-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

177. NAPOLEONE AL COLMO DELLA SUA POTENZA
( La confederazione del Reno )

La pace di Tilsit del 7-9 luglio 1807 (quando Napoleone nel corso di un incontro segreto con lo zar Alessandro I, firmarono insieme un trattato di alleanza contro l'Inghilterra) pose anche gli affari del Settentrione nel campo diretto del dominio napoleonico, come da qualche tempo vi erano stati quelli del Mezzogiorno.
Seguì un periodo di tregua delle armi, ma tuttavia ci fu un continuo lavorio politico. Lo spirito dell'imperatore avvolse tutto il continente europeo, e in seguito alla guerra con l'Inghilterra, tutto il mondo.

Del resto, battuta l'Austria, umiliato la Prussia, amareggiato lo zar di Russia, non solo la Francia si godeva il suo momento di gloria, ma tutto il mondo guardava al suo invincibile imperatore Napoleone Bonaparte.
Abbattuta per ultimo la Prussia e diventata amica della Russia, ora a Napoleone occorreva fare i conti con l'ultimo nemico, attirare le potenze minori nella cerchia dell'influenza napoleonica e rovinare l'Inghilterra economicamente per mezzo del blocco continentale, e politicamente col suo isolamento.

Prima di ogni altra mossa i conti dovevano essere fatti con la Svezia. Dalla Pomerania svedese con l'aiuto dell'Inghilterra essa aveva rinnovato la guerra contro la Francia. Si era allora anche dimostrata l'importanza della Danimarca, che dominava il Sund e quindi l'accesso al Baltico. Quindi ognuno dei due avversari dei Francesi voleva avere amica l'Inghilterra.

Napoleone pose alla Danimarca la scelta tra la guerra contro l'Inghilterra o quella contro la Francia, proprio mentre Lord Canning a Copenhagen annunziò la comparsa al largo di una grossa flotta inglese. Cos'era accaduto? che a Londra si era avuta notizia degli accordi segreti di Tilsit e che Bernadotte stava già entrando nell'Holstein; sorgeva quindi il pericolo che la Danimarca si alleasse con la Francia.
L'Inghilterra non aveva intenzione di lasciarla giungere fino a questo punto. Intanto inviò la flotta al largo, poi diplomaticamente richiese di rinnovare l'alleanza e, quando questa fu rifiutata, la flotta inglese si avvicinò e cominciò a bombardare Copenhagen e a sequestrare una dopo l'altra le navi da guerra danesi.

L'improvviso e così tempestivo assalto produsse la più profonda impressione e fece apparire in certo modo Napoleone come un protettore contro gli atti di violenza del regno insulare; questo ebbe un effetto molto esteso sulle sue alleanze e sull'estensione del sistema continentale. Tutti ebbero la brutta sensazione che gli inglesi si erano comportati da veri barbari corsari.
Fu così che la Danimarca si unì alla Francia e la Svezia si trovò così debolmente sostenuta dall'Inghilterra che perdette la Pomerania e Rugen e si vide minacciata nella Finlandia dallo zar e nella Svezia occidentale dai Danesi.

Mentre il peso del dominio napoleonico si spostava sempre più verso oriente, si andava propagando non meno sul resto del continente. Napoleone fece cacciare la sovrana della Toscana ed annettere nel 1808 il suo dominio alla Francia. Con questo tutta l'Italia era da lui dipendente, ad eccezione dello Stato della Chiesa. Napoleone seppe far sorgere degli attriti col pacifico Pio VII, per poi mandare truppe nel suo territorio, per far passare il papa come un disturbatore della grande opera di pace e per presentarsi come il successore di Carlo Magno, a cui il papa doveva obbedienza.

Il 2 febbraio Roma fu occupata e il governo del paese fu assunto da un generale francese. Pio VII si chiuse nel Quirinale e sollevò alte proteste, le quali ebbero grande eco, specialmente nel teatro della guerra iniziata poco prima dall'imperatore, cioè nella cattolicissima Spagna.

La facilità, con la quale Napoleone aveva rovesciato i troni in Germania e in Italia, lo indusse a farne l'esperimento anche nella penisola dei Pirenei. La Spagna appariva una preda sicura e il disegno di Napoleone di assoggettare anche questo paese, corrispondeva a un'antica tradizione borbonica che in questo caso fece sua. E con la Spagna voleva acquisire anche il Portogallo, sebbene non desse alcun motivo di ostilità. Come strumento dei suoi piani doveva servirgli la corte depravata di Madrid col ministro Godoy, che la dominava.

Già nel luglio del 1807 era stato comunicato all'ambasciatore portoghese che il Portogallo doveva chiudere i suoi porti al commercio britannico. A Lisbona erano stati presi dalla disperazione, perché dall'Inghilterra si aveva altrettanto da temere come dalla Francia. Si dette perciò una mezza risposta, che soddisfece poco Napoleone, perché i suoi piani si erano intanto andati maturando.

Nel trattato di Fontainebleau riuscì a indurre la Spagna ad una spartizione del Portogallo; a questo scopo 28.000 Francesi, sostenuti da 11.000 Spagnoli dovevano marciare su Lisbona. Nel fatto questo significava già la rovina della dinastia borbonica. Il maresciallo Junot ricevette l'ordine d'impadronirsi della flotta portoghese e della famiglia reale; tutto doveva avvenire nel più profondo segreto. Junot accelerò la sua marcia, ma soffrì così tanto lungo la stada che giunse a Lisbona soltanto con 1500 uomini esausti. Inoltre giunse troppo tardi, cioé quando il principe reggente e la flotta si erano già messi al sicuro.

Napoleone andò sulle furie. Oppresse quel povero paese sotto gravi contribuzioni di guerra e proclamò che la casa di Braganza aveva cessato di regnare. In luogo di questa mise a governare Junot, mentre la Spagna ne usciva a mani vuote, anzi quegli avvenimenti, erano soltanto il preludio della sua occupazione.
Il regno, che un tempo aveva dominato il mondo, era giunto ad un'incredibile decadenza per il malgoverno della Corte, del clero e della nobiltà. Sedeva sul trono Carlo IV, uomo debole, indolente, incapace, dominato dalla moglie, l'appassionata e scostumata Maria Cristina e da Godoy, suo favorito, ambedue in contesa con Ferdinando, erede del trono.

Tutto questo veniva molto a proposito a Napoleone. Col pretesto delle complicazioni portoghesi e inglesi spinse nella Spagna forze militari sempre maggiori sotto il comando supremo di Murat. Il popolo divenne inquieto, Godoy perse la testa e indusse la famiglia reale a fuggire. Allora però si scatenò la furia del popolo. Gruppi inferociti di gente circondarono il palazzo di Aranjuez e fecero prigioniero Godoy. Per salvarlo il re abdicò in favore del figlio.

Intanto le cose si erano complicate anche in altri luoghi. Tra Inghilterra e Russia si era venuti ad una rottura inevitabile, a cui preludeva la pace di Tilsit. Lo zar innalzò alla dignità di ministro degli esteri il conte Romanzoft, avversario dell'Inghilterra e sostenitore della distruzione della Turchia per opera della Russia. Ma qui gli si oppose Napoleone, che per la conquista delle Isole Jonie e del distretto di Cattaro era diventato un vicino della Turchia. Bonaparte offrì la sua mediazione per una pace fra lo zar e la Porta, e poiché Alessandro s'insospettì, gli propose che la Russia si tenesse la Moldavia e la Valacchia, qualora la Francia acquistasse una porzione equivalente della Prussia.
Lo zar non acconsentì a questa proposta, e qui si cominciò da entrambi le parti ad alienarsi l'uno dall'altro.

Nello stesso tempo l'Inghilterra continuava con fermezza la guerra e questo accelerava gli avvenimenti in Parigi e in Pietroburgo, anzi parve spingere perfino l'Austria a schierarsi da quella parte. Le relazioni fra Napoleone e gli Asburgo, essenzialmente per l'abilità del conte Metternich, ambasciatore austriaco a Parigi, si erano così migliorate che l'Austria tentò una mediazione pacifica tra la Francia e l'Inghilterra. Quando questa fallì, l'Austria aderì al sistema continentale.
Napoleone sperava di andare ancora più oltre, e fece quindi la proposta di una spartizione della Turchia fra Russia, Austria e Francia, mirando ad una marcia continentale verso le Indie. Per regolare la cosa espresse il desiderio di parlarne personalmente allo zar in un luogo a mezza strada circa tra Pietroburgo e Parigi.

La sua speranza era che la guerra della Russia contro la Svezia gli concedesse con l'aiuto dell'Austria il predominio nella penisola balcanica, poiché sempre più vivace tornava a prevalere nella sua mente il desiderio di dominare sul Mediterraneo.
Alessandro accolse con calore il disegno di una divisione della Turchia e dichiarò di esser pronto a trattarne in un incontro a Erfurt; richiese tuttavia tutta la parte orientale della penisola balcanica, compresa Costantinopoli. Credeva di poter fare una richiesta così grave, avendo occupato la Finlandia e avendo, in considerazione delle difficoltà del suo alleato nella Spagna, pubblicato il 26 marzo 1808 un editto, con cui trattava la Finlandia come paese conquistato.

Non era invece così né si era a questo punto. I Finlandesi si erano infatti sollevati e mossi a resistere dal sentimento nazionale, fino al punto che costrinsero Alessandro a garantire il 17 giugno le loro antiche franchigie e la loro rappresentanza nazionale.
La Svezia nell'armistizio di Uleaborg riconobbe la perdita di quella provincia, e lo zar convocò i quattro Stati del granducato a Borgo, dove il 27 marzo 1809 confermò solennemente lo stato precedente: la confessione evangelica, le leggi fondamentali del paese, i diritti e i privilegi degli individui e delle corporazioni.
Con questo la sua posizione di fronte a Napoleone si era straordinariamente rafforzata.

Per quest'ultimo la Spagna era intanto divenuta un impaccio di tutta la sua politica, così da vedersi costretto Napoleone a rinviare tutti i suoi piani di una spartizione della Turchia ovvero di una conquista dell'Egitto e dell'India, e da essere più incline a sgombrare la Prussia e la Polonia. Anche altri fatti si aggiungevano a renderlo cauto; la Prussia si adoperava a rialzarsi dalla sua caduta ed anche l'Austria stava percorrendo nuove vie.
In ambedue gli Stati i sovrani ricorrevano alla nazione. Là agiva lo Stein, qui lo Stadion; di qua e di là si miglioravano l'amministrazione e l'ordinamento militare. Anche la Turchia cominciò a dimostrare maggiore ostinazione.

L'imperatore francese aveva un oscuro presentimento che le cose andavano peggiorando, che sorgevano delle nuove forze pericolose. Ad ogni modo la situazione complessiva si andava spostando; per Napoleone l'alleanza con la Russia diveniva più preziosa, mentre lo zar vedeva sempre più nell'Austria e nella Prussia degli alleati naturali. L'istinto della propria conservazione riavvicinava l'una all'altra le potenze dell'oriente per resistere al Corso e a occidente le cose andavano così male che il napoleonico re Giuseppe dovette fuggire da Madrid.

Appena Napoleone ne fu informato, accettò l'invito di incontrarsi con Alessandro al congresso di Erfurt. Preventivamente per cattivarsene l'animo annunciò a Pietroburgo la partenza dei Francesi dalla Prussia e pregò che si facessero obiezioni contro gli armamenti dell'Austria. Non più Napoleone, ma Alessandro era ormai l'arbitro dell'Europa, e questi era risoluto a trarre profitto della sua posizione per paralizzare la Francia nella Spagna, favorire la pace armata nell'Europa centrale e prendersi un risarcimento a spese della ondeggiante Turchia.
Ma per far questo lui doveva mantenere esteriormente l'amicizia con Napoleone, riservandosi al momento favorevole di romperla definitivamente con lui. Con simili idee fece il suo ingresso in Erfurt il 27 settembre 1808.

Napoleone dal canto suo, sentendosi meno temuto, sperava di compensare questa perdita con le arti diplomatiche e con l'ostentazione di uno splendore incredibile. Erfurt divenne una città francese; i migliori reggimenti francesi vi rendevano gli onori militari, i principi della confederazione renana, l'alta aristocrazia e la diplomazia europea gli onori politici. Gli attori parigini più importanti comparvero davanti ai due imperatori e ad «una platea di re».
Una festa teneva dietro all'altra, si fece perfino una breve visita in Weimar ai principi dei poeti, a Goethe e a Wieland.

Con irritazione di Napoleone l'imperatore Francesco si era tenuto lontano da Erfurt perchè i desideri della Francia e della Russia rimanevano inconciliabili. Lo zar mirava fermamente ai suoi fini, e Talleyrand fiutando il tramonto del suo sovrano, lavorava segretamente contro di lui. Così non si potè raggiungere un gran che, nemmeno il matrimonio desiderato da Napoleone con una sorella di Alessandro, in compenso del quale egli voleva fare grandi concessioni.

Il risultato di molti colloqui e di molte feste fu il trattato segreto di alleanza del 12 ottobre: offerte comuni di pace all'Inghilterra, acquisto della Moldavia e della Valacchia per parte della Russia, partecipazione della Francia ad una guerra russo-turca soltanto nel caso di un intervento austriaco, appoggio dato dalla Russia alla Francia, se l'Austria avesse dichiarato la guerra a Napoleone, alleviamento dei carichi che gravavano sulla Prussia, riduzione a 120 milioni di franchi dei pagamenti ad essa imposti e sgombro delle fortezze dell' Oder.

Il congresso di Erfurt (sopra in un quadro di Gosse) significò quindi la (ma solo apparente) continuazione dell'alleanza franco-russa, però in sostanza a vantaggio della Russia, tanto più che l'Inghilterra respinse le proposte di pace.
Quei giorni sono degni di nota perché rappresentano il colmo dell'umiliazione dei principi della confederazione renana. Ad uno di essi si vuole che Napoleone abbia gridato: «Tacete, re di Baviera». Quando il re di Württemberg giunse in carrozza dinanzi al teatro, e la guardia ingannata dal suo sfarzo batté un triplice rullo di tamburo, l'ufficiale che lo comandava ordinò: «Fermatevi, é soltanto un re !». Invece Napoleone si comportò affabilmente di fronte ai due sommi poeti, per mostrare al mondo come egli si sentiva affine al genio. Goethe si lasciò del tutto inebriare da quest'uomo. Non così il popolo tedesco; era ostile a Napoleone e lo fu sempre di più.

Questo periodo di tempo é stato importante anche per la Polonia e per la Svezia. II granducato di Varsavia, come una dipendenza francese in mezzo agli Stati orientali, formato dai territori acquisiti dalla Prussia nelle tre spartizioni della Polonia, a cui si aggiunsero per la pace di Schonbrunn anche i paesi austro-polacchi, comprendeva più di tre milioni e mezzo di abitanti. Il re Federico Augusto di Sassonia stava a capo di esso; la sua costituzione somigliava a quella del 1791, però con maggiori prerogative della corona.


Però tutto era paralizzato dalla guarnigione francese sotto il maresciallo Davont e dall'ambasciatore francese a Varsavia, che presto si mutò in un padrone.
I patriotti polacchi dovettero riconoscere che nulla si doveva aspettarsi da Napoleone. A lui importava invece avere amica la Russia e quindi di tenere a freno la Polonia, delle cui truppe in massima parte si servì per i propri fini, anche nella Spagna.

Inoltre il blocco continentale e la scarsità di denaro gravavano fortemente sul popolo polacco. Nonostante tutto ciò Napoleone aveva un partito non insignificante nel paese, perché teneva sveglie artificiosamente le speranze polacche ed era l'unico che le potesse appagare. Ma in realtà a lui non gli importava nulla della Polonia.

Perfino sulla lontana Svezia il Corso esercitò una profonda azione. Il re Gustavo IV, cavalleresco ma con idee poco chiare, era stato il nemico più tenace della Francia, anche a spese del suo proprio Stato. Combatté infelicemente nella Pomerania, perdette la Finlandia e Bernadotte dovette condurre 35.000 uomini dalla Danimarca nella Svezia meridionale, impresa che però non ebbe luogo.
Il malcontento contro il re era grande e aumentò finché il generale Adlersparre il 29 marzo 1809 non lo costrinse ad abdicare. Gli Stati chiamarono sul trono il vecchio Carlo XIII e nominarono suo successore il principe Cristiano Augusto di Augustenburgo.

Seguì dopo una serie di trattati di pace con la Russia, la Danimarca e la Francia, in forza dei quali la Finlandia fu ceduta definitivamente, ma fu ricuperata la Pomerania anteriore con Rügen e la Svezia aderì al blocco continentale. Subito dopo morì il principe Cristiano. Nella ricerca di un nuovo successore al trono, che non fosse impari a quella situazione difficile, si pensò al Bernadotte. Il 18 agosto 1810 fu proclamato erede della corona dal re e dall'assemblea, ed egli si dichiarò disposto ad accettare solo se Napoleone avesse acconsentito. Ma questi non amava l'intrigante maresciallo e gli fece presente in poche parole che egli poteva acquistare la nazionalità svedese, ma non mai combattere contro la Francia. A questo punto Bernadotte non acconsentì, finché l'imperatore di cattivo umore riconobbe l'innalzamento della nuova dinastia nella Svezia.

Brillava ancora fino a lontani paesi la stella del corso,
eppure chiaramente stava volgendo al suo tramonto.

LA PRUSSIA E LA CONFEDERAZIONE DEL RENO > >

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