VENEZIA  IN CRONOLOGIA


20.000 - 193 d.C. 238-567 568-803
804-1172 1175-1284 1284- 1364
1364 - 1501 1501-2000 CRONO-BIOGRAFIA DEI DOGI

( pagine sempre in costruzione, in aggiornamento e miglioramento)

ANNO  1175, la città di Venezia è suddivisa nei sestieri di Castello, Cannaregio, Dorsoduro, Santa Croce, San Marco e San Polo. Il Maggior Consiglio, dopo aver sostituito l'assemblea popolare, designa i rappresentanti dei sei rioni da rinnovarsi ogni anno.
Una lenta  evoluzione "costituzionale" mette sempre più in ombra i poteri dell'assemblea popolare (placitum) nell'elezione del Doge, a vantaggio del patriziato mercantile, il quale è in procinto di divenire il vero signore (ma anche proprietario) di Venezia. Lo anticipiamo subito questa evoluzione dell'organismo sovrano della Repubblica, che cambia la natura dei suoi rappresentanti. Nel 1297 (sotto il dogato di Pietro Gradenigo) il Gran Consiglio stabilì che gli elettori di sestiere non potessero essere tratti che dai membri del Consiglio medesimo (formato fino a quel momento da nobili e ricchi mercanti). Nel 1319 fu abolita l'elezione annuale e i rappresentanti che erano già dentro gli fu sancita l' appartenenza a vita; poi nel 1323, venne sancito anche il principio dell'ereditarietà dell'accesso all'Assemblea; morto il padre subentrava il figlio o anche un lontano parente.  Si forma così una casta che prima era oligarchica ma che ora diventa tutta aristocratica, senza dare più a nessuna la possibilità di entrarci. Un patriziato rigidamente chiuso, con potere centralizzato assoluto. Chi era dentro nel 1319 rimase dentro (900 nomi appartenenti a 190 famiglie) e chi era fuori rimase per sempre fuori, anche se nel corso degli anni e dei secoli  era diventato più ricco degli stessi Patrizi.
Si aprirono nuovamente le porte solo quando nel 1508 tutta Europa si era messa contro Venezia: il papato, l'Impero, la Spagna, la Francia, e le signorie italiane;  il patriziato  uscì prostrato dall'occupazione del Friuli, dall'assedio di Padova, e dalla dura sconfitta di Agnadello. Accolse altri 140 neo-ricchi (sempre snobbati) per riempire con donazioni le casse vuote o per ottenere da questi nuovi patrizi-mercanti dei prestiti. L'ambizione di poter entrare nella casta aristocratica ne fece accorrere molti, soprattutto neoricchi della terraferma; che però  non riuscirono (reciprocamente) mai a legare con l'antico  patriziato; ma l'idea fu utile e preziosa alle dissanguate casse. Pochi anni dopo, nelle guerre contro i turchi (1645)  si aprirono le porte un'altra volta (per lo stesso motivo, per i gravosi costi) concedendo altre 40 "entrate" alle cosiddette "case aggregate"; si fissò pure un prezzo, 60.000 ducati, oppure il costo di 1000 soldati per un anno; ma andò male, solo 14 furono gli "ambiziosi".
Da notare che nel 1797, quando Napoleone entrò a Venezia, i patrizi (dopo 600 anni) erano ancora 962, appartenenti a 192 famiglie. E anche dopo Napoleone, e anche dopo l'Unità d'Italia quelli  e quelle rimasero.

Fra questi patrizi, c'erano ricchi; c'erano alcuni provvisti di rendite modeste; e c'erano anche patrizi poveri (decaduti, dissestati, ma che comunque mantenevano l'accesso al Maggior Consiglio, avevano insomma il voto).
Chi aveva grandi sostanze si impegnava nelle cariche più importanti (di dirigenza); chi ne aveva meno limitava le sue ambizioni in campi più modesti (avvocatura ecc.); chi era povero (i cosiddetti barnabotti - nobili decaduti,  che vivevano in case in contrada S. Barbara, affittate a prezzo simbolico dalla Repubblica) dava il suo voto a chi ne aveva bisogno e spesso dietro compenso. Si potrebbe inorridire su questi ultimi; invece erano - quelli che volevano fare veramente politica attiva - elementi dotati, capaci, e apprezzati nei più svariati campi dove esercitavano. Insomma nessuno era uno sprovveduto. E quello che veramente fa meraviglia è la capacità  nel  riuscire questi ad occupare le cariche più disparate, e la versatilità di passare da un campo all'altro. Venier che era un avvocato, e non aveva nemmeno fatto il militare un solo giorno, condusse la flotta vittoriosa a Lepanto. Renier uno degli ultimi dogi, era un barnabotto.  - Ma ritorniamo a questi primi anni, dove si mettono le solidi basi della Serenissima. 

ANNO 1176-1179  - Si impone la necessità di stabilire delle regole per un'elezione dogale più garantita. L'Assemblea costituita nel 1172, formata dai 480 nobili doveva riunirsi ogni domenica e se era necessario anche durante la settimana. Per alcuni questo impegno diventò gravoso e per altri anche fastidioso; decisero così  di delegare chi era portato e chi aveva ambizioni politiche  ad essere sempre presente a queste riunioni. Di modo che il Maggior Consiglio inizia ad eleggere quattro persone, e queste a loro volta ne indicano dieci che iniziano a formare il Tribunale dei Quarantia. Ed erano questi ultimi a scegliere poi il Doge.
Quest'ultimo lungi dall'avere il potere assoluto di un tempo, acquista sempre più la figura di primo magistrato, con prerogative i cui limiti erano fissati dalla promissio ducalis. 
Novant'anni dopo fu poi escogitato il complesso marchingegno che sarebbe rimasto immutato fino alla fine del fatidico 1797.
Nato da una costola dei poteri dogali, i Quarantia iniziano ad avere poteri affidatile dal Maggior Consiglio, amministrano le spese per la polizia di Stato,  redigono il bilancio preventivo che sottopongono al parlamento per l'esame e l'approvazione.

ANNO 1177 - Congresso di Venezia: Venezia è quest'anno sede e testimone della pace avvenuta in giugno a San Marco fra la Lega Lombarda, il re di Sicilia. il Papa, e l'imperatore. Ricevuti dal doge Sebastiano Ziani, papa Alessandro III e l’imperatore Federico I Barbarossa, chiudono, precedendo la pace di Costanza (1183), le lotte tra i comuni dell’Italia settentrionale e la Chiesa da un lato e l’impero Svevo dall’altro. In questa occasione si attribuisce ad Alessandro III il dono dell’anello usato nella cerimonia detta poi "dello  sposalizio del mare" che però a Venezia già esisteva da tempo.

ANNO 1178 -Nomina del XL Doge - ORIO MALIPIERO -(fino al 1192).

Ziani e Mastropiero provenivano da una stessa radice, quella di essere stati prima ambedue ambasciatori presso la corte di Bisanzio e poi ambedue Giudici o meglio "Avogadori di San Marco" (ndr: carica assegnata antecedentemente a coloro i quali saranno definiti, in seguito," Procuratori di San Marco").
E se uno aveva fatto centro, secondo il consiglio dei Quaranta, tanto meglio l'altro che seppur più giovane aveva accumulato esperienza tanto quanto il suo predecessore.
Uno dei primi editti del Doge Malipiero fu denominato <<Promissione dal maleficio>> una sorta di compendio delle leggi in vigore ed una revisione delle pene, con emblematici spostamenti da e verso, in ambedue i sensi, quello amministrativo a quello penale.
(ndr: ad esempio se una persona si macchiava del delitto di furto più o meno grave, nei confronti di terzi veniva punito con la galera, nei confronti dello Stato con la pena di morte. Se una persona delinqueva con l'omicidio o con lesioni nei confronti di altre, avrebbe potuto subire, ipoteticamente, solo una sanzione amministrativa!)
Doveva in ogni caso fatta salva la proprietà conquistata, anche se naturalmente, la legge prevedeva la pena capitale per l'assassinio e per le le lesioni permanenti fino all'accecamento totale con l'asportazione dei globi oculari o con l'amputazione degli arti superiori o inferiori, nella loro integrità o parte di essi.
Un altro editto portò il numero degli aventi diritto al "Minor Consiglio" da quaranta a quarantasei, <<...a sodisfar la dimanda del puovolo>>.
Questi furono gli impegni del nuovo Doge fino al 1183.
Da quell'anno in poi, egli sarà completamente assorbito dagli eventi esteri che non possono trovare un espressione diversa da quella, fino a qui, più volte usata: il caos più totale.
(ndr: quando si usano assiomi quali "Prima Guerra Mondiale" bisognerebbe riconsiderare la storia nella sua complessità e forse , allora si capirebbe che di Prime Guerre Mondiali ne sono accadute più di una prima della "Prima" ancor prima di questa che non fu certamente l'ultima)
Bisanzio rinfocolato da rivendicazioni Pisane e Genovesi che rivendicarono gli indenizzi delle scorribande veneziane, per non contraddire Venezia in un primo tempo accondiscese salvo poi cacciare tutti, veneziani compresi senza il becco di un quattrino.
I <fondaghi>> (quartieri), le merci e gli averi dei mercanti italici furono requisiti per ordine di Alessio II Imperatore d'oriente e dell'età di dieci anni.
Bela III Re d'Ungheria riprese Zara ed iniziò a spadroneggiare in Dalmazia.
Guglielmo II successore di Federico Barbarossa avanzò pretese di riconquista sul Peleponneso e sulla Grecia.
Saladino conquistò Siria ed Egitto 
Nel 1188 fu proclamata la "terza Crociata" da Papa Gregorio VIII.
I Pisani si ricontrapposero a veneziani e genovesi.
I Genovesi si contrapposero a Pisani
I veneziani iniziarono una guerra di corsa ( o corsara) contro tutti e tutto.
In terra ferma si accentuarono le contrapposizioni tra Comuni diversi ed all'interno degli stessi Comuni si contrapposero fazioni fratricide: "guelfi contro ghibellini".
A seguito della guerra di corsa veneziana si aggiunse anche quella normanna, contro pisani, genovesi, gli stessi veneziani, i dalmati, i saraceni e gli uscocchi, anconetani ed ancora tutti contro tutti.
Per Venezia sembrava fosse arrivata la fine: i boschi che davano legname per la costruzione delle navi, quasi completamente depauperati.
Le marcite per la coltivazione della canapa e del lino ( estremamente importanti per la fabbricazione di corde, cavi e gomene le prime; per la tessitura di vele, effetti letterecci e di tovaglieria , le seconde), quasi completamente abbandonate.
Il Doge Mastropiero o Orio "Malipiero" (ndr: il popolo non perdonerà mai, anche se soggiogato, e per la sua "sfortuna", Mastropiero verrà tramandato come "Malipiero"). 
Sebastiano Malipiero abdicò nel giugno del 1192, dopo pochi mesi morì nella sua casa a San Maurizio.


ANNO 1188-1189 - 1190 - Inizia la terza crociata; il grosso dell'armata, circa centomila uomini, è quella guidata da Federico Barbarossa, che però conclude la sua vita terrena morendo annegato mentre prende un bagno nel fiume Selef, in Cilicia. L'esercito si disperde, la crociata è un fallimento totale.

ANNO 1192 -Nomina del XIL Doge - ENRICO DANDOLO  -(fino al 1205)  
Risolte le diatribe con l'Impero d' Occidente, riconquistate le fiducie di quello d' Oriente, riappacificati i rapporti con lo Stato Pontificio, sembrava che i commerci, gli interessi e le politiche di Venezia ritornassero nel loro alveo naturale, dopo i trascorsi eventi, purtroppo così non fu.
Enrico Dandolo venne eletto dal "Consiglio" secondo i canoni stabiliti dal suo predecessore, durante le marinare scorrerie di pisani contro saraceni, di saraceni contro genovesi, di normanni contro gli uni e gli altri, di anconetani contro i normanni e saraceni e Venezia contro tutti, a difesa di quello che era stato sancito quale " Mare Venetianorum" ed inteso come tale da tutti gli Imperi e dallo Stato Pontificio, nonché dai Sultanati saraceni.
Il Doge fu eletto, nonostante la sua avanzata età ( sembra più di ottant'anni), perché dotato di una straordinaria saggezza ed esperienza unanimemente riconosciute e per la sua enorme ricchezza, mai ostentata, .
Prima di essere eletto Doge , Enrico Dandolo fu "Bailo " a Costantinopoli (nomina consolare di etimologia fiorentina) ed Ambasciatore a Ferrara.
Nonostante i buoni intenti di Bisanzio che, in maniera differente, riconobbe tutti i privilegi e le cariche onorifiche, inviando persino le spoglie di "Santa Lucia", il Doge si trovò nuovamente di fronte la flotta pisana, appoggiata da Ancona, per il predominio sul mare Adriatico.
Il "vecchio gigante" non si lasciò intimorire e con una sortita affidata a Tommaso Falier riuscì a snidare i pisani a Pola e da altre città dalmate. I pisani e gli anconetani sconfitti tentarono il rifugio a Costantinopoli dove però furono inseguiti e raggiunti dalla flotta veneziana.
I trattati in essere tra Bisanzio e Venezia non consentirono ulteriori ripercussioni sugli inseguiti e l'azione terminò con una parziale rivincita da parte di Venezia, correva l'anno 1195.
Altra sciagura capitò nel 1198 con l'ascesa al soglio pontificio di Innocenzo III, ovvero la proclamazione della Quarta Crociata avvenuta dopo il convegno del febbraio 1201 tenuto a Venezia.
Dopo gli accordi sulle eventuali future spartizioni economiche, nel giugno del 1202 iniziò la concentrazione dei crociati che avrebbero dovuto prendere imbarco sulla flotta veneziana.
La spedizione, questa volta però, come pattuito, sarebbe dovuta avvenire dietro il pagamento delle "spese vive", quantificate in circa 85.000 marchi d'argento di Colonia.
Ma mentre gli uomini armati erano impazienti di partire, della somma stabilita non si vedeva nemmeno l'ombra.
Da giugno si arrivò ad ottobre prima che Venezia formulasse una nuova proposta: << la presa definitiva di Zara, riconsegnatasi agli ungheresi, con l'ausilio dei crociati e poi la liberazione della Terra Santa>>.
Questa nuova ipotesi scatenò le ire di Papa Innocenzo III il quale, vedendo piuttosto una contrapposizione di interessi economici e colonialisti, anzichè l' innalzamento della cristianità, lanciò la prima "Scomunica" a Venezia.
Ciononostante Enrico Dandolo riuscì nel suo intento. La flotta veneziana con a bordo il vecchio Doge ed il figlio, "Capitano da Mar" (ammiraglio) Vitale, partì alla volta di Zara che in breve tempo fu presa.
Nell' aprile del 1203 la flotta fece vela su Costantinopoli con a bordo un notevole potenziale bellico ed una nutrita schiera di Crociati.
Nel 1204 Costantinopoli cadde, in maniera impietosa e saccheggiata in maniera disumana.
il bottino fu spartito per tre quarti a Venezia ed un quarto ai crociati. 
I duecento "grandi feudi" creati a Creta, dopo lo smembramento dell' Impero, furono assegnati a "Nobil Homini" veneziani, mentre quelli minori furono assegnati a soldati che si erano distinti nelle armi o anche semplicemente a gente del popolo. Altre isole maggiori dell' Egeo furono tenute da nobili veneziani in vassallaggio al neo- eletto Imperatore Baldovino di Fiandra.
L' imperatore fu eletto da un consiglio di Dodici nobili di cui sei veneziani e sei crociati, avendo il Doge rifiutato la carica massima (fu nominato però : "Signore della quarta parte e mezzo dell' impero di Romania").
Nei territori controllati da Venezia entrarono a far parte: la Morea meridionale, Negroponte, Epiro, Arcanania, Durazzo, Jannina, Arta e Gallipoli, nonchè Creta: venduta dal crociato Bonifacio di Moferrato. 
La patria non vedeva l'ora di poter riabbracciare il "suo" Doge, ormai quasi centenario, per poterlo glorificare, ma Enrico Dandolo forse anche consapevole di non poter sopravvivere al viaggio preferì rimanere nei territori conquistati e difendere Adrianopoli (Edirne), conquistata dai bulgari che avevano ucciso l' Imperatore Baldovino.
Morì il 1° giugno 1205, cavalcando di ritorno a Costantinopoli, dopo un'ennesima battaglia e fu sepolto nella basilica di Santa Sofia.


ANNO 1204 - La partecipazione dei Veneziani alla quarta crociata conferisce a quest'ultima un carattere molto particolare. Con il pretesto di rimettere sul trono di Costantinopoli l'imperatore Alessio Angelo, cacciato da un usurpatore, i crociati, guidati dal doge Enrico Dandolo, conquistano e mettono al sacco la capitale dell'Impero d'Oriente. Nell'ambito dell'Impero Latino, che sostituisce quello greco-bizantino, Venezia assume una posizione di assoluto predominio, divenendo signora della "quarta parte e mezzo" della Romania, e assicurandosi il possesso, nel Mediterraneo orientale, di tutta una serie di scali commerciali e di vere e proprie colonie, fra cui le isole di Creta e Negroponte. Il nuovo stato di prosperità acquisito da Venezia, è sottolineato dalla coniazione del grosso d'argento, seguito dal ducato, che diviene rapidamente la moneta di riferimento privilegiata dei traffici internazionali.

ANNO 1205 -Nomina del XIIL  Doge - PIETRO ZIANI -(fino al 1229) -Con Enrico Dandolo, Venezia non aveva solo affermato la sua grandezza militare ed economica ma anche politica, infatti le leggi promulgate ed il rispetto di esse consentirono alla Serenissima di consolidare ancora di più il suo status di città da cui trarre insegnamento.
Durante la "campagna" di Bisanzio, a Venezia rimase il figlio Ranieri Dandolo in qualità di reggente "pro tempore", il quale però in virtù delle leggi e nel rispetto di esse si fece immediatamente da parte quando, circa due mesi dopo arrivò la notizia della morte del padre.
Nonostante i veneziani rimasti a Costantinopoli avessero eletto a Doge Marino Zen, Il 15 agosto, i Quaranta Grandi Elettori elessero al soglio Pietro Ziani, figlio del defunto Doge Sebastiano (1172-1178).
Personaggio estremamente ricco ma virtuoso e sapiente, fu sposato la prima volta con una figlia di un "Procuratore di San Marco" : Mara Baseggio; la seconda, con Costanza figlia di Tancredi re di Sicilia.
Che fosse ricco non vi era dubbio, la sua famiglia vantava interi possedimenti, palazzi ed intere calli in città, come lungo la gronda lagunare e persino in Istria.
Che fosse saggio lo dimostrò il modo, mediante il quale riuscì a riorganizzare gli immensi territori derivati dal suo predecessore ovvero, facendo governare i possedimenti direttamente dalle nobiltà che vi si erano insediate e mantenendo con queste un rigoroso controllo di vassallaggio.
L'Epiro fu abbandonato perché impossibile da controllare, mentre occupò Corfù, Modone e Corone. Creta fu riconquistata tra il 1209 e 1210 perché, nonostante fosse stata regolarmente acquistata da Bonifacio di Monferrato, a Candia (odierna Heraklion) si era insediato il genovese Enrico Pescatore.
Dopo una cruenta battaglia (dove perse la vita Renier Dandolo), i veneziani entrarono trionfanti, il Pescatore fu cacciato ed al suo posto fu insediato Jacopo Tiepolo con il titolo di Duca di Candia.
Nel 1214 Pietro Ziani dovette nuovamente ricorrere alle armi... questa volta alle porte di casa: contro Padova e Treviso.
I pregressi rancori, mai sopiti, dei comuni limitrofi, che trovavano radici ancora in alcuni decreti dell' Imperatore Federico II di Svevia su concessioni, esenzioni, monopoli a favore di Venezia, trovarono sfogo con lo sconfinamento ed il saccheggio di Chioggia a causa di un futile motivo.
La causa fu determinata a Treviso quando, durante l'estate veniva indetto il gioco del "castello dell'amore", una sorta di piccola torre di legno nella quale erano convenute ragazze in cerca di marito e dall'alto della quale giovani padovani, trevigiani e veneziani lasciavano cadere fiori e frutta per conquistare la ragazza del cuore. Quell'anno la gioventù veneziana lasciò cadere ducati d'oro!
L'invidia e la gelosia scaturite, determinarono una zuffa enorme che sfociò poi in atti ben più concreti, come quelli più sopra descritti. 
Nonostante le continue belligeranze , tra il 1207 ed il 1220, a Venezia venne riorganizzata la magistratura ed il potere legislativo.
Il consiglio dei Quaranta fu rifondato e denominato << Quarantia>> il quale oltre ad avere giurisdizione nell'elezione del Doge doveva curare l'esame delle controversie in caso di delitti contro lo Stato e contro la persona, avvalendosi degli <<Avogadori di Comun>> (una sorta di ufficio istruttorio).
Furono inoltre instaurate: la magistratura del << Piovego>>(corruzione della desinenza latina publicorum) alla quale fu demandata la tutela del demanio, sia dal punto di vista patrimoniale, sia da quello della sua integrità e mantenimento e quella dell' <<Esaminador>> competente nelle controversie patrimoniali private e nell'usura.
Venne ricostituita la pace con i comuni veneti e rafforzata la diplomazia con comuni tradizionalmente orbitanti nella sfera pontificale, quali Bologna, Fano, Fano, Fermo e Castelfidardo, a scapito dell'irriducibile Ancona e sollevando le proteste di papa Gregorio IX.
Ma quello che più impensierì Pietro Ziani, durante il suo dogado, furono i veneziani di Costantinopoli, già in contrasto con la madre patria per la mancata elezione del loro prescelto, con l'andar degli anni avevano intrecciato rapporti sempre più stretti con l' Imperatore latino Pietro di Courtenay.
Inoltre vi era anche Teodoro Lascaris, Imperatore di Nicea che continuava a rivendicare diritti di successione sugli ex territori di Bisanzio.
Con quella situazione che si andava sempre più ingarbugliando, il Doge fu costretto a distaccare a Costantinopoli il Duca di Candia, Jacopo Tiepolo.
Pietro Ziani abdicò nel settembre 1228, lasciando ingenti somme di denaro a poveri, orfani, vedove, ospizi ed ospedali.
Si spense nel marzo 1229 e fu sepolto nel sepolcro del padre a San Giorgio.
La leggenda vuole che la sua abdicazione sia stata dovuta al mancato trasferimento del soglio dogale da Venezia a Costantinopoli. Atto fortemente voluto da Pietro, appoggiato da Jacopo Tiepolo e bocciato dalla Quarantia per un solo voto. 


ANNO 1229 -Nomina del XIIIL Doge - IACOPO TIEPOLO -(fino al 1249) - Dopo l'abdicazione di Pietro Ziani parve quasi scontata l'elezione di Jacopo Tiepolo, già Duca di Candia e Podestà di Costantinopoli, anche se questa non fu scevra da colpi di scena dato che la Quarantia si divise equamente tra Tiepolo e Marino Dandolo e tanto da far asserire che il soglio fu estratto a sorte tra i due (ndr: più che a questa diceria, è più probabile che invece sia intervenuto il "Consiglio Dogale" per dirimere la questione del "giuramento sulla promissione ducale", ovvero il giuramento che bandiva qualsiasi forma di nepotismo in quanto: Marino Dandolo già di famiglia dogale e Jacopo Tiepolo imparentato con Pietro Ziani del quale divenne anche cognato postumo -1242- per aver sposato Valdrada, sorella di Costanza ed entrambe figlie di Tancredi di Sicilia).

Ormai l' organizzazione del potere legislativo si era data una struttura praticamente definitiva e se anche nel corso dei secoli varierà nelle consistenze e nei rapporti, l'impronta rimarrà quella fino alla fine:
Doge - Consiglio Ducale - (un consigliere per ogni sestriere)
Quarantia + Senato (il senato era anche detto consiglio dei "pregadi" o Consilium Rogatorium formato da 60 consiglieri )
Maggior Consiglio - (formato dai notabili veneziani e rappresentanti delle "scole" delle arti e dei mestieri)
Assemblea Popolare - (alla quale partecipava tutto il popolo che volesse partecipare riunito in piazza o su barche difronte al palazzo ducale)

Jacopo, proveniente ad una delle famiglie apostoliche di origini riminesi, anch'egli dotato di notevoli fortune, una volta eletto, ereditò però anche tutta la situazione lasciata dal suo predecessore con in più le mire degli Ezzelino da Romano (Signoria di Vicenza) i quali, appoggiati dall' Imperatore Federico II si erano impossessati di Padova, Verona e stavano volgendo su Treviso, tentando di scardinare il guelfo settentrione e quindi la rinnovata "lega lommbarda" a favore dell' alleanza ghibellina.
Nonché le mire di Ancona che, anch' essa alleatasi con l'Imperatore d' Occidente e Bela IV re di Ungheria stava tentando l'assedio ed il blocco navale di Costantinopoli e quelle degli Arconti di Creta che stavano tentando di sottrarsi al controllo veneziano.
La reazione di Venezia non si fece certo attendere, ma prima di muovere la flotta verso il vicino oriente, Jacopo volle assicurarsi una certa stabilità nell'entroterra della penisola italica e tentò una prima mossa diplomatica con l' invitò del 1230 a Federico II per una visita alla città.
L' Imperatore fu accolto con tutti gli onori e ricevuto dal Doge stesso a San Nicolò (allora considerata la "porta principale" della Serenissima). Federico II sorpreso da tanta ospitalità e bellezza confermò tutti i privilegi già posti in essere tra l' impero e Venezia, aggirando così le velleità degli Ezzelino, almeno temporaneamente.
Così si ebbe modo di organizzare la riconquista delle fortezze di Creta che ritornò sotto il controllo tra il 1233 e 1234, di predisporre la flotta capitanata dai figli del Doge che liberò prima Pola poi Zara ed infine dopo un inseguimento di "corsa" raggiunse ed incendiò la flotta anconetana.
Quest'ultima serie di vittorie consentì a Jacopo Tiepolo di concludere un trattato di non belligeranza con l' Ungheria.
Tornata in patria l' armata veneziana rivolse le proprie attenzioni ai capisaldi filo ghibellini e dopo averli smantellati ad uno ad uno, curò di insediarvi in ognuno di questi un proprio podestà, nominato dal Gran Consiglio.
Ultimo tocco diplomatico fu l'accordo di vassallaggio con Ferrara alla quale fu chiesto l'esclusiva sugli scambi commerciali provenienti da mare, in cambio di monopoli e privilegi verso l'entroterra.
Con la morte di Papa Gregorio IX, l'elezione di Innocenzo IV portò al Concilio di Lione (1245), al quale furono invitati gli ambasciatori di Venezia ma non quelli imperiali e dal quale scaturì (considerate le mire imperiali) , la scomunica per l' Imperatore e la "bolla" di disobbedienza per i suoi sudditi nei suoi confronti.
Sistemate le situazioni estere Jacopo mise mano al riordino delle leggi e regolamenti ed oltre a restringere sempre di più la " Promissione Ducale", fino ad interdire alla "Dogaressa" l'accettazione di qualsiasi dono che non fossero fiori e profumi, per la prima volta nella storia dell'umanità furono codificate e compendiate tutte le norme di diritto marittimo poste in essere e definite Capitulare Navium.
Jacopo Tiepolo abdicò nel maggio del 1249 per ritirarsi nella sua casa di Sant' Agostino (ndr: oggi Ca' Farsetti sede del consiglio regionale veneto) e dove si spense nel luglio dello stesso anno.
Il suo corpo fu deposto in un'arca nella chiesa di SS. Giovanni e Paolo, appositamente eretta dai domenicani in un'area comunale, dopo l'approvazione dell'Assemblea Popolare.
(ndr: SS. Giovanni e Paolo diventerà il "panteon" di Venezia).
 

ANNO 1240 il controllo del Po: Nel 1240 il signore di Ferrara si schierò con l’imperatore Svevo Federico II. I veneziani, sollecitati dal papa, mandarono una flotta all’assedio della città. I veneziani conclusero con i nuovi signori di Ferrara, gli Este, un trattato con il quale conseguivano il controllo del commercio della città col mare: tutte le mercanzie che giungessero a Ferrara dall’Adriatico dovevano passare per il porto veneziano.

ANNO 1249 - Nomina del XIVL Doge MARINO MOROSINI (fino al 1253)- La modalità dell'elezione del predecessore aveva in qualche modo fatto maturare la convinzione, all'interno del Maggior Consiglio, che non si sarebbe potuto perseguire la strada della Quarantia con un numero pari di elettori, ora non è dato sapere se questa fu la vera ragione per la quale Jacopo Tiepolo rinunciò al Dogado, sta di fatto che Marino Morosini fu eletto da una Quarantia di quarantuno elettori.
Del breve dogado di Marino Morosini, già Duca di Candia e Procuratore di San Marco, non furono riportate molte notizie, d'altro canto con la morte di Federico II, anche gli Ezzelino da Romano cessarono le scorribande ed i territori d'oltre mare erano stati precedentemente consolidati.
Le maggiori azioni furono di carattere prettamente diplomatico e commerciale, come gli accordi con Zara alla quale venivano riconosciuti gli stessi privilegi della "madre patria".
Altri accordi commerciali e di non belligeranza vennero sanciti con Ragusa, Tunisi e Genova.
Anche la chiamata alla sesta crociata, da parte di Luigi IX detto il Santo, fu ignorata, nonostante fosse stata invocata da Innocenzo IV fin dal Concilio di Lione; del resto i commerci con l' Egitto erano più che floridi e non vi era nessun motivo di dichiarare guerra al Sultano.
E, considerato che i rapporti con il Pontefice si stavano deteriorando, pur di mantenere lo stato di relativa calma, Venezia concesse l'insediamento di un Tribunale d' Inquisizione a condizione però che gli inquisitori fossero nominati dallo stesso Doge e dal suo Consiglio Ducale e che non avessero poteri di polizia o di magistratura ( ndr: come dire - se volete un tribunale ve lo concediamo ma in casa nostra comandiamo comunque, sempre e solo noi!). 
Marino Morosini morì il 1° gennaio 1253 e fu sepolto nel sagrato coperto della Basilica di San Marco.

ANNO 1253 - Nomina del XVL Doge - RANIER ZEN
(fino al 1268) -  Il Conclave non si dilungò molto nella scelta del nuovo Doge che venne eletto quando ancora era Podestà a Fermo (nda: importante punto strategico eretto su un colle, con possibilità di essere raggiunto via mare, a circa 35 miglia a sud di Ancona). Renier o Ranieri era stato consigliere ed amico di Jacopo Tiepolo durante l' impresa di Ferrara del 1240; "Capitano General da Mar" della flotta veneziana durante la riconquista di Zara del 1244 , Ambasciatore durante il concilio di Lione, Podestà di Verona e Podestà di Bologna (dove era incorso nella scomunica papale per aver sollevato la cittadinanza dalle tasse pretese dallo Stato Pontificio), oltre ad appartenere ad un casato ricchissimo, con palazzi a Santa Sofia (nda: in prossimità dell' attuale stazione ferroviaria), Torre di Bebbe (ndr: odierna Cavarzere), nonchè terre e case in terra d'Istria. 
La sua elezione gli fu comunicata dal Procuratore Marco Ziani, anch'egli in lizza per il dogado, che giunto a Fermo lo scortò fino a Venezia con quattro Galee.
Renier Zen, giunto a Venezia verso la fine di febbraio, per festeggiare la propria elezione, organizzò a proprie spese una giostra di cavalieri, provenienti da moltissimi comuni e che si svolse nella piazza "più bela e granda del mondo" ( erano stati ormai ultimati la palafittatura ed il lastricato di piazza San Marco).
Terminati i festeggiamenti però, ben presto Renier Zen si rese conto che la situazione generale stava prendendo una brutta piega, tanto che trasformerà il suo mandato in uno dei più catastrofici per l' opulenza della Repubblica. 
Infatti, nell' entroterra padano, Ezzelino III ed il fratello Alberico da Romano avevano ripreso a scorazzare verso nord-est, occupando quasi tutta la marca trevigiana, la stessa Treviso e Padova.
Nel 1257, Genova, rotto i trattati precedentemente sottoscritti, aveva distrutto e saccheggiato il quartiere veneziano a San Giovanni d'Acri (nda: centro nevralgico situato nel promontorio settentrionale del golfo di Haifa ) e preso possesso del monastero di San Saba.
Quindi, aveva da prima schierato la propria flotta alle porte di Costantinopoli e, nel 1261dopo la presa della città, aveva insediato sul trono imperiale Michele II Paleologo, successore di Giovanni Vatace, già Imperatore di Nicea, ponendo fine, di fatto, all' impero latino d' oriente.
Il "Trattato Ninfeo", sottoscritto da Genova e dall' Imperatore Paleologo, non lasciò scampo a Venezia che si vide interdire tutti gli approdi dell' ex dominio bizantino, confiscati i beni ed i quartieri veneziani in Costantinopoli.
Per quanto riguardò l'entroterra padano, la questione fu risolta tra il 1254 ed il 1260, prima con la liberazione di Treviso, poi di Padova e nel 1259 con la sconfitta definitiva dei "da Romano" a Cassano d' Adda, che si scontrarono con la lega formata da Venezia, Treviso, Vicenza, Verona, Mantova e truppe papaline di Alessandro IV. Ezzelino III morì nello stesso anno, mentre Alberico rinchiusosi nel suo castello di San Zenone, fu raggiunto l'anno successivo e trucidato assieme a tutta la famiglia. (nda: San Zenone degli Ezzelini tra Asolo e Bassano, oggi provincia di Treviso).
Quella che rimase in piedi fu invece la situazione nel levante, ancorchè dal punto di vista militare Venezia fosse riuscita a riprendere il controllo della Palestina fin dal 1257 quando, Lorenzo Tiepolo al comando di una parte della flotta veneziana riuscì a riconquistare San Giovanni d' Acri, dopo una battaglia che costò a Genova la perdita di quasi duemila vite umane e la distruzione di 24 galee oltre alla distruzione della ragione del contendere: il monastero di San Saba (due pilastri del monastero ornano ancor oggi l'ingresso alla fonte battesimale della Basilica di San Marco).
Anche nel 1262, la flotta veneziana, capitanata da Gilberto Dandolo riuscì prima ad infliggere due gravissime sconfitte a quella genovese guidata da Pietro Grimaldi, al largo delle coste della Morea.
Il nodo gordiano della situazione era rappresentato dal fatto che Genova pur non riuscendo a vincere sul mare riusciva a mantenere la più che strategica posizione di Caffa, riuscendo in tal modo a controllare tutto il Mar Nero e di conseguenza la via marittima delle spezie.
L'unica azione diplomatica che consentì di dar un minimo di respiro ai commerci veneziani fu la sottoscrizione di una tregua quinquennale, stipulata nel 1265 con Paleologo, grazie alla mediazione di Papa Clemente IV e di re Luigi IX.
Con i traffici bloccati, iniziarono ad alimentarsi i malumori interni che sfociarono in tumulti e sommosse di piazza, soprattutto quando, per far fronte alle esigenze di bilancio, furono imposte tasse sul macinato e la promulgazione di nuovi dazi sulle merci in transito.
Cogliendo l'opportunità di dar sfogo a vecchi rancori, Giovanni Dandolo ferì Lorenzo Tiepolo, la cosa ebbe un tal clamore da far dividere il popolo in fazioni contendenti che portarono il Doge molto vicino al linciaggio.
Considerato il clima ormai completamente degenerato, Renier Zen fece revocare la tassa sul macinato. Una volta placati gli animi fece catturare, imprigionare e giustiziare una dozzina di "capi bastone" tra i quali alcuni nobili.
Il Doge morì il 7 luglio 1268 e fu sepolto nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo.

ANNO 1255 Il Pregadi: Il Consiglio dei Pregadi, ossia dei pregati, richiesti del fornire la loro opera dentro il Senato. 
Il Senato nacque quasi sicuramente nel 1255. Si ritiene che sia stato istituito con funzioni specifiche per questioni relative alla navigazione e alla politica internazionale. Poteva essere riunito separatamente o congiuntamente al Maggior Consiglio, del quale faceva parte di diritto. In seguito questo Senato assunse le più alte funzioni del governo: affidava certe competenze ad altri organismi e li sorvegliava; amministrava le entrate e le uscite; emetteva prestiti;  nominava ambasciatori;  dichiarava guerre o negoziava trattati e le alleanze. Era il meglio dell'avvedutezza politica. Il meglio dell'esperienza. I senatori dovevano avere minimo 35 anni, erano i più sperimentati ( avevano la nomea di "vecchie volpi"); rimanevano in carica per un anno, ed iniziavano sempre al 1 ottobre. Ne facevano parte i Quarantia, i Savi Grandi e di Terra Ferma, gli Avogadori de Comun, i Procuratori di San Marco, il Consiglio dei Dieci. In tutto 275. Costituivano il vero corpo burocratico statale; efficiente e fedele, con piena autonomia ma anche coscienziosa responsabilità. Raramente si è visto di meglio. I Senatori non erano rieleggibili. Nè potevano fare campagna elettorale. E ricordiamo che era obbligatorio accettare le cariche alle quali si veniva eletti, pena sanzioni. E indubbiamente chi lo proponeva  (ed era responsabile della sua scelta) conosceva le capacità dell'eletto. Non dovevano andare fuori strada né uno né l'altro. E nè uno né l'altro potevano fare imbrogli. E dato che i partiti non esistevano (a Venezia non sono mai nati) la scelta delle cariche avveniva solo per le capacità che aveva il candidato. - Ecco perché alla fine i candidati alle varie cariche avevano la versatilità di passare da un campo all'altro. Avevano sempre davanti la nozione che dovevano gestire la cosa pubblica con la massima efficienza. Ma anche perché continuamente si scambiavano le parti, di sorvegliati e sorveglianti.

ANNO 1255 Il codice marittimo: Il doge Zeno promulga un codice del diritto marittimo che regola i rapporti dell’impresa marittima, gli obblighi degli armatori, i diritti dell’equipaggio e stabilisce le date delle partenze dei convogli marittimi.

ANNO 1257 1270 La prima guerra con Genova: Il confronto militare con Genova che sorse in questo periodo si concluse solo dopo quattro guerre. La guerra marittima portò a una serie di azioni di disturbo al traffico marittimo veneziano che adottò il sistema dispendioso dei convogli scortati che pesò molto sul commercio dei veneziani. Tuttavia nonostante i costi, i  veneziani vinsero in due principali scontri navali: nel 1263 la battaglia di Settepozzi, nel 1266 quella di Trapani.

ANNO 1261 -  Michele Paleologo era co-imperatore dell'imperatore di Nicea, Giovanni IV Lascaris (successivamente eliminato dallo stesso Paleologo). L'impero di Nicea nel 1261 sotto il regno di Giovanni IV Lascaris e Michele VIII, Paleologo pone fine all'impero latino di Costantinopoli, restaurando l'impero bizantino sul Bosforo. La restaurazione venne compiuta approffittando dell'assenza della flotta veneziana e della guarnigione imperiale, impegnate nell'assedio di Daphnusium, sul Mar Nero.

La restaurazione non avvenne per preservare i possedimenti veneziani in oriente bensì in opposizione ad essi, tant'è che per tutto il primo periodo del suo regno Michele Paleologo si appoggiò alla potenza marinara di Genova per controbilanciare il potere veneziano (trattato del Ninfeo, 1261) e fu solo successivamente costretto a tornare a patti con i veneziani (1268), riavvicinamento che non fu certo fatto di buon grado vista l'evidente dipendenza del restaurato impero bizantino dalle due potenti repubbliche marinare. In sostanza la frase "Dopo alterne vicende, l'equilibrio fra Venezia, Genova e i bizantini viene ristabilito, il che assicura allo stato dogale la continuazione della prosperità di cui già gode" è corretta per presentare gli avvenimenti successivi al 1261, ma la prima parte del testo presente sul vostro sito è visibilmente "sballata". La correzione ve la mando comunque solo per sincero desiderio di poter nel mio piccolo contribuire alla costruzione di questo comunque bellissimo sito, opera ammirevole. Per i dati fornitivi mi sono basato su Georg Ostrogorsky, Geschichte des Byzantinisches Staates, Beck'sche Verlagsbuchhandlung, Muenchen 1963, in italiano Storia dell'impero bizantino, Einaudi tascabili, 1993 Torino, pag. 409 e successive
Stefano Cok, Trieste

con l'appoggio dei Genovesi, pone fine all'Impero Latino, ricostituendo quello greco-bizantino e facendo pendere una grave minaccia sui possedimenti veneziani in Oriente. Dopo alterne vicende, l'equilibrio fra Venezia, Genova e i bizantini viene ristabilito, il che assicura allo stato dogale la continuazione della prosperità di cui gode. Nel frattempo, Venezia si è ampliata notevolmente, raggiungendo gli ottantamila abitanti e qualificandosi sempre più come il tramite commerciale fra Oriente e Occidente.
Fra il 1271 e il 1295, Marco Polo compie i suoi viaggi in Asia. Sotto il profilo costituzionale, la fine del tredicesimo secolo è caratterizzata, a Venezia, dalla serrata del Maggior Consiglio, che sopprime l'elettività dei membri di questo organismo, e fa di essi dei membri di diritto. Lo Stato veneziano assume la fisionomia definitiva di una repubblica oligarchica (e fra breve solo più aristocratica - con un numero chiuso - chi è dentro è dentro)

ANNO 1268 Il Quarantaun: Viene messa a punto la procedura di elezione del doge da parte del Maggior Consiglio, con dieci passaggi alternativi di elezione e di sorteggio culminante nella scelta di quarantuno elettori che designavano il doge. Fu usata per la prima volta per l’elezione di Lorenzo Tiepolo.

ANNO 1268 - Nomina del XVL Doge  Lorenzo Tiepolo (fino al 1275) - Fu eletto il 23 luglio del 1268, figlio del doge Jacopo, cognato di Tancredi, sposato con Marchesina figlia di Boemondo di Brienne, Re di Rascia (Serbia) egli stesso Capitano Generale da Mar ed eroe della battaglia d' Acri, proprietario di ricchezze paragonabili a quelle di un imperatore e ben voluto dal popolo.
Bisogna però dire che la sua elezione non fu dovuta alla fama ed alle sue ricchezze, ma fu determinata sicuramente dalla volontà comune della Quarantia, in piena autonomia e scevra da favoritismi o nepotismi, così come prevedeva la Promissione Dogale ( nda: una sorta di Carta Costituzionale elaborata dai Promissori, ovvero il Consiglio Costituzionale) rielaborata sotto il dogado di Renier Zen ed ultimata prima di quell' ultima elezione.

L'impianto elettorale, precedentemente varato, assunse infatti il definitivo assetto che continuerà seppur con ulteriori aggiustamenti fino alla fine della Repubblica.
Quando il soglio dogale si rendeva vacante la legge prevedeva che si procedesse così:
--- riunione del Maggior Consiglio
--- dalla sala di riunione usciva il Consigliere più giovane il quale doveva ritornare in seno accompagnato dal primo "putelo", casualmente incontrato e di età compresa tra gli otto e i dieci anni 
--- al centro della sala veniva colloccato una sorta di sacco di panno a forma di cappello, dove venivano riposte delle "balote" (biglie di legno) in numero uguale al numero dei consiglieri delle quali, trenta arrecavano la scritta "elector" 
--- mentre i consiglieri sfilavano in silenzio davanti all' "urna", il "balotin" (il ragazzino prescelto) estraeva una biglia e la consegnava al consigliere.
I trenta estratti rimanevano nella sala consiliare ma non dovevano appartenere ad una stessa famiglia né avere legami di consanguineità tra loro, altrimenti venivano sostituiti ed eletti altri con lo stesso sistema, tutti gli altri dovevano abbandonare la seduta.

--- 30 designati al ballottaggio venivano ridotti a 9 (con lo stesso sistema)
---- 9 si riunivano per eleggerne 40 tra tutti i consiglieri del Maggior Consiglio 
(con un sistema a schede i primi quattro proponevano 5 nomi, gli altri cinque 4 nomi ciascuno, i nomi prescelti dovevano raggiungere un quorum di almeno 7 voti per essere eletti)
------ 40 venivano ridotti a 12 (al ballottaggio)
----------12 eleggevano 25 dal Maggior Consiglio (con le schede ed un quorum di 9 voti)
------------ 25 ridotti a 9 (al ballottaggio)
----------------9 eleggevano 45 dal Maggior Consiglio (con schede e quorum di 7)
----------------- 45 rimanevano 11 "che a sorte restano"
---------------------11 eleggevano 41 ( con schede e quorum di 9)
------------------------41 chiusi in conclave eleggevano il doge che doveva raggiungere 
un quorum di almeno 25 voti

Nonostante l' Assemblea Popolare fosse praticamente scomparsa rappresentanti del popolo erano comunque sempre presenti nel Maggior Consiglio, in particolar modo attraverso le confraternite e le consorterie delle arti e dei mestieri (nda: dette "scole" le maggiori e "scolette" le minori).

Lorenzo Tiepolo, ben consapevole dell' importanza strategica che avevano le varie corporazioni, soprattutto nella vita quotidiana della città, fu il primo doge a dimostrare riconoscenza con atti pubblici ed organizzare feste in favore delle attività artigiane e commerciali.
Pur dovendo gestire un potere che stava diventando sempre più di rappresentanza che non di opera effettiva, il Doge si dimostrò molto abile nel gestire le decisioni del Consiglio Ducale, del "Cancelier Grando" (nuova figura, introdotta dal Maggior Consiglio, proveniente dalla borghesia e quindi non di lignaggio, il Gran Cancelliere era una sorta di controfigura dogale, vestiva di porpora presiedeva la Cancelleria di Stato, Primo Segretario in tutti le sedute di governo con precedenza anche sui senatori, in pratica funzionava da "orecchio del popolo", considerato che l' Assemblea Popolare non esisteva più) ed infine del Maggior Consiglio.
Rafforzando la festività della "Sensa" ( festa religiosa per Assunzione di Cristo) e lo << sposalizio con il mare>> venne sancito il dominio assoluto di Venezia in Adriatico.
Fu costituita una squadra navale con il preciso compito di vigilare su tutte le navi in transito, riscuotere i dazi, impedire l'ingresso non autorizzato a navi armate e contrastare il contrabbando, sotto il comando del cosiddetto "Capitano del Golfo". 

ANNO 1270, con il trattato di Cremona fu firmata la pace (nda: provvisoria) con Bisanzio e Genova.
A causa però, di una gravissima carestia che si stava protraendo da anni, considerata l'esosità dei dazi veneziani , la lega che aveva cooperato con Venezia nella distruzione dei "da Romano", si rivoltò contro.
Alla lega si aggiunsero Recanati, Ancona,Cremona e Bologna.
Quest'ultima voleva vantare il diritto di approdo e l'esenzione da dazi a Primaro (nda: porto di origine romana "primarus" costruito su un braccio meridionale del Po, di importanza strategica perchè originariamente si univa al Po di Volano e passando a sud di Ferrara si congiungeva con il Reno).
Nell' ottobre del 1271 Venezia fu sconfitta e costretta a ritirare l'armata a nord , quasi fino a Chioggia dove riuscì a riorganizzarsi e partire per l' azione di rivalsa che costrinse la lega alla pace, nell' agosto del 1273.
L' unica città che non volle cedere fu ancora una volta Ancona, sotto diretta protezione di Gregorio X e successivamente di Nicolò III.
Il doge Lorenzo Tiepolo morì il 15 agosto 1275, con grande lutto e dolore di tutto il popolo veneziano. Il suo corpo fu deposto nell' arca della chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, dove giaceva il corpo del padre.
La leggenda vuole che durante il suo dogado e più precisamente nell'...

ANNO  1271, Marco Polo  iniziasse la spedizione verso il Catai (Cina), al seguito del padre Nicolò e dello zio Matteo, per arrivare a Pechino nel 1273. 

ANNO 1275 - Nomina del  XVIIL Doge IACOPO CONTARINI (fino al 1280) - Dogado di transizione, Jacopo, già figlio del Doge Domenico, fu eletto quando aveva superato gli ottant'anni ed era ammalato.
Le continue rivolte in Istria erano controllate da Giovanni Dandolo e la guerra contro Ancona perdurava senza alcun cedimento.
Ancona era stata sottoposta al blocco commerciale terrestre, dall'alleanza con Fermo e da mare, con il blocco navale della Repubblica. 
Città pontificia per la quale Nicolò III si era fatto confermare i diritti dall' Imperatore Rodolfo e per la quale minacciò il Doge di scomunica.
L'unico atto prima della sua deposizione fu la legge del 1279 con la quale si vietava la possibilità, ai figli illegittimi dei nobili, di poter far parte del Maggior Consiglio, legge chiaramente imposta dal Maggior Consiglio stesso.
Il 6 marzo 1280 fu costretto ad abdicare o fu deposto e per la prima volta a un ex Doge fu assegnato un vitalizio.
Morì alla fine dello stesso anno e sepolto nel chiostro della chiesa dei Frari (il sarcofago sarà distrutto dalle truppe di occupazione napoleonica)

ANNO 1280 - Nomina del XVIIIL Doge - GIOVANNI DANDOLO (fino al 1289) - Dopo un sofferto conclave, il 31 marzo del 1280, fu eletto il feritore di Lorenzo Tiepolo (che però appena eletto Doge aveva concesso il perdono).
Figlio di Gilberto, "Capitano General da Mar", aveva ricoperto importantissime cariche politiche e militari: bailo a Tiro, podestà a Bologna e Padova, conte di Ossero e Arbe (nda : isole della Dalmazia) ed egli stesso generale in Istria,.
La nomina gli venne comunicata quando era ancora impegnato nelle campagne militari in Istria e contro Trieste, che sfoceranno in guerra aperta l'anno successivo per le ingerenze dello Stato Pontificio, attraverso il patriarcato di Aquileia.
Nel marzo del 1281, riuscì a concludere il trattato di Ravenna che pose fine al conflitto con Ancona, quando però si riaprì la questione di Creta con un insurrezione capitanata dal greco Alessio Kalergis e fomentata da Michele VIII Paleologo imperatore di Nicea e Costantinopoli.
La nuova protervia di Bisanzio portò Venezia a concludere un accordo con Carlo d' Angiò e Filippo di Francia per una spedizione militare nel vicino oriente.
L'accordo di Orvieto del 1281 prevedeva la partenza da Brindisi due anni dopo, con una poderosa armata ed una flotta di 40 galee al comando dello stesso Doge.
La rivolta dei "vespri Siciliani" però non consentì di porre in atto il progetto, anzi papa Martino IV avrebbe voluto che quell' armata rivolgesse il proprio attacco contro Pietro d' Aragona, al fine di riconquistare la Sicilia, già feudo pontificio.
Il rifiuto di Venezia a partecipare ad una tale spedizione costò la scomunica alla città ed al suo "principe".
Nel marzo del 1285 la laguna subì un terremoto ed una gravissima inondazione. Le condizioni portarono a stipulare una precaria pace con gli Istriani e Trieste.
Nel dicembre 1285, la scomunica venne ritirata grazie all'elezione del nuovo papa Onorio IV, quando gli ambasciatori veneziani a Roma presentarono i complimenti del Doge.
Due anni più tardi ripresero i conflitti con gli istriani appoggiati anche dai turchi e la guerra si infiammò, coinvolgendo tutto il Friuli.
A Trieste il Nobil Homo Marino Selvo fu incarcerato e la Repubblica decise così di porre la città sotto assedio e blocco navale.
La campagna del Friuli fu abbandonata da Venezia per l'arrivo dell' esercito di Rodolfo I Re di Germania chiamato dal patriarca di Aquileia.
La ritirata delle truppe veneziane, costò il carcere al loro comandante, Marino Morosini che finì sotto processo per la poco gloriosa sconfitta.
L' intercessione di Papa Niccolò IV portò ad una tregua, comunque del tutto precaria.
Altra faccia ebbe invece il dogado di Giovanni Dandolo dal punto di vista legislativo ed amministrativo.
Nel 1283, il Maggior Consiglio ratificò lo " Statuta et ordinamenta super navibus et aliis lignis", ( nda:regolamento e ordinamento per le navi ed altri legni)il codice messo in cantiere ancora da Renier Zen, il quale aveva affidato il compito ad una commissione di tre saggi che avrebbe dovuto stabilire un regolamento definitivo sul trasporto delle merci e sul traffico marittimo a bordo delle navi della Repubblica.
Nell' ottobre del 1284 fu coniato il primo "ducato" d'oro ovvero "zecchino" (nda: dall' arabo "sekka" - officina dove venivano coniate le monete)
Dal punto di vista giuridico costituì una commissione per dividere il potere legislativo da quello esecutivo e nonostante Giovanni Dandolo fosse un fervido sostenitore della causa patrizia, non concesse l'ereditarietà della nomina al Maggior Consiglio, lasciando i poteri di nomina in mano alla Commissione Elettiva , costituita da non più di quattro membri, sorteggiati tra i Consiglieri Maggiori, i quali a loro volta, ogni anno stilavano una di lista di cento nomi benemeriti, che non ricoprissero altre cariche o che avessero altri impedimenti, di età maggiore ai trent' anni.
Giovanni Dandolo morì il 2 novembre 1289 e fu sepolto nella chiesa di SS Giovanni e Paolo ed ancor oggi ricordato da una lapide sistemata nella navata di sinistra.

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