STATI UNITI

KENNEDY E LA "NUOVA FRONTIERA"
(in fondo: ma quante tragedie sui kennedy ! )

Nel 1960 per le previste elezioni presidenziali che si svolgeranno in Novembre si contendono la candidatura alla Convenzione repubblicana il governatore dello Stato di New York, Nelson Rockfeller e il vicepresidente Richard Nixon. Nixon ha con se tutti i consensi politici, mentre Rockfeller saputo da un sondaggio che il mondo economico non lo appoggia perché troppo liberale, ritira la candidatura. La nomina di Nixon per il partito repubblicano è ufficiale.

Quanto ai democratici, il 2 gennaio il quarantaduenne John Fitzgerald Kennedy, senatore del Massachusetts, di orgine irlandese e di ricchissima famiglia cattolica, ha deciso di presentare la sua candidatura alla Convenzione democratica di luglio.
Il 14 luglio Kennedy viene scelto dalla Convenzione democratica come candidato alla presidenza. Riesce a prevalere su rivali quali Lyndon Johnson (che comunque sceglierà come vicepresidente), Hubert Humphrey, Adlai Stevenson, nonostante le diffidenze di larga parte dell'elettorato democratico che gli rimprovera un'eccessiva cautela sui temi delle libertà pubbliche e dei diritti civili.

Nel discorso di accettazione della candidatura Kennedy enuncia la dottrina della "Nuova Frontiera". Come in passato, infatti, la Nuova Frontiera aveva indotto i pionieri ad estendere verso ovest i confini degli Stati Uniti, in modo da conquistare nuovi traguardi per la Democrazia Americana,

L'8 novembre il giovane democratico ottiene i voti necessari riuscendo inaspettatamente a superare Richard Nixon (già vicepresidente nella presidenza Eisenhower). Le poche migliaia di voti presi in Texas e in Illinois garantiscono a John Kennedy la vittoria.

Kennedy nei suoi discorsi elettorali aveva impostato il suo programma -come abbiamo già accennato, sul raggiungimento di una "nuova frontiera" di progresso economico, culturale e civile che rilanciasse all'interno del Paese, il sogno americano e, all'estero, il ruolo guida degli USA.

Nel discorso a Washington del 2 gennaio alla Casa Bianca afferma che bisogna"mutar rotta".

" E' sicuramente tempo di mutar rotta. È tempo, per ripetere le parole di Walter Lippmann, «di destarsi, di stare all'erta, di mostrar vivore, di non rimasticare più le stesse frasi fatte, di non pestare più le stesse tracce».
Ma innanzi tutto ricordiamoci che, ci piaccia o no, questo è tempo di mutamento. E siccome il nostro popolo ha avviato il mutamento del mondo, io penso che tutto questo ci dovrebbe piacere, per quanto arduo sia il compito. Infatti solo quando il compito è sommamente arduo, una nazione sa dare il meglio di sé. E non si tratta tanto di decidere se, in un mondo che muta, noi sapremo reagire nella maniera che si conviene alla "terra dei liberi", alla "patria dei prodi"; se sapremo cavarcela in questi anni cruciali, alla testa del mondo; se saremo all'altezza dei compiti che ci attendono.
Cosa è accaduto alla nostra nazione? I profitti son cresciuti, è cresciuto il livello di vita, ma è cresciuta anche la criminalità. E lo stesso vale per la frequenza dei divorzi, per la delinquenza giovanile, per le malattie mentali. È cresciuta la vendita dei tranquillanti e il numero dei ragazzi che non vanno a scuola.
Temo che noi corriamo il pericolo di perdere la nostra interiore saldezza. Noi stiamo perdendo quello spirito di iniziativa e d'indipendenza che fu dei padri pellegrini e dei pionieri, quell'antica devozione spartana al «dovere, all'onore, alla patria"

(Discorso dalla Casa Bianca, Washington D.C.,1 gennaio 1960)

Mentre nel discorso al Senato del 14 giugno Kennedy parla di un America "più forte".
Nel tracciare il sentiero da percorre per la "Nuova Frontiera" Kennedy enuncia i suoi dodicesimi punti:

Primo. Noi dobbiamo darci una potenza di rappresaglia nucleare non vulnerabile e di prim'ordine. Dobbiamo contribuire alla stabilità politica ed ececon nazioni nelle quali son situate le nostre basi vitali.

Secondo. Dobbiamo riacquistare la possibilità di un intervento efficace e rapido in qualsiasi guerra limitata, d' ogni parte dei mondo.

Terzo. Noi dobbiamo trasformare la Nato in una forza militare solida e duttile, in grado di dissuadere un qualsiasi attacco.

Quarto. Dobbiamo accrescere di molto l'afflusso di capitali alle zone sottosviluppate; in Asia, in Africa, nel Medio Oriente, nell'America Latina; deludere le speranze comuniste di un caos in quelle nazioni; sostenere le nazioni che cercano di giungere all'indipendenza economica e politica; colmare il pericoloso divario che si va allargando fra il nostro e il loro livello di vita.

Quinto. Dobbiamo ristrutturare i nostri rapporti con le democrazie dell'America Latina

Sesto. Dobbiamo formulare un nuovo atteggiamento verso il medio oriente, dobbiamo cioè evitare di imporre la nostra causa fino al punto che gli arabi si sentano minacciati nel loro nazionalismo e nel loro neutralismo, ma insieme riconoscere quelle forze e cercare d'incanalarle in direzione costruttiva, ed al tempo stesso tentar di indurre gli arabi ad accettare al più presto l'esistenza di Israele.

Settimo. Dobbiamo accrescere il nostro impegno a favore delle nazioni che van sorgendo nel vasto continente africano.

Ottavo. Dobbiamo trovare una soluzione durevole per il problema di Berlino.

Nono. Dobbiamo predisporre e tener pronti per l'Europa orientale strumenti più duttili. Dobbiamo nutrire i semi della libertà nelle crepe che compaiono sul sipario di ferro, riducendo la dipendenza econonlca ed ideologica dalla Russia.

Decimo. Dobbiamo rivedere tutta la nostra politica in Cina. Dobbiamo formulare una proposta perché si riduca la tensione a Formosa, chiarendo al tempo stesso la nostra decisione di difendere l'isola.

Undecimo. Noi dobbiamo elaborare un programma nuovo ed efficiente per la pace ed il controllo degli armamenti.

Dodicesimo ed ultimo. Noi dobbiamo creare un'America più forte, perché in ultima analisi proprio sull'America riposa la possibilità di difendere il mondo intero.

(Discorso al Senato,14 giugno 1960)
Mentre -con queste premesse- Kennedy sta iniziando il lungo cammino del suo mandato, nello stesso periodo inzia la crisi di Cuba.
Nel 1959 la guerriglia castrista constrinse il dittatore Batista a fuggire. Istituito un regime rivoluzionario, subito fu attuata la riforma agraria, e la nazionalizzazione delle raffinerie americane presenti nel Paese, anche perchè esse si rifiutarono di raffinare il petrolio acquistato a prezzi più bassi da Castro in Urss. Per ritorsione gli Stati UNiti chiusero il mercato della canna da zucchero cubana. Nel 1961 furono rotti i rapporti diplomatici fra i due Paesi, mentre più stretti diventarono i rapporti commercaili di Cuba con le nazioni socialiste. Ma appoggiati dagli Stati Uniti, un gruppo di fuoriusciti cubani, tentò uno sbarco sull'isola nel tentativo di rovesciare il governo di Fidel Castro. Erano millequattrocento uomini tra cui militari, medici, studenti, figli di professionisti

L'operazione l'aveva autorizzata Kennedy, ma si concluse con un disastroso fallimento. Gli esuli anticastristi, da tempo in Florida e in Guatemala segretamente addestrati dalla Cia, nel tentativo di cogliere di sorpresa l'esercito di Castro non trovarono alcun appoggio nella popolazione cubana e in tre giorni l'esercito poté sbaragliare gli invasori, che erano sbarcati in una località di Cuba denominata Bahia de Cochinos (Baia dei Porci).

"La responsabilità della "figuraccia" americana  va alla CIA, la quale era convinta che Cuba fosse matura per la rivoluzione. Di parere contrario era stato il segretario di Stato Rusk, ma Kennedy si attenne alla tesi della Cia e mancò di discutere queste discordanze al Consiglio nazionale di sicurezza"
(Comun, Ansa, 22 aprile, ore 10,08)


Nel 1962, in questo clima di tensione, due aerei U-2 americani, sorvolarono l'isola con il compito di bombardarla di scatti fotografici. Le immagini hanno poi mostrato senza alcuna possibilità di errore, che in mezzo alla boscaglia stavano sorgendo quattro piattaforme per alcune basi missilistiche a media gittata. Ma anche modelli di missili simili a quelli degli ultimi modelli di armi nucleari sovietiche fotografate sulla Piazza Rossa durante la sfilata del 1° maggio 1960. Missili da un megaton, che possiedono una potenza distruttiva cinquanta volte superiore a quella della bomba su Hiroshima.
La scoperta è sconvolgente. Una volta installati, questi missili potranno raggiungere Houston nel Texas, St. Luis nel Missouri e forse Washington e New York.

Inizia la famosa crisi di Cuba, si andrà a un passo dalla guerra totale. Per evitare incidenti nucleari, viene istallato una via diretta tra il Cremlino e la Casa Bianca, una "linea calda", "hot line" ( detto in seguito "telefono rosso") per essere utilizzata in caso di tensione internazionale (con l'incognita nucleare un solo errore può far saltare tutto per aria in America come in Russia). D'ora in poi i padroni del mondo potrammo telefonarsi.
Ad allarmare gli americani è però Kennedy quando afferma "che i missili russi puntati sull'America avrebbero potuto uccidere ottanta milioni di americani".
Il 9 Settembre '62- "CHE" GUEVARA rientra a Cuba dall'Urss ed allarma ancora di più l'America e tutto il mondo dichiarando  ai giornalisti: "L'assistenza militare concessa dall'Urss a Cuba segna "una svolta storica" e ritengo che la potenza sovietica superi ormai quella degli Stati Uniti. Il rapporto di forze fra est ed ovest si è rovesciato; la bilancia pende dalla parte dell'Urss. Agli Stati Uniti non resta che inchinarsi" (Comun. Ansa del 9 settembre, ore 11,26).

Seguì un anno a incubo. Ci fu un braccio di ferro che durò tredici giorni tenendo il mondo con il fiato sospeso. Si concluse nel migliore dei modi il 28 ottobre. Ma il mondo ripiombò in un cupo pessimismo quando il 22 novembre dell'anno dopo, il Presidente degli Stati Uniti fu assassinato a Dallas.

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I mille giorni di Kennedy
(e nella morte che strane coincidenze gioca il destino !!!)
L'insediamento del trentacinquesimo presidente americano alla Casa Bianca segna l'avvento di tempi nuovi e di una grande svolta politica del Paese. John Fitzgerald Kennedy, eletto come candidato del Partito Democratico nel novembre 1960, prende le redini del Paese il 20 gennaio 1961 con un programma che ricalca in parte i principi enunciati dal grande Roosevelt.

E' il presidente delle nuove libertà, della "nuova frontiera" che egli esprime con un grande desiderio di integrazione e con l'abolizione di ogni tipo di discriminazione razziale. Kennedy prospetta il futuro dell'America nel ruolo di guardiano della pace e delle libertà di tutti i popoli della terra. Una leadership americana sul mondo occidentale intesa come forza morale e sete di giustizia. Non una "pax americana" imposta al mondo dal potenziale bellico statunitense o dalla strategia del terrore, ma quel genere di pace che consenta agli uomini e alle nazioni di svilupparsi e prosperare.
Secondogenito di nove figli, Kennedy sembrava destinato a farsi strada nella vita come scrittore. Secondo I progetti paterni, doveva toccare al primogenito l'opportunità di scalare la carriera politica fino alle soglie della Casa Bianca. Ma la guerra mutò il suo destino. Il primogenito cadde in combattimento e John ne ereditò il posto nelle ambizioni paterne.

Primo presidente a vedere la luce nel ventesimo secolo, era nato a Brookline, nel Massachusetts, il 29 maggio 1917. La sua era una famiglia di origine irlandese, contadini emigrati in America nella metà del secolo scorso. Suo padre si era fatto una fortuna con il contrabbando di alcol all'epoca del proibizionismo ed era considerato un uomo d'affari di pochi scrupoli. Ebbe la lungimiranza di capire che Roosevelt avrebbe condotto il Paese fuori dal baratro della depressione del 1929, tant'è vero che ne appoggiò la candidatura alla presidenza, ottenendone in cambio per riconoscenza, la nomina ad ambasciatore a Londra. Gli appoggi politici e la fortuna familiare furono dunque i due colossali trampolini di lancio che condussero J.F. Kennedy a occupare la poltrona presidenziale a soli quarantatré anni.
Rivoluzionario protagonista sullo scenario internazionale, Kennedy vide mettere in dubbio le sue mire di politica estera nei primissimi mesi di presidenza quando autorizzò lo sbarco degli esuli cubani nella Baia dei Porci il 17 aprile 1961. Erano millequattrocento uomini tra cui militari, medici, studenti, figli di professionisti e contadini segretamente addestrati dalla Cia in Guatemala e scaricati sulla spiaggia cubana nel tentativo di cogliere di sorpresa l'esercito di Castro. L'impresa si risolse in un massacro e le speranze di insurrezione della popolazione cubana contro il dittatore furono vanificate dal mancato appoggio delle forze armate americane, che Kennedy non si sentì di ordinare.
Mosca espresse la sua aperta solidarietà a Fidel Castro e di fronte alle sue pressanti richieste di aiuto contro il "pericolo americano", approfittò della situazione e fece costruire delle rampe di missili nucleari a Cuba. I missili di Cuba non alteravano più di tanto l'equilibrio del terrore, le città e gli obiettivi strategici americani erano nel mirino di molte altre basi, come quelli sovietici, ma l'impatto psicologico di rampe tanto vicine era un fatto estremamente negativo che Kennedy non poteva ignorare.

Quando nell'ottobre del 1962 un aereo spia americano le individuò, Kennedy pose il Paese in stato di allarme. Bisognava tuttavia reagire senza correre il rischio di scatenare una guerra nucleare e il presidente decise di scegliere una linea al contempo ferma e morbida, in modo da lasciare la possibilità ai sovietici di cedere senza perdere la faccia. Kennedy ordinò il blocco navale attorno a Cuba, un braccio di ferro che alla fine fece desistere I russi. I mercantili carichi di missili destinati a Cuba non forzarono il blocco e le basi vennero smantellate. Furono questi gli episodi più significativi e cruciali della presidenza Kennedy, interrotta dopo mille giorni dall'attentato di Dallas. Il 22 novembre 1963 il più giovane presidente d'America moriva assassinato dal colpo di fucile sparatogli alla nuca da Lee Oswald.
Due tragedie parallele (stranamente curiose)

A distanza di un secolo il destino di due grandi presidenti americani, Abraham Lincoln e John Kennedy, presenta misteriose e inquietanti analogie.

Entrambi furono nominati alla massima carica dello Stato nell'anno 61 (1861 e 1961).

Le mogli di ambedue perdettero il figlio che aspettavano durante la presidenza del marito. Sia Lincoln che Kennedy nel giorno fatale furono messi in guardia dai rispettivi segretari che fecero l'impossibile nel tentativo di dissuaderli dal recarsi all'appuntamento con la morte.

Il segretario di Lincoln, che si chiamava Kennedy, lo supplicò di non andare al Ford's Theatre.

Il segretario di Kennedy, che si chiamava Lincoln, cercò invano anche lui di dissuadere il presidente dal recarsi a Dallas.

Entrambi i due presidenti furono uccisi con un colpo sparato alle loro spalle mentre erano accanto alle rispettive consorti. L'assassino di Lincoln, John Wilkes Booth, era nato nel 1839; quello di Kennedy, Lee Oswald, era nato nel 1939. Entrambi I sicari, dopo l'assassinio, cercarono rifugio in un deposito. Sia l'uno che l'altro morirono di morte violenta senza essere processati.

Ad ambedue i presidenti ne successe uno di nome Johnson:
dopo Lincoln Andrew Johnson, nato nel 1808;
dopo Kennedy Lyndon Johnson, nato esattamente un secolo dopo, nel 1908.

Tre presidenti in un solo anno
Nell'arco di appena dodici mesi l'America dell'800 ha registrato l'avvicendarsi di ben tre presidenti alla Casa Bianca. L'anno fatidico fu il 1841. Martin Van Buren concluse il suo mandato il 3 marzo. Il suo successore, William Henry Harrison, fu nominato il 4 marzo e morì esattamente un mese dopo, il 4 aprile. Gli successe John Tyler, eletto il 6 aprile.
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17 luglio 1999 - La morte di John-John,
l'ennesima sciagura che ha colpito la "dinastia"
protagonista della storia contemporanea americana.

I KENNEDY
L'ULTIMA SCONFITTA

1963 - 22 Novembre  - Dallas - Un attentato è stato compiuto contro la vita del presidente JOHN KENNEDY mentre a bordo di un automobile attraversava il centro di Dallas. Tre colpi di arma da fuoco sono stati esplosi al suo indirizzo e non si esclude che il presidente, rimasto ferito, sia in condizioni gravissime e forse possa essere deceduto" 
(Com. Ansa 22 novembre, ore 19.42)
 1963 - 22 Novembre - Dallas - Il presidente degli Stati Uniti John Kennedy è morto. (Ib. ore 20.34)
I titoli dei giornali:
John Kennedy è morto. La presidenza passa a Johnson:
La polizia arresta Lee Oswald, di 24 anni. Incriminato per l'omicidio?
Dietro Oswald nessun complotto, afferma il procuratore Wade.
La polizia è sicura della colpevolezza di Oswald.
Il fucile di Oswald è italiano, un Carcano 6,5 ordinato per posta.
Oswald ferito a morte in un posto di polizia.
Oswald muore: il caso definito chiuso.
Johnson ordina un'inchiesta a tutto campo.
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cinque anni dopo....
1968 - 5 Giugno - Los Angeles - ROBERTO KENNEDY è stato ferito da colpi d'arma da fuoco sparati da uno sconosciuto nell'Ambassador Hotel, dove il senatore ha annunciato la sua vittoria alle "primarie" (Com. Ansa, 5 giugno, ore 09.43)

1968 . 6 Giugno - Los Angeles - Il Senatore Robert Kennedy è morto
( Ib. ore 11.01)
Il sospettato di aver sparato è il giovane musulmano giordano Sirhan Bishara di 24 anni. Oggi cadeva il primo anniversario delle ostilità arabo-israeliane del giugno dello scorso anno. E Kennedy nella sua campagna aveva parlato apertamente in favore  dell'integrità dello stato Israeliano ed aveva sollecitato l'invio di armi a Israele
( Ib. ore 23.05)

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"Vincete, vincete sempre". E i "ragazzi"
cercarono di vincere sfidando ogni rischio

di IGOR PRINCIPE
"Vincete, vincete sempre". Era il motto che il vecchio Kennedy aveva inciso nella mente dei suoi numerosi figli e della affollata discendenza. E i "ragazzi" hanno collezionato vittorie e conquiste. Sfidando la sorte, raggiungendo l'orlo del baratro con un piglio da superuomini. Ma pagando il prezzo di devastanti dolori.
"La sola parola che la nostra famiglia conosce è terrific (spaventoso, ndr)".
Questo disse Robert Kennedy ad un giornalista che lo intervistava non molto tempo dopo l'assassinio di suo fratello John, a Dallas. Poche settimane fa, la famiglia più famosa d'America - o, come molti sostengono, la prima e unica "famiglia reale americana" - è tornata a fare i conti con quel cupo destino che non sembra darle requie. 
La sera del 17 luglio, il bimotore turistico Piper Saratoga pilotato da John Kennedy jr. - il figlio del John Kennedy che fu presidente degli Stati Uniti - si è inabissato nelle acque dell'Oceano Atlantico, al largo dell'isola di Martha's Vineyard, portando con sé, oltre al pilota, sua moglie, Caroline Bessette, e la sorella di lei, Lauren. L'accaduto ha suscitato commosse reazioni in tutto il pianeta, e la morte di John jr. (che da bimbo veniva chiamato John-John) è stata da subito accostata a quella di Lady Diana, confermando - involontariamente o meno - la diffusa tendenza a considerare i Kennedy una casata regale e non una famiglia, pur numerosa e influente, tra quelle che popolano la Repubblica federale degli Stati Uniti d'America. 
Tuttavia, non è questa la principale causa dell'emozione che si è creata intorno alla tragedia, quanto il fatto che un'ennesima volta un Kennedy ne è il protagonista. Non appena le agenzie hanno cominciato a battere la notizia del probabile disastro aereo, la memoria è corsa alle immagini dell'auto presidenziale che, alle 12.30 del 22 novembre 1963, procedeva lentamente in corteo lungo le strade di Dallas e che, d'un tratto, accelerava la sua corsa verso l'ospedale della città texana, nel disperato e vano tentativo di salvare la vita del presidente Kennedy, raggiunto da quattro colpi di fucile.
E la memoria è corsa anche alla notte di Los Angeles del 5 giugno 1968, quando, in diretta televisiva, gli Stati Uniti assistono all'assassinio di Robert Kennedy, fratello minore di John, candidato alla presidenza degli States. 
Pure, le tragedie della famiglia non sono solo queste: molti ricordano quella di Michael, figlio di Robert, morto nel 1997 sulle montagne di Aspen in seguito a una caduta dagli sci.
O di suo fratello David, stroncato nell'84 da un'overdose di eroina. Ma l'affascinante e controversa storia dei Kennedy è costellata di drammi, che da sempre, in ossequio a un'inflessibile legge del contrappasso, ne hanno accompagnato la fama e il successo. Le origini dei Kennedy sono umili: il nonno paterno di Joseph - il "patriarca", padre di John, Bob e Ted - è un'emigrante irlandese che per guadagnarsi da vivere fa il barista. Il lavoro gli permette di far studiare suo figlio Patrick, che si costruisce un'esistenza benestante e diventa Senatore del Massachussets. E' da lui che il figlio Joseph, nato nel 1888, eredita la passione per la politica, ma soprattutto per gli affari. 
Dopo una laurea presa controvoglia, "Joe" (come si fa chiamare) si getta a capofitto nel mondo della finanza. Ha un fiuto da segugio di razza, e tratta di tutto: immobili, azioni, trasporti. Quando intuisce che il protezionismo degli anni '20 sta per finire, fa un viaggio a Londra e torna negli States con la rappresentanza della Haig&Haig, della John Dewar & Sons e della Gordon's Dry Gin, cioè di tre tra le più importanti case produttrici di alcolici della Gran Bretagna. Inoltre, comprende con largo anticipo - in seguito allo strepitoso successo del primo film sonoro nella storia, Il cantante di Jazz - quel che sarebbe diventato il business dell'industria cinematografica: comincia quindi a produrre filmetti western di serie B, che pur non rimanendo nella storia del cinema gli fruttano utili colossali. Nel 1929, quando tutta l'America piange le lacrime amare del crack di Wall Street, Joe Kennedy mette da parte circa nove miliardi di dollari e diviene uno dei venti cittadini americani più ricchi.
La politica va di pari passo con gli affari: il presidente Roosevelt, per premiarlo dell'appoggio - soprattutto economico - alla sua campagna presidenziale, nel 1937 lo nomina ambasciatore a Londra (i maligni dicono per sbarazzarsene - era ingombrante e non con le sue idee).
Va così vivere a Londra, ma alla corte di San Giacomo, però, Joe Kennedy viene ricordato innanzitutto per la sua prestanza fisica, per il suo stile e per la tribù di nove figli che si è portato appresso. Non passa alla storia, invece, il suo modo di far politica: basti dire che considerava possibile la coesistenza tra la Germania di Hitler e le altre democrazie europee. 
Inoltre, era fortemente contrario ad un intervento degli Stati Uniti in un eventuale conflitto contro gli stati nazifascisti: "Non voglio - afferma - che i miei figli muoiano in una guerra che non riguarda l'America".
Probabilmente, era uno dei pochi che non riuscisse a comprendere la dimensione planetaria delle conseguenze che la possibile espansione del Terzo Reich avrebbe provocato. Ma le cose vanno diversamente, e la guerra gli porta via il primogenito, Joseph jr. E così, la tribù di nove figli - nati dal matrimonio con Rose Fitzgerald, figlia del sindaco di Boston John F. Fitzgerald - comincia il lento e inesorabile assottigliamento.
 
Joseph jr, era nato nel 1915, valido e coraggioso pilota di aerei da bombardamento, i B-52, durante la guerra, compie numerose missioni sull'Atlantico, alla ricerca di quei sommergibili tedeschi che insidiano i rifornimenti tra Stati Uniti e Inghilterra.
Terminato il periodo obbligatorio di volo, ha la possibilità di continuare la vita militare facendo l'istruttore o sbrigando pratiche d'ufficio. Ma il suo temperamento tipicamente kennediano, tutto votato all'azione e all'espressione del massimo coraggio in ogni situazione, gli impedisce di fermarsi e non appena viene a sapere che l'aviazione degli Stati Uniti sta approntando l'"Operazione Incudine", il cui obiettivo è smantellare le basi tedesche delle V-2, è tra i primi a offrirsi volontario: un coraggio che gli costerà la vita. La prima missione ha inizio nel 1944 e Joseph vi prende parte: il suo aereo, però, non ritorna alla base.
In guerra rischia la vita anche il secondo dei figli di Joe e Rose Kennedy, John Fitzgerald. Partito volontario, John viene nominato ufficiale di marina e si imbarca a bordo di una piccola unità che naviga nelle acque del Pacifico e che, nel '43, viene colpita da un siluro lanciato da un sommergibile giapponese. Il giovane John, ferito alla schiena, riesce comunque a nuotare per tre miglia traendo in salvo un suo compagno: una dimostrazione di coraggio che gli vale una medaglia al valore e che, dopo la morte del fratello Joseph, convince definitivamente il padre Joe a riporre in lui tutte le speranze di successo politico e personale che aveva posto nello sfortunato primogenito. 
John non lo deluderà: la sua carriera politica è veloce e brillante, e a soli 46 anni viene eletto senatore per il Partito democratico. Ma prima di dedicarci a John, non possiamo dimenticare altri due drammi che sconvolgono l'apparente felicità del clan kennediano. Il primo è quello di Rosemary, terza figlia e prima tra le femmine. Una malattia cerebrale la distingue da tutti i fratelli, con i quali il rapporto è problematico. Educati alla competizione a tutti i costi, i fratelli fanno a gara per primeggiare e Rosemary, oggettivamene limitata, ne subisce le conseguenze.
Il padre, tuttavia, quasi rifiutandosi di credere che un Kennedy potesse avere delle possibilità in meno della normalità delle persone, la costringe a prendere parte ai giochi di gruppo, dai quali la figlia preferirebbe invece tenersi lontana. Intanto, le sue condizioni si aggravano, e nel 1941, a 22 anni, subisce un'operazione al cervello che la costringe ad un internamento lungo 54 anni in un istituto per malati mentali, dal quale uscirà nel 1995. 
La vicenda di Rosemary è sempre stata vista come un macchia, qualcosa di cui vergognarsi e da nascondere; lo stesso John Fitzgerald, durante la campagna elettorale che lo porterà alla Casa Bianca, dichiarerà che la sorella Rosemary, sempre assente nelle foto ufficiali di famiglia, è insegnante in un istituto privato. Solo in seguito, quando da presidente dovrà chiedere uno stanziamento di fondi a favore delle cliniche per ritardati mentali, John dirà la verità sul conto di sua sorella. 
La seconda tragedia riguarda un altra sorella, Kathleen, quarta figlia. Sempre nel 1944, sposa il nobile inglese William Cavendish di Hartington. Quattro mesi dopo, rimane vedova, e quattro anni dopo, nel 1948, muore in Francia, a causa di un incidente aereo.
Ma torniamo a John: dopo la guerra, l'occupazione principale dei Kennedy diventa la politica, e le speranze di tutto il clan si concentrano su di lui. Non è nostra intenzione condurre un'analisi di natura politica sull'operato di John, che necessiterebbe di un articolo a parte; tuttavia, non possiamo non considerare che John Kennedy è il presidente che più è rimasto nel cuore degli americani.
Egli è passato alla storia grazie alla politica della "nuova frontiera", che ha regalato al mondo intero la speranza di creare un futuro migliore all'insegna di una pace definitiva che governasse il pianeta dopo gli orrori della seconda guerra mondiale. Se da un lato - grazie ai ripetuti incontri con l'allora segretario del PCUS Nikita Kruscev, con il quale ha avviato quel processo di disarmo nucleare in seguito continuato da Reagan e Gorbaciov - il presidente Kennedy ha dato prova di voler far di tutto per raggiungere l'impegnativo risultato, dall'altro va detto che proprio durante i suoi anni alla Casa Bianca il mondo ha vissuto l'incubo di una Terza Guerra Mondiale giocata a colpi di testate nucleari con l'Unione Sovietica. In più, è proprio lui che decide di intensificare l'intervento militare americano in Vietnam. Contraddizioni così vistose non sono presenti solo in ambito politico, bensì anche in quello più personale. John Kennedy e sua moglie - Jacqueline Bouvier, sposata nel 1953 - sono, agli occhi dell'opinione pubblica mondiale, un modello da invidiare: belli, famosi e potenti.
L'immagine ufficiale che di loro si conserva è quella di una coppia felice, spesse volte ritratta alle prese con la vivacità dei due figlioletti, Caroline e John jr., che rallegrano le loro giornate particolarmente intense. Ma l'apparenza cela molte cose. A dispetto di tutte quelle fotografie che vedono John e Jackie insieme con i figli sulla spiaggia di Hyannis Port (residenza ufficiale della famiglia), in quegli abiti informali e quei teneri atteggiamenti che hanno fatto storia anche sotto il profilo del costume, è risaputo che il presidente Kennedy non lesinava scappatelle con altre donne. Voci maligne, ma mai smentite, hanno parlato di migliaia di rapporti extraconiugali di John durante i tre anni alla Casa Bianca, tra i quali quello famoso e controverso con Marylin Monroe. 
Una condizione che Jackie tollera con estrema fatica e che la spinge a chiedere un divorzio che mai arriverà: non appena all'interno della famiglia si sparge la voce delle intenzione di lei, il patriarca Joe si precipita a tacitare la nuora infelice con un milione di dollari in cambio della salvezza di un'unione che, se distrutta, avrebbe lacerato l'immagine pubblica di John e della famiglia, precludendo la strada del successo politico anche ai suoi fratelli, Robert e Ted.
Jackie è costretta ad accettare, continuando una vita coniugale - ulteriormente rattristata dalla perdita di altri due figli, morti al momento della nascita - che si interrompe bruscamente il 22 novembre 1963, nel "mezzogiorno di fuoco" di Dallas.
Chi invece vive un matrimonio all'insegna di una palese felicità è Robert Francis Kennedy. Sposato con Ethel Shakel, la coppia darà alla luce ben undici figli, contribuendo in maniera decisiva alla sopravvivenza di un famiglia in cui le morti premature sono quasi un'abitudine.
Anche su Robert gravano sospetti di infedeltà per una presunta relazione con la stessa Marylin; ma il sospetto è debole, e le numerose foto ufficiali della sua tribù di pargoli - sempre ritratti in atteggiamenti felici e spensierati - fa pensare ad un'armonia familiare molto più evidente rispetto a quella del fratello maggiore, che malgrado tutto rimane per Bob il punto di riferimento principale.

Dopo la tragedia di Dallas, questi si impegna fino in fondo per continuare il programma politico del fratello, con un particolare impegno nella questione dei diritti civili delle minoranze di colore americane, spesse volte discriminate.
Robert Kennedy diventa così l'uomo nuovo della sinistra democratica americana; è l'idolo dei giovani impegnati nella contestazione, e dei neri, che in lui vedono un bianco di cui potersi fidare, considerata anche la profonda amicizia che lo lega al leader di colore Martin Luther King. Ma quando la Casa Bianca è a un passo da un altro Kennedy, il sogno si spezza: il 5 giugno '68, al termine di un comizio di ringraziamento per la vittoria alle elezioni primarie dei Democratici in California, un arabo di nome Sirhan Bishara Sirhan gli esplode contro tre colpi di rivoltella e lo uccide. L'evento è trasmesso in diretta in tutti gli Stati Uniti, ma essendo notte inoltrata non sono molte le persone davanti al televisore. Tra i telespettatori, però, c'è uno dei suoi figli, David, che subisce un choc profondo e irreversibile che lo porterà alla tossicodipendenza e alla morte, avvenuta nel 1984.
 Al momento dell'accaduto, la moglie Ethel è in attesa dell'undicesimo figlio, la piccola Rory, che non conoscerà mai suo padre. Con la morte di John e Bob, il timone della famiglia passa a Edward, il fratellino. John ha di lui un'alta opinione, e lo considera il miglior politico della famiglia. Tuttavia, Ted (il suo diminutivo) non potrà mai dimostrare le sue capacità, e dovrà limitarsi ad un ruolo quasi vitalizio di senatore dello stato del Massachussets.
Di temperamento focoso e irrimediabilmente votato all'infedeltà, Ted si sposa con la bellissima Joan Bennet, che gli regala tre figli. La loro unione, però, è burrascosa: il marito, aiutato da una oggettiva bellezza fisica, non si lascia scappare un'occasione e ripetutamente si "intrattiene" con altre donne.
Tra queste c'è anche la sua segretaria, Mary Jo Kopechne. La notte del 19 luglio del 1969, due giorni prima dell'allunaggio dell'Apollo 11, l'auto del senatore Kennedy finisce in uno stagno a Chappaquiddick, e Mary Jo perde la vita. Le circostanze dell'incidente non sono state mai del tutto chiarite: Ted sostiene di aver tentato di tutto per soccorrere la ragazza, ma si scopre che egli ha denunciato l'incidente solo molte ore dopo l'accaduto, sperando di crearsi un alibi. Una frettolosa inchiesta ha posto fine alla vicenda, e Ted è stato condannato a due mesi di reclusione per omissione di soccorso. 
Ma altre conseguenze, ben più gravi, si sono ripercosse sulla vita del senatore: lo scandalo che segue alla vicenda gli chiude definitivamente le porte della Casa Bianca; sua moglie Joan, esasperata, cerca conforto nell'alcool, dal quale si libererà al termine di una lunga cura disintossicante, al termine della quale riuscirà a liberarsi anche dal marito, dal quale divorzia nel 1981.
Ted Kennedy è, tra tutti, quello particolarmente colpito dalla malasorte. Già nel 1964, il suo aereo - per colmo di fatalità, un altro bimotore a elica - precipita durante una manovra di atterraggio.

Muoiono il pilota e il segretario personale del senatore, che invece riesce a cavarsela grazie a una costituzione fisica più che robusta. Anni dopo, invece, la sfortuna si abbatte sui suoi figli. Il suo primogenito, Patrick, entra nella spirale della tossicodipendenza, dalla quale uscirà per mezzo di una cura disintossicante.
Il secondo, Ted jr., viene invece colpito da un cancro alle ossa che costringe i medici ad amputargli la gamba destra: malgrado ciò, il giovane sfodera un'intensa forza d'animo, e si dedica a ogni tipo di sport, in particolare allo sci, nel quale eccelle sino ad entrare nella squadra nazionale americana e a gareggiare alle Olimpiadi invernali per portatori di Handicap. 

La vita della famiglia Kennedy non è segnata da altre sventure, prima di quella appena accaduta e che ha colpito il suo rappresentante più in vista di questi ultimi anni. John jr. - o John John, come tutti lo chiamavano - per molti aspetti faceva rivivere l'antico fascino del clan, soprattutto sotto il profilo più mondano.
Sposato con una donna dal portamento elegante, Caroline Bessette, egli ha spesse volte confermato l'indole trasgressiva, in fatto di costumi familiari, che aveva contraddistinto la vita del padre e dello zio Ted. Ma gli scandali che ne seguono hanno portata decisamente minore, John jr. non essendo impegnato in politica. Infatti, sotto questo profilo, il giovane Kennedy va decisamente controcorrente, e abbandona la carriera da avvocato - che sarebbe sfociata in un ruolo politico - per cimentarsi nel mondo del giornalismo.

Dirige una rivista di politica e attualità, George, ma le difficoltà finanziarie non mancano e la stampa non perde occasione per focalizzare più la sua vita mondana che il suo impegno da giornalista. E la sua tragica scomparsa altro non fa se non riconcentrare l'attenzione dei media su una famiglia storica non tanto per meriti politici - comunque ascrivibili ai soli John e Bob - quanto per una vita vissuta all'insegna del potere e del tradimento, come nella migliore tradizione delle saghe letterarie. 
Una famiglia i cui fondatori, Joe e Rose, hanno dovuto assistere sino all'ultimo allo spettacolo della gloria e della tragedia dei propri figli e nipoti; a matrimoni falliti (tra i quali anche quello della figlia Patricia con l'attore Peter Lawford) e riusciti (quello tra Maria Shriver - figlia di Eunice Kennedy, una delle sorelle del presidente - con Arnold Shwarzenegger) con personaggi del mondo dello spettacolo; all'unione, considerata tradimento, di Jacqueline, madre di John John, con Aristotele Onassis, l'uomo più ricco del mondo. Sino all'ultimo, abbiamo detto, perché Joe è morto ultraottantenne, e sua moglie Rose soltanto pochi anni fa, nel 1995, a 104 anni.

E' stato scritto: "Se gli americani avessero Shakespeare, scriverebbe la storia dei Kennedy".
E' una sacrosanta verità.
di IGOR PRINCIPE 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
I Kennedy, gloria e tragedia di una grande famiglia
, di AA.VV. - Rizzoli ed.
Il presidente, di Gianni Bisiach -
Tascabili economici Newton 
Cinquant'anni di storia mondiale
, di Sergio Romano - Edizioni Tea
Questa pagina (per Storiologia)
è stata offerta da Franco Gianola
direttore di http://www.storiain.net

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