VENEZIA  IN CRONOLOGIA


20.000 - 193 d.C. 238-567 568-803
804-1172 1175-1284 1284- 1364
1364 - 1501 1501-2000 CRONO-BIOGRAFIA DEI DOGI

(pagine sempre in costruzione, in aggiornamento e miglioramento)

ANNO 1501 -  Il 2 ottobre alla  sesta votazione del primo scrutinio per l'elezione del doge si concluse con la nomina di LEONARDO LOREDAN , nonostante non avesse ricoperto cariche speciali e solo negli ultimi tempi era stato nominato Procuratore della Repubblica.
Nel 1502 la flotta era ridotta al lumicino, un po' perché ormai i privati cittadini organizzavano da se le spedizioni senza l'ausilio della scorta di stato, infatti la "libera navigazione" , iniziata più di un secolo prima era un fatto ormai conclamato; un po' perché le conquiste ottomane non consentivano più di spaziare in lungo e largo ed infine perché i portoghesi stavano monopolizzando il mercato occidentale delle spezie provenienti direttamente dall'India.
Con i turchi, Venezia tentò una nuova pace ma servì solo a perdere anche Santa Maria di Leuca e Lepanto; la situazione di fatto venne rappresentata dal poeta Joachim du Bellay, durante lo sposalizio con il mare che più o meno suonò così: << c'è un vecchio guscio di legno che vuole sposare "la mer" del quale ne è il marito e il turco "l'adultère>>
Queste famiglie "nuove" che una dietro a ll'altra stavano mettendo a segno un dogado dopo l'altro iniziarono ad infastidire la vecchia classe aristocratica, soprattutto quando si venne a sapere che il doge aveva sborsato 14.000 ducati per comperare la carica di Procuratore al figlio Lorenzo.
Fu sotto Loredan , in una mattina del 1505 che "statue ", come il "gobbo" di Rialto e le "Pipone" di Marocco (comune della terraferma trevigiana) iniziarono ad esprimere il proprio dissenso contro il doge attraverso libelli appiccicati o appesi da mani ignote.
Il degrado morale e civile, in particolar modo dell'aristocrazia e della ricca borghesia, aveva permeato tutte le istituzioni e creato nuove faide famigliari.
Nel 1506 il mercato di Rialto entrò in una profonda crisi per mancanza di merci ; il 14 maggio la lega di Cambrai comandata da Luigi XII sconfisse i veneziani ad Agnadello ( nei pressi di Cremona).....
...... procurando a Venezia la perdita di tutti i territori d' entroterra, mentre Papa Giulio II lanciava l' ennesima scomunica e Massimiliano I d'Asburgo imperatore di Germania era alle porte di Padova.
Ma la Serenissima era destinata ad avere cento vite, contro le invasioni di Luigi XII da una parte e Massimiliano I dall'altra , si levarono ad una ad una le città del Veneto e del Friuli, i veneziani si autotassarono fino ad impegnare i gioielli di famiglia e a fondere le argenterie e legalizzarono "protempore" l'acquisto di cariche pubbliche.
Massimiliano fu costretto ad abbandonare l'assedio di Padova per l' offensiva portata e per la resistenza della città.
Nel 1510 Papa Giulio II revocò la scomunica a Venezia perchè i francesi di Luigi XII si erano fatti sempre più pressanti tanto che, nel settembre del 1511 l' alleanza con Firenze Mantova e Ferrara convocherà il concilio di Pisa con 9 cardinali dissidenti e pronti a deporre il Papa stesso e a creare uno scisma.
Il cambiamento di indirizzo politico dello Stato Pontificio fece irrigidire i rapporti con Massimiliano I che si alleò con Luigi XII nella guerra contro Venezia.
Il 3 maggio 1512 iniziarono le prime rivincite guelfe, fratturando l'alleanza tra Francia e Germania ed ambedue finirono col ripiegare. Lo Stato Pontificio incassò la vittoria con la pace di Mantova, pagando a Venezia solo Bergamo e Crema, lasciando inaspettatamente agli Asburgo: Brescia, Verona e Vicenza.
Nel marzo 1513 morì Giulio II ed al suo posto fu eletto Leone X che non aveva mire espansionistiche e guerriere. Date le circostanze e ritenendosi offesa per come era stata trattata a Mantova Venezia intrecciò una nuova alleanza con il vecchio nemico Luigi XII contro Massimiliano I.
Questa situazione, inizialmente non portò buoni frutti e le truppe germaniche arrivarono fino a Mestre da dove "si udirono provenire le cannonate", ma ancora una volta entrarono in campo le signorie friulane a dar man forte a Venezia, dove per far fronte alle esigenze di cassa furono tassate persino le prostitute e le "cortigiane".
La vittoria arrivò nel 1515 con la battaglia di Marignano ( odierna Melegnano in provincia di Milano) quando Francesco I di Valois, re di Francia, sconfisse i germanici e la Serenissima rientrò in possesso di quasi tutti i territori precedentemente persi. 
Gli ultimi anni del dogado di Leonardo Loredan furono contraddistinti dal rifacimento delle Procuratie (quelle vecchie perchè quelle nuove dovevano ancora nascere), dall' ampliamento, consolidamento e ristrutturazione dell' Arsenale (così come ancor oggi si vede), dalla posa di un angelo d'oro sulla vetta del campanile di San Marco e dall'imperversare dei bagordi, della prostituzione e del malaffare.
Nel dicembre del 1520 si affaccia in laguna la dottrina di Martin Lutero, Leone X protesta ma la Repubblica non interviene, convinta com'è della netta separazione delle cose dell'anima da quelle terrestri.
Leonardo Loredan morì di cancrena ad una gamba il 21 giugno 1521 e sepolto nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo (nda: lasciando un bellissimo palazzo affacciato sul Canal Grande tra Ca' Rezzonico e l ' Accademia). 


ANNO 1508-1517 la lega di Cambrai: Tutti i nemici che Venezia si era procurata si riunirono alla lega di Cambrai, ognuno desideroso di sottrarle una parte dei suoi domini. L’offensiva contro il cospicuo esercito arruolato da Venezia fu sferrata dalla Francia: Venezia fu sconfitta e corse un grave pericolo. Francesi e imperiali occuparono la terraferma veneta. Venezia si salvò con l’energia della sua gente e con l’abilità politica dei suoi governanti. Si cedettero i porti pugliesi per accordarsi con la Spagna; si riuscì a placare il papa che aveva constatato come la rovina di Venezia fosse ancora più pericolosa della sua potenza. Ci fu un rovesciamento delle alleanze contro la Francia e un ulteriore passaggio di campo di Venezia, questa volta accanto alla Francia con il recupero di Bergamo, Brescia e Verona. Alla fine di sette anni di rovinosa guerra si ristabilì il dominio di terraferma lo "Stato da tera"  fino all’Adda, quale rimase fino alla fine della Repubblica. Fu un capolavoro politico. Ne  conseguì che lo Stato "da terra" assunse la sua forma iniziale attraverso i 'patti di dedizione' che videro Territori e Città  contrattare in modo effettivo la loro aggregazione a Venezia. Si stabilì in forma negoziata quella che legittimamente si può definire secondo la terminologia giuridico-istituzionalistica un vero e proprio tipo di unione federativa. Quest'ultima si presentava come nettamente pattizia, frutto di una ricerca di alleanza permanente con la Repubblica di San Marco, e collegava Venezia con le diverse organizzazioni politiche locali. Queste conservarono, però, i loro ordinamenti, le loro amministrazioni, i loro tributi, le  loro culture, le loro  tradizioni. (Un "po'" molto diverso da quel sabaudo che poi arrivò a Venezia nel 1866!!).
Ma vi rimandiamo all'interessante studio del link sottostante...
VEDI IL 

"IL "FEDERALISMO" DOGALE NELLA TERRA FERMA - UNA REALTA' DURATA FINO AL 1797


ANNO 1538 Prevesa: Nella guerra con i turchi del 1537 1540, in cui Venezia fu alleata di Carlo V, Andrea Doria, ammiraglio dell’imperatore e comandante delle flotte collegate, aveva istruzioni così vaghe che non potevano portare al successo e fu sconfitto a Prevesa. Dopo Prevesa il dominio del mare passò ai turchi.

ANNO 1539 I tre inquisitori: Una legge del 1539 istituisce i tre Inquisitori di Stato. Uno era chiamato popolarmente "il rosso", scelto tra i consiglieri ducali che portavano veste scarlatta, e due provenienti dal Consiglio dei Dieci e detti "i negri". Sorti come organo di sicurezza nel difficile momento in cui Venezia sentiva di essere accerchiata dagli Asburgo, assunsero gradatamente parte dei poteri spettanti ai Dieci, e si valsero, per lo spionaggio, il controspionaggio e la sorveglianza interna, di una rete di informatori o "confidenti".


ANNO 1556 I provveditori ai beni incolti: Le finalità di questa magistratura erano quelle della bonifica agraria allo scopo di aumentare la superficie coltivata e stimolare gli investimenti privati nel miglioramento dell’agricoltura. Il progressivo aumento del prezzo del grano, caratteristico del XVI secolo, incoraggiava lo spostamento dei capitali dalla mercatura alla terra.

ANNO 1571 la perdita di Cipro e la battaglia di Lepanto; -  Una flotta cristiana, di cui fa parte un notevole contingente veneziano, sconfigge i Turchi a Lepanto. Questa vittoria, magnificata dagli apologeti ufficiali come trionfo della cristianità sull'Islam, avviene in un momento in cui Venezia non è più in grado di competere, sul mare, contro i Turchi e la potenza asburgica. Il capo della coalizione vittoriosa a Lepanto, Filippo II di Spagna, desideroso di non rafforzare troppo Venezia, che costituisce un freno alle sue mire sull'Italia, limita i poteri di iniziativa della flotta cristiana, il che costringe il governo della Repubblica a chiudere le ostilità con i Turchi, cedendo loro l'isola di Cipro.


ANNO
1577 l’incendio del Palazzo Ducale: Il 20 dicembre un incendio distrusse le sale del Maggior consiglio e dello Scrutinio. La Signoria respinse la proposta di Palladio che suggeriva un nuovo edificio nei modi del classicismo e affidò ad Antonio da Ponte la ricostruzione.

ANNO 1587 la banca pubblica: La prima fu istituita dopo il fallimento di una banca privata. Fu chiamata Banco della Piazza.

ANNO 1604: l'interdetto. -  Fin dall'inizio del XVII secolo, la repubblica di Venezia, a confronto, in Europa, con i grandi Stati nazionali, stretta, in Italia, nella morsa asburgica, deve necessariamente contenere le proprie esigenze, limitandosi a difendere i domini di terraferma, ad assicurare la libertà di navigazione nell'alto Adriatico, oltre a rallentare il più possibile l'avanzata dei Turchi nei domini d'oltremare. L'azione decisa, volta a limitare l'estensione della proprietà ecclesiastica, nonché il rifiuto di consegnare al tribunale ecclesiastico due preti di terraferma resisi colpevoli di reati comuni, valgono alla Repubblica l'interdetto papale, cioè la proibizione al clero di somministrare i sacramenti in territorio veneziano. Il Governo della Repubblica resiste validamente sulle proprie posizioni, fino al raggiungimento di una soluzione di compromesso. Altri episodi di un certo rilievo sono, in questo periodo, l'offensiva vittoriosa contro gli Uscocchi, pirati dalmati che infestano le acque dell'Adriatico, una guerra navale di limitate proporzioni, contro il viceré spagnolo di Napoli, la scoperta e l'abbattimento di una congiura, fomentata dall'ambasciatore spagnolo a Venezia, marchese di Bedmar, e volta al sovvertimento del regime dogale. E' frattanto scoppiata la Guerra dei Trent'Anni (1618-1648), in cui sono impegnate tutte le potenze europee, che lasciano pertanto a Venezia maggior libertà di azione nel settore orientale, ove l'avanzata dei Turchi continua inesorabile. Nel 1669 cade in mano turca l'isola di Creta.

ANNO 1613 1617 gli Uscocchi e la guerra di Gradisca; (VEDI ANNO 1575 - IL RIASSUNTO)

ANNO 1622 "l’affare" Foscarini: Antonio Foscarini, senatore, ambasciatore in Inghilterra, viene accusato di intelligenza con potenze straniere durante l’ambasciata e di spionaggio a vantaggio della Spagna. Processato, assolto dalla prima accusa e condannato per la seconda, fu appeso alla forca tra le colonne della Piazzetta. Pochi mesi dopo i Dieci scoprirono che il condannato era innocente e vittima di una macchinazione. La riabilitazione della vittima venne comunicata con una circolare alle cancellerie europee.

ANNO 1628 1630 la peste: Per la successione di Mantova scoppiò una guerra tra Francia, con Venezia alleata, e Asburgo. L’esercito veneziano fu sconfitto e Mantova venne saccheggiata. La guerra portò la peste: a Venezia in sedici mesi morirono cinquantamila persone, un terzo della popolazione. A ringraziamento della fine della epidemia fu posta la prima pietra della chiesa della Salute.

ANNO 1645 1669 la guerra di Candia;(VEDI ANNO 1575 - IL RIASSUNTO)

ANNO 1667 la prima nave di linea;

ANNO 1684 1699 la conquista della Morea;(VEDI ANNO 1575 - IL RIASSUNTO)

ANNO 1714 1718 la perdita della Morea;

ANNO 1744 1782 i murazzi: Nel 1744 inizia la costruzione del muraglione di protezione del litorale lagunare tra Pellestrina e Chioggia.

ANNO 1766 i corsari barbareschi e Jacopo Nani a Tripoli;

ANNO 1779 1780 tentativi di riforma;

ANNO 1784 1786 l’ultima impresa marittima: Il riesplodere della pirateria dei barbareschi a Tunisi a seguito di pretese di risarcimento per danni subiti da sudditi tunisini a Malta, senza colpa veneziana, spinge il governo veneto -fallito un tentativo di composizione diplomatica- a un’azione navale per mezzo di una squadra comandata da Angelo Emo. Bloccata Tunisi, bombardata Susa, Sfax e la Goletta, ai brillanti successi bellici non corrisposero i risultati politici, così il Senato richiamò Emo e la sua squadra a Corfù. La pace con Tunisi fu ottenuta dopo la morte di Emo.

ANNO 1797: la fine della Repubblica. -  Durante tutto il secolo XVIII Venezia si era isolata sempre di più dalla grande politica europea, per concentrarsi nella difesa dei domini d'oltremare. Alcuni effimeri successi ottenuti alla fine del secolo precedente nella lotta contro i Turchi, furono gradatamente neutralizzati. I Veneziani si sono battuti nella battaglia navale di Capo Matapan e ha perso Morea (Peloponneso). Ma nonostante questo, la città dogale, vive nel lusso e l'organizzazione della cultura si mantiene a livelli molto alti, grazie alle cospicue rendite fondiarie di cui gode ancora il patriziato dominante, e la citta lagunare diviene meta di un turismo d'eccezione. Ogni giovane gentiluomo europeo non può non sostare a Venezia; durante il Grand Tour italiano ogni giovane rampollo completa la propria educazione. Scoppiata la guerra fra la Francia rivoluzionaria e le monarchie europee, Venezia, dato lo stato di debolezza politico-militare in cui versa, declina l'offerta di partecipare alla coalizione conservatrice. Quando la città viene investita dalle truppe francesi, nel maggio del 1797, il Maggior Consiglio decide la dissoluzione della Repubblica e la resa a Napoleone Bonaparte che impone un governo democratico filo-francese.

ANNO 1798: Venezia è annessa ai domini asburgici. -  Napoleone Bonaparte chiude la campagna d'Italia del 1797 con il trattato di Campoformio che consegna Venezia all'Austria. La circostanza delude profondamente i progressisti veneziani; avevano tanto sperato nell'avvento di un regime democratico. Nel febbraio 1798, dodici rappresentanti del patriziato veneziano giurano, a nome dell'élite ex-dominante, fedeltà all'imperatore d'Austria.

ANNO 1806: Venezia napoleonica. -  Il trattato di Presburgo, stipulato in seguito alla battaglia di Austerlitz, assegna Venezia e il Veneto all'impero napoleonico. Bonaparte ha inizialmente grandi ambizioni per Venezia, e dà avvio ad alcuni lavori nel porto, che però è rovinato completamente, sotto il profilo economico, dal blocco continentale decretato dallo stesso imperatore per costringere l'Inghilterra alla resa. Una politica che si rivelerà poi suicida, quando alcuni alleati e lo stesso fratello di Napoleone infrangeranno il blocco, per non paralizzare le attività economiche del proprio Paese.

ANNO 1814: Venezia austriaca -  Con la definitiva caduta di Napoleone, Venezia ritorna agli Asburgo, dopo un terribile assedio cha ha decimato la popolazione. Ha inizio la dominazione austriaca, sostanzialmente benvista da molti elementi della vecchia classe dirigente, anche per il suo carattere onesto ed equanime, ma osteggiata dalla borghesia liberale, ormai conquistata all'idea dell'unità d'Italia. In periodo austriaco, Venezia diviene la sede d'elezione dell'elemento legittimista europeo, mentre nasce e si diffonde il grande mito romantico della città d'acque, alimentato da scrittori come Chateaubriand e Byron. 

ANNO 1848 - 17-22 MARZO - La città insorge contro gli austriaci con Daniele Manin, 
La cacciata da Venezia degli Austriaci, con la lunga, eroica, disperata resistenza della città agli oppressori, rappresentano, senza dubbio due episodi che sono tra i più eroici e sfolgoranti della storia e della riscossa dei Veneziani. La liberazione della città avvenne come per miracolo, così improvvisa che i Veneziani , esultanti e felici, non riuscivano ancora a crederci. Come una delle classiche maree della laguna, i veneziani  con un incontenibile entusiasmo si riversarono tutti  in Piazza San Marco per veder  innalzare - dopo cinquant'anni- sul campanile le bandiere con sopra il Leone. E con quale impeto assalirono le prigioni per liberare i patrioti arrestati come terroristi dalla polizia di Stato!   Liberati, i "serenissimi" furono portati in trionfo. Era il 22 marzo 1848, Venezia si liberava dopo oltre cinquant'anni di schiavitù e di repressioni (o francese o austriaca, da quel 1797, sempre repressione era!)
Liberato dalle carceri dov'era stato rincjiuso, "per unanime volontà del popolo"  Daniele Manin fu posto a capo del Governo provvisorio. Nello stesso giorno (22 marzo), fu proclamata la Nuova Repubblica Veneta di San Marco e Manin fu eletto ovviamente  presidente.


(tutte le immagini sopra, dell'epoca, in grande formato a pieno schermo,
vedi QUI


Ma triste notizie cominciavano a giungere a Venezia da ogni parte, soprattutto dalla Lombardia dopo la rovinosa,  maldestra e piuttosto ambigua guerra di Carlo Alberto, gli Austriaci  riconquistavano le città che si erano autonomamente liberate; Udine, Belluno, Vicenza, Padova che sull'onda emotiva del momento, erano insorte emulando Venezia, avevano dovuto purtroppo cedere dopo un'eroica resistenza combattuta nelle stesse strade cittadine.
Sembrava che Venezia soltanto fosse rimasta a lottare per la propria libertà e la sua indipendenza. Così in questa solitudine non priva però di una forte determinazione a proseguire la lotta, i Veneziani si strinsero con fiducia intorno a Daniele Manin, " tutti anelarono legare a quell'uomo il loro destino".
Rimasero anche soli! Nella fame e nell'isolamento nessun altro stato italiano  si mosse per portarle aiuto; soprattutto del tutto ignorati dai piemontesi che predicavano unità e cooperazione; ma poi Veneto e Venezia non era nei loro pensieri, soprattutto in quelli di Cavour che bollò l'indipendenza veneta di Manin "una corbelleria". Venezia rimase così a sbrigarsela da sola drammaticamente per oltre un anno, e non "cinque giornate" come a Milano!
Manin convocata l'assemblea aveva chiesto ai Veneziani con voce commossa  ma decisa: "Volete resistere al nemico? - Vogliamo resistere!- Ad ogni costo? - Ad ogni costo!" 
Passarono infatti mesi, e si entrò nel successivo anno. Gli austriaci concentrarono sulla terra ferma truppe e cannoni decisi a punire severamente la Serenissima.  E venne il giorno fatidico: il Lunedì Santo, 2 Aprile 1849. In ogni angolo delle calli e dei campi apparve un breve proclama, con due righe soltanto!  "Venezia resisterà all'Austriaco a tutti i costi"
La firma non era necessaria. Tutti sapevano che quell'ordine di resistere ad oltranza era di Manin. E i veneziani non si fecero pregare tanto, si prepararono con tutti i mezzi per difendersi.
Intanto venticinquemila Austriaci si preparavano ad assaltare la città lagunare; centocinquanta cannoni contemporaneamente iniziarono a sparare, cercando di abbattere la fortezza di Marghera. Qui una guarnigione veneta aveva il compito di difendere l'ingresso a Venezia. Ma gli uomini del presidio difensivo, sotto i primi colpi austriaci, furono massacrati. Ma non cedettero, preferirono morire; scelsero di farsi seppellire tra le rovine della fortezza. Anche quando rimasero in pochi a nessun veneziano venne in mente di alzare bandiera bianca.
I veneziani si barricarono. Ma i tre mesi che seguirono furono  terribili e tragici per Venezia. L'assedio navale e terrestre cingeva la città da ogni lato isolandola completamente, come se non bastasse la stessa Laguna. Di conseguenza non arrivavano né più viveri né potevano arrivare rinforzi. 
Caduta la fortezza a Marghera, con i cannoni più vicini,  le bombe per due mesi iniziarono a cadere quotidianamente sulle case, nei campanili, incendiando Venezia ovunque, facendo scempio di secolari palazzi, chiese, tesori d'arte. 
Poi, oltre gli austriaci, apparvero subito dopo nel luglio caldo e afoso altri nemici più tremendi: la fame e il colera. Ogni giorno si contavano  morti di fame, di malattie varie e di epidemia, e morente appariva ormai anche la neo-Repubblica. Alla fine, il 23 agosto per evitare la distruzione totale dell'amata città (il colera intanto aveva già mietuto  270 vite umane e diverse centinaia erano gli appestati)  Manin, Tommaseo ed altri 40  "ribelli",  si arresero senza condizioni all'intimazione del maresciallo Radetszky. Arrestati furono inviati in esilio in Francia; qui Manin poi morì nel 1857. 
La risorta Repubblica era durata poco più di un anno, la dura resistenza all'assedio cinque mesi. Lo sconforto fu tanto, l'amarezza pure. Tutto era stato inutile. 
Sottoscritta la resa, dovranno passare  altri 18 anni di dominio austriaco
.
 Il sogno dell'imperatore Francesco Giuseppe di restituire a Venezia l'antico ruolo di tramite fra Oriente e Occidente (nel 1846 era stato inaugurato il primo ponte che collegava Venezia, porto franco dell'Impero, alla terraferma), è frustrato dall'emergere progressivo della Prussia, che condanna l'Austria all'isolamento politico ed economico. Dopo il 1860, buona parte del traffico portuale di Venezia viene dirottato verso Genova, entrata a far parte del Regno d'Italia. E lì in Liguaria nascono immensi cantieri navali, siderurgici, portuali, compagnie di navigazione.

ANNO 1859 - Seguirono poi le due guerre d'Indipendenza. La Seconda avrebbe potuto liberare il Veneto e Venezia, ma l'armistizio di Villafranca fermò l'esercito che avanzava (ma mica poi tanto!) sulle rive del Mincio; e ancora una volta Venezia fu beffata;  e come al solito scambiata come le carte da gioco di una assurda partita giocata da due sovrani d'Europa, uno peggio dell'altro, senza tener conto della volontà della popolazione. E contava così poco Vittorio Emanuele che nemmeno lo invitarono.
La "liberazione" definitiva avvenne pochi anni dopo, nel 1866, con l'annessione al nuovo Regno d'Italia con un plebiscito (fu detto e scritto falsamente) trionfale: 641.758 furono i favorevoli, 69 contrari. Ma la popolazione era di 2.500.000 abitanti, e le schede per le votazioni del Sì e del No erano a voto palese, perché una era bianca e l'altra era nera. E dato che i manifesti, i manifestini e i giornali avevano pubblicato che "chi vota no":  "commette un delitto, colla coscienza che grida: traditore della patria!" nessuno dei 641.758 che andarono a votare osò infilare nell'urna la lugubre scheda nera. (vedi il
PLEBISCITO BURLETTA )

ANNO 1866: Venezia italiana. -  L'impero austriaco esce vittorioso dal conflitto con l'Italia, ma, battuto dalla Prussia, deve rinunciare a Venezia e al Veneto. L'annessione di Venezia al Regno d'Italia avvenne... ( VEDI "LA GRANDE TRUFFA" )

Dicembre 1866. -  Si svolgono a Venezia città le prime elezioni amministrative posteriori al ricongiungimento della città alla madrepatria. I votanti sono 1525 sui 4033 aventi diritto. Fra gli eletti, viene scelto sindaco (per nomina regia) un patriota già perseguitato dagli austriaci, il conte G.B. Giustinian, posto a capo di una giunta nettamente conservatrice, composta in parte da liberali moderati, in parte da personalità legate al precedente regime. I compiti che si pone la nuova Amministrazione, in una città impoverita e scossa dalle agitazioni dei ceti più sfavoriti, sono la razionalizzazione del tessuto urbano (apertura del Bacino Orseolo, a ridosso di piazza S. Marco, della Strada Nova, fiancheggiante il Canal Grande, ecc.), e delle strutture manifatturiere e portuali. Per quanto riguarda il destino della città, si pone già il dilemma fra lo sviluppo delle potenzialità turistiche e quello delle attività imprenditoriali.

Secondo la storia ufficiale, i veneti con occhio ebete "guardaron partire i padroni austriaci" e videro arrivare quelli piemontesi e " ...tutto si svolse con mirabile ordine e fra universali manifestazioni di gioia".
Ma si tolsero tutti veramente deferenti il cappello per buttarlo in aria dalla gioia?  
Quando il 27 ottobre 1866 lessero la lapide "ricordo" messa nel Palazzo del Doge a Venezia, quella "unione "sotto" il governo del re sabaudo" era tutto un programma che i Veneti non hanno mai digerito. Sarebbe stato più elegante dire "unito al governo del re".


Altro che gioia.  Ci fu una sistematica distruzione del patrimonio culturale e linguistico di Venezia e del Veneto (lo resero persino ridicolo - questo fino a poco tempo fa, alcuni registi, per far ridere il resto d'Italia, mettevano sempre nei loro film la serva tonta o il bellimbusto mona,  veneto), si calpestò l'identità e la cultura, la regione la si abbandonò alla deriva economica, industriale, agricola, artigianale, marittima; e la gente ricominciò a digiunare.

All'insegna del sabaudo "Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani", altra amara filastrocca...

"Noi l'abbiam fatta! l'abbiam fatta noi!
-dicono in coro gli italiani eroi_
l'avete fatta, è vero, ma per Dio
puzza che leva il fiato! dico io!"

Questa era l'ironia, ma poi venne la rabbia, perché la conseguenza più importante 
dell'arrivo dei piemontesi fu.... la partenza dei veneti!!!
Una emigrazione biblica, in seguito a uno stato di miseria e di disperazione come non era mai avvenuta in veneto in 2000 anni (la ricca Aquileia e Altino di anni ne hanno anche di più, 2300! Nel 300 a.C. con i commerci dei Venedi circolavano a bizzeffe le monete greche)
Fu così che gli abitanti di quasi interi paesi emigrarono alla ricerca della "Merica", soprattutto in America latina e in particolare in Brasile, dove poi hanno ricreato un altro "ricco" Veneto al di là dell'Oceano, conservando tenacemente la propria cultura, le proprie tradizioni, la propria lingua e quanta nostalgia !!  (le e-mail che ricevo da oltre oceano, quando scoprono questo sito, sono tutte commoventi, anche se molti hanno fatto fortuna).
Ma allora a quei tempi fu un dramma per coloro che partivano, e fu peggio per coloro che rimasero; con la "fame 'roia" ,  la disperazione e tasse,  tasse, tasse (come la famigerata tassa sul macinato, sul pane, che era in sostanza la tassa sulla miseria).
"... nelle nostre campagne sono poveri tutti, i fittavoli, i proprietari di fazzoletti di terra, incredibilmente poveri i braccianti, i salariati, gli artigiani..." così scriveva D. Lampertico.
Il malcontento cresceva: ecco allora la necessità di rafforzare l'apparato repressivo.
Sentiamo cosa scrisse L'arena di Verona, un giornale non filoaustriaco, ma da sempre nazional-tricolore, il 9 gennaio 1868, dopo appena 13 mesi "SOTTO" i Sabaudi:  "....Fra le mille ragioni per cui noi aborrivamo l'austriaco regime, ci infastidiva sommamente la complicazione e il profluvio delle leggi e dei regolamenti, l'eccessivo numero di impiegati e specialmente di guardie e gendarmi, di poliziotti e di spie. Chi di noi avrebbe mai atteso che il governo italiano avesse tre volte tanto di regolamenti, tre volte tanto di personale di pubblica sicurezza, di carabinieri, ecc....?"
I "Liberatori" "taliani" arrivarono al punto di proibire le tradizionali processioni religiose in quanto "assembramento pericoloso per l'ordine pubblico" (testo ripreso da La difesa del popolo, Settimanale della diocesi di Padova, 10-5-1981).

Il Veneto di questi "tempi duri" è costellato da tutta una seria di rivolte e di manifestazioni: a Thiene, S. Germano Vicenza, Cavarzere, Cadore, Legnago, Polesine ecc. - Ma nella storiografia ufficiale non c'è traccia, questa scrive nei testi di scuola  "...tutto si svolse con mirabile ordine e fra universali manifestazioni di gioia"

L'ira del veneziano, con una buona dose di ironia, fu espressa in tutta una serie di filastrocche, molto popolari. (ma quanta amarezza!).

"Con san Marco comandava (quando comandava San Marco)
se disnava e se senava (si faceva pranzo e si cenava)
Soto Franza, brava gente (sotto la Francia brava gente)
se disnava solamente (si cenava solamente)
Soto Casa de Lorena (sotto la casa Lorena)
non se disna e no se sena (niente pranzo e niente cena)
Soto Casa de Savoia (mentre sotto Casa Savoia)
de magnar te ga voja (di mangiar hai solo voglia)".
(Giuseppe de Stefano-G.Antonio Palladini - 
Storia di Venezia 1797.1997 - vol II, pag 276, Supernova, Venezia, 1997).

con due varianti dopo il 1866...

"....e col Regno di Sardegna
chi lo ha in tel cul 
se lo tegna! (se lo tenga)
Per non parlar di quel
Viva Savoja!
chè i n'à portà 'na fame 'roja" (fame troia)
(A. Moret, L'ultimo cantastorie, Vittorio Veneto, 1978)
(Dal battagliero giornale satirico Asino di Verona, ripubblicato, Arena di Verona, 5-8-98)

Poi aggiunsero...per far rima con la precedente filastrocca...
"Savoja, Savoja, 
intanto noaltri...andemo via... vaca 'roja.."

"Nei 24 anni  successivi emigrarono 1.385.000 Veneti.
Ogni anno - Dal 1876 al 1880, emigravano 35 veneti ogni 1 siciliano, 41 ogni 1 pugliese 
Dal 1881 al 1890,  12 veneti ogni 1 siciliano, 25 ogni 1 pugliese, 125 ogni 1 umbro
Dal 1891 al 1900, 18 veneti ogni 1 pugliese, 25 veneti ogni 1 laziale, 39 ogni 1 sardo
Nei tre periodi ogni anno rispettivamente 11,98  - 20,31 - 33,85 ogni 1000 abitanti.

ANNO 1889 -  L'allargamento della base elettorale, voluto da Crispi, favorisce l'avvento al potere, a Venezia, di una coalizione di liberali progressisti, vista con favore anche dal nascente socialismo. Nel 1890, diviene sindaco della città lo scrittore e commediografo Riccardo Selvatico. La Giunta Selvatico, caratterizzata da un forte laicismo nel campo della politica scolastica, prosegue nei tentativi di industrializzazione della città, vara il Piano regolatore (1891), istituisce un fondo per la costruzione di case sane, economiche e popolari. Una delibera consiliare del 1894 dà vita alla Biennale d'Arte, affidata alle cure di Antonio Fradeletto, e stigmatizzata dall'opposizione conservatrice come "frutto di una tendenza spendereccia a imprese di problematica utilità, intese a favorire amici e clienti". (Capito?)

ANNI DA AGGIORNARE

ANNO 1895 -  L'intesa fra cattolici e forze conservatrici, evento sicuramente d'avanguardia nelle vicende italiane successive all'Unità, rovescia a Venezia la situazione politico-amministrativa. Viene eletto sindaco Filippo Grimani, che verrà confermato anche in successive elezioni e rimarrà in carica fino al termine del primo conflitto mondiale. Le Giunte dirette da Grimani, pur affidandosi essenzialmente alla libera iniziativa, nella loro politica neoinsulare volta all'espansione dell'attività industriale cittadina e al lancio turistico-mondano del Lido, non rifuggono da alcuni provvedimenti dirigisti, come la municipalizzazione dell'acquedotto e dei trasporti lagunari. I socialisti, privi di collegamenti con le altre forze di sinistra di carattere borghese-radicale, esercitano scarsa influenza sulle vicende cittadine, limitandosi ad essere il partito del malcontento.

ANNO 1917: Nasce Portomarghera. -  Gli esiti poco felici dei tentativi post-unitari di industrializzazione di Venezia, pongono ancora una volta, nella città lagunare, il problema dei rapporti fra il mare e la terra. Sul finire del primo conflitto mondiale, Giuseppe Volpi, leader di un potente gruppo di industriali elettrici, si fa promotore della creazione di una zona industriale veneziana a Marghera, a ridosso della Laguna. Nella visione di Volpi, combattuta fin dall'inizio da quanti vogliono tenere la città dogale lontana da avventure terrestri, i rapporti fra Venezia e la terraferma debbono essere improntati a una netta divisione di ruoli: nella prima debbono fiorire le iniziative culturali, mentre la seconda è destinata a produrre ricchezza. Il progetto Volpi si realizzerà poi durante tutto il periodo fascista. Nel 1926, l'aggregazione Mestre-Marghera viene inserita nella giurisdizione del Comune di Venezia, nel 1929, si dà il via ai lavori di un ponte stradale lagunare, destinato a congiungere la terraferma con il terminale veneziano di Piazzale Roma. Quanto alle iniziative culturali cittadine, alla Biennale Internazionale d'Arte, continuamente potenziata, vengono affiancati il Festival di Musica Contemporanea (1930), la Mostra d'Arte Cinematografica (1932), il Festival del Teatro (1934).

ANNI DA AGGIORNARE

ANNO 1945: la Liberazione -  Durante l'ultima fase del conflitto mondiale fra le Forze alleate e il nazi-fascismo, solo i più oltranzisti fra gli elementi del regime ormai in declino continuano a combattere, a Venezia, sotto le insegne della Repubblica di Salò. La classe economicamente dirigente che ha diretto, negli anni del fascismo trionfante, lo sviluppo volpiano di Venezia e del suo retroterra, ha ormai preso le proprie distanze dal regime e finanzia la Resistenza. All'arrivo degli Alleati, in una città sovraffollata dall'afflusso dei profughi e con il potenziale industriale di terraferma gravemente danneggiato dagli eventi bellici, si impone innanzi tutto il problema della ricostruzione, per la quale si prodiga una Giunta di sinistra guidata da G.B. Gianquinto. Ma già nel 1951, in armonia con gli sviluppi della politica nazionale, torna al potere a Venezia una Giunta cattolico-conservatrice (sindaco Francesco Spanio), che resta sostanzialmente fedele al modello di sviluppo volpiano. Alla politica cittadina dei festivals, cui si aggiungono iniziative culturali come quelle assicurate dalla prestigiosa Fondazione Giorgio Cini, si affiancano le iniziative di terraferma, con la creazione di una seconda zona industriale, occupata in larga parte dalle industrie chimiche Edison e Montecatini. Frattanto, l'assenza, a Venezia, di una politica della casa, provoca l'esodo forzato di una parte della popolazione verso Mestre e le zone limitrofe. E se prima le cause dell'esodo era la fame di molti, dopo a provocarla  è la ricchezza di pochi. Case popolari non se ne fanno e quelle poche che c'erano subiscono uno spaventoso degrado.

ANNO 1960: il centro-sinistra. -  Il tentativo, compiuto a livello nazionale, di far uscire l'Italia dallo stato di democrazia imperfetta - il ricambio del potere reso impossibile da motivi di politica estera - mediante accordi fra la parte più avanzata della Democrazia Cristiana e il Partito Socialista, ha il suo riscontro a Venezia nella formazione di una Giunta di centro-sinistra (sindaco G.B. Favaretto Fisca). Il tentativo originale compiuto da questa Giunta di elaborare, per la città, un modello di sviluppo ancora volpiano, ma corretto in termini democratici, mediante la riorganizzazione dell'assetto urbano di Venezia e la creazione di una terza zona industriale, posta sotto controllo pubblico, ha un esito deludente. Mentre la situazione edilizia cittadina si rivela ingovernabile, il che provoca una diminuzione continua della popolazione residente, gli sviluppi della politica nazionale e l'alluvione del '66, i cui danni sono imputati dal partito ecologista agli interventi sull'assetto lagunare, vanificano ogni tentativo di estendere e razionalizzare la zona industriale.

ANNO 1975 -  Nel clima del patto d'unità nazionale concluso, in Italia, fra maggioranza e opposizione, ai fini della lotta contro il terrorismo, va al potere a Venezia una Giunta di sinistra guidata da Mario Rigo, che compie uno sforzo notevole per ridare vitalità alla città, affidando al Consorzio Venezia Nuova l'elaborazione di un progetto di difesa dalle acque alte, e, sul piano dell'effimero, richiamando in vita, con immenso successo, il venerando carnevale lagunare. I rapporti con la terraferma, nonostante una notevole razionalizzazione dei mezzi di trasporto, restano tuttavia precari, stante la situazione di disagio in cui viene a trovarsi la grande industria - peraltro accusata con insistenza di inquinare l'ambiente -, nell'ambito del nuovo modello di sviluppo veneto, fondato sul decentramento e la fabbrica diffusa. Emergono frattanto, in alcuni strati della borghesia commerciale veneziana, forti sentimenti insulari, che portano, auspice il leader repubblicano Bruno Visentini, a ripetuti referendum sulla separazione dei Comuni di Venezia e Mestre, bocciati dalla popolazione. Infine, l'Amministrazione Rigo, isolata dal contesto regionale e nazionale dal mutamento politico verificatosi in ambito socialista, deve cedere il campo a una Giunta centrista, guidata da Nereo Laroni, ultimo sindaco lagunare della prima Repubblica italiana.

ANNO 1993 -  Lo sconvolgimento degli equilibri mondiali provocato dal crollo dei regimi dell'Est e simboleggiato dall'abbattimento del muro di Berlino, ha vaste conseguenze anche in Occidente, fra le quali si colloca la crisi dei partiti tradizionali italiani, sostituiti da due blocchi, uno progressista (l'Ulivo), uno conservatore (il Polo). E' appunto un esponente della formazione progressista, l'intellettuale militante Massimo Cacciari, il primo sindaco veneziano della seconda Repubblica, al quale la popolazione rinnoverà il mandato nel 1997. L'Amministrazione Cacciari, nel tentativo di frenare l'esodo della popolazione dal centro storico, nel quale ormai vivono non più di settantamila abitanti, sovvenziona il restauro di abitazioni popolari, segue da vicino la vicenda del progetto di salvaguardia della città dalle acque alte (che il 9 luglio 1998 riceve l'assenso di cinque superesperti nominati dal Governo italiano), presenta all'Unione europea progetti che prevedono il trasferimento a Venezia di istituzioni internazionali. Nel frattempo, la città subisce una inesorabile trasformazione. Nei quartieri popolari scompaiono gradatamente i negozi rispondenti alle necessità di una popolazione residenziale, per essere sostituiti da altri, adibiti allo smercio di articoli turistici. "Il reddito annuale prodotto dalle attività connesse con il turismo di massa - ha affermato Cacciari in una recente intervista - è pari all'intero reddito turistico della Grecia, a tre o quattro volte il bilancio della Fiat. Peccato - ha aggiunto il sindaco con una certa amarezza - che queste enormi rendite turistiche, siano reinvestite solo in minima parte a Venezia, per contribuire al risanamento della città".

20.000 - 193 d.C. 238-567 568-803
804-1172 1175-1284 1284- 1364
1364 - 1501 1501-2000 CRONO-BIOGRAFIA DEI DOGI

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