NIETZSCHE


A SILS MARIE

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*** Sils Marie, é una piccola località incastonata fra i monti svizzeri dell'Engadina,  non lontana da San Moritz. Al di là di questo ponte sul torrente che la lambisce, nelle piccole mulattiere che si inoltrano e salgono verso la montagna, in mezzo a queste, nell'estate del 1883 si aggirava un irrequieto filosofo:
è NIETZSCHE.
Su questi viottoli di questo piccolo paese allora di 100 anime,
Nietzsche da due anni, sta concependo una delle sue più grandi opere.  Una in particolare! iniziata nello stesso '83 in Italia a Portofino.
Per chi ancora oggi si avventura su questi sentieri, l'opera sembra aleggiare nell'aria fin dal primo passo, con quella realtà scritta nella prima pagina, fin dalle prime righe.

E' il suo "Cosi' parlo' Zarathustra". Il luogo è fiabesco e nel medesimo tempo apocalittico quando le alte montagne e la valle si coprono di nuvole. Questo villaggio si é conservato ancora intatto, come è intatta la sua casa, al limite di un bosco; qui Nietzsche, nei tre mesi estivi, vi ha soggiornato per 8 anni.


Intatta é la panchina ai bordi di quel torrente, vicino al ponte, con la strada che sale, sale...
nelle nuvolose alte vette dell'Engadina

"Quando Zarathustra ebbe compiuto trent'anni, lasciò la sua patria e andò nelle montagne. Là godette la compagnia del suo spirito e della sua solitudine. Ma un giorno il suo cuore subì un grande mutamento, e un mattino si alzò con l'aurora, si mise davanti al sole e così parlò....."
(questo l'inizio di Così parlò Zarathustra...)

 

Davanti alla casa dove ho posato per questa fotografia, c'è ancora Lui !
lo hanno simboleggiato in una impettita Aquila dallo sguardo fiero

Impossibile sfuggire al fascino del luogo per chi ha letto una sola pagina del suo capolavoro, dove l'inizio, la fine o dentro in ogni pagina, o anche in una sola riga, c'e' un immenso universo, dove ci si perde, non nel cosmo - irraggiungibile - ma nell'infinito della nostra riflessione, spesso anche questa irraggiungibile come vorremmo.
Perchè spesso dentro di noi c'è il "caos", ma è lo stesso Nietzsche a suggerirci che "ci vuole la musica del caos prima che l'universo partorisca e poi faccia danzare una stella"

Friedrich Nietzsche ha concepito in mezzo a questi viottoli e ha iniziato in questa casa la stesura di «Così parlò Zaratustra», senza dubbio la sua opera più nota,  rivolta a.....
"...Essi, che hanno qualcosa di cui vanno orgogliosi. Come si chiama
quella cosa che li rende orgogliosi? Essi la chiamano cultura, ed è ciò che li distingue dal pastore di capre....) (capit. 5 dell'introduzione) 

"Attraverso quest'opera, si diffonde in Europa quello "spirito della crisi" che covava nell'ambito ristretto della cultura filosofica, con esiti che arriveranno fino alle soglie della seconda guerra mondiale. «La morale che supera se stessa per veracità, i moralisti che superano se stessi diventando il loro opposto - me stesso - questo significa il nome di Zarathustra sulla mia bocca» (F. Nietzsche) (By: M. Chatel)"

Il pensiero di NIETSZCHE incombe da cento anni nell'attualità, e forse andrà oltre. Inutile dire che l'autore che qui scrive considera quest'opera uno dei più grandi capolavori letterari in assoluto.
Un libro da tenere sul comodino, per l'intera esistenza.
Chi lo ha letto, lo rilegga. Perchè nella lettura di Zarathustra, ogni volta qualcosa sempre sfugge. Anche perché ieri eravamo una persona, oggi siamo un'altra e domani un'altra ancora. La cultura quotidiana fa germogliare sempre qualche seme del nostro sapere, ma attenzione, è la paziente riflessione che fa crescere la pianta. Ma se ogni mattina (tronfi di "quella poca cosa") togliamo il seme per vedere se è germogliato, la pianta non crescerà mai. 

francomputer

Cenni biografici cronologici

1813 - 10 ottobre, nasce ad Eilenburg in Sassonia Karl Ludwing Nietzsche. 
1842 - Federico Guglielmo IV conferisce a Karl Ludwig Nietzsche, dopo averlo conosciuto personalmente come istitutore alla corte ducale di Altenburg, la parrocchia di Rocken presso Lutzen. 
1843 - Compie trent'anni e si sposa. 
1844 - 15 ottobre, nasce il suo primogenito: FRIEDRICH WILHELM.
1849 - 30 luglio muore il padre Karl. 
1850 - Muore il fratello minore e la madre decide di trasferirsi, con la suocera, le due cognate e i due figli, a Naumburg. In questa città il piccolo Nietzsche inizia le elementari.
1851 - Fino all'autunno del 1854 frequenta l'istituto privato del candidato di teologia Weber per prepararsi all'ammissione al "Domgymnasium"di Naumburg.
1854 - Dall'autunno di quest'anno fino all'autunno del...
1858 frequenta il ginnasio e crea le prime composizioni musicali. 
1860 - 25 luglio: Nietzsche fonda l'associazione "musicale e letteraria" "Germania". Per essa N. scriverà saggi letterario-filosofici, posie, composizioni musicali. 
1862 - Marzo: per la "Germania" Nietzsche scrive i suoi primi due saggi di carattere filosofico: "Fato e storia", "La libertà della volontà e il fato". 
1863 - 18 settembre: frammento autobiografico "La mia vita". 
1864 - Estate: si diploma e poi si iscrive alla facoltà teologica e a quella filosofica. 
1865 - Contrasti con la madre per ragioni religiose: N. si rifiuta di partecipare alla comunione luterana. Lascia l'università di Bonn e si iscrive a quella di Lipsia. 
1866 - N. è membro attivo della "società filologica" di Lipsia. 
1867 - Pubblica il suo primo lavoro filologico, sulla storia della raccolta di sentenze teognidee, nel "Rheinisches Museum". Dal 9 ottobre presta servizio militare, come "volontario per un anno", nel reparto a cavallo del reggimento di artiglieria da campo a Naumburg. 


1868 - In marzo, per una caduta da cavallo, deve interrompere il servizio militare. Il suo lavoro sulle "fonti di Diogene Laerzio" è premiato all'università di Lipsia. In ottobre termina il servizio militare e torna a Lipsia. 
1869 - 13 febbraio, è chiamato alla cattedra di filologia classica dell'università di Basilea, dove sarà il 19 aprile.
1870 - Agosto: partecipa come infermiere alla guerra franco-prussiana. Il 7 settembre si ammala di dissenteria e difterite, viene ricoverato a Erlangen. Dopo un soggiorno a Naumburg, presso la madre e la sorella, torna - alla fine di ottobre - a Basilea. Amicizia con Franz Overbeck, professore di teologia (storia della Chiesa) a Basilea. Con lui Nietzsche vivrà per cinque anni nella stessa abitazione.
1872 - Ai primi dell'anno esce "La nascita della tragedia dallo spirito della musica".
1873 - A partire da quest'anno, peggioramento nelle condizioni di salute di Nietzsche. Nell'estate pubblica la sua prima "Considerazione inattuale": "David Strauss, l'uomo di fede e lo scrittore". Dalla fine di ottobre ai primi di novembre. Nietzsche è a Bayreuth: il suo "Appello ai Tedeschi" per la causa wagneriana viene respinto dai delegati delle associazioni wagneriane. 1874 - In febbraio esce la seconda "Inattuale": "Sull'utilità e lo svantaggio della storia per la vita". Tiepida accoglienza a Bayreuth per questo nuovo scritto. In ottobre esce la terza "Inattuale": "Schopenhauer come educatore". 
1875 - In inverno e primavera lavora all'"Inattuale": "Noi filologi". Alla fine dell' anno grave crisi nelle suo condizioni di salute. 1876 - Domanda di matrimonio a Matilde von Trampedach, conosciuta tramite Hugo von Senger (musicista a Ginevra). In luglio esce la quarta "Inattuale": "Richard Wagner a Bayreuth". I primi appunti di "Umano, troppo umano" sono già pronti. Dalla metà di ottobre congedo dall'università per ragioni di salute. 
1877 - Ai primi di maggio, Nietzsche lascia Sorrento per la Svizzera. Soggiorno a Ragaz e Rosenlauibad fino al settembre, poi torna a Basilea, per riprendere le lezioni all'università. 
1878 - In gennaio N. riceve il testo del "Parsifal" con dedica di Wagner. In maggio esce: "Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi". Gli amici di N. restano sconcertati dalla nuova opera. 
1879 - Ai primi di marzo escono: "Opinioni e sentenze diverse". In primavera grave peggioramento delle condizioni di salute di N. che dà le dimissioni all'insegnamento e riceve una pensione di 3000 franchi annuali. N. trascorre l'estate in Engadina (St. Moritz). Il 20 settembre è a Naumburg, dove trascorrerà tutto l'autunno e parte dell'inverno. La sua salute peggiora continuamente. 
1880 - Ai primi dell'anno esce "Il viandante e la sua ombra". Soggiorna a Riva del Garda, a Venezia, a Marienbad, poi torna a Naumburg (passa per Francoforte e Basilea) poi va a Stresa e in novembre a Genova.
1881 - In primavera lascia Genova per Recoaro.
1882 - In febbraio visita di Paul Rée a Genova. Il 13 marzo a Roma, Rée conosce Lou von Salomé. E' a Messina, a Roma, in Svizzera. Amore di N. per Lou, nella quale egli spera di aver trovato il vero discepolo. Dalle memorie di Lou, risulta che egli le avrebbe chiesto di sposarlo, la prima volta a Roma per bocca di Rée e la seconda -e ultima volta- a Lucerna, dove i tre amici sarebbero però giunti a un chiarimento definitivo dei loro rapporti, impostati su piani di vita comune ai fini dello studio in qualche città con università importanti (Parigi o Vienna). Dai primi di agosto Lou von Salomé lo raggiunge a Tautenburg insieme alla sorella di N. Dopo alcuni giorni burrascosi dovuti a una "infinità di storie" raccontate dalla sorella di N sul conto di Lou, N. e Lou vivono tre settimane di intensa comunione spirituale. Orrore della sorella di N., che per la prima volta scorge di "vero volto" della filosofia di N. e -incapace di comprendere la natura del rapporto del fratello verso Lou- si trasforma in "nemica mortale" della giovane russa. Anche la madre di N., messa su da Elisabeth, si rifiuta di ricevere in casa Lou. Le due donne -la madre e la sorella di N.- lo perseguitano con la loro meschinità moralistica: esse vedono in Lou la rovina di N.
N. rompe con la madre e la sorella. In ottobre a Lipsia egli ha un ultimo incontro con Lou e Paul Rée. Per N. questo sarà l'ultimo tentativo di rompere con la solitudine e tornare fra gli uomini. Intanto è uscita la "Gaia scienza". Visita Basilea e la Riviera Ligure. Ripiombato nella solitudine, N. si sente deluso nelle sue speranze più grandi e concepisce sospetti sul comportamenro di Lou nei suoi riguardi: Tra la fine di novembre e la fine dell'anno, egli scrive lettere piene di rimproveri a Lou. 
1883 - N. è in preda a una grave depressione, ha idee di suicidio, fa abuso di sonniferi. Nasce "Così parlò Zarathustra". Soggiorna a Genova poi va a Roma dove si riconcilia con la sorella. La sorella scatena una campagna epistolare contro Rée e Lou allo scopo di ottenere la rottura completa dei rapporti tra il fratello e Lou. N. si lascia implicare nella "guerra" personale della sorella. Esce la seconda parte di "Così parlò Zarathustra". Esce la II parte di "... Z...". Litiga nuovamente con la sorella. Va a Nizza e d'ora in poi soggiornerà tutti gli anni d'estate a Sils-Maria 

1884 - In gennaio termina il terzo "Zarathustra". Rompe i rapporti con la sorella. Dalla fine di settembre alla fine di ottobre a Zurigo. Incontro con la sorella e nuova conciliazione. 
1885 - Tra la metà di marzo e la metà d'aprile N. fa stampare la quarta parte di "Così parlò Zarathustra" a proprie spese in quaranta esemplari, destinati agli amici. Il 22 maggio si sposa la sorella. Visita Firenze e Monaco. 
1886 - Fino ai primi di maggio lavora alla sua nuova opera (Al di là del bene e del male), per la quale tuttavia non riesce a trovare un editore. Usciranno: "Nascita dell tragedia" e alla fine di luglio esce "Al di là del bene e del male".
1887 - Visita Cannobio, Zurigo, Coira e Lenz dove nasce l'importante frammento sul "nichilismo europeo". In poche settimane N. scrive la "Genealogia della morale",che uscirà alla metà di ottobre. In autunno è a Venezia e poi a Nizza. 
1888 - Visita Torino. Torna a Sils-Maria dove scrive "Il crepuscolo degli idoli" e "L'anticristo". Ritorna a Torino e inizia l'autobiografia: "Ecce homo. Come si diventa ciò che si è". N. vede in "Ecce homo" e ne "L'anticristo" opere che segneranno una nuova epoca nella storia dell'umanità. 
1889 - Termina i "Ditirambi". Tra il 3 gennaio, giorno probabile del definitivo crollo psichico di N., e il 7 gennaio, "biglietti della pazzia": a amici, a uomini di Stato, "ai Polacchi", a Umberto I.Il 9 gennaio, a Basilea, N. è ricoverato nella clinica per malattie mentali. Il 18 gennaio N. è ricoverato nel manicomio di Jena. 
1890 - A partire dal 13 maggio è affidato alle cure della madre a Naumburg.

1897 - 20 aprile, morte della madre. La sorella, tornata dal Paraguay dell'autunno 
1893, si assume la cura di N. e lo porta a Weimar. 


1900 - Gli ultimi istanti - Poi il 25 agosto muore Friedrich Nietzsche.


Questa pagina è di Maurizio Chatel

I temi strutturali.

   Così parlò Zarathustra non è facilmente attribuibile a un genere filosofico tradizionale. È stato definito un poema in prosa, costruito sulla forma del racconto allegorico, diviso in episodi che si presentano come parabole. Il modello più vicino è pertanto quello del Vangelo, di cui Nietzsche inverte le tesi fondamentali.

    Il libro si apre con una Prefazione nella quale il profeta annuncia il superuomo alla folla, senza essere capito. Decide allora di rivolgersi solo ai pochi pronti al grande annuncio.

    La prima parte - I discorsi di Zarathustra - comprende 22 discorsi che costituiscono la parte critica e decostruttiva dell'opera, contro i valori tradizionali (l'idealismo, l'amore per il prossimo, la svalutazione del corpo ecc.).
    La seconda parte propone alcuna parabole di tono lirico con cui l'autore inizia l'opera di costruzione dei nuovi valori: in essa è adombrata, attraverso il rimpianto degli ideali e delle illusioni della gioventù, la morte dell'uomo e il futuro avvento del superuomo.
    La terza parte, la più importante, contiene le due visioni profetiche dell'eterno ritorno e della nascita del superuomo. Nella forma del sogno profetico e del monologo è annunciata anche la "trasmutazione di tutti i valori", nel senso del capovolgimento della morale cristiana.
    La quarta parte presenta, in forma di racconto lineare, l'incontro tra Zarathustra e il superuomo. Esso non gli appare - come la retorica nazista volle leggere - come l'eroe dell'evoluzione della specie, ma come l'insieme degli uomini segnati in profondità dal dolore e dalla disperazione e, proprio per questo, capaci di redimersi attraverso la profondità della sofferenza e del disprezzo di sé: la diversità nasce dal riso abissale e dal desiderio di vivere. (By: Maurizio Chatel)

Prefazione di 
Zarathustra

Giunto nella città vicina, sita presso le foreste, Zarathustra vi trovò radunata sul mercato una gran massa di popolo: era stata promessa infatti l’esibizione di un funambolo. E Zarathustra parlò così alla folla: "Io vi insegno il superuomo (*) .

L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé: e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l’uomo? Che cos’è per l’uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l’uomo per il superuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna. Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, e molto in voi ha ancora del verme. In passato foste scimmie, e ancor oggi l’uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia. E il più saggio tra voi non è altro che un’ibrida disarmonia di pianta e spettro. Voglio forse che diventiate uno spettro o una pianta? Ecco, io vi insegno il superuomo! Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: sia il superuomo il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio. Dispregiatori della vita essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire! Un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così sono morti anche tutti questi sacrileghi. Commettere il sacrilegio contro la terra, questa è oggi la cosa più orribile, e apprezzare le viscere dell’imperscrutabile più del senso della terra! In passato l’anima guardava al corpo con disprezzo: e questo disprezzo era allora la cosa più alta: essa voleva il corpo macilento, orrido, affamato. Pensava in tal modo, di poter sfuggire al corpo e alla terra.
Ma questa anima era anch’essa macilenta, orrida e affamata: e crudeltà era la voluttà di questa anima! Ma anche voi, fratelli, ditemi: che cosa manifesta il vostro corpo dell’anima vostra? Non è forse la vostra anima indigenza e feccia e miserabile benessere? Davvero, un fiume immondo è l’uomo. Bisogna essere un mare per accogliere un fiume immondo, senza diventare impuri. Ecco, io vi insegno il superuomo: egli è il mare, nel quale si può inabissare il vostro grande disprezzo. Qual è la massima esperienza che possiate vivere? L’ora del grande disprezzo. [...]
Non il vostro peccato – la vostra accontentabilità grida al cielo, la vostra parsimonia nel vostro peccato grida al cielo! Ma dov’è il fulmine che vi lambisca con la sua lingua! Dov’è la demenza che dovrebbe esservi inoculata? Ecco, io vi insegno il superuomo: egli è quel fulmine e quella demenza! - Zarathustra aveva detto queste parole, quando uno della folla gridò: «Abbiamo sentito parlare anche troppo di questo funambolo; è ora che ce lo facciate vedere!». E la folla rise di Zarathustra. Ma il funambolo, credendo che ciò fosse detto per lui, si mise all’opera.

Zarathustra invece guardò meravigliato la folla. Poi parlò così: L’uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, – un cavo al di sopra di un abisso. Un passaggio periglioso, un periglioso essere in cammino, un periglioso guardarsi indietro e un periglioso rabbrividire e fermarsi. La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto. Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontando, poiché essi sono una transizione. Io amo gli uomini del grande disprezzo, perché essi sono anche gli uomini della grande venerazione e frecce che anelano all’altra riva. Io amo coloro che non aspettano di trovare una ragione dietro le stelle per tramontare e offrirsi in sacrificio: bensì si sacrificano alla terra, perché un giorno la terra sia del superuomo.
Io amo colui che vive per la conoscenza e vuole conoscere, affinché un giorno viva il superuomo. E così egli vuole il proprio tramonto. Io amo colui che lavora e inventa, per costruire la casa al superuomo, e gli prepara la terra, l’animale e la pianta: giacché così egli vuole il proprio tramonto. Io amo colui che ama la sua virtù: giacché virtù è volontà di tramontare e una freccia anelante. [...]
Io amo colui l’anima del quale trabocca da fargli dimenticare se stesso, e tutte le cose sono dentro di lui: tutte le cose divengono così il suo tramonto. Io amo colui che è di spirito libero e di libero cuore: il suo cervello, in tal modo, non è altro che le viscere del cuore, ma il suo cuore lo spinge a tramontare. Io amo tutti coloro che sono come gocce grevi, cadenti una a una dall’oscura nube incombente sugli uomini: essi preannunciano il fulmine e come messaggeri periscono. Ecco, io sono un messaggero del fulmine e una goccia greve cadente dalla nube: ma il fulmine si chiama superuomo. [...]

In: Così parlò Zarathustra. Prefazione di Zarathustra, §§ 3-4, in Opere, a cura di Colli - Montinari, vol. VI, tomo I, pp. 6-9.

superuomo (*) Il termine "superuomo" è stata la prima e più diffusa traduzione italiana del termine originale tedesco «Übermensch». Dopo gli orrori del nazismo e delle ideologie totalitarie, la rilettura che è stata condotta sui testi di Nietzsche dai filosofi italiani, e tra questi soprattutto da Gianni Vattimo, ha portato alla luce un altro possibile significato della parola, che si esprime nella locuzione "l’oltre-uomo", inteso non più come "uomo superiore" ma come ulteriore stadio dello sviluppo etico e culturale dell’umanità. Nella pagina citata è ancora presente la traduzione più corrente di "superuomo"; basti ricordare che essa è solo una traduzione che non esaurisce tutti i sensi del concetto nietzscheano.

 

Ecce homo, «Perché sono un destino»

   "Volete una formula per questo destino, che si fa uomo? - Si trova nel mio Zarathustra.
- è colui che deve essere creatore di bene e male: in verità, costui dev'essere in primo luogo un distruttore, e deve infrangere valori.
    Quindi il massimo male inerisce alla bontà suprema: questa però è la bontà creatrice.
    Io sono  di gran lunga l'uomo più tremendo che mai ci sia stato; ciò non toglie che io possa essere il più benefico. Conosco il piacere del distruggere in misura della mia forza di distruzione, - nell'una e nell'altra cosa obbedisco alla mia natura dionisiaca, che non riesce a distinguere tra il fare no e il dire sì. Io sono il primo immoralista: perché io sono il distruttore par excellence."

Da. Ecce homo. Perché sono un destino, § 2, in: Opere, cit., vol. VI, tomo III.

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Friedrich Nietzsche: Al di là del bene e del male
"La demitizzazione radicale".

La quasi totalità delle opere di Nietzsche è scritta in forma aforistica, la preferita dal filosofo. Il dizionario definisce l'aforisma come: «Sentenza, massima: proposizione che esprime con concisa esattezza il frutto di una lunga esperienza (di vita, di osservazione, di analisi...)». Nella definizione si delinea il tipico percorso creativo che unì vita e pensiero di Nietzsche: il suo errabondo vagare in cerca di tranquillità, tra meditazioni e ricerche (tutta la sua biografia è intessuta di "rapimenti intuitivi" avvenuti nel corso di passeggiate alpine o marittime), la cui profondità e istantaneità non poteva che esprimersi nella forma, per metà poetica e per meta "oracolare" e misterica, della sentenza aforistica. Ma Nietzsche stesso ha scritto una "giustificazione" del suo stile, che riteniamo doveroso anteporre alle pagine a lui dedicate.

"In altri casi presenta difficoltà la forma aforistica: ciò è dovuto al fatto che oggigiorno non si dà sufficientemente importanza a questa forma. Un aforisma, modellato e fuso con vigore, per il fatto che viene letto non è ancora "decifrato"; deve invece prendere inizio, a questo punto, la sua interpretazione, per cui occorre un'arte dell'interpretazione.»

È qui evidente la precisa consapevolezza che Nietzsche ha del significato e dell'importanza dell'interpretazione nella decifrazione della realtà e del suo senso. Pensare di poter esprimere direttamente la "verità" è ingenuità o malafede; occorre operare anche in filosofia come opera la vita nella sua immediatezza: celandosi dietro una maschera. Egli stesso scrisse, a questo proposito: «Tutto ciò che è profondo ama la maschera; le cose più profonde hanno per l'immagine e l'allegoria perfino dell'odio. (...) Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera: e più ancora, intorno a ogni spirito profondo cresce continuamente una maschera, grazie alla costantemente falsa, cioè superficiale interpretazione di ogni parola, di ogni passo, di ogni segno di vita che egli dà.» La maschera è dunque un mezzo ambiguo, dietro il quale da un lato la verità ama nascondersi per salvaguardare la propria profondità; ma che dall'altro noi utilizziamo per non vedere la realtà, per sfuggire da essa.

«Nel terzo saggio di questo libro ho presentato un modello di quel che in un caso del genere intendo per "interpretazione" - a questo saggio è fatto precedere un aforisma ed esso stesso ne rappresenta il commento. Indubbiamente, per esercitare in tal modo la lettura come arte, è necessaria soprattutto una cosa, che oggidì è stata disimparata proprio nel modo più assoluto - ed è per questo che per giungere alla "leggibilità" dei miei libri occorre ancora del tempo - una cosa per cui si deve essere quasi vacche e in ogni caso non "uomini moderni": il ruminare...".

La modernità a cui si riferisce Nietzsche è la nostra modernità delle macchine, della velocità ad ogni costo. Una modernità che non lascia più spazio all'attenzione e alla profondità, che fa, appunto, della velocità una maschera per nascondere la propria angoscia ed impotenza. Ruminare, quindi, nel senso di lasciarsi tempo, di ripensare a lungo su ciò che si è letto, di non voler cogliere "subito tutto", di essere, cioè, il contrario di un uomo moderno.

Da: Al di là del bene e del male, afor. 38:

«Dopo avere, abbastanza a lungo, letto i filosofi tra le righe e riveduto le loro bucce, mi sono detto: occorre anche considerare la maggior parte del pensiero cosciente tra le attività dell'istinto, e anche laddove si tratta del pensiero filosofico; occorre, a questo punto, trasformare il proprio modo di vedere, come si è fatto per quanto riguarda l'ereditarietà e l'"innatismo". Come l'atto della nascita non può essere preso in considerazione nel processo e nel progresso dell'ereditarietà, cosl l'"esser cosciente" non può essere contrapposto, in una qualche maniera decisiva, all'istintivo - il pensiero cosciente di un filosofo è per lo più segretamente diretto dai suoi istinti e costretto in determinati binari. Anche dietro ogni logica e la sua apparente sovranità di movimento stanno apprezzamenti di valore, o per esprimermi più chiaramente, esigenze fisiologiche di una determinata specie di vita. Per esempio, che il determinato abbia più valore dell'indeterminato, che l'apparenza sia meno valida della "verità": simili apprezzamenti, con tutta la loro importanza regolativa per noi, potrebbero, pur tuttavia, essere soltanto apprezzamenti pregiudiziali, una determinata specie di "niaiserie", come può essere appunto necessaria per la conservazione di esseri quali noi siamo. Supposto, cioè, che non sia proprio l'uomo la "misura delle cose"...".

Alla radice della filosofia e della morale - dice in sostanza Nietzsche in questo aforisma - c'è l'istinto di conservazione e di accrescimento della vita. Dietro ogni grande teoria filosofica, ogni ideale morale o misticismo religioso, c'è la volontà di vivere, concepita come una forza naturale sempre uguale a se stessa. «Comunque sia da concepire questo "fondo", resta in ogni caso che, nella demitizzazione, esso si oppone al mito come il vero al falso, è il criterio di verità in base a cui la favola si rivela favola. Ora, uno dei miti, anzi il mito che Nietzsche si è applicato con più calore a distruggere, è proprio la credenza nella verità. "Anzitutto, scuotere la credenza nella verità". Non in qualche verità determinata, ma nella verità come tale.» G. Vattimo, citato, p. 136.

Leggiamo ora l'aforisma 16:

"Continuano ancora ad esistere ingenui osservatori di sé, i quali credono che vi siano "certezze immediate", per esempio "io penso", o, come era la superstizione di Schopenhauer, "io voglio": come se qui il conoscere potesse afferrare puro e nudo il suo oggetto, quale "cosa in sé", e non potesse aver luogo una falsificazione né da parte del soggetto, né da parte dell'oggetto.»

… se il "soggetto" della conoscenza, colui che conosce, può falsificare i dati della sua conoscenza sovrapponendovi le proprie "verità" prefabbricate e le proprie teorie morali; così anche l'"oggetto", la cosa che si vuole conoscere, si nasconde dietro un'apparenza, una serie di maschere, che caratterizza tutto ciò che è vivo: la vita ama nascondersi per difendersi...

«Ma non mi stancherò di ripetere che "certezza immediata", così come "assoluta conoscenza" e "cosa in sé", comportano una "contradictio in adjecto": ci si dovrebbe pure sbarazzare, una buona volta, della seduzione delle parole! Creda pure fin che vuole il volgo, che conoscere sia un conoscere esaustivo; il filosofo deve dirsi: se scompongo il processo che si esprime nella proposizione "io penso", ho una serie di asserzioni temerarie, la giustificazione delle quali mi è difficile, forse impossibile, - come per esempio, che sia io a pensare, che debba esistere un qualcosa, in generale, che pensi, che pensare sia un'attività e l'effetto di un essere che è pensato come causa, che esista un "io", infine, che sia già assodato che cos'è caratterizzabile in termini di pensiero, - che io sappia che cos'è pensare. Se io, infatti, non mi fossi già ben deciso al riguardo, su quale base potrei giudicare che quanto appunto mi sta accadendo non sia forse un "volere" o un "sentire"? Ebbene, quell'"io penso" presuppone il confronto del mio stato attuale con altri stati che io conosco a me attinenti, al fine di stabilire che cosa esso sia: a causa di questo rinvio a un diverso "sapere", esso non ha per me, in nessun caso, un'immediata certezza.»

Malgrado la sua critica nei confronti del linguaggio filosofico tradizionale, in questo caso Nietzsche "ricade" nel meccanismo della confutazione logica: egli asserisce, infatti, che la "certezza" cartesiana circa il fondamento primario dell'"io penso" - al di sotto dell'io, della coscienza, non c'è nulla poiché è il pensare che costituisce il fondamento di ogni certezza - è contraddetta dall'esistenza, accanto al "pensare", di altri stati della coscienza quali il "volere" e il "sentire". In base a quale principio assoluto possiamo dunque stabilire che prima viene il pensare e poi tutto il resto? In base, sostiene Nietzsche, a una semplice nostra decisione in tal senso. Ma proprio Nietzsche ci ha insegnato che una decisione non crea una verità.

« - Al posto di quella "certezza immediata", alla quale il popolo, nel caso in questione, può credere, il filosofo si ritrova in tal modo nelle mani una serie di problemi della metafisica, vere e proprie questioni di coscienza dell'intelletto, che così si formulano: "Donde prendo il concetto del pensare? Perché credo a causa ed effetto? Che cosa mi dà il diritto di parlare d'un io e perfino d'un io come causa, e infine ancora d'un io come causa dei pensieri?". Chi, richiamandosi a una specie d'intuizione della conoscenza, si sentisse così fiducioso da rispondere, come fa colui che dice: "Io penso e so che questo almeno è vero, reale, certo" -troverebbe oggi pronti in un filosofo un sorriso e due punti interrogativi: "Signor mio, gli farebbe forse capire il filosofo, è improbabile che lei non si sbagli: ma perché poi verità a tutti i costi?.»

Per comprendere il significato di quest'ultima frase, leggiamo questi altri due brevi aforismi tratti da La volontà di potenza: «Contro il valore di ciò che rimane eternamente uguale (vedi l'ingenuità di Spinoza, come pure di Cartesio) c'è il valore di ciò che è più breve e transeunte, il seducente scintillio dorato sul ventre del serpente vita». «Non "conoscere" ma schematizzare, - imporre al caos tutta la regolarità e tutte le forme sufficienti al nostro bisogno pratico».

Dunque la verità a tutti i costi è un bisogno pratico di sopravvivenza dell'uomo; solo di quell'uomo, però, che teme, per debolezza, la forza vitale del "divenire", del caotico cambiamento che caratterizza la vita.
Il seguente aforisma (n. 289), sempre tratto da Al di là del bene e del male, è stato giudicato "una delle pagine più belle che Nietzsche abbia mai scritto". In esso emerge con forza quel concetto di profondità insondabile del "vero" che ha connotato gran parte del pensiero del Novecento:

«Negli scritti di un eremita si ode ancor sempre qualcosa coma la eco del deserto, qualcosa dei bisbigli e del timido guardarsi attorno della solitudine…»

Malgrado l'apparenza, anzi, proprio "dietro di essa", deserto e solitudine nascondono ancora qualcosa; l'eremita ascolta proprio questo "qualcosa".

 

«… dalle sue più forti parole, dal suo stesso grido affiora ancora una nuova e più pericolosa specie di silenzio, di tacita segretezza. Chi di anno in anno, ogni giorno e ogni notte, è stato in un intimo contrasto e colloquio con l'anima sua, chi nella sua caverna - può essere un labirinto, ma anche una miniera d'oro - è divenuto un orso antidiluviano o un disseppellitore o un custode di tesori e un drago…»

Il "nuovo" filosofo che Nietzsche intende essere non è colui che dà chiarezza, ma colui che scava nella profondità senza paura di sporcarsi; nella profondità dell'esistenza infatti si trova l'oscurità (che la nostra "coscienza" ritiene fangosa) di una condizione vitale elementare di cui è stolto avere paura, perché in essa si cela il tesoro della vita. Il filosofo, come il drago della mitologia sassone, è il custode del tesoro celato nel cuore della terra.

«… finisce per ricevere, persino nelle sue idee, un tono di luce crepuscolare, un profumo tanto d'abisso che di muffa, qualcosa di incomunicabile e di ripugnante che investe con un soffio gelido chiunque gli passi accanto. L'eremita non crede che un filosofo - posto che un filosofo sia sempre stato, prima di tutto, un eremita - abbia mai espresso in libri le sue intime ed estreme opinioni: non si scrivono forse libri al preciso scopo di nascondere quel che si custodisce dentro di sé? - dubiterà, anzi, che un filosofo possa avere in generale "estreme e intime" opinioni, pensando invece che ci sia in lui, dietro ogni caverna, una caverna ancor più profonda - un mondo più vasto, più strano, più ricco al di sopra d'una superficie, un abisso sotto ogni fondo, sotto ogni "fondazione". Ogni filosofia è filosofia di proscenio - questo è un giudizio da eremita: "V'è qualcosa di arbitrario nel fatto che costui si sia arrestato qui, abbia rivolto lo sguardo indietro e intorno a sé, non abbia, qui, scavato più profondamente e abbia messo in disparte la vanga - c'è pure qualcosa di sospetto in tutto ciò". Ogni filosofia nasconde anche una filosofia; ogni opinione è anche un nascondimento, ogni parola anche una maschera.»

Questa pagina sopra è stata curata da
MAURIZIO CHATEL
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DIEGO FUSARO
"TUTTO SU NIETZSCHE"

http://www.filosofico.net/nietzsche.htm

 

 

< < La Biografia

< < NIETZSCHE - "Al di là del Bene e del Male" (opera integrale)

< < NIETZSCHE - "Così parlò Zarathustra" (opera integrale)

< < NIETZSCHE - LA TEORIA DELL'ETERMO RITORNO - IL "VANGELO" NIETZSCHIANO - (Pellegrino -Mangieri)


H.P. STORIOLOGIA