STATI UNITI

1950-1953
GUERRA DI COREA

Il dibattito sulle circostanze che portarono all’invasione del territorio sud-coreano è ancora vivo. Diversi storici revisionisti hanno sostenuto che la guerra fu provocata dalla Corea del Sud, con la complicità di Washington o di Tokyo.
Non vi è alcuna documentazione che possa convalidare questa tesi, fondata sulla convinzione ideologica che gli Stati Uniti avevano bisogno di un pretesto per far approvare il NSC-68, un programma d’intenso riarmo.

Non vi è dubbio che vi fosse continua tensione lungo il 38° parallelo, con scontri frequenti originati da entrambe le parti.
Per quanto riguarda il ruolo avuto dall’URSS, si è sostenuto che «nonostante i russi abbiano certamente armato i nordcoreani, e si aspettassero una guerra, l’effettiva decisione di iniziare il conflitto dev’essere rintracciata nella situazione interna della penisola coreana»
(E. Aga Rossi, Gli Stati Uniti e le origini della Guerra Fredda, Bologna, Il Mulino, 1984)


L’immediata reazione degli Stati Uniti e il loro intervento, totalmente inaspettato dal governo sovietico, fu dovuta alla convinzione che la perdita della Corea avrebbe significato un grave indebolimento della presenza americana in Asia.

Così si espresse il Generale Ridgway: «Per me il problema è chiaro. Non si tratta di una città o di un villaggio coreano. Le questioni di territorio, in questo caso, hanno scarsa importanza. Non si tratta soltanto della libertà dei nostri alleati sud-coreani, dei quali riconosciamo la fedeltà e il valore nelle più grandi difficoltà, benchè questa libertà sia un simbolo dei nostri obbiettivi e faccia parte di essi.
Si tratta di sapere se la civiltà occidentale,
che Dio ha permesso nascesse nei nostri amati paesi, sarà in grado di sfidare e di sconfiggere il comunismo; se il regno di coloro che uccidono i prigionieri, rendono schiavi i loro concittadini e calpestano la dignità umana avrà il sopravvento sul regno di coloro cui sono sacri l’individuo e i suoi diritti; se dobbiamo sopravvivere con la mano di Dio che ci guida e ci dirige o se dobbiamo morire nella desolazione di un mondo senza Dio".

"Se quanto ho detto è vero, e per me lo è, al di là di qualsiasi dubbio, allora non si tratta più di combattere per la libertà dei nostri alleati e per la loro sopravvivenza. Si tratta di una lotta per la nostra libertà, per la nostra sopravvivenza, per un’esistenza nazionale indipendente ed onorevole». R. B. Mattew, Guerra sul 38° parallelo, Milano, Rizzoli, 1969, pp. 258-259.

Il conflitto

  • Chi
  • Corea del Nord
  • Unione Sovietica (appoggio militare)
  • Cina (appoggio militare e "volontari")
  • contro chi
  • Corea del Sud
  • Stati Uniti
  • Coalizione di stati del blocco occidentale
  • Le cifre della carneficina
  • Un soldato: "Tirateci fuori da questo inferno"

PREMESSA

Con la resa del Giappone (agosto 1945) la Corea aveva riacquistato la sua libertà, ma era venuta a trovarsi sotto una duplice occupazione: a nord del 38° parallelo le truppe sovietiche, a sud quelle statunitensi. Tale occupazione finì per determinare la nascita di due Stati: la Repubblica di Corea, a sud, e la Repubblica popolare di Corea a nord. Dopo ripetuti scontri  di frontiera, il 25 giugno 1950, i nordcoreani varcarono il 38° parallelo. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu (assente l'Urss) decretò il 27 giugno, un'azione militare contro gli aggressori e invitò le nazioni rappresentate dall'Onu a fornire loro i contingenti. 

Il Presidente Truman il 27 giugno, mentre invitava il Consiglio di Sicurezza dell'Onu  a votare le "Sanzioni militari" contro la Corea del Nord, nella sua dichiarazione fra l'altro affermava...
"Ecco l'invasione comunista. L'attacco contro la Corea mette in chiaro al di là di ogni dubbio, che il comunismo ha ormai superato lo stadio dell'impiego di misure sovversive per conquistare le Nazioni indipendenti e che userà da ora l'invasione armata e la guerra".

Con gli Stati Uniti numerosi altri Paesi, tra cui la Gran Bretagna, Canadà, Turchia, annunciarono i loro contributi.

Comandante delle forze dell'Onu in Corea fu nominato il generale americano Douglas MAC ARTHUR. Personalità forte ma a volte eccessivamente egocentrica. Rimane un personaggio controverso. Al limite dell’insubordinazione e molto spavaldo. A metà marzo MacArthur intimò ai cinesi di ritirarsi immediatamente altrimenti «sarebbero stati costretti a farlo in ginocchio». In questo modo entrò volutamente in contrapposizione con il presidente americano Harry S. Truman che aveva cercato di intavolare un negoziato politico subito dopo la riconquista, il 14 dello stesso mese, a Seoul. Truman temeva che MacArthur stesse cercando volontariamente di portare gli Stati Uniti d'America verso uno scontro su larga scala con l'URSS e con la stessa Cina.

L'avanzata nord-coreana fu arrestata soltanto a partire dal mese di settembre.
Quando le forze dell'Onu supereranno il 38°  parallelo (ottobre), forti contingenti (180.000) di "volontari" cinesi intervennero in aiuto della Corea del nord.
L'offensiva cinese, anche se pagata a caro prezzo, portò a quella che probabilmente (da alcuni) viene ritenuta la peggiore sconfitta militare subita dagli Stati Uniti nel XX secolo.
Di fronte alla pressione cinese, dagli inizi di dicembre MacArthur iniziò a criticare sempre più apertamente la strategia seguita dalla Casa Bianca. Con crescente insistenza richiese vanamente l’autorizzazione ad impiegare armamento nucleare e ad allargare il conflitto al territorio della Repubblica Popolare Cinese (sottovalutando o non credendo possibile un'eventuale coinvolgimento dell'URSS a difesa della Cina comunista e quindi una possibile escalation)

Alla fine del marzo 1951 le operazioni militari avevano raggiunto un punto morto e il fronte era stato ristabilito lungo il 38° parallelo. Il 10 luglio furono avviati i negoziati per porre fine alle ostilità.
Ma le trattative si conclusero solo il 27 luglio 1953 con la firma solo di un armistizio. Il confine fra la Corea del Nord e la Corea del Syd veniva riportato lungo il 38° parallelo.
(Da Storia mondiale degli ultimi cinquant'anni. Avvenimenti. 1949-1953)

OBIETTIVI DEI BELLIGERANTI

Fra il 1949 e il 1950 le tensioni all’interno della Corea erano aumentate a causa delle difficoltà di trovare un compromesso, che permettesse la riunificazione della Corea. La guerra civile scoppiò quando Kim Il Sung ordinò all’esercito nord-coreano di invadere il Sud, prendendo a pretesto il rifiuto del presidente della Corea del Sud di accettare le elezioni generali per la riunificazione del paese.

LA SITUAZIONE

Nel clima esasperato della guerra fredda e della conseguente crescente tensione fra Stati Uniti e Unione Sovietica, la questione coreana sembrava non trovare una soluzione accettabile per le due parti: possedimento giapponese dal 1910, la Corea era stata divisa al termine della seconda guerra mondiale in due zone di influenza e di occupazione, russa e americana, a nord e a sud del 38° parallelo.

Le due nazioni vincitrici avrebbero dovuto assicurare e difendere il cammino del paese verso la democrazia, attraverso libere elezioni: già nel 1947 gli Stati Uniti avevano chiesto all’ONU di verificare le possibilità di unificazione del paese. L’anno successivo, però, il confine del 38° parallelo era divenuto definitivo: al nord si era difatti costituita la Repubblica Popolare di Corea sotto la guida di Kim Il Sung, comunista e filosovietico, mentre al sud Syngma Rhee era stato nominato presidente della Repubblica di Corea. Il nord aveva come capitale Pyogyang, il sud Seoul.

La situazione nello scacchiere si aggravò con la costituzione nel 1949 della Repubblica Popolare Cinese; nel settembre dello stesso anno la commissione dell’ONU concludeva i suoi lavori, dopo il fallimento di tutti i tentativi i unificare il paese, ammonendo sui pericoli di un’imminente guerra civile, già preannunciata dalla continua serie di scaramucce di confine fra i due eserciti.

LO SCONTRO ARMATO

1950

Nella notte del 25 giugno l’artiglieria del nord aprì il fuoco per preparare l’attacco di circa 80.000 uomini diretto verso Seoul. L’ONU convocò immediatamente il Consiglio di Sicurezza e, fallito il tentativo di far sospendere le operazioni, offrì il suo aiuto al paese attaccato (l’URSS in quel momento era assente dal Consiglio in segno di protesta contro il mancato riconoscimento della Cina Popolare da parte dell’ONU).

Agli Stati Uniti, che già avevano spostato nella zona la settima flotta, si affiancarono 17 paesi aderenti all’ONU, fra cui Gran Bretagna, Australia, Canada e Turchia. Sotto la guida del generale Douglas MacArthur le truppe dell’ONU riuscirono a rallentare l’avanzata nemica, dilagata nella Corea del sud dove resisteva solo la testa di ponte di Pusan, per poi riprendere l’iniziativa con una controffensiva lanciata il 25 settembre con lo sbarco a Inchon, che in breve ricacciò gli invasori sino alle frontiere della Cina.

Fino a quel momento la Cina aveva osservato una rigida neutralità, preannunciando però il suo intervento se le truppe dell’ONU avessero superato il 38° parallelo e minacciato il confine cinese. Inviò pertanto in Corea oltre 180.000 "volontari", che in breve ricacciarono le truppe dell’ONU al di là del 38° parallelo facendo svanire le speranze di MacArthur in una facile vittoria.

1951

All’inizio del 1951 il fronte venne stabilizzandosi, mentre MacArthur lanciava i suoi cacciabombardieri a reazione – utilizzati per la prima volta in un conflitto in campo aperto – contro le basi nemiche in territorio cinese.
Il presidente americano Harry Truman, che sino a quel momento aveva appoggiato la conduzione della guerra di MacArthur, nel timore di un allargamento del conflitto preferì sostituirlo con il più moderato Matthew B. Ridgway, iniziando pochi mesi dopo trattative fra le parti per una conclusione concordata del conflitto.

 

Un trattato di pace lungo 45 anni

1953
In giugno e luglio cominciarono i negoziati di pace a Panmunjon.
Dopo due anni di lavori, spesso interrotti, il 27 luglio veniva firmato a Panmunjon un armistizio che, sancendo il ritorno allo status quo lasciava inalterata la questione centrale dell’assetto del paese: la Corea rimase divisa e il confine fu riportato al 38° parallelo, cioè dove era stato fissato nel 1948.

1991
accordo di non aggressione e di cooperazione economica

1998
Le trattative per la riunificazione delle Coree sono tuttora in corso.

 

Il costo della guerra

"Nel teatro coreano prestarono servizio 1.319.000 americani, e 33.629 di essi non fecero più ritorno. Altri 105.785 rimasero feriti. Il  45% delle perdite americane avvenne subito dopo l'inizio delle primi trattative armistiziali con i comunisti.
L'esercito sudista ebbe 415.000 morti e 429.000 feriti. Il Commonwealth -Gran Bretagna, Canadà, Australia e Nuova Zelanda - ebbe 1.263 morti e 4.817 feriti. Belgio, Colombia, Etiopia, Filippine, Francia, Grecia, Olanda, Thailandia e Turchia ebbero complessivamente 1.800 morti e 7.000 feriti, e metà di questi furono turchi.
Non ci sono notizie sulle perdite dei cinesi. Ma gli americani calcolarono (forse esageratamente) che fossero caduti più di un milione e mezzo di comunisti, fra cinesi e nordisti".
(La Guerra in Corea, Max Hastings, Rizzoli)

La grande paura

Il mondo rimase con il fiato in sospeso, temendo lo scoppio di un nuovo conflitto mondiale con l’uso delle nuove bombe sperimentate durante la seconda guerra mondiale a Hiroshima e Nagasaki.


La situazione era estremamente allarmante. Si diceva infatti che MacArthur, avesse concepito – senza aver avuto alcun ordine in tal senso dal Presidente Truman, che lo ammoniva invece di “non provocare i Cinesi” – un piano che prevedeva tra il Mar Giallo e il Mar del Giappone, in pratica fino alla città russa di Vladivostok, di un numero di bombe atomiche compreso tra 30 e 50, e la creazione di una fascia di contaminazione radioattiva che avrebbe dovuto rendere impossibile ogni invasione terrestre della Corea per una sessantina d'anni.
Con questo, pensava MacArthur (lui anticomunista sfegatato) i Russi avrebbero abbandonato ogni idea di invadere non solo la Corea ma anche l'Europa.
Dopo l'intervento cinese in Corea, un MacArthur infuriato suggeriva al Presidente quella linea forte: solo l'uso delle armi nucleari potevano fermare la guerra in Corea.
Quei piani di MacArthur sconvolgevano Truman, pur essendo l'autore dell'apocalisse in Giappone.
Onde evitare una escalation anche con altre armi,
l'11 Aprile del 1951, il Presidente degli Stati Uniti destituì dal comando MacArthur.
La guerra in Corea (anche per l'avvenuta morte di Stalin (16 ottobre 1952) si concluse con l'armistizio del
27 luglio del 1953.

MacArthur in precedenza con la sue guerre, prima in Giappone (lui era il Comandante supremo delle forze alleate del Pacifico Sud-occidentale), poi in Corea era diventato in America molto popolare. Pensava forse che questa popolarita gli sarebbe valsa per una elezione a Presidente degli Stati Uniti.

Infatti MacArthur tornato in patria, pur destituito, fu molto festeggiato. E allora volle anche lui darsi alla politica e candidarsi. Ma al primo turno prese soli circa 1000 voti. Alla seconda votazione ne prese 10.
Gli americani non volevano più personaggi come MacArthur!

Sul piano politico internazionale l'armistizio del '53 in Corea, comportò la rottura delle relazioni diplomatiche fra Cina e Stati Uniti, e un sempre maggiore coinvolgimento di questo paese nell’area che avrebbe determinato il successivo, massiccio intervento a favore del Vietnam del Sud nel corso degli anni ’60. (che narriamo in altre pagine)

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Un soldato: "Tirateci fuori da questo inferno"

Ecco la lettera che il soldato scelto James Cardinal, del III battaglione del 5° cavalleria, scrisse ai genitori, nel Bronx, il 7 gennaio 1951.....
"Carissimi ci troviamo ora a circa cento chilometri a nordovest di Taehu, di presidio a un passo di montagna attraverso il quale l'intera 8a armata sta scendendo verso Sud. Sembra l'inizio della fine. I cinesi stanno letteralmente prendendo a calci l'esercito americano e credo che ce ne andremo, almeno lo spero.

Credo che finiranno per far sgombrare dalla Corea quanto prima tutte le truppe dell'Onu, perché è impossibile arginare queste orde di cinesi. Ce ne sono semplicemente troppi perché sia possibile per noi combatterli in Corea. Se i capoccioni di Washington decidessero di combattere qui, sarebbe il più grosso errore che potrebbero fare, non credo che sia possibile contenere i musi gialli.

Quando ricevete le lettere di protesta come me, tenete presente che tutti i soldati che sono qui la pensano allo stesso modo. Le truppe sono furibonde contro l'America, contro gli americani e contro i capi degli americani. Noi tutti ci sentiamo abbandonati, dai nostri incompetenti e pasticcioni comandanti, dalla Casa Bianca in giù. Se dobbiamo combattere il comunismo facciamolo in Europa, che è la culla della cultura occidentale e della nostra civiltà. A me sembra che sia più giusto batterci per quella, che non per uno squallido deserto orientale, contro innumerevoli orde di guerrieri selvaggi.

Sarebbe ora che voi in patria vi rendeste conto della situazione e che vi facesse sentire, scrivendo ai vostri deputati. Questo è l'unico modo per ottenere un intervento diretto. Beh, gente, è tutto, per il momento. Io sto benissimo di salute, sono di buon umore e spero che sia altrettanto anche per voi e il resto della famiglia. Con affetto Jimmy." (Da Storia mondiale degli ultimi cinquant'anni - Libri Avvenimenti. 1949-1953)

FINE

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