L'EPILOGO

UNA PAGINA NERA

A fondo pagina
" Perché scelsero Piazzale Loreto"
( in rarissimi testi storici  non compaiono le motivazioni che scatenarono quella rappresaglia )

 

"Siamo stati i soli ad opporci ai primi conati espansionistici della Germania. Mandai le divisioni al Brennero; ma nessun Gabinetto europeo mi appoggio'.....Una caldaia non scoppia se si fa funzionare a tempo una valvola. Ma se la si chiude ermeticamente, esplode. Io volevo la pace e questo mi fu impedito. Io ho qui tali prove di aver cercato con tutte le mie forze di impedire la guerra che mi permettono di essere perfettamente tranquillo e sereno sul giudizio dei posteri e sulle conclusioni della storia. Non so se Churchill è, come me, tranquillo e sereno"
(20 aprile- Intervista sul Popolo di Alessandria - Con l'ultima frase  Mussolini firmò la sua condanna a morte!)

 

I FATTI DEGLI ULTIMI GIORNI

5 GENNAIO - La Rivolta del Sud. - Il Nord Italia a inizio anno é sotto il controllo del Governo della RSI (quasi 30 milioni di abitanti). Questo emana bandi per l'arruolamento volontario, ma anche ordinanze e avvisi alla chiamata alle armi dei cittadini coscritti dell'anno 1924 -1925 (i giovani di 18 e 19 anni).

Alcuni si diedero alla macchia o fuggirono all'estero, altri raggiunsero i partigiani, e altri ancora dopo la minaccia della pena di morte (ma questa è la legge del resto di tutti i governi statuari - e la Rsi lo era) o di rappresaglie alle loro famiglie, i renitenti o i disertori (quelli dell'8 settembre)  furono costretti a presentarsi ai distretti.
(il paradosso per alcuni fu o darsi alla macchia e poi dare la caccia ai fascisti e quindi essere prede dei soldati repubblichini, oppure presentarsi ai distretti (pur essendo antifascisti) per dare poi la caccia ai partigiani ed essere (paradossalmente) prede dei partigiani.

La posizione anagrafica di ciascuno era conosciuta dalle prefetture (i prefetti erano quelli che c'erano prima, c'erano allora, e saranno al loro posto anche dopo a guerra finita)  quindi o rifiutare il diktat fino alle estreme conseguenze (ripetiamo, questa è la legge del resto di tutti i governi) o presentarsi al distretto per evitare guai molto seri a se stessi e alle proprie famiglie. Lo faranno 82.000 italiani per sfuggire al plotone di esecuzione dei renitenti, ma dopo il 25 aprile per il solo fatto che loro malgrado indossavano la divisa della RSI molti finirono davanti ad altri plotoni di esecuzione e massacrati dalla cieca furia giustizialista . Una pagina molto nera fra le tante eroiche, della Resistenza, e se vogliamo essere obiettivi anche eroiche tra i fascisti, perchè i loro padri quello gli avevano insegnato, fin dalla culla; mica potevano quei giovani alzarsi una mattina e girare "l'interruttore".
 
Nessuno di noi, un bel mattino, può mettersi a scrivere sulla lavagna, cosa lui personalmente vuol fare, come farlo, dove farlo, e contro chi.
Ha ragione (oppure non ha ragione?) Azelio Ciampi, quando ricordando quelle sue giornate di "fuga" sui monti della Maiella,  afferma "fu un atto istintivo di ribellione"..."ascoltai la coscienza".
 
Quindi se era istintivo, e di coscienza, allora le leggi non servono a nulla! Ognuno in una guerra - giusta o sbagliata che sia - decide secondo la propria coscienza e il proprio istinto contro chi combattere, se con i nemici di ieri o i nemici di oggi, che (o ieri o oggi) hanno indicato i governanti; leggi che allora non servono a nulla, come non servono a nulla i comandi supremi, gli ufficiali superiori, e quelli inferiori. Cade tutta l'impalcatura di uno Stato di diritto oltre che la disciplina degli eserciti. Si crea così un clamoroso precedente.
 
Se ognuno è convintissimo di vincere da una parte, ognuno "istintivamente" e con "coscienza" può andare dalla parte che vuole. 
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4 FEBBRAIO - CHURCHILL, STALIN, ROOSEVELT si riuniscono a Yalta; discutono del futuro assetto dell'Europa a Guerra finita. Cioé la divisione della Germania in quattro zone di occupazione e (come nel 1919) la sua completa smilitarizzazione. 
Viene anche decisa una formazione di governi "liberalmente eletti" nei paesi liberati, ma ricordiamoci che nel famoso foglietto a quadretti di Churchill dato a Stalin (a Mosca l'8 ottobre '44 ) la spartizione dell'Europa era stata già decisa in due blocchi, quindi in pratica gli americani pur con la presenza di Roosevelt al tavolo delle trattative, hanno poco da aggiungere o togliere, tutto era stato già deciso.
(la "cortina di ferro" e la "guerra fredda" era virtualmente già una realtà, anche se ancora sulla carta) 
Ma non proprio tutto era stato deciso, perchè ci si mette il destino in mezzo. Roosevelt morirà dopo poche settimane (13 aprile); gli subentrerà Truman, con idee molto diverse, e poco incline ad ascoltare il pessimismo di Churchill (che nel suo Paese è in declino). Inoltre ha nei magazzini già (quasi) pronte le bombe atomiche - E non dimentichiamo che proprio lo stesso Churchill fu silurato quando mancavano 6 giorni alla fine della guerra mondiale).
3 MARZO - Dopo i primi passi con i servizi segreti americani per la resa dei tedeschi in Italia fatti il 4 febbraio dal comandante delle SS nella RSI, KARL WOLF, a Zurigo avviene con ALLEN DULLES un altro incontro. Wolf  ha buone intenzioni, è disponibile a farsi mediatore per la resa dei suoi colleghi generali in Italia e in Germania. I colloqui sono compromessi e hanno uno stallo quando il 19 anche i russi (offesi di non essere stati informati e invitati) intendono prendere parte alle trattative, ma Roosewelt e soprattutto Churchill (che ha altri piani e vuole aggirare Stalin) si oppongono.
13 MARZO - MUSSOLINI pur conoscendo o intuendo i passi che sta facendo WOLF con gli alleati per una resa in Italia delle truppe tedesche,  tramite il cardinale Schuster  autonomamente all'insaputa del tedesco (che senza informarlo ha già condotte delle tratttative) sta conducendo altre trattative. Avanza proposte per una resa dell'esercito RSI agli alleati, ma vuole  delle garanzie per la propria incolumità  e quella dei suoi uomini.
29 MARZO - Dopo l'ondata di scioperi in tutte le regioni del Nord Italia occupata dai tedeschi e sotto la RSI, viene deciso dal CLN-AI e CVL e dal governo Bonomi di fare una insurrezione; mirata soprattutto a difendere gli impianti industriali; occupare le province man mano liberate; assumerne il governo, poi  solo a guerra finita rimettere i poteri a Roma. Inoltre con i propri partigiani si mobilita per condurre operazioni di disturbo, di sabotaggio e in ogni modo ostacolare la ritirata dei tedeschi.

Sembra esserci perfino una tacita intesa con gli alleati. A guidare il comitato insurrezionale vengono chiamati LEO VALIANI (PdA), SANDRO PERTINI (PSIUP), EMILIO SEVERI (PCI). Mentre alla presidenza del CLN-AI troviamo RODOLFO MORANDI.

5 APRILE- E' finalmente decisa dagli alleati dopo cinque mesi di stallo la grande offensiva finale in Italia ripartendo dalla Linea Gotica, mentre il 9 si muoveranno anche le divisioni ferme da mesi sul litorale Adriatico romagnolo. Destinazione ora é il Po.
Nello stesso giorno viene deciso dal governo Bonomi di nominare una Consulta nazionale; vi parteciperanno 430 membri del CLN, sindacati, reduci e partigiani.

10 APRILE - LUIGI LONGO rende nota a tutte le formazioni partigiane con la direttiva N.16 la data dell'insurrezione. Direttiva inviata da Togliatti dove si invita a prendere nel Nord Italia tutte quelle misure necessarie per organizzare, dare l'avvio e quindi gestire la sollevazione popolare prima della traversata del Po degli alleati. La data viene fissata il 25 aprile; su Milano si decide di far convergere quasi tutte le formazioni partigiane.

13 APRILE - Muore improvvisamente il presidente degli Stati Uniti ROOSEWELT. Il giorno stesso prende il suo posto TRUMAN, che è piuttosto  "impreparato agli eventi" (lo confessa lui stesso nelle sue memorie) che stanno sconvolgendo in questo preciso istante l'Europa. Si stanno decidendo le sorti della guerra mondiale con la grande offensiva congiunta con i russi che dovrebbe portare a stringere in una morsa la Germania.
In Italia la notizia della morte del Presidente giunge mentre gli alleati superata la Linea Gotica  iniziavano ad attraversare il Reno per poi puntare sul Po.
Nello stesso istante si stava decidendo anche l'attacco al Giappone cercando di conquistare Okinawa - che dista solo 650 chilometri, invece dei 2400 delle Isole Marianne. Su queste ultime c'erano le basi dei bombardieri americani ma erano troppo lontani dagli obiettivi, e questo impediva una risoluzione militare rapida. Okinawa era dunque una necessità strategica e proprio in questi giorni 500.000 uomini erano stati lanciati alla sua conquista.

Truman anche se l'aveva colta di sorpresa "questa catastrofe dove non ero affatto preparato ad affrontarla"(Memorie) era comunque più portato a operare con l'azione e non con le  manovre della politica perseguita da Roosewelt che fino agli ultimi giorni, anche se con poca convinzione, avallava i piani geopolitici di Churchill che erano quelli del "foglietto a quadretti" concordati con Stalin, di cui Truman fino allora forse ignorava persino l'esistenza e quindi gli accordi.
Comunque a Yalta gli impegni erano che gli anglo americani sarebbero arrivati a Magdeburgo e non oltre, e i russi avrebbero fatto altrettanto. Churchill comunque aveva altri piani, lui voleva arrivare ben oltre Magdeburgo. A intuire questi suoi progetti fecero presto i russi tramite i loro servizi segreti, e già qui qualche incrinatura nei rapporti di Churchill con Stalin ci furono, visto che il russo venne a sapere che gli anglo (americani) stavano per proprio conto trattando la resa della Germania tenendolo all'oscuro.

Questo negoziato a parte avrebbe indubbiamente impedito l'avanzata russa sulla capitale tedesca. Infatti se  le forze tedesche si fossero disimpegnate in occidente si sarebbero concentrate tutte sul settore est, quindi contro la Russia impedendo alle armate di Stalin di avanzare verso Berlino est difesa dai locali ma anche dalle forze non più occupate a ovest.
A Mosca questa oscura manovra degli Alleati la presero come un tradimento.

Poi arrivò Truman che da una parte voleva far finire la guerra subito anche lui a Magdeburgo, dall'altra il pericolo rosso era anche per lui un'ossessione e voleva fermarle le armate russe più a est possibile. Non per nulla ancora nel 1941 proprio lui aveva affermato "Se vediamo che la Russia sta per vincere dobbiamo prestare aiuto alla Germania e lasciare così che si ammazzino il più possibile l'un l'altro". Non erano ancora i tempi dell'alleanza di Churchill con la Russia,  ma quella era la sua idea, che però ora stava applicando nella realtà.

Le truppe sovietiche in questo 13 aprile, mentre Truman giurava come Presidente, erano giunte a Vienna, e già marciavano verso Berlino. Inoltre con l'aiuto di Tito si stavano affacciando pure in Italia. E se in un primo momento Churchill con l'entrata in scena di Truman ancora inesperto si trovò quasi in crisi, poi nel nuovo Presidente trovò un alleato  nel non far trapelare ai russi le trattative di negoziati degli anglo-americani con la Germania. I due si trovarono in perfetto accordo. Concordare autonomamente la resa della Germania, e continuare senza ostacoli l'avanzata fino a Berlino mentre i tedeschi continuavano a tenere impegnati i russi.

A Stalin non sfuggirono queste intenzioni; molto risentito aveva scritto ai suoi alleati  "Questi vostri negoziati vi frutteranno certi vantaggi, poiché le vostre truppe avranno la possibilità di avanzare fino al cuore della Germania quasi senza resistenza da parte dei tedeschi; ma perché nascondere questo ai russi, e perché non ne sono stati informati i russi, vostri alleati?"
(sta già per nascere la Guerra Fredda)

Ma per Churchill il rischio che Stalin finisse per dilagare in Europa occidentale c'era, e ne era ormai convinto. Lo statista inglese aveva distrutto la potenza filo-tedesca francese, distrutta quella italiana, rimesso le "reni" alla Grecia, fatto un tornado in Africa, e stava quasi facendo capitolare i tedeschi, ma si ritrovava ora i Russi (i "diavoli") che arrivati a Vienna, puntavano ora contemporaneamente su Berlino e Belgrado con il risultato di avere in mano mezza Germania, tutti i Balcani, e non remota era l'ipotesi che dilagassero nell'Italia del Nord con gli appoggi dei Titini e dei comunisti italiani.
Ed infatti slavi e comunisti italiani proprio questo stavano pensando.  Addio dominio sull'Europa occidentale. Churchill convinse dunque gli americani a proseguire oltre Magdeburgo. E le ragioni erano ben motivate, 1) La Russia stava diventando un pericolo mortale; 2) Bisognava porsi ora come obiettivo Berlino; 3) Bisognava frenare l'offensiva di Tito (che ha l'appoggio della Russia) verso l'Italia. Solo agendo così si poteva arrivare a una sistemazione dell'Europa  prima che la guerra arrivasse al suo termine.

ALLEN DULLES, capo dei servizi segreti americani, ci illumina sulla capitolazione dei tedeschi in Italia "Non si tratta solo di una capitolazione militare al fine di evitare altre distruzioni e vittime. Un cessate il fuoco in questo momento consente agli anglo-americani di bloccare l'avanzata dei russi a ovest verso Berlino, ma anche di opporsi alle minacce di Tito verso Trieste per impedire una eventuale aiuto a una insurrezione armata comunista che ha molto probabilmente l'intenzione di instaurare una repubblica sovietica nell'Italia settentrionale".

Gli esperti militari, gli storici si sono alla fine chiesti a cosa era allora servita la guerra degli alleati in Italia. Risposta: "1) Per tenere impegnate le divisioni tedesche. 2) Per avere il controllo del Mediterraneo e quindi gli aeroporti e le portaerei vicine. Di nessuna importanza era ritenuta ai fini di una conquista l'Italia. La penisola era solo da usare. Ma non per questo ora doveva cadere in mano sovietica.

Hitler era sempre rimasto convinto che  gli alleati (vedi Piano "Bodyguard" nella sesta parte, carteggio Churchill), sarebbero sbarcati sui Balcani, non sapeva ovviamente nulla dell'accordo del "foglietto a quadretti", era convinto che russi e anglo americani non si sarebbero "pestati i calli" l'un l'altro (la Grecia ne era un esempio), anche se era convinto che l'alleanza liberismo-bolscevismo non sarebbe durata molto a lungo (l'esperienza con i russi Hitler  l'aveva fatta) e su questa previsione possiamo dire che non si sbagliò affatto (vedi poi la "guerra fredda").
Cadde invece Hitler nel tranello dello sbarco. Le 26 divisioni che Hitler con questo errore di valutazione  impiegò in Italia, potevano benissimo anche con  metà forze, arroccarsi sulla Linea Gotica fin dal settembre del 1943, mentre con l'altra metà se venivano impiegate nel nord ovest della Germania non avrebbero mai permesso lo sbarco in Normandia.  "Se ci fossero state sulle coste de La Manica 13 divisioni di Hitler in piena efficienza, lo sbarco si sarebbe trasformato in un disastro di portata incalcolabile" (é lo stesso Churchill ad ammetterlo nelle sue memorie -ed infatti nonostante questo ingenuo errore di Hitler, lo sbarco ebbe un momento di grave crisi, pur attuato con imponenti mezzi).
E' solo una ipotesi astratta, perchè anche se gli sviluppi sarebbero stati questi -ipoteticamente positivi a favore dei tedeschi- non dobbiamo dimenticare che negli hangar americani erano quasi pronte per essere sganciate 12 bombe atomiche, 6 all'uranio e 6 al plutonio, e Truman desiderava finire la guerra subito; quindi se le cose andavano per un altro verso, la guerra l'avrebbe fatta terminare  in Europa subito,  come in Giappone.
E sembra che Harris "mister bomber" avuto sentore che c'era quasi pronta una nuova micidiale bomba, avesse chiesto di usarla.
Ma c'è un particolare: che le bombe non erano pronte, mancavano due cose determinanti per usarle. L'uranio e l'innesto per farla esplodere. Che sembra siano giunte in America proprio con la presa di Berlino - (è il mistero Bormann).

VERSO LA MOBILITAZIONE GENERALE DEL 25 APRILE
13 APRILE - Mentre si stanno decidendo i destini del mondo, in Italia, ai partigiani impegnati con la Direttiva N. 16 di Longo  ("tenersi pronti per l'insurrezione finale") arrivò il perentorio comunicato di CLARK (comandante le forze alleate in Italia).
C'era già stato il diktat di ALEXANDER sulla smobilitazione e il disarmo delle Brigate Partigiane nello scorso inverno, poi rientrato; ma  ora, quello del nuovo generale, avuto sentore della iniziativa insurrezionale dei partigiani (infuriati gli alti comandi e lo stesso TRUMAN) da' l'ordine a tutte le forze partigiane di astenersi da qualsiasi operazione militare, insurrezionale, di mobilitazione politica o anche sollevazione popolare.
DULLES  nelle sue memorie scrive "Si temeva che arrivassero da Trieste i russi con le forze partigiane di Tito e che si unissero ai comunisti; come tali venivano qualificate tutte le formazioni partigiane che non avevano deposto le armi nel Nord Italia dopo l'invito di Alexander poi ripetuto da Clark". 
Con molta supponenza vennero bollati tutti i "gruppi" come delle "bande armate" cui gli alleati diedero all'inizio poco affidamento e alla fine temettero essere un grosso pericolo, non di certo militare ma politico.

Gli americani organizzavano la guerra secondo i metodi della grande industria, per loro la guerriglia partigiana era un fatto anacronistico e anarchico, privo di interesse, e nemmeno volevano capirla; avevano accettato in un certo periodo la Resistenza, ma poi la volevano a loro disposizione, e non esitarono più di una volta e in vari luoghi ad abbandonarla al suo destino; perfino  boicottarla e combatterla quando incominciò a intralciare i loro piani politici; ne diffidavano perché convinti che erano persone e bande in armi con una marchio ideologico inconfondibile e per loro inquietante.

Ma ormai il CLN-AI era un organo delegato dal governo di Roma, che gli aveva dato pieni poteri "civili e militari", e in virtù di questa forza, contrapponendosi alle indicazioni di Clark proseguì la sua azione. Avevano già firmato un documento, in cui affermavano che "solo ad avvenuta Liberazione del Paese deporremo le armi e riconsegneremo le città all'amministrazione dello Stato, ma non ora". E c'erano tutte le condizioni ottimali materiali e morali perchè queste liberazioni (di città e paesi) diventassero dei successi autonomi (ed infatti in alcune città questo accadde -vedi qui di seguito, le varie date dal 18 in avanti).

Comunque gli alleati rimasero sulle rive del Po in una infastidita attesa degli sviluppi di questi eventi pieni di incognite, temuti più politicamente che militarmente; di mezzi ne possedevano, non erano certo preoccupati,  infatti seguitarono a bombardare (anche dopo il 25 di Milano) tutto l'Est fino al 28 aprile: Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Mestre, dove tatticamente non era nemmeno necessario (i tedeschi si stavano ritirando - senza combattere se non attaccati - verso il Brennero, la Valsugana, Tarvisio - come del resto a Como, anche qui quasi indisturbati visto che i partigiani cercavano solo i fascisti, davano la caccia solo a loro e non ai tedeschi. Purtroppo i bombardamenti politicamente furono ritenuti necessari. Le bombe cadevano nel Veneto ma in effetti erano dei segnali precisi mandati a est. Per  impedire un'avanzata e un golpe proveniente da quelle parti.

Non avevano tutti i torti, agli alleati facevano più paura gli italiani comunisti che non i tedeschi; infatti arrivando con sole poche ore di ritardo su Trieste, il ritardo fu fatale, i partigiani comunisti vi erano già entrati  e quelli locali (comunisti italiani) si unirono ai titini occupando la città. Il 2 maggio sono a Gorizia  a Monfalcone e sull'Isonzo. E sembra che a Roma qualcuno brindò alla notizia.

16 APRILE - Dopo una riunione con i tedeschi nel quartiere generale a Gargnano il 14, Mussolini decide di trasferire il governo della RSI nella sede della prefettura di Milano.

18 APRILE - Torino non attende la data fissata dell'insurrezione impartita dalla Direttiva 16.  Gli eventi incalzano con la ritirata dei tedeschi i cui reparti dovrebbero attraversare Torino. Le formazioni partigiane prima riescono a promuovere una grande sciopero generale nelle grande fabbriche che sono infatti occupate, poi scatenano l'offensiva che si estende in tutte le valli e la regione piemontese soprattutto nel Cuneese, nel Biellese, nella Valsesia,  ecc.. La sollevazione popolare (e solo in questa circostanza fu quasi totale, ma gli americani erano ormai alle porte) non conoscerà soste fino al 28 aprile, quando riusciranno a cacciare gli ultimi tedeschi ed entreranno gli alleati nella città ripulita. Non abbastanza nella periferia, dove il 1° maggio ci fu l'ultimo massacro dei tedeschi a Grugliasco; furono catturati e fucilati 66 partigiani.

Da questo momento inizia la caccia non più solo al tedesco (piuttosto blanda e solo proprio se commettono delitti lungo il percorso) ormai in ritirata verso est, ma inizia la caccia esclusivamente al fascista, ai delatori, ai collaborazionisti. 
Al Cmrp (Comando Militare Regione Piemonte) si fecero prendere anche  la mano. "Nelle disposizioni c'era l'ordine di passare alle armi non meno di 350.000 soldati che avevano indossato la divisa della RSI. Ma proprio tutti. Perfino quelli della polizia ferroviaria, della portuale e della stradale." (Claudio Pavone, Una guerra civile, Ed. Bollati-Boringhieri, 1991)

Non tutte le esecuzioni sommarie avvengono solo per motivi politici, scorre sangue anche per altri abietti motivi, come vendette e perfino rancori personali. Alcune spedizioni furono fatte quindi  per odio, per interesse, per vendetta o per il semplice gusto di farlo. Eliminare indisturbati l'antico vicino insolente e qualcuno perfino il parente scomodo (adulterio, eredità, rancori); o a un giudice che aveva fatto perdere tempo addietro una causa, o quel funzionario che aveva negato qualcosa durante le sue funzioni; il professore dell’ateneo arrogante o quel noto commerciante che aveva fatto i soldi con la borsa nera.

Le cronache del Biellese, nel Torinese, Astigiano, in Valsesia  o nel Ferrarese, registreranno episodi inquietanti, dove spesso furono vittime anche persone innocenti, o con peccati veniali (aver rifiutato a suo tempo di consegnare alcuni sacchi di farina costò  a un mugnaio lo sterminio della famiglia, 10 persone). Ci fu insomma una vendetta incontrollata di bande che infangarono le molte gesta di vero eroismo che si erano guadagnati regolari reparti della Resistenza in vere e proprie operazioni militari, come il sabotaggio di ponti, ferrovie, caserme ecc. questo era lecito. Sparare a donne, perfino incinte, questa era follia di primitivi.

In questo contesto di vendette, un brutto momento lo passò a Torino anche VALLETTA, alla Fiat dal 1921, amministratore delegato dal 1939, presidente poi dal 1945 al 1966. Tutto il ventennio del fascismo lo aveva visto protagonista, e lo sarà anche nel dopoguerra per altri venti anni. Era il più potente uomo di Torino e forse d'Italia. Ma il CMRP voleva la resa dei conti e appena liberata la città il primo pensiero fu quello di catturarlo e processarlo. Rifugiatosi presso un comando alleato, questi rifiutarono di consegnarlo, ma anzi rivelarono con documenti alla mano che Valletta aveva fatto durante i mesi della Resistenza il doppio gioco con i nazisti, rimanendo sempre in contatto con gli inglesi per boicottare la produzione bellica con scioperi e serrate pretestuose. Valletta scampò così alla vendetta improvvisata. Non andò così bene in Germania all'ultimo erede dei Krupp, anche lui catturato per i grandi profitti ottenuti con gli armamenti di Hitler. Fu processato e messo in carcere per sei anni, fino a quando nel 1951 fu prosciolto.

21 APRILE - Anche a Bologna dal giorno 19 i partigiani organizzano e fanno scattare l'insurrezione che avrà momenti drammatici con centinaia di morti per le strade sia di fascisti che tedeschi con le rappresaglie verso i partigiani, che ormai affrontano i nemici in campo aperto in vere e proprie battaglie militari. Un'epopea della città rossa, dove i suoi partigiani inseguono i tedeschi in ritirata, li precedono per tagliare loro la strada, li accerchiano, li catturano, o li mettono precipitosamente in fuga. Il tutto mentre 1673 missioni di bombardieri (dei liberatori) sganciano sulla città e in periferia, sul Serio e sul Santerno, 100.000 bombe e spezzoni incendiari. Gli americani quando arrivarono, la città era già stata liberata, ma fumava ancora per i loro bombardamenti non proprio molto precisi; tanta distruzione e si contavano in ogni angolo della città molti morti e feriti. (ca. 3000 fra partigiani e civili, e ca. 3000 tedeschi)

L'assurdità era (a questo poi conduce la folle guerra) che alcuni applaudivano i bombardamenti, e si gridava "ancora! ancora!" mentre le bombe distruggevano case, uccidevano cittadini, amici, parenti. E con i morti ancora caldi, quando entrarono in città i "liberatori" trovarono la folla in osannante tripudio. Altrettanto fecero a Vicenza (il 28 aprile) con una città distrutta poche ore prima e con i corpi delle vittime dei bombardamenti della notte prima ancora caldi.

23 APRILE - Il segnale insurrezionale a Genova scatta nelle prime ore di questo giorno. I partigiani scendono dalle colline, sbucano dalle gallerie e dagli anfratti, assaltano il porto, dilagano nelle strade, bloccano i reparti in ritirata, catturano quasi diecimila tedeschi, e proseguono la lotta per cinque giorni; quando in città - il 27, alle ore 21.20  - entrano i primi reparti della 5a Armata degli alleati, Genova era già una città libera; e non doveva niente a nessuno.

24 APRILE - Gli alleati attraversano il Po ma non dilagano subito, non si affrettano, ma tutti i bombardieri nelle vicine basi sono allertati. E non solo allertati ma seguitano a fare missioni di bombardamento senza una motivazione strategica, quasi inutili sul piano tattico militare, ma solo utili per piegare e fiaccare il morale degli italiani; ma anche per  mandare segnali di pericolosità territoriale se qualcuno oltre Trieste e il Friuli aveva intenzione di invadere e occupare il Veneto. Vi erano tutte le condizioni oggettive. I partigiani di Tito non aspettavano che un ordine. Non di meno l'inquietudine veniva da Milano, dove si attendeva con il cuore in gola l'esito della Direttiva 16 aprile. Mancavano 24 ore al giorno 25.

25 APRILE - A Milano a mezzanotte è scattata l'ORA X. E' iniziato lo sciopero generale. Tutte le fabbriche vengono occupate. Il CLN-AI assume pieni poteri, si insedia nell'amministrazione della giustizia, nel tribunale di guerra, nei consigli di gestione delle grandi aziende, nei posti chiave del governo della città. Dalla pianura e dalle valli convergono tutti i partigiani nella metropoli. La guerriglia si sposta ora dalle campagne nelle vie di Milano. La caccia ai fascisti, ai gerarchi diventa spasmodica, la vendicatività cruenta. Le esecuzioni sommarie diventano migliaia. Si spara dalle finestre, dai tetti, dal cielo, in terra e da ogni luogo, e spesso cadono innocenti solo perché loro malgrado hanno una divisa diversa.
Gli alleati a Milano vi entreranno idomenica 29, il 30 la città  era liberata e già con un governo provvisorio del CLN. Ma è una città liberata da un mostro che ha partorito un altro mostro, quello della vendetta, l'orrore motivato e giustificato con una "restituita" rappresaglia. Un bagno di sangue, che é anche messo in mostra come in uno spettacolo, come trofeo, il trofeo di altrettanti pazzi sanguinari, che si sono arrogati di "fare giustizia".
Sembrano risuonare le parole di un poeta: "Ecco, scriveva Rimbaud nell' "Illumination", "ecco un altro tempo degli assassini".

25 APRILE - ORE 8 -Al collegio dei Salesiani di Via Copernico, nella biblioteca del collegio milanese, alle ore 8 del mattino del 25 aprile, si riunirono Marazza, Pertini, Arpesani, Sereni e Valiani. Ci fu la riunione più risolutiva del Clnai. Approvarono il primo decreto: "Tutti i poteri al Clnai"; il secondo riguardava l'amministrazione della "giustizia". Cioè le sentenze di morte (un po' all'ingrosso!). E tra queste fu anche decisa l'eliminazione di Mussolini. Il Duce non doveva essere consegnato agli americani!

25 APRILE - ORE 16 - Mussolini ignaro di quanto è stato deciso in via Copernico, dalla prefettura si reca in Arcivescovado; nell'incontro con il cardinale Schuster propone o riceve la proposta di arrendersi. L'invito del prelato che intercede per conto degli alleati, è di arrendersi senza condizioni; per la sua incolumità gli ha già preparato una stanza per la notte, in attesa dell'arrivo degli alleati per poi a loro consegnarsi. Sono invitati a partecipare e a esaminare le condizioni i rappresentanti del CLN-AI. Sono i moderati ACHILLE MARAZZA (DC), GIUSTINO ARPESANI (PLI), RICCARDO LOMBARDI (PdA). 
L'unico che non sa ancora nulla é SANDRO PERTINI (PSIUP) che il mattino in via Copernico aveva una sola idea "Mussolini doveva arrendersi senza condizioni, e poi sarebbe stato passato per le armi" ( lo scrive lui, nelle sue memorie).

25 APRILE - ORE 17.30 - Ritorniamo nella sala del cardinale e al dialogo che si é svolto nei pochi minuti. Il CLN-AI detta le condizioni: 1) L'esercito e le milizie fasciste consegneranno le armi e verranno fatti prigionieri con le norme della Convenzione di Ginevra. 2) Le famiglie dei fascisti, come tali non avranno alcun fastidio, ma tutti devono abbandonare Milano. 3) Mussolini deve consegnarsi al CLN-AI.

Sembra tutto filare liscio, Mussolini nella stanza del cardinale sembra quasi soddisfatto anche se non sa la sorte che lo aspetta; ma a rovinare tutto é  GRAZIANI che si fa uno scrupolo: quello di non volere tradire i tedeschi, non informati della resa. PAOLO ZERBINO reagisce e non può trattenere di dire quello che ha saputo da poche ore: comunica a tutti i presenti che WOLF ha già trattato la resa. Il cardinale Schuster che già sapeva, conferma la notizia. Mussolini é furibondo e indignato " Ci hanno sempre trattati come schiavi e servi e alla fine mi hanno anche  tradito". Crolla dunque nell'indignazione il dialogo; Mussolini chiede di poter ritornare in prefettura per prendersi un'ora di tempo e per deliberare non sentendosi più  legato ai "traditori tedeschi - e aggiunge- e poi dicono di noi!" .

25 APRILE - ORE 19 - Irrompono in arcivescovado (mentre Mussolini vi sta uscendo) EMILIO SERENI, e LEO VALIANI con SANDRO PERTINI che brandisce una pistola in pugno. Dalla foga salendo le scale ha incrociato un gruppo di persone, in mezzo alle quali c'è Mussolini, ma non lo ha notato. ("Gli avrei sparato subito" dirà in seguito)
Entra impetuosamente e quasi insulta il cardinale quando il prelato gli riferisce  i tre punti esposti da Mussolini per la resa. "Mai! Deve solo consegnarsi a noi", "per cosa fare?" chiede il Card. Schuster, "Questa é cosa che non la riguarda" risponde Pertini. E rivolgendosi agli altri "siete stati tutti giocati". Monsignor Bicchierai presente riferisce anche altro nelle sue Memorie "Uno dei tre ci minacciò pure..."per voialtri c'é un colpo di rivoltella pronto".

25 APRILE - ORE 20 - CARLO TIENGO che ha assistito alla scena corre ad avvisare Mussolini in prefettura " Vi vogliono uccidere, stasera stessa". Mussolini viene quindi dissuaso o  ritiene lui stesso di non doversi più recare in arcivescovado; decide di fuggire a Como per incontrarsi con un misterioso emissario di Churchill. Ha con sé una cartella con importanti documenti di cui parleremo più avanti.

26 APRILE - Giunto a Como Mussolini si dirige verso Menaggio; qui passa la notte; lo raggiunge la sua inseparabile amante Petacci, e la mattina successiva si aggrega a una colonna di automezzi tedeschi che in ritirata e quasi indisturbati si stanno avviando verso il confine svizzero per il rientro in Germania. Tenterà inutilmente due volte di sganciarsi da loro per raggiungere attraverso i monti il confine. Ma i tedeschi non lo perdono di vista.
 Salito su un camion vestito con un cappotto e un elmetto tedesco, a un posto di blocco a MUSSO (il destino!), MUSSOLINI viene riconosciuto da due partigiani saliti sul camion per un controllo. I tedeschi in ritirata li lasciano passare indisturbati,  ma i partigiani quel sistema dei fascisti in fuga di mimetizzarsi con i tedeschi  lo conoscono già, quindi fanno le perquisizioni su ogni mezzo.
Ed ecco che su uno di questi trovano nascosto Mussolini.  I due partigiani sono PEDRO (Pier Bellini delle Stelle), e BILL (Urbano Lazzaro). Mussolini viene dunque catturato e portato in un casolare a passare la notte (nel frattempo é stata catturata anche la Petacci) mentre la notizia rimbalza fino a Milano, e nella notte "qualcuno" parte per fare, si dirà, "giustizia" in "gran fretta".

In Italia nessuno sa ancora nulla. Le prime notizie giungono invece da Berna e da... Londra (ma guarda un po! da Londra! A Londra sanno già)

Il primo comunicato viene dalla Svizzera la sera stessa e lo comunica l'Ansa - "Berna . L'Agenzia telegrafica svizzera apprende da fonte bene informata che Mussolini sarebbe stato catturato dai patrioti nei pressi di Pallanza" (Comun. Ansa, 26 aprile, irradiato alle ore 23.25)

27 APRILE MATTINA - Londra - Un dispaccio ricevuto dal Daily Mail  nelle prime ore di questa mattina dal suo corrispondente speciale a Zurigo dice che Mussolini è stato catturato da patrioti italiani mentre fuggiva dall'alta Italia verso il rifugio bavarese di Hitler ( Comun. Ansa, 27 aprile, irradiato alle ore 08.20).

27 APRILE  SERA - "Milano "Radio "Milano Libera", citando il giornale "La Libertà", organo del CLN di Milano, ha detto questa sera che è stato diramato il seguente comunicato: "Mussolini, Pavolini e Farinacci sono stati arrestati sul lago di Como" (Comun. Ansa, 27 aprile, irradiato alle ore 20.10).

"Precisazione. Sull'arresto di Mussolini le stazioni radio internazionali hanno diffuso una serie di notizie contraddittorie" (Ib. irradiato alle ore 20.25)

28 APRILE - Mussolini con altri cinquantuno fascisti fra cui 16 gerarchi sono consegnati ("si racconta") al colonnello VALERIO (WALTER AUDISIO) all'alba giunto da Milano a Dongo. Convocato un improvvisato Tribunale di guerra, con un rapidissimo processo sommario in base ("si dice") alle disposizioni del CLM-AI, sono tutti condannati a morte e fucilati nella piazzetta di Dongo davanti a tutta la popolazione, mentre Mussolini e la Petacci portati fuori Dongo a Giulino di Mezzegra, fatti scendere dall'auto davanti a un cancello ("si dice") sono stati giustiziati. In effetti dopo le rivelazioni fatte dal segretario di Palmiro Togliatti, MASSIMO CAPRARA il 23 gennaio del 1997, a sparare a Mussolini fu ALDO LAMPREDI; Togliatti per non offuscare la popolarità di uno dei capi storici del PCI, diede invece la celebrità a Walter Audisio che ("si dice") recitò la parte per anni.

Delle due verità sembra che nemmeno questa di Togliatti sia quella giusta. Infatti arrivano le clamorose rivelazioni di BILL (Urbano Lazzaro) di Vicenza, che ora vive a San Paolo del Brasile. Il 27 agosto sul Borghese ha dichiarato con tutta la sua piena responsabilità che "Valerio non era Walter Audisio, come si continua a raccontare da due generazioni, ma LUIGI LONGO, Comandante generale delle Brigate Garibaldi,  a quell'epoca numero due del partito comunista dopo Togliatti. Egli nell'ordinare le fucilazioni di Dongo, non eseguì affatto un legittimo ordine del governo di Sua Maestà il luogotenente, ma una disposizione interna del PCI e dunque dell'Armata Rossa sovietica, di cui il PCI, era la longa manus in Italia". Scopriremo più avanti un altro particolare, coincidente, che legato a queste dichiarazioni fanno diventare il tutto abbastanza credibile.
(ma sulle ore dell'esecuzione di Mussolini e la Petacci qualcosa non quadra)

29 APRILE - Eseguite le condanne, raccolti i cadaveri dei giustiziati su un camion, si parte per Milano nella notte; i corpi massacrati sono scaricati all'alba sul selciato di Piazzale Loreto e lasciati il balia della folla imbestialita che si avventa assetata di sangue per vedere lo "spettacolo". A terra i cadaveri ricevono lo scempio, calci, sputi, dileggio, "una donna ha scaricato contro il cadavere di Mussolini cinque colpi di rivoltella".( Comun. Ansa, 29 aprile irradiato alle ore 13.30)".
La folla si accalca sempre più numerosa, la moltitudine vuol vedere, si pigia e si fa largo a forza di spinte, preme, spinge, urla. Tutti vogliono vedere. Qualcuno ha la "brillante" macabra idea di prendere i corpi e appenderli per i piedi al traliccio di un chiosco di un distributore di benzina della Standard,  dove rimangono esposti "al pubblico" in un modo oltre che tragico, anche osceno. La donna più famosa d'Italia, odiata, disprezzata, per anni invidiata e chiacchierata, appesa per i piedi mostra in quel modo le sue vergogne. Una donna presente forse offesa dalla sua dignità di donna, si sfila una spilla, raccoglie e ricompone la gonna della sciagurata. Le "vergogne" sono cosi occultate, ma la "vergogna" di quello spettacolo invece no. Quello scempio tribale non fu una liberazione, ma un incubo che un popolo di milioni di italiani vedrà chissà fino a quando, oltre la stessa esistenza, perfino nelle successive generazioni, che vi hanno o no assistito.

Così concludeva Italia Libera, dando il resoconto dello "spettacolo".

"di spettacolare bellezza".


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A "spettacolo" finito questi erano i macabri resti di Mussolini e la Petacci

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Sandro Pertini, raccontò Leo Valiani, già il 25 aprile riteneva "indispensabile deferire Mussolini a un tribunale popolare; ma dopo lo spettacolo di Piazzale Loreto commentò: " L'insurrezione si è disonorata". Ferruccio Parri definì l'esposizione dei corpi "un'esibizione di macelleria messicana".
Fu quella di Mussolini una esecuzione e uno "spettacolo" gratuito? - Molti concordono che il processo l'avrebbero fatto gli americani (i vincitori contro i vinti, come poi avvenne a Norimberga). E sarebbe stato per l'Italia imbarazzante, e forse ancor più imbarazzante per gli inglesi se sul banco degli imputati compariva e parlava Mussolini. E se compariva lui, a fianco sarebbero stati chiamati anche tutti coloro che con lui avevano portato al disastro l'Italia, e con loro tutto il fascismo. Quindi il processo sarebbe stato un processo contro l'intera nazione.

Dirà il giornalista-scrittore Giorgio Bocca "La morte del dittatore era inevitabile e fu accolta con manifestazioni di gioia non soltanto da noi antifascisti. Lasciare a Mussolini la parola in un processo avrebbe significato consentirgli di chiamarci tutti in causa, anche noi partigiani, che eravamo stati fascisti come tutti". (molto onesto!).

(in una prossima puntata racconteremo come e perchè in Italia - nonostante tanti responsabili pari a quelli che comparvero a Norimberga - non ci fu un "Processo di Norimberga". Non dimentichiamo che agli anglo-americani, avevano bisogno degli ex fascisti per difendere il confine a est dagli uomini di Stalin, cioè dai partigiani comunisti di Tito. Già arrivati a Trieste). (Come a Berlino gli anglo-americani ebbero bisogno degli ex nazisti per bloccare i russi).

Sullo stesso foglio di Italia Libera di quel giorno, scrivendo ai margini (qualcuno indubbiamente lo impose)  fu poi stilata l'autopsia del cadavere di Mussolini all'obitorio comunale milanese, protocollandolo col numero 7241. Firmato dal Prof. Cattabeni, Prof. Scolari, Prof. D'Abauto.
Ma nel referto, in quest'autopsia, c'è qualcosa che non quadra. I colpi sul corpo ricevuti da Mussolini non sono di una esecuzione frontale. I vestiti integri sono stati messi dopo. Gli stivali infilati non se li aveva di certo calzati  Mussolini; il piede non era del tutto dentro, e la cerniera, chi la voleva chiudere nella rigidità delle prime ore della morte, si era rotta.
 Ma basterebbe guardare la foto dei 4 cadaveri appesi per capire che certi fatti non sono andati come sono stati raccontati.

 

I primi due sono Mussolini e la Petacci. Hanno le braccia rigide. Il quarto è ACHILLE STARACE (esecuzione avvenuta pochi minuti prima), ma le sue braccia ricadono, perchè era un corpo caldo, appena fucilato sul posto). La rigidezza della morte in un cadavere appare dopo un certo numero di ore, ma dopo un certo numero di ore c'è nuovamente il rilasciamento degli arti del cadavere. Quindi Mussolini e la Petacci erano morti  molto tempo prima di quanto è stato riferito. Inoltre i fori delle pallottole non corrispondevano a una esecuzione come quella raccontata.))))

Leggi " MUSSOLINI FUCILATO, MA DA CHI ? " > > ...



Traversalmente i "giustizieri" erano da entrambi le parti, chi più chi meno avevano le menti assetate di sangue; perfino alcuni credenti, negli eccidi, nelle esecuzioni di massa, nelle rappresaglie, fecero il distinguo sul decalogo cristiano dove c'e' scritto "non uccidere"; "...il comandamento - dissero- riguarda il singolo, il privato, non la comunità, lo Stato". Era una frase scritta al tempo delle altrettanto sanguinarie Crociate ("Dio lo vuole") e così anche questo massacro fu giustificato! (anche da Dio!).

 

Perché scelsero Piazzale Loreto



Piazzale Loreto non era stato scelto a caso per fare questo sacrificio degno di tribù arcaiche della più profonda e nera Africa, era una compensazione o una rivalsa ad un altrettanto delitto e strage che era stata fatta alcuni mesi prima (il 10 agosto 1944), quando furono trucidati da altri pazzi "italiani" e tedeschi 15 partigiani e lasciati lì nella piazza per giorni, come monito (sotto nella foto) . Un monito osceno era stato questo, simile poi a quello successivo. Nessuna differenza!!

Ora dovevano in questa occasione anche questi poveri corpi offrire lo spettacolo in un modo raccapricciante. Ma pur con questa attenuante del particolare momento psicologico, così altamente emotivo e dettato dalla vendetta, rimane il fatto che l'episodio non fu un buon inizio della fine della guerra, anzi la scelleratezza, la sete di sangue iniziò proprio da questo momento. L'esempio veniva dall'"Alto", dalla "giustizia" sommaria; e tutti si sentirono dispensati dalla morale, dalla dignità, dall'etica umana; e tutti coloro che erano nati e avevano latente la voglia di uccidere o la predisposizione al sadismo più necrofilo, ebbero a disposizione le loro vittime in abbondante quantità per il sacrificio; sul vicino di casa che un tempo faceva il gradasso nel quartiere, su quello che magari un giorno aveva rifiutato loro qualche chilo di farina; su quello che aveva osato dargli uno schiaffo in pubblico o su quello che lo aveva licenziato per aver parlato male di Mussolini o del fascismo.

Tutto andava bene per fare una mattanza catartica. Ognuno voleva sparare e uccidere qualcuno per mettere o rimettere a posto la propria coscienza o per prendersi una barbara rivincita. Sparando sulle odiate vittime ci si toglie il veleno che si ha dentro di sè. Ma è una illusione. Nel farlo si è e si rimane "assassini".

Una giustificazione dunque? Umanamente non accettabile. 
Ma che è sentita ancora vergognosamente  ce lo dimostra il fatto stesso che in rarissimi testi storici  non compaiono le motivazioni che scatenarono quella rappresaglia; cioè il perchè dell'uccisione dei 15 partigiani prelevati dal carcere di san Vittore, e il perchè l'esposizione di quei corpi proprio a Piazzale Loreto.

Come sappiamo i corpi di Mussolini, della Petacci  e dei gerarchi,  dopo l'esecuzione, furono trasportati durante la notte a Piazzale Loreto. Furono scaricati sul selciato, poi  per offrire al pubblico un migliore spettacolo, i corpi furono issati e appesi per i piedi alla tettoia di un distributore di benzina a testa in giù. Come si fa nei macelli.
Il luogo non era stato scelto a caso per fare questo sacrificio degno di una tribù della più profonda, nera ed arcaica Africa; ed era una specie di compensazione o una rivalsa ad un altrettanto delitto-strage che era stata fatto alcuni mesi prima (il 10 agosto 1944) quando furono per rappresaglia da altri pazzi,  trucidati 15 partigiani e,  come monito, lasciati lì a terra nella piazza per giorni
,  come delle carogne di animali in mezzo alla civilizzata "savana" civile "metropolitana" milanese. Un monito orribile. Ma perche? Cosa avevano fatto questi malcapitati da essere trucidati e messi in simile mostra? Forse nulla. Come quelli delle Fosse Ardeatine a Roma. Erano solo dei malcapitati. Toccò a loro pagare la rappresaglia di un inutile e folle gesto, molto simile a quello di Via Rasella. 

La verità sul perché.
La mattina del 10 agosto 1944. Diventarono le vittimi sacrificali, quindici antifascisti detenuti a San Vittore...

I NOMI

Andrea Esposito, maglierista; Domenico Fiorano, industriale; Umberto Fogagnolo, ingegnere; Giulio Casiraghi, tiratore di gomena; Salvatore Principato, insegnante; Renzo Del Riccio, operaio; Libero Temolo, operaio; Vittorio Gasparini, dottore in legge; Giovanni Galimberti, impiegato; Egidio Mastrodomenico, impiegato; Antonio Bravin, commerciante; Giovanni Colletti, meccanico; Vitale Vertemarchi, Andrea Ragni e Eraldo Pancini). Eugenio Esposito, Guido Busti, Isidoro Milani, Mario Folini, Paolo Radaelli, Ottavio Rapetti, Giovanni Re, Francesco Castelli, Rodolfo Del Vecchio, Giovanni Ferrario e Giuditta Muzzolon... 
Erano in carcere per l'accusa (come si legge in qualche libro) di "una scellerata rappresaglia per un innocuo botto dimostrativo ai danni di un autocarro tedesco, che non causò nemmeno vittime". (dimenticano il precedente!)

    E' falso! Il sangue del 10 agosto 1944 era stato provocato da altro sangue sparso 48 ore prima precisamente alle 7,30 dell'8 agosto, al margine della stessa piazza (angolo viale Abruzzi-Loreto) quando una bomba "gappista"  era esplosa tra la folla compiendo una strage che era costata la vita a cinque soldati tedeschi, e 13 (tredici) civili italiani fra i quali una donna e 3 (tre) bambini, rispettivamente di tredici, dodici e cinque anni.

    Ecco i nomi dei civili italiani che morirono sul subito nell'attentato gappista o nei giorni successivi, tutti per "ferite multiple da scoppio di ordigno esplosivo":
Giuseppe Giudici, 59 anni; Enrico Masnata, Gianfranco Moro, 21 anni; Giuseppe Zanicotti, 27 anni; Amelia Berlese, 49 anni; Ettore Brambilla, 46 anni; Antonio Beltramini, 55 anni; Fino Re, 32 anni; Edoardo Zanini, 30 anni; Giovanni Maggioli, di 16 anni; Gianstefano Zatti, 5 anni; Gianfranco Bargigli, 13 anni; Primo Brioschi, 12 anni.
    Rimasero inoltre feriti più o meno gravemente: Giorgio Terrana, Letizia Busia, Luigi Catoldi, Maria Ferrari, Ferruccio De Ponti, Luigi Signorini, Alvaro Clerici, Emilio Bodinella, Antonio Moro, Francesco Echinuli, Giuseppe Formora, Gaetano Sperola e Riccardo Milanesi.

Dei cinque soldati tedeschi uccisi, i cui nomi non furono annotati nei registri civili italiani, è rimasta memoria solo di un maresciallo di nome Karl, che per la sua mole era stato bonariamente   soprannominato dai milanesi di Porta Venezia "El Carlùn" (il Carlone).

Quel nomignolo Karl, maresciallo di fureria, se l'era guadagnato fermandosi ogni mattina, all'angolo fra viale Abruzzi e piazzale Loreto, con i suoi camions per distribuire alla popolazione qualcosa da mangiare, ma soprattutto latte per i bambini, che la "Staffen-Propaganda” acquistava al mercato di Porta Vittoria, aggiungeva agli avanzi delle mense militari e regalava ai milanesi, tutti a quell'epoca, dannatamente a corto di viveri. Un'operazione di "public relations", si direbbe oggi, intrapresa dalle Forze Armate tedesche nei confronti dei civili e che, dati i tempi di fame, aveva riscosso un successo immediato. 
"Il latte non si trovava, e questo anziano bonario maresciallo, spinto da impulsi personali, come e quando poteva faceva il giro delle campagne con un piccolo camion e si riforniva di un po' di latte, parcheggiava poi all'angolo fra piazzale Loreto e viale Abruzzi, subito attorniato da padri e madri che si dividevano quel latte, con quella fratellanza che viene dalla comune disgrazia"
(Questo tra virgolette è il raccontto dello storico Franco Bandini. Il Giornale, 1° settembre 1996)

Troppo questa fratellanza, per la sensibilità antifascista dei "GAP" di Milano, allora comandata da Giovanni Pesce, detto "Visone", e quindi in grado di ricostruire nei dettagli l'azione che venne decisa e attuata per spezzare quel propagandistico feeling alimentare promosso dalla Wermacht nei riguardi di alcuni milanesi affamati.
E c'è da dire che nessuno poi rivendicò questo sciagurato attentato.

CI FU INUTILMENTE UNA ININTERROTTA CACCIA ALL’UOMO

I FATTI: Quella mattina dell'8 agosto 1944, i partigiani  si mescolarono alla piccola folla affamata che si accalcava come di consueto dietro al camioncino del "Carlùn", poi quasi indisturbati portandosi davanti al camion posero sul sedile di guida una bomba ad alto potenziale che, poco dopo esplodendo, seminò la strage indiscriminata: 18 morti e 13 feriti, quasi tutti poveracci milanesi.

Non avrebbe potuto fare - l'attentato - altro danno (militare), visto il luogo, l'obiettivo e la dinamica.


Diciotto morti e tredici feriti innocenti, tutti assolutamente dimenticati, abrogati, cancellati dalla memoria storica, politica e giudiziaria italiana. Come se fossero indegni di ricordo, di pietà, di giustizia. Li ha dimenticati Giovanni Pesce detto “Visone”, “medaglia d’oro al valor partigiano", il quale nei libri da lui scritti sulla sua militanza gappista non ha mai raccontato questa azione che pure non è di poco conto (18 morti e 13 feriti in un colpo solo e senza subire perdite di chi l'aveva provocato rappresentano un risultato ragguardevole); li ha ignorati, a quel che sembra, anche il procuratore militare Pier Paolo Rivello riaprendo il caso Saevecke; li ignorano L'Unità, l'Ulivo e Rifondazione comunista nelle loro rievocazioni e mozioni; li ignora persino l'amministrazione comunale di Milano che avalla senza fiatare la mutilazione della verità storica, con gli abituali silenzi, sul suo periodico d'informazione e nei suoi atti politici.

    E se, ancora dopo 74 anni, tutti ignorano (o vogliono ignorare), perfino nella sua tragica essenzialità la strage gappista indissolubilmente legata alla fucilazione del 10 agosto 1944, figuriamoci se qualcuno ricorda ciò che accadde fra quel massacro e la successiva rappresaglia.

Eppure, in quelle ore disperate, mentre la gestione dei rapporti fra militari tedeschi e popolazione passava dalle "public relations" della Staffen-Propaganda del defunto maresciallo Karl, alla Gestapo del capitano Saevecke per fare una "pubblica rappresaglia" si diede il via a un braccio di ferro durissimo fra le autorità fasciste, contrarie alla rappresaglia e i militari tedeschi inferociti che non volevano sentire ragione.

Si oppose il prefetto Piero Parini, che arrivò a minacciare le dimissioni; si oppose il federale Vincenzo Costa; si oppose Mussolini, intervenendo direttamente sul maresciallo Kesselring telefonando allo stesso Hitler. La prova è, tra l'altro, negli atti del processo politico subìto nel dopoguerra da Vincenzo Costa il quale, nel suo diario ("Ultimo federale", Il Mulino, 1997) ricorda: "Alle 14 (del 9 agosto, ndr) mi trovavo nell'ufficio dei capo della provincia quando arrivò una nuova telefonata del duce; abbassato il ricevitore, Parini mi permise di ascoltare la voce inconfondibile del capo. Tra l’altro egli disse: “il maresciallo Kesselring ha le sue valide ragioni; ogni giorno nel Nord soldati o ufficiali tedeschi vengono proditoriamente assassinati... Ha deciso di attuare la rappresaglia. Ma sono riuscito a ridurre a dieci le vittime... Ho interessato il Fhurer e spero ancora””.

    E proprio mentre le autorità fasciste e i militari tedeschi si contendevano le vite degli ostaggi appese a un filo, i gappisti milanesi colpirono di nuovo. 

Anche questo nella Storia è stato dimenticato. 

Alle 13 del 9 agosto 1944 un terrorista in bicicletta, armato di pistola, fulminò con un colpo alla nuca, davanti alla porta di casa, in via Juvara 3, il capitano della Milizia Ferroviaria, Marcello Mariani, sposato con quattro figli. Mentre l'uomo agonizzava nel suo sangue, un secondo gappista, di copertura, ferì a revolverate Luigi Leoni, della brigata nera "Aldo Resega", che era sopraggiunto e si era gettato all'inseguimento del primo. 
Erano italiani e forse ai tedeschi importava poco quest'ultimo fatto di sangue, tra l'altro fra italiani. Ma quando ci fu subito dopo a distanza di qualche ora l'attentato a un autocarro di tedeschi  (anche se non fece nessuna vittima - è qui hanno ragione i negazionisti) il nuovo grave fatto decise però la sorte dei quindici sventurati rinchiusi a San Vittore.

Portati il giorno dopo a Piazzale Loreto furono fucilati e abbandonati sul selciato. Nessuno osò toccarli per non essere accusati di connivenza con i partigiani. E così nel quartiere non ci andò più nessun "Carlun". Questa la magra soddisfazione che si era dunque ottenuta. Anche se a caro prezzo; cioè coinvolgendo due volte due gruppi di innocenti.

Giorgio Bocca, il più filopartigiano degli storici italiani scrisse (In Storia d'Italia partigiana" (Laterza , Bari, 1977, pag. 135) "Come i comunisti sanno bene, il terrorismo ribelle non é fatto per prevenire quello dell'occupante ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso é autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie, per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell'odio".

E Lucioli-Sabatini, é altrettanto chiaro (in "Resistenza al di là del mito", Tusculum Roma. 1997, pag 41)."Le azioni di guerriglia, i sabotaggi e gli atti di terrorismo dovevano servire a provocare la rappresaglia. Ottenuta la strage, l'antifascismo (rosso, Gap) poteva impossessarsi di una copiosa messe di martiri da piangere come fossero i propri e da inserire nella vulgata resistenziale".
IN CHE CHE MONDO DI BARBARI SONO VISSUTO !!!!

Dall'alto della sua innocenza, chi  scrive, non ancora entrato nel "tempio della saggezza (!)  dei grandi" c'era una sola constatazione nel guardare i visi di quelle persone che sparavano e che infierivano sui corpi diventati cenci prima ancora di esser morti. Quante esecuzioni ho assisitito!!. Abitando dentro nel palazzo dove c'era il Comando tedesco (Palazzo Mezzanote, a Chieti) qui dopo le varie catture venivano portati i "ribelli". Dopo gli interrogatori, alcuni salivano su un camion che a me era molto famigliare, ed era il solito, quello della morte. La destinazione la capivo subito io ma non loro: un luogo dietro il Cimitero di San'Anna, dove li fucilavano. Qui scaricandoli, solo allora capivano la sorte a loro riservata. Poi in una manciata di minuti si concludeva il triste "spettacolo".
Provavo sempre lo stesso sbigottimento nel vedere con quanta indifferenza - ma spesso con sadico piacere-  alcuni "uomini" eliminavano altri uomini come loro senza pietà, con alcuni piangenti, imploranti, poco rassegnati, disperati malcapitati; nessuna pietà fino in fondo, ed infine un compassato tenentino della SS. che spesso era a cena a casa nostra (faceva il filo a mia zia) scaricava su di loro -a chi aveva ancora un respiro e si rantolava a terra- il colpo di grazia, che provocava in quei crani un effetto devastante. Si spaccavano come angurie e dalle crepe  il cervello continuava per molti minuti a uscire lentamente fuori come una spuma. E li lasciavano lì. Mentre altri condannati prima di essere pure loro fucilati, scavavano le fosse per metterci dentro in ognuna uno sopra l'altro 5-6 cadaveri di quelli che li avevano preceduti..
Il tenentino tornava al comando, e la sera come se nulla fosse, lì a casa nostra a mangiare le tagliatelle fatte in casa da mia nonna. "Ciao Frankino!" e la sua mano mi accarezzava la mia testolina bionda. Io con quelle mani, rabbrividivo.
Poi si passava a parlare del più e del meno.

Non certo mi diedero l'impressione che erano "uomini", nè potevo capire perchè lo facevano. In casa, fuori, i parenti, gli insegnanti e perfino nella  cattedrale (difronte, ci abitavo quasi dentro) mi davano degli insegnamenti, mi dicevano dove stava il bene e il male, chi erano gli eroi e chi gli assassini, per chi dovevo pregare, chi maledire, chi  ammirare e chi odiare.
Poi a partire dall'8 settembre, contrordine, non più quelli, ma gli altri, poi altri ancora. I miei zii e nonni imprecavano contro i bombardamenti americani poi a Tollo dove ci eravamo rifugiati li vidi indicare a Montgomery in persona la nostra casa sulla cartina per farla bombardare, per far fuori quelli che abitavano con noi, il comando tedesco, che invece la sera prima avevano mangiato con noi, bevuto con noi, scherzato e cantato allegramente con noi Lilì Marlen. Impossibile capire. Oltre che sbigottito rimanevo inebetito.
Come si fa a fare domande agli adulti in simili ipocrite circostanze? Si diventa muti, smarriti e sgomenti. Si tace. Il guaio è che quella domanda che vorresti fare ti rimane dentro per tutta la vita. Perchè sai che nessuno ti darà mai una risposta; e alla fine di domande non ne fai più, perchè sai  già (questo lo avverti) che tutti mentiscono.

Se quando si diventa grandi - pensavo - si diventa cinici, falsi e traditori così, speriamo che Dio (anche se avevo dei dubbi, quale Dio implorare? tedesco o angloamericano?) mi faccia rimanere piccolo, che non mi faccia diventare "grande". Ma grande di cosa? Già a otto anni i "grandi" mi avevano coinvolto in un innocentissimo atto delatorio con tragiche conseguenze. Forse ero pure io plagiato, e forse fu la stessa legge della sopravvivenza a far danzare anche a me di gioia sul cadavere di un americano. 
Noi ragazzini stavamo giocando a pallone in piazza San Giustino a Chieti, una città su un cucuzzolo, dove non si avverte il rumore quando dalla bassa Valle del Pescara giunge un aereo. All'improvviso come in un lampo sulla piazza comparve a bassissima quota  un caccia americano a  mitragliarci; noi nella grande piazza, non sapendo dove rifugiarci ci buttammo a terra come ci avevano insegnato. Sentimmo sull'asfalto le pallottole rimbalzare vicino a noi, poi dopo un attimo un forte schianto; l'aereo riprendendo quota dalla piazza, virando aveva toccato con un'ala la guglia del campanile della cattedrale ed era precipitato come un sasso e si era sfracellato proprio davanti a noi. Attorno a quel pilota morto sul colpo, ballammo come facevano gli zulù, la danza tribale della morte, infierendo sul cadavere e gridando di gioia come degli ossessi.
Eravamo diventati pazzi anche noi bambini!! Questo ci avevano insegnato i "grandi", i "padri", i "saggi".
Ma dopo pochi mesi, entrarono a Chieti gli americani, si piazzarono sempre a casa nostra, dove prima c'era il comando tedesco. I "grandi" mi dissero che ora erano quelli gli amici, e non più gli altri.

Non erano quelle solo pagine oscure della vita di un singolo bambino, ma erano pagine della vita di tutta una umanità che mi circondava. Forse non erano nè più nè meno di quelle altrettante pagine oscure, immotivate e folli del 1915-18, del 1861, giù e giù fino alle caverne e nelle tane dei primi selvaggi ominidi. Dov'era la differenza? La pazzia ha sempre dominato nei cervelli malati!!

Civilta? Morale? Etica? Quanti scuotimenti di testa quando diventato grande (e si diventa grandi in fretta con queste esperienze) iniziai a leggere testi di filosofia o di teologia di tante autori detti "colti";  dove ti spiegano cos'è la civiltà, l'etica e la morale; ma dopo queste letture mi sono convinto di una cosa sola: che per duemila e più anni  le dispute sul male e il bene hanno solo riempito inutilmente montagne di pagine. 
Era bastato un proclama di un paio di pazzi e la civiltà (gente che aveva studiato, gente all'apparenza perbene) era ritornata subito nelle caverne e negli
anfratti, nelle grotte e nelle foreste, a fuggire e a nascondersi, animali cacciatori e animali da cacciare. Non un degno spettacolo né da una parte né dall'altra, pur avendo dentro nelle loro file -loro dicevano- uomini colti, che "lottavano per la giustizia".

Tutti i partecipanti a quella follia dovevano essere interdetti in perpetuo nello scrivere e nel raccontare. Invece -che squallore e che indecenza- dopo cinquant'anni quei protagonisti fanno ancora la morale e "interpretano" i fatti. Non hanno avuto nemmeno il pudore di stare zitti. Si sono tutti riciclati, alcuni più volte, e stanno ancora  in mezzo a noi alle soglie del 2000. 
Ipocriti, fate almeno silenzio, e lasciateci piangere in pace dalla vergogna. Prima sparirete è meglio sarà, indegni ospiti di un pianeta.
Quando questi li incontrate, scantonate, non fidatevi; in una zona del cervello hanno ancora quella pazzia. Il loro presente è sempre eco e propagazione di quella vita, e in ogni loro fremito convive la più  malvagia menzogna. E che menzogna!!
Franco Gonzato

FINE

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