RELAZIONE DELL'AMMIRAGLIO ERNEST J. KING
Comandante in Capo della Flotta degli Stati Uniti e Capo delle Operazioni Navali


PARTE III

OPERAZIONI BELLICHE

GENERALITÀ - ORGANIZZAZIONE DELLA FLOTTA DEGLI STATI UNITI


Il 10 febbraio 1941 negli alti gradi della marina venivano nominati tre Comandanti in capo, uno per la flotta Asiatica, uno per la flotta del Pacifico ed uno per la flotta dell'Atlantico, e si stabiliva, principalmente a scopo di uniformità, che uno dei tre, a seconda delle circostanze, avrebbe avuto le funzioni di Comandante in capo della flotta degli Stati Uniti. All'epoca di Pearl Harbor il Comandante in capo della flotta del Pacifico era altresì Comandante in capo di tutta la flotta degli Stati Uniti.

Quasi subito dopo la nostra entrata in guerra apparve evidente che agli effetti del comando, tutti gli oceani dovevano essere considerati come un'unica zona di guerra, per poter ottenere uno sforzo coordinato ed un'equa distribuzione di tutte le nostre forze navali. Per conseguenza, il 20 dicembre 1941, il Presidente modificò la suddetta organizzazione, creando un -Comandante supremo di tutta la flotta degli Stati Uniti, distinto dai tre Comandanti in capo; egli stabilì anche che il Quartier Generale del Comandante supremo della flotta dovesse aver sede al Ministero della Marina a Washington.

Il 10 gennaio 1942 l'ammiraglio H. R. Stark era Capo delle Operazioni Navali, l'ammiraglio E. J. King Comandante in capo della flotta degli Stati Uniti, l'ammiraglio T. C. Hart Comandante in capo della flotta Asiatica, l'ammiraglio C. W. Nimitz (che aveva sostituito agli ultimi di dicembre l'ammiraglio H. E. Kimmel) Comandante in capo della flotta del Pacifico, ed il vice ammiraglio (ora ammiraglio) R. E. Ingersoll Comandante in capo della flotta dell'Atlantico.

Nel marzo 1942, all'epoca della mia nomina al posto da me presentemente ricoperto, le funzioni di Capo delle operazioni navali furono unificate con quelle di Comandante supremo della flotta degli Stati Uniti. L'ammiraglio Stark, che con tanta competenza aveva adempiuto ai suoi doveri di Capo delle operazioni navali durante tutto il periodo vitale che precedè la nostra entrata in guerra, divenne Comandante forze navali degli Stati Uniti in Europa. Questa riforma fu accompagnata da vari adattamenti nell'organizzazione del Ministero della Marina, destinati, tra le altre cose, a facilitare l'appoggio logistico da dare alle nostre Forze navali col sussidio degli adeguati mezzi di coordinamento. Ad eccezione della flotta asiatica, che cessò di esistere come tale nel giugno 1942, l'organizzazione fondamentale della flotta americana e di tutti i servizi relativi è rimasta inalterata. Tuttavia, nella primavera del 1942 e di tanto in tanto in epoche successive, furono istituiti dei comandi indipendenti agli ordini diretti del Comandante supremo della flotta americana.

ORGANIZZAZIONE DELLE SINGOLE FLOTTE

In tempo di pace, per ragioni di uniformità ed anche per facilitare l'istruzione e l'amministrazione, le nostre forze navali operano in base ad una cosiddetta organizzazione-tipo: ogni flotta, cioè, è suddivisa in tante parti, quanti sono i tipi di navi che la compongono (ivi compresi gli aeroplani della marina operanti da basi terrestri) ed in generale gli ufficiali destinati a comandare ogni suddivisione hanno il grado immediatamente inferiore a quello di Comandante in capo di una flotta. Questi "Comandi-tipo" servono soprattutto a scopi amministrativi. In caso di operazioni belliche, le navi e gli aeroplani dei tipi adatti alle varie circostanze vengono raccolti in gruppi di operazione ("task force").

FRONTIERE MARITTIME

Il 1° febbraio 1941 le frontiere costiere della marina (Naval Coastal Frontiers) consistevano di uno o più distretti marittimi, a seconda della loro posizione geografica, e i reparti addetti alle frontiere costiere della marina avevano funzioni amministrative e d'organizzazione. I comandanti erano responsabili di fronte al Ministero della Marina per tutto ciò che riguardava servizi amministrativi, ed al Capo delle Operazioni navali per tutto il resto.
Il 20 dicembre 1941 le forze in servizio attivo delle frontiere costiere della marina furono poste alle dipendenze del Comandante supremo della flotta degli Stati Uniti.

Il 6 febbraio le frontiere costiere della marina divennero le frontiere marittime (Sea Frontiers), ed i comandanti delle frontiere marittime passarono alle dipendenze del Comandante supremo della flotta degli Stati Uniti per quella parte dei loro comandi che comprendeva le navi e gli aeroplani assegnati alle frontiere marittime: per le navi e gli aeroplani invece destinati dal capo delle operazioni navali a funzioni di difesa locale, dipendevano dal Capo delle operazioni navali.
Il suddetto cambiamento di nome delle frontiere costiere della marina non deve far nascere confusione con le cosiddette "frontiere costiere": queste ultime, di cui la frontiera marittima fanno parte, rappresentano zone costiere, l'una contigua all'altra, entro cui gli ufficiali dell'esercito e della marina esercitano funzioni di comando sulle loro rispettive forze ed attività militari.
Nel territorio continentale degli Stati Uniti ci sono quattro frontiere marittime: quella orientale, che comprende tutta la costa Atlantica; quella del Golfo del Messico; quella occidentale che comprende la parte meridionale della costa del Pacifico, quella nord-occidentale, che comprende la parte settentrionale della costa del Pacifico.

BASI AVANZATE

Già nei primi tempi della guerra intraprendemmo un ampliamento di tutto il nostro sistema di basi avanzate, molte delle quali erano state poco prima conquistate dalle nostre forze combattenti. Le costruzioni hanno un carattere più o meno definitivo a seconda delle circostanze: si tiene conto cioè se le basi furono conquistate in seguito ad una semplice incursione o ad una vera e propria avanzata. Nel Pacifico meridionale e centrale, fino ad ora tutta la nostra campagna può dirsi una guerra per la conquista di basi avanzate, dove si possano costruire porti di rifornimento, cantieri di riparazione di navi e campi d'atterraggio; tutti mezzi cioè destinati a funzionare da appoggio alla nostra azione offensiva.

Le nostre basi avanzate variano considerevolmente di grandezza: ce ne sono alcune, destinate soprattutto alla manutenzione e riparazione di motosiluranti, con un piccolissimo numero di ufficiali e marinai, e ce ne sono altre, grandissime, che contengono bacini di carenaggio galleggianti, navi per riparazioni speciali, fonderie, officine meccaniche ed elettriche perfettamente attrezzate con migliaia di specialisti. Mentre alcune di queste basi hanno uno scopo generale, altre sono istituite per scopi speciali. Le basi per navi di scorta per i convogli, situate ai capilinea delle rotte dei convogli stessi, provvedono combustibile, forniture varie, munizioni e mezzi di riparazione per le navi mercantili e le unità di scorta. Speciali centri di riposo offrono agli equipaggi possibilità di ricreazione e di svago, quando tornano dalle zone di operazioni. Le basi per gli aerei hanno tutta l'attrezzatura di cui dispone una nave porta-aerei, ma in proporzione molto maggiore.

Le basi, una volta costruite, debbono essere mantenute in efficienza: il problema di rifornire queste basi avanzate della nostra marina in tutte le parti del mondo è infinitamente complesso e richiede un'opera perfetta di coordinamento, nonché la cura di ogni più minuto particolare. Occorre mettere a disposizione della base in quantità sufficienti ed a tempo opportuno, vettovaglie, vestiario, combustibile, munizioni, parti di ricambio, attrezzi e molti tipi di svariato equipaggiamento.

Considerando le difficoltà da superare, si può dire che le misure prese per il rifornimento e la distribuzione di materiali alle basi avanzate si sono dimostrate estremamente efficaci. Abbiamo improvvisato nuovi metodi più rapidi, per semplificare tutto il complesso procedimento ed accelerare le consegne di merce: fra gli altri, citiamo il sistema dell'ordinazione da lontano in base ad uno speciale catalogo. Usando questo "catalogo funzionale della marina" si possono ordinare tutte le parti dell'equipaggiamento necessario ad impiantare qualsiasi base, da una piccola stazione metereologica ad un aerodromo o ad un cantiere navale perfettamente montato.

Via via che le nostre truppe avanzano, occorre stabilire nuove basi: allo scopo di realizzare un'economia di uomini e di materiale, si provvede alle esigenze delle nuove basi soprattutto con lo sguarnire quelle lasciate indietro nelle regioni che non sono più di prima linea.

EFFICIENZA BELLICA

Quando fu attaccata Pearl Harbor, le forze che facevano parte della flotta atlantica erano state impegnate in azioni belliche contro i sottomarini dell'Asse, ma quelle delle flotte del Pacifico ed asiatica non avevano ancora preso parte ad alcuna azione di guerra. La transizione dallo stato di pace allo stato di guerra implicava dappertutto, e per tutti i tipi di navi, un certo numero di immediati cambiamenti, molti dei quali non avrebbero potuto effettuarsi prima che le navi entrassero in azione. Per citare un esempio, abbiamo tratto profitto dalle esperienze acquistate nella prima fase della guerra circa l'impiego e il rendimento di certe armi in combattimento; le nostre forze hanno avuto modo di sperimentare in azione le bombe anti-sommergibili e le cariche esplosive nei siluri e nelle granate, e di impratichirsene perfettamente. Similmente, l'esperienza di guerra ci ha insegnato molte cose circa la verniciatura e la conservazione dell'interno delle navi, il mascheramento, le deficienze ed i possibili miglioramenti nel materiale, ecc. L'esperienza più preziosa è stata quella acquistata nel campo della tecnica operativa, specialmente per ciò che riguarda i combattimenti aerei, le operazioni anfibie, e le scorte dei convogli.

Ma c'era di più: lo spirito d'iniziativa dei marinai, e specialmente degli ufficiali venne messo veramente alla prova. Per molti anni avevamo tentato di insegnare agli ufficiali a riflettere, a giudicare ed a decidere per conto loro: metodo questo che ha dato ottimi frutti quando è incominciata la guerra.
La guerra ha servito anche a mettere alla prova i metodi d'istruzione seguiti in tempo di pace e specialmente lo spirito d'iniziativa degli ufficiali. Nell'esercizio delle funzioni di comando, iniziativa significa bensì libertà d'azione, ma non libertà di agire a caso e senza riflettere; non libertà di prescindere dalle istruzioni ricevute di dipartirsi dai procedimenti normali senza un'assoluta necessità. Non si può mai agire "indipendentemente" dalle altre unità, cioè dalla flotta nel suo complesso. Iniziativa significa che uno è libero di agire, quando impiega nella sua azione tutte le risorse della sua istruzione, del suo addestramento, della sua esperienza, della sua abilità e della sua intelligenza. Tutto ciò richiede intensa riflessione, affinchè l'azione da svolgere venga eseguita come parte di un tutto, ovvero come l'anello di uno catena o la ruota di un delicato ingranaggio.

In altre parole, gli ufficiali, dopo il periodo di addestramento, hanno affrontato ora la prova del fuoco. La maggior parte di essi hanno compreso perfettamente le transizione che ha luogo automaticamente, quando, dallo stato di pace si passa a quello di guerra, ma abbiamo ritenuto opportuno di definire ed accentuare i nuovi compiti richiesti in tempo di guerra, non solo per farli comprendere meglio, ma anche per istruire i nuovi venuti. Infatti, il decentramento dei poteri, che è importantissimo, è basato sulla divisione del lavoro e non può dare buoni risultati, se lo spirito d'iniziativa da parte di ogni membro dell'organizzazione non è perfettamente adeguato ai compiti da svolgere.

VALUTAZIONE DEI RISCHI

La capacità di un ufficiale di marina di prendere sagge decisioni al momento opportuno dipende da un complesso di qualità: l'intelligenza naturale dell'individuo, il temperamento, le reazioni psicologiche di fronte al pericolo e le cognizioni professionali sono tutte qualità che concorrono a determinare l'accortezza e la bontà delle decisioni di un individuo. Per anni ed anni abbiamo insegnato ai nostri ufficiali a pensare chiaramente e per conto loro, per afar sì che, messi di fronte alla necessità di prendere una decisione in tempo di guerra, fossero preparati a farlo.
Un compito quasi quotidiano di tutti coloro ai quali sono affidate funzioni di comando consiste nella valutazione dei rischi che potrebbero derivare da una data azione. Il rischio può dipendere da una data disposizione delle forze navali come fu quello che dovemmo affrontare prima della Battaglia di Midway, pur rendendoci conto che un calcolo sbagliato avrebbe potuto lasciarci in una situazione strategica sfavorevolissima; il rischio può essere dato dall'entità delle perdite in una progettata azione navale, come, fu quello della Battaglia di Guadalcanal nei giorni 13, 14 e 15 novembre 1942; oppure il successo od il fallimento di un'azione può dipendere dalla esatta valutazione delle condizioni politiche, come avvenne nel caso degli sbarchi nell'Africa Settentrionale;- e gli esempi si potrebbero moltiplicare.

Valutare i rischi non vuol dire giocare d'azzardo; significa molto di più che non fare un calcolo matematico dei pro e dei contra; non si può ridurre ad una data formula; è l'analisi di tutti gli elementi, che messi insieme servano ad indicare se i rischi che noi corriamo sono più che compensati dalle perdite inflitte al nemico o dallo scompiglio apportato nei suoi piani. Il calcolo di siffatti rischi, basato sul ragionamento e sulla logica, fa parte dei doveri di ogni ufficiale che partecipa ad azioni belliche ed anche di molti che non vi partecipano. Constatiamo con soddisfazione che tali gravi responsabilità, nella maggior parte dei casi, non solo vengono accettate di buon grado, ma ardentemente ambite, e che sono pochissimi i casi in cui non siano state perfettamente assolte.

PROBLEMI LOGISTICI

Questa guerra è stata chiamata talvolta guerra di produzione, e talvolta guerra di macchine: sia essa l'una o l'altra cosa, per ciò che riguarda gli Stati Uniti, è una guerra logistica. Il problema di rifornire le nostre truppe (comprese quelle terrestri) in tutte le parti del mondo, e di dare loro sufficiente appoggio si può dire veramente colossale e tale da richiedere studi accurati e complessi. La profonda ripercussione dei problemi logistici sulle nostre decisioni strategiche è trattata in altra parte di questa relazione; qui basterà dire che per tutti coloro i quali non le conoscono per esperienza, è molto difficile rendersi conto di quel che vogliono dire le enormi distanze da coprire, e specialmente quelle del Pacifico. Non è una cosa facile, in una guerra globale come questa, poter disporre dei materiali necessari in quantità adeguate, al momento opportuno e nei luoghi dove occorrono.
Oltre a procurare le navi necessarie alle esigenze logistiche della marina, abbiamo dovuto provvedere al trasporto di truppe dell'esercito e soddisfare agli impegni presi in base alla Legge di Prestito e Affitto. Questo complesso di circostanze ha fatto sì che il problema dei trasporti marittimi abbia acquistato enorme importanza, ripercuotendosi su tutta l'industria delle costruzioni navali e sulla marina mercantile.

All'epoca della dichiarazione di guerra, facemmo un'immediata rassegna della situazione nel campo dei materiali di guerra e ci rendemmo conto che, qualunque fosse la quantità di materiali che avremmo potuto produrre entro il prossimo anno, non sarebbe mai stata sufficiente. Per conseguenza, per dare la precedenza a ciò che appariva più importante, rivolgemmo tutti i nostri sforzi a produrre il massimo possibile di materiali di tutti i generi, considerando che, via via che la guerra procedeva, potevamo rivedere i nostri preventivi, adeguandoli alle esigenze del momento. Costituimmo quindi nelle nostre basi avanzate scorte di parti di ricambio e di materiali necessari alla manutenzione di navi e di aeroplani, continuando a consegnare ulteriori rifornimenti ad intervalli regolari.
Considerando il rapporto che corre tra i rifornimenti di munizioni ed il contingente di forze sparse sugli otto fronti del mondo, eravamo costretti a mantenere un flusso costante di uomini e di munizioni dalle nostre basi di rifornimento, per conservare l'equilibrio della nostre forze combattenti, e adeguarle ai progettati piani di operazione. Le quantità inviate naturalmente cambiavano a seconda dell'importanza dei singoli fronti, o per meglio dire a seconda dell'importanza della particolare operazione che si svolgeva su un fronte o sull'altro. È interessante notare che gli Stati Uniti erano e sono la sola nazione che ha abbondanza sì di uomini che di materiali.

Più tardi, quando eravamo in guerra da più di un anno, divenne più facile prevedere con maggiore esattezza il fabbisogno di materiali; furono apportati infatti numerosi cambiamenti nella distribuzione del materiale da inviare alle forze combattenti.
I metodi di rifornimento alle unità che si trovano in mare sono svariatissimi. Così, ad esempio, la fornitura di pezzi di ricambio e di materiali può essere effettuata ad intervalli regolari, ma la necessità di fornire materiali per la riparazione di unità danneggiate in battaglia è ben diversa: può trattarsi infatti di dover fornire batterie complete di pompe, turbine, caldaie, turbogeneratori, timoni, ecc. In questi casi si è ritenuto più opportuno accumulare queste parti di macchinario in speciali depositi negli Stati Uniti, per poterle immediatamente consegnare dove occorrono. Per citare un esempio, un sottomarino danneggiato dovette rifugiarsi in una base lontana per sostituire i congegni principali di guida ed i cavi elettrici. Ebbene, trentasei ore dopo aver ricevuto le prime informazioni concernenti i danni e le parti occorrenti alle riparazioni, un aeroplano da trasporto carico di nove tonnellate di pezzi di ricambio partì per la base avanzata.

CARATTERE DELLE OPERAZIONI

II carattere predominante di questa guerra, sebbene in essa si sperimentino i vari tipi di guerra navale con predominio dell'attività dell'aviazione della marina, è dato fino ad oggi delle molteplici operazioni anfibie, un metodo di guerra cioè di cui i Giapponesi avevano una pratica considerevole. La nostra convinzione che questo tipo di guerra richiedesse una tecnica speciale, basata sulla stretta collaborazione delle forze terrestri, navali ed aeree, è stata effettivamente confermata. Le esigenze stesse di tali operazioni hanno contribuito grandemente a cementare la cooperazione tra le varie forze; grazie ad essa ogni individuo ha cominciato a rendersi conto che la divisa che indossa significa anzitutto che egli fa parte delle forze armate americane, e che soltanto in secondo luogo deve considerarsi parte di una determinata sezione di queste forze. L'unica maniera per raggiungere il successo nelle operazioni anfibie è quella di stabilire un'unità di comando: avviene quindi che tutte le unità che prendono parte ad una data operazione sono poste al comando dell'uffìciale che possiede i migliori requisiti per quella particolare impresa, prescindendo dalla posizione che egli occupa nelle nostre forze armate.

PERDITE NEMICHE

Come abbiamo già accennato, la presente relazione si propone di dare un quadro generale, più che particolare, delle nostre operazioni. Siccome i Giapponesi non pubblicano l'elenco delle loro perdite, non abbiamo dati esatti circa le navi nemiche affondate e gli apparecchi distrutti.

STRATEGIA

Lo svolgersi degli avvenimenti nei due anni che seguirono allo scoppio della guerra in Europa faceva prevedere che la guerra avrebbe potuto coinvolgere anche gli Stati Uniti, divenendo così veramente globale in tutta l'estensione del termine. Oltre a ciò, la crescente prepotenza giapponese ed i continui dissensi tra la politica degli Stati Uniti e quella del Giappone, davano la sensazione che il Giappone sarebbe entrato in guerra al momento più opportuno. Per far fronte a questa situazione, eravamo costretti a tenere la maggior parte delle nostre forze navali nel Pacifico, benchè gli avvenimenti in Europa si andassero facendo sempre più minacciosi - e non escludessero la possibilità che noi dovessimo servirci della nostra forza navale nell'Atlantico. Ci trovavamo quindi in una posizione strategica sfavorevole, perchè le nostre forze navali non erano sufficienti a coprire il fabbisogno nei due oceani, nel caso che fossimo costretti ad entrare in guerra.

L'improvviso e proditorio attacco giapponese, che ci arrecò gravi danni, rese la nostra posizione strategica al principio della guerra anche peggiore di quando non ci aspettassimo. Comunque, anche se non avessimo subito quei danni, la nostra flotta non avrebbe potuto (come molti pensavano) far rotta per Manilla ed assistere le nostre forze impegnate in aspri combattimenti: una siffatta impresa a quell'epoca, dati gli scarsi mezzi che avevamo a disposizione, sarebbe stata disastrosa.

Benchè avessimo compiuto qualche progresso e benchè, per parecchi mesi, avessimo rafforzato le nostre difese nell'Emisfero Occidentale, le nostre forze armate ed il nostro ritmo di produzione non erano ancora tali da permetterci di prendere l'offensiva in nessun teatro di guerra. Le forze terrestri ed aeree e le navi da trasporto non erano ancora pronte in quantità sufficiente per affrontare un'offensiva d'oltremare; e la marina, anche prescindendo dai danni sofferti a Pearl Harbor, non avrebbe mai potuto da sola intraprendere una guerra offensiva. Fummo costretti a tenerci sulla difensiva in entrambi gli oceani, continuando intanto ad intensificare i preparativi per una guerra anfibia.

La nostra strategia nell'Atlantico consisteva soprattutto nel mantenere le linee di comunicazione con la Gran Bretagna e con le future basi di operazioni contro i nostri nemici in Europa, oltre a salvaguardare la sicurezza del nostro emisfero. I sottomarini e gli aeroplani tedeschi facevano di tutto per contenderci il dominio dell'Atlantico, mentre anche le navi di superficie dell'Asse costituivano una minaccia non indifferente. Per far fronte alla situazione, preparammo gli uomini, ed equipaggiammo navi ed aeroplani, per passare all'offensiva al più presto possibile. Alla fine del 1942 eravamo pronti e potemmo trasportarci in forza, coll'esercito, al di là degli oceani.

Nella primavera del 1943 la lotta contro i sottomarini tedeschi era stata coronata da successo e si può dire che, in quel campo, eravamo passati all'offensiva. Avevamo inoltre raggiunto un livello di produzione tale, da coprire il fabbisogno per il trasporto e il mantenimento oltremare delle nostre forze terrestri ed aeree; e riuscimmo anche a rinforzare le forze navali britanniche, destinate a tenere a bada le navi di superficie tedesche. Contemporaneamente a questo sviluppo ed a questo generale aumento delle nostre forze, stavamo rapidamente, accrescendo la potenzialità delle nostre forze nel Pacifico.

Al principio della guerra col Giappone, eravamo stati costretti a tenerci sulla difensiva, ma nel frattempo facevamo tutti i preparativi necessari per passare all'offensiva al più presto possibile. La nostra flotta, in vista di questo fine, appoggiò quindi le operazioni delle forze alleate in tutto il Pacifico, per mantenere le posizioni chiave ed impedire ulteriori conquiste di territorio da parte del nemico.

Poichè non esisteva alcuna base ben attrezzata nè in Australia, nè nelle isole del Pacifico meridionale tra l'Australia e gli Stati Uniti, uno dei nostri primi problemi consistè nello stabilire delle basi, che potessero servire da anelli di congiunzione nelle nostre linee di comunicazione. Perciò, ai primi del 1942, dopo un attento esame della situazione, decidemmo di adoperare come basi avanzate Efate, Espiritu Santo ed alcune isole nel gruppo delle Fiji e della Nuova Caledonia, e le attrezzammo a seconda dei propositi a cui dovevamo servire. Tali basi sono state continuamente in uso come stazioni di rifornimento di combustibile e di imbarco di truppe e come depositi di materiale, e ad esse si deve in gran parte il successo che abbiamo avuto nell'impedire l'avanzata giapponese verso l'Australia e la Nuova Zelanda. Se non avessimo potuto disporre di quei punti d'appoggio, è dubbio se saremmo riusciti ad arrestare il nemico.

Mentre provvedevamo a stabilire ed a proteggere le comunicazioni navali ed aeree tra gli Stati Uniti e l'Alaska, le Hawaii, la Nuova Zelanda, l'Australia ed altri punti intermedi, i nostri sommergibili passarono subito all'offensiva in acque nemiche. Durante lo stesso periodo, la nostra aviazione di marina si dimostrò utilissima nell'attaccare posizioni nemiche e nel respingere forze nipponiche trasportate per via marittima, come ad esempio nel Mare dei Coralli ed l largo delle Midway. Il nemico riuscì tuttavia ad effettuare un'incursione nelle Aleutine Occidentali.
Le operazioni svoltesi nel Mare dei Coralli ed alle Midway contribuirono grandemente a sottrarre l'iniziativa al nemico ed a rallentare la sua avanzata. La nostra prima azione veramente offensiva fu la riconquista di Guadalcanal, nell'agosto del 1942.

Questa campagna fu seguita da un'offensiva generale, che fummo in grado d'intraprendere grazie all'aumento delle nostre forze anfibie e delle forze della marina in genere, che sono andate sempre aumentando su tutto il fronte del Pacifico. Alla fine del febbraio 1944, il nemico era stato eliminato dalle Aleutine, respinto da buona parte delle Salomone, scacciato dalle Isole Gilbert e dalle Marshall Occidentali: oltre a ciò, i Giapponesi venivano attaccati da altre parti e costretti ad adottare una strategia difensiva di temporeggiamento. Si era così grandemente rafforzata la nostra situazione nel Pacifico.
Alla fine del febbraio, per conseguenza, fummo in grado di prestare ai sottomarini, che erano stati sempre all'offensiva dal principio delle ostilità, l'appoggio delle nostre forze della marina, fra cui forze di terra ed aeree di cui non avevamo bisogno sui fronti europei. Si può dire lo stesso per l'Atlantico, dove le rotte di comunicazione sono assolutamente dominate dai noi e dove siamo nettamente all'offensiva.

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