1941
E MUSSOLINI COSA FA ?
ALTRA ORA SOLENNE

11 DICEMBRE 1941

235.000 uomini in Russia (a piedi, "autotrasportati" su 2 gambe)
" Aspetta mia bambina il nostro giorno, vado, vinco e torno"
e 20.000 muli "autostrasportati" su 4 gambe

Mussolini si é precipitato per inviare al suo alleato reparti italiani in Russia. I consiglieri militari di Hitler sanno in quali condizioni è l'esercito italiano. Non hanno mezzi di trasporto, non hanno attrezzature idonee a una simile guerra, non hanno generali di cui si fidano. Fanno presente che gli italiani in Russia intralcerebbero la perfetta (e velocissima) macchina da guerra. Insomma non li vogliono al loro fianco.

Mussolini invece vuole uscire dalle brutte figure fatte fino ad ora, dalle umiliazioni degli ultimi mesi (Francia, Inghilterra, Grecia, Africa, Jugoslavia), che stanno minando perfino il regime. Addirittura i fidati cominciano a dubitare della sua infallibilità, si sta già creando (maturo fin dal 1938, e fino a poche settimane dallo scoppio della guerra) quel movimento ("i traditori") che partorirà poi il "25 luglio" 1943. Viste poi le operazioni che seguirono in Russia (dei generali Messe, Carboni, Cavallero, Gariboldi, Ambrosio ecc) questi dubbi sono perfino giustificati; le sostituzioni al comando della Csir poi dell'Armir; i rancori, e infine le liti degli stessi generali,  questa campagna era già destinata al fallimento prima ancora di partire. Inoltre ritroveremo questi "condottieri", l'8 settembre '43 schierati contro il regime, quindi questo movimento antimussoliniano (o di scetticismo) c'era,  e non poteva certo portare in Russia, prima il Corpo e poi l'Armata a risultati migliori, ma solo a una disfatta.

Ma Mussolini ha bisogno di una azione spettacolare, frustrato ancora una volta dall'invincibilità di Hitler, di cui é succube, lo odia perfino (da' ordine con le sue veline di "non scrivere sui giornali "Hitler guida le armate", "Hitler vince quì", "Hitler vince là", adesso basta!!!  scrivete "le armate dell'Asse" (vedi pagina giornale di apertura anno).

Tuttavia Mussolini soppesa le ultime parole della lettera di Hitler, e ignora deliberatamente il
" per il momento a soprassedere". (Anche nell'attacco alla Francia gli aveva scritto di fare solo "propaganda").  La notte stessa ancora in pigiama, prima di partire per Roma, convoca lo Stato Maggiore per costituire dei reparti pronti a marciare verso la Russia, e fa comunicare la dichiarazione di guerra alla Russia da Ciano all'incredulo ambasciatore russo a Roma, che si fa ripetere in mille modi diversi la notizia convinto di non aver capito il senso. Ma Ciano sbrigò la "faccenda" in pochi minuti e considerò "la cosa, una formalità da niente, insignificante".

La insignificante "cosa", "la faccenda" di quei pochi minuti, saranno pagati cari dai 235.000 soldati del CSIR e dell'ARMIR, con 84.830 morti e dispersi nelle tundre russe, con la tragica e drammatica ritirata nell'inferno del gelo russo.

Ma Mussolini aveva, come abbiamo letto in precedenza, perso il treno per la Francia, e questa volta voleva salire subito su quello che andava in Russia; convinse Hitler il giorno stesso di accettare "un po'" di soldati italiani, convinto di andare a finire sui libri di storia come il castigatore del mondo comunista. Infatti, gli scrisse:
"Il popolo italiano e' consapevolmente deciso a marciare fino in fondo col popolo tedesco e a sostenere tutti i sacrifici necessari.....vi posso annunciare fra l'altro, che il raccolto del 1941 é superiore a quello dell'anno passato. Non comunicherò la cifra al popolo per non suscitare illusioni e rallentamenti nella disciplina dei consumi. (Nota: la razione di pane viene ridotta a 200 gr a testa) La vostra decisione di prendere alla gola la Russia ha trovato in Italia una adesione entusiastica. In una guerra che assume questo carattere, l'Italia non puo' essere assente". Ciano, suo genero (notoriamente antitedesco) questa volta gli fa eco "l'idea della guerra alla Russia è popolare in se stessa in quanto la data del crollo del bolscevismo dovra' essere annoverata nella storia tra quelle della civilta' umana".
(Lettere/Documenti Mussolini-Hitler, Doc. N. 45-King Features Syndacate, New York, 1946)

Hitler in un primo momento era infastidito di questo appoggio italiano, poi come vedremo, quando gli morirono 800.000 uomini cominciò a sollecitarli. Alcuni generali chiamati a organizzare la prima spedizione fecero presente che non c'erano i mezzi di trasporto, Hitler era stato chiaro, non ne avrebbe messi a disposizione, ma un generale Cavallero (Capo di S.M.) propose di mandarli a piedi; e invece di farli marciare a 18 chilometri al giorno (come recitavano i regolamenti), disse, "bastava aumentare a 40 i chilometri".

< Qui Messe guida l'invasione italiana in Russia,
con carrette, muli, e soldati "autotrasportati"
.

Mussolini e i suoi generali avevano promesso ai tedeschi reparti e soldati "autotrasportati"; ma salvo il trasferimento verso la Romania avvenuto dall'Italia con 275 treni, quando misero piede in Russia, con raccapriccio i tedeschi chiesero dov'erano i camion e auto. Gli italiani con Messe chiarirono l'equivoco dicendo che "autotrasportati" significava che "i soldati si trasportano da soli con le loro gambe".

Si va quindi a piedi, e con le carrette, quando per arrivare solo alla prime difese russe bisognava percorrere 1000 chilometri in un ambiente naturale tutto avverso. Inoltre quando i reparti ALPINI della Tridentina, Cuneense e Julia il 6 agosto dall'Italia finalmente arrivarono sul posto, il comando tedesco aveva deciso di impiegarli diversamente, di combattere in pianura con ridicole 216 bocche da fuoco di corta gittata, adatte al tiro parabolico in montagna ma non in pianura. E altrettanto assurdi (quindi anche questi ridicoli) erano i 72 (settantadue) mortai in dotazione, contro i giganteschi carri armati russi di 52 tonnellate, con una corazza di 75 mm. che sgomentarono perfino Hitler.
Mentre la fanteria è anche questa senza mezzi e armi (ma con i fucili '91 che pesano come un uomo a digiuno)  si sposta a piedi, va allo sbaraglio e sta andando incontro a quel terribile inverno che li coglierà nel 'dicembre del 42 a Stalingrado e sul Don con le divise estive e con cappotti e coperte in lanital con 40 gradi sottozero.

Inoltre sorgono le prime difficoltà (le gelosie) nei comandi italiani per l'arroganza che hanno i tedeschi di comandare, di disporre e impiegare a loro piacimento i reparti. Gli italiani  non riescono a imporsi. "Coi tedeschi non si può trattare se non a pugni nello stomaco" dirà Messe esautorato per tanti motivi logistici (tuttavia realistici) ma anche per quello che va dicendo, che ovviamente non è gradito ai tedeschi.
Il generale GARIBOLDI  andrà poi a sostituire l'irritato generale quando sorsero queste prime difficoltà e attriti - Lug. '42 - poi le stesse difficoltà le ebbe Gariboldi, perfino peggiori, quando il Csir con l'invio di altri uomini (assommarono poi a 230.000) divenne Armir. Cioè da Corpo di spedizione si trasformò in Armata Italiana in Russia
A partire per primi, quest'anno '41, il 26 giugno,  ci sono i 62.000 uomini del CSIR. Sono della divisione "Torino", "Pasubio" e "Duca d'Aosta" guidate dal Generale Messe dopo che ne ha preso il repentino comando  per l' improvvisa malattia del suo superiore. Infatti il ...

13 LUGLIO  del 1941, il generale ZINGALES si ammala nel suo viaggio di trasferimento; prese così il suo posto MESSE, che mantenne poi il comando fino all'inizio del 1942.
La prima tragedia che si abbatté nei reparti durante la sua permanenza la racconterà lui stesso (per giustificarsi e minimizzare le sue responsabilità o incapacità) nelle sue memorie apparse in cinque puntate sulla rivista Oggi, del 9 febbraio 1950 e seguenti).


MESSE  fu infatti rimosso dal comando del Csir, e lui furibondo non passò a GARIBOLDI -inviato a sostituirlo- nemmeno le consegne, se ne ritornò a casa in Italia, senza neppure incontrarlo. 
Le gelosie tra generali é già una tragedia annunciata. (Messe assunse poi il comando nel  marzo del '42 della 1a armata  in Africa, ma a maggio si arrenderà al generale inglese Freyberg. Volerà poi a Londra come prigioniero di lusso, dopo aver ricevuto da Mussolini la nomina a Maresciallo d'Italia. Stranamente, dopo l'8 settembre, sarà lui, rientrando in Italia a novembre a coordinare (sic. !!) con la nomina a Capo di Stato Maggiore lo sbandato esercito "ottosettembrino" del Governo regio-badogliano). (che strana guerra! e che strani comandanti tuttofare! Una volta di qui e una volta di là - con quale ideologia non si sa.
Altri per giustificarlo direbbero che "sono i governi irresponsabili che stanno una volta di quì e una volta di là". Comodo!

Eppure dalla Tunisia Messe in una lunga relazione aveva scritto a Mussolini: "condividerò la sorte dei miei soldati, anche con la prigionia se necessario" e aggiunse "..siamo impotenti, di fronte agli stormi alleati che "oscurano il sole", e giù elogi per gli inglesi che "hanno armi, armi e armi".
Mussolini fece sì pubblicare sui giornali la relazione di Messe, ma eliminò gli "elogi" ai "nemici".
Poi nel previsto disastro, Mussolini, con un senso di rispetto per i soldati, in quel tragico frangente, lo lascia libero di prendere le sue decisioni. E Messe il giorno dopo si arrende... pure lui.
Per alleviargli il dolore della cattura,  Mussolini  promuove Messe Maresciallo d'Italia per meriti di guerra. Ma lui non "condivide la sorte dei suoi soldati con la prigionia" ma vola invece a Londra come "ospite di riguardo" degli inglesi. 
Questo trattamento riservatogli dagli inglesi fa pensare che intercorressero precedenti accordi fra le parti. Ciò mette in diversa luce il sacrificio dei soldati e il presunto tradimento del Capo. Al Duca d'Aosta pochi mesi prima non venne invece riservata tanta cortesia. Gli inglesi lo spedirono al campo di concentramento di Nairobi, dove ammalatosi morì.

Mussolini destituito il 25 luglio '43, in seguito, quando - dopo pochi mesi di soggiorno a Londra - Messe rientrò in Italia chiamato da Badoglio (o imposto a Badoglio dai machiavellici inglesi) commentò: "
...in quella relazione distribuiva più elogi agli inglesi che non alle forze italiane; eccessivi tali riconoscimenti ai nemici che si rinfrangevano anche sugli italiani, in quanto dimostravano che i nostri soldati avevano combattuto contro soldati non di seconda classe ma di prima classe. Oggi, alla luce del tradimento particolarmente obbrobrioso di Messe, ci si domanda se tutto ciò non fu calcolato e intenzionale, in vista di una cattività che Messe non poteva escludere dal novero delle possibilità. E' altresì indubbio che Messe, attraverso la sua relazione, godé di una immediata buona stampa in Inghilterra, ed è altresì documentato dalle fotografie che, giunto in volo nei pressi di Londra, il Messe fu accolto da uno stuolo di generali non come un prigioniero e italiano per giunta, ma come un ospite di riguardo"
(Articolo di Mussolini, pubblicato sul Corriere della Sera del 1945, poi raccolti insieme ad altri  in "Il tempo del bastone e della carota").

Queste considerazioni di Mussolini, collimavano esattamente con quelle del padre di chi scrive, che era in Tunisia con Messe, anche se quelle di Mussolini le ha lette solo dopo qualche anno, quando ormai il padre era morto di crepacuore, per i disagi e le umiliazioni subite. Era andato in Africa nel 1935, dopo la proclamazione dell Impero, vi era poi rimasto avviando una discreta impresa di trasporti in Adis Abeba. Poi nel 1940 allo scoppio della guerra gli requisirono i camion e lui lo aggregarono ai reparti in Africa alla guida degli stessi 3RO. Nel frattempo in Italia gli avevano recapitato la cartolina precetto, e con lui assente, il distretto che non aveva ricevuto la nota di aggregazione, lo bollò come disertore. E tale rimase fino al ritorno nel marzo del 1946, finendo appena sbarcato sotto processo.
Nel frattempo, in Africa, si era fatto tre anni di guerra e tre anni di prigionia in sud Africa. Alla fine al distretto riconobbero l'errore (ma ci vollero (addirittura) le dichiarazione degli inglesi e di alcuni commilitoni che avevano combattuto con lui in Libia e Tunisia). Gli pagarono sì i tre anni di servizio, ma gli altri tre anni gli dissero che era stato a vitto e alloggio dagli inglesi e nulla gli era dovuto perchè si era arreso. Nè poteva pretendere un indenizzo dei camion che gli avevano requisiti perchè questi erano stati distrutti o acquisiti dai vincitori. Che la guerra l'Italia l'aveva persa e che era già tanto se era ritornato vivo. Insomma dieci anni di lavoro e di servizio buttati al vento.

MONTGOMERY nel suo libro di memorie gli italiani li liquidò con poche righe feroci "..In Tunisia... si arrendevano a mandrie (120.000 !!!), e al comando i generali che avevano preparato già le valige". "Messe fu catturato come un pollo".
(due righe che in Italia provocarono decine di violenti articoli, un tipo lo sfidò perfino a duello).

Anche ALEXANDER nel dicembre del 1944, scrisse un rapporto...
" ...con apprezzamenti molto sfavorevoli a noi, accusati di aver voluto l'armistizio, non perchè costretti dalla inferiorità delle forze, non sotto le spinte delle masse popolari, stanche ed esauste dalla guerra, e neppure perchè attratti dagli ideali democratici, ma per il preciso e pratico scopo di unirsi ai vincitori per raccogliere le briciole del loro banchetto"...
"Dopo un trattamento così poco lusinghiero, tre mesi dopo e precisamente nel marzo 1945, contraddicendosi, egli ha invece per gli italiani, e per il nostro soldato parole di alta stima"

(tutto il corsivo sopra viene riportato dallo stesso Maresciallo Messe, nel suo intervento sul n. 26 di "Oggi", del 29 giugno 1950, dal titolo "Il rapporto di Alexander").

La "contraddizione" a Messe sfugge. Non afferra i motivi politici. Agli alleati nel marzo del 1945, con il clima di insurrezione che tirava in Italia, conveniva parlar bene degli ex fascisti e degli ex combattenti, c'era a Est la incombente Russia comunista quasi alle porte d'Italia, e non si potevano certo respingere con i partigiani quasi tutti di sinistra. Anzi i comunisti italiani non aspettavano altro che i Titini entrassero a Trieste per dar vita alla nuova RSI, Repubblica Socialista Italiana.

E c'erano inoltre gli stessi russi che aveva già proposto a fine '43 non solo un processo ai generali tedeschi (poi svoltosi a Norimberga) ma anche un processo ai generali italiani, con le stesse accuse: quella di aver fatto una guerra di aggressione alla Russia, e di aver commesso crimini contro inermi cittadini russi e aver incendiato e distrutto fabbricati, come ospedali, cliniche, dispensari, consultori per bambini ecc." (e citavano fra le altre la città di Enakievo che fu rasa al suolo dagli italiani e resa deserta da tutti gli abitanti).
Era questa una nota fornita dal ministero della difesa - alla commissione d'inchiesta per i criminali di guerra italiani - in seguito a richiesta del tribunale (inchiesta che si concluse nel dopoguerra con l'assoluzione dei dodici nomi riportati nella relazione come autori dei crimini).
Non dimentichiamo che all'inizio dell'aggressione dei nazisti alla Russia, l'alleato corpo italiano era comandato proprio da Messe, che ubbidiva a Mussolini. E per questo stesso motivo finirono sulla forca i generali nazisti che avevano ubbidito a Hitler.

Con un altro articolo su Oggi n. 6, del 9 febbraio 1950, dal titolo "Legata a dodici nomi la sorte dei nostri prigionieri" (c'era in quel periodo la famosa inchiesta della sorte dei prigionieri non restituiti all'Italia ma trattenuti in Russia per non riferire agli inquirenti i patimenti subiti, o per chissà quale altro machiavellico motivo, o ricatto agli americani che volevano incriminare pure loro per i loro crimini - perchè anche i russi con i tedeschi avevano fatto una guerra di aggressione alla Polonia) così si giustificava Messe:
"Anche noi avremo provocato certamente delle distruzioni, ma soltanto nel corso della battaglia, quando cioè le offese investono una zona senza potere materialmente attenersi ad una discriminazione minuta degli obiettivi o, quanto meno, la sola discriminazione ammissibile deriva da un criterio di valori tattici. Per quanto riguarda la città di Enakievo, che era occupata per metà dai russi, la battaglia infuriò a lungo, tra il novembre e il dicembre del '41. Noi indipendentemente dall'opportunità di migliorare le nostre posizioni, sentivamo l'urgente necessità di sgomberarla interamente dai russi perchè avevamo assoluto bisogno di garantire alle nostre truppe un ricovero per l'inverno, se volevamo salvaguardare la vita. I Russi dal canto loro, avevano l'interesse opposto, d'onde una lotta lunga e violenta e spesso feroce, da ambo le parti, di rione in rione, di casa in casa. E' probabile che nel corso di questi accaniti combattimenti qualche ospedale e qualche clinica siano stati sfruttati come centro di resistenza e siamo andati distrutti.
Alla stessa stregua di una logica serrata, operavano in una sistematica, spregiudicata e scientifica distruzione le truppe rosse in ritirata. Stalin stesso perentoriamente invitava la popolazione a distruggere e incendiare tutto ciò che che potesse riuscire di una qualche utilità al nemico, comprese le proprie abitazioni, se necessario, fedele alla tradizione russa di creare la classica "terra bruciata" all'invasore".

Insomma - sembra dire Messe - con le distruzioni e la cacciata degli abitanti, gli italiani fecero un favore ai russi (che però non erano invasori, ma a casa propria).

Si è parlato di tanto eroismo di Messe in Tunisia. Mio padre invece mi raccontò l'incontrario. Che i 120.000 non avevano più una cartuccia da sparare, che non c'era più nulla da mangiare, e che l'ordine anche se non dato, era quello di "aspettare gli inglesi", se si voleva mangiare, che tanto la guerra "era ormai persa".
Inoltre se l'eroismo di Messe assieme ai soldati c'era veramente stato, perchè mai solo lui vola prima a Londra come ospite di riguardo e poi rientra in Italia a combattere i suoi ex camerati tedeschi, mentre i suoi soldati furono mandati nei campi di concentramento fino al 1946? - Erano o non erano eroi come lui?

Invece i veri eroi furono scaraventati nel Sud Africa, in Rhodesia;  torneranno (mio padre compreso) dalla prigionia nel 1946!. Umiliati perché avevano perso, offesi perché si erano arresi, disprezzati perché gli onori in quel periodo (1946 e successivi) erano riservati tutti ai partigiani che in Italia dalle caserme erano prima scappati a casa e poi sui monti. In Africa invece non si poteva fare altrettanto, non era così semplice!
C'erano diecimila chilometri in mezzo.

INTANTO IN RUSSIA...

Nello stesso periodo della disfatta in Africa, in Russia si stava consumando un dramma peggiore, si era in piena tragedia, ormai nel baratro.

A Stalingrado, ci fu la migliore mossa strategica russa, che alla fine diventò il baluardo di Mosca, i tedeschi si concentrarono, la assediarono, parte della periferia la occuparono, ma dopo una epica resistenza di 900 giorni della città (é diventata una leggenda) la VI armata di von Paulus si era trasformata da assediante in assediata; era infatti caduta nella più infernale trappola tesa dai russi; complice il freddo e  la diabolica "guerra dei topi" combattuta dai cittadini di Stalingrado casa per casa. La micidiale "Rattenrkieg" come la soprannominarono i tedeschi.

A Nord di Stalingrado purtroppo c'era la sfortunata VIII armata italiana, i 220.000 soldati dell'ARMIR, tutti partiti con il miraggio propagandistico che "in Ucraina c'e' il nostro granaio" o con il nome dato alla "missione" ancora piu' ridicolo "crociata antibolscevica". Al seguito hanno un giornalino "In bocca all'orso", e mai un titolo fu così realistico e drammatico. Ci finirono tutti,  nella bocca dell'orso russo, e le parole della canzone che li accompagnava " Aspetta mia bambina il nostro giorno, vado, vinco e torno" mai fu cosi' tragico;  non vinsero, e più della meta non tornò più indietro dalla sua bambina.

Mentre le divisioni di fanteria Ravenna, Pasubio, Torino, Sforzesca e Celere dopo un Natale drammatico iniziarono a ritirarsi ai primi di gennaio, alle divisioni degli alpini della Julia, Tridentina e Cuneense fu dato l'ordine (da Berlino, come del resto a von Paulus) di resistere, cosa che fecero fino al 15 gennaio del '43, poi furono investiti dal "diluvio" russo, dalla "valanga" cosacca, dalle famigerate katiuscie ed iniziarono quel ripiegamento che si trasformò in una drammatica e tragica ritirata a piedi, 280 chilometri sulla neve, in pieno inverno, con 40-52 gradi sotto zero, senza indumenti idonei (lana autarchica - di ortica o di latte) marciando per chilometri e chilometri, spesso senza viveri; 84.830 morirono sfiancati, congelati, affamati, lasciando in vita gli altri disperati ad aspettare anche loro da un momento all'altro la morte bianca. Più nessuno era certo di farcela.

Questi sfortunati soldati italiani iniziano a marciare a piedi nelle sconfinate e innevate pianure con le scarpe chiodate, le fasce, le giberne, la bustina con la stecca rigida, gli indumenti di lana autarchica, i muli al posto dei carri armati e con 1200 calorie (fra poco 900, poi neppure più quelle) al giorno.   Occorrevano invece mezzi, scarponi anfibi foderati, pellicce, colbacchi, razioni energetiche e veri comandanti. Marciano prima sotto il sole di luglio e agosto con un maniacale Zampieri che dà le disposizioni di marciare con la regolamentare giacca abbottonata e in testa la bustina con la "stecca",  in piena estate (per decoro). Ma poi nella disfatta, a dicembre con 40 sotto zero  diventarono  inutili le disposizioni di come marciare,  anche perché 84.830 di loro diventarono immobili, delle statue di ghiaccio, compresi i comandanti; il gelo, le polmoniti, la dissenteria, non guardava i gradi. La Morte li falciava senza scrupoli; del resto erano stati loro -in quelle pessime condizione- ad andargli incontro fin dall'inizio.

Purtroppo la iniziale farsa, con i tedeschi in crisi e con i russi sempre più determinati a cacciare l'invasore, si trasformò in una immane tragedia, e per gli italiani iniziò nel '43 la terribile ritirata....

"...una fiumana di uomini che sempre più si ingrossava:  
sicché in breve si formò una colonna enorme, larga e lunga non so quanto...."
"Per alcuni chilometri mi sedetti su un carretto, ma poi dovetti rinunciarvi, sentendomi congelare".
" Non eravamo uomini che camminavano, ma automi silenziosi e barcollanti che, nell'andare si urtavano come ubriachi. Un tale, a causa di un urtone si era rigirato su se stesso, e riprese la marcia in senso opposto, senza accorgersene". 

Scriverà nel suo diario Luciano Mela (Luciano Mela - Pietro Crespi, Dosvidania, p. XIV).

"...i nostri Comandi mandano in prima linea una divisione! Mi ero ripromesso di non scrivere che delle note, delle note-ricordo, per poter aiutare la memoria a riandare al tempo trascorso; senza esprimere opinioni, fare critiche, giudicare. Ma non ne posso più! Non ho paura che questi quaderni vadano in mano ad altri; non ho paura di dire che chi mandò avanti una divisione nello stato in cui si trovava la nostra, senza mangiare, colle scarpe rotte, le uniformi a brandelli, senza munizioni, ché le munizioni, a parte le poche in dotazione individuale, con gli autocarri fermi senza benzina a 200 Km, quei tali sono assassini." (ib., p. 79). 

E ancora: "la situazione infatti è (...) quasi tragica. Noi siamo quel che siamo, si sa: carri armati nessuno; artiglierie? Quelle, e senza munizioni, di anteguerra; armi individuali, il fucile 91, il moschetto 91: 50 anni di vita! I tedeschi quando vedono i nostri fanti con quella specie di alabarda ottocentesca, ridono con sprezzante ironia..
E, quantunque ciò faccia venire i nervi, non ci si può negare che abbiano ragione, di ridere. Ma il Duce dice che in guerra è lo spirito quello che conta; è l'entusiasmo quello che vince. Per tenere su questo spirito e rinfocolare l'entusiasmo, si lasciano i soldati quasi senza mangiare (...), senza indumenti di lana, colle scarpe rotte, i pantaloni a pezzi. Io parlo coi soldati, vivo la loro vita, li ascolto. Bisogna fare un monumento al soldato italiano per il suo spirito di sacrificio: bisogna meravigliarci, dico meravigliarci, che non succeda qualcosa di molto grave. Perché sarebbe una cosa assai logica se qualche soldato rifiutasse di marciare: noi aspettiamo che un reggimento sia accerchiato per far giungere le munizioni al di là del Dnieper (!), che qualche decina di soldati, molte decine, siano congelati per far giungere qualcosa che li difenda dal freddo."
(ib., p. 100). 

Mentre il vicino di casa di chi sta scrivendo, un certo Lino Pontello, racconta "Molti di noi se sono ritornati vivi lo devono ai morti. Appena cadeva uno gli toglievamo subito il cappotto, le coperte che ognuno di noi portava addosso, e guardavamo subito se aveva gli scarponi migliori di quelli che avevamo addosso. Non si stava tanto a guardare di che nazione era, e alcuni di noi che riuscirono a raggiungere l'Italia, alla fine avevano addosso un cappotto tedesco, la divisa polacca, le scarpe russe, e il copricapo cosacco. Di italiano più nulla, anche perché il nostro vestiario non era altro che stracci, e gli scarponi dopo il primo giorno di marcia già non esistevano più."

Intervenuti non per una esigenza nazionale ma per un malinteso senso di stupido prestigio, si troveranno in Russia senza risorse e mezzi, accerchiati, congelati, mentre i pochi vivi, quelli scampati, paradossalmente furono aiutati nella ritirata dagli stessi contadini russi, che prima avevano senza tanta convinzione (perchè era difficile trovare un perchè - salvo i fanatici che presto si ridimensioneranno da soli) combattuto nell'andata. Si era andati in Russia a piedi con gli scarponi standard che si usavano indifferentemente nel deserto africano a 50 gradi sopra zero e nelle steppe a 50 gradi sotto.

Indossavano pastrani e divise in falsa lana (il lanital). Avevano alcuni "carretti armati" - che furono soprannominati quelli dell'"Upim" (perchè si diceva comprati al reparto giocattoli del famoso magazzino) visto che erano cimici (3 ton.) quando dovettero scontrarsi con i bestioni russi di 52 tonn. Avevano i muli (25.000), ma nessuno aveva pensato che nelle steppe russe il fieno non cresceva come nella pianura Padana. Furono solo utili per confezionarci qualche pasto. Qualche camion nel corso dell'estate era arrivato fino al fronte, a fare le spole per brevi tratti, ma nell'inverno furono tutti bloccati, non esisteva un solo automezzo in Italia con il raffreddamento ad aria, avevano tutti il radiatore, che voleva dire far grippare il motore. Mentre la grandi slitte dei russi sfrecciavano sulle nevi con una leggerezza quasi alata, cariche di due semplici armi, una bottiglia piena di Vodka per tutti fino all'obiettivo, poi svuotata e riempita di benzina gli serviva per distruggere un intero carro armato tedesco; erano le famigerate Molotov inventate proprio dal famoso generale russo omonimo.

LASCIAMO GLI EVENTI IN RUSSIA
TORNIAMO AL MUSSOLINI DEL '41....
AL DOPO PEARL HARBOUR, E ALLE OPERAZIONI IN AFRICA

Mentre - dopo l'attacco a Pearl Harbour - Hitler al Reichstag ha già parlato e ha annunciato la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti, in Italia Mussolini segue immediatamente il suo alleato.
Al popolo radunato a Roma  in piazza Venezia il Duce annuncia la "decisione solenne".

DICHIARAZIONE DI GUERRA DELL'ITALIA AGLI STATI UNITI

"E' questa un'altra giornata di decisioni solenni nella storia d'Italia, e di memorabili eventi destinati ad imprimere un nuovo corso nella storia dei continenti. Le potenze del Patto d'Acciaio, l'Italia fascista e la Germania nazionalsocialista, sempre più strettamente unite, scendono oggi a lato dell'eroico Giappone contro gli Stati Uniti d'America.
Il Tripartito diventa un'alleanza militare che schiera, attorno alle sue bandiere, 250 milioni di uomini, risoluti a tutto pur di vincere. Né l'Asse né il Giappone volevano l'estensione del conflitto: un uomo, un uomo solo, un autentico e democratico despota, attraverso una serie infinita di provocazioni, ingannando con una frode suprema le stesse popolazioni del suo paese, ha voluto la guerra e l'ha preparata, giorno per giorno, con diabolica pertinacia.
I formidabili colpi che sulle immense distese del Pacifico sono stati già inferti alle forze americane mostrano di quale tempra siano i soldati del Sol Levante.
Io dico e voi lo sentite che è un privilegio combattere con loro.

Oggi il Tripartito nella pienezza dei suoi mezzi morali e materiali è uno strumento poderoso per la guerra, è il garante sicuro della vittoria: sarà domani l'artefice e l'organizzatore della giusta pace tra i popoli.
Italiani e italiane! Ancora una volta in piedi!
Siate degni di questa grande ora.

Vinceremo! Mussolini
(dal discorso di Mussolini - in originale che  presto metteremo in rete)

Mussolini è soddisfatto, dichiara con tanta superficialità che ne è anzi "felice"; da tempo andava dicendo che "con l'America si doveva farla finita, che le potenze dell'Asse dovevano impartire una lezione agli Stati Uniti".
Mentre il commento che fece subito dopo il  giornalista Giovanni Ansaldo, direttore del Telegrafo, fu sarcastico: "Ma il duce l'ha visto mai l'elenco dei telefoni di New York?"

Solo a New York i telefoni  erano 6 volte superiori a quelli dell'intera penisola italiana. 
Riportiamo dai libri di geografia del 1937 in uso nelle scuole italiane:
 "A New York ci sono installati 1.702.889 apparecchi.
 I Telefoni in Italia sono 333.007 (1,02% del mondo), in USA 21.679.000 (59%)"


Poi il resto: USA 133.000.000 abitanti. Italia 41.000.000
produzione frumento qli. 250.000.000.  It. 63.000.000
produzione mais 600.000.000. It. 32.000.000
bovini 57.000.000. It. 7.090.000
Ferrovie 401.000 Km. It. 17.017. 
E del petrolio nemmeno parlarne, l'America aveva i rubinetti in casa.

Insomma Mussolini si era "dimenticato" che doveva sostenere un confronto con la maggiore potenza industriale del mondo.  Un Paese che in un solo mese era in grado di produrre l'intera potenzialità bellica che disponeva l'Italia nel 1941 (dopo ancora meno); in una sola settimana estraeva da sotto i suoi piedi  il carburante che l'Italia consumava in un anno; aveva a disposizione il 58% delle risorse alimentari del pianeta contro l'1% dell'Italia; e vi circolavano e si muovevano verso il mare e i monti in spensierate vacanze circa 30 milioni di auto, contro le 166.000 italiane ferme nelle città e le 56.000 che si trovavano in guerra ferme anche queste, perchè senza carburante o pezzi di ricambio. 

<< In guerra nel deserto, con le "corazzate" topolino decapottabili come autobotti, per rifornire il "distributore" di taniche. 

Nelle Vie d'Italia era riportato il Censimento Mondiale degli autoveicoli (da pag.105 a 109). "Negli Stati Uniti  sono concentrati gli 88 centesimi degli autoveicoli esistenti in tutto il mondo, cioè 26.697.398 di automezzi  su 35.805.632 di quelli esistenti sul pianeta..
Nell'arco di 48 ore si immatricolano lo stesso numero di auto  che si producono in un anno in Italia.
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Eppure l'Italia dichiara guerra all'America! Seguendo il suo alleato, Hitler, che (lui non lo sa ancora- manca qualche giorno) è già caduto nella trappola di Stalin con la sua  controffensiva. Che impegna alla ritirata l'esercito tedesco, che perde l'iniziativa, mentre l'orologio della storia  ha già iniziato il conto alla rovescia fino a Berlino.

Mussolini ha commesso un grave errore; ha insistito nell'inviare truppe in Russia (organizzando e inviando l'ARMIR, altri 170.000 uomini) mentre invece avrebbe dovuto rafforzare, ed erano più utili le truppe e quei mezzi  in Tripolitania, per prendere l'iniziativa di aprirsi la via verso Tunisi. 
Eppure il 30 dicembre 1941, già alle prese con le prime gravi difficoltà, l'Italia in Africa e la Germania in Russia,  Mussolini scrivendo a Hitler, sembra che abbia capito (ma in ritardo) la grande importanza della situazione globale (la sua e quella dell'alleato) che dopo pochi giorni diventerà critica per entrambi.
Mussolini nella lettera di fine anno gli fa una intera panoramica sul quadro d'insieme e al punto 4 della missiva richiama l'attenzione di Hitler su una urgenza ben precisa:

"Non ho bisogno di illustrarvi gli enormi vantaggi che verrebbero all'Asse dalla utilizzazione completa delle basi tunisine. Io affermo che la situazione strategica dell'Asse verrebbe capovolta. Mentre il nostro traffico di uomini e armi sarebbe quasi indisturbato, il traffico nemico sarebbe letteralmente strozzato. Le conseguenze di ciò sarebbero incalcolabili, come incalcolabili sarebbero le conseguenze della perdita della Tripolitania"  (lettere e documenti, Mussolini-Hitler, op, cit.).

Mussolini sta ragionando ora lucidamente al pari di Churchill. Ma il premier inglese decide lui, mentre Mussolini invece è costretto a ubbidire fin da quando Hitler decidendo di inviare Rommel gli ha fatto prendere il comando anche dell'esercito italiano in Africa. Infatti Mussolini conclude la lettera sopra con questa sottomessa deferenza:
"Avrei altre cose da esporvi, ma sarà per una prossima volta. Voglio dirvi soltanto che l'assunzione da parte vostra del diretto comando del nostro Esercito è stata perfettamente compresa in Italia e avrà -io credo- ottime conseguenze. Nonostante le privazioni e l'inverno, la stimmung del popolo italiano è buona e si prepara allo sforzo che sarà richiesto dalla situazione. - Vogliate, Furher, credere al mio profondo cameratismo e ricevere i miei cordiali e amichevoli saluti. Mussolini. 29 dicembre 1941"

Il 6 gennaio '42, pochi giorni la dichiarazione di guerra dell'Italia agli Stati Uniti, Roosevelt chiede al Congresso USA uno stanziamento straordinario che consenta agli Stati Uniti di produrre materiale bellico. Una previsione di spesa pari a 20 miliardi di dollari.
"... 20.000 milioni di dollari!!! Una divisione corazzata la si equipaggia con 34 milioni, una di fanteria con 11. Tradotti in questi termini il valore in dollari basterebbe per equipaggiare 588 divisioni corazzate o 1818 divisioni di fanteria.....Cifre da vertigini, specie in un paese come il nostro che non è riuscito a tenere in campo più di una o due divisioni corazzate"
"Vertiginoso il programma d'armamento impostato: 125.000 aerei, 75.000 carri armati, 35.000 cannoni, 8 milioni di tonnellate di naviglio". (Giorgio Bocca in Storia d'Italia)

Mussolini si era insomma "dimenticato" che doveva sostenere un confronto con la maggiore potenza industriale del mondo.  Un Paese che in un solo mese era in grado di produrre l'intera potenzialità bellica che disponeva l'Italia nel 1941. E ovviamente molto migliore.
Che possiede e ha in funzione 250 acciaerie, mentre l'Italia 2 e deve chiedere carbone a Hitler. 

"Mussolini -scriverà lo storico generale Faldella- a fine dicembre 1941 non era già più in condizione di formulare piani a lunga scadenza e di prepararsi ad attuarli. E' costretto a prendere esclusivamente provvedimenti  di emergenza; sotto l'assillo dell'urgenza di risolvere i problemi contingenti, creati dal prolungamento della guerra contro la Russia e la sconfitta in Africa. Mentre Gran Bretagna  e Stati Uniti avevano la libertà d'azione e di iniziativa  che Germania ed Italia avevano già perduto".

LA DISFATTA IN AFRICA > >

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