FRANCESCO COSSIGA
(26-7-1928 - 17-6-2010)
DA PRESIDENTE NOTAIO
A PICCONATORE


Francesco Cossiga, nato a Sassari il 26 luglio 1928 da una famiglia medio-borghese.
Tra gli aneddoti sulla sua vita ci sono prima di tutto quelli inerenti gli studi. Giovanissimo, si era rotto una gamba andando in bicicletta. Costretto a letto per alcuni mesi, il suo tempo lo studente Francesco lo utilizza bene. Con quella determinazione caratteristica dei Sardi, usa quei giorni di forzata "vacanza" per  preparare gli esami anticipati della maturità; ma lo fa con tre anni di anticipo e la consegue a soli 16 anni.

Precocemente si iscrive all'Università  e a soli 20 anni, nel '48, si laurea in giurisprudenza. Quando i suoi coetanei compagni di studi al Liceo si iscrivono, lui è già in cattedra a insegnare loro diritto costituzionale regionale.


Nel frattempo, ancora giovanissimo, a 17 anni, si era iscritto alla DC, diventando subito un elemento attivo e molto dinamico, tanto da guidare la "rivolta" a Sassari dei cosiddetti "giovani turchi" contro un potente personaggio DC (le "picconate" ai suoi  le dava precocemente già allora)  che trovava spesso sulla sua strada: ed era la predominanza di Antonio Segni sull'Isola. Tuttavia a 28 anni  è segretario provinciale della DC di Sassari. Suo cugino invece, Enrico Berlinguer, anche lui di Sassari, con sei anni più di lui è schierato nel campo comunista.

Nella sua città Cossiga conobbe Rumor (nel 51 il politico vicentino aveva fondato "Iniziativa democratica" con gli ex dossettiani (rimasti "orfani") e come leader Fanfani). Scriverà in seguito: "Non so se per lui (Rumor) sia stato un merito o una colpa, ma la mia carriera politica è dovuta a lui quando divenne vice segretario del partito (nel '54). Lo invitammo a Sassari  mentre eravamo in rotta di collisione con i vecchi personaggi che non concedevano alcuna libertà. Ci esortò a resistere".

A "resistere" gli aveva già insegnato il quattro volte ministro dei governi De Gasperi... "SEGNI  il mio predecessore nel '48, io avevo 20 anni...." ecc. (lo leggeremo più avanti) 

In Sardegna Cossiga era stato eletto deputato  per la prima volta nel 1958. Approda così a Roma, e da questo momento inizia (e sempre precocemente) ad entrare in tutti i "Palazzi" da dove si governa la Repubblica Italiana.
Vi ricoprirà le massime cariche istituzionali, ma ha avuto anche momenti di aperta contestazione delle stesse istituzioni; ha passato tutta la vita al servizio della Dc ed é finito poi a fondare un partitello dopo l'altro nel tentativo di far rinascere un "grande centro".


Ma ripartiamo dal suo arrivo nel '58 a Montecitorio. Il giovane Cossiga (ha 30 anni) comincia rapidamente la sua escalation politica che lo porterà ad entrare nel governo come il più giovane sottosegretario alla difesa nel terzo governo Moro (23 febbraio 1966); a diventare il più giovane (fino ad allora) ministro dell' interno (il 12 febbraio 1976 a 48 anni); il più giovane (ancora fino ad allora) presidente del consiglio (5 agosto 1979 a 51 anni); il più giovane presidente del Senato (12 luglio 1983 a 55 anni) e, infine: il più giovane inquilino del Quirinale, dove arrivò, a 57 anni, il 24 giugno del 1985, con una maggioranza così schiacciante (752 voti) alla prima votazione del Parlamento che non poteva certo far prevedere le polemiche che il secondo periodo del suo settennato, quello delle picconate, avrebbe provocato.

Tra le polemiche Cossiga era già passato ai tempi degli anni di piombo, quando (vietando - per ordine pubblico o perché antidemocratiche - alcune manifestazioni ai rossi come ai neri) il suo nome veniva scritto sui muri con la "K" con le due esse runiche, come quelle delle "SS" naziste. 
Ci era poi passato fra le polemiche soprattutto ai tempi del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro, una dolorosa vicenda di cui Cossiga, allora ministro dell'interno, si prese le responsabilità, con le dimissioni il giorno dopo del rinvenimento del corpo di Moro. Una dolorosa vicenda.

 COSSIGA nei primi mesi del '78 (come ministro degli Interni) proprio con Moro stava creando il "Piano Paters" ("Quando si potrà parlare del Piano  vedremo lo straordinario genio di Moro" dirà in seguito). Un vero e proprio piano antiterroristico, nello stile anglosassone, con una struttura nazionale, ma essenzialmente con nuclei speciali molto particolari; autonomi dalle strutture periferiche e centrali,  dalle prefetture e dalle questure. (Pochi mesi prima, il 24 ottobre del 1977, ricordiamo, Cossiga aveva appena varata la riforma dei Servizi segreti - Aveva lasciato a casa molti che spiravano ad entrarci, ed avrà poi dei nemici attorno).

 A inizio 1978 in gennaio, con largo anticipo rispetto alla data che era stata fissata il 22 maggio 1978, Cossiga  (dotato di ampi poteri) con un decreto aveva sciolto tutti i vecchi Servizi, dando vita all'Ucigos. (Uff. centr. invest. generale operazioni speciali). Nello sciogliere e nel ricomporre le nuove unità SISMI e SISDE coordinate dal CESIS, fra eliminazioni e promozioni di vecchi e nuovi incarichi, non pochi  malumori si crearono nell'ambiente (alcuni noti, altri meno). Le nomine di uomini e la costituzione dei nuovi reparti erano del resto di  esclusiva competenza e alle dipendenza di Cossiga. Mettendo nuovi elementi, circa 400 dei vecchi furono rimandati "a casa", cioè a fare routine nei normali reparti.

L' anticipo di questo decreto, non fu però sufficiente per creare la struttura, né quindi per farla intervenire con tempestività nell'emergenza del "sequestro Moro" avvenuto il 16 marzo. Cioè il pronto impiego. Pensò prima ai Carabinieri. Poi alla Polizia. Poi Cossiga si decise a formare l'Unis, l'Unità d'intervento speciale  con un particolare battaglione di paracadutisti, il Consubin, e il Col Moschin.  Come addestramento non esistevano in Italia "reparti" migliori, come del resto lo erano i Gis e i Nocs. Di questo Cossiga era il primo ad esserne da sempre a conoscenza. (chi scrive era uscito dal centro addestramento dei Carabinieri Sabotatori di Viterbo. Poi nei Pracadustisti in un reparto creato dalla Nato, per circa 4 anni. Il suo Istruttore era Oreste Leonardi, poi caposcosta di Moro, ucciso dalle B.R. durante il suo sequestro).
I motivi delle preoccupazioni di Cossiga, dovevano essere ben altri.  Non l'impreparazione dei reparti fatti di uomini in gamba, ma i generali e i colonnelli che li comandavano, con qualche ambizione frustrata non essendo stati chiamati nelle nuove strutture che Cossiga stava creando, oppure premevano per guadagnarsela  sul campo in questa drammatica "emergenza" (e due ci riuscirono) in qualche modo, non intendendo fare i "disoccupati". 

Cossiga il "suo" Piano di "emergenza"..voleva renderlo subito operativo con i paracadutisti (come prevedeva la sua bozza); avrebbero operato "nuclei" in piena autonomia  rispetto a chi stava gestendo la crisi,  ma.... ("ingenuamente .... e si capisce anche perchè"   - lo afferma Cossiga - Corriere 15 marzo 1998) ...per correttezza lo sottoposi ad Andreotti per l'approvazione. "Piano che non diventò mai operativo, e gli uomini   non scesero  mai in campo  per il rifiuto di Andreotti a firmare il famoso documento";  il M.I.G 1.78, che  in seguito scomparve dalla circolazione.
Poi ANDREOTTI (in una singolare circostanza) con un decreto affidò il 10 agosto l'incarico di "super-investigatore", cioè  "capo dell'anti-terrorismo", al generale Dalla Chiesa, con Cossiga che aveva già dato le dimissioni il 10 maggio il giorno dopo l'uccisione di Moro. Una nomina quella di Dalla Chiesa che solleverà molte polemiche in certi "ambienti"; e dentro lo stesso ambiente militare. (C'erano infatti altri suoi colleghi che ci tenevano tanto a quel posto).

Cossiga soffrì sia nel sequestro che nel suo epilogo e al giornalista Paolo Guzzanti confesserà: "Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle é per questo. Perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro".
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In mezzo alle polemiche, Cossiga torna nel '90 quando racconta che il 18 aprile 1948, in attesa dei risultati delle elezioni, si trovava nella sede Dc di Sassari, armato di mitra Sten e bombe a mano, "parte di una formazione di giovani democristiani, armati dall'arma dei carabinieri, per difendere le sedi dei partiti e noi stessi nel caso che i comunisti, perdute le elezioni, avessero tentato un colpo di stato". "Probabilmente loro se avessero vinto avrebbero fatto la stessa cosa".

Il pericolo vero del resto non era quello che  i "rossi" entrassero dall'Est in Italia. Ma all'interno del Paese. Il comandante di un reparto speciale della Nato, così si esprimeva a chi scrive, che ne faceva parte: "Il pericolo è che  dopo un titolo di giornale, il giorno dopo gli italiani diventino all'improvviso tutti comunisti -compresi gli industriali, i cattolici, i borghesi, i militari, vecchi, donne, bambini e lattanti. Abbiamo già visto un "8 Settembre" E chi ne ha fatto uno è capace di farne un altro".

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E' dunque da 1948 che Cossiga è al vertice di una specie di piccola "Gladio" casalinga.
Mentre i primi studi di questa organizzazione risalgono al 1951 mentre l'accordo segreto tra Sifar e Cia fu stilato il 26 novembre del 1956 - Fra i tre padri, lui: un altro, e P.E.T. (Taviani).

 Ma non dimentichiamo che il trattato dell'Alleanza atlantica era stato approvato dal Parlamento il 1° agosto 1949). 
"Segni il mio predecessore nel '48 mi ha mandato a prendere le armi..." (lo dichiara Cossiga  a Chicago, vedi Corriere del 13 gennaio 1992) "....in previsione di un possibile tentativo comunista di golpe nel 1948 dopo l'attentato a Togliatti o come risposta alla vittoria elettorale della DC. Giustificato perché a quel tempo i comunisti disponevano più armi loro che l'intero esercito italiano". 
* In questa intervista Cossiga chiamerà in causa anche un "gran laico" come firmatario dell'atto costituivo della Stay Behind (questo era il vero nome della Gladio): un allusione a GIOVANNI SPADOLINI. Repliche e smentite dai parenti del chiamato in causa, ma nessun stupore manifestano padre BAGET BOZZO e PISANO' che prima di essere accanto a Craxi (in seguito con Berlusconi) "militavano" in quella DC "organizzata" e il primo non solo evangelicamente.

* Del resto in occasione della Guerra del Golfo, Roberto Di Caro  a pag. 27 scrive "Un prete, sia pur anomalo  come GIANNI BAGET BOZZO, s'incarica di smantellare  l'equazione, data per scontata in questi mesi tra Chiesa e Pace e afferma  "Il Cristianesimo ha fatto grande il mondo, ha dato corpo alla libertà, ma la pace proprio no, quella non l'ha mai portata. De resto sta scritto anche nel Vangelo: "Io sono venuto a portare non la pace, ma la guerra".

* Anche SCELBA  in una intervista a Federico Orlando affermò: "Mantengo il riserbo. Ma posso solo dire che non avremmo ceduto il potere....Reclutammo uomini affidabili, creando una serie di poteri per l'emergenza; una rete paramilitare segreta parallela a quella ufficiale, ma ad essa superiore, che avrebbe assunto automaticamente ogni potere in caso di insurrezione".
* Altrettanto
Luigi Gedda (L'uomo dei Comitati Civici) anche lui senza esporsi troppo, ha confermato ultimamente: "Si'... forse.... può darsi... che c'erano questi uomini, sono forse da ascriversi probabilmente alla componente della Fuci, forse a livello locale e per ordini di alcuni militanti".
Gedda si riferisce o a Cossiga o ad Andreotti, o ad entrambi.
Del resto in entrambe le due barricate non c'era di sicuro un clima di "ritiri spirituali".
 
Dal 1945 al 1968 furono sequestrati dentro una parte come nell'altra, 1077 mortai, 212.000 fucili automatici, 40.000 mitragliatrici, 415.000 bombe a mano, 80.000 pistole, 5.335 proiettili d'artiglieria, 2000 mine, 5049 chili di dinamite ecc. ecc. Nascosti non solo negli sperduti casolari  ma anche in qualche soffitto di sacrestia in pieno centro.

L'Italia comunque - fortunatamente-  non è diventata né la Grecia, né l'Ungheria, né la Cecoslovacchia, né la Iugoslavia,  e neppure quell'Albania, che negli anni Settanta molti extraparlamentari nel nominarla andavano in deliquio appassionandosi a quei quattro straccioni maoisti cinesi che erano arrivati a Tirana. Gridavano in coro "La Cina è vicina, é già in Albania". Dimenticando che i Russi se n'erano andati, ma anche i Cinesi poi capirono perché, e non ci rimasero molto, se ne andarono pure loro; quasi subito! E tale e quale il paese poi rimase. Lo abbiamo visto recentemente)

Ma non sarebbe fantapolitica, pensare che a "impedire" l'ascesa del PCI in Italia siano stati gli stessi Russi, pur di non stravolgere i concordati equilibri di Yalta  (ricordiamoci che in Grecia i Russi non mossero un dito. E Churchill nelle sue Memorie scrisse "ma perché avrebbero dovuto farlo, avevamo pagato no? Quindi rispettarono gli accordi del foglietto a quadretti").
Il dopo Cuba  Krusciov-Kennedy, poi il disgelo di Nixon a Pechino (il famoso Ping-Pong ecc.) furono due eventi che assicurarono sia alla Russia che alla Cina, aiuti monetari, assistenza tecnologica, e grano. Solo con l' America si poteva mangiare. Nella vita economica mondiale valgono le leggi dei vasi comunicanti, e come si potevano conciliare nelle relazioni commerciali l'economia comunista e quella borghese? I rapporti economici fra i diversi centri di vita e di produzione (mondiali) non ammettono la contemporanea esistenza di organizzazioni sociali così antagoniste. Nelle due perdenti, l'effimero e utopistico tentativo era sì stato fatto, ma la sperata rivoluzione non si era propagata, e messe in quelle condizioni, se rimanevano sole (senza vasi comunicanti)  l'intero assetto sociale economico e politico era fatale che cadesse. La prima fu la Russia che per salvare le sue "conquiste" per guadagnare tempo utilizzò anche il più breve respiro per sopravvivere. Compresi certi "impedimenti" agli amici oltre frontiera, ancora pateticamente ostinati a credere nelle utopie.

Dopo la caduta del Muro di Berlino, Cossiga che era a conoscenza di questi "impedimenti" (ma chi meglio di lui in Italia sapeva?); aveva ben chiaro che sarebbero spuntate fuori delle carte e delle veline imbarazzanti al Pci. Ai primi di gennaio (il 28) propose un decreto e invitò i vertici del nuovo Pds ad approvarlo. La sostanza del decreto era questa "Va impedito che quelle carte, quelle liste di nomi, finiscano in mano alla magistratura e che dalla magistratura finiscano in mano alla stampa" - e avvertì -  "attenzione, dentro quei dossier ce n'è abbastanza   per rovinarvi. Inoltre verrebbero compromesse le "relazioni internazionali italiane". "Bisogna congelare tutto. Mettere la parola fine."

Ma non lo presero sul serio. A qualcuno sembrò che Cossiga scherzasse. Dimenticando che Cossiga  è sempre stato l'uomo di cui si sono fidati sia gli americani sia i russi, per le rispettive mosse e per mantenere quell'equilibrio internazionale sancito a Yalta. Se poi consideriamo che c'era stato il "disgelo" (accennato sopra) lo scenario geo-politico era molto chiaro e ben definito da decenni.
Non fu ascoltato. Anzi il 29 gennaio sull'Unità comparve un articolo che molti italiani capirono poco. Era un No della sinistra, ma di che No si trattava  pochi lo compresero. Doveva capirlo solo Cossiga. Così del decreto nessuno ne parlò più. (se ne riparlò nel 1999 quando uscì il fantomatico dossier Mitrokin. (Anche se con tante "bufale" dentro. Ndr.).
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Ma ritorniamo al 1967. Al X congresso della DC si assiste a una ulteriore frammentazione delle correnti (dorotei, morotei, fanfaniani, andreottiani, con le loro serpi in seno). Ma in disparte senza tante liti, c'è una piccola corrente che ha un 12%, detta dei "pontieri" -che si propone cioè come ponte tra la maggioranza e la sinistra- guidata da Taviani, Sarti e con dentro proprio lui Cossiga. Nel 1974 lo troviamo dentro il governo Moro IV, come ministro della pubblica amministrazione.

Nel 1979 Pertini lo chiama alla presidenza del Consiglio, ancora nel clima della solidarietà nazionale e anche in quella veste Cossiga si troverà coinvolto nelle polemiche, subendo una serie di accuse di favoreggiamento (come ex ministro degli interni) nei confronti del figlio del compagno di partito Carlo Donat Cattin, Marco, terrorista di "Prima Linea". Le accuse saranno dichiarate "manifestamente infondate" dalla commissione inquirente.
Il suo governo si dimetterà pochi mesi dopo - in marzo dell'80 -  per la bocciatura del decreto antinflazione. Ma in aprile ritorna al governo, che però in settembre cade nuovamente per i "fatti" della Fiat. A Roma il governo stava conducendo le trattative tra la irizzata Alfa Romeo e la giapponese Nissan che con una società mista intendeva rilevare  la casa automobilistica di Pomigliano d'Arco e costruire altri due stabilimenti di automobili in Italia. Il 20 settembre Cossiga aveva autorizzato l'accordo. Che Torino non gradiva proprio (da notare che il 31 luglio si era dimesso da Amm. Deleg. Umberto Agnelli, sostituito da Romiti, che alla riapertura dei cancelli nel dopo ferie di agosto riserva una bella sorpresa ai dipendenti: pronte le lettere di licenziamento di 14.460 lavoratori).

 
Nella città dell'auto iniziano gli scioperi a oltranza organizzati dai sindacati contro i provvedimenti dell'azienda torinese che ha (sembra un ricatto) annunciato in alternativa ai licenziamenti la cassa integrazione a zero ore per 23.000 lavoratori dell'auto; provvedimenti che dai sindacati sono ritenuti pretestuosi;  si minaccia con già gli scioperi in corso, pure l'occupazione della fabbrica (che un avventato Berlinguer manda a dire appoggerà, creando un clima politico-sindacale-manageriale pesantissimo). 

L'impressione è che si tratta di un ricatto del monopolio torinese. Le auto si producono e si vendono, ed hanno ancora un grosso mercato presente e futuro e non come afferma l'azienda, che va dicendo che "ormai il mercato in Italia è saturo, che non c'è posto per altre aziende". La verità è forse quella che essa ambisce ad avere il monopolio; non vuole concorrenti in casa, tanto meno i giapponesi. Il 27 settembre -dunque dell'80- sotto la minaccia torinese di chiudere gli stabilimenti, alla Camera si votano i provvedimenti economici del governo Cossiga ("Decretone economico" ivi compreso l'autorizzazione dell'accordo con i giapponesi che porterebbero tanti soldi alle casse dello Stato). L'approvazione per ottenere la fiducia della Camera passa a voto palese con 329 sì e 264 no. Ma ripetuta la votazione a scrutinio segreto, Cossiga viene impallinato da 32 (mica pochi)  franchi tiratori;  cioè non sono assenti gli "amici" della sua DC. E' battuto con 298 no e 297 sì. Per un voto!  Cosa curiosa (o forse no); due deputati della DC non si presentano alla importante votazione, per necessità corporali. Si scuseranno di non essere stati presenti in aula a causa della  toilette. Inutile dire che la caduta del governo in questo modo lascia ampio spazio ai vignettisti e ai lazzi degli avversari. La caduta così motivata è proprio biasimevole. E si trattava di un importante decreto economico! Che è finito così dentro il WC. Risultato: crisi di governo. Cossiga a casa! Ma Cossiga non dimentica, e anche se il voto era stato non palese, di ognuno non conosce solo il nome dei franchi tiratori, ma sa anche quanti confetti hanno mangiato allo loro prima comunione. Lui è un sardo, e i sardi hanno il naso fine, annusano e scoprono sempre dove si nasconde negli anfratti il "caprone".

Intanto a Torino il successivo 14 ottobre scendono in piazza i colletti bianchi; la singolare "marcia silenziosa (ma mica tanto) dei 40.000", che chiedono (opponendosi così ai sindacati degli operai) la riapertura della fabbrica dopo 37 giorni di agitazioni. I sindacati vanno in crisi.
Una crisi molto seria, perché era già pronto l'esercito a intervenire.

La Fiat è salva, e i giapponesi non sbarcheranno sulla penisola con il protestato Sì a Cossiga.
(qualcosa del genere accadde anche nel Ventennio fascista; alla Ford che voleva impiantare due stabilimenti auto in Italia; da Torino partì una delegazione verso il salone del Mappamondo, subito dopo venne il veto, e la Ford dovette fare le valigie - "Fiat voluntas tua").

Impallinato così Cossiga con una "congiura", al potere vogliono andare ora quelli della nuova corrente DC emersa nel congresso del febbraio precedente. Quattro giorni dopo la manifestazione dei 40.000 a Torino, il 18 ottobre, arriva l'uomo-salvataggio, che oltre a essere  presidente della DC vuole scalare anche palazzo Chigi. E' FORLANI che  con l'appoggio dei suoi amici ( il 57,7%  che sono poi gli amici del famoso "preambolo") vuole fare tutto lui. Ma alla fine non farà bene né una cosa né l'altra. Allo scandalo delle liste P2 (tiene nel cassetto la lista); all'ammissione di aver "no-si" ricevuto finanziamenti da Sindona (prima nega poi ammette, "ma solo qualche miliardo"); alla  liberazione D'Urso; poi di Cirillo; infine con lo scandalo petroli  Forlani viene travolto, dura 220 giorni, sostituito poi da Spadolini; il primo laico al governo.

Dopo tre anni, il 12 luglio 1983, Francesco Cossiga torna nella grande politica, eletto presidente del Senato. Poi il grande salto al Quirinale. Viene eletto presidente della Repubblica il 24 giugno 1985. Contro la tradizionale politica italiana (presidenti eletti dopo una lunga e estenuante serie di votazioni e bocciature dei candidati dati per favoriti), Cossiga, la cui candidatura era stata avanzata dal segretario Dc Ciriaco De Mita, é eletto al primo scrutinio da una maggioranza larghissima. Su 977 votanti ottiene 752 voti provenienti da Dc, Pci, Psi, Pri, Pli, Psdi, e sinistra indipendente.

All'inizio, il neo presidente Cossiga si muove con molta discrezione nell'ambito ristretto riservato al "presidente notaio". Un notaio però estremamente pignolo nell'interpretazione alla lettera della Costituzione (lui è un grande esperto costituzionalista!) soprattutto a proposito dei problemi della Giustizia e della magistratura in particolare. I caricaturisti lo raffigurano come un "signor nessuno" che si aggira per il Quirinale; con non grandi problemi. Nel primo anno di settennato si verifica solo il drammatico dirottamento dell'Achille Lauro e l'attentato palestinese all'aeroporto di Fiumicino; cose esterne insomma.

Più degno d'attenzione è invece l'accordo per la staffetta tra Craxi e De Mita (1983-1987) che però entra in crisi. Poi un governo Fanfani che (con il "rieccolo") dura nemmeno una primavera e che porterà nel 1987 il paese alle ennesime elezioni anticipate, dalle quali la maggioranza pentapartito esce rafforzata numericamente, ma rimane politicamente minata dalla litigiosità interna. Durante la crisi, Cossiga dà un mandato esplorativo anche alla presidente della Camera Nilde Iotti, comunista (!). Poi dopo le elezioni si forma il governo Goria, seguito nel 1988 da un governo De Mita e nel 1989 dal sesto governo Andreotti.

All' inizio del 1990  la situazione cambia radicalmente. Il "presidente notaio" lascia il posto al "picconatore" dicono alcuni, mentre i più soft  le sue le chiamano "esternazioni". Cossiga entra in contrasto con le maggiori istituzioni dello stato, dalla Corte Costituzionale al Csm. Lo fa, ammette, per togliersi "qualche sassolino dalle scarpe": "In realtà io non esterno. Io comunico; Io non sono matto. Io faccio il matto. E' diverso. Io sono il finto matto che dice le cose come stanno".

In mezzo c' é stato il crollo del muro di Berlino ('89) e la liberazione dei paesi dell' Est dal regime comunista. Anche Cossiga sembra liberarsi da un peso. "Sono successe tante cose all'Est; speriamo ora anche all'Ovest". E' la sua prima frase enigmatica.
Passano pochi giorni e il cambio di rotta (dal silenzio alle picconate) comincia alla fine di gennaio del 1990, durante una visita in Francia;  parla a braccio sul ruolo del magistrato e sulla lentezza delle riforme in Italia e dice che lui sarà "in strada, dove c'é la gente. Per parlare con la gente e possibilmente rappresentarla e tutelarla".

Poi arrivano le tre frasi (vedi copertina dell'Espresso in apertura) pronunciate dal capo dello Stato FRANCESCO COSSIGA sabato 23 marzo alla Fiera di Roma, davanti ai microfoni e alle telecamere. Rappresentano uno sconcertante documento, di eccezionale gravità, un atto d'accusa, una denuncia contro il sistema politico e istituzionale. Tre frasi per dare l'allarme, sollecitando a più riprese la Grande Riforma e la Seconda Repubblica, che la maggior parte dell'opinione pubblica vuole. Gente (anche dentro i salotti buoni) che condivide nella sostanza l'obiettivo di Cossiga, che proprio per questo appoggio popolare viene accusato di fare del qualunquismo e di ricercare il consenso emotivo (come se fosse questa una cosa strana in Italia!).

Che  a sostenere queste tesi sia il presidente della Repubblica in persona, massimo custode delle istituzioni (che non è fra l'altro un tipo "alla Pertini", ma è un costituzionalista!, e lo è da quando gli altri andavano all'asilo infantile)  é quantomeno singolare e inconsueto. Tanto più che lui (gli si ricorda) ha fatto parte integrante fino a ieri di quella partitocrazia di cui lamenta i tanti guasti. 
Dunque l'accusa che fa il presidente Cossiga corrisponde in larga misura a una vera autodenuncia e a una vera autoaccusa, che l'Italia non ha mai visto e conosciuto in quasi cinquant'anni. Cossiga insiste e vuole addirittura dimettersi;  chiede addirittura di essere processato.

Si sta togliendo i "sassolini dalla scarpa", anche a costo di alienarsi le simpatie di vaste aree (ma lo dicono i sondaggi, pilotati però, non la gente comune e i cittadini senza potere) e non teme di essere attaccato da più parti dai vecchi amici del suo partito, e neppure da quel "....nuovo "amico" che ha le voglie di "raddrizzare l'Italia" con il qualunquismo, con il "rimedio incorporato", ma non prima però di aver "creato la sua casta con il diritto di fare strame di tutto e di tutti, di degradare la politica in affarismo, di arricchirsi con le tangenti, di spartirsi il bottino, di cuccarsi gli incarichi più lucrosi, di occupare gli enti pubblici e taglieggiare le aziende private, e persino di mandare in Parlamento non soltanto i propri cavalli, come si limitava a fare Caligola, ma anche i propri asini, gli sciacalli e le jene..."

 e picconando di brutto prosegue "... che sta organizzando la beffa. Anzi quello che vuole mettere in scena è un dramma. E a noi forse ci aspetta la tragedia. Dovremo forse fra poco dire, o saremo costretti a dire soltanto di si. Si, si, si, sissignore signor presidente della Repubblica Presidenzialista. Una tragedia che, tuttavia, non ci troverà né atterriti né silenziosi".
(sono sue frasi che riportava Giampaolo Pansa, proprio all'interno del settimanale sopra, del 7 aprile, a pag 21, con il titolo Il burattinaio)

Già si profetizza con queste frasi uno scenario inquietante. Ma gli attacchi a COSSIGA continuano, sono accaniti, sprezzanti, commiserevoli; qualcuno propone perfino di farlo ricoverare in una casa di cura. Questo soprattutto dopo che il 23 dicembre del '90 è esploso il Caso Gladio che Cossiga ne ha difeso -da impavido- la piena legittimità. 
I "nemici" e "amici" attaccano ora con veemenza il "caso Gladio", e parlano di "organizzazione illegale", di "cospirazione", perché operante all'insaputa del Parlamento italiano e in violazione all'articolo 18 della Costituzione, che vieta il perseguimento, anche indiretto, di scopi politici da parte di organismi militari o paramilitari.
Di parere diverso è Cossiga, che della Gladio e dei "gladiatori"  prende le difese. Al messaggio di fine d'anno 1990, sconcerta, interrompe la lettura del testo ufficiale, tira fuori dalla tasca un foglietto di carta e legge "un saluto riconoscente ai patrioti... brava gente". 

Ora gli attacchi (e sembrano pretestuosi) vengono proprio dai ministri socialisti e dallo stesso CRAXI.  Si sfiora la crisi istituzionale con il Presidente che è sul punto di "auto-sospendersi" dopo che il governo aveva preso la decisione di nominare cinque saggi con il compito di giudicare sulla legittimità di Gladio, e che da un Cossiga indignato é stata interpretato come un atto di sfiducia nei suoi confronti. Il decreto di auto-sospensione era già pronto, poi in aiuto di Cossiga é corso Andreotti l'11 gennaio 1991 rispondendo alle interrogazioni sulla legittimità  della Gladio davanti alla Camera. Su questa legittimità e la costituzionalità della struttura segreta i ministri socialisti invece insistono, hanno posto la loro riserva e CRAXI ha dichiarato chiaro e tondo di "non avere alcuna intenzione di difendere "l'infallibilità" di COSSIGA".

Una partenza falsa! Craxi ha già commesso un grave errore nell'attaccarlo l'8 dicembre. Ora commette il secondo, gravissimo, insistendo.  Cossiga poteva anche essere non  infallibile ma il segretario del Psi e il suo vice Martelli sbagliano a considerarlo un mentecatto e un cospiratore.

E' infatti quello di Craxi un avventato e gravissimo errore, perchè "lui", Cossiga non vuole certo farsi processare da un Craxi e da un Martelli "qualunque", né dai cinque saggi che i socialisti avevano proposto per giudicare la legittimità del suo operato e della "sua"  Gladio. Cossiga quel giorno fu sul punto di dimettersi indignato di tanta arroganza ma anche di tanta ignoranza su una questione ai socialisti del tutto ignota. Cossiga non doveva certo rendere conto a Craxi, a compagni, e compagniucci, ma semmai solo davanti agli italiani.  "E dico come Moro: "Non ci processerete nelle piazze"   infatti difende i compagni di strada anche facendo autocritica forte.

Le "picconate" di Cossiga diventano più frequenti e più violente.

Il 27 marzo 1991 il presidente del Consiglio Giulio Andreotti si dimette dopo un lungo contrasto che lo ha opposto al presidente Cossiga, ma dopo due settimane forma il suo settimo governo. 
 Intanto cominciano le iniziative per la messa in stato di accusa di Cossiga, una delle quali già formalizzata il 6 dicembre 1991 dal senatore della Sinistra indipendente Pierluigi Onorato. Si insiste nel richiedere la procedura di impeachment nei confronti del Presidente. OCCHETTO si spinge perfino a mettere i voti del nuovo PDS a disposizione di un governo istituzionale per "salvare la Patria". Ma nel puntare l'indice, ha sbagliato proprio uomo! Ma è possibile che non conosca Cossiga?
 Altre richieste di impeachment saranno presentate dalla Rete e da Marco Pannella. 

Il 26 novembre 1991 Cossiga si "autodenuncia", chiedendo che gli sia contestato il reato di cospirazione politica mediante associazione in riferimento alla vicenda Gladio. 
il 23 gennaio 1992, Cossiga con una lettera, annuncia le sue dimissioni dalla DC. 
Il 2 febbraio 1992 Cossiga firma il decreto di scioglimento delle Camere.
Il 17 febbraio 1992 con l'arresto di Mario Chiesa, comincia l'era di "Tangentopoli".
 Il 5-6 aprile 1992 si svolgono le elezioni politiche in un clima di incertezze. Con un'aria molto pesante, che preannuncia bufera. Tutti i partiti tradizionali sono penalizzati. Il Psi vede esaurirsi l'"onda lunga". La sorpresa è un partito di "protesta". E' la Lega di Bossi che da 186.255 voti, ottiene e fa una scorpacciata di voti: 3.394.917, da 1 seggio sale a 55.
Il 18 aprile Cossiga parla in televisione a reti unificate per 45 minuti. Dice che "al voto del 5 aprile è venuta una domanda di riforme istituzionali e una grande voglia di cambiamento nel modo di governare lo stato". Il segnale c'è ed è forte e chiaro.

Il 23 aprile 1992 comincia la nuova legislatura. Due giorni dopo, in un messaggio televisivo, il presidente Cossiga annuncia le sue dimissioni che saranno formalizzate il 28 aprile. Il "notaio" trasformatosi  in "picconatore" lascia il Quirinale con dieci settimane di anticipo rispetto alla scadenza del mandato. Chiede di essere ascoltato dal tribunale dei ministri. Ma su tutta la vicenda la magistratura archivierà l'indagine. Cosa voleva dire Cossiga lo sapranno forse solo i nostri pronipoti.
La magistratura del resto da questo momento ha altro da fare: è perfino direttamente e indirettamente la protagonista. Sta scoppiando la "caldaia" Tangentopoli.

Dopo il suo abbandono del Quirinale, Cossiga resta  in disparte. Forse a godersi quello "spettacolo" degradante ma anche drammatico che 25 mesi di "Mani Pulite" offrono la stampa e la Tv. 4525 personaggi in carcere, 25.400 avvisi di garanzia, 1069 parlamentari e uomini politici coinvolti, undici suicidi eccellenti. Più che una bufera è un terremoto sussultorio e ondulatorio di scala Mercalli 10, cioè catastrofico!.
Lo stesso COSSIGA in lacrime, rompe il silenzio e dal suo auto-esilio si lancia in un'esternazione terrificante: "DC da lapidare. I dirigenti Dc, la gente li prenderà a sassate per la strada. Io non li ho buttati giù dalle scale, ma la gente non avrà i miei scrupoli." (Da Il Secolo XIX, del 1° maggio).

Altrettanto turbato e onesto è Fanfani di fronte a uno che davanti ai magistrati, mentre lo interrogavano, sbavava dai teleschermi: "Si, siamo noi i responsabili, abbiamo allevato degli individui mediocri".

1994 - Nuove elezioni. Nuove sorprese. é "SCESO IN CAMPO" un uomo nuovo, inaspettato. Con l'appoggio della Destra di Fini e della Lega di Bossi. E VINCE !!!! (
qui la discesa in campo e la VITTORIA > > > >

Nuove bufere e ribaltoni. Nuove crisi, che però sembrano le vecchie, con i connubi più impensati, col trasformismo e le migrazioni da un partito all'altro. Tirature di giacche in ogni angolo. Anche dentro il mondo dei preti. Un monsignore a Vicenza fu lapidario "state zitti, e lasciateci almeno piangere dalla vergogna in pace".
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IL 17 DICEMBRE del 1994 gli scritti di Cossiga che appaiono sull'Unità sconcertano la sinistra oltre che la destra. Qualcuno avanza anche l'ipotesi che sarà lui il Premier della Quercia. Lui non risponde, anzi risponde solo "Per il momento mi limito a scrivere sull'Unità; e mi piace"
 Nel 1996, qualche vecchio compagno di partito di Cossiga prova a proporlo prima come presidente del Senato, poi della Bicamerale, ma queste candidature avranno vita breve. A ottobre del 1996 Saverio Vertone (Fi) propone un governo di salute pubblica presieduto da Cossiga. Anche questa proposta muore sul nascere. Lui non vuole farsi coinvolgere in avventure che poggiano solo su degli spot.

A settembre del 1997, in un'intervista a "La Stampa" Cossiga si autocandida come leader di un centro liberal-democratico che superi il bipolarismo in crisi. Due mesi dopo, a una riunione di centristi di diversi partiti, Cossiga afferma che "questo Polo non é in grado di andare da nessuna parte" - ". Il Polo è Berlusconi; ma il Polo non è un partito. Se muore Berlusconi il Polo non esiste più; e lui Cossiga dice di essere pronto a scendere in campo per la formazione di un "terzo polo".
Berlusconi oltre a fare le dovute scaramanzie, si accende:  "Cossiga è un distruttore". - COSSIGA  risponde caustico "Lui preferisce servitori pronti a bassi servizi, tra cui quello di alterare le opinioni altrui e fare il mazziere dell'avversario".
Al Congresso di Forza Italia in aprile '98 a Verona, padre Baget Bozzo definisce il Cavaliere "il politico del secolo, paragonabile solo a De Gasperi" -
COSSIGA fa invece l'analisi finale del congresso: "E' un partito senza democrazia. Silvio deve smetterla di comportarsi da papà. Dia ai suoi il potere, se vogliono, anche quello di cacciarlo. Non deve trattare i delegati come spettatori o invitati, ma trasferire a loro la possibilità di decidere; non li impacchetti se dicono cose che a lui non vanno bene. Ho sentito gridare Silvio! Silvio! Silvio! Ma lui avrebbe voluto che tutti lo chiamassero Papà! Papà! Papà!".  "Se poi lui é De Gasperi -come dice Bozzo- allora io sono Carlo Magno".

Il 24 Settembre '98 alla Commissione Tangentopoli  Cossiga scende in campo e su proposta dell'UDR con quelli che remano contro, contribuisce a votare a favore di un rinvio. Motivazione: "Per esaminare la questione é meglio attendere un clima meno avvelenato".
Berlusconi insorge con tutto il Polo: "E' una ferita alla democrazia, un golpe contro le opposizioni, l'Ulivo e l'UDR hanno paura di una inchiesta su Tangentopoli". Con questi veleni é avvenuta la votazione, che il Polo ha già definito un "golpe". Cossiga prima del voto ha minimizzato e nello stesso tempo lanciato le sue picconate: "Io non so come voteranno i miei parlamentari, perché a differenza di Berlusconi non sono in grado di dire ai deputati dell'UDR io ho messo i soldi e voi dovete difendere la mia tesi. Io sono un democratico, cerco di essere un leader e non un boss. Dice Silviotto che faccio la stampella al governo, rispondo che non prendo lezioni di politica da lui o vuol darmi anche lezioni di diritto costituzionale?".

Nel gennaio 1998 era già partita l'organizzazione per il nuovo movimento di Cossiga. La sua "cosa" tenne banco. Mastella aveva rotto con Casini ed era uscito dal Ccd. A luglio 1998 nasceva ufficialmente l' Udr. Cossiga é acclamato presidente onorario. Le posizioni di Cossiga erano nettamente contrarie all'Ulivo, da lui ritenuto un' alleanza artificiale, e solo dopo la caduta del governo Prodi ( 9 ottobre 98) l'ex presidente deciderà di schierarsi a favore del centrosinistra, appoggiando il nuovo governo D'Alema (il suo "definitivo servizio alla Nazione, l'assolvimento di un dovere verso la memoria e il disegno politico di Aldo Moro"), da lui salutato enfaticamente come "un evento storico che chiude definitivamente la guerra fredda".

"Appoggio D'Alema per patriottismo, e anche per coerenza con me stesso...." -
 "...per restituire la politica alla politica, consegnare la teologia, l'etica e la filosofia al campo loro proprio, affidare il passato alla storia e agli storici il passato".  
"D'ALEMA é un avversario.....però può diventare anche un collaboratore serio e leale.....Ci siamo combattuti quando si combatteva in tutto il mondo.....adesso basta. Io dico che il pericolo del comunismo non c'è neppure in Russia. Ci crede solo più Berlusconi" .

Fini lo attacca, "Cossiga dice di essere alternativo alla sinistra e poi gli offre la ciambella di salvataggio. Se lo fa, conferma che i suoi straccioni di Valmy sono solo dei mercenari".
La risposta al vetriolo non si fa attendere ""Caro Fini, fai confusione, siamo appunto straccioni, ma abbiamo niente a che fare con i mercenari che si vendono a chi meglio paga".
"Se io avessi tutti i soldi che ha Silviotto, mica sarei qui a fare il capo degli straccioni di Valmy"
.

Nel governo D'Alema entrano Scognamiglio, Cardinale e Folloni. Nella maggioranza Cossiga mantiene un rapporto di stima, anche se altalenante, con D'Alema, mentre sono continue le sue polemiche con Veltroni, Prodi, Di Pietro. In questo periodo Berlusconi é definito "un grande puffo maligno".

Ben presto (febbraio 1999) Cossiga romperà anche con Mastella, il numero due dell' Udr, che va per conto suo. Commenterà Cossiga: "Sono stato un illuso, erano interessati solo alle poltrone, ai gradi di generali, agli organigrammi. Me ne vado a casa a studiare teologia e ritorno alle crociate".
 
Sui giornali lancia qualche "picconata" a destra e a manca



 A maggio, Dini gli propone una candidatura alle elezioni europee nelle liste di Rinnovamento italiano, ma l'ex presidente rifiuta. 
La rottura con il centrosinistra sarà accelerata dal "Dossier Mitrokhin" (queste vicende legate all'attività dei servizi segreti e al volto nascosto della guerra fredda hanno sempre avuto su di lui un effetto destabilizzante). Cossiga chiede una commissione d'inchiesta sul "Dossier Mitrokhin". D'Alema, dopo qualche polemica gliene offre la presidenza. A questo punto però la presidenza Cossiga é bloccata dai leader del Polo. 
Il 7 novembre '99 prima crisi del Governo D'Alema. Cossiga prende le distanze e afferma: "purtroppo il Presidente del Consiglio è cambiato nel suo atteggiamento, finisce per subire gli attacchi del nuovismo, dei Veltroni e dei Parisi, ed ora non si capisce più dove voglia arrivare."

Sempre a  novembre Cossiga fonda l' Upr (Unione per la Repubblica), che dovrebbe essere la rosa bianca del Trifoglio, l' alleanza politica da lui proposta con i socialisti di Boselli e i repubblicani di La Malfa. A dicembre, l'uscita di Cossiga dalla maggioranza accelererà la crisi del governo D'Alema. Si dimette il 19 dicembre '99 con Cossiga che non partecipa al dibattito; con un "colpo di teatro" preferisce andare a visitare "l'amico Bettino" ad Hammamet, in convalescenza "D'Alema mi ha deluso"). Ma Tuttavia D'Alema si salva e resta al suo posto con il D'Alema 2. 

 A gennaio del 2000, Cossiga annuncia di essere pronto a schierarsi con il Polo, nonostante la presenza della Lega e le diffidenze iniziali di An, il cui leader Fini ritiene che il vero obiettivo dell' ex presidente continui ad essere quello di rifare il "grande centro".
Cossiga non lo nasconde: "diamo vita a un nuovo centro contro D'Alema, uniamoci: noi, i popolari, la Lega il CCD tutto il Trifoglio e naturalmente Forza Italia", ed AN? "Beh' "risponde Cossiga "se il rapporto di Fini col Polo dovesse rompersi allora davvero potremmo sposarci sul serio con Berlusconi, se così non fosse potremmo pensare ad una desistenza". (La Lega ha nel frattempo fatto un patto con il Polo, e manda a dire "il Polo sappia che noi non possiamo accordarci con Cossiga").
L'8 febbraio 2000 Boselli abbandona Cossiga che tenterà di rimpiazzarlo con De Michelis, ma il Trifoglio non decolla.

Dopo le elezioni del 16 aprile 2000, con il Polo vincente in 8 regioni contro le 7 del centrosinistra, D'Alema esce di scena, lo rimpiazza D'Amato, con il Polo che sollecita subito nuove elezioni.
Negli ultimi mesi del 2000 Cossiga tace, ma solo perché ha una passeggera indisposizione.
Ma nel 2001 sarà nuovamente in pista a lanciare staffilate.
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Cossiga vive con Giuseppa Sigurani, che nessuno conosce perché la sua "Peppa" è sua moglie e basta, e ha due figli, Francesca e Giuseppe. Tra gli hobbies, un posto di primo piano é occupato dall'interesse per bandiere e divise militari e dall'informatica da sempre, da quando sono usciti i primi computer.

NOMI FANTASIOSI PER I SUOI PARTITI

L' ex presidente  ha avuto recentemente molta inventiva nel fondare i nuovi partiti e nel trovar loro nomi e slogan fuori dell'ordinario, comprese le ironiche metafore:
25 febbraio 1998 - "A Valmy, a Valmy". Cossiga annuncia il motto, mutuato dalla Rivoluzione francese, con cui vuole guidare i suoi "straccioni" contro le armate del re di Prussia, che potrà essere a seconda delle occasioni D'Alema o Berlusconi.
In quell' occasione dice anche: "Siamo quattro gatti, ma tenete presente che quando i gatti si buttano in una folla fanno cadere molta gente...". L'Udr di Cossiga però ha vita breve. Tra scissioni e cambi di posizione si arriva all' 11 maggio 1999, quando l'assemblea dell' Associazione Udr decide la liquidazione e il cambio del nome in "XX settembre 1792", data della vittoria degli "straccioni di Valmy" contro la prima coalizione anti-francese. 
Poi l"'Associazione XX settembre 1792" é messa a sua volta in liquidazione.

27 ottobre 1999 - "Se loro fanno l'Ulivo, noi rispondiamo con il Trifoglio" dice Cossiga in un'intervista al quotidiano "La Stampa" e annuncia che sta lavorando ad una federazione con i socialisti di Boselli e i repubblicani di La Malfa. Ha pensato anche al simbolo: "Tre rose. Una rossa, che si riferisce alla tradizione del movimento operaio. Una bianca, a evocare l' organizzazione clandestina dei giovani cattolici bavaresi contro il nazismo. Una verde, che ricorda la componente repubblicana, liberaldemocratica e anche ambientalista".

nche in questa occasione Cossiga parla dei suoi "quattro gatti", ma anche questa creatura cossighiana in realtà ha vita grama e tende a perdere le componenti.

13 aprile 2000 - In un'intervista al quotidiano "L'Unione Sarda", a chi ironizza sull' annuncio della costituzione di un movimento che raccolga nuove forze intorno al centro, Cossiga ribatte:"Dicono che siamo quattro gatti e allora ho deciso di fondare un nuovo partito: si chiamerà "i quattro gatti".
"Lo slogan sarà "miao" e ho anche pensato allo stemma: quattro gatti d' oro in campo verde. Ma attenzione, i gatti graffiano". Il giorno dopo aggiunge: "il gatto é un felino, aggressivo e che graffia, in cui mi riconosco molto. Inoltre, con questa ventina di sorci che ci sono in giro, quattro gatti bastano e avanzano".

UNA MANIA PER I REGALI IRONICI

L' ex presidente ha anche il vezzo di fare regali ironici a tema.
Nel 1991, il sen. Franco Mazzola (Dc) ha ricevuto un sacchetto con 30 monete di cioccolato. Mazzola ha replicato: "li mettero' sotto l' albero di Natale e ha promesso di ricambiare con un libro che rivalutava la figura di Giuda.
Nel 1993, per uno di questi regali (un cavallo a dondolo, un triciclo e un gioco da detective Cluedo, con l' invito a prendersi una vacanza) l'allora Procuratore capo di Palmi, Agostino Cordova, lo aveva denunciato per offesa a pubblico ufficiale.
Nel marzo 1998, dopo le polemiche sul piano Paters, Cossiga ha fatto trovare al sen. Athos De Luca, nella sua cassetta postale al Senato, un paio di mutande colorate, rispettando la promessa che lo avrebbe "messo in mutande". De Luca ha immediatamente ricambiato, inviando all'ex Capo dello Stato un paio di 'mutandoni' che, ha detto, "Potrebbero essere molto utili a Cossiga".
Il 27 ottobre 1998, in aula al Senato, Cossiga ha donato al presidente del Consiglio Massimo D'Alema un bambino di zucchero "siccome Berlusconi dice che D' Alema mangia i bambini". 
Per Natale 1999 Cossiga ha pronto un altro regalo per D'Alema "grande timoniere", un orologio con il volto di Mao. A Cesare Salvi ha mandato in dono un pacco di pannoloni. Salvi ha ringraziato con il biglietto "Li ho usati per mio figlio".
Il 19 novembre 1998, incontrando il segretario dei Ds Walter Veltroni, Cossiga porta in dono burro e olio. "Io sono ostile all'Ulivo - ha spiegato il leader dell'Udr - e da tempo uso il burro per cucinare, ma sarebbe sembrato scortese presentarmi solo con il burro". Replica Veltroni, che ricambia con un libro di Enzesberger dal titolo allusivo:"Ma dove sono finito?".

Ma forse per tanti, a fine domanda invece di mettere il punto interrogativo se entrano nel suo territorio occorre mettere l'esclamativo, quando sono travolti da....

LE SUE STAFFILATE...

...che assieme alle "picconate", sono ormai migliaia e occorrerebbe una enciclopedia, tante sono. E se quelle di Andreotti sono ironiche, quelle di Cossiga sono taglienti, pungenti, spesso sprezzanti con i piccoli "nani" e i "sorcetti" della politica. Nel prossimo Millennio ne sentiremo ancora molte, anche perché di nuovi "nani" e  "sorcetti" in giro se ne vedono sempre di più, e Lui, Cossiga, le staffilate e le "graffiate"  non le risparmia a nessuno.

Anche se qualche chiacchierone maligno va già dicendo in giro che: "prima o poi anche lui, chiamerà il "puffo maligno", "papà, papà",  e sarà a "suo servizio", per chiudere in bellezza la carriera, o per farne iniziare una a suo figlio alla corte della dinastia "Silviolingia", con il cardinale Bozzo-lieu come cancelliere e Boss-marck come consigliere".

Gli ottimisti invece hanno fede e credono a quel proclama di Parigi: "io sarò in strada, dove c'é la gente. Per parlare con la gente e possibilmente rappresentarla e tutelarla".

E Cossiga, non abbiamo il minimo dubbio, all'occasione sarebbe sceso in strada.
Peccato che Cossiga è morto, ha cessato di farci divertire, e ci ha tolto il piacere di vederlo scendere in strada.

Francesco Cossiga viene ricoverato in rianimazione al Policlinico Gemelli di Roma il 9 agosto 2010 per gravi problemi respiratori. Muore il 17 agosto 2010 per insufficienza respiratoria causata da crisi cardio-circolatoria.

 

Bibliografia
Sergio Lepri - 50 Anni attraverso le notizie e i documenti dell'Ansa
Storia d'Italia, Dall'Unità a oggi, Einaudi
Storia d'Italia, cronologia 1815-1990, De Agostini
Quotidiani: CorSera, Repubblica, La Stampa.
Settimanali: Espresso.
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