IL FASCISMO E L'ISLAM


IL LIBRO DEL MESE: Mussolini paladino dei Musulmani?
Un recente saggio ricostruisce luci e ombre dell'ambigua vocazione filoaraba del dittatore


di ALESSANDRO FRIGERIO



In oro massiccio, finemente cesellata dagli abili artigiani berberi, la spada dell'Islam puntava dritta al cielo. Sotto, un Mussolini un po' appesantito nel fisico, ma rinvigorito nello spirito dalla recente conquista dell'Impero, la sguainava con soddisfazione, al culmine di una cerimonia sfarzosa e coreograficamente perfetta.

Era il 20 marzo 1937, e nell'oasi di Bugàra, appena fuori Tripoli, si consumava l'atto finale del corteggiamento del fascismo nei confronti degli Arabi e dell'Islam. La spada, consegnata da Iusuf Kerbisc, capo di un contingente berbero utilizzato dagli italiani fin dal tempo della Grande Guerra contro i "ribelli", era il simbolo attraverso il quale una parte del mondo arabo voleva esprimere l'approvazione per la politica islamica del fascismo.

Una politica che dopo il 1945 verrà dimenticata, oppure sbrigativamente inserita nella categoria del più classico opportunismo mussoliniano. Ma che per un decennio, dai primi anni Trenta fino allo scoppio del conflitto mondiale, sembrò interpretare, talvolta in modo disordinato, l'essenza stessa del fascismo, perennemente combattuto tra rivoluzione e ordine, tra la vocazione a farsi paladino revisionista del trattato di Versailles e le ambizioni coloniali da ultima arrivata tra le grandi potenze.

A illuminare l'argomento è appena giunto un agile volume scritto da Enrico Galoppini, studioso e profondo conoscitore del mondo arabo (
Il fascismo e l'Islam, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 2001, pp. 166), che ricostruisce alcuni aspetti delle inclinazioni filoaraba e filoislamica di Mussolini, indagandole alla luce dei più recenti studi e delle fonti giornalistiche d'epoca, seguendole nel suo percorso disordinato ma incessante, così simile, spiega l'autore, a un fiume carsico che "balzava periodicamente agli onori delle cronache per poi scomparire e proseguire lontano dagli sguardi dei più".

La sorgente nascosta della politica verso il Medio Oriente risaliva agli anni Venti, e di organico aveva ben pochi aspetti, ereditata com'era da quella dell'Italia liberale. La lontana Rodi nel Dodecaneso, la Tripolitania e la Cirenaica ancora non completamente "pacificate" e le due teste di ponte in Africa orientale, l'Eritrea e la Somalia italiana, costituivano un lascito dei primi sessant'anni del Regno d'Italia. Ma negli anni Venti di una specifica politica araba ancora non si poteva parlare.

Troppo forte era l'esigenza di Mussolini di giocare la carta della credibilità con l'Inghilterra per azzardare mosse che potessero dispiacere, troppo impellente la necessità di riconquistare saldamente le zone interne della Libia per poter fare degli arabi degli interlocutori politici. E, infine, ancora troppo influenti erano le spinte cattoliche, soprattutto dopo i Patti Lateranensi, per immaginare un avvicinamento al mondo islamico.

Ma nei primi anni Trenta Mussolini si scopre giocatore sempre più audace e decide di sfoggiare una maggiore autonomia e un più marcato dinamismo. Il mondo arabo, sottoposto ai mandati di tipo semicoloniale di Francia e Inghilterra, diventa così una carta appetibile. Ma ancora Mussolini non ha deciso come giocarla. Lusingare le aspirazioni indipendentiste o farsi addirittura protettore dell'Islam?
E ancora, spendere tutto per indurre l'Inghilterra a un
gentlemen agreement che sancisca l'influenza italiana nel Mediterraneo o prendersi ciò vuole in barba a tutto e tutti?

Una cosa però è certa. Fascismo e mondo arabo-islamico concordano nel sentirsi reciprocamente insoddisfatti per le sistemazioni di Versailles. E oltretutto possono dire di vantare anche dei nemici in comune. La Francia, principale beneficiaria dei "mandati", che in Siria e in Libano attizzava il particolarismo e si ergeva a protettrice dei cattolici d'Oriente. L'Inghilterra, che reprimeva il nazionalismo arabo e agevolava l'emigrazione ebraica in Palestina.
E' così che scattano le prime iniziative di "attenzione" verso il mondo arabo.

Nel 1930 nasce a Bari la Fiera del Levante, quattro anni dopo Radio Bari inizia a trasmettere anche in lingua araba, a Roma si organizzano un paio di convegni degli studenti asiatici, si promuovono pubblicazioni e partono le prime sovvenzioni a giornalisti e giornali arabi. Inizia un lavorio occulto per prendere contatto con esponenti nazionalisti e panarabi mediorientali.

Fino a quando nel 1934 Mussolini enuncia a chiare lettere la sua svolta. "Gli obiettivi storici dell'Italia hanno due nomi: Asia e Africa. Sud e Oriente sono i punti cardinali che devono suscitare la volontà e l'interesse degli italiani", dichiara alla seconda assemblea quinquennale del regime.

E aggiunge, per sgombrare il campo da fraintendimenti, che "Non si tratta di conquiste territoriali, e questo sia inteso da tutti vicini e lontani, ma di un'espansione naturale, che deve condurre alla collaborazione fra l'Italia e le nazioni dell'Oriente immediato e mediato". Insomma, Italia come ponte tra Oriente e Occidente alla ricerca di una "espansione spirituale, politica, economica" che andasse ben oltre l'ambito ormai sempre più stretto del Mare Nostrum.

Fin qui i fatti, forse non troppo noti ma già documentati anni addietro da Renzo De Felice (
Il fascismo e l'Oriente, il Mulino, 1988). Il merito del volume di Galoppini è invece un altro, e cioè quello di chiarire quali furono le strategie di penetrazione tra gli Arabo-Musulmani e di individuare l'immagine, tutta personale, che il fascismo tentò di offrire di sé e dell'Islam al mondo.
La difficoltà a stabilire "quanto l'opinione pubblica araba fosse davvero ben disposta nei confronti dell'Italia fascista, oppure convinta della strumentalità della sua politica islamica", la si deve soprattutto all'impossibilità a individuare nel mondo arabo-islamico, negli anni Trenta così come oggi, un interlocutore privilegiato. A livello religioso non esisteva un vero e proprio rappresentante dell'Islam, essendo questa religione priva di una gerarchia strutturata sulla falsariga di quella ecclesiastica.
Sul piano politico, invece, mentre esistevano gruppuscoli nazionalisti e indipendentisti, sulla cui affidabilità permanevano tuttavia numerosi dubbi, a livello di politica 'alta' il fascismo doveva confrontarsi con la maggiore influenza di Francia e Inghilterra sulle èlites politiche arabe.

A parte alcuni contatti con la corte egiziana, che non lasciarono grande traccia, in Medio Oriente il fascismo preferì puntare tutto sulla carta 'antiborghese' e sul 'fattore islam'. L'Italia si propose quindi come paladina di giustizia contro le 'demoplutocrazie', avvicinandosi preferibilmente agli esponenti tradizionali del mondo islamico piuttosto che agli intellettuali nazionalisti. Si aprirono così canali privilegiati con il Gran Muftì di Gerusalemme Hajj Amin al-Huseyni e con movimenti palestinesi contrari all'ebraizzazione della Palestina, si fornì assistenza economica e tecnologica all'Iraq, si guardò al sovrano saudita Ad Ibn Sa'ud come a un nuovo 'Duce d'Arabia'.

Nacquero anche organizzazioni arabe d'ispirazione fascista, soprattutto in Egitto e in Siria. Strutturate spesso come formazioni paramilitari e caratterizzate, sulla scia della migliore liturgia nostrana, da divisa colorate (le 'camicie azzurre', le 'camicie verdi'), queste formazioni ammiravano del fascismo l'aspetto militaristico, la sua volontà di rivalsa rispetto alle potenze occidentali e il suo oscillare continuo fra tradizione e progresso.

Ma il filofascismo arabo si esaurì in queste e poche altre manifestazioni, non assumendo mai vere e proprie connotazioni ideologiche. Del resto, come ha puntualmente chiarito Renzo De Felice, "la qualifica di 'fascisti' attribuita anche da studiosi di rilevo al Mufti di Gerusalemme, a el-Gaylani, a Chandra Bose e ad altri esponenti dei movimenti nazionali asiatici ed africani che furono in contatto e collaborarono con qualcuna o tutte le potenze del Tripartito prima e durante la seconda guerra mondiale non regge ad uno studio ravvicinato delle vicende attraverso le quali si svilupparono i loro contatti e la loro collaborazione e alla immagine, al giudizio che di essi hanno i loro rispettivi popoli. […] Quanto al Mufti, in lui il movimento nazionale palestinese vede uno dei maggiori protagonisti della propria lotta nella fase antibritannica e anche sovrani arabi moderati, come quello dell'Egitto, negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo conflitto mondiale, videro in lui un uomo da accogliere e trattare col massimo rispetto".

Come mette bene in luce il volume di Galoppini, quel che invece s'impone dalla metà degli anni Trenta è "un'interpretazione dei rapporti con il mondo arabo-islamico che tende a stabilire un'analogia tra il fascismo e l'Islam. L'Italia lascia il posto al 'fascismo'; la rivoluzione starebbe dando i suoi frutti, lasciandosi alle spalle l'Italietta liberale".
Sulla stampa italiana si comincia a parlare di 'razza araba' e della sua superiorità rispetto non solo agli ebrei ma anche agli altri popoli di colore. In barba all'universalità del messaggio del Corano gli arabi vengono identificati come una sorta di razza eletta all'interno del mondo musulmano. E "a furia di assimilare in tutto l'Islam al fascismo - scrive Galoppini - si finiva per scambiare […] l'Islam per un regime d'ordine, quale per certi versi il fascismo fu".

La consegna della spada dell'Islam a Tripoli, nel 1937, costituì l'apice della politica di Mussolini verso il mondo arabo. E da questo punto di vista la Libia fu il laboratorio dove la sua sperimentazione fu più intensa. Per non apparire imperialista e fugare ogni dubbio sulla sua 'vocazione' islamica il fascismo dovette però faticare non poco. Già in occasione della conquista dell'Etiopia la propaganda di regime dovette arrampicarsi sui vetri per fornire una giustificazione umanitaria alle operazioni e all'impiego di alcuni contingenti libici: la guerra d'Etiopia fu fatta passare per una guerra di liberazione dei mussulmani contro le vessazioni perpetrate dal governo 'schiavista' e filoccidentale del Negus. E per recuperare qualche punto anche a livello di immagine, in Libia il fascismo intervenne massicciamente costruendo e restaurando moschee, inaugurando scuole di cultura islamica e fornendo agevolazioni ai pellegrini diretti alla Mecca. La colonia libica rivestì a tutti gli effetti il "ruolo di vetrina delle buone disposizioni italiane nei confronti dell'Islam".

(Alcune righe prese dalla cronaca dell'anno 1937 - Ndr.)
"A Tripoli, davanti una moltitudine araba convenuta per lo storico incontro, viene utilizzata una hollywodiana coreografia; l'"apparizione" di Mussolini su un cavallo bianco che spunta dalla cima di una duna del deserto seguito da duemilaseicento cavalieri, mentre lui snuda la fiammeggiante "spada dell'Islam" d'oro massiccio ricevuta dai capi arabi: Toccò il vertice della popolarità. La sua apoteosi sembrava pari a quella di Alessandro Magno; ebbe la sensazione che anche lui stava compiendo una "missione"; la riunione di popoli di varie razze, colore, lingue e religione. Gli balenò anche a lui, forse, come al macedone, "l'unificazione mondiale". L'onnipotenza sulla Terra. L'"Alessandrite" che ha contagiato tutti in 2300 anni.
In Egitto - si disse e si scrisse - Mussolini compiva il suo secondo "miracolo" religioso; i secolari "infedeli saraceni", alla Mecca, davanti alla Kaaba, (era l'assurdo degli assurdi) invocarono Allah di proteggerlo e da lui farsi proteggere; lui "cristiano" (opportunista dei Patti Lateranensi) il "protettore dell'Islam!". Solo in seguito si seppe che quegli arabi erano degli arabo-spagnoli legati ad alcuni esponenti fascisti, "registi" della coreografia e che avevano recitato la parte come in un film, anzi era veramente un film , per i cinegiornali, e servivano per fare propaganda. )

La missione civilizzatrice del fascismo voleva trasmettere l'idea che il bravo mussulmano fosse anche un bravo suddito coloniale, devoto al suo capo. "È questa la gente della Libia che ha giurato fedeltà all'Italia di Mussolini - si legge in una cronaca dell'epoca -, che è pronta ad agire ad un suo cenno, a prendere le armi contro il nemico comune".

Ma i risultati della politica filo-araba, perseguita nel corso di tutti gli anni Trenta, alla fine si dimostreranno decisamente scarsi. L'Inghilterra li sopravvaluterà ampiamente, cadendo preda di una psicosi da 'italiano sotto il letto'. Una psicosi che contribuirà, assieme alla conquista italiana dell'Etiopia, a far perdere a Mussolini quel poco credito conquistato a Londra fino ad allora.

Con la Germania, invece, l'Italia non riuscirà mai a stabilire una strategia comune. A Hitler, disinteressato alle colonie e attento esclusivamente alla conquista dello spazio vitale a est, la carta araba interessava solo in funzione antibritannica. Ma in alcuni casi ciò contribuì a fare del Reich un rivale di Mussolini, in quanto il totale disinteresse coloniale nazista fu in molti casi percepito dal mondo arabo come assai meno ambiguo del tentativo mussoliniano di tenere assieme il 'posto al sole', l'impero coloniale, con la tutela del modo arabo e dell'Islam.


ALESSANDRO FRIGERIO
Bibliografia
Il fascismo e l'Islam, di Enrico Galoppini, Edizioni all'insegna del Veltro, 2001, pp. 166.
Questa pagina (solo per Storiologia)
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MA PERCHE' E' GIUSTO (E NELL'ATTUALE ANCHE NECESSARIO) CERCARE DI CAPIRE


PIANETA ISLAM

IL "FASCISMO" ISLAMICO

Giovanni De Sio Cesari
http://www.giovannidesio.it/

Indice:
Concetto - Aspetti contrastanti - Aspetti concomitanti - Conclusione


IL CONCETTO


L'assunto di questo lavoro è esaminare se, ed eventualmente, in quale senso si può accostare il fondamentalismo islamico al fascismo (e al nazismo).
l termine di "fascismo islamico" non ha avuto origine, come si potrebbe credere, nei movimenti di destra (o centro-destra) Occidentali: a definire come “ fascismo” il fondamentalismo islamico sono stati per primi i movimenti di sinistra araba. Essi, sia pure con un seguito numericamente molto modesto, sono molto attivi nei paesi arabi e hanno conservato in genere la matrice culturale marxista.

La definizione è stata poi ripresa in Occidente, soprattutto nella destra USA anche perchè essa permette di presentare in luce molto favorevole la politica di lotta al fondamentalismo islamico soprattutto nei suoi aspetti militari.


SUGGESTIVI ACCOSTAMENTI:
possono essere fatti paragonando infatti il fondamentalismo al fascismo e al nazismo:
* Innanzi tutto riversa tutta la sentita e indiscussa positività della lotta antinazista nella lotta al fondamentalismo presenta tale lotta come quella della libertà contro la tirannia, fa pensare ad eserciti che marciano in territorio nemico ma accolti come liberatori come nell’Europa del 1945, insomma di una guerra del bene contro il male.
* Una guerra preventiva avrebbe facilmente abbattuto il nazismo al suo inizio quando i suoi sostenitori erano una piccola minoranza: l’affermazione del nazismo fu certamente dovuta anche alla acquiescenza delle democrazie occidentali e al disinteresse americano. Hitler ha potuto scatenare la terribile II Guerra Mondiale solo perché le sue intenzioni non furono comprese in tempo e si volle salvare comunque la pace a tutti i costi. Analogamente la guerra al fondamentalismo, si dice, deve essere portata ora, prima che esso possa armarsi, magari con armi atomiche, conquistare il mondo islamico e scatenare una altra guerra mondiale e ancora più terribile delle precedenti. Pertanto, si argomenta, anche se il numero delle vittime potrebbe ora apparire alto sarebbe comunque infinitamente più basso di quello di una futura guerra grande e generale.

Per affrontare il problema ovviamente bisogna chiarire preliminarmente i termini di fondamentalismo e di fascismo:
PER FONDAMENTALISMO (estremismo o radicalismo) islamico intendiamo, in generale, tutti quei movimenti che propugnano una visione dell’islam inconciliabile con la modernità di tipo occidentale, movimenti che se nelle loro punte estreme danno origine a una galassia di organizzazioni terroristiche ( la più nota “al qaeda “), d’altra parte formano un sottofondo diffuso ampiamente e attivo nelle masse islamiche. Possiamo quindi parlare di un Islam che si contrappone polemicamente a principi come quelli di democrazia, liberta, tolleranza, laicismo uguaglianze dei sessi che, sia pur nati in Occidente, sono recepiti positivamente in tutto il mondo e formano la base culturale dei principi dell’ONU e quindi oggetto di una serie di carte fondamentali sottoscritte dalla generalità degli Stati.
Va precisato che l’accettazione di tali principi non significa certo che essi realmente siano applicati negli stati che li sottoscrivono, anzi il cammino per la loro effettiva realizzazione è molto lungo ancora anche negli stessi paesi Occidentali: tuttavia essi costituiscono delle mete ideali indiscusse verso le quali bisogna muoversi sia pure con difficoltà e magari anche arretramenti; in sintesi possiamo dire che si tratta di “valori” . Ma per il fondamentalismo islamico non sono valori ma disvalori: ritengono siffatti principi inconciliabili con l’islam, quindi cosa empia, satanica e, comunque, a parte ogni aspetto religioso, rovinosi per la sorti dell’umanità: pertanto la lotta contro di essi assume l’aspetto di una lotta del bene contro il male che, nell’ambito culturale profondamente permeato di religiosità, viene ad assumere il carattere di Jihad, “Guerra Santa” come generalmente e approssimativamente si traduce in Occidente.

FASCISMO è un termine di non facile definizione. Propriamente esso indica il movimento italiano che fece capo a Mussolini e che prese il nome dai “fasci littori” in uso nell’antichità romana. Il termine però ha assunto significati più vasti, spesso contrastanti e indefiniti.
Negli anni Trenta si parlò di “fascismo” per indicare tutti i movimenti autoritari che si contrapponevano essenzialmente al comunismo, e questo fu il significato in particolare che il termine assunse nella Unione Sovietica di Stalin. Già Togliatti nelle “Lezioni sul fascismo” tenute a Mosca nel 1935 accuratamente sottolineava le differenze fra nazismo e fascismo ma il termine entrò nell’uso comune con un significato generale: In particolare la Otegestvinaia Vaina ( la Grande Guerra Patriottica come in Russia viene indicata la II guerra Mondiale ) fu presenta come la lotta contro il fascismo anche se in realtà il nemico principale fu il nazismo germanico e non certo le modeste forze italiane.

Fascismo venne quindi a indicare tutta una serie di regimi e partiti diversissimi: il nazismo germanico, il falangismo spagnolo, il nazionalismo giapponese, gli ustascia croati , i nazionalisti ungheresi e tanti altri che in realtà ben poco avevano in comune. Con la fine della II Guerra Mondiale, nell’ambito delle sinistra, poi il termine fascismo è stato ulteriormente allargato indicando regimi quali quelli di Pinochet o dei colonnelli greci ma anche a volte viene rivolto ai sostenitori di Bush o di Berlusconi, ma anche a genitori o insegnanti troppo severi: praticamente viene usato come un insulto perdendo un vero e proprio significato specifico.
Occorre quindi precisare in che senso intendiamo il termine fascismo quando lo si voglia collegare a quello del fondamentalismo islamico.

Dobbiamo allora far riferimento essenzialmente al nazismo germanico perchè esso in realtà ha caratteri ben definiti e costituisce comunque il vero ed essenziale nemico verso cui si mossero sia la Russia Sovietica e le democrazia parlamentari dell’Occidente. Il significato può essere anche esteso ai regimi totalitari con i quali esso fu strettamente alleato, soprattutto con il fascismo italiano .

GLI ASPETTI CONTRASTANTI

RELIGIOSITA' :

Il nazismo è essenzialmente ateo: propugna una ritorno a un paganesimo ancestrale inteso in realtà ad esaltare semplicemente dei valori in opposizione a quelli cristiani. E’ vero che fu usato il motto “gott mit uns” ( Dio è con noi ) ma non aveva certo alcun valore religioso, non richiamava alcuna istanza soprannaturale. L’orizzonte nazista è tutto chiuso e circoscritto a questo mondo.
Il fondamentalismo islamico invece è per definizione un movimento religioso e di una religiosità non in senso generico e filosofico ma nel senso che intende ribadire i precetti di una religione particolare: si vuol che la legge che Allah ha dato a Muhammed sia ristabilita e completamente e senza tentennamenti
Vero è che, a parte il nazismo, molti cosi detti “fascismi “ si presentarono come salvatori del cattolicesimo: tuttavia si trattava di una alleanza, si affermava di voler salvare la tradizione cattolica come una espressione o la espressione privilegiata della nazione: mai però in nessun caso quei regimi si posero come espressione diretta della fede stessa o della Chiesa, concetto che è proprio il nodo centrale del fondamentalismo Islamico.

Con questo non si vuole affermare che il fondamentalismo islamico non sia mosso anche da altre e complesse motivazioni ma solo mettere in risalto che comunque esso si pone ideologicamente come pura e semplice riproposizione della religione islamica nella sua interezza e purezza.

INVESTITURA POPOLARE:

Il nazismo e i fascismi non possono essere paragonati agli assolutismi dell’ancient regime ma in qualche modo sono anche essi figli dell’evoluzione democratica delle concezioni politiche. Infatti essi respingono, è vero, la pluralità dei partiti, le libere elezioni con tutto ciò che esso comportano ma non per negare la sovranità popolare ma perché, essi affermano, tali strumenti sarebbero inadeguati, inefficienti.
Essi sostengono una espressione diretta del popolo che investe direttamente un capo (duce, fuhrer caudillo, conducator ecc) ma il popolo resta teoricamente il detentore ultimo del potere. Infatti le dimostrazioni popolari furono sempre imponenti, suggestive plebiscitarie: si dovevano tutti convincere che il popolo tutto sosteneva quei regimi, che gli oppositori erano solo un numero insignificante, magari di traditori, magari al soldo del nemico. Il successo dei regimi totalitari fu infatti sostenuto essenzialmente da uno sforzo propagandistico imponente che coinvolse tutte le componenti sociali.

Ad esempio come si disse con un brutto termine si fascistizzò l’Italia: erano definiti fasciste tutte le organizzazioni e le associazioni da quelle assistenziali a quelle culturali a quella ricreative. Soprattutto si provvedeva a che le nuove generazioni vivessero fin dalla più tenera età immerse in un ambiente tutto orientato politicamente a supporto del regime: il bimbetto dell’asilo, da figlio della lupa, passando nella varietà della stadi della vita, si trovava ad essere membro del partito fascista quasi avendo l’impressione che fosse una libera scelta personale.

Grande importanza ebbero pure i nuovi mezzi di comunicazione di massa: Il nazismo o il fascismo non sarebbero concepibili senza la radio che permetteva al capo di rivolgersi direttamente e immediatamente a tutta la nazione e riceverne il plauso immediato. Non si tratta quindi di un ritorno all’antico principio dell’autorità che viene dall’alto: Il sovrano dell’ancient regime infatti si ritiene investito più o meno direttamente da Dio, non è un espressione della volontà popolare perchè non esiste una sovranità popolare: l’autorità discende dall’alto verso il basso e mai al contrario: “nulla auctoritas nisi a deo”: nessuna autorità è legittima se non viene da Dio.

Analogamente il fondamentalismo islamico condividendo gli antichi principi politici che furono gia del ancient regime pensa a una autorità derivante da Dio non dagli uomini. Anzi si ritiene che nello stato islamico non debba esserci nemmeno un potere legislativo: le leggi infatti non derivano dalla volontà del popolo ma esistono già, sono state dettate direttamente da Dio a Muhammed una volta per tutte, valgono per sempre in ogni tempo, non verranno mai meno. Il regime islamico non si pone come espressione del popolo della nazione ma della shari’ah, la legge divina: non è rilevante quello che pensano la maggioranza delle cittadini ma quello che prescrive la sharia’ah: conseguentemente si pensa ad un emiro che, assistito dagli esperti della shari’ah ( ulema o ayatollah) governi applicando semplicemente le leggi divine.
Infatti nell’unico stato in cui è al potere un fondamentalismo, l’Iran, sussistono, è vero, anche le elezioni popolari: ma esiste anche un consiglio di esperti (ayatollah) che decide innanzitutto chi dia abbastanza garanzie di essere un vero credente per potersi candidare e esclude invece un gran numero di aspiranti candidati: poi interviene in ogni atto del governo valutando se sia o meno abbastanza conforme all’islam: la volontà non risiede nel popolo ma nella shari’ah: al massimo è concesso al popolo di scegliere coloro che applicheranno le leggi ma sempre sotto l’attenta sorveglianza di esperti della shari’ah.
Si tratta quindi di una concezione politica agli antipodi del nazismo e dei fascismi che invece pretendono di fondare la propria legittimazione sulla “vera” volontà del popolo che non riuscirebbe invece a esprimersi nelle democrazie parlamentari.

INTERNAZIONALISMO:

Per il nazismo e fascismo in realtà il vero Dio in terra, secondo l’espressione di Hegel, è lo stato-nazione e ad esso bisogna ogni cosa sacrificare, anche la giustizia internazionale, i diritti degli altri popoli diritti che spesso in realtà vengono negati del tutto: il male è quello che si oppone alla nazione, il bene quello che la favorisce. Ad esempio Hitler vedeva gli slavi come essere inferiori, che dovevano essere asserviti o eliminati.
Al contrario il fondamentalismo islamico è essenzialmente universalistico. Davanti ad Allah non vi sono bianchi e neri, arabi ed europei e malesi. Gli uomini si possono distinguere, non per nazioni o razze, ma solo per la fede: quelli che fanno parte della Umma ( comunità dei fedeli) e gli altri che non ne fanno parte, i Kafir (infedeli) ) ma che sono invitati a farne parte.
Non bisogna confondere il fondametalismo con il nazionalismo arabo: in realtà i due movimenti sono in contrasto. Il fondamentalismo infatti si oppone a ogni tradizione particolaristica perchè la legge di Allah deve essere uguale dai deserti d’Arabia ai campus universitari americani, nulla deve essere concesso ai particolarismi di qualunque popolo. Non si ammette nemmeno lo stato nazionale moderno: si vorrebbe invece raccogliere in un unico stato tutti i fedeli mussulmani come fu ai tempi mitici dei califfi ai quali sempre essi si richiamano.

I gruppi combattenti terroristici sono infatti formati da fedeli provenienti da ogni nazione: “al qaeda” era una specie di brigata internazionale nella quale confluivano arabi, ceceni, pakistani e anche europei. Condividono questo carattere con altri movimenti del passato che pure si richiamavano all’internazionalismo: si pensi alla Internazionale comunista e socialista o anche alla Giovane Europa mazziniana.
Il fine è cambiare il mondo e l’interesse particolare della propria nazione trova soluzione solo nel rinnovamento del mondo nel suo complesso.

GIUSTIZIA SOCIALE:

I movimento fascisti si dichiaravano contrari alla lotta fra classi e ceti sociali e nel complesso conservavano la struttura sociale esistente malgrado alcuni atteggiamenti populistici: vedevano sempre negativamente le lotte delle classi più povere per migliorare le loro condizioni.
Il fondamentalismo invece ha un suo profondo e non occasionale richiamo alla giustizia sociale. Rifiuta ogni concezione classista di origine marxista o genericamente socialista di derivazione europea ma denuncia con forza le disuguaglianze e le ingiustizia sociali. Afferma che esse derivano dall’abbandono della stretta ortodossia religiosa che ha generato corruzione, sopraffazione, ingiustizia sociale.
Pongono quindi un ritorno integrale all’ islam come unico mezzo veramente efficace per combattere corruzioni e ingiustizie sociali. In realtà il mondo islamico nato in un ambiente mercantilistico non ha mai avuto una preclusione verso la ricchezza che invece si fa parecchio sentire nel Cristianesimo.

Tuttavia secondo una visione solidaristica religiosa la ricchezza deve aver finalità sociali. Esiste la istituzione della zakat (uno dei cinque pilastri dell’islam) che corrispondeva pressappoco alle nostra decime e che era destinata ad aiutare i meno fortunati, i poveri. Inoltre è raccomandata anche la gizyàh, elemosina volontaria come atto religiosamente meritorio. Non è il caso in questa sede di esaminare la fattibilità di un tale programma a livello politico economico ma solo di rilevarne la centralità nella ideologia del fondamentalismo islamico.

Possiamo ritenere che il largo seguito che esso ha avuto nelle masse islamiche sia dovuto soprattutto a un tale atteggiamento: di fronte alle elittes occidentalizzate e amiche dell’occidente generalmente dedite a godersi rendite di posizione e a corruzioni scandalose i mussulmani fondamentalisti, mossi da zelo religioso, vanno incontro alle necessita del popolo minuto. In Iran lo Scia (VEDI) filo-occidentale tenne per sé e la sua corte la maggior parte dei proventi delle ricchezze nazionale mentre il clero islamico andava incontro ai bisogni del popolo.
Anche nelle ultime elezioni in Iran Ahmadinejad ha vinto presentandosi come il restauratore della purezza Khomeinista in opposizione ai moderati, accusati di arricchirsi alle spalle del popolo: ed infatti il suo successo elettorale è dovuto ai ceti più poveri. Anche in Palestina abbiamo un fenomeno simile: mentre i laici di al fatah arraffavano il poco che c’era, erano i fondamentalisti di Hamas a venire incontro ai bisogni reali del popolo e quindi ad ottenerne l’appoggio.

ASPETTI CONCOMITANTI

Pur tuttavia le somiglianze sono da un certo punto di vista molto forti e non vanno sottovalutate:

ACRITICITA’ :

il fondamentalismo assolutizza la sua posizione, non intende affatto discutere criticamente di essa. Si tratta della parola di Dio che va accettata immediatamente completamente, incondizionatamente e che sarebbe sacrilego mettere in discussione: “islam” significa appunto "abbandono" (alla volontà di Dio). Non tiene presente alcuna critica sul piano storico o sociologico, tutte cose insulse e insignificanti di fronte alla chiara volontà di Dio: pertanto si chiude in se stesso in un sistema mentale impenetrabile. Diffida degli intellettuali: gli unici sapienti sono gli interpreti della Shari’ah che contiene la risposta a ogni problema in qualunque luogo e in qualunque tempo.

In questo ha un atteggiamento molto simile al nazismo che si chiude in un sistema autoesaltante, sordo a ogni critica, a ogni semplice constatazione di fatti sgraditi, tutte cose considerate prova di tradimento: i libri non allineati andavano bruciati così come andavano emarginati o addirittura eliminati fisicamente le persone non allineati: traditori e criminali, turpi individui, dei sottouomini che meritavano la eliminazione fisica. Non ci fu possibilità di dialogo e critica, si arrivò al "sonno della ragione" e quindi incredibili assurdità furono scambiate per fatti evidenti: in questo modo il popolo che aveva dato i natali a Marx ed Einstein fu considerato un popolo di sottouomini.
Quando si sostituisce la fede cieca alla ragione e si considera colpa anche il pensiero ogni dialogo è impossibile e si corre irrimediabilmente alla catastrofe.


FEDE NELLA GUERRA:

Il fondamentalismo è convinto che l’unica possibilità che ci sia per la salvezza sia solo e semplicemente il jahad, la "guerra santa."
Esso purifica il popolo, lo rende degno dalla benevolenza di Dio e quindi della vittoria, distingue i veri credenti dalla nifaq (ipocrisia)
Anche se Jihad può indicare anche il perfezionarsi interiore tuttavia nel moderno contesto esso designa essenzialmente una lotta armata senza quartiere contro il male portato dall’ Occidente, il grande satana. Esso ritiene che certamente avrà la vittoria finale: che importa il numero dei carri o dei missili che hanno i nemici; che forse Allah l’Onnipotente non può dare ugualmente la vittoria ai suoi fedeli?
Se la vittoria non arriva allora è solo perchè non si è ancora abbastanza degni: i sacrifici, le perdite, le sciagure non scoraggiano il combattente islamico sicuro che alla fine Allah gli darà la vittoria.

Analogo atteggiamento ebbe il nazismo per il quale la guerra era il vero mezzo per forgiare la nazione, per esaltare i forti ed emarginare i deboli e celebrare una nuova saga dei Nibelunghi.
Anche l’incrollabile fede nella vittoria finale viene sentita come la propria arma più potente in grado di bilanciare la preponderanza delle forze nemiche. Cosi i ragazzi della la Hitlerjugend ( gioventù Hitleriana ) sacrificarono inutilmente la loro vita difendendo Berlino fino allo stremo, oltre ogni ragionevolezza.

Nell’uno e nell’altro caso non c’è possibilità di un ragionevole compromesso perchè considerano la ragionevolezza il peggiore dei mali.


CULTO DELLA MORTE:

I ritornello comune dei movimenti islamici è che essi vinceranno perchè non hanno paura di morire e gli Occidentali perderanno perchè pensano solo a salvarsi la vita
L'atto dello shaid che sacrifica la propria vita non viene considerato per le conseguenze pratiche che esso può avere (quasi sempre del tutto negative) come farebbe un occidentale. Per il fondamentalista si tratta invece di una shahuda (testimonianza di fede) che ha un valore purificatore agli occhi di Allah rendendo la causa degna della vittoria ed è insieme è un esempio per tutti i veri credenti.
Così se un palestinese che si fa esplodere in mezzo a degli israeliani noi riteniamo assurdo e controproducente quel gesto che si ritorcerà gravemente verso il suo popolo e la sua causa stessa: ci sarà la rappresaglia israeliana e la formazione di uno stato palestinese si allontanerà ancora un poco. Ma il punto di vista del fondamentalista è diverso: Dio non potrà non benedire quel gesto, altri ancora lo imiteranno e la vittoria sarà cosi assicurata.

Cosi a migliaia i basiji (=quelli che accorrorno), giovanissimi iraniani correvano sui campi minati iracheni e vi trovavano per noi orribile ed inutili morte ma per i pasdaran ( guardiani della rivoluzione, sostenitori di Khoimeni ) era una morte gloriosa che avrebbe assicurato la vittoria più che carri armati e aerei.

Analogamente risuonava in Spagna il grido “viva la muerte”, in Italia si mettevano sulle divise fasciste lugubri immagini di teschi. A Stalingrado Hitler non volle far ritirare l’esercito, come era logico, dando poi l’assurdo ordine che si tenessero tutte le posizioni fino alla fine: solo la morte avrebbe reso la nazione degna della vittoria.
Così la guerra durò per altri due anni quando ormai era chiaramente già persa e milioni di uomini morirono inutilmente.

CONCLUSIONE

La ideoleogia del fondamentalismo islamico non ha nulla che lo accomuni al nazismo e agli altri movimenti fascisti affermatesi. Diverso l’atteggiamento religioso, l’idea dello stato e del potere, diverse l’idea dei rapporti internazionali e della giustizia sociale.
Ma pure esso sia pure per motivi del tutto diversi mostra le stesse terribili caratteristiche: chiusura critica, fede nella guerra, culto della morte.

Temiamo che la lotta contro il fondamentalismo assuma i caratteri di quella contro il nazismo: totale, senza quartiere e senza pietà fino all’ultimo combattente travolgendo nel suo gorgo sanguinoso un numero infinito di persone del tutto innocenti

Giovanni De Sio Cesari
( http://www.giovannidesio.it/ )

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