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ANNO 1869

ANNI DELL'UNITA' D'ITALIA
saggio sulle banche e la moneta


Senza fare nessun commento riportiamo integralmente una interessante saggio dell'epoca di GAETANO SEMENZA (1), sull'organizzazione e l'associazione dei capitali e sulle Banche italiane-
(Nel Paese stava scoppiando il malcontento per la famosa "tassa sul macinato". Mentre stava funzionando il "corso forzoso" della Lira, introdotto il 1° maggio 1866 - cioè la lira carta non potè più essere cambiata in oro e, stampata da banche private, diventava moneta non più sonante!!! ma pezzi di carta che iniziarono a rappresentare un debito pubblico fluttuante, senza interessi).

il libretto autografato dall'autore era destinato all'On. Giuseppe Zanardelli (2)

(1) CHI ERA GAETANO SEMENZA
Un protagonista della storia italiana dell’Ottocento.
Sostenitore della causa risorgimentale,
fondatore del giornale finanziario“Il Sole”, costruttore delle Ferrovie Sarde e di Roma Fiumicino.

Gaetano Semenza nasce a Sant’Angelo Lodigiano il 26 settembre 1825. Il padre Antonio è negoziante, mentre la madre, Eva Deò, è cucitrice.
Legato ai moti insurrezionali di metà Ottocento nella Lombardia occupata dagli Austriaci, diventa anche embro del sub-comitato segreto della provincia bresciana, partecipa all’insurrezione, fallita, del 6 febbraio 1853. Arrestato è condannato a cinque anni di carcere insieme al Filzi con la sentenza del 28 febbraio 1853.
Semenza emigra a Londra, dove conosce e ha rapporti con Mazzini.
Rientrato in Italia nel 1865, con l’editore milanese Vallardi, fonda de “Il Sole”, giornale finanziario, politico ed economico, su modello dell’inglese Times, con le notizie riguardanti i commenti sulle borse.
Il primo numero del giornale esce il 1° agosto 1865 col motto “Per tutti splende”.
(Nel 1965 “Il Sole” si unirà al giornale “24 Ore” con la fusione delle due testate nasce “Il Sole 24 Ore”).

Fu uno dei primissimi grandi giornali economici europei, e così veniva spiegata la scelta della testata e del sottotitolo di accompagnamento: «“Il Sole” è un giornale che deve illuminare e scaldare la libertà. E' per questo che si vede in testa il vecchio proverbio francese: “Le soleil luit pour tout le monde”, per indicare che nella moderna società vi sono vantaggi ai quali tutti gli individui hanno il diritto di partecipare». Fin dall’inizio, dunque, il nuovo quotidiano esprimeva un coraggioso programma, espressione di una borghesia liberale e innovatrice. Il primo numero del giornale metteva in chiaro, nel suo articolo programmatico, la convinzione di fondo che non ci possa essere sviluppo sociale se non c’è sviluppo economico.

Gaetano Semenza non solo è il finanziatore del giornale ma vi apporta i frutti della sua esperienza del mondo economico e politico britannico, cui va ricondotto il suo liberalismo e la sua campagna per l’abolizione delle dogane e la libertà delle banche. Il giornale che ha una spiccata impronta laica, simpatizza per la sinistra e si batte per la libertà economica e la lotta ai monopoli.
E' convinto che le ferrovie debbano diventare le arterie necessarie allo sviluppo del commercio mondiale
Nel 1862, riesce a coinvolgere esponenti della City londinese nell’impresa di costruire linee ferroviarie in Sardegna. Progetta anche la costruzione di una strada ferrata che congiunga Roma al mare.
Nelle elezioni per la IX Legislatura (1865-1867), il Semenza è eletto deputato al Parlamento.
Presenta numerosi disegni di legge, tra i quali la proposta di abolizione dei dazi e delle dogane, la cancellazione dei monopoli sul sale e tabacchi e l’abolizione della tassa sul macinato. Si interessa anche dell’organizzazione delle banche in Italia, prendendo come modello gli Stati Uniti d’America, i più produttivi al mondo grazie alla libera circolazione dei capitali e alla pluralità delle banche, slegate, a differenza di quanto avviene in Italia, dallo stretto controllo del governo.
Dopo l’esperienza parlamentare, abita per qualche tempo a Roma per poi trasferirsi a Milano,
dove muore il 22 agosto 1882.


Sulla libertà e pluralità delle Banche in Italia presenta in Parlamento 7 proposte di legge.
Sono presenti nel "Portale Storico della Camera dei Deputati"
( http://storia.camera.it/deputato/gaetano-semenza-1825/atti#nav )

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(2) CHI ERA ZANARDELLI

ERA DELL'800
MA POLITICAMENTE
ANTICIPÓ IL  '900

Nato a Brescia il 26 ottobre 1826, morto a Maderno il 26 dicembre 1903; 
giurista e uomo politico.

Studente di giurisprudenza dell'Università di Pavia arruolatosi volontario nel 1848 prende parte alle rivolte popolari antiaustriache in Lombardia, organizzate dai vari comitati di difesa. 
Dopo il bruciante armistizio di Salasco (5 agosto 1848); la delusione di Carlo Alberto; e l'altrettanto umiliante ritirata sul Ticino (invito rivolto da Radetzky), con le truppe austriache rientrate in Lombardia (6 agosto), Zanardelli si rifugia in Toscana come esiliato. Ma tornerà spesso a Brescia intrattenendo rapporti con i liberali lombardi e piemontesi.
 
Nel frattempo si dedica al giornalismo collaborando assiduamente al giornale Il Crepuscolo (settimanale di scienze e lettere e arti fondato da Carlo Tenca il 6 gennaio 1850 a Milano, con significativi contributi della cultura liberale italiana degli anni cinquanta) scrivendo il Nostro prevalentemente saggi di economia politica. 
Nel 1859 combatte  nei Cacciatori delle Alpi ed è uno degli organizzatori dell'insurrezione bresciana ("10 giornate...")  contro gli austriaci: suo è il proclama ai concittadini e sarà lui ad andare incontro a Garibaldi all'entrata in città.

Con l'annessione della Lombardia al Piemonte, è eletto deputato al Parlamento ove sarà presente ininterrottamente sino alla morte. 
Il politico Zanardelli, acquista subito credito e si distingue, tra le file dei democratici, per i suoi interventi critici contro i governi della Destra.
Il 18 gennaio il governo della destra storica è sconfitto sull'imposta sul macinato. Il governo Minghetti messo in minoranza dalla sinistra con 242 voti contro 181 è costretto a dimettersi; il re affida la formazione del nuovo governo al leader della sinistra Agostino Depretis.
Il 25 marzo 1876, nasce il primo ministero della sinistra, presieduto da Depretis;  Zanardelli  vi entra  come ministro dei Lavori Pubblici, ma si dimette il 7 novembre del 1877 non volendo firmare la legge sulle convenzioni ferroviarie, convinto che questa data ai privati (gruppi industriali e finanziari, con la solita scusa di difendere l'industria e il lavoro) non tuteli sufficientemente l'interesse pubblico.

 Il 24 marzo 1878 entrato nel primo gabinetto Cairoli,  Zanardelli  è chiamato a reggere l'Interno, ma in dicembre, a seguito dell'attentato al Re di Passanante, Zanardelli  è travolto dalla crisi che ne scaturisce e che trae origine essenzialmente dal giudizio che l'opposizione dà alla sua azione politica. Dimessosi riprende con successo l'attività forense nella città natale e pubblica il volume su L'avvocatura. 

Il 29 maggio 1881 è ministro di Grazia e Giustizia nel IV governo Depretis, fino al 12-19 maggio 1883 quando si apre la crisi sulla validità del  trasformismo (che Felice Cavallotti "suppone di putredine"). Zanardelli si dimette  perché anche lui è contrario alla politica del trasformismo.

Il 25 novembre entra a far parte della cosiddetta Pentarchia che si propone di rappresentare un'alternativa costituzionale al trasformismo di Depretis. Ne fanno parte Benedetto Cairoli,  Giovanni Nicotera, Alfredo Baccanini, e Francesco Crispi. Il  programma -definito di "pura sinistra", insiste sulla libertà di parola e di riunioni, non garantiti dal governo in carica. La Pentarchia resta unita fino al 1887, poi Zanardelli e Crispi accettano di far parte dell'ultimo ministero Depretis.

 Zanardelli torna ad essere responsabile della Giustizia per quasi quattro anni: dal 4 aprile 1887 al febbraio 1891 (prima con Depretis e poi con Crispi) varando una serie d'importanti provvedimenti: il nuovo Codice Penale. Il codice unifica la legislazione penale a livello nazionale e sostituisce il Codice Sardo che era stato esteso dopo l'unificazione alla quasi totalità dell'Italia. (fra i tanti articoli compaiono l'abolizione della pena di morte; non contendo articoli diretti a vietarlo, sanciva la libertà di sciopero; la punizione degli ecclesiastici che incitassero disubbidienza delle leggi dello Stato; sulla liberà di riunione e manifestazioni, non erano proibite ma erano obbligati i promotori a darne preavviso ventiquatt'ore prima alle autorità alle quali era attribuita la facoltà di consentirle o impedirle.

Altri provvedimenti, il nuovo Codice di Commercio, la Cassazione Unica Penale e la normativa sul lavoro femminile e minorile. 

Dopo le elezioni generali, dal 24 novembre 1892 al 22 febbraio 1894 Zanardelli è presidente della Camera, è rieletto il 6 aprile 1897 e resta in carica sino al 26 gennaio 1898 (ma dal dicembre 1897 al maggio 1898 è ancora ministro della Giustizia nel gabinetto Di Rudinì). 

E' per la terza ed ultima volta alla presidenza del Parlamento dal 17 novembre 1898 al 30 maggio 1899, quando si dimette per manifestare l'opposizione della sinistra alle spese militari e ai provvedimenti politici. 

Il 29 luglio 1900, viene ucciso a Monza Umberto I, sale al trono Vittorio Emanuele III, che guarda con simpatia a uomini come Zanardelli e Giolitti, prima osteggiati dal padre. C'è una evoluzione in senso progressista del governo italiano.

Alle dimissioni del governo Saracco (per i fatti di Genova - scioglimento della Camera del Lavoro per ordine del prefetto, seguito da una ondata di scioperi)  il Re consapevole della necessità di una svolta in senso liberale assegna proprio a Zanardelli l'incarico di costituire il nuovo governo.

Il 15 febbraio 1901
è nuovamente a capo del Governo con Giolitti.  La sua scelta determinò la fine dell’indirizzo autoritario di fine secolo e l’avvio della svolta liberale alla politica governativa nei conflitti di lavoro, che si sviluppano con intensitàè crescente nell'agricoltura e nell'industria, favorendo la crescita e l'organizzazione del movimento sindacale. 
Alcuni grossi problemi: la questione meridionale; l'abolizione dei dazi di consumo, ricevono molte attenzioni nel governo e fra l'opinione pubblica.
Nel settembre 1902 proprio sulla questione meridionale, Zanardelli viaggia in meridione, in Basilicata, per rendersi conto direttamente dei gravi problemi che assillano uno delle regioni più povere d'Italia.

 L'11 giugno 1903 dopo le polemiche dimissioni Giolitti come ministro degli interni (bocciatura di una mozione della sinistra su una inchiesta parlamentare per far luce su alcuni illeciti del ministro della marina)  Zanardelli non accoglie la richiesta di aprire una crisi di governo, ma si limita ad assumere a interim questo ministero e assegnare quello della marina a interim al ministro degli esteri.

 Pochi mesi dopo scoppiano le tensioni dell'Italia con l'Austria,  in ottobre manifestazioni irredentistiche.

Il 21 agosto in seguito alle critiche mosse al comportamento del governo, sia da destra che da sinistra, Zanardelli, ormai anziano (77enne) e stanco il 21 ottobre del 1903 rassegna le dimissione del ministero al Re, che dà l'incarico per costituire il nuovo a Giolitti.

Due mesi dopo, ritiratosi a Maderno, Zanardelli  il 26 dicembre muore.
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Per curiosità riportiamo alcuni estratti del codice Zanardelli; uomo di... sinistra. 

Estratti dal codice penale Zanardelli, del 1889

ARTICOLO 140
Chiunque per offendere uno dei culti ammessi nello Stato, impedisce o turba l'esercizio di funzioni o cerimonie religiose è punito con la detenzione sino a tre mesi e con la multa da lire cinquanta a cinquecento.
Se il fatto sia accompagnato da violenza, minaccia o contumelia, il colpevole è punito con la detenzione da tre a trenta mesi e con la multa da lire cento a millecinquecento.

ARTICOLO 141
Chiunque, per offendere uno dei culti ammessi nello Stato, pubblicamente vilipende chi lo professa, è punito, a querela di parte, con la detenzione sino ad un anno o con la multa da lire cento a lire tremila.

ARTICOLO 142
Chiunque, per disprezzo di uno dei culti ammessi nello Stato, distrugge, guasta, o in altro modo vilipende in luogo pubblico cose destinate al culto, ovvero usa violenza contro il ministro di un culto o lo vilipende, è punito con la detenzione da tre a trenta mesi e con la multa da lire cinquanta a millecinquecento.
Qualora si tratti di altro delitto commesso contro il ministro di un culto nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, la pena stabilita per tale delitto è aumentata di un sesto.

FINE

 

 

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