Arrigo Sacchi

Classe 1946, nasce a Fusignano, paesino della Romagna, il 1° aprile, lo stesso giorno di un altro grande del calcio, l'amico Alberto Zaccheroni. Voci non certissime raccontano che nella fanciullezza tifasse Inter e che amasse farsi portare a San Siro a vedere qualche partita dei nerazzurri. Di certo, c'è solamente che fin dall'adolescenza è stato attratto inesorabilmente dal calcio, tentando in tutti i modi di inserirsi in squadre e squadrette di vario tipo, oppure cercando di operare "dietro le quinte", adombrando in questo modo la sua futura carriera di allenatore. Scelta in parte forzata, dato che le sue doti di giocatore non erano di gran livello....

Con il tempo, dunque, la sua figura di allenatore si va delineando anche se, ad un certo punto, è quasi tentato di lasciar perdere tutto per dedicarsi a qualcosa di più "serio" e remunerativo, ossia affiancare il padre, produttore di scarpe, nella vendita all'ingrosso, cominciando così a viaggiare e a girare l'Europa. Com' è facile intuire, però, la passione per il calcio letteralmente lo divora, tanto che proprio non riesce a stare lontano dai campi e soprattutto dalla panchina, la sua massima aspirazione professionale.
Sempre triste e mugugnante come venditore, comincia a sentirsi meglio quando gli affidano qualche squadra da portare avanti, anche solo a livello dilettantistico.

Si trova così a guidare squadre come il Fusignano, l'Alfosine e il Bellaria. Poiché mostra nerbo e carattere, nonché lucidità e idee rivoluzionarie, nessuno si meraviglia quando gli affidano il settore giovanile del Cesena. La cittadina romagnola era già allora una specie di tempio del calcio. Tra l'altro era la culla di una celebrità come il conte Alberto Rognoni, nobile dalla parlata forbita e dalla simpatia istintiva. Il ruolo di Rognoni fra l'altro si rivela abbastanza importante, dato che non solo lancia e modella il Cesena ma guida anche, per molti anni, l'istituzione del COCO, la temuta Commissione di Controllo della Federalcalcio. Il conte, inoltre, nonostante ormai il fulcro della sua attività ruotasse intorno a Milano, era già allora uno dei primi grandi estimatori dell'emergente Sacchi.
Da questo momento in poi, comincia una lunga gavetta che brevemente riassumiamo.

Nella stagione 1982/83 va a Rimini in C/1, l'anno dopo alle giovanili della Fiorentina e nel 1984/85 di nuovo a Rimini in C/1; nel 1985 si trasferisce a Parma dove è rimane fino al 1987.

Approda in serie A nel campionato 1987/88. Silvio Berlusconi, neopresidente milanista, decide di chiamarlo sulla panchina della sua squadra dopo l'ottima prova che il Parma guidato da Sacchi (allora in serie B), effettua contro il Milan di Liedholm in Coppa Italia.

Con la squadra milanese vincerà lo scudetto nel 1987/88, arriverà terzo nel 1988/89 e secondo nel 1989/90 e nel 1990/91; ha poi vinto una Supercoppa Italiana (1989), due Coppe dei Campioni (1988/89 e 1989/90), due Coppe Intercontinentali (1989 e 1990) e due Supercoppe Europee (1989 e 1990).

Occorre considerare che in quegli anni ai vertici del calcio italiano c'era il Napoli di Maradona che si schierava, come la stragrande maggioranza delle squadre partecipanti al massimo campionato, in modo tradizionale.
Arrigo Sacchi, invece, al posto di uniformarsi al canovaccio tattico in voga decide di schierare il Milan con un rivoluzionario 4-4-2.
La base su cui poggia il suo progetto è quella di riuscire a creare una squadra in cui ogni giocatore abbia compiti importanti sia in fase difensiva che offensiva, una squadra quindi dove la collaborazione assuma un aspetto rilevante.
Riuscirà con il tempo anche a incidere sulla mentalità, inculcando nella testa dei propri giocatori i concetti del "calcio totale".
Proprio per questo, in Italia è stato spesso contestato di ritenere prioritari gli schemi rispetto agli uomini.
Dal 13 novembre 1991 è subentrato ad Azeglio Vicini come commissario tecnico della Nazionale Italiana che ha condotto ai Mondiali USA del 1994, ottenendo il secondo posto dietro il Brasile. Nel 1995 ha portato l'Italia alla qualificazione per la fase finale dell'Europeo '96. Nel 1996 ha rinnovato il contratto che lo avrebbe legato alla guida della Nazionale fino al 31/12/'98, ma poco tempo dopo, in seguito a polemiche sulla sua conduzione, ha preferito lasciare il posto a Maldini, già allenatore della nazionale giovanile.

Infine, il suo ultimo incarico è stato quello alla guida del Parma. Il troppo stress, però, l'eccessiva fatica e le troppe tensioni a cui è sottoposto (anche per l'attenzione morbosa che il gioco del calcio riceve in Italia), lo inducono a lasciare la panchina della squadra emiliana dopo solo tre partite.

 

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Antonio Gaito
Si ringrazia per l'articolo  

 

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