BIOGRAFIA
(n. 1489 - m. 1496) - Duca 1490 -1496

la madre BIANCA DI MONFERRATO
( n.1471 - m. 1519 )

Il sesto duca di Savoia, figlio di Carlo I e di Bianca di Monferrato, non ha storia, poichè come abbiamo visto (e vedremo sotto) morì a sette anni, mentre sua madre da sei anni era sua reggente.
Causa della morte di questo bimbo gracile e malaticcio, fu una caduta. Qualche storico affacciò l'ipotesi di una di quelle misteriose soppressioni che in quei torbidi tempi erano tanto comuni nelle Corti. Ma una simile supposizione viene generalmente scartata, poichè non può in alcun modo sembrare inverosimile che una caduta abbia avuto conseguenze mortali per un fanciullo nato debole da genitori troppo giovani e certo mal curato dagli ignoranti medici dell'epoca.
Se questo sesto duca non ha storia ne ha invece sua madre...

BIANCA DI MONFERRATO

Dunque dopo la morte di Carlo I, il ducato di Savoia ebbe nuovamente un principe fanciullo ed una reggenza femminile.
L'Assemblea dei Tre Stati, convocata a Pinerolo, dove Carlo era morto, stabilì, dopo lunghe discussioni, che la tutela dell'erede del duca defunto dovesse essere affidata alla duchessa vedova, Bianca di Monferrato, la quale sarebbe anche stata reggente del ducato, con l'assistenza d'un Consiglio composto di personaggi autorevoli, fra i quali erano l'arcivescovo d'Auch, Merlo di Piossasco, istitutore del duca pupillo, e Sebastiano Ferrero, tesoriere generale dello Stato.

La giovane reggente scelse per residenza sua e del figlio la città di Torino, che da allora fu sede consueta dei duchi di Savoia, i quali non tardarono ad adottare pure l'uso della lingua italiana. Di là dai monti, l'autorità sovrana fu impersonata da Filippo di Savoia, conte di Bressa.

Figlia di Guglielmo Paleologo, marchese di Monferrato, e della sua seconda moglie (figlia di Francesco Sforza), la duchessa Bianca fu, come Jolanda, una sovrana molto intelligente, dotata di grandi virtù, per le quali fu assai rispettata ed amata dai sudditi. Dopo esser stata una moglie esemplare, seppe essere una ottima madre e una reggente avveduta ed energica, tanto da tranquillizzare pienamente coloro che alla morte di Carlo I avevano concepito seri timori per le sorti del Ducato.

Rimasta vedova a soli diciotto anni, dovette anzitutto far rispettare i propri diritti e quelli del figlio, che aveva appena dieci mesi, e diede subito prova di un carattere forte e risoluto col resistere alle pretese nuovamente avanzate dai prozii del bimbo. Essi infatti non esitarono a tentare di rinnovare i contrasti e i disordini che già avevano turbata la reggenza della duchessa Jolanda, e Bianca dovette anzitutto risolvere il conflitto sorto fra Savoiardi e Piemontesi per la questione della residenza del duchino e della Corte. Lo troncò, quel conflitto, con lo stabilirsi a Torino, come abbiamo già visto.

Ma lo Stato era travagliato da discordie interne, minacciato dal di fuori per l'inimicizia del Marchese di Saluzzo e per le avide mire del Duca di Milano, ed era soprattutto afflitto dalla grave crisi finanziaria che aveva avuto inizio ai tempi del Conte Rosso e si era poi acuita da quando Amedeo VIII era stato eletto papa. La reggente, quindi, si vide obbligata a lottare contro difficoltà non indifferenti, e, con l'aiuto del Consiglio di reggenza, riuscì a vincerle e a superarle in breve tempo manifestando un senno ed un'abilità di cui nessuno avrebbe potuto creder capace una principessa ancora tanto giovane.

Venne instaurata un'energica politica di economie, che giovò prontamente all'erario, mentre al prestigio e alla potenza della Casa ducale giovava la politica di conciliazione e di accordi che Bianca seguì nel trattare col Conte di Bressa, col Marchese di Saluzzo, con Lodovico il Moro, duca di Milano, e nel sottrarre il proprio Stato all'ingerenza francese che proprio allora minacciava d'accentuarsi nelle cose d'Italia.

Quando scoppiò la peste del 1493, Bianca, sempre in apprensione per la salute del piccolo Duca, che cresceva gracilissimo, s'affrettò ad allontanarsi da Torino per recarsi ad Ivrea, donde poi, ancora per sfuggire al morbo, si trasferì a Vercelli. E fu in questa città, che nel 1494, per consiglio di Filippo di Savoia, venuto apposta da Chambéry, la reggente si decise a malincuore ad accordare a Carlo VIII (che muoveva alla conquista di Napoli) il passaggio attraverso gli Stati della Casa di Savoia. Anche in quella circostanza, ella diede prova di non comune abilità politica, rifiutando al re francese, senza provocarne lo sdegno e le possibili rappresaglie, le armi, gli armati e il denaro ch'egli le richiese insistentemente.

Liberata dall'incubo di quel passaggio, che non avrebbe potuto evitare senza esporre a gravi pericoli l'indipendenza del suo Stato, Bianca si ritirò con tutta la Corte a Moncalieri, dove nella primavera successiva, e precisamente il 16 aprile 1496, ebbe il dolore di veder morire suo figlio Carlo Giovanni Amedeo, detto Carlo II, col quale finì la discendenza di Amedeo IX e di Jolanda. Unica consolazione, le restò la figlia Jolanda Lodovica, che aveva allora nove anni. Con lei si ritirò a vita privata, pur mantenendo in Torino la propria residenza, ma non tardò molto a rimaner sola, poichè anche Jolanda due anni dopo morì, nel 1498.

Da allora, Bianca, quantunque tenuta sempre in grande considerazione dai sovrani, dai principi, dai cardinali, scomparve completamente dalla scena politica e si ridusse a vivere ritiratissima, dedicandosi alle preghiere, alle opere benefiche ed anche, pare, alla bachicoltura. Morì il 31 marzo 1519, dopo aver fondato il convento di Sant'Agostino, in Cavour, e quello di Barges. Venne sepolta nel convento di Carignano, da lei considerevolmente arricchito.