancora più vistosa, qualora fosse stato mantenuto più strettamente il contatto con il nemico, i Grigioverdi avrebbero potuto rendere più difficile la ritirata, con risultati ancora più appariscenti. Infatti ci furono critiche per non aver preso il Comando Supremo l'iniziativa di una grande offensiva, tale da decidere con molto anticipo le sorti della guerra.
Ma il 24 giugno il Comando Supremo non pensò minimamente di andare oltre il Piave. Fu male? Fu bene? FOCH non mancò di incitare DIAZ ad impegnare l'esercito italiano subito in una nuova battaglia. Un Cadorna lo avrebbe fatto, ma Diaz era sempre poco disposto di mandare truppe allo sbaraglio. Gli uomini ardevano sì dell'entusiasmo, erano sì inebriati dalla vittoria, ma le energie erano stremate, e queste hanno un limite oltre il quale la volontà, non è in grado di dominare il fisico.
Inoltre l'esercito oltre che logorato si era disperso, frammischiato, molti comandanti, ufficiali, sottufficiali erano morti o feriti, molti reparti non esistevano quasi più. Ed anche gli strumenti bellici erano poco efficienti o carenti. In queste condizioni la richiesta di ulteriori sacrifici ai logorati battaglioni potevano riservare rischi ed incognite che Diaz non voleva affrontare. Anche perché le truppe non possedevano l'addestramento per una grande offensiva, né i comandi erano preparati a risolvere i gravi problemi strategici, tattici e logistici connessi ad una grandiosa avanzata per inseguire i nemici, che avrebbero fra l'altro -e lo facevano ogni qualvolta si trovavano in pericolo- potuto invocare l'aiuto dei Tedeschi.
E Ludendorff, che stava sferrando lungo il fronte occidentale un'offensiva dopo l'altra contro francesi e inglesi -con alcune fortune- poteva sospendere bruscamente quelle e far riversare sul Brennero forze ingenti nella pianura veneta.

Non altrettanto inglesi e francesi a causa delle difficili comunicazioni ferroviarie stradali e marittime potevano portare soccorso con uguale rapidità agli italiani. E questi -come avvenne a Caporetto- sarebbero rimasti soli.
Inoltre l'Impero degli Asburgo, nonostante le gravissime perdite, stante la propria estensione demografica, era pur sempre in grado di mettere in campo un numero di armati superiore a quello di cui disponeva il Comando Supremo di Abano. E non si poteva certo fare un'offensiva con lo svantaggio del numero.
Passando subito in forze dall'altra sponda, c'era il pericolo di trovarsi l'esercito italiano nelle stesse critiche condizioni che avevano determinato la disfatta di Boroevic: quello di avere alle spalle il Piave.
Fu invece fatta un'avanzata (del Duca d'Aosta) dal Piave Vecchio al Piave Nuovo, in modo da allontanare la minaccia austriaca su Venezia; e furono inoltre consolidati i caposaldi alpini per rendere meno fragile il sottilissimo baluardo montano, messo molte volte alla prova.


I PROCLAMI DI DIAZ, DEL DUCA D'AOSTA, DI VITTORIO EMANUELE III

Mentre dunque il nemico iniziava il ripiegamento il generale ARMANDO DIAZ, mantenendo la calma, indirizzava alle truppe parole di incitamento, degne di menzione:

"Ufficiali e soldati! Il nemico che con impeto furioso ha messo in opera ogni suo mezzo per penetrare nel cuore del nostro territorio è stato ovunque saldamente contenuto e respinto. Le sue perdite sono grandissime, la sua baldanza è fiaccata. Il vanto è di tutti i combattenti, di tutti i Comandi, di tutte le armi, di tutti i soldati e dei marinai che operano a loro fianco. Il Paese ha subito sentito che la barriera opposta dal vostro eroismo al disperato sforzo era incrollabile; ha sentito con fierezza e gratitudine che la vostra forza è la più pura espressione dell'immortale vigore della nostra gente. Gli Alleati, che così valorosi rappresentanti hanno fra di noi, plaudono al vostro successo contro l'eterno comune nemico e ne valutano l'altissimo significato. La grande battaglia per ora sosta, ridotta ad azioni locali. L'esercito ha ben meritato della Patria. Ufficiali ! soldati ! La nostra compagine è salda come sicura è in noi la coscienza del nostro diritto e della santità della causa che difendiamo. Nuove prove certo ci attendono: riaffermiamo al nemico che dove è Italia, è fede, è forza, è abnegazione. Per l'Italia, per il Re, per la civiltà, perseveriamo sicuri e tenaci nel compimento del sacro dovere".

Nello stesso giorno 24, anche il DUCA D'AOSTA lanciava ai soldati della sua III Armata il seguente messaggio:
"Miei prodi ! L'augurio di vittoria che tante volte ho formulato, con vibrante sentimento di italiano e di soldato, non invano è stato lanciato. Voi lo avete raccolto con l'animo vostro ardente in cui si ripercuotono i palpiti, gl'ideali e le speranze della III Armata, che ora e sempre ha risposto alla voce della Patria con entusiasmo, con slancio, con fede. Il nemico non ha saputo resistere al vostro eroico valore ed in completa rotta ha ripassato il Piave, nuovamente sacro alla gloria d'Italia. Così, nonostante il suo spavaldo desiderio di bottino e di conquista, nonostante il sangue largamente prodigato, nonostante il suo tenace valore, la minacciata travolgente sua offensiva è miseramente fallita; voi avete sconfitto in nove giorni di accanita lotta un avversario di gran lunga sormontante di forze, catturandogli oltre diecimila prigionieri e gran quantità di materiale di guerra. Il sole della vittoria ha benedetto ancora dei suoi purissimi raggi le nostre immacolate bandiere. A voi l'ebbrezza di questa battaglia; a voi la gloria di questa vittoria, a voi l'onore di questo trionfo! Soldati della III Armata! La Grande Madre, che con trepidante commozione ma con sicura fiducia ha seguito le vostre epiche gesta nelle aspre giornate trascorse, va superba della vostra meravigliosa vittoria. In riva all'inviolabile fiume, conteso ancora una volta, si sono tratte le sorti della lotta, perché nella fiera resistenza che ha salvato Venezia si maturavano non solo i destini dell'Italia, ma quelli di tutti i popoli liberi come noi. Orgoglioso di avervi guidato alla battaglia, esultante dell'ardua prova da voi superata, commosso della vostra completa dedizione, io vi esprimo, o compagni d'arme e di fede, la mia fraterna gratitudine e la mia calda ammirazione. In tale sentimento aduno i palpiti delle vostre famiglie che gioiscono della vostra vittoria, che è vittoria e gloria della Patria tutta. A coloro che caddero per l'Italia con lo sguardo rivolto là, dove i fratelli oppressi e morti gloriosi del Carso ci attendono per la liberazione e per la, riscossa, vada la nostra fervida riconoscenza.. Alle madri, alle spose, ai figli dei prodi caduti per la Patria non parole di cordoglio ma di ammirazione: il sangue vermiglio, dai loro cari generosamente sparso, germoglierà nuove forze, nuovi sentimenti, nuovi ideali per l'esaltazione e la grandezza di quell'Italia, che è il nostro più grande amore, e che io per tutti voi, o miei bravi, in questo giorno di patriottico giubilo, bacio nel drappo della nostra bandiera, simbolo glorioso di fratellanza, di ardore e di vittoria !".

Dal Gran Quartiere Generale, anche VITTORIO EMANUELE III lanciò alle truppe, il 26 giugno, il proclama seguente:
"Soldati d'Italia! Otto giorni di epica lotta, nella quale rifulsero il valore, la tenacia e l'abnegazione di voi tutti, vi hanno dato il premio della vittoria. Dapprima, la vostra resistenza magnifica spezzò la violenza dell'assalto avversario e ne sconvolse i disegni ambiziosi; poi, l'impeto irrefrenabile con il quale in fraterna e ardente gara con gli alleati nostri e i marinai nostri, passaste immediatamente alla riscossa, ricacciò il nemico al di là del fiume per noi inviolabile. Così dal suo sforzo immane, col quale sperava di sopraffarci per sempre, il nemico altro non ha raccolto che le sue gravissime perdite. Questo è stato perché voi avete bene ubbidito al comando della Patria, che ha raddoppiato la vostra volontà di vincere.
Soldati d'Italia ! Il grande grido di giubilo e di ammirazione con cui l'Italia intera ha salutato la vostra vittoria vi attesta il fervore con cui tutta l'Italia vi segue. La battaglia, ora vinta è fulgido e sicuro auspicio per le ulteriori fortune che dovranno guidarci alla vittoria finale. Ad essa dobbiamo tendere con tutte le nostre forze e con tutto l'animo nostro; dobbiamo conseguirla per la memoria dei fratelli caduti e la liberazione dei fratelli oppressi, per la grandezza d'Italia e la vittoria della causa della civiltà per la quale combattiamo a fianco dei nostri Alleati".

La battaglia del Piave, vinta il 24, fu seguita da azioni di una certa importanza completando la vittoria.
Sull'altopiano d'Asiago, il 29 giugno, sostenute da intenso tiro di artiglieria ed appoggiate da azioni dimostrative di fuoco e di reparti condotti con decisione dagli Alleati, le truppe italiane attaccarono il Monte Valbella, riuscendo, dopo un'aspra lotta, a strapparlo all'avversario. Nella giornata e nella notte, grosse masse nemiche, inutilmente lanciate al contrattacco e al macello, furono respinte dalle fanterie e decimate dai concentramenti di artiglieria e dagli audaci mitragliamenti degli aeroplani. La posizione conquistata fu poi degnamente mantenuta. Furono presi prigionieri 21 ufficiali e 788 uomini di truppa nemici appartenenti a quattro divisioni diverse; furono inoltre presi cannoni, bombarde e numerose mitragliatrici.

L'azione sull'altopiano d'Asiago fu ripresa dalle valorose truppe del XIII Corpo d'Armata la mattina del 30 giugno.
"Il formidabile Col del Rosso fu conquistato di slancio. Il Col d'Echele fu teatro di un'aspra lotta durata l'intera giornata. Alla fine il valore ebbe ragione dell'ostinata resistenza avversaria e la contesa posizione restò nelle mani italiane. Sul mezzogiorno e nel pomeriggio l'avversario sferrò due forti attacchi contro il Valbella, ma queste masse mandate allo sbaraglio, furono falciate e annientate dal nutrito tiro d'artiglieria; che fece pure paralizzare i reparti che avrebbero dovuto portare soccorso ai primi. Per non fare la stessa fine dei loro colleghi, una cinquantina di ufficiali seguiti da un migliaio di soldati preferirono arrendersi".

"Si distinsero, nelle due giornate, per irresistibile slancio nell'attacco e per una ferrea saldezza nei ritorni offensivi del nemico, le brigate "Teramo" (241° e 242°) e "Lecce" (265° e 266°). Furono catturati diversi cannoni, bombarde, 57 mitragliatrici, molte migliaia di fucili e una grande quantità di munizioni e altro materiale.
Altre modeste ma redditizie azioni sull'altopiano di Asiago e nella regione del Grappa, il 1° luglio procurarono molte centinaia di prigionieri e la conquista di alcune posizioni; il 2 luglio nel basso Piave con delle energiche puntate, fu guadagnato terreno, catturate mitragliatrici, connoncini e circa duemila prigionieri; il 3 i Grigioverdi avanzarono nella zona a nord di Cavazuccherina migliorando ancora l'occupazione di Fondo Val San Lorenzo e di Monte Cornone".

II 4 luglio, sul Basso Piave, respinto un violento contrattacco e distrutti nuovi centri di resistenza del nemico, ampliando notevolmente l'occupazione a sud est di Chiesanuova e a nord di Cavazuccherina, furono catturati 419 prigionieri, una batteria di 6 obici da 105 millimetri e numerosissime mitragliatrici.
A nord-est del Grappa, dopo una nutrita preparazione di artiglieria, i reparti Grigioverdi penetrarono nelle opposte posizioni alla testata di Val Calcino. L'avversario reagì con un intenso fuoco delle sue batterie e si accanì in contrattacchi, spinti dalla disperazione fino al corpo a corpo, ma senza riuscire tuttavia a riprendersi i vantaggi conseguiti alle porte di Salton ....
Sull'altopiano di Asiago furono respinti due contrattacchi al Monte Cornone (Sasso Rosso), impegnando spesso il nemico in mischie alla baionetta e a colpi di bombe a mano e che alla fine si conclusero per gli Austriaci con perdite molto gravi".

Il 5 luglio, sul basso Piave, gli italiani guadagnarono ancora terreno, raggiungendo la riva destra del Piave Nuovo dall'altezza di Grisolera fino alla foce. Oltre 400 Austriaci si arresero. Un forte contrattacco tentato in direzione di Chiesanuova fu infranto dopo una vivace lotta.
Nel fronte montano fallirono violenti attacchi alle posizioni italiane delle Porte di Salton e alcuni tentativi di pattuglie sul Cornone. Nel pomeriggio, dopo cinque giorni di lotta aspra e senza tregua, fu ricacciato completamente il nemico sulla sinistra del Piave Nuovo.
La riconquista di tutta la zona litoranea tra il Sile e il Piave, che l'avversario aveva occupato e mantenuto con ogni sforzo fin dal novembre, coronava brillantemente la vittoria nella prima grande battaglia della riscossa e allargava la zona di protezione della Laguna; insomma Venezia era salva!.

Il 7 luglio fra il Sile e il Piave, i reparti italiani, raggiunto con una perfetta manovra e un irresistibile slancio l'argine destro del Piave Nuovo e, ricacciato l'avversario di là dal fiume, si rafforzarono sul vasto territorio riconquistato che ad ogni passo presentava tracce dell'epica lotta e la testimonianza di perdite nemiche superiori -qualche giorno prima- ad ogni più rosea previsione.

Il bollettino del 7 luglio riportava:

"Il XXIII Corpo d'Armata, portando a compimento la difficile impresa ha aggiunto nuovi allori alla sua gloria. La 4° divisione di fanteria si è particolarmente distinta. Il contegno di tutte le truppe è stato magnifico; le fanterie, fra le quali avevano preso posto il Reggimento di Marina e reparti della Regia Guardia di Finanza, combatterono con grandissimo ardore; le artiglierie del Corpo d'Armata e del raggruppamento di Marina, che con efficaci tiri, fornitono il più ampio contributo al successo. I nostri velivoli, quelli alleati e gli idrovolanti della Regia Marina impiegarono l'usata bravura.
Speciale onore, pari all'estremo ardimento dimostrato, spetta al 33° battaglione zappatori del genio".

Terminiamo proprio con questo nostro corsivo in neretto; che è molto significativo se vogliamo evidenziare ancora una volta la partecipazione straordinaria di uomini, anonimi ma eroici, appartenenti a quell'esercito italiano che soltanto il 15 giugno gli Austriaci, nemmeno consideravano un esercito, ma soltanto "caporettini".

Il Comando Supremo, nella sua relazione sulla battaglia del Piave scrive che furono

"messi fuori combattimento 250 mila nemici e furono fatti prigionieri 524 ufficiali e 23.931 uomini di truppa. Immenso il bottino: 70 cannoni, 75 bombarde, 1234 mitragliatrici, 151 lanciafiamme, 37.000 fucili, 5 milioni di cartucce, e un'enorme quantità di altre munizioni e materiale bellico di ogni sorta".

Notizie sicure sulle perdite italiane non ne abbiamo. Ma alcuni fonti indicano 8.000 morti, 29.000 feriti, con una totale di 90.000 fuori combattimento. Ma sappiamo che alla fine del 1918, i morti e i feriti ammontavano a circa 143.000.
Gli Austriaci sempre nella battaglia del Piave, subirono circa 11.600 morti e 81.000 feriti e come già detto sopra circa 25.000 prigionieri..

Noi qui ci fermiamo sulle sponde del Piave e -prima di riprendere la marcia-
ripartiamo dall'inizio dell'anno 1918, per narrare le attività sia aeree sia navali nell'arco di sei mesi, comprese le ardite azioni di piloti e marinai durante la "grande offensiva" austriaca.


...l'opera dell'Aviazione e della Marina: le imprese

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