-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

L'EUROPA FRA DUE RIVOLUZIONI - ( 1830-1849 )


195. 4) LA POLITICA DELLE POTENZE NELLA SPAGNA,
NELLA TURCHIA, IN ALGERIA, IN ORIENTE


Il contrasto delle Potenze costituzionali dell'Occidente contro le Potenze assolutiste d'Oriente trovò, nonostante qualche vaga sfumatura, la sua espressione più caratteristica nel loro atteggiamento di fronte agli avvenimenti della penisola pirenaica.
Il Portogallo e la Spagna nella prima metà del periodo tra il '30 e il '40 erano diventati Stati costituzionali. L'imperatore Don Pedro del Brasile aveva rinunziato a quel trono in favore del figlio Pedro II e aveva deciso di sostenere nel suo regno originario il Portogallo contro l'usurpatore Don Michele i diritti della sua figliola, Donna Maria da Gloria.
La guerra iniziata nel 1832 condusse nel 1833 alla presa di Lisbona e all'ingresso di Maria, ma non spezzò la resistenza di don Michele.

Nella Spagna l'influsso della bella napoletana Maria Cristina, sua quarta moglie, aveva indotto Ferdinando VII a sostituire alla successione al trono nella linea maschile la così detta successione antica castigliana delle femmine (in favore della sua figliola, allora nata, Isabella), mediante una prammatica sanzione. Quando Ferdinando nel settembre 1833 fu morto, la prammatica sanzione, nonostante le precedenti titubanze, era formalmente valida e la regina vedova, come reggente per la figlia minorenne, possedeva la suprema autorità. L'enorme maggioranza, del popolo però, grandi, clero, contadini, riteneva erede legittimo il fanatico assolutista don Carlos (in seguito Carlo V), fratello di Ferdinando, ritiratosi nel Portogallo.

La reggente Maria Cristina dovette per assoluta necessità crearsi un appoggio negli elementi liberali, fino a quel momento oppressi, fra le classi colte e industriali. Isabella fu riconosciuta dall'Inghilterra e dalla Francia. Avendo il regno, con lo Statuto regio ricevuto nel 1834, una costituzione plasmata sul modello della carta francese del 1814, le Potenze orientali invece si schierarono con tanto zelo, come fino allora avevano fatto per don Michele, anche in favore di don Carlos.

Non passò molto che esse appoggiavano di nascosto con le armi e col denaro il pretendente come rappresentante del principio monarchico.
Le Potenze occidentali, cui la Francia non intendeva lasciarsi trascinare a nessun costo a prestare un aiuto armato, tentarono invano, mediante una quadruplice alleanza del 22 aprile 1834, di padroneggiare le difficoltà in ambedue i paesi.
Don Michele, è vero, dovette rinunziare e abbandonare il Portogallo, di modo che Maria da Gloria rimase la sovrana dopo aver ristabilito la costituzione, che lo zio di lei aveva tolto di mezzo: ma don Carlos comparve in Spagna, dove andava ad iniziare la sua prima "GUERRA CARLISTA".

(((( NOTA:
LE GUERRE CARLISTE - IL CARLISMO - FINO ALLA GUERRA DI SPAGNA 1936-39)

Il carlismo come movimento politico spagnolo è nato dunque dalla disputa dinastica, anche se caratterizzato da una diversa visione del mondo. Si comincia a parlare di carlismo alla morte di re Ferdinando VII di Borbone (1784-1833), salito al trono dopo aver cacciato i francesi nel 1812. Con una serie di concessioni costituzionali e di successive abrogazioni egli produce una situazione d'insicurezza politica, che lo costringe a richiedere, nel 1823, l'aiuto della Santa Alleanza la quale invia un esercito guidato da Louis Antoine, duca d'Angoulème (1775-1844).
Rimasto per la terza volta vedovo e ancora senza figli, Ferdinando VII sposa Maria Cristina di Borbone-Due Sicilie (1806-1878) e poco dopo, poiché non ha eredi maschi, designa come legittimo successore il fratello Don Carlos María Isidro (1788-1855). Ma nel 1830 dal matrimonio nasce una figlia, Isabella (1830-1904), e il re, con atto unilaterale senza precedenti, il 29 marzo 1830 abroga la legge salica, che comporta l'esclusione delle donne dalla successione al trono, annulla la designazione di Don Carlos e proclama la figlia legittima erede.
Alla morte di Ferdinando VII, nel 1833, la Spagna si divide in due opposte fazioni. Da un lato si schierano i seguaci di Don Carlos, che assume il titolo di CARLOS V -(CARLO V) detti per questo "carlisti" -, erede legittimo secondo la legge salica, appoggiato dai monarchici legittimisti, dai cattolici tradizionalisti e soprattutto dai reazionari antiliberali; dall'altro si schierano i liberali, i massoni, i cattolici costituzionalisti e le frange più progressiste della società spagnola, che sperano di strappare a Maria Cristina - nominata reggente a causa della giovane età di Isabella - concessioni politiche grazie all'appoggio dato a sua figlia.
La lotta politica da contrasto dottrinale degenera presto in scontro armato: inizia la Prima Guerra Carlista (1833-1839). In Navarra e nelle province basche la popolazione insorge in difesa dei diritti di Carlos V e occupa la parte settentrionale del paese. Nel resto della penisola, dove la maggioranza parteggia per Isabella o si mantiene neutrale, la lotta diventa guerriglia e bande di armati carlisti, i requetés, attaccano a sorpresa le guarnigioni. La guerra si trascina fino alla tregua di Vergara, del 31 agosto 1839, e la guerriglia si esaurisce nel giugno del 1840.
Nel 1845 CARLOS V abdica in favore del figlio Carlos VI (1818-1861) e altri tentativi insurrezionali si verificano nel 1847 e nel 1849 - è la Seconda Guerra Carlista -, e nel 1860. Alla morte di Carlos VI gli succede il nipote Carlos VII (1848-1909).
Nel 1868 Isabella - Isabella II dal 1841 - viene dichiarata decaduta da un moto rivoluzionario repubblicano, quindi le Cortes, il parlamento spagnolo, chiamano al trono Amedeo I di Savoia (1845-1890). Nel 1872 Carlos VII, vedendo allontanarsi la possibilità di una restaurazione, dà il segnale della sollevazione: è la Terza Guerra Carlista (1872-1876). Prima contro Amedeo I di Savoia, poi contro la repubblica proclamata nel 1873 alla sua abdicazione, infine contro Alfonso XII (1857-1885), figlio di Isabella II, la guerra continua fino al 19 febbraio 1876 quando, sconfitti a Estella, in Navarra, i carlisti rinunciano alla lotta. Carlos VII decide di passare la frontiera francese con quanto resta del suo esercito, al quale, il 28 febbraio, rivolge l'ultimo discorso salutandolo con lo storico "Volveré!", "Tornerò!", consegna delle generazioni carliste venture ed espressione della fedeltà alla monarchia tradizionale.
Approfittando del malcontento politico prodotto dalla perdita di Cuba, di Portorico e delle Filippine a conclusione della guerra con gli Stati Uniti d'America del 1898, nello stesso anno i carlisti ritentano la sorte, ma sono sconfitti, esiliati e imprigionati. Seguono diversi tentativi di riorganizzazione da parte di delegati di Don Carlos, tutti destinati a insuccesso.
La morte di Carlos VII, avvenuta il 18 luglio 1909, precipita i carlisti in un lutto profondo e, dopo una fase di sbandamento, è invitato alla guida del movimento Don Jaime di Borbone (1870-1931), figlio di Carlos VII, che prende il nome di Jaime III.
Durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera y Orbaneja (1870-1930) i carlisti non hanno una posizione univoca e nel 1931 stringono un'alleanza elettorale con gruppi nazionalisti e piccole formazioni di destra - è la Minoranza Basco-Navarrina - per opporsi politicamente alla repubblica.
Il 22 settembre 1931 Alfonso XIII (1886-1941), di ascendenza isabellina, visita a Parigi Jaime III nella sua residenza di Avenue Hoche, visita ricambiata tre giorni dopo a Fontainbleu. Si parla di un riavvicinamento dei due rami e di un patto, per cui Alfonso XIII avrebbe accettato Jaime III come capo della Casa e legittimo erede al trono purché nominasse successore suo figlio, l'infante Don Juan; ma il 2 ottobre 1931, in seguito a una caduta da cavallo, Jaime III muore. L'unico discendente diretto è Don Alfonso di Borbone (1849-1936), fratello di Carlos VII, zio di Jaime III. Benché ottantenne e in una situazione politica molto difficile, Don Alfonso assume il titolo di re carlista con il nome di Alfonso Carlos, in memoria del fratello, e ricostituisce il movimento come Comunión Tradicionalista.
La "Cruzada" (1936-1939) - L'apporto carlista al tentato alzamiento del 10 agosto 1932 - guidato da José Sanjurjo y Sacanell (1872-1936) contro la Repubblica proclamata nel 1931 dopo la vittoria elettorale di repubblicani e di socialisti - è immediato e i giovani carlisti affrontano comunisti e anarchici in sanguinosi scontri.
Nelle elezioni del 1933 la CEDA, la Confederación Española de Derechas Autónomas, il fronte delle destre, ottiene circa duecentodieci deputati; ma non ha gli stessi obiettivi dei carlisti e il fallimento della sua politica è determinante per esasperare gli animi e per accentuare il carattere anticattolico e rivoluzionario del governo repubblicano, ormai egemonizzato dai socialcomunisti.
La Comunión Tradicionalista passa alla cospirazione e all'azione diretta. Sotto la guida di Manuel Fal Conde (1894-1975), giovane avvocato andaluso, capo della Comunión Tradicionalista, di José Luis Zamanillo González Camino (1904-1981), delegato nazionale dei requetés, e del generale José Enrique Varela Iglesias (1891-1951), capo militare, i carlisti si preparano alla ribellione.
Dal primo giorno dell'alzamiento, l'insurrezione del 18 luglio 1936, i reparti carlisti guidati da Sanjurjo, da Emilio Mola Vidal (1887-1937) e da Gonzalo Queipo de Llano y Sierra (1875-1951) partecipano alla Cruzada che vivono come una sorta di Quarta Guerra Carlista. Indalecio Prieto y Tuero (1883-1962), ministro della Marina repubblicana nel 1936, quando sa dell'alzamiento del generale Mola in Navarra, esclama: "Vi sono i requetés. Siamo perduti!". Inizia quindi l'ultimo atto bellico dei carlisti, di cui la Guerra Civile del 1936-1939 rappresenta l'epico epilogo. La Cruzada non è più solo lotta dinastica, ma una lotta per la difesa della Spagna contro la nuova barbarie.
La morte di Alfonso Carlos, il 29 settembre 1936, e l'unificazione imposta nel 1937 dal generalissimo FRANCISCO FRANCO Bahamonde (1892-1975) con la Falange Española y de las JONS - Juntas de Ofensiva Nacional-Sindicalista -, fondata nel 1933 da José Antonio Primo de Rivera y Sáenz de Heredia (1906-1936), tolgono alla Comunión Tradicionalista influenza sulla Nuova Spagna. ))))

La rocca di don Carlos, erano la Navarra e i paesi baschi, che non volevano rinunziare alla loro condizione particolare, soprattutto anche per rispetto alle dogane, in favore dell'unificazione amministrativa, sostenuta dai liberali. Dall'estero affluivano ai ribelli, militarmente ben organizzati, che temporaneamente avevano trovato nello Zumalacarregui un capo che era proprio nato per un simile compito, avventurieri bellicosi. Inoltre erano tutti infiammati da una convinzione uniforme politica e religiosa.
Non così i «cristini» che dovevano seguitare a combattere con i malcontenti progressisti, i quali nel 1837 impresero una radicale trasformazione della costituzione.

I generali regi, intralciati da gelosie, dall'invincibile andazzo e dalla povertà del Governo, non seppero padroneggiare l'incendio ben presto levatosi ovunque. La guerra fu condotta da ambo le parti con crudeltà, anzi addirittura con ferocia indiana, anche contro i non belligeranti. Ma don Carlos, che più volte ebbe la prevalenza militare, si lasciò strappare - reso perplesso da divergenze d'opinioni e da svogliatezza dei suoi seguaci - la vittoria dal generale Espartero.

La convenzione di Vergara costrinse, nel 1839, don Carlos a passare con i resti delle sue truppe sul territorio francese. Dopo che i generali avidi del potere ebbero obbligato anche la regina-reggente a lasciare il Regno, essi si accapigliarono come i progressisti o i moderati. Una rivolta teneva dietro all'altra. Il dittatore Espartero dovette nel 1843 abbandonare la Spagna, dove la tredicenne Isabella fu dichiarata maggiorenne.
Ma ormai il personaggio più importante tornò di nuovo con la rimpatriata regina-madre, pubblicamente sposa del suo amante, il soldato della Guardia Munoz.

Durante il ministero moderato del generale Narvaez fu nel 1845 ristabilita la costituzione del 1834. Nonostante la guerra civile erano evidenti i progressi nel riordinamento delle province e della costituzione dei comuni. Con l'aiuto delle Potenze occidentali si ottenne così nella penisola pirenaica che si ponesse fine all'anarchia dall'alto in nome dei santi principi.
Per questo motivo quelle medesime Potenze peccarono gravissimamente contro la Spagna, profondamente ammalata, e la sua dinastia a causa dei famigerati matrimoni del 1846.

Ben sapendo che la mano della giovane regina non poteva toccare a nessuno dei suoi figli, Luigi Filippo, violando precedenti accordi, concluse il matrimonio del proprio figlio, il duca di Montpensier, con la sorella minore della regina, e ottenne pure che Isabella divenisse la moglie del suo cugino, notoriamente impotente, l'infante Francesco d'Assisi.
Il suo calcolo non recò alcun guadagno a Luigi Filippo sotto nessun aspetto. Si ebbero discendenti d'Isabella quali eredi. Le Potenze occidentali stesse si divisero del tutto riguardo alla sordida politica familiare del Re Luigi Filippo, e in seguito a ciò non poterono opporre che una lieve resistenza all'incorporazione della repubblica di Cracovia, istituita nel 1815, nell'impero austriaco.

L'accordo, giammai saldo, delle Potenze occidentali si era già screpolato nella questione orientale, poiché gli interessi di ambedue si urtavano nel Mediterraneo.
L'Inghilterra, guidata dal Palmerston poco propenso alla Francia, cercava conservarsi la via libera commerciale alle Indie mantenendo il proprio predominio marittimo lungo tutta l'estensione delle coste; la Francia, dall'acquisto di Algeri ritornata potenza coloniale, attribuiva gran valore a una specie di dominio pacifico nell'Egitto, dove il suo alleato, l'illuminato Viceré Mehemet Alì, aveva mediante ingegneri, ufficiali e mercanti francesi evocato per incanto un artificiale fioritura di civiltà moderna in favore d'una dispotica onnipotenza e di una potestà guerresca dello Stato.

Mehemit Alì aveva ragione di lagnarsi del nessun conto, in cui i suoi grandi servizi durante l'insurrezione greca erano stati tenuti dal suo sovrano, il Sultano, il quale aveva rifiutato di cedergli la Siria, assidua meta della politica egiziana.
Nel 1831 Mehimit mendicò un pretesto per farsi, senza alcuno riguardo all'alta sovranità del Sultano, giustizia contro il pascià di S. Giovanni d'Acri. Le truppe del Sultano, che frattanto aveva deposto Mehimit, furono sbaragliate in Siria e poi a Conia nell'Asia minore (21 dicembre 1832).
La via di Costantinopoli era aperta al vincitore. L'Egiziano voleva seguirla, forse più che per rovesciare il Sultano per l'intento di rappresentare la prima parte accanto a lui o coperta da lui. Al grido di soccorso dell'umiliato Sultano si era per primo fatto avanti il rivale russo per difendere con truppe e navi la Porta contro il suo vassallo.

La diplomazia delle altri Potenze si affrettò a scongiurare il pericolo di uno sfacelo, inducendo il Sultano a cedere, nel trattato di Kutajah, al viceré d'Egitto la Siria meridionale. La Russia ritirò le sue milizie, dopo che nel trattato, concluso per otto anni, di Hunkiar-Iskelessi (1833) si fu obbligata ad appoggiare la Porta contro pericoli esterni ed interni, ed ebbe ottenuta la promessa in cambio che il Sultano in caso di guerra avrebbe sbarrato il Bosforo e i Dardanelli a tutte le navi nemiche della Russia.

Nonostante la gelosia degli Stati occidentali contro la rinascita del diritto d'intervento di una sola Potenza, esso rimase saldo contro il desiderio di tutti, e il Sultano e il suo vassallo gli anni successivi gareggiarono negli armamenti.

La Francia rese sempre maggiori servizi al suo alleato egiziano, mentre l'Inghilterra, stimolata dagli ostacoli delle sue relazioni attraverso Suez, pensava di indebolire il molesto monopolio egiziano mediante un trattato doganale concluso col Sultano.
Il dissidio fra il Sultano e il suo vassallo, il quale domandava il riconoscimento della sua signoria ereditaria, portò nel 1839 a una rottura. Il viceré fu proscritto, ma il suo esercito vinse nel 1839 a Risib il Gran Turco, il cui comandante, contro il consiglio del capitano prussiano von Moltke, che gli era stato collocato a fianco, aveva atteso l'assalto nemico in una posizione sfavorevole.

In mezzo a queste circostanze morì il Sultano Mahmud lasciando come suo successore un giovinetto sedicenne. All'annientamento dell'esercito tenne dietro la resa della flotta del fradicio impero turco.
Per salvare la Porta, le grandi Potenze il 27 luglio la invitarono a intraprendere trattative col vincitore con la loro cooperazione.
L'Inghilterra gli voleva appena lasciare il suo pascialato d'Egitto; la Francia intendeva assicurargli il dominio ereditario anche della Siria e dell'Arabia. Lo Zar Nicola, per l'odio che nutriva contro la monarchia borghese, rinunziando di fatto alla sua condizione privilegiata, conforme al trattato concluso, sul Corno d'oro, s'intese con l'Inghilterra, per regolare d'accordo con tutta l'Europa, in una conferenza londinese nel 1840 la questione.

Il ministro francese Thiers cercava all'incontro di ottenere direttamente un accordo più vantaggioso per l'Egitto. Una quadruplice alleanza delle altre quattro Potenze esigeva dal viceré l'adesione alle condizioni essenziali per l'integrità della Turchia, minacciandolo altrimenti di ricorrere alla forza. Questa stipulazione portò le quattro Potenze fino all'orlo della guerra con il Governo francese, urtato e spinto avanti dalla pubblica opinione.
Il pericolo illuminò a quel punto la nota debolezza della situazione tedesca sul Reno, contro il quale si sarebbe rivolto, conoscendo la cupida passione dei Francesi, il principale assalto.

La debole conservazione della neutralità per parte della Prussia, compresa nella quadruplice alleanza, avrebbe difficilmente potuto cambiare il corso delle cose.
Luigi Filippo salvò la pace sostituendo il ministero, che già si era fatto concedere i mezzi per fortificare Parigi, con un ministero Guizot.
Frattanto una flotta anglo-austriaca aveva conquistato le piazze costiere del territorio siriaco, già fatto ribellare contro gli Egiziani, e minacciava di bombardare Alessandria. La Porta, su proposta dell'Inghilterra, disapprovò con la deposizione di Mehemet Alì un trattato là concluso, mentre le grandi Potenze tedesche si avvicinavano al punto di vista francese.

Così nel gennaio 1841 Mehemet dovette accontentarsi del possesso ereditario dell'Egitto, sotto l'alta sovranità della Porta, nettamente determinata; mentre la Francia in apparenza tornava a completare la pentarchia delle grandi Potenze. Il così detto trattato degli stretti del 1841 attribuì, sul terreno internazionale, l'esclusivo uso del Bosforo e dei Dardanelli al Sultano. Lentamente e incompletamente la Turchia riacquistava forza.
La ricostruzione dell'esercito secondo il modello europeo riuscì a bene; ma, nonostante il pomposo Hatti-Scherit di Gülhane, non si giunse né a stabilire il servizio obbligatorio militare dei raiah, né durevoli riforme amministrative. Ciò non destava alcuna meraviglia, data la struttura religioso-guerresca dello Stato. Disordini nel Libano, per esempio, fra Drusi e Maroniti, poterono reprimersi soltanto nel 1846.

L'Inghilterra rimase a lungo fedele al dogma dell'integrità della Turchia, per esempio di fronte al giovine regno di Grecia, dove nel 1843 al Re Ottone mediante una rivolta fu estorta la costituzione. Con gli sforzi dei Francesi di assicurarsi l'influsso sull'Egitto, coincide l'assoggettamento dell'Algeria, iniziato nel 1830.
La parte orientale poteva considerarsi pacificata nel 1837, ma nell'Occidente incominciò nel 1839 di nuovo la lotta spietata del Bugeaud e dei Generali africani a lui succeduti contro il tenace emiro Abd el Kader. Aiutato dal sentimento d'indipendenza e dallo zelo religioso di tribù indigene, certo dell'asilo e dell'appoggio segreto nel limitrofo Marocco, solo nel 1847 fu potuto costringere ad arrendersi.

Con tutto ciò l'angolo occidentale dell'Algeria rimase un territorio tempestoso, e solo un po' alla volta l'organizzazione di tre province e l'avanzata verso l'Atlante procedettero lentamente in avanti.

In Asia stavano di fronte Russia e Inghilterra. L'Inghilterra appoggiava con un segreto contrabbando di armi le tribù combattenti nel Caucaso contro il dominio russo, senza poterne impedire l'assoggettamento e l'ulteriore avanzata dei Russi verso il Mar Caspio. Incominciava anche lo speciale interesse dell'Inghilterra per l'Asia centrale, dove, secondo il concetto prevalente a Londra, si credeva di coprire il possesso delle Indie orientali. Perciò ambedue le Potenze con l'oro e con l'influenza gareggiavano per accaparrarsi il predominio nella Persia, e perciò si urtavano spesso nell'Afganistan.

Un assalto dello Scià di Persia, intrapreso per consiglio russo, contro l'emiro di Herat fu mandato a vuoto dal minaccioso apparire di navi inglesi nel golfo persico (1840). Prescindendo da ciò, l'Inghilterra già nel 1839 si era assicurata con l'occupazione d'Aden sul Mar rosso un punto d'appoggio marittimo.
Alle spedizioni del viceré dell'India contro Kabul per garantire militarmente e commercialmente le vie d'invasione settentrionali nell'India, mediante Stati limitrofi dipendenti, non arrise a lungo la fortuna (1839-1843).

La guerra dell'oppio (1840-1842), scoppiata con la Cina più per cupidigia mercantile di singoli individui che per ordini precisi del Governo basti rammentarla soltanto.
Quel sozzo traffico procurava all'Inghilterra il commercio con Hongkong e permetteva al commercio mondiale, mediante cinque porti aperti, l'accesso nell'«Impero di mezzo», fino allora quasi del tutto chiuso.
La Russia con il trattato degli stretti, invece della disegnata sua dominanza sul Bosforo, pose quella dell'Europa, conseguì il vantaggio di garantire la sua frontiera sul Mar Nero. La conservazione della Turchia formò per il periodo immediato un fine della politica russa che niente più temeva che sapere Costantinopoli in mani greche.

Ma con tutto ciò fallì la spinta personale dello Zar a giungere sotto questo rispetto a un'intesa con l'Inghilterra, poiché di là dal Canale si teneva ancora a rimanere uniti con la monarchia di luglio, tanto aborrita dall'autocrate russo. Invano Nicola aveva tentato di coinvolgere Austria e Prussia in ripetuite ostilità contro gli Orleans: alle piccole corti tedesche aveva ricordato e ripetuta come una ammonizione di adempiere ai loro obblighi militari federali con l'argomento che i suoi Russi sarebbero stati la riserva dei Tedeschi, cioè contro la Francia.

Questo immischiarsi nelle faccende interne tedesche dell'autocrate russo, che si reputava la rocca della legittimità, era molesto. Dal proprio suocero, il Re Federico Guglielmo III, si sentiva respingere la sua pretesa di abolire la rivoluzionaria milizia territoriale. L'Austria si faceva promettere il suo aiuto nel caso d'una rivoluzione ungherese. D'altra parte, questo sistema di tutela toccò il suo colmo dopo la morte di Francesco I e di Federico Guglielmo III.

Per concludere,
uno sguardo all'evoluzione dell'impero coloniale inglese.

L'India, per l'interesse della quale principalmente erano avvenuti quegli attacchi nell'Asia centrale e orientale, rimaneva tuttavia sotto la compagnia dell'India, la patente della quale nel 1833 era stata prolungata di vent'anni, dopo che già nel 1814 il suo monopolio commerciale con la madrepatria era cessato. Tuttavia essa fu più tardi ristretta notevolmente, mediante il governatore generale e le autorità indigene.
Tutti gli Inglesi avevano ottenuto la libertà di domiciliarsi in India. Dopo che nella lotta con i Sikh fu sottratto l'antico territorio indiano del Pengiab ai dominatori indigeni, si cominciò sistematicamente ad assoggettare lo smisurato impero all'interesse collettivo della Gran Bretagna.

Con prudenza si cercò di educare e abituare gl'indigeni alla cooperazione, di migliorare insegnamento e stampa, giustizia e amministrazione. Siccome il dominio di una razza straniera era il fine principale, la durezza nell'agire non di rado rimaneva un precetto.
Ma, senza dubbio, la saggezza anglosassone fra la tolleranza verso le espressioni religiose straniere e le esigenze della civiltà - per esempio il divieto di ardere assieme al marito defunto le vedove - ha per lo più battuto la via giusta.

Si iniziò ad andare più avanti anche nelle colonie con popolazione prevalentemente inglese o almeno bianca. Ammaestrato dall'esperienza, fatta con le colonie della nuova Inghilterra (Usa), il Governo britannico concesse nel 1840 al Canada una assemblea elettiva con il diritto d'imporre tasse e di legiferare, purché non si trattasse di guerra, di politica estera e di relazioni commerciali con la madre patria.
Subito dopo fu istituito un governo responsabile (responsible government). Il risultato fu splendido così per la prosperità del paese, come per la fusione e la lealtà dell'intera popolazione.

In maniera analoga si cominciarono dal 1842 a concedere istituzioni costituzionali con simili poteri alle colonie australiane, rinunziandosi a usufruirle, contro la volontà della popolazione libera, come luoghi di deportazione per i delinquenti.
In seguito, la competenza si estese addirittura a modifiche costituzionali. Finalmente (solo nel 1853) alle colonie autonome si aggiunse la colonia del Capo, dove l'importazione di prodotti britannici in quei decenni rapidamente aumentarono, dopo che dall'abolizione della schiavitù dei negri in poi una parte degli antichi coloni olandesi aveva reputato prudente di «battersela», verso nord.

In generale, la legislazione doganale del Peel favorì lo sviluppo delle colonie, sebbene i dazi differenziali in pro della madrepatria fossero del tutto abrogati solo nel 1848. Nelle Indie occidentali e in altre colonie, dove la popolazione di già schiavi prevaleva notevolmente per numero, erano impossibili riforme di una certa importanza.
Così l'Inghilterra poté allargare e assicurare all'interno e all'esterno, la prevalenza marittima, conquistata nell'epoca precedente, cosicché la sua condizione di maggior potenza del traffico e dell'industria rimase incrollabile.
Del resto i coloni stessi scorgevano il proprio vantaggio nella libera appartenenza al grande impero britannico.

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196. 5) - AUSTRIA, PRUSSIA E GERMANIA NEL PERIODO
TRA IL 1840 E IL 1848 > > >

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