STATI UNITI

LO SCANDALO
WATERGATE

NIXON

di GIAN PIERO PIAZZA

Nella storia dei 41 presidenti americani che si sono succeduti alla Casa Bianca Richard Nixon è stato l'unico a fregiarsi di un primato negativo rimasto finora imbattuto. Costretto a dimettersi per evitare di essere dichiarato "decaduto" dai membri della Camera dei Rappresentanti che lo avevano messo in stato d'accusa, Nixon usciva di scena il 9 agosto 1974 con un drammatico discorso di commiato trasmesso dalle principali reti televisive del Paese.

Ritenuto politicamente sepolto dalla stragrande maggioranza dei suoi connazionali, l'ex presidente lasciava il trono e le chiavi del potere a 61 anni in condizioni di salute considerate gravi per la perniciosa forma di flebite che lo tormentava, con una situazione patrimoniale a dir poco rovinosa, mezzo milione di dollari di debito, e un alone d'infamia che nulla sembrava poter offuscare.

Eppure quel piccolo avvocato californiano che aveva saputo con una tenacia titanica scalare fino in cima il vertice più alto della carriera politica per poi precipitare nell'abisso senza fondo del "caso Watergate" è riuscito a ripercorrere la lunga via della riabilitazione ricomparendo in sordina dietro le quinte della Casa Bianca nel ruolo di apprezzato consigliere politico per altri 15 anni.

Esausto, malato, la diagnosi ingrata della sua flebite degenerativa prevedeva addirittura l'evenienza di una fine prematura, ma caparbio e con una forza d'animo di cui lui stesso stentava a capacitarsi, lo sconfitto si ritirò nella casa californiana di San Clemente, circondato e sostenuto dall'affetto della moglie Pat e dall'incondizionata devozione delle figlie Patricia e Julie, che preferirono mettere a repentaglio le loro altolocate relazioni sociali pur di non far mancare mai al padre l'aiuto morale di cui aveva bisogno.

E l'uomo finito, accusato formalmente di avere impedito, ostruito, ostacolato l'amministrazione della giustizia nel tentativo di insabbiamento e copertura dello scandalo Watergate che aveva decretato la sua ingloriosa "fuga", ritrovò il vigore per costruire con una cura e una capacità eccezionali la sua rinascita politica, risorgendo dalle ceneri del "pasticciaccio" che lo aveva sepolto e relegato al ruolo di simbolo della disonestà e della corruzione, oggetto di pubblico ludibrio e di feroci caricature, come l'impietoso personaggio di un fumetto battezzato Trickie Dickie ( Riccarduccio l'Imbroglione), con gli inconfondibili tratti del suo volto.

Nixon, ormai in esilio e lontano dalla vita pubblica, sembrava destinato a scivolare inesorabilmente nell'inevitabile e triste china dell'oblio, impegnato tutt'al più a redigere le sue memorie, ma nessuno fra i suoi detrattori e la larga fetta dell'opinione pubblica che si era eretta a spietato giudice avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe politicamente risorto. In silenzio, con un oscuro lavoro che solo un uomo politico di primordine era in grado di fare, il tanto vituperato "Riccarduccio" tesseva le trame della sua rinascita e, dieci anni dopo, ricompariva sulla scena impersonando un ruolo preminente sul piano della politica interna e internazionale.

L'unico presidente esautorato della storia americana tornava a farsi vedere in pubblico, conteso come una star di Hollywood ai ricevimenti dei più importanti uomini d'affari del Paese, corteggiato dai politici di razza e perfino dal presidente Ronald Reagan che gli chiedevano consigli e suggerimenti. Anche la stampa tornò a occuparsi di lui e nella primavera del 1986 il volto di Nixon campeggiava trionfante sulla copertina del prestigioso settimanale "Newsweek". Insomma, il presidente deposto ce l'aveva fatta a risalire la corrente dell'impopolarità e a imporsi nuovamente nell'ambito ristretto degli uomini di primo piano.

Ripercorriamola, questa lunga, intricata e forse unica carriera politica di colui che ha lasciato un'impronta indelebile in oltre trent'anni di storia americana.

Richard Milhous Nixon è nato il 9 gennaio 1913 in un paesino sperduto della California, Yorba Linda, da una famiglia tutt'altro che agiata. Quando era ancora in tenerissima età i suoi si trasferirono a Whittier, un piccolo centro agricolo a una ventina di chilometri da Los Angeles, dove suo padre le tentò tutte pur di riuscire a sbarcare il lunario, facendo i più disparati mestieri, perfino il piantatore di limoni, sempre con scarso successo. Alla fine aprì un negozio con annessa stazione di servizio in cui vendeva un po' di tutto, compresa la verdura, e potè garantire un minimo di tranquillità alla famiglia e al piccolo Richard, destinato nei sogni paterni a riscattare con una laurea e un brillante futuro la vita piatta e grigia che i Nixon vivevano.

A Whittier il futuro presidente compie la sua formazione senza rivelare quelle particolari attitudini che lasciano intravedere una luminosa carriera politica. E' un giovane americano come tanti, che frequenta con accettabile profitto il liceo Fullerton dilettandosi a strimpellare il violino nell'orchestra scolastica e dedicando il suo tempo libero al negozio di papà. Il giovane decide di proseguire gli studi e si iscrive al Whittier College dove frequenta la facoltà di legge. Grazie a una borsa di studio si trasferisce nella Carolina del Sud dove completa i suoi corsi alla Duke Law University. Ma anche dopo la laurea conseguita nel 1937 Nixon continua a studiare e si specializza in diritto costituzionale e scienze politiche. Piano piano comincia a delinearsi quel destino che condurrà il giovane e promettente avvocato fino alla Casa Bianca.

Il 1940 è l'anno dei suoi primi grandi passi. Nixon guarda già lontano e ha le idee ben chiare sul futuro che intende costruirsi. Apre uno studio legale a Whittier e si forma una famiglia sposando un'insegnante di umili origini come le sue, Patricia Ryan, il cui vero nome, mai usato, è in realtà Thelma.
Ma gli orizzonti della sua attività nel paesino defilato dai grandi centri del potere politico ed economico americano gli appaiono subito stretti e due anni dopo, quando l'America è già entrata in guerra, si trasferisce a Washington dove lavora presso un ufficio governativo. E' nella capitale che Nixon comincia a toccare con mano quello che era soltanto un sogno dai contorni ancora sfumati. La rete di conoscenze e frequentazioni che intreccia grazie al suo lavoro gli aprono gli occhi sulla reale possibilità di intraprendere con buone prospettive una carriera nell'ambito della politica da cui si sente sempre più contagiato. Ma il secondo conflitto mondiale imperversa in Europa e in Estremo Oriente e Nixon capisce che il servizio militare costituisce l'indispensabile passaporto per aprirgli più agevolmente le porte del Congresso. E decide di arruolarsi in Marina dove s'imbarca per il Pacifico partecipando a numerose incursioni contro la flotta giapponese.

Quando nel 1946 viene congedato con il grado di capitano di corvetta si getta anima e corpo nella politica e nello stesso anno ottiene l'elezione alla Camera dei Rappresentanti grazie all'appoggio di un gruppo di uomini d'affari della California del Sud. Rieletto dopo due anni, nel 1950 approda al Senato ed è già considerato uno dei più promettenti giovani politici del Partito Repubblicano. La sua rapida crescita è avvenuta tuttavia in un momento particolare e forse irripetibile della storia americana. A pochi mesi dalla fine della seconda guerra mondiale si affaccia un periodo di altissima tensione fra gli ex alleati che erano riusciti a liberare l'Europa dal giogo nazista. L'Unione Sovietica si è trincerata dietro un'impenetrabile "cortina di ferro" e dimostra di possedere una forza e una volontà di espandersi che destano serie preoccupazioni al grande Paese che si è assunto il ruolo di vedetta e garante del rispetto delle libertà nel mondo occidentale sotto il vessillo a stelle e strisce.

Sono gli anni della guerra fredda fra le due superpotenze e l'America perbenista e puritana è scossa dalla feroce e impetuosa ondata introdotta dalla campagna anticomunista di McCarthy.
( vedi "Maccartismo" )

Prende il via una tremenda caccia alle streghe in tutti settori della vita nazionale dove si presume annidi il sospetto della presenza di gruppi "eversivi". L'America viene setacciata dai "Comitati per le attività antiamericane" che diffondono il panico tra la popolazione. Per paura di perdere il lavoro molti non esitano a denunciare parenti e amici pur di evitare di essere accusati a loro volta di appartenere a qualche movimento vicino al comunismo. Il maccartismo miete vittime spesso innocenti sulla base di una rete di delatori quasi mai attendibili anche se a volte colpisce nel segno.

Nixon intravede subito l'occasione di mettersi in luce e si schiera con gli epuratori partecipando a parecchie cause contro persone ritenute sospette. Il suo campo d'azione si focalizza soprattutto nell'ambiente del cinema, considerato particolarmente ricettivo alla propagazione dell'ideologia comunista. Ma la grande opportunità arriva con la causa contro un importante funzionario del Dipartimento di Stato, di nome Hiss, sospettato di avere connivenze con lo spionaggio sovietico. Hiss in un primo tempo riesce a evitare l'incriminazione, ma l'abilissimo avvocato californiano lo inchioda alle sue responsabilità con una serie di prove inconfutabili e lo fa rinchiudere in carcere.

Nixon guadagna consensi anche con l'immagine che si crea attraverso le campagne contro gli abusi e la corruzione, diventando agli occhi della gente comune un paladino della giustizia sociale e della libertà. Il giovane uomo politico impersona l'efficienza, la fiducia e la fermezza con cui l'America, guardiana di un'Europa piegata dalle devastazioni della guerra, affronta il suo ruolo e le incombenze di superpotenza mondiale.

A differenza di molti esponenti del Partito repubblicano tra le cui file egli milita, Nixon tuttavia dimostra di avere una visione più ampia sui problemi legati alla politica internazionale. La sua lungimiranza va oltre lo spirito isolazionista degli arroganti conservatori che vorrebbero un impegno limitato dell'America sul piano militare ed economico verso il Vecchio Continente. Lui al contrario è favorevole al Piano Marshall che prevede prestiti per la ricostruzione e soprattutto alla creazione della Nato, un apparato militare fra gli alleati europei dell'America sostenuto dalle forze armate statunitensi. Le sue posizioni sono molto vicine a quelle del generale Eisenhower che, forte del prestigio acquisito sul fronte europeo a capo delle forze alleate, nel 1952 si candida alla casa Bianca.

L'America ha bisogno di Eisenhower recita lo slogan del manifesto elettorale su cui campeggia il volto rassicurante del generale che decide di avere al fianco Richard Nixon come candidato alla vicepresidenza. La competizione elettorale appare subito irta di difficoltà, specialmente per Nixon. Il trentanovenne senatore sperimenta sulla propria pelle per la prima volta il potere dell'azione denigratoria della stampa. Nella fase più rovente della campagna elettorale un giornale probabilmente sobillato dagli avversari politici insinua il dubbio di un finanziamento sospetto. Effettivamente c'era stato un forte appoggio economico da parte di un gruppo di industriali della Florida a favore di Nixon, una pratica usuale ammessa dal sistema americano che contempla tuttavia finanziamenti ai partiti e ai candidati purchè avvengano alla luce del sole, al fine di evitare da parte dei finanziatori qualunque forma di ricatto a elezione avvenuta.

L'accusa contro Nixon montata dalla stampa è proprio questa: il candidato alla vicepresidenza avrebbe intascato un fiume di dollari in cambio di illeciti favori da devolvere sottobanco ai suoi sostenitori in caso di vittoria elettorale. La gatta da pelare è di quelle da togliere il sonno, ma Nixon non si lascia intimorire e decide di giocare la carta della trasparenza. Davanti a milioni di elettori espone il suo conto in banca, la lista delle spese inerenti al bilancio familiare.

Ne esce il ritratto confortante e immacolato dell'americano medio, che riesce a fatica a raggranellare qualche risparmio per garantire un tenore di vita decoroso alla famiglia, con le rate del mutuo della casa da pagare, la pelliccia della moglie acquistata a credito, l'automobile di vecchio modello. Un esercito di cittadini s'identifica in lui, Nixon diventa il "prototipo" degli abitanti del Pianeta America, il Paese più ricco del mondo che non esime i suoi figli dai piccoli problemi di tutti i giorni, pur promettendo prospettive per un futuro di crescente benessere.
La tattica si dimostra vincente, i detrattori accusano il colpo mentre migliaia di telegrammi di plauso e di sostegno piovono sul capo del candidato che ottiene a furor di popolo l'incarico di vicepresidente e matura la convinzione quanto mai errata di poter abilmente controbattere qualsiasi campagna di stampa architettata contro di lui.

Seguono per Nixon otto anni di tirocinio con una fitta serie di visite nei Paesi più lontani del mondo. I suoi interessi rientrano principalmente nella sfera della politica estera e nell'arco dei due mandati presidenziali di Eisenhower egli ha l'opportunità di farsi un bagaglio di preziose esperienze. Il panorama mondiale di quegli anni è scosso da tensioni che gravano sulla serenità dell'intero pianeta. In Medio Oriente soffiano venti di guerra, i rapporti fra le due superpotenze registrano alti e bassi che sfociano quasi nella minaccia di uno scontro diretto, scoppia il conflitto in Corea e l'America Latina è sferzata da inquietanti ondate di instabilità politica.

Nixon su incarico del presidente diventa il commesso viaggiatore della distensione mondiale e viaggia da un continente all'altro, dall'Asia all'Europa, dall'Africa all'Unione Sovietica. La sua missione più importante è quella di preparare in Russia gli incontri di Camp David fra Eisenhower e Kruscev e a Mosca diventa il protagonista di un clamoroso battibecco con il Premier sovietico che mette in dubbio le sue capacità di mediazione. Il sodalizio con Eisenhower supera di gran lunga le prerogative imposte dal protocollo. Di solito il ruolo del vicepresidente contempla incarichi diplomatici di pura rappresentanza e non prevede impegni di rilievo o responsabilità ad alto livello, ma già allo scadere del primo mandato le condizioni di salute del presidente diventano a tal punto malferme che egli stesso decide di concedere al suo vice poteri e funzioni che garantiscano la continuità della sua linea politica in caso di impedimenti dovuti a malattia.

Nixon si rivela all'altezza della situazione e svolge un ruolo che nessun vicepresidente ha mai avuto prima di allora mitigando via via le intemperanze del suo focoso carattere con l'esperienza di fine diplomatico che ha acquisito. All'approssimarsi della scadenza del suo secondo mandato Eisenhower fa leva sul Partito Repubblicano affinchè appoggi la candidatura presidenziale di Nixon, con cui ha intrecciato profondi legami. Le loro due famiglie si avvicineranno ulteriormente quando la figlia secondogenita di Nixon, Julie, nata nel 1948, sposerà Dwight David, il nipote di Eisenhower.
Il candidato repubblicano non ha praticamente rivali all'interno del partito e si circonda di uno staff prestigioso per affrontare la campagna elettorale. Ma all'orizzonte spunta l'antagonista democratico John Fitzgerald Kennedy con un programma politico che conquista milioni di giovani. Kennedy imposta il suo consenso sul dialogo e la comprensione fra le etnie multirazziali e una maggiore attenzione ai problemi interni del Paese inaugurando un nuovo modo di fare politica basato su rapporti più umani tra potere e cittadinanza e seppure con l'esile scarto di centomila voti batte il rivale.

Per Nixon la sconfitta si traduce in un ripiegamento strategico in California. Lo sconfitto si ritira con la moglie nei sobborghi di Los Angeles fermamente deciso a suo dire a rinunciare per sempre alla politica. Apre uno studio legale e si preoccupa soltanto di accumulare quattrini tentando tuttavia nel 1962 la scalata alla poltrona di governatore dello Stato, ma viene battuto dal candidato democratico Brown. Nixon manifesta ancora una volta la sua irrevocabile decisione di ritirarsi a vita privata, ma in cuor suo sa di non essere sincero neppure con se stesso. La politica ce l'ha nel sangue, per lui non esisterà mai un mestiere più gratificante e il sogno di poter approdare un giorno alla Casa Bianca continua ad assillarlo.

Benchè non indifferente ai problemi interni del Paese, Nixon concepisce la politica americana con una visione "imperialista" del suo grande Paese e la sua attenzione sarà sempre rivolta principalmente ai rapporti internazionali fra gli States e il resto del mondo. Negli anni successivi, dal 1963 al 1968, Nixon si reca in visita privata in diversi Paesi tra cui la Romania e l'Unione Sovietica, ma a Mosca viene quasi snobbato dai massimi esponenti del potere e s'incontra con personaggi di secondordine pur essendo considerato un rappresentante di primo piano della politica americana in virtù dei suoi trascorsi in Russia. Quei viaggi spesso estenuanti e inconcludenti si rivelano però preziosi per la sua immagine e nel 1968 Nixon tenta nuovamente la carta dell'elezione presidenziale. Affiancato da Spiro Agnew come candidato alla vicepresidenza stavolta finalmente la spunta sul rivale democratico Humphrey e viene eletto seppure con uno strettissimo margine di consensi.

Nixon s'insedia alla Casa Bianca con un programma rassicurante impostato sulla concordia interna e su una politica internazionale di distensione, ma si trova a dover affrontare una situazione su cui grava lo spauracchio di una crisi economica mondiale con gravi ripercussioni anche sul mercato americano. Come se non bastasse, il neo presidente ha ereditato dai suoi predecessori Kennedy e Johnson la grossa grana della guerra in Vietnam nel periodo in cui l'opinione pubblica americana si divide in due fronti e scoppia la contestazione pacifista della gioventù studentesca e delle minoranze di colore, decimate dall'intervento armato USA in quella terra lontana del Sud Est asiatico.

Il presidente si adopera per ridurre l'impegno americano e favorisce la creazione di contingenti sudvietnamiti destinati a sostituire gradualmente le forze statunitensi, ma la situazione gli sfugge di mano e quando finalmente le ostilità cesseranno con la caduta di Saigon Nixon non sarà più presidente.
La carta per la sua rielezione Nixon la gioca ancora una volta sul piano della politica estera con una missione diplomatica degna di un grande stratega e che avrà positive ripercussioni negli anni a venire, la ripresa dei rapporti economici e politici con la Repubblica Popolare Cinese.

La mossa viene studiata in ogni dettaglio e preparata con estrema cura dal segretario di Stato Henry Kissinger ed è preceduta da segrete trattative preliminari in Pakistan e Romania e da un distensivo torneo di ping pong disputato in Cina contro i campioni locali da una squadra americana. E il 17 febbraio 1972 ha inizio la storica settimana che conduce Nixon a Pechino per cambiare il mondo. La missione si rivela un successo. Nei suoi colloqui con Mao Tse tung e il primo ministro Ciu En lai (nella foto sotto) il presidente getta le basi per una collaborazione pacifica e una larga intesa sulle reciproche mire di egemonia nel Sud Est asiatico in cui non sarà tollerata l'ingerenza di altri Paesi.


E' un monito all'Unione Sovietica che consente a Nixon di strappare a Mosca il primo accordo di limitazione degli armamenti nucleari. Il presidente d'altra parte aveva già stupito il mondo il giorno di Ferragosto del 1971 decretando la svalutazione del dollaro con la sospensione della convertibilità della moneta USA in oro e una tassa del 10 per cento su tutte le merci importate per risanare la bilancia dei pagamenti. Ma nonostante la crisi monetaria il consenso popolare è ancora alto e Nixon affronta con successo la seconda tornata elettorale che lo riconferma alla casa Bianca nel novembre 1972.

Ma il destino di Nixon è quello di passare alla storia non per le affermazioni politiche in ambito internazionale nè per le sue disavventure interne, ma per lo scandalo del Watergate, un edificio di Washington in cui aveva sede il Comitato Nazionale del Partito Democratico.
Sei mesi prima della sua rielezione, il 18 giugno 1972, i giornali pubblicano la notizia marginale di un'incursione di cinque ignoti negli uffici del suddetto Comitato sorpresi dalle guardie notturne a sistemare microfoni spia sotto le scrivanie. In un primo momento la cosa sembra non avere seguito, ma salta fuori che uno dei cinque è un certo James McCord, un ex funzionario della CIA preposto alla sicurezza nel comitato per la rielezione di Nixon e legato al Comitato Nazionale del Partito Repubblicano.

Ma c'è dell'altro: sul taccuino di alcuni degli arrestati viene trovato il nome di un certo Howard Hunt, altro ex agente della CIA molto vicino a Nixon. La faccenda si gonfia quando viene presa in mano da Bob Woodward e Carl Bernstein, due cronisti del "Washington Post" che si buttano come mastini sulla ghiotta preda riuscendo a dimostrare i legami fra Nixon e il "commando" dei cinque che avevano sistemato le "cimici". Invano il presidente cerca di far passare la cosa come un complotto di estremisti di destra contrari alla politica del Partito Democratico.

Gli eventi precipitano e per il presidente comincia una campagna denigratoria che lo condurrà diritto sulla strada delle forzate dimissioni. Probabilmente lo scandalo non avrebbe avuto le dimensioni catastrofiche che ebbe se Nixon non avesse dovuto pagare lo scotto di un malcontento generale provocato dalle ripercussioni della crisi in Medio Oriente sull'economia americana e dai troppi tentativi del Partito Repubblicano di insabbiare il caso. Ci mancò poco addirittura che si spalancassero per il grande accusato le porte del carcere, evitate in extremis dal perdono del suo successore, Gerald Ford, che fece ricorso a una prerogativa presidenziale per chiudere definitivamente il caso Watergate.

E Richard Nixon, degradato al rango di privato cittadino? Additato come l'uomo più corrotto d'America, sembrava destinato a scomparire per sempre dalla scena politica. Ma dall'esilio californiano di San Clemente l'ex presidente ha saputo architettare la sua riabilitazione per manovrare dietro le quinte le leve del potere e diventare il grande "saggio" della politica americana firmando i successi più significativi dell'era reaganiana.

di GIAN PIERO PIAZZA

Questa pagina (per Storiologia)
è stata offerta da Franco Gianola
direttore di http://www.storiain.net

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