VENEZIA  IN CRONOLOGIA


20.000 - 193 d.C. 238-567 568-803
804-1172 1175-1284 1284- 1364
1364 - 1501 1501-2000 CRONO-BIOGRAFIA DEI DOGI

( pagine sempre in costruzione, in aggiornamento e miglioramento)

ANNO 804 - Nomina del VIII  Doge OBELERIO ANTENOREO, ma Le ambiguità di due fazioni veneziane si manifestano a tutto tondo. Infatti Obelerio era della fazione  filo -franca,  ma gli fu affiancato il fratello Beato che era notoriamente filo-bizantino. Fu quindi un dogado breve ma molto travagliato. 
Le dispute territoriali e gli intrighi cortigiani si risolsero con la distruzione di Eraclea e la conquista dell'Istria bizantina.
I franchi di Carlo Magno divennero quindi, sovrani su tutto l'alto Adriatico. Ma Niceforo, Imperatore Romano d'Oriente inviò una flotta, capitanata dal patrizio Niceta che produsse un vero e proprio blocco navale davanti alla laguna veneta.
Obelerio ritornò sui propri passi, anche perchè i franchi non disponevano di una flotta per fronteggiare il nemico, giurò fedeltà a Costantinopoli e Beato riaccompagnò Nicetà in patria.
La vendetta di Carlo Magno non si fece attendere e nel 809 invio il figlio Pipino che riuscì rubando qua e là navi, a costituire una flotta imponente tanto da far capitolare tutte le città rivierasche.

Il Consiglio  si ritirò a "Rivoalti" (l'attuale Rialto) e predispose (su idea di un ricco possidente di Eraclea) il "ricevimento" della flotta di Pipino in seno alla micidiale e insidiosa laguna; attirata da piccole imbarcazioni sin dentro a quello che, ancor oggi viene chiamato il "Canale dell' Orfano", la flotta franca incagliatasi nella  laguna con la attesa (dai veneziani) puntuale bassa marea, fu completamente  distrutta.
 
Con Rivoalti si era nel frattempo costituito anche un altro insediamento molto importante, ovvero quello dell'Olivolo", oggi San Giuseppe di Castello che assieme costruirono i primi nuclei abitativi e consigliari di VENEXIA.
Obelerio fu deposto ed esiliato nel 810, probabilmente perché avversò qualche decisione del Consiglio. Più avanti tentò una sorta di rivolta, ma fu sconfitto e fatto decapitare da suo successore; che non poteva che essere lo stratega  del "ricevimento" riservato ai Franchi.

ANNO 810 - Nomina del IX  doge ANHELO PARTICIACIO - (o Particiaco- Angelo Partecipazio) grande possidente di Eraclea, che darà vita a una vera e propria dinastia di dogi.I partecipazi si distinsero in tre dinastie, quella di Angelo fu la prima.


Le caratteristiche del nascente stato veneziano incominciano a delinearsi abbastanza chiaramente. Il potere è esercitato dal (Doge), eletto direttamente dalla totalità della popolazione (placitum), assistito da due tribuni (un po' di tradizioni romane saltano fuori, ma non dimentichiamo che anche queste erano mutuate dai greci o dai toschi sempre di origine orientale). Il nuovo ducato, la cui sede è stata trasferita nell'810 da Malamocco a Rivoalto (Rialto), si qualifica come tramite commerciale fra il mondo bizantino di cui fa parte ufficiosamente; tramite del mondo germanico dominante in Italia (con i Franchi); infine quello costiero slavo dei Balcani. L'elemento sociale preminente, primo nucleo del futuro patriziato, è costituito come abbiamo già letto sopra, dai grandi proprietari terrieri trasferitisi dalla terraferma in Laguna, i quali investono ora le loro rendite nei commerci marittimi, esercitati da marinai ancora privi di mezzi per poter operare autonomamente.

Il dogato di  Angelo Partecipazio fu, seppur contrastato dagli ormai consueti ondivaghi andirivieni della nobiltà elettrice, abbastanza tranquillo.
Le isole veneziane cominciarono ad essere rafforzate e rinforzate con materiali di risulta dagli scavi di parecchie "velme" (velma è il termine veneziano usato per definire le venature prodotte naturalmente dalle correnti di marea sul fondo fangoso e semi-affiorante, quindi paludoso).
Rivoalto venne consolidato e così come la parte occidentale dell'Olivolo, dove fu eretto il primo bastione con ponte levatoio e che divenne successivamente il palazzo dogale.
Con la benedizione di Ludovico il Pio ( ancorchè da Fortunato, patriarca di Grado insediatosi all'Olivolo), sotto Angelo nasce la prima zecca veneziana e le monete riportano la scritta "RIVOALTI" .
Costantinopoli tacque.
Angelo o Agnello morì nel 827  lasciando in eredità il dogado al figlio Giustiniano che però fu molto breve: due anni.

ANNO 827-829 - I due anni del dogato dell' X Doge  GIUSTINIANO PARTECIPAZIO furono di relativa tranquillità non fosse per le continue diatribe tra i patriarchi ecclesiastici di Grado ed Aquileia, sempre più intenti ad essere divisi in casa ed uniti verso l'esterno, in particolar modo verso quelli dalmati. Vedi la questione dell'iconoclastia

La leggenda vuole che durante il dogado di Giustiniano siano state trafugate, da Alessandria d' Egitto, le spoglie dell'evangelista Marco, diventando così il patrono della città in sostituzione di san Teodoro.
Un'altra leggenda vuole che le spoglie siano state "esportate" ed imbarcate attraverso la dogana di Alessandria, già mussulmana, perchè nascoste sotto carne di porco (salata?).
dimenticando invece che vi era pur sempre un patriarca cattolico in loco.
Resta il fatto che, dopo pochi anni VENEZIA innalzò sugli alberi delle proprie navi un vessillo che incuterà riverenza e timore ma anche protezione, in tutto il medio oriente ed in parte dell'Africa settentrionale: il "Leone di San Marco". 
Giustiniano nel suo breve dogato, muore nel suo letto di morte naturale e lascia il dogado al fratello Giovanni lasciando in eredità i suoi averi "sub judice" alla costruzione di una chiesa "granda" per il santo patrono  (ovvero quella che diventerà nei secoli la Basilica di San Marco).

ANNO 829 - La nomina del  XI   Doge  GIOVANNI PARTECIPAZIO  fu molto contrastata, soprattutto da lotte intestine alla stessa nobiltà veneziana. Dopo vent'anni di esilio si ripresentò Obelerio a rivendicare alcuni suoi diritti (ben sapendo che i veneziani non sopportavano le dinastie).

Al fine di non lasciargli spazi per ulteriori congiure, Giovanni fece radere al suolo Malamocco (sua città di elezione) e dopo averlo catturato lo fece decapitare con l'obbligo di esposizione della testa (come succedeva ai traditori). Ma evidentemente una gran parte della nobiltà veneziana non vedeva di buon grado l'ulteriore rafforzamento del potere dinastico dei Partecipazio. Forse le stesse famiglie vicine al casato dogale costrinsero Giovanni a rifugiarsi presso Lotario. Per sei mesi "el caregon" (trono) dogale fu occupato da tale tribuno Caroso.
Con l'appoggio dei franchi di Lotario Giovanni rientrò a Venezia, Caroso fu accecato ed espulso (non fu ucciso perché console di Costantinopoli) mentre i complici furono sterminati.
Ma l'assolutismo dei Partecipazio non poteva avere lunga vita. Dopo aver assistito ad una messa presso la basilica dell'Olivolo, Giovanni fu catturato, rasato e consacrato "chierico di Grado", nell' 836

 
ANNO 836 - Nomina del XII Doge. A rimpiazzare Giovanni, un singolare e  sconosciuto PIETRO TRADONICO, un istriano
che non sapeva leggere e scrivere pertanto i documenti e gli editti venivano firmati con "signum manus". Durante il suo lungo dogado fu contraddistinto dalle lotte ai pirati che infestavano le acque dell'adriatico , sui quali però Venezia non riuscì a concludere molto; dalle guerre contro i saraceni che avevano preso Bari e Taranto che sconfissero Venezia nella battaglia di Sansego (isoletta a sud di Pola) e dal "patto di Lotario" che comunque stabilì importanti convenzioni commerciali e di conseguenza anche politiche per Venezia.
Dopo secoli di guerre e cospirazioni, finalmente i due "blocchi": l'occidentale dei franchi e l'orientale dei bizantini, capirono che forse una piccola "Svizzera" commerciale poteva far comodo a tutti.
Nel 840, infatti Lotario riconobbe l'indipendenza di Venezia che divenne ducato sovrano su tutta la gronda lagunare e pochi territori limitrofi fino ad "acquas salsas", mentre da li a poco, Bisanzio nominerà il doge, suo spatario ed ipato.
Ma le congiure non finiscono mai di stupire a Venezia e Pietro Tradonico, dopo la morte del figlio Giovanni (co-reggente) finisce assassinato a colpi di pugnale all'uscita dalla messa di consacrazione della chiesa di san Zaccaria, nell'anno 864.

ANNO 864 - Viene eletto il XIII Doge - ORSO I PARTECIACO (fino all'881) Nel corso di quest'anno, i congiurati contro Pietro Tradonico furono catturati, processati e condannati a morte, e giustiziati probabilmente con il taglio della testa.
Il nuovo doge viene eletto quasi immediatamente ( n.d.r: l'elezione dei dogi, si ritiene, fosse per  (in Veneto) "fisc-ci de boca"- ovvero per acclamazione "choram populo")
Ad Orso I Partecipazio vanno i meriti di aver contenuto, in qualche misura, le scorribande marittime dei saraceni e dei pirati nell' adriatico, grazie anche a nuove costruzioni navali "più grande" e capaci di contrastare il nemico.
Morì di morte naturale.

ANNO 881 - Nomina del XIV Doge - GIOVANNI II PARTECIACO (fino all'887) - Dogado tra i più squallidi sin qui avuti.
Teso solo a rafforzare poteri, nepotismi e finanze famigliari. Per questi motivi e per la distruzione, nonchè predazione di Comacchio, Venezia ricevette la prima scomunica papale. 
Era probabilmente in animo di questa famiglia la discendenza ereditaria ma, si dice che la buona sorte non fosse dalla loro parte.
Giovanni II Partecipazio morì di malattia così come tanti suoi co-eredi "designati".

ANNO 887 - Nomina del XV Doge - PIETRO I CANDIANO  (doge un solo anno) Uno dei più brevi dogadi della storia di Venezia. Eletto "choram populo" dalle famiglie patrizie veneziane, probabilmente perché di discendenza imperiale romana.
Giovane e intransigente, condusse egli stesso una spedizione contro i pirati dalmati che infestavano le acque dell'adriatico.
Ma non dovevano essere stati tempi facili e durante la rappresaglia contro i "narentani" il doge fu ucciso. Durò in carica circa sei mesi.

ANNO 888 - Nomina del XVII Doge - PIETRO TRIBUNO (fino al 912) - Dopo alterne vicissitudini e questioni di carattere ereditario del "soglio" (Venezia infatti assomiglierà sempre di più alla monarchia-?- o repubblica- ?- pontificia, nonostante i laici distinguo) dogale, l'elezione del doge ritorna in mano al "popolo".
Roberto Cessi -però chiarisce che il "popolo sovrano" è limitato a poche "schiatte" dalle quali era escluso il vulgo e l'artigianato.
Pietro Tribuno venne eletto in coincidenza con il tramonto dell'impero franco. 
Fu appellato dai veneziani con i titolo di "Onorifico e pieno di ogni bontà" essendo stato l'artefice della resistenza e dell'invasione degli ungari nei confronti di ALTINO città madre di Venezia . Altino fu comunque definitivamente distrutta e saccheggiata e nel 900 il documento del placito ( placito = assemblea dei "saggi") tenuto nel 900 riporta << ecco che venne l'abate del monastero di Santo Stefano altinate, Joanicio, sopraggiunto nel pianto e con angoscia ad esporre i danni del suo cenobio( monastero) e che i suoi possedimenti erano stati spopolati, poichè i coloni erano stati uccisi dagli ungari o erano fuggiti.>> 
Le sue battaglie contro gli Ungari si estesero anche a Treviso, Chioggia, Pellestrina e Malamocco. 
Da Bisanzio venne nominato protospatario ed acclamato dalle popolazioni venete come "liberatore".
Morì di morte naturale nella primavera del 911.

ANNO 912 - Nomina del XVIII Doge - ORSO II PARTECIACO (fino al 932) - Non ci sono attualmente gli strumenti, ne tanto meno le conoscenze storiche (anzi forse non ci saranno mai) per definire l'umana inettitudine posta ai sommi livelli istituzionali .
Dalle poche cose che si riescono a leggere, sicuramente Orso II Parteciaco deve essere stato una sorta di rappresentanza, squisitamente veneziana, "ante litteram" di questa umana situazione.
Ringraziarono, pertanto: diaconi, preti, abati, vescovi, cardinali e papi .
Ventanni di dogale presenza all'insegna del nulla.
Eppure pirati dalmati, saraceni, e narentani continuarono ad infestare le acque del mare Adriatico ovvero quelle del "Golfo Venetianorum" senza che il doge agisse di conseguenza.
Si può solo pensare che, probabilmente i Partecipazi più che averne le tasche piene, le avevano già gonfie (di denari).
Orso II era già di generazione successiva ai primi "parteciaco", con basi economiche e potenziali politici ben consolidati.
Forse non tanto capace di intendere e volere (perchè probabilmente generato attraverso un matrimonio consaguineo), fu usato dalla cosiddetta repubblica veneta e contemporaneamente dal papato per i suoi lasciti.
"Alla sua famiglia si fanno discendere i N.H e le N.D. ( nobil homini e nobil done) dei "Badoer", perchè Orso stesso fu conclamato "Baduario" ovvero "figlio" di Costantinopoli (da Baduario: "patrizio bizantino" 

Per la prima volta, sotto l'egida di tutti, fu concesso alla Serenissima Repubblica Veneta di battere moneta con zecca autoctona.
Orso II, dopo aver "abdicato" (strano termine per una repubblica (?) si ritirò in convento.
Dopo la morte fu dichiarato beato. 

ANNO 932 - Nomina del XIX Doge  - PIETRO II CANDIANO (fino al 939) - I movimenti commerciali di Venezia iniziavano ad estendersi in tutto il " golfo di Venezia", non più contrastati dalle grandi potenze dell'epoca.
Il dogado di Pietro II Candiano fu dapprima impegnato a consolidare il predominio della repubblica verso Comacchio e Ravenna e successivamente verso i territori istriani.
Dall' Istria pretese il tributo annuo di 100 anfore di vino in cambio di un libero mercato " a favore" degli istriani (sorge il dubbio che, la consistenza numerica degli abitanti dell' estuario e della gronda lagunare avesse ormai bisogno di un maggior apporto di "beni di consumo immediato" ).
Tant'è che il "concordato-imposto" non andò bene a Vintero ( duca di Capodistria) il quale impose il blocco alle attività commerciali dei mercanti di Venezia.
La risposta non si fece attendere: la flotta veneziana impose il blocco navale, ovvero un assedio da parte del mare ( forse il primo nella storia degli eventi marittimi che si ricordi)
La questione si risolse, per buona pace di tutti, con l'intermediazione del patriarca di Grado.
Pietro II Candiano morì di morte naturale. 

ANNO 939 - Nomina del XX Doge - PIETRO BADOER PARTICIACO (fino al 942) - Figlio di Orso II Partecipazio.
La "Serenissima Repubblica", come più volte dimostrato, attraverso i suoi meccanismi quasi dogmatici, ogni qual tanto, cova in seno la bramosia del "regno".

I Badoer presenti, partecipi alle vicissitudini della repubblica veneta e ben vigili da secoli (sotto " non" mentite spoglie di : cugini , cognati, generi ecc... di qualcuno già eletto), con Pietro ritentano "le carte" dell'assolutismo trasmesso per via genetriaca.
Il dogado durerà poco, ma le tentazioni del potere assoluto rimarranno tali per i secoli futuri.

ANNO 942 - Nomina del XXI Doge - PIETRO III CANDIANO (ìfino al 959) - Venezia, come si è più volte detto, ha ormai assunto un ordinamento politico diverso da quello monarchico ed il Duca viene eletto, non vi è quindi possibilità di tramandare il soglio attraverso la consanguineità.
Ciò nonostante, furono grandi le tentazioni di assomigliare al resto del mondo conosciuto, anche nelle trame e nelle tresche. La famiglia dei Candiano fu una delle tante a cadere in tentazione, così come successe con i Partecipazio. Così dopo Pietro I e II arrivò al soglio dogale anche il Terzo e non fu l'ultimo.
L'episodio che diede più lustro al Doge Pietro III fu la liberazione delle fanciulle rapite dai pirati narentani durante la "processio scholarum" , ovvero la festa dei matrimoni che si teneva il 2 di febbraio nel giorno della "Purificazione".
Con lo scopo di rapinare le genti Veneziane, i dalmati avevano atteso un giorno di festa per poter sferrare la sortita che andò a buon segno con in più dodici "fanciulle vergini" da vendere sui mercati levantini.
Pietro III fu prontissimo ad armare la flotta e condurla all'inseguimento dei pirati che furono raggiunti nella laguna di Caorle e trucidati.
Da allora la festa dei promessi sposi si chiamò "delle Marie": (Oggi reintrodotta all'interno del carnevale).
Nel 959 Pietro III fu costretto a cedere il passo al figlio Pietro IV il quale, assetato di potere, appoggiato dal marchese di Ravenna Guido e dal re Berengario, mise insieme un'armata e marciò contro il padre che sconfitto fu deposto dallo stesso figlio.
Nel frattempo Venezia, alle soglie dell'anno mille, aveva già assunto la connotazione di una vera e propria città urbana con insediamenti in muratura ed accessi fortificati ( Palazzo Ducale), anche se rimarranno sempre le acque le migliori mura di difesa.

ANNO 959 -Nomina del XXII Doge  - PIETRO IV CANDIANO (fino al 976) - Il popolo veneziano lasciava fare finchè gli interessi del doge coincidevano con gli interessi generali. Ma Pietro IV fu invece molto determinato ad attendere i suoi affari, più che quelli della nazione.
Al fine di farsi proteggere dall' imperatore Ottone I emanò una serie di editti, ivi compresi il bando della schiavitù che andavano contro gli interessi di Bisanzio.
Con l'accusa di simonia fece arrestare ed accecare il vescovo dell' Olivolo il quale, per istituzione aveva sempre avuto la benevolenza di Bisanzio.
Ripudiò la moglie e sposò con nozze saliche la nobile nibelunga Waldrada. 
Fatalità, il vescovo di Grado Vitale, figlio di Pietro IV, fu nominato patriarca e metropolita di Venezia.
Ottone I concesse al doge la sovranità su tutti i possedimenti ecclesiastici in territorio veneziano, in cambio di un tributo annuo fisso da pagarsi in moneta imperiale o veneziana recante l'incisione "cristus imperat venecia". 
A sancire l'amicizia truppe mercenarie presidiavano il palazzo ducale. 
Bisanzio nel frattempo era divenuta insofferente perché vedeva rotti quegli equilibri sui quali aveva investito la propria fiducia in Venezia.
Nel mentre gli affari del doge andavano a gonfie vele, Ottone I morì (973).
Gli succedette il figlio Ottone II, il quale nel 976 fu troppo preso da questioni interne con il duca di Baviera (che si era alleato con la Polonia e la Boemia al fine di rivendicare l'esproprio della marca di Verona), per poter seguire anche le vicissitudini del doge di Venezia .
A Bisanzio fu solo necessario soffiare sulla brace che covava sotto la paglia. 
Il popolo, vessato da pressioni fiscali mai subite, la presenza di truppe straniere in città, i commerci con l'Oriente compromessi, si "incendiò" bruciando quasi tutta Venezia.
Pietro IV ed il figlioletto "Pietro", stanati dal fuoco e dal fumo che aveva attaccato anche il palazzo ducale, furono trucidati sul posto e per estremo disprezzo, i loro corpi vennero gettati nel del mattatoio pubblico. 


ANNO 976 - Nomina del XXIII Doge - PIETRO ORSEOLO I  (fino al 978) - Pietro I Orseolo fu eletto a doge nella basilica dell'Olivolo probabilmente per due motivi: il primo perchè discendente della romana "gens ursia" ed il secondo (ma non è dato averne certezza) perchè mise a disposizione la sua casa (poichè limitrofa) per l'attacco incendiario al palazzo ducale del suo predecessore.
Dalla moglie Felicia Malipiero (Badoer ?) ebbe due figli.
Il maschio di nome Pietro divenne doge a sua volta, mentre la figlia andò in sposa a Giovanni Morosini (altra famiglia estremamente ricca e nobiliare).
Il primo ed ultimo atto politico di Pietro Orseolo fu quello di assegnare alla moglie del suo predecessore Waldrada (sfuggita, non si sa come alle esecuzioni sommarie che avevano portato a morte il marito ed il figlioletto), tutti i beni della famiglia del consorte, giusto per non inimicarsi l'impero germanico. 
Waldrada era stata presa sotto protezione da Adelaide, ex imperatrice e vedova di Ottone I (ovvero imperatrice madre).
La sua opera primaria fu quella di ricostruire Venezia.
Probabilmente, Pietro Orseolo, molto compenetrato nel cristianesimo ortodosso, la notte del primo settembre 978 fuggì da Venezia (già vestito in abiti monastici).
Si ritirò in un monastero nella catena dei Pirenei ( Cuxa?).
Successivamente fu canonizzato dalla Chiesa cattolica e proclamato santo.
Oggi i reliquiari delle sue spoglie fanno parte del Tesoro di San Marco e custodite nella Basilica. 

ANNO 978 - Nomina del XXIV Doge - VITALE CANDIANO (fino al 979) - Doge di transizione, così come lo era stato il suo predecessore ( Pietro Orseolo I).
 A Venezia regna il timore che continuando la politica del compromesso non si possa più reggere.
Le famiglie che sin qui hanno praticamente regnato, hanno anche constatato la loro fragilità negli scontri con gli interessi di altre famiglie abbienti e gli interessi del popolo a queste legati.
E quindi in un periodo di transizione il doge deve rispecchiare la realtà.
Vitale Candiano dopo aver abdicato entrò in un convento e dove successivamente si ricongiunse col Padre.

ANNO 979 - Nomina del XXV Doge - TRIBUNO MENIO (fino al 991) - Il suo dogado fu caratterizzato da faide famigliari portate spesso alle estreme conseguenze.
La famiglia dei Coloprini imparentati con i Candiano entrarono spesso in conflitto con i Morosini che stavano crescendo di importanza. I Morosini erano imparentati con gli Orseolo ed erano filobizantini, mentre i Coloprini erano legati alle concessioni feudali di Ottone II.
In una delle tante risse morì il giovane Domenico Morosini ed i Coloprini furono costretti a riparare presso Verona sotto protezione dell'imperatore germanico, ed ebbe come conseguenza l'assedio di Venezia, un blocco navale ed un editto imperiale con il quale si vietava ai sudditi di commerciare con la città lagunare.
Vano fu il tentativo di far intervenire Bisanzio, nonostante il doge avesse inviato a Costantinopoli il figlio Maurizio.
I Morosini si vendicarono con il saccheggio dei palazzi dei Coloprini e la poca lungimiranza del doge permise l'arresto delle mogli.
La morte di Ottone II pose fine al blocco e all'assedio. Sembrava che gli animi si fossero sopiti ma, mentre Stefano Coloprini (il capofamiglia) non se la sente di ritornare, nonostante le garanzie dogali e ripara presso il duca di Toscana, gli altri rientrano in patria per essere trucidati dai Morosini, dopo pochi anni.
Durante l'assemblea popolare del marzo 991, Tribuno, ormai vecchio ed incapace di governare, fu deposto ed obbligato a farsi monaco della chiesa di San Zaccaria, dove morì dopo pochi mesi.
Durante il suo dogado fu promulgato il decreto dove veniva chiaramente espresso l'assoluta proprietà dogale sulla basilica di San Marco che doveva considerarsi una sorta di cappella privata e le funzioni ecclesiastiche delegate ad un "primicerio" ( dal latino primicerius = ufficiale iscritto per primo sulla tavoletta di cera, ovvero prelato posto a capo dei diaconi e dei chierici) 

ANNO 991 - Nomina del XXVI Doge - PIETRO ORSEOLO II - (fino al 1009) - E' il doge che accompagna Venezia ed i veneziani oltre il primo millennio. Fu probabilmente il primo "vero", "grande" doge della Serenissima Repubblica.
Attraverso la sua diplomazia riuscì a rendere docile l'impero d' occidente, così come quello d'Oriente, nonchè lo stato papalino.
Se a Ottone III concesse il padrinato di alcuni figli, in modo tale che l' imperatore d'Occidente divenisse "compadre" del "duca" di Venezia", per Bisanzio ed il papato riconquistò Bari e Taranto, cadute in mani saracene.
Questo lavorìo diplomatico e militare favorì i commerci ed il lavoro in maniera inequivocabile. Furono aperti scali, porti e mercati lungo i fiumi che portavano all'entroterra trevigiana e brentana.
Ottenne favori sull'interscambio commerciale e l'abolizione di dazi sull'importazione del SALE.
Riuscì a sconfiggere i pirati dalmato-narentani, mettendo a ferro e a fuoco Lissa, Curzola e Lagosta (Isole della costa dalmata che funzionavano da avamposto nelle scorrerie), riuscendo a risalire persino il fiume Narenta. 
Per la prima volta la flotta veneziana issa il 
"gonfalone di San Marco" (raffigurante il leone alato) 
... benedetto dal Patriarca di Aquileia e dal Patriarca di Grado e non ultima la benedizione di papa Silvestro II.
Forse quest' ultima cosa potrebbe sembrare ininfluente se non fosse che, dietro alla formalità dei gesti e delle parole, vi fu il riconoscimento di Venezia da parte della terza potenza mondiale dell'epoca : lo stato pontificio.
Pietro II Orseolo morì di morte naturale nel settembre del 1009.


ANNO 992 - E' in piena attività la marineria, il commercio marittimo, i cantieri navali, lo sviluppo commerciale non solo all'interno ma  in diverse direzioni. Soprattutto con le zone dell'Egeo. Qui a Costantinopoli riescono a ottenere dall'imperatore Basilio II, un primo trattato commerciale con alcune importanti esenzioni doganali (privilegi) che permetteno ai veneziani di creare fondachi nei vicini porti del Corno D'Oro bizantino. E da qui, allargare i traffici all'interno del mar Nero. Ci sarà un periodo che a Costantinopoli risiedevano circa 70.000 veneziani dediti ad ogni sorta di lavoro diretto e indotto. Creando non poche gelosie dei locali, e anche qualche drammatica rivolta.

ANNO 1000 - Muore papa Gregorio V, e per volontà di Ottone III diventa papa il 2 aprile il suo maestro, il dotto monaco Gerberto di Aurillac, già arcivescovo di Ravenna, col nome di SILVESTRO II

ANNO 1004 - Il Doge Pietro Orseolo II conduce una guerra contro i pirati illirici (soprattutto albanesi) che infestavano le acque dell'Adriatico. Venezia afferma il predominio sull'Adriatico. Orseolo assume il titolo di "Dux Veneticorum et Dalmaticorum".

ANNO 1008 - A Torcello viene riedificato il duomo. I mosaici attuali sono di epoche diverse con maestranze locali, ma quelli dell'abside hanno legami con l'arte di Costantinopoli, con la quale Venezia in questo periodo ha molti contatti commerciali. 

ANNO 1008 - Nomina del  XXVII  Doge - OTTONONE ORSEOLO (fino al 1026) - Figlioccio di Ottone III, fu eletto doge all'età di appena quindici anni. 
La tentazione di tramandare la discendenza, da parte dei casati veneziani, ma soprattutto di imporre a Venezia questa volontà, da parte delle potenze imperiali e clericali fu sempre presente ed anche Ottone Orseolo ne fu testimonianza.
Dopo due anni dall'elezione fu sposato con la principessa Elena di Ungheria.
Il fratello Orso Orseolo divenne Patriarca di Grado, il Fratello Vitale Orseolo Vescovo di Torcello.
Alcune famiglie veneziane evidentemente avevano dimenticato che Venezia, seppur indipendente per i propri trascorsi, indipendente non avrebbe mai potuto esserlo del tutto se non rimaneggiando continuamente le proprie alleanze, attraverso sottili trame diplomatiche.
Ad Ottone Orseolo, infatti, costò cara la dimenticanza delle coperture politiche.
Il Patriarca di Aquileia Poppone scontento, perchè scontento fu papa Benedetto VIII, saccheggio Grado sotto l'indifferenza dell'indifferenza dell'imperatore d' occidente Enrico II.
Nè valse l'insediamento del nuovo imperatore Corrado II e di un nuovo Papa: Giovanni XIX.
Così fu sufficiente l'opposizione del doge Ottone all'insediamento del diciotenne Domenico Gradenigo al vescovado dell' Olivolo, per scatenare una rivolta capitanata da Domenico Flabianico.
La rivolta portò alla destituzione del doge il quale, in segno di disprezzo, fu rasato di barba e capelli ed esiliato a Costantinopoli. 

ANNO
1026 - Il Doge Orseolo dopo una sollevazione interna è costretto a fuggire in Oriente. Comincia a delinearsi il sopravvento della tendenza aristocratica su quella monarchica. Inoltre accanto ai dogi d'ora in avanti i sapienti diventano un vero e proprio organo stabile. (vedi 1032)

 ANNO 1026 - Nomina del  XXVIII  Doge- PIETRO CENTRANICO (fino al 1032 - L'assemblea dei nobili, irretita da Flabianico, dopo la deposizione del predecessore, elesse Pietro Barbolano o Centranigo discendente di una ricca famiglia di Eraclea.
Ritornò sulla scena la sinusoide ondivaga delle alterne simpatie politiche, militari ma soprattutto economiche di Venezia.
Pietro Centranico fu costretto a contrapporre gli interessi della Repubblica a tutte e tre le potenze mondiali dell'epoca.
Corrado II, imperatore d'occidente, costrinse papa Giovanni XIX ad un nuovo sinodo dei vescovi per confermare la supremazia di Popone cardinale d' Aquileia nei confronti del patriarcato di Grado caro invece a Venezia e a Bisanzio (perché : patriarchali nomine utebatur).
L'imperatore d' oriente Romano Argirro. dal canto suo, aizzò gli ungheresi che vantavano, dopo il matrimonio del predecessore, dei diritti.
L'assemblea popolare toccata nei propri interessi e, considerato lo stallo della situazione, non trovò di meglio che radere di barba e capelli anche Pietro e spedirlo in esilio a Costantinopoli. 


Tra il 727, anno dell'elezione di Orso Ipato, e il 1032, su una trentina di Dogi ne sono morti di morte naturale soltanto otto. Nello stesso periodo la sede del governo passa a Malamocco e poi a Rivoalto. Come abbiamo visto il potere era essenzialmente personale e dinastico. E le dinastie principali a Venezia erano quelle dei Partecipazi, di Candiano e di Orseolo

ANNO 1028 - L'Imperatore Corrado II (eletto re d'Italia l'anno precedente e che ha già elevato il marchesato del Tirolo-Tridentino a principato ecclesiastico, nominando vescovo-principe Ulderico II -e  la serie continuerà fino al 1800), cede a Poppone patriarca di Aquileia, parte del Friuli. (Nel 1077 il patriarca Sigeardo verrà poi nominato Duca del Friuli da re Enrico IV). Il Friuli godrà il favore dei tedeschi fino al 1420, quando poi i Veneziani acquistano Udine, tutto il Friuli e l'Istria nel corso della guerra contro il patriarca di Aquileia ed il re di Germania Sigismondo. Il Patriarca dovrà accontentarsi a tenere solo Aquileia e qualche castello.

ANNO 1032 - Nomina del XXIX Doge DOMENICO FLABIANICO  (fino al1042) Il soglio dogale rimase vacante per un anno dopo la deposizione di Pietro Centranigo.
Ricuciture e nuove alleanze avrebbero voluto riportare a palazzo ducale Ottone Orseolo a sua volta in esilio a Costantinopoli dove, fra l'altro i veneziani avevano costituito un punto d'appoggio non indifferente, praticamente una piccola città nella città.
Nel 1032 comunque Ottone Orseolo morì di malattia senza poter rientrare a Venezia.
Doge emblematico, probabilmente discendente e tribuno egli stesso della "gens romana" ma soprattutto ricco per i suoi commerci con la seta d'oriente.
Fu prima "capo-bastone" nel rappresentare il malumore popolare a dispetto delle famiglie nobiliari, poi il primo rappresentante di un potere sempre più oligarchico.
Si intravedeva all'orizzonte un "consiglio nobiliare" (minor consiglio) a sostegno degli interessi generali delle famiglie possidenti.
Durante il suo dogado Domenico Flabianico con Venezia, non furono combattuti dall'esterno, furono semplicemente ignorati, senza insegne o riconoscimenti imperiali o papali.
Il doge morì di morte naturale, lasciando però la Serenissima Repubblica in condizioni ben diverse da come l'aveva presa, ovvero: non avrebbe dovuto più chiedere il riconoscimento a nessuno ! 

ANNO
1032 - Primi consiglieri ducali: Si eleggono per la prima volta due consiglieri ducali. Un atto che impediva la formazione di un governo monarchico e limitava i poteri di una sovranità dittatoriale del doge (i Veneziani qui anticipano di 600 anni il governo inglese - che ancora oggi non ha una vera e propria costituzione, ma conserva le leggi consuetudinarie, quelle nate dall'esperienza).
A Venezia furono sempre più perfezionati organi collegiali elettivi, e le rispettive promissioni che ripartissero gli iniziali poteri del sovrano, equilibrandosi sulla base dell'esperienza. Quindi le consuetudini e gli assestamenti vanno a creare in tal modo una costituzione viva o meglio, come si direbbe oggi, una serie di "convenzioni costituzionali". (vedi poi 1143)

Grazie alla flotta di cui dispone, Venezia rende grandi servigi sia all'impero bizantino, di cui solo virtualmente fa parte, che all'impero di Occidente, nelle guerre contro i pirati arabi e slavi (illirici) Ma già dal 1004. in seguito alla grande vittoria riportata a Zara, i Veneziani con il doge Orseolo, avevano occupato Curzola e Lagosta,  stabilendo il protettorato di Venezia su tutta la zona compresa fra Ragusa e Zara.

ANNO 1043 -Nomina del XXX Doge - DOMENICO CONTARINI -(fino al 1070) - Gli equilibri, in questo periodo, si rimisero sulla giusta strada. Al di la delle guerre contro Zara, città dalmata indomita, Domenico I non affrontò grandi controversie.
Zara fu sottomessa, Domenico I Contarini fu nominato prima "archiproto" e poi "magister" da parte di Bisanzio, nel mentre due papi (Benedetto IX e Leone IX) e l'imperatore d'occidente (Enrico III) tacquero.
La quasi- pace portò a grandi benefici, anche perchè il doge Contarini continuò nell'operato del suo predecessore Flabianico il quale attraverso l'espansione agricola dell'entro terra del Po ed il rafforzamento della flotta navale era riuscito a creare nuove facoltà economiche e quindi nuova nobiltà ed alleanze.
Durante questo dogado continua incessantemente l'opera di costruzione-ricostruzione della basilica di San Marco, prima pretesa come cappella dogale privata, da qui in poi come luogo di pubblica assemblea, clericale e politica.
Domenico I Contarini morì di morte naturale nel 1071 e fu sepolto nella chiesa di San Nicolò del lido da lui espressamente voluta e fatta erigere. 


ANNO 1050 - Da questa data e fino al 1071 viene ricostruita San Marco, con una forte influenza bizantina. Infatti il modello è dei SS Apostoli a Costantinopoli. I mosaici come a Torcello sono anche qui di epoche diverse (sec-XI-XIII) con maestranze locali, ma altri hanno legami con l'arte di Costantinopoli.

ANNO 1070 -Nomina del XXXI Doge - DOMENICO SILVO  ( o Selvo) (fino al 1084) 
Quando le cose non potevano considerarsi certe, a Venezia una certezza ci fu sempre: il popolo!
Già nella chiesa di San Nicolò del lido, durante i funerali del suo predecessore Domenico Contarini, Domenico Silvo fu chiamato ad occupare il soglio ducale dal popolo, accorso in moltitudine (innumerabilis multitudo).
La nobiltà non fece altro che accondiscendere e portarlo a spalla sino al palazzo ducale e quindi nella "cappella dogale" (oggi la Basilica di San Marco) dove il doge, entrato scalzo, ricevette l'investitura.
Probabilmente di alto lignaggio e di discendenza romana.
Fu prima ambasciatore di Venezia presso Enrico III e poi sposò Teodora, sorella dell'Imperatore d' Oriente Michele VII.
Gli interessi di Venezia con Bisanzio divennero ancora di più stretti.
Purtroppo papa Gregorio VII non vide di buon occhio questi rapporti anche perchè erano in piedi, ormai, distinguo di non poco interesse quali le divisioni all'interno dello stesso clero, nonchè le diatribe e le guerre iconoclastiche.
Così mentre il papato muoveva i normanni, i croati e gli ungheresi contro Venezia, Venezia fu costretta a difendere i propri interessi e quelli di Bisanzio.
Dopo una prima vittoria dei veneziani, nei pressi di Durazzo, la Serenissima subì una grossa sconfitta a Corfù.
La flotta, capitanata dal figlio del Doge (anch'esso di nome Domenico) fu colata a picco ed i sopravissuti deportati ed incarcerati dai normanni al seguito degli Altavilla.
Il risentimento del popolo veneziano non si fece attendere, anche perché il doge aveva ricevuto, da Bisanzio (con la crisobolla del 1082), il potere di tramandare la propria discendenza.
Domenico Silvo fu destituito e costretto al monachesimo. Morì nel 1087 e le sue spoglie giacciono nel loggiato della basilica di San Marco.


ANNO 1072 - Nell'ambito dei commerci, appare per la prima volta a Venezia un contratto commerciale detto di "colleganza", cioè di commenda.
 Il patriziato mercantile, che continua a investire le proprie rendite terriere nei commerci marittimi, assume sempre di più una posizione di privilegio di fatto, di conseguenza anche politico-economico rispetto al resto della popolazione, che però, riconoscendo di essere ben governata, accetta senza tante obiezioni questa situazione di disparità sociale.

ANNO 1081 - Veneziani in aiuto di Bisanzio: L’imperatore di Bisanzio Alessio I Comneo chiede l’aiuto di Venezia contro i normanni di Roberto il Guiscardo che ha tentato - dopo aver conquistato l'Italia bizantina di attaccare anche la costa orientale dell'Adriatico assediando Durazzo. Una flotta veneziana compare di fronte a Durazzo e fa togliere l'assedio normanno. Il Guiscardo poi la riconquista, si inoltra nell'Epiro in Macedonia e in Tessaglia, ma è costretto a rientrare in Italia, permettendo ai Veneziani di riconquistare Durazzo, 
Il Guiscardo ritenterà ancora una offensiva l'anno dopo colando a picco la flotta veneziana. Ma il normanno ,  morirà poi di epidemia nel 1085 a Cefalonia.

 
ANNO 1082 Venezia come gratitudine (per la prima vittoria) ottenne da Alessio Comneno I una bolla d’oro (crisobolla) che ampliava le esenzioni doganali già concesse da Costantinopoli ai veneziani nel 992 e con Durazzo come strategica base. Privilegi che assicurano, fra l'altro, ai Veneziani, anche tre banchine a Costantinopoli e tre punti d'ancoraggio sul Corno d'Oro. Nascerà così nella capitale imperiale un vero e proprio quartiere veneziano.
Fra le altre cose, l'imperatore aveva concesso al doge Domenico Silvo, la facoltà di trasmettere la sua discendenza, Purtroppo con un'altra offensiva dei normanni il Doge Domenico Silvo subì quest'anno una tremenda sconfitta a Corfù; la sua flotta fu colata a picco. Tornato a Venezia, fu destituito e dovette entrare in convento. Morirà tre anni dopo.

ANNO 1084 - Nomina del XXXII Doge - VITALE FALIER -(fino al 1096) Consigliere del cosiddetto "Minor Consiglio", (cerchia ristretta di notabili ai quali il doge si rivolgeva per le decisioni più importanti), fu uno dei fautori della sommossa che portò alla deposizione del suo predecessore.
Il "concio o consìo" fu inizialmente denominato "Minor" proprio per il sistema oligarchico che governava il ducato.
Venezia anche se definita "Repubblica" in effetti, fino a tutto il secolo XII non fu nemmeno comune, ma più semplicemente un complicato sistema politico di tipo feudale, dove il popolo, che pur credendo di poter esprimere la propria opinione, in realtà era soggiogato alla volontà di poche famiglie benestanti, più vicine ai propri interessi che non a quelli generali. 
La flotta di Vitale Falier si riprese la rivincita sui normanni con la vittoria di Butrinto ( importante centro della Caonia, provincia settentrionale dell' Epiro, odierna Albania). 
L'imperatore d'oriente, Alessio I Comneno grato per aver liberato l'Adriatico dai normanni, concesse al Doge il titolo di Duca di Dalmazia e Croazia (nonostante il re d'Ungheria Ladislao fosse divenuto anche re dei croati) ed un nuovo titolo coniato per lo scopo: "Protosevasto" (proto=primo, sebasto =augusto).
La zecca veneziana potè iscrivere sulle monete "S. Marcus Venecia" oltre al nome dell'imperatore.
Pur essendo stato un Doge illustre, la fortuna non fu dalla sua parte, perchè i territori governati subirono una grande carestia e Venezia stessa fu flagellata da fortunali e terremoti.
Per questo, il "puovolo" (popolo) non gli fu grato e durante il funerale ci furono motti di disprezzo.
Nel dicembre del 1095 fu sepolto nel loggiato della Basilica di San Marco.
Si suppone sia stato il primo Doge del quale si conservi una autentica immagine, effigiata in un mosaico di fronte all'altar maggiore della Basilica. 

ANNO 1095 - Subito dopo, al concilio di Clermont, del 26 novembre del 1095, papa Urbano II, a tutti i cavalieri d'Europa, lanciò un appello con accenti toccanti, ma anche drammatici:  intervenire per liberare la Terrasanta dagli infedeli con una "guerra" vera, che da giusta in questo caso diventava "santa",  perché finalizzata alla liberazione e alla difesa di luoghi santi, come quelli della Palestina, che, secondo la logica cristiana, appartenevano direttamente a Dio.
Una "guerra santa".... perché, e qui Urbano s' infervorì prorompendo nel grido - "....Deus vult, "Dio lo vuole". Questa  poco ufficiale prima Crociata  improvvisata,  fu detta dei "pezzenti" o "Crociata del Popolo",  o "degli straccioni", perché composta da gente molto povera, contadina, diseredata, proveniente soprattutto dalla Francia, Germania e alcuni dall'Italia;  gente che pensava di trovare in Oriente la liberazione dall’oppressione dei feudatari e nuove terre sulla quale insediarsi. 
(Pietro l'Eremita, partì la notte dell'1-2 agosto del 1096, e in effetti quel giorno in cielo c'era una cometa (la Henke, a quel tempo questa era breve-periodica e ancora molto luminosa), più c'era una forte attività meteoritica; era  del resto la Notte di San Lorenzo (si usava allora il calendario giuliano e non erano ancora stati rimossi i 10 giorni del calendario gregoriano, quindi era il 12 agosto).
"Perfino il cielo piangeva, era dunque l'ora di partire!" - La spedizione si concluse con lo sterminio di questi poveracci prima ancora di arrivare in Terrasanta.
Papa Urbano II,  tornò a tuonare proclami rivolgendosi alla nobiltà che si stava dimostrando sorda e indifferente. Con palese turbamento e con  voce drammatica  mise l'accento sul martirio di quella povera gente andata allo sbaraglio soltanto con l'arma delle fede, mentre invece nobili e prodi cavalieri si nascondevano dentro i loro palazzi. "Dov'era la loro fede, il loro coraggio, il loro onore e le loro armi?" tuonò. Paventò a tutti il castigo divino  se restavano insensibili al "sacro dovere" di vendicare questi martiri caduti per far trionfare la fede. Infine l'uomo, l'alta autorità morale e religiosa dell'Europa,  rivolse  un accorato appello di aiuto alla nobiltà tedesca, francese, normanna. Più che un appello era un ordine! E oltre che il castigo divino, palesò a tutti anche il castigo terreno. La minaccia di privare di poteri e privilegi,  principi, re e imperatori.

ANNO 1096 -Nomina del XXXIII Doge - VITALE I MICHIEL -(fino al 1102) - Appartenente ad una delle dodici famiglie cosidette "apostoliche", sposato con Felicia Corner.
Nonostante la chiamata alle armi da parte di Urbano II e l'adesione di Goffredo di Buglione, questo Doge inizialmente non concesse l'adesione di Venezia alla promossa crociata, forse perchè non intravedeva i vantaggi da una simile spedizione ma soprattutto perchè la flotta veneziana non era ancora preparata e pronta a simili eventi.
Goffredo di Buglione ad ogni buon conto partì con un seguito di 120 navi pisane, una scorta genovese e milizie provenienti dai quattro angoli del vecchio continente.
Capita l'importanza e la portata economica di questa guerra d'occupazione il Doge riunì l'assemblea Generale per difendere i territori in "terrasanta", non tanto per la conquista di questi quanto preservarli dal dominio pisano.
La proposta di Vitale Michiel fu accolta e a luglio del 1099, da San Nicolò del Lido salparono ben 207 navi tra navi armate e navi onerarie.
Il comando della flotta fu assegnato al figlio del Doge Giovanni Vitale ed al Vescovo dell' Olivolo di Castello Enrico Contarini.
A dicembre dello stesso anno a Rodi, la flotta veneziana intercettò navi pisane e le affondò.
Nella primavera del 1100 la flotta veneziana diresse verso le coste della "terrasanta", dove nel frattempo Goffredo di Buglione aveva preso Gerusalemme il quale però, orfano della flotta pisana non ebbe più modo di proclamarsi "Re di Gerusalemme" e fu costretto a scendere a patti con Venezia.
Venezia concesse a Goffredo i suoi servizi in cambio di poter stabilire un proprio quartiere presso ogni singolo territorio o città conquistata, non soggetto a dazi, tasse o gabelle .
Ben presto caddero Haifa, Giaffa, Mira ed i territori della Siria costiera. 
Da Mira vennero asportate alcune reliquie di San Nicolò a significare che se San Marco era il vessillo, San Nicola ne sarebbe stato il suo nocchiero.
Ma Vitale non fu solo accorto verso il vicino oriente, fu sapiente anche nei confronti dei ducati limitrofi dell'entroterra italico e probo, soprattutto nei confronti di Matilde di Toscana nell'acquisto di Ferrara, dalla quale riuscì ad ottenere gli stessi favori commerciali instaurati altrove.
Morì nella primavera del 1102 e fu sepolto accanto alla moglie, nel loggiato della Basilica di San Marco.

 ANNO 1097 - Fallita la prima Crociata (degli "straccioni") , papa Urbano incita i nobili d'Europa a vendicare il martirio dei fedeli, spronandoli a intervenire e a imbarcarsi in una nuova crociata. Venezia (ma anche Pisa e Genova, vedendoci l'affare dei noli)  inizia a offrire le sue navi per raggiungere Costantinopoli. In giugno i crociati occupano Nicea e riconquistano la penisola anatolica che ritorna ai bizantini.
L'anno dopo parte con l'appoggio delle navi pisane, il secondo contingente al comando di Baldovino, che deviando verso Oriente occupa ar-Ruha fondandoci il primo stato latino. Mentre Tancredi d'Altavilla proseguono per la Cilicia occupando Tarso. Boemondo raggiunge e occupa Antiochia.

ANNO 1099 - I Crociati guidati da Goffredo da Buglione (fratello di Baldovino) il 7 giugno con 40.000 crociati assedia Gerusalemme, la conquista il 15 luglio, fonda il regno latino di Gerusalemme.
Partono intanto i veneziani con 207 navi, al comando del figlio del Doge, Giovanni Vitali, che prima di arrivare in Terrasanta ebbe (essendo in acque non di loro pertinenza)  lo scontro con i Pisani, distruggendo la loro flotta.
Nei due regni latini fondati dai crociati, Venezia con le sue navi, dopo aver stipulati dei patti con Goffredo di Buglione (che ha bisogno di una flotta per proteggersi) iniziano a dominare i commerci marittimi creando dei porti in tutte le città conquistate dai crociati

ANNO 1100 - A Rodi ci fu una battaglia tra le navi veneziani e quelle pisane. I pisani furono sconfitti e fatti poi prigionieri; furono liberati dopo essersi impegnati a non comparire più nelle acque dell'Egeo. Venezia lasciò Rodi verso la fine del 1100 e in Asia Minore furono trafugate le reliquie di San Nicolò, patrono dei marinai.

ANNO 1102 -Nomina del XXXIV Doge - ORDELAFFO FALIER -(fino al 1118) Figlio di Vitale Falier, predecessore di Vitale Michiel. 
Proveniva dal Minor Consiglio formato in particolar modo da membri delle famiglie apostoliche che assumevano le cariche pubbliche di giudici, consiglieri, ambasciatori e soprattutto militari.
La leggenda vuole che fosse mancino e che il suo nome: Odelarf fosse derivato dalla scrittura speculare, anticipando così Leonardo da Vinci di ben cinque secoli.
Le prime preoccupazioni per questo doge furono sicuramente dovute all'ingerenza del re d' Ungheria Colomanno che riconquistata Zara si riplocamò re di Ungheria e Croazia.
La guerra con gli ungheresi durò dal 1105 al 1115 con la ripresa di Zara e Sebenico ma gli strascichi durano per ben altri trecento anni.
D'altro canto le forze veneziane erano ormai profuse anche per le conquiste verso il vicino oriente.
Venezia in quel periodo ebbe fame di navi! Ecco dunque il potenziamento iniziale e mai definitivo dell' ARSENALE" (situato ancor oggi verso il mare, di fronte all'isola delle Vignole ed in prossimità dell'Olivolo o San Giuseppe di Castello)
Anche Dante Alighieri, in visita a Venezia, rimase stupefatto della tecnologia, della maestria , dell'organizzazione e della sofferenza di chi vi lavorava in quella "frabbrica", tanto da cantarla nell' "Inferno" (XXI-7-15): "Quale nell'arzanà de' viniziani/ bolle l'inverno la tenace pece/ ...altri fa remi e altri volge sarte/ chi terzeruolo e artimon rintoppa"
La guerra fu comunque lo stato che caratterizzò questo periodo dogale.
Ultimata la guerra contro l'Ungheria, Ordelaf ripartì per la Siria dove, conquistò una parte della città di San Giovanni d'Acri e da dove vennero asportati, dal convento di Cristo Pantocrator, ori e smalti che ora si trovano nella "Pala d'oro" che costituisce il tesoro di San Marco ( Parete spessa circa 15 cm larga 3.5 m alta 2m, tutta in oro massiccio, posta dietro l'altar maggiore della Basilica di San Marco).
La leggenda vuole che l'effige dello sposo dell'imperatrice Irene (grandissima donna che riuscì a porre fine alle guerre iconoclastiche) sia stata sostituita da quella del Doge Ordelaf, anche se fu felicemente sposato con Matilde, principessa di Puglia, sorella di Baldovino Re di Gerusalemme e fratello di Goffredo di Buglione.
Questo Doge "militare", non ebbe grazia di morire nel suo letto, fu trucidato a Zara dopo un'ennesima spedizione contro gli ungheresi.
Le sue spoglie furono sepolte nel sagrato della Basilica di San Marco.

ANNO 1104 Viene fondato l'Arsenale. - L’arsenale descritto da Dante dove "bolle l’inverno la tenace pece",  fu fondato dal doge Falier. Era un magazzino d’armi, con attrezzature marittime e per i rifornimenti, sede delle costruzioni e riparazioni, oltre che base protetta; occupava solo una piccola parte di quella attuale. Al tempo di Dante vi fu il primo ampliamento che quadruplicava la superficie difesa da mura; l’arsenale divenne così oltre che luogo di magazzini, anche luogo di costruzioni navali. I termini derivano entrambi dall'arabo; harc-anà (arsenale), come baz-ar (negozio), macha-zin (magazzino), dok-an (dogana), tar-hif (tariffa) , ecc. Significa che sono iniziati molti scambi con gli arabi, e quindi alla fine i veneziani ne mutuarono anche molti termini.

ANNO 1107 - Iniziano le contese territoriali  fra crociati, che nulla hanno a che vedere con il Santo Sepolcro o gli infedeli . Boemondo re di Antiochia, approfittando del tradimento dell'imperatore bizantino, sbarca a Valona e marcia su Durazzo, che è bizantina ma di fatto dal 1082 era in mano veneziana. E sono questi a respingere l'invasione.

ANNO 1118 -Nomina del XXXV Doge - DOMENICO MICHIEL -(fino al 1129) Figlio dell'ammiraglio Giovanni (comandante della flotta in Terrasanta durante la prima spedizione della prima crociata) e nipote del Doge Vitale I. Di famiglia apostolica e militare per antonomasia. 
Il dogado di Domenico Michiel fu impostato tutto su conquiste di territori del vicino oriente, al seguito delle spedizioni crociate.
Uno dei suoi primi editti ristabilì, con estrema noncuranza di quanto non fosse stabilito precedentemente dal Minor Consiglio o Senato e dall'Assemblea Generale che avevano abolito co-reggenze e discendenze, considerata la sua "assenza" dalla città, i "Venetie Presìdes" ovvero uno dei figli ed un nipote per il governo degli affari economici e politici, ristabilendo di fatto, un potere assoluto.
Il tempo di armare una flotta di ben 40 galere, 40 navi onerarie e 28 navi rostrate e Domenico Michiel partì, nell'aprile del 1123, in soccorso di Baldovino II (Re di Gerusalemme) e prigioniero dei saraceni.
La flotta veneziana arrivata in prossimità del porto di Ascalona (odierna Ashqalone) fu circondata dalla flotta egiziana accorsa a difesa del sultanato di Tiro, ciònonostante i veneziani riuscirono a sbaragliare gli avversari. 
L'azione continuò, quindi, muovendo assedio alla stessa Tiro che fu presa dopo cinque mesi con uno stratagemma simile a quello che servì ai greci per conquistare Troia.
I crociati accolsero il Doge da trionfatore e gli offersero il regno di Gerusalemme, disperando di poter liberare Baldovino II.
Ma gli interessi dogali erano rivolti a Bisanzio che aveva nel frattempo disatteso gli editti e la "bolla d'oro", consentendo ai pisani di avere un quartiere e liberi scambi in Costantinopoli, e la promessa di risarcimento in caso di ritorsione veneziane.
Stante la situazione Domenico Michiel volse la flotta verso i territori sotto l'egida di Bisanzio e del suo Imperatore Calojanni.
Pose a ferro e fuoco e saccheggio, una dopo l'altra le isole di Rodi, Samo, Chio, Lesbo, Andro, Modone e Cefalonia.
L' altro problema con l'Ungheria di Stefano II fu risolto alla stessa maniera con le città dalmate di Traù (odierna Trogir) e Spalato, riconquistate nel maggio del 1125. Nello stesso mese Baldovino II fu liberato e concesse al Doge i privilegi ottenuti nel regno di Gerusalemme.
L'imperatore di Bisanzio, messo alle strette, chiese la pace e nel 1126 emise una nuova "Bolla d'oro" nella quale si riaffermavano i privilegi di Venezia a Costantinopoli e nei territori imperiali. 
Nonostante avesse ricostituito il potere assoluto, il ritorno del Doge fu un trionfo di popolo.
Dopo il suo ritorno si dedicò al ripristino della normalità cittadina che aveva assunto aspetti di inquietante delinquenza, pose il divieto di travestimenti o l'applicazione di barbe posticce "alla greca", e fece illuminare, a carico dei curati, tutte le edicole o capitelli votivi affinchè calli e campielli non dessero più vita al malaffare delle tenebre. 
Questo grande Doge abdicò nel 1130 e dopo pochi giorni morì, le sue spoglie in un primo tempo deposte a San Giorgio in isola, furono disperse quando i frati decisero di ampliare la chiesa.


ANNO
1122-1124 - Una flotta veneziana comandata dal doge Michiel comparve a Giaffa per dare battaglia all'imperatore bizantino. Il ventennio precedente aveva lasciato una grave eredità: sulle città dalmate perdute e riprese, e sulle stesse stava stabilendo la sua autorità il re d’Ungheria. L'imperatore bizantino (Giovanni Comneno, figlio di Alessio) non aveva più voluto concedere ai veneziani i permessi concessi da suo padre e dai suoi predecessori e quest'anno viene a guerra aperta con i Veneziani decisi a difendere i privilegi e le loro basi nei porti bizantini. Fra i quali Giaffa, dove  i veneziani sconfissero una flotta e catturarono i mercantili pieni di spezie e preziosi. Infine (dopo la cattura a Gerusalemme di Baldovino II) presero parte all’assedio crociato di Tiro che cadde il 7 luglio 1124.

ANNO 1126 - Dopo quattro anni di lotta con l'imperatore Giovanni II Comneno, ormai forti della loro superiorità della loro flotta, con cui hanno assalito varie isole dell'Egeo, costringono l'imperatore a ristabilire i vecchi contratti commerciali e a ratificare nuovi privilegi.

ANNO 1130 -Nomina del XXXVI Doge - PIETRO POLANI -(fino al 1148) Genero di Domenico Michiel per aver sposato la figlia Adelasa Michiel.
Il potere assoluto, decretato dal predecessore, vide le famiglie apostoliche e, quelle emergenti, alleate nella continua altalena sulla successione dei poteri. 
Il popolo, in teoria sovrano, continuò ad essere manovrato attraverso le convenienze ed i connubi di interessi ben diversi.
Contro l'elezione di Pietro Polani si schierarono, più o meno apertamente, le famiglie Badoer e Dandolo.
Il Doge, più intento ai problemi di casa, trascurò l' aspetto estero del suo mandato, cosicchè gli ungheresi riconquistarono Sebenico, Traù e Spalato in terra dalmata(1133 -1135). 
I Padovani, invece, tentarono di allargarsi verso la laguna per abbattere il monopolio del sale detenuto da Venezia. 
Gli anconetani, dal canto loro, tentarono di sortire verso nord, quale espressione delle volontà papaline per il predominio della città lagunare, in vista della definitiva conquista del vicino oriente il quale, ovviamente, avrebbe potuto avere esclusivamente un supporto tattico-logistico fornito da una flotta. 
La complessità della situazione che si stava esplicitando fece stabilire a Venezia, in maniera definitiva, una conclave di "sapiens o senatores" a supporto delle decisioni dogali.
Venne sancita e legiferata, in pratica, l'attività del "Minor Consiglio", con possibilità di far prevalere la logica di stato sugli interessi personali o di famiglia.
L'attività dei "sapientes" si noterà fin da subito attraverso pochi atti ma estremamente significativi:
l'estromissione dei poteri ecclesiastici dalle attività politiche, con l'affidamento alla città di Fano di contrapporre le velleità anconetane; il mancato appello alla seconda crociata del 1044 bandita da papa Lucio II; gli accordi sul sale con i padovani e la cessazione dei conflitti; la cacciata dei pisani da Zara.

Ma la nobiltà vecchia e nuova non fu comunque appagata per come si svolsero le cose. Contro il doge insorsero le vecchie e nuove famiglie quali i Badoer, Falier, Michiel e Morosini, Dandolo che costrinsero il Doge a scelte "obbligate" nei confronti di Bisanzio.
L'iconoclastia imperversava, così come stavano imperversando i normanni, la seconda crociata era già stata benedetta ed i Badoer si schierarono con queste tesi.
Da Bisanzio arrivarono al Doge le conferme di tutte le cariche possibili e con tutti gli onori la riconferma dei vantaggi commerciali sulle isole di Candia, Cipro, Chio e Rodi.
Dopo di che, senza altri indugi, il Doge fece esiliare i Badoer e radere al suolo le proprietà dei Dandolo situate in "campo S. Luca".
In conseguenza a questi fatti e per l'appoggio a Bisanzio, papa Eugenio III emise una Bolla Papale con la scomunica di "Venezia e del suo principe".
Pietro Polani decise di partire per il vicino oriente con buona parte della flotta, non si sa perchè.
Probabilmente per recarsi a Bisanzio e rendere visita alle terre sottomesse, non è dato sapere.
Morì a Caorle, da dove stava organizzando la spedizione, nel 1147.


ANNO 1143 - Consilium Sapientium: "sapiens o senatores" - E’ un nuovo organo istituito per - affermava la carta. " l’onore e l’utile e la salvezza della nostra patria". Detto anche Consiglio dei Savi (o Minor Consiglio) era composto di circa 35 membri. Tale organo, che deliberava sotto la presenza del doge, ed è il primo nucleo del successivo Maggior Consiglio

ANNO 1148 -Nomina del XXXVII Doge - DOMENICO MOROSINI -(fino al 1156) Non sempre le eredità andarono perdute a Venezia, anzi, si potrebbe dire mai, nonostante tutto ed in questa circostanza anche nonostante il cambio di casato alla conduzione del "quasi Comune".
Infatti, Domenico Morosini subito dopo l'elezione, incassò la vittoria dell'armata veneziana sui normanni di "Giorgio d'Antiochia", a capo Matapan (punta estrema a S.O della penisola greca del Peloponneso).
L'armata era comandata dai figli Naimero e Giovanni, del predecessore Polani.
Egli stesso, di fama militare e quindi diplomatica, piuttosto che intrigato con le questioni di quartiere, riuscì a rappacificare le famiglie che si erano scontrate nel precedente mandato dogale, approfittando proprio delle vittorie militari dei figli del suo predecessore.
Le proprietà dei Dandolo furono ricostruite a carico dell' erario, i Badoer risarciti e, l' Ammiraglio Naimerio fu fatto convolare a giuste nozze con una nipote del Patriarca di Grado (leggi Olivolo... in Venezia): Enrico Dandolo.
Dopo tutto ciò considerato, la "terza potenza mondiale" il Pontefice ritirò la scomunica su Venezia e sul Doge che venne per di più nominato "dominator Marchie".
Il dogado di Domenico Morosini si profilò, quindi, all'insegna della diplomazia più sofisticata ed intelligente, confermata anche nello smorzare i toni verso le altre due "potenze mondiali" dell'epoca: l'Impero d' Oriente e l' Impero d' Occidente, verso le quali, a dimostrazione della buona volontà, abbassò il profilo politico-militare nei confronti delle Repubbliche di Genova e Pisa , con concessioni di quartieri e liberi dazi a Costantinopoli alla prima e, liberi scambi commerciali in Dalmazia con la seconda che, prontamente stipulò un trattato di pace.
Domenico Morosini morì nel febbraio del 1156.

ANNO 1145 1153 "Totius Istriae dominator": Il rapporto tra Venezia e l’Istria era di protezione con obblighi di difesa marittima. Una serie di accordi trasformava la protezione in sottomissione con obbligo di fidelitas e riconoscimento del dominio esteso alla terraferma. Il doge era riconosciuto come totius Istriae dominator.  La partecipazione, sia pure alquanto marginale, alle prime Crociate, assicura a Venezia nuovi sbocchi commerciali in Oriente, ma procura alla città dogale l'ostilità di altri centri marinari, come Genova e Pisa, interessati anch'esse ai traffici nel Levante. Ma Venezia assume gradatamente la fisionomia da cui sarà caratterizzata nei secoli successivi, una delle principali, l' egemonia sul Mediterraneo orientale.

ANNO 1156 -Nomina del XXXVIII Doge - VITALE II MICHIEL -(fino al 1172) - Fu l'ultimo doge eletto dall' Assemblea Generale (o popolare), il Minor Consiglio stava già preparando una nuova convenzione elettorale. 
Nell'anno dell'investitura di Vitale II, Emanuele Comneno, Imperatore di Bisanzio, oltre a Venezia e Pisa stabilì nuove possibilità ad un terzo mercato: quello di Genova con concessioni quasi paritarie rispetto a Venezia.
La concessione di quartieri, esenzione da dazi a Genova venne a coincidere con la morte di Domenico Morosini.
Il quadro politico commerciale si andò così ingarbugliando sempre di più.
Se oltre mare le cose non andavano bene, in terra ferma stavano andando anche peggio: l'imperatore Federico Barbarossa stava riscoprendo le mire di Carlo Magno per il possesso delle isole lagunari ed il predominio sui veneziani e se a Costantinopoli si costituivano e si disfacevano vecchie e nuove alleanze con i mercanti di Pisa, a Verona si costruivano nuove alleanze con vecchi nemici contro lo strapotere imperiale.
Il più grosso impegno militare, oltre all'eterne vicissitudini di Zara, furono le battaglie del Friuli dove si era rifugiato il Patriarca di Aquileia Ulrico di Treffen (filogermanico), dopo aver distrutto il patriarcato e la città di Grado (veneziana per eccellenza).
Nel 1163, il Patriarca Ulrico fu sconfitto ed imprigionato assieme a tutti gli altri notabili e canonici e dichiarato traditore della patria.
Questa sentenza avrebbe potuto portare alle estreme conseguenze se non fosse stato per l' intercessione del Papa Alessandro III il quale, in nome di quell' alleanza contro il Barbarossa che verrà sancita dai Comuni italici con l'accordo di Pontida del 1° dicembre 1167 e che come Venezia aveva segretamente appoggiato.
Il Patriarca Ulrico fu liberato alla condizione di versare un tributo proveniente dalla sua Diocesi e costituito da 12 grossi maiali, di dodici grossi pani e di un toro per il sostegno dei carcerati e del popolo meno abbiente, da fornirsi l' ultimo giorno prima delle "ceneri" (ndr: cade sempre di venerdì) .
(ndr : furono dodici i notabili, dodici i prelati ed un patriarca a distruggere e violentare Grado).
Da questi fatti scaturirono una tradizione : il "giovedì grasso" ed un detto popolare: "tagliare la testa al toro" (nel senso di porre fine ad una questione). 
Ma per Vitale II è sul finire del proprio dogado che le cose finirono male. Nel 1171, a Costantinopoli furono arrestati circa 10.000 veneziani, rotti tutti i trattati e misconosciute le "Bolle Imperiali", gli stessi beni di Venezia furono confiscati, comprese le navi.
La risposta di Venezia non si fa attendere ma è labile ed incerta anche perché Bisanzio aveva già stretto "nuovi accordi sia con i pisani che con i genovesi.
La flotta fu decimata dalle armi dei delle altre due repubbliche italiche e dalla pestilenza.
La situazione portò ad una sommossa popolare in seno alla città di San Marco. Vitale II tentò di ricucire il "caos" con un azione diplomatica verso l' impero d'oriente ma questo, precedentemente mutilato ed umiliato nel potere ( da Domenico Morosini), rifiutò ogni tentativo di riconciliazione.
Vitale II Michiel morì pugnalato da Marco Casolo (uno dei fautori della rivolta, assieme a Ziani e Mastropiero, questi ultimi ambasciatori a Costantinopoli), all'interno del monastero di San Zaccaria, il 28 maggio 1172.

Nel frattempo gli insediamenti lungo il "Canal Grande" iniziarono a configurarsi, così come si stabilirono proprietà affacciate su questo grande letto di fiume padano. Mentre, sul lago di San Daniele, a forma di mezza luna, iniziarono le chiusure di spazi terracquei sui quali si stava fondando la più grossa attività industriale di Venezia: l'arsenale. 

ANNO 1171 La crisi con l’impero d’Oriente. -  Il predominio commerciale dei veneziani a Costantinopoli e nell’impero d’Oriente suscitò non solo le ostilità in Italia delle altre marinerie ma anche la malevolenza dei bizantini, e degenerò in una crisi nel 1171 quando l'imperatore Manuele Comneo distrusse il quartiere dei genovesi e disperse la colonia veneziana arrestando in un sol giorno (il 12 marzo) tutti i veneziani residenti e confiscando tutti i loro beni. Fu un duro colpo per i Veneziani. Per dieci anni i rapporti fra Venezia e Bisanzio rimasero interrotti e critici per le reciproche ostilità

ANNO 1172 -Nomina del XXXIX  Doge - SEBASTIANO ZIANI  -(fino al 1178) L'isolamento di Venezia, in questo periodo fu più che evidente. Sia per l'inimicizia di Bisanzio, sia per l'attrito con Federico Barbarossa il quale, si vide persino negare l' iscrizione imperiale sui coni della zecca veneziana, sin da Vitale II Michiel.
Considerata la situazione, Il Minor Consiglio o Consiglio dei Savi o dei Giudici, approfittò per imporre una svolta nelle decisioni elettorali, dogali e di conseguenza popolari.
Dopo una "vacatio di quattro mesi", la decisione di alcuni capi famiglia, tra i quali Pietro ed Enrico Dandolo assieme al figlio Ranieri, riusci ad imporre Sebastiano Ziani, presentato all'Assemblea Generale" con le seguenti parole: " questo xe misser el Doxe che ve piaxa o 'no ve piaxa" (questo è il signor doge che vi piaccia o meno).
L'elezione di Ziani era stata però subordinata al fatto che il doge stesso non avrebbe mai più potuto agire senza l'assenso dei suoi undici consiglieri.
Questa sorta di riforma, seppur insignificante all'apparenza, considerato che le cose funzionavano più o meno così da tempo, fu invece di grandissima importanza per la stabilità della politica veneziana.
Il rafforzamento della nuova legittimità nell'elezione del Doge fu derivata, in primis, perchè questi iniziò subito la tradizione di distribuire denari propri alla folla, da una sorta di "sedia gestatoria", condotta intorno a piazza San Marco e Rivo Alto, definita pozzetto (ndr: una sorta di larga tinozza portata a spalle da portantini, a mezzo di due stanghe infisse nella parte superiore della tinozza stessa).
Il secondo atto, immediatamente successivo, fu quello di punire il colpevole dell'uccisione del suo predecessore, mediante il taglio della testa nella pubblica piazza.
In effetti, la munificenza e la giustizia (almeno apparenti), comminate da uno ma condotte da molti, sancirono una nuova epoca.
Il terzo fu quello di poter far assurgere al soglio anche un delinquente , se questi si fosse stato assoggettato al potere degli "undici savi" e soprattutto, in virtù della carica fosse disposto a rinnegare il suo passato, ad essere munificente e saggio con il consiglio degli "undici".
Sebastiano Ziani, ricchissimo commerciante aveva fatto la propria fortuna sul contrabbando del pepe e nell'attività dell'usura.
Ciononostante, a seguito di attività diplomatiche e grazie agli ambasciatori, in particolar modo appartenenti alle famiglie che ne avevano determinato l'elezione, il Doge riuscì a ricondurre Venezia ed i veneziani su una posizione centrale rispetto alle tre potenze mondiali.
Con Bisanzio riuscì a ricucire le lacerazioni, grazie alla protezione militare delle navi bizantine per gli scambi commerciali in Adriatico.
Con Barbarossa riuscì a far rientrare i rapporti mediante il blocco navale di Ancona ( nonostante Venezia appoggiasse la lega di Pontida), città già assediata dalle forze imperiali che intendeva così rompere gli appoggi bizantini verso l'entroterra.
Con il papato rafforzò la propria credibilità, ampliando ed impreziosendo la Basilica di San Marco nonché accreditando maggiori presenze clericali in città.
La pace con Federico Barbarossa avviene il 24 luglio 1177 e sarà l' Imperatore stesso a condurre per le briglie la cavalcatura del Doge in piazza San Marco, dove sulle soglie della Basilica abbraccerà le ginocchia di Papa Alessandro III.
Dopo tanta gloria, Sebastiano Ziani (l'usuraio), onde garantire una sorta di neutralità e moralità nelle figura del Doge, volle perfezionarne la legge elettorale e pertanto sancì che dal consiglio degli "Undici" "quattro" avrebbero avuto il diritto all'elezione di altri " quaranta", i quali a loro volta avrebbero posto la candidatura definitiva.
Il Doge abdicò il 12 aprile 1178 e morì nel monastero di San Giorgio.

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