-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

91. DIRITTO E AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA

 

Oltre i fatti d'armi accennati nei precedenti capitoli, che sempre più affermano la potenza di alcuni stati nascenti, alla fine del Medio Evo, in parallelo si afferma anche un nuovo tipo di Stato, una nuova forma di gestione del potere di monarchie basate sull'accentramento da parte del re delle funzioni pubbliche. E le principali di queste funzioni sono l'amministrazione uniforme della giustizia, il prelievo fiscale, le nuove milizie armate, il diritto e l'amministrazione giudiziaria. Tutte nuove funzioni che connotano la modernità di una nuova era.

Nei Paesi che nel periodo dell'impero Romano, venivano considerati "barbari", non vi erano solo penetrate le legioni con in testa gli Imperatori, ma con i vari funzionari via via anche il diritto romano aveva cominciato a penetrare in questi territori. Una accelerazione la si ebbe già nel periodo carolingio, quando Carlo Magno iniziò essere a capo di una sorta di "federazione di popoli". E in effetti nel corso delle sue "Diete dell'Impero" vi partecipavano tutti i dignitari dei vari regni, e Carlo nel famoso "Campo di Maggio", promulgava i "Capitolari", leggi valide per tutti i sudditi del costituito grande impero.
Ma bisogna anche dire che la ricezione del diritto romano avvenne in forza dell'idea che il sacro romano impero medioevale fosse una continuazione dell'antico impero romano, il cui diritto quindi aveva bisogno di essere controbilanciato da un elemento più universale; l'influenza del diritto canonico che si ricollegava strettamente al diritto romano; e finalmente il sorgere delle università, soprattutto l'influenza delle università italiane la cui fama richiamò proprio dai Paesi franchi e germanici innumerevoli scolari.

E' in queste università italiane che si formò quel corpo di funzionari giurisperiti che ben presto divenne indispensabile agli Stati territoriali tedeschi in via di formazione, prima per l'amministrazione e poi anche per la giurisdizione. L'introduzione di tali elementi nei tribunali fu il vero e proprio fattore decisivo per la recezione del diritto romano. Dove questa fece più rapido cammino fu nelle giurisdizioni imperiali; si pensi che il tribunale camerale istituito nel 1495 doveva avere almeno la metà dei giudici muniti del titolo di "dottore". Costoro giuravano di giudicare "secondo il diritto dell'impero e secondo il diritto comune", formula che abbracciava il noto "Corpur iuris" di Giustiniano. In seguito il diritto romano comune penetrò anche nelle giurisdizioni territoriali e poi nei tribunali inferiori.
Tutto questo - come abbiamo visto dalla data sopra - alla fine del Medio Evo.

La Germania medioevale non ebbe mai un diritto uniforme
come non ebbe un ordinamento giudiziario uniforme; la produzione giuridica vi prese la stessa via dell'evoluzione politica, la via del particolarismo. La verità dei diritti, già inerente alla conservazione tradizionale dei diversi diritti popolari delle stirpi germaniche, aumentò nel corso del Medio-Evo per effetto di nuove specializzazioni: taluni rapporti giuridici ebbero un regolamento particolare, e norme particolari sorsero per determinate classi della popolazione. A ciò corrispose l'introduzione di tribunali speciali.


Così si ebbero tribunali feudali per le controversie tra signori e vassalli o tra vassalli; il tribunale è presieduto dal signore feudale con l'assistenza di giudici tratti dai pari (vassalli); essi decidono secondo le norme del diritto feudale in antitesi al diritto ordinario che è applicato dalla giurisdizione pubblica.
Accanto ai tribunali feudali funzionò la giurisdizione patrimoniale per tutti i servi della glebe; qui è giudice il funzionario che amministra nel territorio, giurati i pari, e si sentenzia in base al diritto consuetudinario del territorio.
A questa giurisdizione furono all'inizio sottoposti anche i ministeriali, che erano di origine non libera; ma poi essi vennero ad assogettarsi a seconda dei casi al diritto comune degli uomini liberi o al diritto feudale.

Il più notevole fenomeno di produzione di diritto nuovo è il sorgere degli statuti. Da principio le varie classi della popolazione cittadina: uomini liberi, ministeriali, artigiani, erano soggetti ad un diritto diverso secondo la loro condizione; ma con lo sviluppo ulteriore delle città che portò alla fusione delle classi cittadine in una comunità distinta dal resto della popolazione si ebbe l'introduzione di tribunali cui erano soggetti tutti gli abitanti del comune e la creazione di un corpo di diritto per tutti obbligatorio: gli statuti.

È un diritto che rispecchia una società già progredita economicamente e corrisponde al bisogno che con lo sviluppo dei commerci e delle industrie le città sentirono di avere un ordinamento giuridico sotto molti riguardi diverso da quello che vigeva nel contado per la popolazione rustica.
In seguito il diritto statutario ebbe un grandioso svolgimento e molti istituti giuridici creati dalle città vennero accolti dai sovrani territoriali nel diritto comune. Gli statuti diversificano molto tra loro nei dettagli. Tuttavia soltanto un piccolo numero di città (e per lo più le più antiche) hanno creato ex novo il loro diritto statutario; la grandissima maggioranza dei comuni più recenti adottò invece gli statuti di una di queste città più antiche; ad esempio nella Germania settentrionale e nei territori coloniali prevalsero gli statuti di Lubecca o di Magdeburgo e gli statuti di quest'ultima furono accolti anche da molte città polacche.

Si ebbero così dei grandi gruppi di statuti, che erano filiazioni di un ristretto numero di statuti più antichi; e nell'interno di ciascun gruppo la uniformità si mantenne nella sostanza, se non nei particolari, per il fatto che le città ad esso appartenenti considerarono quella da cui avevano derivato lo statuto come una specie di tribunale d'appello cui ricorsero per schiarimenti in tutti i casi di dubbio sul senso e sull'applicazione delle norme statutarie adottate.


Fonti degli statuti furono all'inizio i privilegi concessi ai comuni dai re e dai signori territoriali; in seguito (da quando le città ottennero l'autonomia) anche i decreti dei consigli cittadini e la giurisprudenza degli scabini. La redazione del diritto statutario, dapprima non scritto, fu dovuta o alle esigenze dell'amministrazione della giustizia o alle sollecitazioni di altre città che desideravano adottare gli statuti vigenti in un certo luogo (così avvenne ad esempio a Magdeburgo).

Di fronte a tutti questi fattori che conducevano al predominio del particolarismo nel campo del diritto l'unico organo centrale di produzione giuridica era il tribunale palatino. Idealmente il re era la fonte di ogni giurisdizione ed il giudice comune in tutto lo Stato; tutti gli altri organi giurisdizionali esercitavano le loro funzioni in sua vece ed in grazia di sua concessione.
Ma col sorgere delle signorie territoriali indipendenti anche questo legame con l'autorità centrale si infrange; la concessione del banno, vale a dire della facoltà di esercitare la giurisdizione - che ogni giudice all'inizio doveva personalmente chiedere al re - dalla metà del XIII secolo cade a poco a poco e infine viene superato.

La emancipazione poi delle giurisdizioni locali dal concorso della giurisdizione regia venne raggiunta col privilegio de non evocando, col divieto cioè fatto ai sudditi dei principi di adire il tribunale regio invece dei tribunali territoriali. Questo privilegio la bolla d'oro di Carlo IV lo accordò ai soli principi elettori per i rispettivi dominii, ma in seguito si estese anche agli altri signori territoriali, finché nel 1487 il ius evocandi al tribunale palatino fu generalmente abolito. Se non che persino l'appello al tribunale palatino in seconda istanza dai tribunali territoriali venne escluso dalla bolla d'oro col priviligium de non appellando a favore dei principi elettori; ed anche a tale riguardo gli altri signori si sforzarono di ottenere lo stesso privilegio sebbene non siano riusciti a raggiungere un risultato così completo come nel caso del divieto della evocatio.

Il ricorso al re tuttavia continua ad essere ammesso in maniera generale per l'ipotesi di negata giustizia, ed inoltre il tribunale regio rimane unico foro competente per i vassalli diretti dal re o per le cause concernenti i demani regi e le regalie. Spetta pure a questo tribunale la comminazione del bando; da principio tale sua competenza è esclusiva; in seguito possono infliggere la stessa pena i tribunali territoriali regi che ancora sussistono.
Nel XV secolo spunta un apposito funzionario stabile per la tutela degli interessi fiscali dello Stato, il procurator fiscalis camerae, il cui compito è di procedere d'ufficio per ogni contravvenzione agli ordini del re e per ogni violazione delle regalie della corona.
Il tribunale palatino è presieduto dal 1235 da un iustitiarius, anch'esso un funzionario regio stabile; i giudici invece sono scelti volta per volta dal re tra coloro che gli stanno più vicini, in numero di sette almeno.

Ma già all'epoca degli ultimi imperatori di casa Lussemburgo che si trattennero poco o nulla nel regno, il funzionamento di questo tribunale subì frequenti interruzioni, senza contare che riusciva difficile trovare giudici idonei a costituirlo. Spunta allora come sostitutivo il tribunale camerale. Già prima il re aveva usato sottrarre al tribunale palatino alcune controversie per deciderle personalmente coni suoi consiglieri.
Dal 1415 poi questa giurisdizione regia speciale ebbe un organo apposito appunto nel tribunale camerale, che era composto di membri del consiglio aulico, con prevalenza di giurisperiti educati
alla scuola del diritto romano. Se non che anche questo tribunale negli ultimi anni di regno di Federico III cadde in discredito e rese necessaria una riforma della giurisdizione centrale; questa avvenne nel 1495 con l'istituzione del tribunale camerale dell'impero.

Un certo compenso alla mancanza di una efficace giurisdizione pubblica offrirono i tribunali istituiti per vegliare all'osservanza delle tregue. Sappiamo infatti che queste tregue vennero concluse e proclamate per frenare l'abuso della faida, e che allo scopo fu creato un organo giudiziario apposito per decidere le controversie che insorgessero in seguito tra gli aderenti alla tregua. All'atto della conclusione di queste tregue si usò inoltre emanare alcune norme giuridiche specialmente di carattere penale; ma il tutto sempre nei limiti del territorio, e del tempo per cui aveva valore la singola tregua.

I tribunali comitali continuarono da principio a sussistere, ma per la maggior parte trasformati in tribunali territoriali. Erano il foro competente per le classi superiori, mentre la massa della popolazione fu assoggettata alla giurisdizione dei tribunali inferiori che acquistarono pure giurisdizione penale. Ma i tribunali comitali rimasero anche in questo caso tribunali d'appello dai tribunali inferiori. In seguito ai tribunali comitali si sostituiscono le giurisdizioni patrimoniali dei principi. Ed analogamente a quanto si è visto per la giurisdizione regia sorsero dei tribunali camerali dei singoli territori.

Le vecchie giurisdizioni comitali regie locali non sparirono però del tutto; si conservarono in molti luoghi e specialmente in Vestfalia ebbero una storia particolarmente importante. Per questi tribunali vestfalici venne in uso il nome di «Fehmgerichte », che secondo la spiegazione più verosimile non significa altro che tribunali penali. Erano detti anche « Freigerichte », perché in Vestfalia si conservò un buon nucleo di liberi agricoltori aventi diritto ad essere giudicati dalla giurisdizione pubblica.
Il più famoso libro di diritto del tardo Medio-Evo germanico è il così detto «Specchio sassone» (Sachsenspiegel) compilato dallo scabino sassone Eike von Repgow verso il 1235, e diviso in due parti, l'una contenente il diritto territoriale ordinario, l'altra il diritto feudale. Filiazione di esso è lo «Specchio svevo» (Schwabenspiegel) sorto verosimilmente verso il 1270 nella Germania meridionale per opera di autore ignoto.

Queste due compilazioni private presto acquistarono valore di legislazione imperiale e furono applicate come codici nei tribunali. Esse vennero tradotte pure in varie altre lingue, e lo Specchio sassone fu ripetutamente commentato.
Autore della più antica nota allo specchio sassone é il cavaliere Giovanni von Buch, vissuto nella prima metà del XIV secolo. Egli stesso (verosimilmente verso il 1335) completò lo specchio sassone con una esposizione della procedura dei tribunali territoriali sassoni (il così detto "Richtsteig Landrechts"), alla quale un autore ignoto nel secolo XIV medesimo aggiunse la procedura dei tribunali feudali (« Richtsteig Lehnrechts »). Seguirono nel XV secolo varie esposizioni della procedura che si osservava nei «Fehmgerichte» sopra ricordati; si tratta di opere in parte private, in parte di carattere semiufficiale.

Abbiamo già detto che il tribunale camerale istituito nel 1495 doveva avere la metà dei giudici muniti del titolo di «dottore». Costoro giuravano di giudicare «secondo il diritto dell'impero e secondo il diritto comune», formula che abbracciava il Corpus iuris di Giustiniano. In seguito il diritto romano comune penetrò anche nelle giurisdizioni territoriali e poi nei tribunali inferiori.

Per quel che concerne la procedura, é noto come nel Medio-Evo l'ufficio di applicare il diritto ed emanare la sentenza non spettasse al giudice; questi impersonava piuttosto il potere esecutivo: dirigeva il processo e curava l'esecuzione della sentenza; ma quanto al giudicare doveva starsene al verdetto dell'assemblea del popolo ovvero di una delegazione permanente di essa, che era rappresentata dagli scabini.
La vecchia assemblea giudiziaria del popolo descritta da Tacito era da un pezzo completamente scomparsa ovvero rimaneva semplice spettatrice; in suo luogo ora sentenziano («trovano il diritto») gli scabini. Salvo differenze di dettaglio il procedimento dinanzi agli scabini era lo stesso in penale ed in civile.
Originariamente accanto alle vie giudiziarie vigeva in larga misura la faida (vendetta), cioè l'offeso aveva facoltà, osservando certe forme, di farsi ragione da sé; la scelta dell'una o dell'altra via era libera. Quando poi si procedeva giudiziariamente la sentenza nei tempi più antichi più che infliggere una pena condannava ad un indennizzo (compositio; multa); inoltre il condannato doveva pagare il così detto «prezzo della pace», cioè un'altra multa per il perturbamento della pace pubblica.

L'antico processo germanico era un processo accusatorio; in seguito però vi si mescolarono elementi d'indole inquisitoria, principalmente per influenza del processo canonico quale era stato riformato da Innocenzo III; ciò peraltro nei soli casi di delitti rivelati dalla voce pubblica. L'uso della tortura era prima ignoto. Esso penetrò dopo il 1250 nei giudizi civili insieme con gli altri non pochi istituti che vi trasmigrarono dai giudizi ecclesiastici. Per effetto di queste influenze canoniche il giudice ebbe negli ultimi secoli del Medio-Evo la facoltà ed il dovere di procedere contro chi fosse sospetto pubblicamente di reato, di incarcerarlo e di condannarlo senza l'osservanza delle forme probatorie dell'antico processo. Se il giudice non era convinto di quanto l'opinione generale attribuiva al reo, ricorreva alla tortura in luogo del giuramento purgatorio e del giudizio di Dio dell'epoca antica che non erano più ormai reputati efficaci mezzi di prova.

Naturalmente ciò accadeva soprattutto nei casi di assai fondato sospetto di colpevolezza, vale a dire quando si era accertato mediante testimonianze che il prevenuto era pubblicamente accusato di un delitto, mentre il presunto reo non confessava e mancavano vere e proprie prove. Non si nega che spesso il timore della tortura abbia potuto strappare la confessione a chi era veramente reo; ma ognuno vede d'altra parte a quali terribili abusi questo sistema assai discutibile di ricercare la verità doveva facilmente dare adito, né é possibile dire quanti innocenti ne siano realmente rimasti vittime dal primo all'ultimo giorno in cui la tortura è stata applicata nei tribunali. Particolarmente esecrabile essa si rivelò nei processi per stregoneria dei quali si macchiò l'epoca successiva.

Del resto la durezza e crudeltà dei rimedi giuridici é una caratteristica del Medio Evo. Lo dimostra la frequenza dei casi in cui é comminata la pena di morte; questa pena (che si eseguiva col capestro o con la spada) si incorreva per i reati di magia e stregoneria, rapina, incendio, falsificazione di monete, stupro, adulterio, bigamia, atti di libidine contro natura. Anche per i delitti di lesa maestà (crimen laesae majestatis) spunta assai presto la pena di morte.
Sul finire del Medio-Evo aumenta poi sempre il numero dei reati passibili di pena capitale e nel tempo stesso diviene più crudele il sistema di esecuzione.
Vediamo assoggettate a pena di morte persino semplici contravvenzioni a norme di pubblica sicurezza, come ad esempio il porto d'armi vietate, la caccia di frodo e
simili. Peraltro, se erano d'accordo l'accusatore ed il giudice (o se il giudice lo riteneva opportuno nei casi in cui procedeva d'ufficio) ogni pena poteva essere sostituita da una pena più mite (ad esempio una pena corporale o da una multa), il che rappresenta alla meglio un certo correttivo al rigore esagerato delle leggi.

In queste condizioni la necessità di una riforma legislativa del diritto penale fu così vivamente sentita che quasi tutte le diete dell'ultima epoca medioevale vi dedicarono la loro attenzione. Alla fine venne accolto il progetto di un regolamento della procedura penale redatto da Giovanni di Schwarzenberg che fu introdotto nel 1507 nel vescovado di Bamberg e nel 1516 nei principati del Brandeburgo, e fece così buona prova che fu preso a modello nel 1532 per l'analogo regolamento di Carlo V, la così detta Costitutio Carolina criminalis (chiamata anche semplicemente Carolina). Questo regolamento pose dei limiti all'arbitraria comminazione della pena di morte e degli altri supplizi corporali, ma mantenne la tortura, anzi ne rese tanto più necessario l'impiego in quanto prescrisse che per i delitti capitali occorreva la confessione del colpevole a meno che egli non fosse convinto reo mediante prove dirette o testimonianze di tre testimoni; se quindi vi erano unicamente prove indirette ed il reo negava, bisognava estorcergli una confessione.

La Carolina peraltro ebbe carattere di diritto sussidiario, cioè si applicava solo quando non disponeva diversamente l'uso forense dei tribunali territoriali.
In Francia la separazione politica tra nord e sud, tra paesi di lingua d'Oil e paesi di lingua d'Oc; si riflette anche nel campo del diritto.
Nel mezzogiorno come in Italia si era conservato il diritto romano volgare, originariamente come diritto personale della popolazione romana, in seguito come diritto territoriale, cioè comune a tutta la popolazione. Ma poi col diffondersi in queste regioni dei codici di Giustiniano esso fu sostituito dal diritto romano col quale si era venuto formando nella giurisprudenza italiana; lo si usò chiamare «diritto scritto». Sta in antitesi ad esso il «diritto consuetudinario
» (droit coutumier) vigente nei Franchi nel nord della Francia e in Italia durante la dominazione dei "barbari" Longobardi.

Il «diritto consuetudinario» era in origine diritto germanico puro, e solo nel corso dei secoli venne modificato per le influenze che vi esercitò il diritto romano ed il diritto canonico. Viceversa anche nel diritto scritto del mezzogiorno si insinuarono concetti ed istituti di diritto germanico; soprattutto gli statuti hanno talora carattere completamente antiromano; di modo che l'antitesi tra diritto scritto e dritto consuetudinario non va intesa in senso rigoroso, quasi che nel mezzogiorno (soprattutto nel grande territorio longobardo di Benevento) non vigesse che diritto romano e nel nord vigesse unicamente diritto germanico.
Malgrado il fondo comune di diritto franco che vi dominava, il diritto del nord della Francia non ci si presenta uniforme ovunque; anzi ogni regione ha la sua particolare «Coutume». Ciò dipese dal fatto che il feudalesimo si sviluppò e si radicò nel regno franco occidentale prima che altrove e vi produsse rapidamente le sue conseguenze: lo spezzamento del paese in una folla di piccoli Stati feudali, e come corollario la localizzazione anche del diritto "particulare".

Tuttavia nel XIII secolo comincia a formarsi anche qui un diritto consuetudinario comune. Già sappiamo che lo svolgimento politico della Francia seguì una via opposta a quella seguìta dalla Germania; mentre in Germania si passa dall'unità politica e dal diritto regio al particolarismo ed al diritto territoriale, in Francia la corona agisce come elemento unificatore e la giurisprudenza della corte regia acquista sempre maggiore autorità ed é presa a modello. E questa influenza della corte regia, ereditata dal Parlamento che le successe in funzione di tribunale supremo, fece penetrare anche in maggior misura nel diritto consuetudinario istituti di diritto romano e canonico, tanto più quanto più crebbe il numero dei legisti in seno al parlamento.

Il parlamento ebbe sede stabile a Parigi dal 1254; circa cinquant'anni dopo Filippo il Bello ne stabilì l'organizzazione interna. Esso esercitava l'alta giurisdizione su tutti i dominii diretti della corona; rispetto ai territori soggetti ai signori feudali non aveva invece all'inizio che la competenza di decidere sui ricorsi per delegata giustizia dai tribunali ordinari; tuttavia a poco a poco da questa prima forma di ingerenza passò a funzionare come una specie di tribunale d'appello per l'intero regno.
Nel corso del XIV secolo poi il parlamento di Parigi assunse quell'organizzazione che in sostanza ha serbato sino al 1789; una serie di ordinanze regie regolò la sua suddivisione in camere, stabilì il numero dei suoi membri e le modalità della loro nomina, fissò la sua competenza, la procedura che vi si doveva osservare, ecc.
Da questa epoca vennero esclusi completamente dal parlamento i prelati, la partecipazione ad esso dei baroni divenne sempre più scarsa, ed invece aumentò il numero dei legisti. Dal 1345 il parlamento ottenne il diritto di completarsi per cooptazione, poco dopo quello di eleggersi il presidente: ma talvolta la corona Intervenne ancora ed impose la nomina di candidati propri.

Ad accrescere il prestigio del parlamento contribuì sopra tutto la facoltà che esso si arrogò di legalizzare le ordinanze regie con l'insinuazione nei suoi registri, con la registrazione. L'origine di questo preteso diritto del parlamento va ricercata nel fatto che gli antichi re amarono pubblicare le loro ordinanze davanti al parlamento adunato solennemente.
Quando poi il parlamento cominciò a tenere dei registri (i così detti olims) si cominciò ad inserirvi le ordinanze regie così pubblicate e quindi dichiararle subito dopo obbligatorie. Inoltre invalse la consuetudine che il parlamento, prima di registrare le ordinanze, le prendesse in esame, soprattutto dal punto di vista giuridico formale. Se vi riscontrava errori, contraddizioni con le precedenti ordinanze, ecc., ne avvertiva il re per le eventuali rettifiche. Di qui sorse la pretesa del parlamento di sindacare la legalità delle ordinanze reali e quindi esso si arrogò la facoltà di rifiutarne la registrazione.

I re non riconobbero mai formalmente un simile diritto al parlamento, ma tollerarono in certa misura la sua ingerenza; persino un monarca geloso delle prerogative della corona come Luigi XI cedette una volta alla protesta solenne del parlamento, i cui membri minacciarono di dimettersi se il re continuava nell'idea di imporre coattivamente la registrazione di una certa ordinanza. E fu lo stesso Luigi XI che nel 1467 stabilì legislativamente la inamovibilità per regola dei consiglieri del parlamento.

Il sorgere del parlamento provocò il formarsi di una classe particolare di avvocati che noi riscontriamo già esistente a tempo di Luigi XI. Due successive ordinanze regie (del 1274 e del 1291) regolarono i doveri di questa classe e determinarono le sue competenze. In seguito questi avvocati si organizzarono sempre più cooperativamente; la corporazione salì a grandissima autorità; da essa vennero persino tratti dei membri del parlamento. Nei tempi più antichi questi avvocati avevano rango cavalleresco, e per lo più possedevano anche il titolo di dottori.

Anche nelle province del regno di Francia spuntano negli ultimi secoli del MedioEvo parlamenti regionali, che presero il posto delle antiche corti dei pari organizzate ad imitazione della corte regia. La più nota di queste corti era il così detto « échiquier » (lo scacchiere) di Normandia, la cui esistenza è dimostrabile già ai tempi di Guglielmo il Conquistatore.
I tribunali inferiori erano in parte emanazione dei singoli feudatari, in parte costituiti da funzionari regi, i balivi ed i loro subordinati, i prevosti, che accoppiavano competenze amministrative e competenze giudiziarie, estese anche alla materia feudale.

Con l'elevazione dell'autorità regia andò di pari passo lo sviluppo della legislazione. La monarchia comprese la missione regolatrice che le incombeva nel campo giuridico e la adempì con prudenza ed energia. Da questa sua attività peraltro non venne fuori un vero e proprio codice di leggi; i così detti «Stabilimenti di S. Luigi» non sono un codice ufficiale, ma l'opera privata di un giurista compilata verso il 1272 e non hanno niente a che vedere con S. Luigi direttamente. L'autore si impegna in essi di fondere le coutumes di alcuni paesi col diritto romano.

Così pure dalla metà del XIII secolo si ebbero redazioni dei diritti consuetudinari, ma senza carattere ufficiale. Solo nell'anno 1453 re Carlo VII ordinò che le consuetudini (usages et Coutumes) fossero compilate ovunque per iscritto con l'aiuto di periti; altri re ripeterono posteriormente lo stesso ordine, cui lentamente fu adempiuto nelle varie regioni. Numerosi sono pure gli statuti in parte dati alle città francesi da un sovrano, in parte creati da esse stesse nel corso della loro autonomia. Nè mancano i casi di adozione da parte di una città degli statuti appartenenti ad un'altra.

Anche in Inghilterra, come in Francia, i supremi organi giudiziarii furono una filiazione della Curia regis. Fa epoca a tale proposito l'anno 1178 nel quale Enrico II investì un ristretto numero di membri della curia di funzioni giudiziarie permanenti; è questa verosimilmente la prima origine della corte del «banco del re» (Kings Bench).
Sotto re Giovanni fu poi istituita la corte per le controversie private, la Curia Communium placitorium (Court of common pleas) che ebbe la sua organizzazione stabile con la Magna Charta del 1215. Ben presto accanto a questi due tribunali sorse la corte dello Scaccarium (lo scacchiere), competente per le controversie fiscali.
Tutte e tre queste corti all'inizio rimasero subordinate al gran giustiziario ed i tre collegi di giudici non erano completamente distinti; ma sulla fine del regno di Enrico III con la sparizione di quella carica essi si separano, e ciascuno diviene tribunale supremo indipendente nella sua sfera. Oltre alle corti suddette è da ricordare inoltre il tribunale del cancelliere.

Nelle contee continuarono a funzionare le antiche assemblee giudiziarie: quelle inferiori delle centene composte ancora degli uomini liberi di qualsiasi classe sociale; quelle superiori delle contee in cui prevalevano i vassalli della corona. Ma esse non avevano più l'antica importanza. Le controversie di minor valore erano di competenza dei giudici di pace, istituzione prettamente inglese; si trattava di giurisperiti tratti per lo più dai proprietari terrieri della rispettiva contea.

Dal 1360 furono istituiti dei commissari dei giudici di pace, incaricati di esercitare le funzioni di polizia e la giurisdizione penale per i reati minori. I reati più gravi erano invece riservati ai tribunali regi. Inoltre l'amministrazione provinciale della giustizia era controllata da giudici ambulanti dello scacchiere, istituzione che in questa forma era attuata sicuramente dai tempi di Enrico Il; ma qualcosa di analogo si riscontra già sotto i re normanni, anzi dello stesso sistema di controllo non mancano tracce che risalgono sino all'epoca anglo-sassone.

Questi giudici ambulanti ricordano i missi dominici di Carlomagno, ma hanno una sfera di giurisdizione più limitata. Originariamente essi anzi erano destinati a tutelare semplicemente gli interessi fiscali della corona; procedevano nelle contee alla tassazione con l'aiuto di due persone ivi domiciliate e vincolate da giuramento e controllavano la gestione dei funzionari locali, anche qui principalmente dal punto di vista finanziario; ma già sotto Enrico II li vediamo rendere pure giustizia nelle contee.

Il regno fu diviso in un certo numero di circoscrizioni, ciascuna delle quali era visitata periodicamente e regolarmente da due di questi giudici.
È nell'amministrazione provinciale della giustizia così organizzata che spunta anche l'istituto dei giurati, caratteristico dell'Inghilterra medioevale. Il funzionario posto a capo della contea, che si chiamava sceriffo, doveva designare quattro cavalieri della contea, i quali a loro volta eleggevano dodici persone che sotto il vincolo del giuramento giudicavano da quale parte in una determinata causa stesse la ragione.
Questa istituzione ha esercitato una benefica influenza sulla procedura civile inglese del tardo Medio-Evo.

L'avvocatura sorse molto presto in Inghilterra. Vi troviamo gli avvocati, relativamente ai quali la prima ordinanza fu emanata da Eduardo I, organizzati in corporazioni di rango inferiore e superiore (Inns of Chancery e Inns of court); in ciascuna si percorreva una carriera che cominciava da apprendista (apprentice) e per i gradi di attorney e narrator raggiungeva il grado massimo di sergeant-at-law, che equivaleva al grado di doctor iuris ed esigeva una promozione formale.

Una caratteristica di superiorità dell'evoluzione giuridica in Inghilterra rispetto agli altri paesi fu la precoce formazione di un diritto comune, il common law, che vigeva così per le classi superiori d'origine normanna come per il popolo minuto d'origine anglo-sassone; esso infatti operò come fattore influentissimo nel Processo di unificazione della nazione inglese.

Terminato questo particolare argomento sul diritto
andiamo in un altro settore, anche questo molto importante:
in quello militare.

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