1943
ROMA BRUCIA

Lunedì  19  LUGLIO 1943 - ore 11,13
NEW YORK TIMES 
"ROMA COLPITA! - ROMA BRUCIA!"
( inglesi e americani fecero una gara per bombardarla - vedi pagine successive)

IL 19-20  LUGLIO Mussolini e Hitler si incontrano a Feltre. Alcuni generali insistono perché Mussolini sostenga una onorevole proposta di sganciamento dal conflitto (in primo piano Bastianini, con quel realismo che abbiamo visto in Alberto Pirelli), ma Mussolini sembra impacciato, titubante, indeciso; è perfino infastidito. A fatica riesce a dominare la sua inquietudine e a nascondere la sua sofferenza quando Hitler - che parla sempre lui- gli rimprovera il comportamento di alcuni comandi italiani, per i rovesci militari in Africa e in Sicilia e alla mutata situazione politica interna. Mussolini tace, é nervoso, é impaziente di terminare quel colloquio dentro il quale come un automa viene condotto da Hitler, per poi nuovamente confermare il proseguimento della guerra al suo fianco.

Hitler gli promette ingenti forze per "presidiare" l'Italia settentrionale che ritiene il nocciolo duro per gli anglo-americani. E gli fa balenare di avere tra poco a disposizione le sue potenti "armi segrete" che si stanno preparando in Germania e che assicureranno la vittoria all’Asse. Invita Mussolini ad usare il pugno di ferro per eliminare nel partito e nel paese gli oppositori (compresa la ostile monarchia).

Nel mentre si svolgono i colloqui, Mussolini con una volontà avvilita non reagisce neppure quando gli viene comunicato con i dispacci che giungono dalla capitale, che in quelle ore Roma sta bruciando. Mezzo migliaio di bombardieri (americani) stanno colpendo al cuore la capitale. Per la prima volta Mussolini (e questo non é un suo vezzo, non era mai accaduto) si passa due volte il fazzoletto sulla fronte madida di sudore. Nessuno meglio di lui sa cosa vuol dire questo bombardamento in una Italia già alla deriva. Hitler é già abituato a vedere le sue città distrutte, apprende la notizia con indifferenza, ma Roma non é la Germania, significa molto di più e non solo in Italia, è una ferita nel mondo, che sta osservando con il fiato sospeso, chiedendosi ora - dopo Roma - che cosa accadrà.
Questo Hitler non lo capisce, ma Mussolini sì. E sa pure che le bombe sono buttate a Roma, ma i botti per le conseguenze politiche si vogliono far arrivare fino a Berlino. Questi botti dovrebbero essere psicologicamente devastanti per i tedeschi, ma l'unico a non capire è Hitler.

Lo storico De Felice così commenta " la spiegazione di fondo del suo comportamento a Feltre, il suo subire in silenzio la requisitoria di Hitler, e infine accettare nuove truppe in Italia era per prendere tempo". " E' difficile credere che Mussolini si illudesse di poter convincere Hitler con l'idea di un negoziato di pace o di lasciar libera l'Italia di trattare la propria fuoriuscita dalla guerra, sicche' il fatto che non abbia sollevato questa questione non puo' certo meravigliare.
Ma soprattutto voleva guadagnare tempo per trovare il modo per sganciarsi (e c'era qualcuno che stava attivandosi) per avere senza correre il rischio, temendo di essere sopraffatto militarmente ed essere estromesso politicamente (sapeva benissimo cosa bolliva in pentola a Roma), o di mettere talmente in allarme i tedeschi da indurli ad anticipare i tempi per occupare l'Italia.(*) E avendo bisogno di guadagnar tempo l'unica cosa da fare era rassicurare Hitler sulla propria fedeltà e ottenere da lui quegli aiuti che aveva chiesto ma che sapeva benissimo che Hitler non gli avrebbe certo dato"
(*) Dal Brennero  alcune divisioni già nei pressi del Passo, farle arrivare a Verona era per Hitler un giochetto molto semplice: di un paio di ore.  I tedeschi avevano già predisposto nelle valli Altoatesine, l'appoggio della popolazione locale di lingua tedesca (Hofer aveva a disposizione 250.000 uomini), ed inoltre per fermarli a Verona non c'era l'ombra nemmeno di un comandante italiano. Tutti i presidi erano comandati da ufficiali tedeschi (questa invasione era già stata studiata a tavolino, e sarà solo rimandata alla notte dell'8 settembre - vedi, e nota la tempestività di come fu poi condotta a termine. (Prima ancora del radio di Badoglio, Bolzano, Merano, la Val d'Adige, la Val Venosta, la Val Passiria e la Val Isarco erano già in mano ai tedeschi).


Dal Diario di Pietromarchi apprendiamo che "Mussolini voleva sganciarsi dalla Germania ma non sapeva come farlo" mentre dalle Memorie di Alfieri leggiamo cosa disse Mussolini, sollecitato dal generale Ambrosio a guardare in faccia la realtà, e quindi a trovare con Hitler una soluzione, una via d'uscita onorevole, senza gravi danni: "Credete forse che questo problema io non lo senta agitarsi da tempo nel mio spirito travagliato? Dietro la maschera della mia apparente impassibilita' c'e' un profondo assillante tormento. Ammetto le ipotesi: sganciarsi dalla Germania. La cosa e' semplice; un giorno, ad una data ora, si lancia un radio al nemico. Quali saranno le conseguenze? Il nemico pretendera' giustamente una capitolazione..... Si fa presto a sganciarsi dalla Germania. Quale atteggiamento prenderebbe Hitler? Credete forse che ci lascerebbe liberta' d'azione?".

Mussolini è travagliato, è tormentato, ma è anche solo. Oltre che avere i soliti nemici, ha gli amici di un tempo nemici. E quelli autorevoli che potrebbero fare qualcosa, fanno solo chiacchiere ma non fatti. Anzi le chiacchiere le fanno con tutti, meno che con Mussolini.

Dal Diario di Rommel (vedi IL DIARIO >>>>>>) tutto questo veniva riportato fin dal 4 novembre 1942.
"
Il Generale Kesserlring continua ad asfissiarci con i suoi cifrati. Da Roma ci sono giunte preoccupanti notizie sulla situazione italiana. Al Comando Supremo italiano l'atmosfera è oscillante, grigia e gravida di elettricità Le ostilità contro di noi aumentano....  Si teme, negli ambiente  della Corte vi siano correnti che premono sul Re d'Italia perchè prenda in mano la situazione interna italiana e limiti l'autorità del Primo Ministro (Mussolini). Voci darebbero sicuro al nostro servizio informazioni che la Principessa ereditaria, MARIA JOSE', abbia avuto, tramite una sua amica francese, dei contatti con diplomatici americani ed inglesi in Svizzera per una pace separata. Sarebbe mostruoso!"
(Rommel non si sbagliava; nel maggio del '43 il Re già meditava uno sganciamento)
Ma se c'erano ancora dubbi che l'Italia stava passando in gran (!?) segreto dall'altra parte, il dubbio a Hitler glielo tolse il generale Ambrosio, quando con una ingenua lettera, a maggio chiese di far rientrare i reparti italiani che erano in Francia, Iugoslavia, Grecia ecc. ( Hitler non era poi così stupido!!)
Del resto con la caduta della Tunisia molte cose erano cambiate non solo dentro chi remava contro il regime, ma era cambiato anche lo stesso Mussolini.
Arrigo Petacco, in Storia del Fascismo scrive: "Nel dare l'annuncio della caduta della Tunisia, la stampa italiana, una volta tanto, non nasconde la verità. I giornali scrivono, senza mezzi termini, che adesso l'Italia è direttamente minacciata, che un tentativo di sbarco sul territorio nazionale è possibile. (Da Tunisi in Sicilia ci si arriva anche con i pescherecci). Mussolini stesso, in un colloquio con Ambrosio, autorizza ad accelerare al massimo il rimpatrio delle unità che si trovano fuori dalle frontiere, in Iugoslavia, in Grecia, e altrove. Pare rendersi conto della gravità della situazione e, per la prima volta, parla di pace separata, non con la Russia, come vagheggiava in passato, ma con gli inglesi e con gli americani".


TORNIAMO AL 19 LUGLIO

Nel frattempo - lo abbiamo già letto - il 9 luglio gli anglo-americani sbarcano in Sicilia. I reparti del generale PATTON prendono terra tra Gela (CL) e Licata (AG). Superano agevolmente le difese italiane e procedono verso Trapani e Palermo (che sarà occupata il 22 luglio). Mentre l'VIII Armata di Montgomery sbarcata sul litorale tra Capo Passero (RG) e Siracusa, procede più lentamente verso Messina perchè incontra una notevole resistenza della divisione Goering a Catania, ma che poi occuperà il 6 agosto.
Ci furono in alcune zone della costa, nei pressi di Agrigento, dei coraggiosi tentativi di difesa da parte di truppe italiane. Ma si trattò di iniziative isolate e certo non volute dagli alti comandi, ormai già alle prese con la prova generale dell'8 settembre; cioè si erano dati alla fuga lasciando con mille pretesti l'isola. (Vedi la parte dedicata alla Sicilia e relativi documenti)


19 LUGLIO - Gli americani - anticipando gli inglesi (più avanti spiegheremo il motivo)- scegliendo un drammatico giorno storico, l'incendio di Nerone, con 321 bombardieri bimotori (B-25 e B-26), e numerosi caccia, in due fasi, una al mattino e una al pomeriggio, effettuano (avevano promesso che non l'avrebbero mai fatto né a Roma, né a Firenze, né a Venezia, e neppure ad Assisi) pesanti bombardamenti sulla capitale (682 tonnellate di bombe) colpendola senza riguardo, con tanti innocenti vittime civili, nei quartieri Prenestrino, Tiburtino (il più colpito con 717 morti) , Tuscolano, San Lorenzo; e danni al patrimonio artistico millenario devastanti. 

Si volevano colpire -si disse- gli obiettivi militari, le ferrovie, ma 1 aereo su 10 sbagliò su un raggio di 300 metri, e 1 su 3 lo sbagliò su un raggio di 600. Inoltre le bombe sono quelle da 500, 1000, 2000 libbre ad alto potenziale, contenenti il micidiale esplosivo RDX e lo sganciamento è avvenuto a salva,  cioè rilasciate tutte assieme (a tappeto - il cosiddetto "area bombing") da una squadriglia. Quindi i cosiddetti mirati obiettivi sono fuor di proposito. Una squadriglia di bombardieri quando fa il salva non può mirare proprio nulla.
Eisenhower era stato del resto esplicito con i suoi piloti che aveva scelto con cura (!) personalmente: "se per salvare un solo uomo americano dovete buttar giù il Colosseo, buttatelo pure giù'".

L'incursione del 13 agosto furono ancora più catastrofica:


Le conseguenze furono terrificanti, 1500 morti, 6000 feriti, 10.000 case in macerie o lesionate, 40.000 romani si ritrovarono senza tetto. Quasi in tutta la città cessò l'erogazione della corrente elettrica, del gas e dell'acqua. Il giorno dopo la stessa scena si ripeté a Napoli, dove 430 bombardieri fecero scempio della città, senza riguardi per cose e persone innocenti. Più che i danni materiali e la morte dei civili, l'azione sul morale dei romani fu devastante. Ma è quello che si voleva: terrorizzarli.
Al cimitero del Verano -colpito- si scoperchiarono perfino le tombe, e la scena fu dantesca. I vivi venivano sepolti dalle macerie delle loro case, mentre  i morti  venivano fuori con gli scheletri dalle loro tombe, come a volersi rendere conto di quanto accadeva....



...o forse per andare incontro ai nuovi arrivati - 1500 - messi dentro quattro assi di legno.


A nulla era servita l'allocuzione di Pio XII diretta e indiretta di risparmiare la Città Santa dai bombardamenti. Non fu risparmiata nemmeno la tomba dei suoi genitori...


Pur attanagliati da un forte pessimismo, nessuno, ma proprio nessuno  avrebbe mai pensato che gli americani avrebbero colpito la Città Eterna, la Città della Cristianità.
Qualche giorno prima avevano sì avvisato con dei manifestini. "State lontani dagli obiettivi militari", ma nessuno pensava che gli obiettivi erano i binari delle ferrovie che passavano sotto casa, come a San Lorenzo (la stessa basilica fu ridotta a un cumolo di macerie)


 

Oltre tutto dall'inizio della guerra fino a questo tragico giorno non un aereo aveva fatto danni. In tre anni di guerra a Roma si era registrata una sola vittima, per una scheggia di un proiettile difettoso della stessa contraerea.
Sconvolti dalla notizia  furono le persone di tutto il mondo, "intelligenti", di cultura e di qualsiasi credo politico; turbata fu la stessa pubblica opinione americana dove il legame cristiano aveva pur sempre delle radici profonde. Poi gli addetti dissero ai loro concittadini di pensare solo ai propri figli e ai propri mariti e non ai monumenti, e così tutti gli americani
  approvarono la missione devastante. "Colpita Roma!", "Roma Brucia!" erano i titoli dei giornali. Tutti gli americani furono orgogliosi dei loro piloti e fecero una gran festa! Euforia negli ambienti militari; dissero che era stato un "bombardamento di successo". (le stesse parole del resto le aveva detto Ciano bombardando Barcellona).

Chi aveva qualche ricordo degli studi classici, sapeva cosa voleva dire "Colpita Roma"! e "Roma Brucia!". Non era la stessa cosa dire "Colpita Berlino". Molti in America non sapevano nemmeno dove puntare il dito per indicare Berlino. Mentre Roma anche su un mappamondo grande come un arancio ognuno anche distrattamente la può individuare; è nel centro di quell'emisfero che una volta era tutto "il Mondo" conosciuto, non un Paese qualsiasi.
L'effetto di quella frase "Colpita Roma!" fu dunque ridondante. In Italia fu un "crollo" molto maggiore di quelle case colpite nella capitale. Ed era quello che volevano gli anglo-americani.

Del resto lo scriveva lo stesso  Roosevelt: " Noi dobbiamo sottoporre la Germania e l'Italia ad un incessante e sempre crescente bombardamento aereo. Queste misure possono da sole provocare un rivolgimento interno o un crollo" (lettera di Roosevelt a Churchill, del 25 luglio 1941. - Doc. 67, pag. 151 - Loewenheim- Langley- Jonas, Roosevelt and Churchill). - E lo ripete "...deve essere nostro irrinunciabile programma un sempre maggior carico di bombe da sganciare sopra la Germania e l'Italia" (Ib. del 31 ottobre 1942 , doc. 180, pag. 325) - E insiste: ".Bombardare, bombardare ...io non credo che ai tedeschi piaccia tale medicina e agli italiani ancor meno ...la furia della popolazione italiana può ora volgersi contro intrusi tedeschi che hanno portato, come essi sentiranno, queste sofferenze sull'Italia e che sono venuti in suo aiuto così debolmente e malvolentieri.." (Ib. del 30 luglio 1943, doc. 246 . pag 358). 

Dopo pochi  giorni, il 13 agosto, altro "bombardamento di successo".  Toccò questa volta al quartiere Tiburtino, Appio e Tuscolano.


La via Casilina si trasformò in una strada disseminata di crateri.
Le arcate dell'acquedotto Claudio che avevano resistito per quasi duemila anni, crollarono.

(i titoli dei giornali dell'epoca - spesso erano molto scarse le notizie riportate)
(soprattutto dopo il 25 luglio e ancora più scarse dopo l'8 settembre)
(dopo questa data non si voleva dispiacere i "nuovi alleati" evidenziando i loro massacri)

(Sergio Panizzoli, uno scampato, ha un netto ricordo,
poi ha rintracciato per noi diversi giornali, con i titoli di quei giorni)

- - Lunedì 19/7/43 Al mattino per più ore dalle 10:45 alle 14:30 primo violento bombardamento di Roma a saturazione, secondo il metodo dell’“area bombing” volta prima da Eden, poi da Churchill, sir Harris e Roosevelt. Dai quartieri Tiburtino a quelli di San Lorenzo, della Prenestina e della Tuscolana. Circa 3.500 morti. Lo scalo merci di San Lorenzo costituisce la quarta-quinta parte della superficie dell’area bombing saturata.

- - Mia esperienza e ricordo: Quell’assolata mattina di lunedì 19 luglio 1943, erano circa le nove e trenta, avevo deciso, già stanco per il gran caldo, di andare a casa d’un mio compagno di scuola in Via Nomentana,vicino a Porta Pia. Gli Anglo-americani erano da pochi giorni sbarcati in Sicilia. Avevo compiuto 16 anni da tre mesi.
Ore 10: diretto verso via di Villa Torlonia, mentre mi trovavo là, dove via Ravenna si biforca in via Catanzaro, sentii lugubre e violento, ma soprattutto inaspettato, l’urlo della sirena cui facevano eco le altre di zone vicine e lontane. L’impatto fu violento perché l’ululato, amplificato dalla grancassa di Piazza Bologna, risuonava nel corridoio costituito, da un lato, dalle case di Via Ravenna e dall’altro dalla prospiciente collinetta sulla quale, a quel tempo, ancora si ergeva il cascinale di villa Koch dove nel 1849 si rifugiò Anita Garibaldi. Il suono, continuo e ripetuto, era ingigantito dalle modulazioni delle altre sirene che, dalle zone limitrofe e dal Policlinico incanalando il loro lugubre allarme in Via Catanzaro, sembrava che dessero il consenso a quella di Piazza Bologna della quale, inoltre, ne riempivano le alternanze producendo il fenomeno fisico dei “battimenti”.
Per mia natura e per l’incoscienza della giovane età non avevo mai avuto timore di nulla, tuttavia quella volta provai un senso d'angoscia. Dopo aver proseguito di qualche passo decisi di tornare a casa, distante un 300 metri. Incalzato dalla violenza dell’allarme affrettai il passo e raggiunsi i giardini di piazza Bologna proprio quando la sirena smise di suonare; allora mi misi a correre per arrivare a casa proprio mentre iniziavano nel cielo i primi schianti della contraerea frammisti ai boati più sordi e sconquassanti delle prime bombe. Salii in casa in tempo per confortare mamma che, non sapendo dov’ero, era agitatissima. Scendemmo nello scantinato dove trovammo già gli altri abitanti.
Alla luce fioca di poche candele che poi si spensero, le facce di tutti, terree, disfatte, manifestavano chiaramente il batticuore. I sussulti del pavimento e i tremolii dei muri ed il polverone di calcina che si sollevava in quello stretto corridoio incutevano a tutti un vivo terrore. Papà, era serio, non parlava e mia sorella era abbracciata a mamma mentre io non potevo stare fermo. Ero eccitato e non sentivo alcuna paura. Ricordo un insieme di persone celate dalla semioscurità. Ricordo che in una delle pause del bombardamento dei nostri liberatori, mamma andò in casa per prendere un poco d’acqua e qualcosa da mangiare. Io ed un mio amico uscimmo un paio di volte senza allontanarci troppo; io mi azzardai per una ventina di metri sino all’incrocio di Via Michele di Lando per occhieggiare verso Piazza Bologna. L’aria era giallastra e tutte le case erano immerse in un polverone fine, quasi nebbioso dall’odore acre e pungente, nessun elemento umano od animale era visibile. V’era una tragica atmosfera di morte nell’opacità di quella strana luce di luglio. Il caldo secco del mattino si era trasformato in afa polverosa; dal cielo piovevano schegge che nel toccare terra rimbalzavano tintinnando. Che incosciente! Poteva cadermene una in testa! Ne raccolsi un paio, scottavano. Erano di diverse misure lunghe sei÷dodici centimetri. Tutte erano più o meno allungate, angolose, spigolose, taglienti, aguzze con i profondi acuti solchi dello strappo del metallo e... scottavano. Le portai nello scantinato per farle vedere. Papà mi sgridò. Mamma, preoccupata, mi pregò, amorevolmente agitata, di non uscire più e le ubbidii.
Quel tormento durò per quattro ore e mezza sino alle due e trenta del pomeriggio ma già verso le due e un quarto non si erano più sentite esplosioni. Arrivò l’atteso cessato allarme. Il massacro degli innocenti era terminato. Mamma preparò, come poté, con un fornello a benzina o simile, qualcosa di caldo e trangugiammo un boccone. Mia sorella pareva un cadaverino. Papà uscì non so per dove perché non un tram circolava e la gente, le poche persone che vidi nei dintorni, parevano fantasmi sebbene la nostra zona non fosse stata colpita. Le bombe esplose più vicine erano cadute a 2÷300 metri, sui quartieri circondanti a corona il cimitero del Verano, in via di Sant’Ippolito, in via della Lega Lombarda vicino a Piazza Pontida e in fondo a via Lorenzo il Magnifico e poco oltre piazza delle Province, nella zona allora non ancora edificata ma abitata da baraccamenti di poveri disgraziati sfollati dal Sud.
Dopo avere gironzolato per casa senza idee, mi tornò in mente che papà era stato beneficiato, della possibilità di comprare un paio di scarpe di pelle, a me destinate, ed a cui da qualche giorno avevo messo occhio con il desiderio di indossarle. Strano impulso quello che, nel pieno di una tragica situazione intensamente vissuta, sollecita nella mente di un ragazzo, travisato dal ritmo di continue e dure privazioni, il piacere di calzare un paio di scarpe nuove! Un paio di scarpe nuove a fronte di tanta desolazione! È assurdo!
Forse la drammaticità del momento sta proprio nel divario tra l’enorme tragedia testé trascorsa e scampata e quel paio di scarpe che costituisce una reazione inconscia alla schivata catastrofe. Sono vivo! E con un paio di scarpe; è aberrante! Era come se fossi vecchio e demente. Ma eravamo tutti bestialmente sgangherati. E forse, stante le privazioni già in corso e che da lì a qualche mese, per l’assedio, si sarebbero acuite in maniera oggi incomprensibile, eravamo già vecchi. La voragine di patimenti e la fame sarebbero presto sopraggiunti con l’assedio di Roma per aggravare una situazione di metamorfosi mentale che ancora oggi ci condiziona a risparmiare un chiodo o una gugliata di filo e a non buttare nulla perché potrebbe un giorno essere utile. Durante quell’assedio durato fino al 4 giugno 1944 eravamo senza elettricità e quasi sempre senza gas e senz’acqua. Papà, poté rimediare del carburo col quale alimentavamo due lanterne. Io raccolsi più volte bucce di fave e di piselli per mangiare e più volte a mezzanotte mi misi in fila alla “Provvida” (proprio in quella via Apuania che sarà caricata di morti il 14 marzo successivo) perché, si diceva, che forse il mattino dopo avrebbero distribuito qualcosa che, magari, poi, non arrivava dopo aver atteso sino a tarda mattinata.
Più volte andai a Sant’Agnese col secchiello per rimediare un po’ di minestrina. Più volte andai a rubare il grano dai vagoni ferroviari talvolta in sosta a Tiburtina finché, mitragliato, non fui fermato dalle guardie. Eravamo giovani, ma vecchi perché annichiliti dalle condizioni di guerra che giorno dopo giorno avevano alterato la dimensione della vita, i giusti modi di pensare e di valutare le cose perché ossessionati dai bisogni più elementari e che mi portavano perennemente alla ricerca di cibo. Nel leggere queste righe, cosa potrà mai capire o sentire un sedicenne d’oggi, condizionato dai mass-media a giudicare la storia recente sotto un’unica ben orchestrata visione, e abituato a qualsiasi leccornia, a soddisfare ogni qualsiasi voglia sino a stancarsene e a guardaroba ricchi di cose “firmate”..., del significato di quel paio di scarpe di duro cuoio contemplato sullo sfondo della tragedia di morte e distruzioni lì per lì consumata? Potranno mai rendersi partecipi di quanto tali situazioni hanno influito sulla mentalità dei vecchi di oggi, allora ragazzi e, specialmente, sulla vita di un giovane?
Furtivamente indossato quel paio di scarpe, verso le quattro uscii anch’io dicendo a mamma che avrei fatto un giro nei dintorni ma, passo dopo passo, mi diressi, con quelle scarpe strette e dure, verso S. Ippolito e di lì per viale delle Province verso S. Lorenzo. Camminavo male perché la parte bassa di viale delle Province e sempre più le strade successive erano cosparse di terra, travi, polvere, ciottoli, cocci, mattoni, selci, vetri, pezzi di muro, rami d’albero, fogliame, legname, macerie. Sotto un sole cocente, giunsi in via Tiburtina, al Verano. Le strade erano sconvolte, ovunque macerie e segni delle esplosioni, le case crollate, schiantate, l’alto muro di cinta del Verano era stato distrutto in più parti e le tombe ad esso addossate aperte, esplose, scoperchiate, sventrate, i cipressi abbattuti, le rotaie del tram sollevate e contorte e arricciate, la strada era un mare di macerie impercorribili e voragini, un’auto era schiantata e dappertutto buche e fosse d’esplosioni e terra scura mista a polverone biancastro. Vidi resti umani, guardai intorno e mi chiesi chissà dove fosse finita la spappolata rimanenza del corpo a cui erano appartenuti.
Molto faticosamente, proseguii incurante della difficoltà di camminare su quell’ammucchiata di macerie assolate e polverose e con i piedi doloranti a causa di quell’agognato paio di scarpe che avevo ormai abbastanza sciupato. Volevo arrivare alla Basilica di S. Lorenzo, dove s’era detto che stessero per giungere Pio XII e Maria Josè.

Lentamente andai ancora avanti sin quasi al piazzale di S. Lorenzo e vidi, oltre l’angolo, sullo sconvolto piazzale del Verano un po’ di gente e, più lontano, palazzi sventrati e fumanti. Difficoltosamente, tentai di proseguire in quella cataratta di macerie tra buche e distruzioni ma, poi, maledettamente soffrendo per le strette scarpe, desistetti e, volgendomi in direzione della zona universitaria, presi la via del ritorno ogni tanto fermandomi e sedendomi nel polverone, per terra, dolorante, senza la possibilità di togliermi quel paio di scarpe che, altrimenti, non sarei più riuscito a calzare.
Nel frattempo lungo le vie consolari Tiburtina, Prenestina, Casilina e Tuscolana, i Lightning mitragliarono sino a sera i convogli dei soccorsi tedeschi, dei vigili del Fuoco e delle ambulanze provenienti da Tivoli e dai Castelli.

- - Venerdì 13/8/43 Al mattino secondo violento bombardamento di Roma a saturazione, la cosiddetta “area bombing” di sir Harris durato 4 ore sui medesimi quadranti di quello precedente. Tragedie, distruzioni e morte come il 19 luglio.
- - “Il Corriere della Sera” venerdì 13/8/43 - Ieri mattina venerdì 13/8 violento bombardamento di Milano devastazioni ovunque nel centro e quartieri periferici. Colpiti duomo, galleria, chiese, musei.
- - “Il Corriere della Sera” martedì 17/8/43 - Notte domenica 15/8 violento bombardamento di Milano durato 45 minuti devastati il centro e la periferia.
- - “Il Corriere della Sera” sabato 4/9/43 - Civitavecchia bombardata. Distruzioni immense.
- - “Il Corriere della Sera” venerdì 14/1/44 - Ieri giovedì 13 gennaio alle ore 12 a Roma colpita la periferia. Più volte sorvolato il Vaticano.
- - “Il Messaggero” domenica 16/1/44 - Violazione del Vaticano ieri sabato 15 gennaio.
- - “Il Messaggero” martedì 8/2/44 - Castelli Romani martedì 6/2 Castel Gandolfo Albano Velletri.
- - “Il Messaggero” venerdì 11/2/44 - A Castel Gandolfo e Albano mattina del 10/2 colpiti abitati, Istituto Propaganda Fide.
- - “Il Messaggero” sabato 12/2/44 - A Castel Gandolfo disseppelliti 430 cadaveri. Trentasette bombardieri hanno scaricato bombe per tutto il giorno di ieri 11/2 sino a sera.
- - “Il Messaggero” domenica 13/2/44 - A Roma ieri sera 12/2 colpita la zona tra. S. Maria Maggiore e San Giovanni, Colle Oppio, via Mecenate. Sette morti venticinque feriti a piazza Asti. Bombe in via Merulana e colle Oppio alle 21 piazza Asti, via Taranto, via Appia e via Tuscolana. Idem a Castel Gandolfo; Propaganda Fide crollata.
- - “Il Messaggero” lunedì 14/2/44 - Idem come sopra; alcuni particolari dei bombardamenti
- - “Il Corriere della Sera” mercoledì 16/2/44 - A Roma martedì 14/2 verso le ore 20, bombe e spezzoni. Distrutta la clinica ostetrica Villa Bianca, morto il prof. Giorgio De Maria aiuto di Rubbiani.
- - “Il Corriere della Sera” mercoledì 16/2/44 - A Roma lunedì 15/2 verso ore 10 -11 in varie ondate colpiti Trastevere e Monteverde ed altre zone. Poi mitragliamenti a bassa quota della gente per le strade.
- - “Il Messaggero” mercoledì 16/2/44 - Su Roma infierisce il terrorismo aereo. La clinica Polidori distrutta; professore morto. Mitragliamenti a Monteverde vecchio, al Colle Oppio in via Mecenate, e sulla via Tuscolana.
- - “Il Messaggero” mercoledì 16/2/44 - Ostiense, Tiburtino e piazza Bologna attaccati stamattina ore 8:1/2 - 9. Crolli in via Ettore Rolli, a Monteverde e al Nomentano. Strade della periferia e del centro mitragliate. Bombe a Pietralata e in via Pacinotti.
- - “Il Messaggero” giovedì 17/2/44 - A Roma tiro al bersaglio sui cittadini. Dalle 7:45 di ieri alle 15 sganciate bombe su quartieri popolari e fatti mitragliamenti. 80 morti e 150 feriti. La notte bombe su Ostiense.
- - “Il Messaggero” venerdì 18/2/44 - Montecassino distrutta. 600 i morti e più di 1300 i feriti.
- - “Il Messaggero” sabato 19/2/44 - La zona di piazza Bologna spezzonata ieri sera venerdì 8/2. Numerosi stabili colpiti in viale delle Province e via San Bocuccio Da Lando. Un Tram colpito tra Monteverde e Trastevere. Bombardate Frascati e Lanuvio. Frascati distrutta.

- - Mio ricordo ed esperienza: Quella notte, saranno state le 22÷23, mia madre mi svegliò per scendere in cantina. Avevo sonno e rimasi cocciutamente a letto. Uno spezzone cadde ad una cinquantina di metri da casa, all’incrocio tra via Stamira e via Lorenzo il Magnifico e tra l’altro, rovinò la farmacia Sant’Ippolito.
- - “Il Popolo di Roma” sabato 4/3/44 - L’incursione di ieri venerdì 3/3. I quartieri di Ostiense e Tiburtino duramente colpiti. Crollati numerosi edifici. Franati due ricoveri sulla via Tiburtina. Centinaia di vittime. Colpito cimitero acattolico. (quello ebraico al Verano). Danni a porta San Paolo e zona Piramide. Una scuola distrutta. Nel tardo mattino, verso le 11, varie formazioni di bombardieri… hanno sorvolato Roma per 2 ore. Scarico di micidiali di bombe tra porta San Paolo e i mercati generali, Foro Boario… moltissimi cadaveri, ragazzi, giovani, donne… Moltissimi feriti… in via F. Carletti i civici 7 e 9, altre case in viale Ostiense, via Porto Fluviale, via G. Benzoni, via Servio Tullio, via Tiburtina, Portonaccio…
- - “Il Messaggero” sabato 4/3/44 - Ieri mattina venerdì 3/3 bombardamento su Roma dalle 11 alle 12 ½ al Tiburtino, Ostiense, Pietralata, Testaccio Trionfale, Prenestino, Garbatella. Colpiti chiese case monumenti, cimitero acattolico. (quello ebraico al Verano).
- - “Il Corriere della Sera” sabato 4/3/44 - Ieri mattina venerdì 3/3 bombardamento su Roma dalle 11 in poi: colpito quartiere Ostiense, basilica di San Paolo ove estratti 200 feriti dalle macerie.
- - “Il Messaggero” domenica 5/3/44 - Terrorismo aereo su Roma Cristiana.
- - “Il Corriere della Sera” lunedì 6/3/44 - Oltre 600 vittime nel bombardamento di venerdì 3/3. Colpito, a Porta S. Paolo, il cimitero degli stranieri illustri.
- - “Il Messaggero” lunedì 8/3/44 - Alle 10:45 di ieri domenica 7/3 colpiti Trastevere, Garbatella, Ostiense,
- - “Il Popolo di Roma” lunedì 8/3/44 - Ieri mattina verso le 11, tre ondate di bombardieri sui quartieri di Ostiense, Trastevere e Garbatella. La maternità della Garbatella distrutta. Chiese, scuole, cucine economiche distrutte. (La gente era ridotta alla fame per l’assedio aereo. Il comune aveva istituito mense popolari per dare qualche minestrina. In proposito ricordo che più volte andai dalle suore di Sant’Agnese in via Nomentana con un pentolino). Nuovi lutti, nuove rovine nei quartieri occidentali. Un centinaio di morti. Autoambulanze mitragliate. (I Lightinig americani hanno sempre mitragliato i soccorsi dopo ogni bombardamento, però, poi, la gente li accolse come liberatori!). Le zone colpite sono state le stesse dei due precedenti bombardamenti. Colpita anche la circonvallazione Gianicolense, viale del Re (oggi viale Trastevere), via del Littorio (oggi,?), viale A. Hitler (oggi,?), Viale Imperiale (oggi,?), Via Contarini, via Mura Ardeatine, via Pellegrino Matteucci. Difficili le opere di salvataggio iniziate e proseguite durante il bombardamento. Nuovamente colpita via del Porto Fluviale, viale Marco Polo, via dei Conciatori. In pratica quasi tutte le vie di Testaccio e Ostiense.
- - “Il Corriere della Sera” lunedì 8/3/44 - Il 7/3 domenica varie ondate su Roma alle ore 11. Colpita la chiesa di San Girolamo del convento Orsoline. Alto il numero dei morti.
- - “Il Messaggero” giovedì 9/3/44 - Colpiti via Nomentana, e il quartiere Nomentano.
- - “Il Messaggero” sabato 11/3/44 - Ieri mattina 10/3 nel quartiere Italia 200 morti. Da Piazza Bologna a val Melaina (quartiere di Monte Sacro). Micidiale la zona di via XXI aprile.
- - “Il Popolo di Roma” sabato 11/3/44 - Numerosi morti e gravi danni nei quartieri Nomentano, Italia e Tiburtino. Ieri mattina 10/3 verso le 12 varie ondate hanno sganciato bombe di medio e grosso calibro in varie zone. L’articolo cita molti nomi di autorità e dell’UNPA. Distrutte case in via Eleonora d’Arborea 21, in via Adalberto, (Io aggiungo: case popolari tra via Giovanni da Procida e via Matilde di Canossa), in via Apuania. Continui crolli mentre si prestano i soccorsi. Esplodono bombe a scoppio ritardato, (per ostacolare i soccorsi). Colpite le case popolari di Val Melaina (quartiere di Monte Sacro). Dopo il bombardamento di via Giuseppe Vasi avvenuto il 15 febbraio e quello di piazza Armellini di martedì scorso 9 marzo, colpita in via Nomentana la basilica di Sant’Agnese. Ieri mattina, per la terza volta il quartiere Nomentano ha subito la furia devastatrice… Gli apparecchi sono apparsi poco dopo le 11:30… Colpita con 14 bombe la scuola sott’ufficiali dell’accademia della Guardia di Finanza in via XXI Aprile; altre case tra via XXI Aprile e via Nardini; cinque bombe in via Carlo Fea. Colpite case in via Giuseppe Marchi, Largo XXI Aprile, via G.B. De Rossi, la casa madre delle suore del Sacro Cuore di via Nomentana, 118…
- - “Il Corriere della Sera” mercoledì 15/3/44 - Ieri mattina 14/3, circa ore 11, feroce bombardamento di quartieri popolari. Colpito ancora il Verano. Alto il numero delle vittime. In varie ondate colpiti quartiere Italia, Nomentano, e Prenestino. Nel quartiere Italia vaste distruzioni di case e numerose vittime. Il crollo di macerie ha sepolto gente in fila per il carbone. Nella seconda ondata, colpiti il quartiere Tiburtino e Tuscolano e nuovamente il Nomentano ed il Verano. Alle 12:30 nella terza ondata è stato preso di mira il Prenestino. Bombe e spezzoni ovunque. Moltissimi i morti.

- - Mio ricordo ed esperienza: Quella mattina, circa alle 9, per i duelli aerei visti dalla scuola per geometri Leonardo Da Vinci di via degli Annibaldi (tra via Frangipane e via Cavour), io (quasi 17 anni) e un compagno, Claudio Conti, uscimmo e, a piedi, raggiungemmo (circa 5÷6 km.) le nostre case poco oltre piazza Bologna di dove scendemmo per via Michele di Lando fino ai vastissimi prati in declivio antistanti la ferrovia della stazione Tiburtina. Oggi ci sono un mare di case, la circonvallazione Nomentana e la città si estende ben oltre la ferrovia. Nella splendida e nitida mattinata di sole, ore 10 ½÷11, sentimmo il solito monotono ronronron dei quadrimotori. Non ci facemmo caso, ne passavano a migliaia tutti i giorni. C’erano nell’aria e in terra un infinità di strisce di carta grigio-argentea. Ad un certo punto alzai gli occhi. Venivano in formazioni estese ed allargate, da ponente verso levante, in senso trasversale alla ferrovia. Mi soffermai a guardarli, argentei, non molto alti, belli.!! Poco dopo con un’inclinazione valutabile in 75° vidi un’infinità di puntini neri che venivano giù. Che saranno? Bombe! Un attimo di esitazione e poi via di corsa a risalire la via Michele di Lando con la velocità di due centometristi per sentire le prime esplosioni violente e sordi boati appena poco dopo aver superato la piazzetta dei Vespri Siciliani, poco oltre la casa di Claudio all’angolo di via Francesco Squarcialupo. Il suolo tremava. Continuammo a correre. Cominciarono a caderci intorno, pietre, terra, ecc. Continuammo a correre e ci riparammo in un portone all’angolo di via Stamira. In fondo alla via M. di Lando, vidi la casa di Claudio nascosta dal fumo delle splosioni e glie lo dissi. Si mise a piangere. Per fortuna non fu colpita. Varie ondate di bombardieri in successione colpirono quella zona come le altre a Portonaccio ed al Tuscolano. Nel pomeriggio circa ore 14÷15 andai a vedere lo “spettacolo”: la devastazione era indescrivibile. L’aria tersa al mattino era polverosa, annebbiata. Lo scalo ferroviario di Tiburtina era distrutto, sconvolto, lacerato, binari contorti, puntati al cielo, vagoni sventrati, macerie ovunque. Dall’altura della scarpata a prato fronteggiante via Apuania, parallela alla ferrovia, vidi distrutti molti edifici. La “coda” di cui parla la stampa era costituita da gente in fila ad un spaccio della Provvida in via Apuania in attesa di cibo. Mentre i poveri sopravvissuti si muovevano come fantasmi tra le macerie delle case in cooperativa ad annaspare, a cercare qualcosa, esplosero a breve distanza di tempo due delinquenziali bombe a scoppio ritardato. Per la fortuna di quei disgraziati, le esplosioni si svilupparono tutte verso l’alto in un diametro stimabile in 3÷4 metri per un’altezza di circa 20, poco più delle case. Cosa strana: Quella tragedia, come diverse altre del genere ben vissute, al momento non mi sconvolse affatto quanto, invece oggi, me ne impressiona il ricordo. Noi ragazzi eravamo già vecchi perché annichiliti dalle condizioni di guerra e dalla fame che giorno dopo giorno avevano alterato la dimensione della vita, i giusti modi di pensare.
- - “Il Messaggero” mercoledì 18/3/44 - Roma bombardata ieri mattina per la 23a volta: via della Lega Lombarda, Prenestino, Casal Bertone, Verano
- - “Il Popolo di Roma” mercoledì 18/3/44 - Un feroce bombardamento (ieri 17 marzo) in risposta al discorso del Papa. Numerose vittime e gravi danni in sei popolari quartieri. Centinaia di edifici distrutti. Le borgate di Casal Bertone e del Pigneto completamente sconvolte e devastate. Strage di donne e di bambini in fila per il carbone e per l’acqua. Tragica fine di Virginio Gayda. I quartieri intensamente colpiti: Nomentano, Prenestino, Tiburtino, Casal Bertone, Pigneto ed il Verano (cimitero del Verano). Il bilancio è tragico e alto. Crateri e vaste distruzioni… grovigli delle macerie. Della bufera, ovunque tracce impressionanti. Le case comprese tra quelle colpite segnano i danni… e la povera gente cercava… tra i suoi morti… le proprie cose. Lungo i marciapiedi allineati 50 cadaveri di vecchi, bambini, uomini e donne, un piedino spuntava da una copertura, da un’altra una mano senza due dita. Colpita via Adalberto da Giussano… la Prenestina…
- - “Il Messaggero” domenica 19/3/44 - Policlinico, Nomentano, Macao e Centocelle. Centinaia di morti. (ieri 18 marzo)
- - “Il Popolo di Roma” domenica 19/3/44 - Nuove incursioni sul cielo dell’Urbe (ieri 18 marzo). Un centinaio di morti e gravi danni in molte vie del quartiere Nomentano. Tre padiglioni del Policlinico colpiti. Strage di passeggeri sul tram n. 8. La sede della Legazione Ungherese incendiata. Colpiti tranquilli e pacifici quartieri… passanti… In tarda mattinata bombardata Centocelle. Verso le 15:30 colpiti da bombardieri nord-americani i quartieri del Macao, Italia e Nomentano. Sventrato un tram con rimorchio della linea n. 8 in via Morgagni a qualche metro dalla clinica Ciancarelli. Una bomba a spillo riduce in poltiglia sanguinolenta … due donne passanti… di un ragazzo in bicicletta non si trovarono i resti e della bicicletta qualche pezzo di telaio… la schegge con inaudita violenza forarono le lamiere della motrice e del rimorchio, polverizzarono i vetri, sgangherarono i sedili, contorsero e resero irriconoscibile ogni oggetto, uccisero tutti quelli che erano dentro, tutti, tranne il conducente che tuttavia riportò ferite gravissime. I passeggeri erano circa 60. Seguivano ad una cinquantina di metri altre tre vetture tranviarie: un 7 un 9 e indietro un altro 8. Erano gremiti di passeggeri che, terrorizzati, balzarono fuori, caddero, si allontanarono. I tram ebbero tutti i vetri infranti. Altre bombe: in via Andrea Cesalpino colpita l’ambasciata Iraniana, colpita piazza Galeno, in viale della Regina, gli edifici dal n. 253… 286… 293, una vettura della circolare rossa, la legazione d’Ungheria, via dei Villini, via Antonio Musa, cliniche varie… nel Policlinico Umberto I, venticinque morti tra i degenti e 50 feriti. Le linee tranviarie interrotte. I morti accertati sono un centinaio, uguale è il numero dei feriti.

- - Mio ricordo ed esperienza: Quel pomeriggio, verso le 2 ½ stavo con un amico sul terrazzo di casa quando sentii, senza alcun allarme, le prime esplosioni provenire da ponente. Mia madre era uscita per andare verso piazza Buenos Ayres e aveva preso certamente il tram n. 8 e la circolare rossa. Preoccupato scesi di corsa e a piedi, circa 1 km., mi recai verso via Bari e verso piazza Salerno superata la quale vidi uno scempio orribile di persone maciullate da chi ci ha poi liberato. Vidi con terrore un tram n. 8, ove credevo si trovasse mamma, sventrato. Una testa staccata era sotto un finestrino del tram. Un mare di sangue. Morti sui marciapiedi. Ancora oggi, marzo 2003, dopo 49 anni, il pensiero mi sconvolge e mi commuove. Per fortuna mia madre era già lontana, ma nemmeno poi tanto, in un negozio di via Alessandria. Avevano buttato “bombe a spillo” con asta di percussione utile a far esplodere le bombe a poco più di un metro d’altezza. L’asfalto dei punti colpiti era appena avvallato. Bombe per ammazzare civili. La zona era, ed è tutt’ora, per una vastissima estensione, tutta a cliniche private ed universitarie.
- - “Il Corriere della Sera” domenica 19/3/44 - Roma mitragliata venerdì 17/3 pomeriggio
- - “Il Corriere della Sera” domenica 19/3/44 - Roma bombardata ieri sabato 18/3 pomeriggio verso le 15:30 Grappoli di bombe e spessori sul quartiere Italia. Crolli e vittime. Città universitaria. All’interno del Policlinico 1° e 3° padiglione. Tram n. 8 sventrato in via Morgagni. Sono seguiti mitragliamenti sulle strade.
- - “Il Messaggero” venerdì 5/5/44 - Colpito il Quadraro ed altre zone con bombe e mitragliamenti
- - “Il Corriere della Sera” domenica 28/5/44 - Il 24/5 a Frattocchie colpito convento con 16 bombe incendiarie al fosforo. A Subiaco, colpiti San Benedetto e S. scolastica.
- - “Il Corriere della Sera” domenica 28/5/44 - Ieri sabato 27/5 varie formazioni hanno colpito Monte Mario e zone periferiche. Colpito l’ospedale di S. Maria della Pietà. Altre formazioni hanno colpito Tivoli con danni ingenti: anche villa d’Este. Oggi domenica 28, bombardate e mitragliate le vie di accesso a Roma


Era una strategia questa, che continuerà fino a Hiroshima e Nagasaki (due città senza obiettivi militari, addirittura ancora intatte); era la strategia di colpire il morale della popolazione, portarla al dolore e alla disperazione, distruggere la fede che seguitavano ad avere nei propri governanti, mettere in ginocchio una nazione, colpirla nei suoi più antichi monumenti alle radici della propria storia, distruggerla, annientarla. Gli obiettivi militari erano importanti,  ma questa non era la ragione principale, visto che i caccia spesso facevano incursioni a bassissima quota sulle città mitragliando chi aveva la sfortuna di essere su una strada o con i bambini nei Giardini pubblici. Azioni ed "effetto" che per il morale erano peggiori di un bombardamento.
Chi scrive vedeva dal terrazzo gli aerei che sganciavano bombe sulle case; era terrificante vederli, ma non ti riguardavano personalmente; (un po' come oggi li vediamo in Tv). Il giorno dopo non sapevi nemmeno dove erano cadute. Il dolore non era collettivo, non ti coinvolgeva.
Mentre invece quando all'inizio di Corso Marruccino (che divide in due Chieti) perfino a mezzogiorno compariva all'improvviso, in un lampo, un caccia anglo-americano e percorreva tutto l'intero corso mitragliando tutti quelli che vi si trovavano, la cosa riguardava tutti, era più angosciante dei bombardamenti, e per la rapidità di come avveniva, tutti si sentivano indifesi e vulnerabili. Non si parlava d'altro. Anche se le vittime erano poche rispetto ai bombardamenti.

Questi atti - il bombardamento e il mitragliamento sui civili, nelle città e nei paesi - purtroppo li avevano inaugurati gli italiani in Spagna e in Somalia, nelle città come nei villaggi, "era divertente colpire dal cielo" (Ciano - vedi 1935); dopo li imitarono i tedeschi quando fu per la prima volta bombardata una intera città (Guernica), poi gli anglo americani portarono il "divertimento" alla massima espressione quando rasero al suolo Dresda, e quando "liquefarono" un'intera grande città con tutti i suoi abitanti con il "sole atomico".

L'intelligenza umana in crescendo aveva raggiunto il suo apice di "civilta". La vera follia, la più malvagia, fu propria l'ultima, e fu quella di annientare 200.000 vite umane in un "lampo" schiacciando solo un pulsante. Piccoli uomini con l'arroganza di essere tanti Prometeo.

Non si vuole qui giustificare Reder, il boia di Marzabotto, ma quando gli fecero notare al processo che quando diede l'ordine delle strage di civili i suoi sottoposti ubbidirono con "ripugnanza". Lui rispose " Ripugnanza? Ma quando si dà l'ordine di sganciare bombe su città, su dei civili, questo non è forse altrettanto ripugnante? O non lo è solo perchè non si vedono i morti?".

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